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Autore: Kaiyoko Hyorin    22/04/2022    2 recensioni
Ciao a tutti! Questa doveva essere una raccolta di One-shot ma, dopo aver realizzato la verità, è diventata una raccolta di capitoli in stile Slice-of-Life che tratta un piccolo sequel del finale alternativo della mia fanfic "Lo Hobbit, un amore inaspettato". Se sapete di cosa sto parlando allora meglio così, altrimenti consiglio di leggervi almeno l'ultimo capitolo della suddetta (Finale Alternativo) perché altrimenti potreste non capire cosa state leggendo. Detto ciò, auguro buona lettura a tutti, nostalgici e non, della coppia Thorin/Kat.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lo Hobbit'
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PERFECT


 


Come aveva fatto a finire in quella situazione?

Non era la prima volta che Kat, da quando aveva messo piede in paese, se lo chiedeva, ma quella era senza dubbio il coronamento di tutte le serate precedenti. Tuttavia, le bastò incrociare un paio di occhi color azzurro-ghiaccio per trovare dentro di sé la risposta a quella domanda: per lui. Era finita dov’era soltanto perché, quel lontano giorno d’autunno, aveva conosciuto lui.

O forse, anche da prima di quel momento.



Fu Gandalf ad aprire la porta d'ingresso, rivelando sullo sfondo della notte scura la figura del nano in attesa. Thorin Scudodiquercia si fece avanti, varcando l'atrio circolare della piccola casa hobbit con passo sicuro e pesante.

– Avevi detto che era facile da trovare [...] ho smarrito la via due volte!

~

– Ascia o spada? Qual è l'arma che preferite? [...] E voi, mia signora?

– ...spada, [...] anche se confesso di non averne mai maneggiata una vera.

Thorin, dal canto suo, non sembrò affatto sorpreso e scoccò un'occhiata eloquente agli altri suoi compagni lì presenti.

– Lo immaginavo.

~

– Come ha detto Gandalf, sono in possesso di conoscenze a voi inaccessibili e vi servirà il mio aiuto, [...] che lo vogliate o meno.

– Molto bene.. – esordì infine Thorin, distogliendo l'attenzione da lei per riporla sull'Istar – faremo a modo tuo.

~

– Lascia che mi presenti a dovere: sono Katla, figlia di Hekla; ma puoi chiamarmi Kat, se preferisci [...] al vostro servizio, Re sotto la Montagna.

Preso alla sprovvista, Thorin inarcò un sopracciglio, ma se non altro perse il cipiglio che gli aveva corrucciato l'espressione sino ad un attimo prima.


Peccato che quei ricordi preziosi non facessero più parte di lei.

Altri ne avevano preso il posto, insostituibili alla pari di quelli cui Kat aveva scelto di rinunciare per sempre ormai diverso tempo prima. Il vuoto che però avevano lasciato l’aveva portato dentro per tutti mesi a seguire e ancora la destabilizzava la consapevolezza che ci fosse qualcosa, nel profondo di sé stessa, che non conosceva e non sapeva come aggiustare.

Qualcosa che, meno di un’ora prima, si era ripresentato ancora una volta al suo animo.



Kat sollevò lo sguardo dal bicchiere che stava asciugando, appena in tempo per ritrovarsi a guardare il volto sorridente di Taylor oltre il bancone.

– Ehi Katla, perché non fai una pausa? Non ti sei fermata un solo minuto da quando è iniziata la serata – le propose, accennando al tavolino a cui era stata accomodata quasi tutta la sera, prima di farle l’occhiolino ed aggiungere – Vieni a sederti con noi!

– Ah… c-certo, va bene – annuì la mora, sorpresa, prima di scoccare un’occhiata dubbiosa al proprietario del locale, intento a spillare l’ennesima birra chiara.

– Tauriel ha ragione: per stasera hai già corso abbastanza! Goditi il resto della serata, saranno questi scansafatiche a venire a prendersi da bere, se ne vogliono ancora! Vero ragazzi?!

Un coro di assensi e qualche protesta per l’appellativo a cui erano stati designati si sollevarono da vari punti della sala.

Perplessa ma sollevata, Kathrine annuì e lanciò un’ultima occhiata di sfuggita all’uomo accomodato a quello stesso bancone, pochi posti più in là. Ethan le rivolse un lieve, morbido sorriso di incoraggiamento e lei, non riuscendo a non sorridergli a propria volta, gli fece un rapido cenno prima di voltarsi rapida e avviarsi al camerino dei dipendenti. Dopo una serata tanto intensa si sentiva un po’ stanca, ma il pensiero di avere il moro ad aspettarla contribuiva a infonderle nuove energie, giacché non era per nulla intenzionata a rinunciare al tempo in sua compagnia, per quanto poco potesse essere.

Per questo, quando tornò indietro dopo essersi debitamente disfatta di grembiule e maglietta da lavoro, aspettativa ed ansia si agitavano nel bel mezzo del suo ventre, facendola sentire in fibrillazione. Tuttavia quella sensazione si freddò, come improvvisamente congelata, quando, varcata la soglia che dava sulla sala del pub-ristorante, i suoi occhi tornarono meccanicamente al bancone. La scena che scorse bloccò ogni suo muscolo e pensiero razionale, mentre l’immagine che catturarono le sue retine le si impresse nella mente al pari di una fotografia: Ethan, seduto ove l’aveva lasciato, stava sorridendo mentre era intento a parlare con Taylor. Lei, ferma sullo sgabello vicino, gli stava rispondendo qualcosa con una naturalezza ed un’attenzione totali. Sembravano in confidenza, abbastanza da intrattenere una conversazione vera, una di quelle in cui si partecipa entrambi e non fatta esclusivamente di convenevoli. Lei rise, lui scosse il capo corvino e le disse qualcos’altro con un gesto vago a indicare Bil, cosa che suscitò altre risate nella rossa. Ed una strana sensazione di malessere, come una trave che si faceva strada nel suo addome, nacque in Kat mentre era spettatrice involontaria di quella discussione amichevole.

Non poté fare a meno di pensare che sembravano stare bene insieme, come due elementi di uno stesso quadro perfettamente armonizzato in ogni sua forma. Entrambi erano alti e belli, di quella bellezza che non si limita al solo aspetto esteriore perché derivante da qualcos’altro, qualcosa che trasudava dai loro gesti e dalle loro espressioni. Belli in un modo che lei non avrebbe mai potuto neanche sperare di essere, non con tutti i casini che si portava dentro.

Era una stupida, lo sapeva, non aveva motivo di sentirsi così in difetto, eppure non poté fare a meno di considerarsi alla stregua di un’estranea intenta ad osservare un mondo a cui non apparteneva completamente.

L’oscurità ghermì il cuore di Kathrine al pari d’una mano artigliata, provocandole una fitta ed al contempo una strana sensazione di deja-vù che le fece serrare le mani a pugno lungo i fianchi. Stava ancora cercando di aver ragione del proprio lato irrazionale e di trovare il coraggio di muoversi, prima che uno dei due la notasse, quando l’improvviso assalto di Philias la colse di sorpresa.

– Ehi, Katla! Ti sei liberata, vedo!

Sotto il peso del ragazzo che con tanta irriverenza le si era appena avvinghiato addosso, appoggiandosi di peso con un braccio sulle sue spalle, Kat incespicò in avanti ma, piantato un piede a terra, riuscì ad evitare di perdere del tutto l’equilibrio. Quando tornò a drizzarsi, sollevò quindi lo sguardo sul biondino che con tanta familiarità aveva appena invaso il suo spazio personale. Di nuovo.

– Fili! – sbottò accigliata, cercando di divincolarsi – Sei pesante!

Il cugino di quarto grado di Ethan finalmente la lasciò andare, sollevando ambo le braccia in universale segno di resa e ricambiando al contempo la sua occhiataccia con un sorriso sornione.

– Scusa, scusa… volevo solo dirti che fra poco è il nostro turno. Sei pronta o vuoi startene qui con quell’aria da funerale ancora un po’?

A quelle parole pregne di ironia Kat strabuzzò gli occhi.

– Come, scusa? – sbottò incredula, mentre il cuore le balzava in petto.

– Be’, ma è vero – ribatté l’altro candidamente, prima di indicare verso il palco con un cenno del capo – ..per un attimo mi è parso di star guardando mio fratello: avevi la sua stessa espressione.

Scoccando un’occhiata in tralice verso l’altro lato della sala, Kathrine notò la figura del giovane Kyle intento a cercare di leggere l’elenco delle canzoni per il karaoke sul tablet che reggeva fra le mani. O almeno era quello che sperava di far credere, perché in realtà erano più le occhiate che lanciava in direzione di Taylor che quelle allo schermo luminoso. Il suo volto contornato da ribelli ciocche castane era solcato da un’espressione insolitamente nervosa e cupa, una che Kat non gli aveva mai visto assumere da quando conosceva lui e suo fratello, cosa che le fece inarcare un sopracciglio.

– È innamorato di lei da quando eravamo piccoli ed era la nostra babysitter –  le rivelò il giovane “Fili”, in tono divertito e rassegnato al contempo – non si è ancora arreso e, conoscendolo, non credo lo farà mai.

Kathrine a quel punto serrò le labbra in una smorfia piatta, cercando di sopprimere la familiare sensazione di imbarazzo che la colse nel momento in cui realizzò quanto il biondo avesse ragione.

– Credo… – esordì, prima di deglutire a causa del groppo che le si era serrato in gola – …credo che mi riposerò un po’ prima di unirmi a voi – quindi, tornando a guardare il maggiore dei due fratelli, esibì un mezzo sorriso sardonico mentre lasciava spazio alla propria abituale ironia – e poi, prima vorrei capire se siete all’altezza di esibirvi con la sottoscritta.

Philias accolse lo scherzo, rispondendole a tono ed accantonando, con sollievo della diretta interessata, il discorso precedente.

Kathrine lo osservò allontanarsi in direzione del fratello minore, pronto “a spaccare”, come aveva appena affermato lui stesso prima di lasciarla. In rari casi, come quello appena trascorso, sembrava decisamente più maturo della sua età e, per certi versi, in quei momenti somigliava molto a suo cugino Ethan.

Quel pensiero la fece sorridere e, tornando a cercare Tauriel e Thorin con lo sguardo, li ritrovò intenti a guardare nella sua direzione. Sorridendo loro in risposta al cenno che le stavano facendo perché li raggiungesse, una parte di lei si rese conto che quell’ombra impalpabile, pronta a gravarle addosso come un rapace vendicatore, era già scomparsa.


Per questo non aveva neanche lontanamente ipotizzato che quella sera sarebbe stata La sera. La sera in cui sarebbe crollata in pezzi ancora una volta sotto l’effetto di emozioni che, dal primo momento, erano fuori dal suo controllo.

Ed era stato pochi minuti dopo aver creduto che quell’ombra, sempre in agguato appena oltre la sua sfera razionale, fosse stata infine sconfitta.

 

La musica dal ritmo country[*] si riversò fuori dalle casse disposte a lato del piccolo palchetto allestito nella sala della locanda per l’occasione, mentre gli avventori presenti già si entusiasmavano alla prospettiva di assistere all’esibizione dei giovani Fili e Kili.

E la prima strofa non poteva che essere cantata dal maggiore.


Hey brother
There's an endless road to rediscover[1]


Kat non poté far a meno di sorridere ancor di più a quell’esordio, piacevolmente sorpresa e al contempo divertita, giacché il testo sembrava calzare loro a pennello. Poi il fratello minore fece un balzello avanti, cantando la strofa successiva e guardando dritto verso di lei.


Hey sister
Know that water's sweet but blood is thicker[2]


Come quelle parole le risuonarono nelle orecchie e vide Kyle farle l’occhiolino, qualcosa in lei si tese, congelando il sorriso sul suo volto e minacciando di turbare il suo buon umore. Ci pensò il suo istinto di autoconservazione a salvarla da sé stessa, giacché negli ultimi mesi aveva avuto modo di allenarlo a dovere per prevenire ogni avvisaglia di crisi emotiva e anche questa volta esso fece egregiamente il suo dovere, sopprimendo ogni accenno di disagio in fondo all’animo e lasciandola libera di godersi lo spettacolo.

E Kathrine lo fece, pur ritrovandosi ad ascoltare ogni parola di quella canzone con insolita ed approfondita attenzione, canticchiando persino qualche strofa del ritornello sul finale e battendo le mani a tempo di musica. Una musica allegra, che ebbe il potere di colmarle il petto di entusiasmo e qualcos’altro: una sensazione agrodolce indistinta, molto simile alla nostalgia.


What if I'm far from home?
Oh brother, I will hear you call
What if I lose it all?
Oh sister, I will help you out
Oh, if the sky comes falling down
For you
There's nothing in this world I wouldn't do[3]


Allorché le ultime note risuonarono attraverso le casse ed i due fratelli si inchinarono all’unisono, vari commenti si levarono per la sala del Puledro da parte degli avventori abituali, insieme a qualche fischio, e Kat ridendo si unì a loro, alzandosi in piedi ed unendosi all’allegria generale.

– Grazie! Grazie! – esclamò allegramente Philias, prima di lasciare il microfono.

Kat, ancora sorpresa per la perfetta coordinazione dei due ragazzi nell’esibizione, si volse verso la ragazza seduta al suo stesso tavolino.

– Sono stati bravissimi!

– Ahah, sì! La cantano ogni volta! – le rispose Tauriel senza guardarla, con ancora un ampio sorriso a delinearle le labbra rosse.

Aveva scoperto che era la stessa cameriera che, prima di lei, si era rotta una gamba lavorando sui pattini al Puledro Impennato.

Quando se l’era trovata davanti aveva dovuto alzare lo sguardo e, benché inizialmente si fosse sentita quasi in soggezione, preda di una diffidenza istintiva e del tutto immotivata, si era dovuta ricredere appena avevano iniziato a parlare.

Era stato grazie al sorriso di lei se avevano fatto subito amicizia, un sorriso come quello che stava sfoggiando adesso guardando i due giovani scendere dal palco.

Poi ella si volse a guardarla e la sua espressione mutò in un istante.

– Katla.. – la chiamò, tradendo un’improvvisa preoccupazione nel tono di voce – ..tutto bene?

Ricambiandone lo sguardo apprensivo, Kathrine inarcò un sopracciglio.

– Sì, perché?

La sua risposta però non convinse affatto la rossa, che spostò lo sguardo oltre lei, come cercando qualcosa. O qualcuno.

– Thorin – lo chiamò soltanto.

E Kat fece lo stesso, confusa e dubbiosa, voltandosi verso il diretto interessato, cercando di capirci qualcosa. Come incrociò gli occhi chiari di Ethan seduto al tavolino accanto però, anche lui parve perdere del tutto ogni allegria sul volto barbuto, alzandosi addirittura in piedi e bruciando con un paio di rapide falcate la distanza atta a separarli.

Il repentino cambiamento, nonché quel suo improvviso avvicinamento, la fecero quasi sussultare.

– Kat, – la sua voce era seria, quasi allarmata mentre pronunciava il suo nome, sondandola con il suo sguardo penetrante – cos’è successo?

– Co..? – la mora, iniziando a sentirsi a disagio, non capendo cosa stesse succedendo intorno a lei, incespicò con la lingua e se ne uscì con una breve risata nervosa e sulla difensiva – N-niente, perché?

Nella pausa che seguì, alternando gli occhi chiari dall’uno all’altra, non mancò allora di notare che ora lui e Tauriel non erano gli unici a prestarle attenzione, e la cosa contribuì ad aumentare la tensione che rapida stava montando in lei.

La risposta intanto tardò ad arrivare e Kat, dopo un paio di secondi, ci riprovò.

– Ho qualcosa in faccia per caso?

Lo disse ironicamente, tanto per dire, e fece persino il gesto di spazzarsi le guance con una mano e fu a quel punto che colse la sensazione di bagnato sotto le dita. Ritirando il proprio arto, si ritrovò quindi a fissare i propri polpastrelli ricoperti di una sostanza umida e trasparente, del tutto simile all’acqua.

Quelle erano…?

La consapevolezza la colpì nello stesso istante in cui una nuova serie di lacrime scivolò sulle sue gote, strabordando dalle ciglia scure: stava piangendo. Stava piangendo silenziosamente e neanche se n’era resa conto.

Confusione e spaesatezza si sovrapposero nella sua mente.

– Ma che..? – soffiò, prima che la voce le s’infrangesse in un singhiozzo.

Immediatamente si tappò la bocca con ambo le mani ed il panico le artigliò il petto in una fredda morsa, facendole sollevare di scatto lo sguardo su Ethan, ancora immobile al suo fianco. Come i loro occhi si incrociarono, qualcosa in Kat scattò e lei si mosse d’impulso, giusto un attimo prima che lui tentasse di sollevare una mano a toccarla.

Si voltò e, senza una parola, con nuove lacrime che le scivolavano copiose sulle guance arrossate, fuggì.

Scappò via, attraversando di corsa la sala e gettandosi sulla porta che dava sul vano scala e l’accesso al vicolo sul retro, cedendo al panico ed ignorando la voce profonda di lui che la chiamava per nome.


Su quel palco, con il microfono in mano ed il tablet davanti pronto ad avviare la musica che aveva scelto, Kat si sentì come sospesa in un limbo. Ripensò agli ultimi mesi, all’ingenuità con cui aveva creduto di essere di nuovo libera da quelle crisi di pianto che l’avevano afflitta sin dal suo risveglio in ospedale, ed al motivo per cui si era illusa di essere “guarita”.

Peccato che quella stupida convinzione fosse crollata con così tanta facilità solo pochi minuti prima, come una sottile e lucente lastra di vetro che improvvisamente si frantuma in un inarrestabile reticolo di schegge e collassa su sé stessa.

Così si era sentita, finché lui non l’aveva sorpresa ancora una volta.

 

Kat si lasciò cadere in ginocchio nella neve, le braccia strette intorno al busto per cercare di contenerne il tremito. I singhiozzi risuonarono sulle pareti del vicoletto dietro al Puledro, scuotendola dall’interno, mentre l’aria della notte le gelava la pelle accaldata, lì ove le lacrime l’avevano bagnata scivolando sino al collo.

Perché?

Perché era accaduto di nuovo? Perché proprio quella sera?!

Tentò di far entrare aria nei polmoni, ma i singhiozzi che la scuotevano erano talmente violenti da rendere il suo tentativo un’impresa. Confusa e dilaniata da un’irruenta ondata di emozioni che nemmeno riusciva ad interpretare, a malapena riconobbe la gelida morsa del panico fra queste. Panico, perché lui era stato testimone dell’accaduto.

Cos’avrebbe pensato?

Cosa gli avrebbe detto quando le avesse chiesto spiegazioni?

Aria, aveva bisogno di più aria.

– Kathrine!

La porta alle sue spalle si aprì di scatto e sbatté contro il muro con un tonfo secco e, un istante dopo, Ethan era al suo fianco, in ginocchio, a sostenerla ed al contempo massaggiandole la schiena.

– Piano, respira piano – le giunse dalla sua voce bassa e ferma, tipica di chi ha tutto sotto controllo – segui il mio ritmo: dentro, fuori.. dentro, fuori…

Kat tentò di seguire quella cadenza regolare quanto rassicurante e, lentamente, il respiro tornò a riempirle i polmoni, facendole arrivare nuovo sangue al cervello. Tuttavia, per quanto potessero quietarsi i sussulti che le sconquassavano il petto, i sentimenti che li avevano provocati non si affievolirono, bruciandole dentro come fuoco di drago.

Dolore, disperazione, rimpianto, nostalgia e senso di colpa. Ed una tristezza senza fine.

Erano queste le emozioni che tutte insieme si erano affacciate al suo animo, mute eppure presenti, ed ancora la tormentavano, facendole serrare con forza le mani sulla stoffa della propria maglietta, ad altezza del petto, ed impedendole di dare attenzione a ciò che la circondava.

– Kat – di nuovo la voce di Ethan, roca e rassicurante, tornò a richiamarla e lei sollevò gli occhi gonfi e colmi di lacrime sul suo volto solcato di preoccupazione – cos’è accaduto?

La guardava con una pena tale che il cuore le fece ancor più male mentre serrava le labbra in una linea piatta, cercando di trattenersi dal singhiozzare ancora, cosa che portò ad una nuova serie di piccoli sussulti delle spalle.

– Dimmelo – insistette lui al suo silenzio – ti prego.

E lei, davanti a tanta sincera preoccupazione, non poté più tacere.

– N-non lo so – balbettò, la voce terribilmente incrinata, come se fosse sul punto di spezzarsi – ..non so come.. come mai è.. i-io…

L’incapacità di capire sé stessa, unita alla sensazione di essere terribilmente vicina a farlo, fecero nascere in lei una frustrazione ed un’insofferenza tali da raggiungere il punto di rottura e qualcosa nel suo animo rispose, lacerandosi. Il freddo dell’inverno, lo sguardo travagliato di lui, la sensazione d’impotenza… tutto questo, per un unico, fugace istante, provocò nella sua mente il sovrapporsi di un’immagine terribilmente simile alla scena che aveva di fronte e, nello spazio di un battito di ciglia, Kat non fu più lì, con Ethan, su quella terra, ma in un mondo lontano, totalmente diverso. Per il tempo di un singolo sussulto del cuore tornò sulla vetta di Collecorvo, al momento in cui Thorin Scudodiquercia, ferito a morte, aveva voltato lo sguardo verso di lei ed i loro occhi si erano incrociati per l’ultima volta.

E le lacrime tornarono ad offuscarle la vista, incandescenti come fuoco liquido.

– M-mi dispiace… – ansimò, senza fiato, sconvolta da quella visione che l’istante seguente tornò all’oblio dal quale era stata strappata, giacché erano ricordi che non le appartenevano più ma i cui sentimenti perdurarono in lei, facendola crollare in una litania spezzata di singhiozzi – ..mi dispiace, Thorin… mi dispiace… mi dispiace…

Scoppiò in un pianto a dirotto che si infranse contro il suo petto, giacché Ethan subito l’avvolse fra le braccia, stringendola a sé con la stessa forza con cui lei gli si aggrappò alla camicia di flanella.

Avvolta in quel nuovo calore, Kathrine pianse tutte le lacrime che ancora aveva, dando voce al dolore insito nella parte più profonda del suo cuore, travolta da esso in un modo del tutto nuovo quanto assoluto. Le ci volle una manciata di minuti per calmarsi e durante tutto il tempo Ethan non allentò la stretta con cui la stava abbracciando, neanche per un secondo, né le disse nulla. La lasciò sfogare, inginocchiato con lei nella neve, apparentemente immune al gelo che filtrava attraverso i vestiti bagnati.

Quando finalmente i singhiozzi d’ella si placarono e le lacrime smisero di traboccarle dalle ciglia ed inzuppare la camicia di lui, giunse il momento tanto atteso e temuto delle spiegazioni.

– Ora mi dirai cosa ti è successo là dentro?

Una bella domanda.

– Non lo so – confessò Kat in un soffio, asciugandosi il volto sulla stoffa della camicia di lui prima di trovare il coraggio di alzare lo sguardo ad incrociare il suo – non era mai successo, non così… non saprei neanche spiegarlo.

Affetto ed apprensione solcavano il volto contornato dalla corta barba ben curata dell’uomo, che allentò la presa sulla sua schiena, abbastanza da permettere ai loro occhi di incrociarsi ma non di più. Come se avesse paura che, lasciandole solo un po’ più di spazio, lei avrebbe tentato di nuovo di scappare via da lui.

– Perché non ci provi? – le propose con una nota incredibilmente morbida nella voce calda e profonda – Ti prometto che ti ascolterò fino in fondo. Non andrò da nessuna parte. 

Kat sussultò, presa alla sprovvista da quell’ultima affermazione che aveva appena centrato il segno di ogni sua più intima paura. Si ritrovò ad arrossire, sentendosi colta in fallo da quella promessa insperata e, abbassando lo sguardo, cercò la risposta dentro di sé.

Alla fine, malgrado la propria stessa confusione, non poté che acconsentire.

– Ci proverò.


Per questo motivo aveva deciso di salire su quel palchetto di legno improvvisato.

Per questo Ethan, in piedi sotto quello stesso palco, la guardava fisso senza prestare attenzione a nient’altro.

Tornando a focalizzarsi sul testo della canzone che aveva scelto, ne scorse le strofe un’ultima volta prima di decidersi ad avviare il brano. Sì, con qualche piccola modifica sarebbero andate bene.

Come le prime note colmarono il silenzio[*], Kat chiuse gli occhi, concentrandosi sulla melodia e lasciandosi ben presto trasportare da essa.

Quando giunse il momento, serrò la presa sul microfono e schiuse le labbra.


Talking with you while I'm all by myself
Voices stay silent to everyone else
[4]


La sua voce inizialmente uscì flebile dalle casse dell’impianto audio, graffiata dallo sforzo a cui le corde vocali erano state sottoposte fino a pochi minuti prima, ma man mano che le parole prendevano forma dando vita a ciò che covava in fondo all’animo, risuonavano sempre più limpide.


You were my heroe and you were my hope
Till you left me so hurt and afraid, all alone
[5]


Perché, anche se non lo ricordava, qualcosa le era successo quel lontano giorno d’inverno. Qualcosa di cui aveva sentito terribilmente la mancanza per mesi e che l’aveva cambiata, forse distrutta. Eppure, in qualche modo, si era rialzata ed aveva ripreso in mano la propria vita.


And maybe I'm a monster, but I am what you made
Lost memories that hurt me, will fly apart and fade
And maybe I'm a monster, but I don't give a damn
For maybe I am imperfect ~ imperfect…
Just the way I am
[6]


Aveva intrapreso il suo viaggio e lungo la strada aveva incontrato il suo Thorin.

E lui ora era lì di fronte a lei, e la stava guardando fisso, senza distogliere lo sguardo.


I don't wanna feel, tell me was it worth it?
'Cause I don't give a damn, I don't wanna feel
Tell me that I'm imperfect, just the way I am


Cosa c’era di sbagliato in lei, in fondo? Era solo una ragazza normale, con qualche cicatrice in più nel cuore. Non c’era motivo di nascondere ciò che era, perché lui non sarebbe andato da nessuna parte: glielo aveva promesso. 

Quindi continuò a cantare e per ogni strofa riacquistava un po’ della propria sicurezza, o forse era solo la sua capacità di lasciarsi trasportare dalla musica e dai sentimenti che le rievocava.

E mentre cantava sollevò lo sguardo sulla sala della locanda, notando fra gli astanti i cugini di Ethan alzare un pugno in segno di vittoria ed incoraggiamento. Le venne da sorridere alla loro spontaneità e di nuovo provò una sensazione pungente al centro del petto, che la spinse a riversare ciò che sentiva nella propria canzone.


I don't wanna feel, tell me was it worth it?
'Cause I don't give a damn, I don't wanna feel
Tell me that I'm imperfect, just the way I am


Non aveva più bisogno di guardare il testo, giacché lo conosceva e le ultime strofe al di fuori del ritornello erano subordinate ad un intervento che sapeva non ci sarebbe stato: nessuno le avrebbe risposto. O almeno era questa la propria convinzione mentre ascoltava ad occhi chiusi la melodia colmare l’aria.

Per questo motivo, quando ciò accadde, Kat spalancò le palpebre di scatto, totalmente presa di sorpresa.


Oh, you're perfect, don't cry, don't change[7]


La sua calda voce colmò il vuoto mentre Ethan, procuratosi il secondo microfono, saliva i pochi gradini del palco. Fischi di apprezzamento da parte dei suoi parenti si levarono dalla sala.

Incrociandone gli occhi azzurrissimi ancora una volta, Kat avvertì un intenso brivido correrle su per la schiena e la situazione le fece nascere un sorriso spontaneo sulle labbra.

Quindi fece un passo verso di lui, tornando a sollevare il microfono.


And I can trust you, I'm still trying to
But my heart is still exploding, corroding into shame
[8]


Ed era vero, pensò mentre lui le si fermava davanti, fissandola dall’alto della sua statura con un’intensità tale da farla vacillare, mentre le rispondeva ancora una volta.


Oh, you're perfect, don't cry, don't change


E va bene, pensò dentro di sé mentre il sorriso le si ampliava in volto, gli avrebbe creduto.


I don't wanna feel, tell me was it worth it?
'Cause I don't give a damn, I don't wanna feel
Tell me that I'm perfect, just the way I am

I don't wanna feel, tell me was it worth it?
'Cause I don't give a damn, I don't wanna feel
Tell me that I'm perfect, just the way I am


La speranza rifiorì in lei, che rivolta nuovamente verso il pubblico sentì dentro di sé gli ultimi strascichi di malinconia dissolversi come fumo al vento, soppiantati da un’euforia nuova e travolgente. Fu per questo che accompagnò le ultime note con la propria voce, in un – na na na – fine a sé stesso, solo per il gusto di farlo, e quando sentì di nuovo quella di Ethan sovrapporsi e sommarsi alla sua, accompagnandola, credette che il cuore fosse sul punto di esploderle in petto dalla gioia.

Quando la musica cessò e la canzone finì, il proprio battito le risuonava talmente forte nelle orecchie che si sommò all’improvvisa ovazione che pervenne dalla sala del Puledro Impennato di fronte a loro. Ovazione i cui fautori principali erano proprio Fili e Kili.

Kat, non abituata a quel genere di cose, arrossì ed al contempo non poté non ridere dell’entusiasmo esagerato dei due ragazzi per il debutto del loro cugino preferito, verso il quale rivolse un’occhiata da sopra la spalla. Come ne vide l’espressione perplessa mutare in una di bonario rimprovero, pur non mancando di sfoggiare uno dei suoi mezzi sorrisi, si chiese cosa avesse fatto per meritarsi di incontrare un uomo del genere.

– ..sì, sì.. dateci un taglio – stava dicendo ai suoi parenti il diretto interessato, prima di riporre il microfono da parte.

Fu a quel punto che si voltò a guardarla e come i loro occhi tornarono ad incrociarsi, il familiare tuffo al cuore che sperimentava ogni volta che questo accadeva si ripresentò a serrarle la bocca del ventre in una dolce morsa. Poi, dopo quel primo momento di stasi, le sue labbra si mossero, sillabando un’unica, semplice frase: “Sei perfetta… per me.”

Quell’unica silenziosa affermazione, unita al lieve sorriso che le rivolse, la colpirono dritta al cuore e lo stupore, unito al divampare nel suo ventre di una familiare e al contempo nuova sensazione di calore furono l’innesco con cui i profondi sentimenti che provava per lui esplosero in lei, arrivando a spazzare via anche la più remota sensazione di vuoto che negli ultimi mesi l’aveva tormentata tanto a lungo. Quell’ondata di emozione la investì e la travolse al pari di un fiume in piena e le fece istintivamente serrare la presa sul microfono che ancora teneva sollevato nella mano destra per resistervi, invano. Essa traboccò come se fosse dotata di vita propria, prendendo vita sulle sue labbra.

– …ti amo.

Lo disse senza quasi rendersene conto, completamente dimentica che il proprio microfono fosse ancora acceso, e per questo il sentire quello che aveva creduto soltanto un proprio intimo pensiero risuonare per tutta la sala la fece sobbalzare.

Allo stesso modo Ethan si fece come di pietra, bloccandosi alla pari di un cervo di fronte ai fari di un’auto e guardandola allo stesso modo, ma fu solo per un paio di secondi. Nello spazio di un battito di ciglia, mentre la fautrice di quella confessione involontaria avvampava in viso e lasciava cadere a terra il microfono con un tonfo sonoro, lui si mosse, bruciando la poca distanza intercorsa a separarli con un’unica falcata.

La baciò davanti a tutti, con un trasporto tale da toglierle il respiro e farle perdere ogni percezione della realtà circostante: non colse l’improvviso sollevarsi delle voci degli spettatori, amici e parenti, ancora presenti nella sala, né avvertì altra sensazione che non fosse il suo tocco sulla propria pelle, dalla morbidezza delle sue labbra alla pressione delle sue mani ai lati del proprio volto, e finanche il suo sapore.

Pochi secondi dopo, quando Ethan si staccò da lei abbastanza da permetterle di respirare, Kat tornò ad osservarne il volto vicinissimo al proprio e, mentre tentava di elaborare mentalmente quanto appena accaduto, lui le sorrise.

– Ti amo – le sussurrò, gli occhi piantati nei suoi e le loro fronti che quasi si toccavano.

Il cuore le fece un’altra capriola nel petto a quell’unica, preziosa ammissione, e Kathrine sentì i propri occhi tornare a pizzicare. Commossa, gli sorrise a propria volta e gli gettò le braccia al collo, tornando a baciarlo con lo stesso trasporto dimostrato da lui poc’anzi, sentendolo ricambiarla in egual misura e avvertendo le sue braccia accoglierla e stringerla a sé.

Si staccarono solo quando, poco dopo, alla cacofonia generale si sovrappose la classica battuta: – Trovatevi una stanza!

Una provocazione alla quale Ethan, senza scomporsi e senza lasciar andare la ragazza, replicò prontamente: – Ehi Bil, lo hai sentito? Offrici una stanza!

E risate si levarono fra i tavolini, e più di una testa si voltò verso il locandiere, che preso alla sprovvista iniziò a brontolare come una caffettiera, negando la disponibilità e dando vita ad un breve dibattito ironico al riguardo.

Kathrine, assistendo alla scena di cui era stata in qualche modo fautrice, si ritrovò quindi a sorridere divertita.

– Cos’era quello? – chiese al suo boscaiolo preferito, tornando a guardarlo negli occhi con un sorrisetto sbarazzino – Un lato di Thorin che ancora non conoscevo?

– Può darsi – le rispose a tono lui, ricambiandola – vogliamo andarcene da qui e vedere insieme se ce ne sono altri?

Se Kat non lo fosse stata già da tempo, sarebbe arrossita in volto come un semaforo a quella chiara allusione, ed il brivido che le risalì lungo la spina dorsale entrò in netto contrasto con l’incendio che le era appena divampato in corpo, accentuandone gli effetti e spingendola ad aderire maggiormente al corpo altrui.

Oh, stava accadendo di nuovo: quando si trattava di lui, ogni lucidità di pensiero si tramutava in un lontano ricordo. Ma forse, pensò distrattamente fra sé e sé mentre acconsentiva alla sua proposta con un cenno del capo, non era necessariamente un male.

 



~ LEGENDA ~

Grassetto = titoli.
Corsivo = evocativo (flashback, canzoni, citazioni, parole in altra lingua o toni dal timbro particolare).
MAIUSCOLO = toni alti.
[1, 2, 3..] = si tratta di annotazioni e/o traduzioni che aiutano il lettore a comprendere al meglio il testo. Basta sostarvi sopra con il mouse perché compaia la nota cui fanno riferimento.
[*] = facendovi click con il mouse aprono il link al video cui il testo fa riferimento (musiche, canzoni, ecc).


» Note:
1. "Hey brother / there's ad endless road to redescover" = Hey fratello, c'è una strada infinita da riscoprire
2. "Hey sister / know that water's sweet but blood is thicker" = Hey sorella, sai che l'acqua è dolce ma il sangue è più denso.
3. "What if I'm far from home? / Oh brother, I will hear you call / What if I lose it all? / Oh sister, I will help you out / Oh, if the sky comes falling down / For you / There's nothing in this world I wouldn't do" = E se io fossi lontano da casa? Oh fratello, ti sentirò chiamare. E se perdessi tutto? Oh sorella, ti aiuterò. Oh, se il cielo cadesse, per voi non c'è niente al mondo che non farei.
4. "Talking with you while I'm all by myself / Voices stay silent to everyone else" = Parlo con te mentre sono da solo. Le voci restano silenziose a tutti gli altri.
5. "You were my heroe and you were my hope. Till you left me so hurt and afraid, all alone" = Eri il mio eroe ed eri la mia speranza. Finché non mi hai lasciato così ferita e spaventata, tutta sola.
6. "And maybe I'm a monster, but I am what you made / Lost memories that hurt me, will fly apart and fade / And maybe I'm a monster, but I don't give a damn / For maybe I am imperfect ~ imperfect… / Just the way I am" = E forse sono un mostro, ma sono ciò che hai creato. Ricordi perduti che mi hanno ferito, sono volati via e svaniscono. E forse sono un mostro, ma non me ne frega niente. Perché forse sono imperfetta ~ imperfetta... Sono fatta così.
7. "Oh, you're perfect, don't cry, don't change" =Oh, tu sei perfetta, non piangere, non cambiare.
8. "And I can trust you, I'm still trying to / But my heart is still exploding, corroding into shame" = E posso fidarmi di te, ci sto provando. Ma il mio cuore sta ancora esplodendo, corrodendosi nella vergogna.


   
 
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