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Autore: ChrisAndreini    21/04/2022    0 recensioni
L'unico obiettivo di Phoenix Wright, semplice garzone di paese, era raccogliere un sasso caduto dal cielo per avere l'occasione di sposare la donna che ama, e magari incontrare il padre che non aveva mai conosciuto nel frattempo. Non aveva mai messo in conto che tale roccia si sarebbe rivelata un brontolone irritante e irritato e che il suo regalo di compleanno e proposta di matrimonio sarebbe stato ricercato da tre principesse, una strega spalleggiata dal bicentenario padre, e un'aspirante regina con manie di grandezza. Se poi ci mettiamo in mezzo anche una pericolosa ciurma di pirati dei cieli, mercanti senza scrupoli e stregoni mezzi ciechi e molto abili negli inganni, si può dire con assoluta certezza che Phoenix avrebbe preferito restare a casa. Anche se l'avventura può pericolosa della sua vita può rivelarsi anche la più straordinaria e importante che affronterà mai. E chissà, magari si renderà conto che l'amore della sua vita potrebbe essere diverso da quello che pensava.
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Franziska von Karma, Maya Fey, Miles Edgeworth, Phoenix Wright
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Nuovi incontri  

 

La prima cosa che Phoenix registrò, quando si stabilizzò del tutto dopo essere stato trasportato via con la candela di Babilonia, fu che era vivo. Una grande consolazione. 

La seconda cosa fu che era estremamente buio.

La terza che era completamente fradicio.

La quarta fu un urlo irritato proveniente da dietro di lui.

-Ma si può sapere dove ci hai portato?!- gridò Miles prendendolo per le spalle e iniziando a smuoverlo.

E a quel punto Phoenix si rese conto che era in piedi su una nuvola, nel mezzo del cielo in tempesta.

Non esattamente il luogo più sicuro dove portare qualcuno per salvargli la vita, ma a sua discolpa, non era lì che Phoenix voleva trasportare lui e Miles.

-Pensavo saremmo andati da mio padre! Oh no! Significa che è morto ed è andato in cielo, per questo siamo qui?- Phoenix iniziò a disperarsi, guardandosi intorno alla ricerca di un’altra figura nella notte. I suoi occhi iniziavano ad abituarsi all’oscurità illuminata solo da uno spicchio di luna che filtrava dalle nuvole sopra di loro, e dai lampi che ogni tanto squarciavano il cielo. Però non sembrava esserci nessun altro oltre a loro.

-Tuo… TUO padre?! È a lui che volevi che pensassi?!- la voce di Miles si alzò di un’ottava. Phoenix lo guardò confuso.

-Certo, a chi altri...?- iniziò ad alzare la voce a sua volta, più mosso dal panico che per rabbia.

-Hai detto di pensare a papà. È ovvio che ho pensato al mio! Che razza di messaggio criptato è?!- spiegò Miles.

Phoenix cadde dalle nuvole… non letteralmente.

-Tu hai un padre?! Aspetta, ma quindi se io ho pensato al mio, e tu hai pensato al tuo…- iniziò a fare due più due.

-Siamo a metà strada tra la terra e il cielo! In poche parole, mi hai salvato la vita per farmi morire cinque minuti dopo!- Miles concluse per lui.

E Phoenix iniziò finalmente ad irritarsi

-Oh, scusami vostra maestà se ho tentato di salvarti la vita! Mi sembrava ovvio stessi parlando di mio padre! Non pensavo che tu ne avessi uno!- si difese. Dopotutto gli aveva salvato la vita, e Miles non era per niente riconoscente. Avrebbe potuto benissimo lasciarlo a morire e farsi i fatti propri. Non era il suo scopo della vita essere preso di mira da una strega assassina.

-Sei tu ad averlo nominato per primo! Pensavo ti riferissi a lui!- obiettò Miles.

-Nominato? Io non ho mai nominato…- Phoenix capiva sempre meno.

La loro gara di urli fu interrotta quando vennero afferrati da una rete, e trascinati giù dalla nuvola.

Per un momento, Phoenix si sentì completamente senza peso, mentre cadeva di nuovo nel vuoto.

E gli venne quasi spontaneo cercare un contatto con Miles e stringerlo a sé.

Poi i suoi piedi, o meglio, le sue ginocchia, sentirono nuovamente qualcosa di solido, ben più solido delle nuvole dove poco prima era in equilibrio precario.

E si rese conto di essere praticamente abbracciato a Miles, che però non stava facendo nessun tentativo per liberarsi, e si guardava intorno preoccupato.

Phoenix fece altrettanto, per quanto movimento gli permettesse la rete che lo teneva fermo a terra.

E notò parecchie figure in minacciosi mantelli neri circondarli con spade sguainate e capelli colorati che spuntavano dai cappucci.

-Capitano, abbiamo trovato due uomini in mezzo alle nuvole- una delle figure mascherate, che dalla voce sembrava un ragazzino con dei polmoni d’acciaio, chiamò una figura alle spalle di Phoenix, che non riusciva in nessun modo a guardare.

-Due uomini in mezzo alle nuvole. Questo sì che è strano- commentò una voce sicura di sé, avvicinandosi ai due catturati, e piegandosi verso di loro.

Era buio, quindi i suoi tratti non erano molto chiari, ma sembrava piuttosto giovane, e aveva un sorrisino che non prometteva nulla di buono.

A differenza degli altri, non indossava il cappuccio, ma un cappello da pirata, e i suoi capelli biondi erano raccolti in una treccia.

-G_Gavin…- sussurrò Miles, spaventato. Così piano che solo Phoenix riuscì a sentirlo, per fortuna.

-Legateli nella stiva. Abbiamo del lavoro da fare, e non possiamo permetterci dei ficcanaso- ordinò il capitano, dopo averli osservati qualche secondo.

Phoenix non sapeva come obiettare e salvarsi, quindi si lasciò trascinare di sotto, dove venne legato ad una sedia insieme a Miles

-Dalla padella alla brace- borbottò Miles, sospirando rassegnato alla sua sorte.

Phoenix iniziò seriamente a pentirsi di aver cominciato quell’avventura.

 

Franziska si svegliò con un forte mal di testa.

La voce furente di suo padre all’orecchio non l’aiutò affatto a stabilizzarsi, e ci mancò poco che si togliesse l’orecchino e lo gettasse nel fuoco ancora semiacceso davanti a lei.

Un momento…

Il fuoco.

La stella!

Si mise a sedere di scatto, provocandosi ulteriore mal di testa, e si guardò intorno mettendo in ordine nella sua testa cosa fosse successo.

Si era occupata della donna dai capelli castani, ma il suo compagno si era messo a difesa della stella. Lei aveva bloccato loro la strada, aveva sollevato il coltello, e… e poi?

Erano spariti nel nulla? 

Ma come era possibile?!

Le stelle non avevano quel tipo di potere, e l’altro tizio sembrava un idiota totale, completamente privo di abilità o magia.

Non aveva capelli colorati.

E in generale nessuno riusciva a teletrasportarsi, neanche suo padre.

L’unico modo era usando una candela di babilonia, ma non era possibile che…

-Maledizione!- si lamentò Franziska, furiosa per essersi lasciata scappare una tale occasione.

“Ah, finalmente ti sei svegliata! Hai lasciato scappare la stella! Come hai potuto lasciartela scappare e svenire così!” si lamentò suo padre, finalmente sentendo un suo feedback sonoro.

Franziska lo ignorò, e si guardò intorno in cerca del coltello magico che le sarebbe servito per strappare il cuore della stella in maniera pulita e ordinata, ma non lo trovò da nessuna parte.

Non poteva essersi rotto o essere sparito. Doveva pur essere da qualche parte.

Si alzò con una certa difficoltà e iniziò a guardarsi intorno.

Dei singhiozzi provenienti dalla cantina attirarono la sua attenzione. Era dove aveva lasciato sia i Kitaki che la donna castana.

Oltre che tutte le sue cose, che doveva necessariamente recuperare.

Probabilmente a quel punto i Kitaki si erano svegliati, e forse erano disperati della situazione nella quale Franziska li aveva messi.

Per fortuna aveva fatto in modo che non ricordassero che era stata lei ad addormentarli, quindi poteva andare in cantina senza temere ripercussioni e fingere di essere solo una confusa ospite incappata nella loro stessa sorte.

Si avviò, curandosi di sembrare acciaccata per vendere meglio la sua innocenza, anche se le costava parecchio fingersi debole e in difficoltà.

Lei era una strega incredibile, dopotutto, la migliore dopo il grande Manfred von Karma!

Una volta giunta nella cantina, però, rimase sorpresa nel notare che i Kitaki fossero ancora addormentati.

E a singhiozzare, accanto al corpo della donna dai capelli castani, era una ragazza di circa la sua età, con folti capelli neri e abiti piuttosto eleganti nonostante fossero coperti dal cappuccio.

Franziska era certa di non averla mai vista, perché una ragazza del genere l’avrebbe ricordata.

Cioè, nel senso che non era una cliente dell’albergo che aveva addormentato, quindi era una esterna giunta dopo che lei stessa era svenuta.

Forse era stata quella giovane a rubarle il coltello magico.

Prima che Franziska potesse decidere il da farsi, e propendeva verso il ritirarsi e aspettare che la ragazza se ne andasse prima di continuare, tale ragazza sembrò accorgersi della sua presenza, e con riflessi insospettabili, si girò tirando fuori una spada dal nulla, che puntò alla gola di Franziska.

Wow…

Ehm, cioè, Wo! Come osava quella pezzente puntare una spada contro la grande Franziska von Karma!

“Uccidila!” le arrivò all’orecchio.

Franziska ignorò i soliti e banali suggerimenti di suo padre, anche perché era piuttosto difficile al momento uccidere una persona che le puntava una spada alla gola.

Anche se, beh, forse sarebbe stato essere meno difficile di quanto sembrasse, perché la ragazza aveva gli occhi intrisi di lacrime, e le mani leggermente tremanti.

I suoi tratti somatici erano familiare a Franziska come lo erano stati quelli della ragazza dai capelli castani e il suo compare dai capelli a punta, ma a differenza di questi ultimi, Franziska non sentì repulsione, guardando la ragazza davanti a lei, ma fascino.

Era davvero affascinante.

Ehm, cioè… pericolosa!

Ugh, era il mal di testa a confonderle i pensieri!

-Cosa è successo qui? Parla, strega!- le ordinò la ragazza, con voce sorprendentemente ferma.

Franziska decise di fare la parte dell’innocente vittima.

-I_io non lo so! Mi sono fermata in questa locanda, e volevo passare la notte qui, quando all’improvviso mi sono addormentata. Credo che qualcuno mi abbia fatto un incantesimo, ma sono davvero confusa. Mi sono appena risvegliata. Ho sentito dei singhiozzi e mi sono diretta qui per assicurarmi che nessuno si stesse facendo male- mentì, in tono angelico, mostrandosi molto più inerme di quanto non fosse.

Sarebbe stato facile prendere la sua frusta e disarmare la ragazza. Ancora più semplice mettere fuori gioco anche lei come sua sorella.

Ma non poteva fare gesti avventati.

I Kitaki, dopotutto, stavano per svegliarsi, e sebbene fossero maghi minori, erano in tre.

Uniti alla ragazza, che emanava un forte potere spirituale, sarebbero stati quattro contro una.

E sì, Franziska avrebbe potuto senza problemi metterli fuori gioco e scappare, ma aveva ancora un forte mal di testa, e poi poteva usare la situazione a suo vantaggio, in qualche modo.

La donna castana era un’incognita pericolosa, ma aveva ancora abbastanza tempo prima che si svegliasse.

-Elabora più chiaramente, qual è l’ultima cosa che ricordi?- insistette la ragazza, puntandole maggiormente la spada al collo.

-Io… ecco ricordo un…- Franziska cercò di elaborare una strategia su due piedi, ma si interruppe quando notò la donna addormentata alle spalle della ragazza dai capelli neri.

Perché non era più addormentata.

Era morta.

Nonostante la distanza, era impossibile sbagliarsi.

Ma non aveva senso.

Franziska era certa di averla solo fatta addormentare. Non l’aveva uccisa.

Lei non aveva mai ucciso nessuno in vita sua.

L’orrore sul suo volto doveva essere evidente, perché la ragazza abbassò appena la spada.

-Era mia sorella- spiegò, con voce spezzata, cercando invano di trattenere le lacrime -E non mi fermerò finché non avrò scoperto cosa le è successo! Quindi parla!- le ordinò poi, indurendo il tono e lo sguardo.

Franziska restò in silenzio parecchi secondi, elaborando una possibile strategia.

Non aveva la più pallida idea di cosa fosse successo dopo essere svenuta, e non poteva dare risposte, ma forse, ora che l’unica persona che l’aveva vista usare i suoi poteri era morta, aveva molte più probabilità di sfruttare la situazione a suo vantaggio.

-Un uomo…- sussurrò, elaborando in fretta una nuova strategia -O forse erano due… non ho visto bene. Ma ho visto che uno aveva i capelli neri, tenuti all’indietro. Appuntiti. L’ho visto di sfuggita, ma credo sia stato lui a colpire tutti quanti- decise di indirizzare la rabbia di quella giovane ragazza verso un suo nemico. Chissà, magari poteva aggregarsi a lei e avere un’alleata per un po’, per trovare in fretta la stella e poi scappare in tutta fretta mentre gli altri due si scannavano.

-Come ha fatto ad addormentare l’intero ostello se non era uno stregone?- osservò la ragazza, lanciando un’occhiata ai Kitaki ancora dormienti, che però iniziavano a muoversi appena.

-Forse era un mago minore, come loro… non lo so. Riferisco solo ciò che ho visto. E poi… posso avvicinarmi?- Franziska indicò la defunta sorella della ragazza davanti a lei, e fece per piegarsi su di lei.

La ragazza la fece fare, pur tenendo la spada puntata fermamente.

Franziska si inginocchiò accanto al corpo, cercando un qualche indizio su cosa fosse successo dopo che l’aveva addormentata.

Il mistero della donna uccisa era un mistero anche per lei, dopotutto, e aveva tutta l’intenzione di capirci qualcosa.

-Il coltello…- sussurrò, molto tra sé, riconoscendo le tracce del proprio coltello magico. Chiunque avesse ucciso la donna era anche la persona che le aveva rubato il coltello.

-Cosa?- indagò la ragazza, sporgendosi verso Franziska, sospettosa.

-È stato usato un coltello magico per strapparle il cuore. La persona che ha ucciso tua sorella deve essere molto potente e piena di risorse e sicuramente è anche un uomo e molto vecchio, perché nessuna giovane ragazza inerme come me potrebbe mai avere accesso ad un’arma di questo tipo- affermò con sicurezza, sperando di essersi eretta un buon alibi.

-Morgan… deve aver assunto un potente sicario- borbottò la ragazza, bevendosi la sua storia, e abbassando l’arma.

-Grazie di avermi rivelato le tue informazioni- accennò un leggero sorriso verso Franziska, gli occhi ancora velati di lacrime, e si piegò verso la sorella per offrirle un ultimo saluto.

Franziska fu davvero sorpresa che si fidasse così facilmente. Era una strega, dopotutto. Nessuno si fidava degli stregoni. 

“Ora che ha abbassato l’arma, uccidila!” le suggerì suo padre all’orecchio.

Franziska aveva un’idea migliore.

-Posso venire con te, ed aiutarti a vendicare tua sorella- si offrì, sperando di ottenere due piccioni con una fava. 

Uno scudo umano da usare in caso di bisogno, e un’alleata contro la stella e quello stupido che provava ad aiutarla pensando fosse umana.

“Che stai facendo! Non puoi fidarti di lei!” esclamò suo padre, sconsigliandole l’accordo.

Se per questo neanche lei poteva fidarsi di Franziska, ma sembrava che al momento avesse messo da parte le ostilità.

E poi era una ragazza davvero carina… ehm, cioè… sembrava figa… nel senso che era tosta! 

E determinata.

Franziska poteva lavorare con una persona come lei.

-Perché mai vorresti aiutarmi?- chiese la ragazza, adocchiando nuovamente Franziska con sospetto.

Forse era rischioso aggregarsi a lei, in effetti, ma era una strategia troppo buona per lasciarla perdere subito.

-So che significa perdere un membro della tua famiglia. I miei genitori sono stati uccisi quando ero molto piccola, vittime della distruzione dell’intero mio villaggio. So cosa significa desiderare giustizia e lottare per ottenerla- si ritrovò a rivelare un evento del suo passato che aveva tentato di superare, ma che ancora le faceva ribollire il sangue nelle vene al pensiero.

Era troppo piccola per ricordare i dettagli, ma sapeva che se non fosse stato per il suo padre adottivo, che l’aveva salvata dalle macerie in fiamme della sua vecchia casa, avrebbe fatto la stessa fine dei suoi genitori.

Tutto a causa della famiglia reale dei Fey. 

Dopo aver ottenuto la stella e averla consegnata a suo padre, facendogli recuperare giovinezza ed energie, Franziska sarebbe andata al palazzo, e avrebbe ottenuto la sua vendetta.

-Anche mio padre è morto quando ero piccola, e mia madre è scomparsa anni fa. Avevo solo mia sorella, e la mia cuginetta, e ora…- la ragazza stava facendo di tutto per restare forte, ma era chiaro che la morte di sua sorella stava davvero spezzando il suo spirito.

Franziska poteva usare il suo stato emotivo a suo vantaggio.

-Permettimi di venire con te e aiutarti. Anche io ho un conto da regolare con quell’uomo, e se lo dovessi incontrare sono sicura che riuscirei a riconoscerlo- e probabilmente avrebbe perpetuato il suo primo omicidio se avesse rivisto quella testa di porcospino.

-D’accordo. Due mani in più fanno comodo. Mi chiamo Maya- la ragazza si presentò, offrendo la mano.

Era la prima volta che Franziska veniva trattata con tale tranquillità, senza che il suo stato di strega la rendesse inaffidabile di default.

Maya era una sciocca.

…ma era anche una sensazione piacevole.

-Franziska- si presentò a sua volta, stringendole la mano.

Quest’alleanza si sarebbe rivelata davvero interessante.

 

Phoenix e Miles erano stati legati a delle sedie ed erano stati abbandonati nella stiva, senza avere la minima idea di come se la sarebbero cavata.

Phoenix non era mai stato esperto di corde, ma stava comunque tentando di liberarsi in qualche modo.

-Lascia stare- gli consigliò Miles, che al contrario aveva un tono rassegnato alla morte imminente.

Phoenix non aveva intenzione di rassegnarsi. Doveva credere di sopravvivere, e tornare a casa, da sua madre. E poi doveva ancora trovare suo padre! E aveva promesso a Gregory che avrebbe aiutato Miles, non che l’avrebbe trasportato in guai ancora maggiori.

Oh, e poi doveva tornare dalla sua Dollie e sposarla.

Per un secondo, l’amore che provava per la giovane era passato in secondo piano.

Ma Phoenix era troppo concentrato sullo scappare per rendersi conto della sua dimenticanza.

-Ce la sto facendo, ancora qualche sforzo e avrò un braccio libero. E poi l’altro, e poi mi libererò le gambe, e libererò anche te, e scapperemo!- illustrò il suo piano geniale ad un disilluso Miles, che sospirò, scuotendo la testa.

-E poi, una volta liberi dalle corde, come pensi di scappare, da una nave nell’alto del cielo? Volando? Sai volare?- Miles gli ruppe i sogni con una squintalata di sana realtà, bloccando il movimento liberatorio di Phoenix.

-No, non so volare, ma un modo troveremo. Dobbiamo solo improvvisare. Potremo costruire un paracadute, o qualcosa del genere. Magari usando delle vele- provò a suggerire Phoenix, che non era un tipo che rifletteva molto prima di fare le cose, ma allo stesso tempo aveva la mente sempre in movimento e pronta ad improvvisare.

-E come pensi di rubare una vela senza che nessuno se ne accorga? Siamo su una nave di pirati armati fino ai denti, molti dei quali, probabilmente non l’hai notato, sono stregoni- gli fece notare Miles, abbattuto.

-Sì, ho notato i capelli colorati. Qualche cosa di questo mondo l’ho imparata grazie a Mia. Chissà come sta. Spero che la strega non le abbia fatto del male- Phoenix sospirò tristemente pensando alla sua compagna di avventura dalla quale si era tristemente dovuto separare, senza sapere purtroppo la sua triste sorte.

-Non terrei le mie speranze molto alte. Gli stregoni sono senza principi e soprattutto senza cuore. Per questo rubano quello delle stelle- obiettò Miles, sempre molto incoraggiante.

-Miles, smettila! Inizi a farmi spaventare per la mia sorte- si lamentò Phoenix, guardandosi intorno preoccupato che potessero spuntare fuori pirati magici armati fino ai denti e senza cuore dai muri della nave tipo Pirati dei Caraibi. Non che Phoenix conoscesse Pirati dei Caraibi perché, ricordiamolo, non esistevano i film. Ma voi capite il concetto.

-Devi essere spaventato per la tua sorte. Questa è la nave di Kristoph Gavin, il più pericoloso mercenario del cielo, che fa parecchi crimini anche sulla terra. È crudele, senza scrupoli, e rapisce e schiavizza gli stregoni per farli lavorare sotto di lui, sfruttando i loro poteri per arricchirsi, fare razzie e uccidere chiunque gli si pari davanti. Una volta scoperto che io sono una stella mi ruberà il cuore e lo terrà per sé, o lo rivenderà al miglior offerente, e tu sei già praticamente morto- Miles spiegò, in modo molto melodrammatico, il futuro che li attendeva.

-Sembra un tipo pericoloso… un ulteriore motivo per scappare il prima possibile- Phoenix però non voleva darsi per vinto, anche se la mano che cercava di liberare iniziava a tremare.

-Io non ho mai voluto cadere dal cielo. Non è colpa mia se una collana mi è arrivata addosso. Volevo solo continuare ad osservare gli umani con distacco, senza restare coinvolto in alcun modo- la voce rassegnata di Miles si colorò di una nota disperata, e Phoenix si accorse che non era solo pessimista, era effettivamente privo di speranza, ormai, e aveva paura del futuro che considerava inevitabile.

Il garzone si sentì in colpa.

E iniziò a perdere le speranze a sua volta.

Dopotutto, cosa poteva fare, effettivamente, per uscire da quella situazione?!

Aveva cercato di aiutarlo, e aveva finito solo per peggiorare le cose.

Smise di lottare, e abbassò la testa.

-Mi dispiace, Miles. Mi dispiace di averti trascinato in questo stupido viaggio per accontentare la mia ragazza. Non avevo idea che fosse così pericoloso. Fino a qualche giorno fa non avevo idea che esistessero i pirati volanti, le streghe e la magia. Direi che sono il peggior compagno di viaggio e salvatore che potessi ritrovarti- si scusò per averli trascinati in quel disastro. Avrebbe dovuto essere più attento, più reattivo, o dare informazioni più chiare circa il luogo che voleva raggiungere con la candela di Babilonia.

Qualche secondo di silenzio seguì la dichiarazione di Phoenix, prima che Miles lo rompesse.

-Se ti può consolare, neanche io sono granché come compagno di viaggio- ammise, sottovoce, prendendosi le sue colpe e iniziando ad aprirsi appena a Phoenix -Pensi che la strega sia stata il mio karma per averti rubato la bisaccia e lasciato a te stesso?- aggiunse poi, sospirando rassegnato.

-No, non karma… von Karma- scherzò Phoenix, cercando di stemperare appena la tensione, e ricordando il nome che lei aveva detto mentre affermava di essere potente e indistruttibile.

Brrr, era spaventosa.

-…Ti odio- borbottò Miles a denti stretti, rabbrividendo a quella freddura.

Phoenix tornò serio.

-Sei scusato, dai. Sei appena caduto dal cielo, non devi avere grandi abilità di viaggi a piedi e correttezza umana- spezzò una lancia a suo favore, scegliendo di perdonare e dimenticare il fatto che lo aveva abbandonato nonostante avessero un accordo.

-Ma so che non si ruba, e non si infrangono le promesse. Dovrei ringraziarti per aver cercato di salvarmi la vita nonostante i rischi e nonostante il mio pessimo comportamento- Miles però era deciso a scusarsi. Avrebbe dovuto restare fedele ai suoi principi e non farsi guidare dall’irritazione e dall’istinto. Suo padre l’aveva educato meglio di così.

-Era la cosa giusta da fare. E poi non potevo deludere Gregory- Phoenix sorrise, ripensando a quel gentile fantasma che lo aveva guidato. Se era riuscito ad arrivare alla locanda era tutto merito suo. 

-Come… come sai quel nome?- chiese Miles, incerto, senza sapere se volesse conoscere davvero la risposta a tale domanda.

Phoenix non recepì l’incertezza nel suo tono.

-Oh, giusto, non te l’ho detto. Evidentemente ho una qualche sorta di potere spirituale, e quando tocco la spilla di mio padre questo potere viene ampliato, e sono riuscito a parlare con un fantasma, credo, di nome Gregory. È lui che mi ha detto come trovarti, e che eri in pericolo. Veglia su di te, e mi ha detto di darti un bacio da parte sua. Conosci un certo Gregory?- ricordandosi di non averne mai parlato a Miles se non a grandi linee, Phoenix spiegò il suo breve ma fondamentale incontro, e recapitò al suo compagno di viaggio il messaggio del fantasma, che doveva tenere davvero molto a lui.

Ci furono parecchi secondi di silenzio.

Miles non sapeva come prendere le parole che gli erano appena state dette.

Un lato di lui gli urlava di non credergli, che probabilmente Phoenix stava mettendo su tutto quel teatrino per manipolarlo e convincerlo a fidarsi di lui usando il nome di suo padre. 

Ma un’altra parte, un lato speranzoso e ottimista che non credeva di avere più, gli suggeriva che poteva aprirsi a lui. Che era davvero onesto e trasparente come appariva.

E alla fine, nonostante la logica gli avesse sempre detto di non fidarsi di nessuno, decise che con Phoenix poteva farlo.

Aveva sfidato la pioggia, una strega, e sembrava disposto ad affrontare anche i pirati per aiutarlo. Non poteva essere un trucco o una manipolazione. Gli aveva letteralmente salvato la vita.

Per farlo morire qualche ora dopo, ma era il pensiero a contare, giusto?

E poi se morivano insieme, poteva anche rivelargli un po’ della sua vita. Non aveva più molto da perdere.

-Sì, lui… lui era mio padre- ammise in un sussurro, soffrendo nel ricordare della persona più importante della sua vita e unica famiglia che avesse mai avuto.

-Oh!- Phoenix sembrò parecchio sorpreso della rivelazione. Poi sembrò capire appieno cosa significasse che il fantasma Gregory fosse il padre della stella -Oh… Miles, mi dispiace tanto!- esclamò, con partecipazione. Non riusciva neanche ad immaginare come Miles poteva sentirsi al momento.

-Ora capisco perché siamo finiti quassù- aggiunse poi, avendo finalmente chiaro il quadro della situazione.

-Non so neanche perché ho pensato al cielo. Mio padre non è più lassù, dopotutto- Miles sospirò, sentendosi un idiota.

-Associ tuo padre alla tua casa, e la tua casa al cielo. È normale- Phoenix non lo considerava un idiota, e approfittò di avere un braccio quasi libero per raggiungere quello di Miles e dargli qualche pacca confortante.

-È caduto parecchio tempo fa, ed è… stato ucciso da uno stregone molto pericoloso e potente, che voleva il suo cuore- Miles si aprì un po’ di più, raccontando un evento che era accaduto anni prima, ma che era ancora impresso a fuoco nella sua memoria.

Aveva osservato, impotente, da miliardi di chilometri di distanza, mentre suo padre veniva ucciso senza che nessuno facesse nulla. Come se fosse un oggetto.

Erano questo, le stelle, per gli uomini, e soprattutto per gli stregoni: meri oggetti per farli vivere più a lungo, non dissimili da erbe aromatiche o ingredienti per le loro pozioni.

-Perché questo accanimento verso le stelle?! Come si può essere tanto crudeli?!- esclamò Phoenix, con veemenza, disgustato dall’idea che qualcuno potesse uccidere un’altra persona e rubarle il cuore.

Per un secondo, Miles sentì qualcosa muoversi nella bocca del suo stomaco, un sentimento sopito che non credeva di essere in grado di provare. La sua figura iniziò ad emettere un tenue bagliore. Non si aspettava che Phoenix si sarebbe scaldato così tanto per i diritti delle stelle.

Ma poi si ricordò che le parole del giovane uomo derivavano dall’ignoranza.

Lui non aveva idea di quanto fosse potente una stella. Se l’avesse saputo, sicuramente ci avrebbe pensato più volte prima di salvarlo.

Era imperativo che non lo scoprisse.

Eppure… forse la morte imminente lo condizionò, ma Miles si ritrovò a parlarne.

-Davvero non sai il potere del cuore di una stella?- chiese, per essere sicuro, anche se la risposta era palese. Ma una parte di lui ancora temeva che fosse tutto un trucco per fargli abbassare la guardia e poi strappargli il cuore in tutta calma.

-Qualsiasi esso sia, non vale la pena uccidere qualcuno per averlo- esclamò Phoenix, senza esitare neanche un secondo, restando fermo sui suoi ideali.

E Miles si ritrovò a rivelare il segreto senza filtri, non facendo passare le parole dal cervello prima di pronunciarle.

Tanto non aveva più niente da perdere.

E preferiva non morire nell’illusione che Phoenix forse davvero una brava persona e non un opportunista come tutti gli altri.

Miles della costellazione Edgeworth preferiva i fatti e la verità.

-Immortalità, Phoenix. Consumare il cuore di una stella ti concede la vita eterna, e la giovinezza- spiegò, diretto, chiudendo gli occhi per prepararsi alla metaforica bastonata che sarebbe sopraggiunta con la reazione di Phoenix.

L’uomo, però, rimase in silenzio qualche secondo, ponderando con attenzione le parole che gli erano appena state dette.

-Non ucciderei mai nessuno per la vita eterna- borbottò infine, in tono fermo, anche se si vedeva fosse parecchio sorpreso.

Pertanto Miles non gli credette, e sospirò, abbattuto.

-E di certo non farei mai del male a te. Ho promesso a tuo padre di proteggerti, e lo farò. Anche se non posso più onorare il nostro accordo, visto che non ho più una candela di babilonia da offrirti- Phoenix insistette, mettendo le cose in chiaro, e tornando all’accordo che avevano stipulato all’inizio di quell’avventura… meno di ventiquattr’ore prima.

Wow, il tempo passava lentamente quando si parlava di Dahlia e si rischiava di morire.

-Vuoi ancora consegnarmi alla tua fidanzata per il compleanno?- chiese Miles, sorpreso che ad un passo dalla morte Phoenix pensasse ancora a fare il romantico. 

E ancora più sorpreso del fatto che non volesse usare il suo cuore per sé, ma stesse pensando ad altro.

Forse poteva davvero fidarsi di lui. Aveva la benedizione di suo padre, dopotutto.

-Beh, non mi dispiacerebbe, ma non pretendo che tu accetti di farlo, ora che non hai più la certezza di tornare in cielo- Phoenix alzò le spalle.

Miles esitò appena.

-Che dire, mi hai salvato la vita, quindi non mi sento in condizioni di rifiutare. Insomma… alla fine hai fatto qualcosa di molto importante per me- ammise Miles, decidendo che dopo il modo in cui l’aveva trattato, e dopo quello che Phoenix aveva fatto per lui, gli doveva un favore. Non gli piaceva avere debiti. Lo faceva sentire strano.

-Sul serio?- Phoenix girò la testa verso di lui, con difficoltà, sorpreso ma speranzoso che stesse dicendo la verità.

-E poi non è che ho molti altri posti dove andare- Miles evitò il suo sguardo, arrossendo appena, e alzò le spalle.

Meglio seguire quell’idiota che non lo voleva morto piuttosto che restare fermo sul posto aspettando che qualcuno lo facesse fuori.

Sempre se fossero sopravvissuti ai pirati.

Cosa improbabile.

-Quindi mi accompagnerai da Dollie per il suo compleanno?!- insistette Phoenix, facendo il punto della situazione.

-Se non vengo ucciso prima da stregoni o pirati, e se non trovo una candela di babilonia prima di arrivare a Wall- Miles mise in chiaro le sue intenzioni, aprendosi all’idea ma sottolineando che non fosse ancora del tutto convinto.

-Lo considero un buon 70% di probabilità che verrai con me- Phoenix sorrise, rinvigorito.

-Sei stoltamente ottimista- sospirò Miles, che però apprezzava tale ottimismo. Era rinfrancante.

-È l’unico modo che ho per sopravvivere! Grazie, Miles. Sai, se non dovessimo trovare un modo per portarti a casa, potresti sempre restare nel mio villaggio, oltre il muro. Non posso prometterti che saranno tutti gentili, ma ti assicuro che nessuno cercherà di strapparti il cuore o ucciderti. Altrimenti con me e Larry l’avrebbero fatto da anni- Phoenix tornò a cercare di liberarsi, e riattaccò a parlare della sua vita.

-Non ti esaltare troppo- Miles lo frenò immediatamente, non volendo ascoltare altre sviolinate su Dahlia Hawthorne.

E Phoenix si zittì completamente, capendo l’antifona.

Il silenzio era peggio.

-Chi è Larry?- chiese quindi Miles, in tono casuale.

-Il mio migliore amico, circa. Combina molti più guai di me, al villaggio. Se qualcosa puzza, è quasi sempre Butz- spiegò Phoenix, ridacchiando appena al pensiero e alzando gli occhi al cielo.

-Mi invoglia poco a restare al tuo villaggio- ammise Miles, che non voleva immaginare che tipo di guai combinasse questo Butz se era peggio di Phoenix.

-Ma il resto è bello. Mia madre è una donna fantastica! E poi c’è Dollie! Lei è la più…- Phoenix si interruppe -Scusa, suppongo tu ti sia stancato di sentir parlare di lei-.

Almeno questo l’aveva recepito. Era più sveglio di quanto sembrasse.

-Non è tanto il parlare di lei, è che ripeti sempre le stesse cose. Non riesco a capire cosa ci sia di così speciale in una ragazza che ha bisogno di essere comprata per amarti- Miles giustificò l’astio che provava nei confronti delle descrizioni di Phoenix della ragazza che amava. Non riusciva davvero a capire cosa ci fosse di così grandioso in lei da rischiare la vita per farle un regalo. Sembrava una cotta un po’ a senso unico. E superficiale.

-Non… non è così! Non sto comprando il suo amore! È solo un modo per dimostrarlo- Phoenix si mise subito sulla difensiva, leggermente incerto ma deciso a giustificare il suo gesto con determinazione.

-Un modo rischioso di dimostrare di amare qualcuno. E lei che sta facendo per dimostrare di amarti? Sta andando in Giappone a recuperare la lancia perduta del Samurai d’Acciaio? Perché in tal caso sarei disposto a seguirti con maggiore piacere- lo provocò Miles, che aveva osservato l’amore dal cielo, e gli era sembrato ben diverso.

Ma forse laggiù le regole non erano come si vedevano dall’alto.

-È un regalo di compleanno, il mio. Non ho bisogno di qualcosa in cambio- insistette Phoenix, leggermente turbato ma cercando di non farlo notare.

-Capisco. Beh, non so niente sull’amore, ma mi sembra una ragazza fortunata. Spero mi meriti- Miles decise di concedergli il beneficio del dubbio, e chiuse l’argomento.

-Sì, quando la conoscerai capirai. È bellissima, dolcissima, intell…insomma, è fantastica!- Phoenix non sapeva in che altri modi descriverla, a dire il vero. Ma era convinto di amarla. E che lei amasse lui.

Il loro era un amore fantastico, che Miles non poteva comprendere.

Era una stella, dopotutto. Che ne sapeva dell’amore?!

-Conoscere Dahlia, essere torturato dai pirati, avere il cuore strappato di netto dal petto da una strega… devo ammettere che non saprei scegliere quale di queste prospettive sia la meno peggio- borbottò Miles, pensando al suo immediato futuro.

Phoenix provò a spintonarlo appena, per esprimere il suo disappunto, ma ridacchiò tra sé per il sarcasmo. Chi immaginava che le stelle avessero un (discutubile) senso dell’umorismo?

-Ce la faremo. Kristoph Gavin non può essere così male. Forse riusciamo ad ottenere un accordo. Potremmo dirgli dov’è la strega. Hai detto che prende stregoni prigionieri- Phoenix provò a cercare soluzioni, deciso a tirare Miles fuori da lì.

-Non ci lascerebbe andare comunque, e la strega direbbe immediatamente che sono una stella. E, non per vantarmi, ma sono molto più prezioso di una semplice strega- Miles scosse la testa, trovando una pecca nel suo ragionamento.

-Forse potremmo…- la nuova idea di Phoenix venne interrotta quando la porta si aprì, e il capitano entrò.

Dopo la spiegazione di Miles, e la visione che aveva avuto nella pioggia, Phoenix si aspettava una persona terrificante.

Invece gli si parò davanti un ragazzino, che sembrava più giovane e basso di come fosse apparso sul ponte.

I capelli legati in una treccia erano adesso asciutti, i vestiti eleganti, troppo eleganti, e indossava parecchi gioielli scintillanti.

-Perdonate l’attesa, avevamo un grande lavoro da fare. Siete pronti per essere interrogati?- il capitano prese una sedia e si mise al loro fianco, sguainando la spada, che però tenne bassa.

-Non mi sembra così male- sussurrò Phoenix a Miles, sentendosi più calmo.

-È molto più spaventoso dal vivo- ribatté invece Miles, ritirandosi spaventato.

Phoenix avrebbe dato sfogo a tutte le sue doti oratorie.

Avrebbe presto capito che non ne aveva minimamente bisogno.

   
 
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