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Autore: Carme93    22/04/2022    0 recensioni
"La maturità inizia a manifestarsi quando sentiamo che è più grande la nostra preoccupazione per gli altri che non per noi stessi". (Albert Einstein) Samir ha solo sedici anni, ma sente di dover aiutare una ragazza più piccola senza considerare i guai in cui potrebbe finire.
Genere: Drammatico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di un anno scolastico'
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Capitolo secondo
 
«Davvero don Lorenzo si aspetta che voi due, insieme, organizziate un evento di beneficenza per Natale?» sospirò incredulo Federico.
«Già» rispose Samir poggiando la testa sul tavolo. Tutto perché aveva ceduto alle provocazioni di Isaac.
«E noi dovremmo aiutarvi» sbuffò Cristoforo Alani, gemello di Isaac.
Subito dopo che don Lorenzo aveva illustrato loro la geniale idea, Samir aveva chiesto aiuto ai suoi migliori amici e, a quanto sembrava, anche Isaac aveva avuto lo stesso pensiero.
In quel momento si trovavano in una nota gelateria del centro, perché nessuno dei due gruppi sarebbe andato a casa degli altri. Grande esempio di maturità.
«Il preside non vi avrebbe sospeso per due spintoni» sbuffò Cassy, rigirando la sua tisana calda. «Al massimo domani sareste dovuti venire a scuola accompagnati».
«Al massimo? Pasini non hai capito nulla» sbottò Isaac. «Mio padre mi stacca la testa! Sono già stato sospeso per quello scemo di Vettori!».
«Nessuno ti ha chiesto di fare il prepotente» replicò Cassy. «Oh, ma tu ce l’hai nel sangue, no?».
Samir ringraziò mentalmente Federico e Cristoforo che intervennero per calmare le acque. Tutto sommato la pensava come Isaac: accompagnato o sospeso, sua madre ne avrebbe tirato fuori una tragedia.
«Ormai, siamo qui e dobbiamo trovare una soluzione» disse Federico.
«Ah, sì, e quale?» sbuffò Isaac.
«Siamo qui per deciderlo, no?».
«Allora, decidete e poi chiamatemi» replicò Isaac alzandosi.
«Col cavolo» sbottò Cassy. «Tu non ti muovi da qui e fai funzionare quell’unico neurone che ti ritrovi».
«Pasini, controlliamo quanti ne hai tu?».
«Più di te sicuramente».
«La smettete?» sbottò Cristoforo, tirando a sedere il fratello.
«Dovremmo fare qualcosa che spinga le persone a pagare per assistervi».
«Propongo un film porno, sono sicuro che diventeremmo ricchi solo con la nostra scuola… se poi allargassimo anche alle altre…».
«Idiota» dissero in coro Federico e Cristoforo.
«Ma guarda, non hai nemmeno il neurone che pensavo» commentò Cassy sorseggiando la sua tisana.
«Non pensi che don Lorenzo potrebbe venirlo a sapere?» chiese Paolo sollevando lo sguardo dai biscotti che stava divorando.
«Non era serio» sibilò Cristoforo seccato.
«Una partita di calcio sarebbe meglio, no?» continuò Paolo. «Tipo la partita del cuore».
«Sei un genio!» gridò Isaac. «Abbiamo risolto!».
«E chi dovrebbe giocare?» chiese Federico.
«Noi, no?».
«Noi chi, Alani?» ribatté Cassy. «Vuoi esibirti da solo sul campo per dare sfogo al tuo narcisismo?».
«Beh, l’idea non è male» intervenne Samir per evitare che ricominciassero a discutere tra loro.
«Potremmo coinvolgere il resto della scuola» propose Paolo.
Si trattennero ancora nella gelateria, ma alla fine fu l’idea migliore che venne loro in mente; così si congedarono lasciando a Isaac il compito di prendere accordi per il campo.
 
*
«Samir». Cassiopea lo trattenne appena scesero dalla macchina.  «Sei ancora interessato alla mia compagna? Ad Ami?».
«Sì, perché?».
«Ho notato che c’è una ragazza che prova a passare del tempo con lei. Magari sa qualcosa in più».
«E chi sarebbe?».
«Marianna Defiano, la sorella del tuo compagno di classe».
«La sorella di Luca?».
«Sì, lei».
«Perfetto, grazie. Allora le parlerò».
«Ma perché ti sei fissato con lei?» gli chiese Cassiopea.
«Non lo so» rispose sinceramente Samir.
La ragazzina lo fissò per un attimo, poi sbuffò: «Di solito Marianna, insieme ad altri della classe, prima di entrare si trova vicino all’edicola».
Samir la ringraziò ancora e, dopo aver detto velocemente ai suoi amici che si sarebbero visti in classe, si mise alla ricerca di Marianna. Non la conosceva per nulla, ma un paio di volte l’aveva vista in compagnia del fratello.
Per primo intravide il ragazzino che qualche giorno prima Isaac prendeva in giro, poi lei.
«Ciao» si avvicinò sorridendo.
I ragazzini ricambiarono.
«Tu sei il ragazzo che mi ha difeso l’altro giorno, vero? Io mi chiamo Roberto».
«Piacere, Samir» replicò educatamente, nonostante l’impazienza di scoprire qualcosa di nuovo. «Ehm, Marianna, giusto? Volevo chiederti che cosa sai di Ami».
Lo fissarono straniti, d’altronde la richiesta era assurda.
«Perché?».
«Sono curioso… io beh l’ho vista fuori dalla scuola e…». E ora come glielo spiegava?
«Ti sei innamorato?» gli chiese Roberto.
«No».
«Comunque non so molto» disse Marianna accigliata. «Ami, quando viene a scuola, si siede sempre da sola… siamo dispari… ogni tanto provo a sedermi accanto a lei e a parlarle… lei non risponde mai, ma mi è apparso che gradisse la mia compagnia… a me sembra molto sola…».
«Si assenta spesso?».
«Sì, alcuni professori dicono che rischia di essere bocciata».
«Sapete dove abita?».
«No, te l’ho detto, lei non parla mai».
«Va bene, grazie».
«C’è qualcosa che la fa soffrire e tanto» aggiunse Marianna.
«Ho la stessa impressione» ammise Samir, salutandoli.
 
Con quel pensiero fisso, si avviò all’interno della scuola.
«Abbiamo un problema» lo accolse Isaac, palesemente seccato.
Perfetto, amava i problemi.
«Quale?».
«Il campo da calcio non è disponibile».
«In tutta la città non c’è un campo da calcio disponibile?».
«Quelli più vicini, genio» ribatté Isaac. «O vuoi far andare tutti dall’altra parte della città?».
«Quindi dobbiamo trovare un’altra soluzione?».
«La signora al telefono mi ha detto che al massimo mi può offrire un campo da tennis».
«Ma per tutta la settimana i campi saranno impegnati?».
«Alla gente normale piace il calcio» si strinse nelle spalle Isaac.
«E tu fai parte della gente normale?» replicò Samir. Cassy sarebbe stata fiera della sua risposta.
Isaac alzò gli occhi al cielo. «Beh, per risolvere il problema, ho prenotata il campo da tennis».
«Cosa? Avremmo dovuto parlarne! Tu sai giocare a tennis?».
«No, ma che ci vorrà mai? Quanto vogliamo trascinare questa cosa? Diamo a don Lorenzo quello che vuole… così non romperà più…».
«Ma chi giocherà?».
«Oh, questo è un problema tuo. Io ho trovato il campo!».
Samir non aveva idea di come risolvere, perciò decise di rivolgersi alla persona più sportiva che conosceva. «Vittoria!».
L’amica era già in classe che litigava con la versione di latino. «Quando ci danno le vacanze?» sbottò fissandolo come se la colpa fosse sua.
«Sai giocare a tennis?».
«Perché?».
«Perché Isaac ha prenotato un campo da tennis».
«Non pensavo che Alani fosse così stupido» borbottò Giuseppe Nosmizzi seduto sul banco dietro Vittoria.
«Ho giocato un paio di volte».
«Ottimo, quindi potrai giocare tu e…».
«Scordatelo, Samir. Il mio allenatore non vuole, potrei infortunarmi».
«Per una partita di tennis!».
«Non si sa mai, poi chi lo sente?».
Samir sbuffò: quel compito assegnatogli da don Lorenzo stava diventando sempre più complesso. Non c’era via di uscita.
«Ciao».
Samir fece cenno con la mano alla compagna appena arrivata e si stravaccò sulla sedia di fronte a Vittoria. Peccato che non avesse un’eloquenza come quella di Federico o Cassy, avrebbe potuto convincerla,
«Sarah, sei la mia salvezza» trillò Vittoria. «Puoi darmi la tua versione?».
Sarah Marchetti era una ragazza molto riservata, ma sempre disponibile.
«Che hai Samir?».
Il ragazzo le raccontò brevemente quanto era accaduto.
«Non ho mai giocato, però…».
«Però?» la sollecitò Samir.
In quel momento entrò il professore d’italiano e presero posto. Il ragazzo, però, non avrebbe voluto aspettare due ore per conoscere il punto di vista della compagna. Quella situazione lo stava esaurendo. Le due ore d’italiano e latino sembrarono più lunghe che mai. Non riuscì nemmeno a rallegrarsi per Vittoria che aveva scampato l’interrogazione.
Al cambio dell’ora si precipitò da Sarah. «Che stavi dicendo prima?».
«Che potreste chiedere a don Lorenzo di coinvolgere quel centro di accoglienza di cui ci ha parlato durante l’ultima lezione. Magari tu puoi giocare contro uno di loro».
«Io non ho mai giocato a tennis» borbottò Samir.
«No? E perché avete scelto proprio questo sport?».
«Perché Isaac è un cretino».
«Ah, ora capisco» ridacchiò Sarah. «Mi sa che don Lorenzo ti ha mollato un bel pacco».
Il ragazzo fece una smorfia e annuì. «Comunque la tua è una buona idea. Ne parlerò con don Lorenzo più tardi».
«Però devi trovare qualcuno disposto a giocare? Vittoria?».
«Il suo allenatore non vuole… sai, deve passare nella squadra delle grandi o una cosa simile».
«Giuseppe?».
«Non gliel’ho chiesto! Sei un genio!».
Sarah scosse la testa imbarazzata.
«Ehi» quasi strillò Cassy e per poco non scivolò tra la fila di banchi.
«Che ti prende?» le chiese Federico.
«Mi dovete aiutare per il regalo di Paolo. Ho deciso cosa prendergli, ma non so la misura».
«Non ora» la zittì Samir, beccandosi un’occhiataccia.
«Tu l’hai già fatto il tuo regalo per il Babbo Natale Segreto?» gli chiese Federico.
«No, ma non è il momento. Giuseppe, sai giocare a tennis?».
L’amico lo fissò perplesso, qualcuno degli altri rise. «No».
«Ma che importa? State cercando un campione?» interloquì Vittoria. «Se i giocatori faranno ridere, non sarà un problema».
«Grazie» borbottò Giuseppe.
«Ne parlerò con don Lorenzo pomeriggio».
«Poco più di una settimana e saremo in vacanza» sospirò Cassy all’ingresso della professoressa Diaconi.
 
 
*
 
«Mi sembra che sia quasi tutto a posto, no?» mormorò Federico strofinandosi le mani guantate. Quel pomeriggio era veramente freddo, quanto meno per i loro standard.
Alla fine don Lorenzo era stato molto felice dell’idea di Sarah e altrettanto positivamente avevano accolto la proposta i ragazzi del centro. Il preside si era mostrato disponibile a collaborare con loro, un po’ meno i rappresentanti d’istituto ma anche loro avevano accettato. La manifestazione – il ricavato dalla vendita dei biglietti sarebbe stato impiegato per la creazione di una casa famiglia ˗ si sarebbe svolta due giorni prima delle vacanze, ma avrebbero partecipato solo le terze, perché il campo non era abbastanza grande. In compenso, don Lorenzo aveva coinvolto anche gli anziani presso i quali erano andati a fare volontariato. Sarebbe stata una giornata impegnativa.
«Samir, ci sei?».
«Facciamo una deviazione?».
Stavano tornando a casa a piedi, abitavano entrambi al centro e avevano deciso di fare due passi. O almeno aveva deciso Samir; se fosse stato per Federico avrebbe chiamato il padre.
«Dove vuoi andare? Non dovevi finire chimica? Hai detto alla Diaconi che ti saresti fatto interrogare».
«Dopo. Perdiamo solo qualche minuto».
«Oook» assentì Federico per nulla convinto.
«No» replicò pensieroso. Stava tornando lì, questa volta magari avrebbe provato ad attirare la sua attenzione, a parlarle. Negli ultimi giorni Ami non era andata a scuola.
Rimasero in silenzio, affaticati dalla salita. Samir si fermò di fronte al palazzo nel cui seminterrato aveva notato Ami.
«Dove stai andando?» lo bloccò Federico mentre entrava nel cortile.
«Qui abita Ami» gli spiegò, avvicinandosi alle scale dove c’era la finestrella da cui aveva intravisto la ragazza. «Abita qui» specificò inginocchiandosi.
«Ma sei serio? Sarà uno scantinato».
La finestrella era semiaperta, abbastanza perché si potesse sbirciare all’interno. «Ci sono delle persone» gli sussurò.
«Delle persone?». Federico si abbassò accanto a lui. «Non vedo».
«Guarda. Che fanno? È quasi buio». Samir si scansò un po’ permettendo all’amico di osservare dallo spiraglio.
«E voi chi siete?» ringhiò una voce alle loro spalle.
Samir si sentì sollevare, ma non riuscì a liberarsi dalla forte presa. Federico venne rimesso in piedi da un signore particolarmente corpulento.
«I-io volevo…».
«Zitto, negro, qui parliamo noi» sibilò l’uomo che lo tratteneva. Aveva un alito pesante, a tratti alcolico.
Un brivido gli percosse la schiena e fissò Federico, il cui volto era lo specchio della sua stessa paura.
«Perché vi impicciate?» esclamò con rabbia quello che placcava Federico.
«Cercavamo un’amica. Oggi non è venuta a scuola». Samir si pentì subito delle sue parole, Federico stesso lo guardò con tanto d’occhi.
L’energumeno gli strinse il braccio dietro la schiena e Samir non riuscì a non gemere.
«Non ci sono ragazze qui. Hai capito, negro?» gli sibilò nell’orecchio.
«Non è la prima volta che bazzica da queste parti».
«Allora, forse è meglio che gli spieghiamo come funzionano le cose».
Samir fu gettato sul pavimento di pietra e gemette. L’uomo iniziò a prenderlo a calci. Le sue urla si mescolarono a quella di Federico che osservava la scena trattenuto dall’altro. Nessuno di coloro che vivevano nelle case vicine si affacciò o, se lo fece, non intervenne per aiutarli.
Dopo che si sfogò, l’uomo lo ritirò su. I loro visi a poca distanza: «Non farti rivedere qui, negro».
«Né tu né i tuoi amici. Chiaro?» aggiunse l’altro, liberando Federico dalla sua presa.
Samir annuì tremando violentemente. Tirò Federico per un braccio e si allontanarono correndo. Un po’ corsero, un po’ zoppicarono, attirando le occhiate di alcuni passanti. Solo quando furono lontani e in un luogo molto affollato, si sedettero su un muretto, senza parlare. Federico diede di stomaco. Sembrava totalmente incapace d’intendere. Samir si passò una mano sul volto: il suo migliore amico reagiva così di fronte alla violenza. Era tutta colpa sua, che gli era saltato in mente? Eppure non comprendeva veramente quello che era successo.
Non aveva ben idea di quanto tempo fosse passato quando il suo cellulare squillò. Cassy.
«Pronto?» disse con voce rauca.
«Siete ancora in giro? Mi dovete aiutare con il regalo di Paolo».
«Dove sei tu?».
«In macchina, con mio padre. Se siete ancora da don Lorenzo, mi accompagna lì».
Samir lanciò un’occhiata all’amico ancora scioccato per quanto successo. «Non ora. Potete venirci a prendere?».
«Tutto bene, Samir?».
«No» mormorò.
Cassy e suo padre non impiegarono molto a raggiungerli. Samir indicò Federico al dottor Pasini, che si avvicinò subito a lui.
«Che diamine avete fatto?» esclamò l’amica squadrandoli.
Samir non le rispose, ma l’abbracciò. La ragazza, abbastanza allergica a quelle manifestazioni d’affetto, s’irrigidì ma poi provò a ricambiare la stretta. Il suo gesto, però, fece gemere Samir.
Cassy lo fissò stralunata, ma suo padre la spinse da parte e le intimò di occuparsi di Federico. Samir provò a sfuggire al tocco dell’uomo: voleva che il suo migliore amico stesse meglio.
Di quei momenti, però, gli rimase solo una vaga idea. Solo ore più tardi, al pronto soccorso, cominciò a tornare lucido. Il dottor Pasini, nonostante le sue proteste, aveva voluto sottoporlo a esami più approfonditi.
Cassy non si era staccata da Federico, il quale era sotto shock; a lei poco dopo si aggiunse il giudice Mestri.
Alla fine si spostarono tutti a casa di Federico, perché il giudice voleva che il figlio riposasse ma anche andare al fondo di quella questione.
Il dottor Pasini non toglieva gli occhi di dosso a Samir che, per fortuna, a parte qualche livido e una costola contusa, non aveva nulla di grave.
«Che cos’è successo?» chiese Cassy, che, in confronto ai due adulti, non aveva pazienza nemmeno normalmente e si era trattenuta fino a quel momento solo perché preoccupata per i due amici.
Samir lentamente raccontò quello che era successo e poi di Ami.
«Ma chi vi ha mandato senza di me? Voi due insieme non tenete testa nemmeno a quel cretino di Isaac!».
«Cassandra» sbottò il dottor Pasini fulminando la figlia.
Il giudice Mestri gli pose una serie di domande, alle quali Samir cercò di rispondere. Infine, si congedarono.
«Lo dirà a mia madre?» chiese al dottor Pasini in macchina.
L’uomo sbuffò, palesemente stanco e preoccupato. «Non le dirò tutto, si preoccuperebbe troppo. Le dirò solo che ti sei scontrato con delle persone… sono sicuro che non farà altre domande…».
«Mi ammazza» sospirò Samir, anche lui stanco e ancora sconvolto.
«Siete stati degli incoscienti» sibilò il dottore lanciandogli un’occhiataccia, ma non seguì la predica temuta da Samir. Probabilmente il più grande comprese che era stato sufficiente quanto vissuto.
Nelle scale, il dottor Pasini lo fermò: «Io parlo con tua madre e tu ti metti a letto. Cassy aiutalo con la maglia del pigiama, la costola gli farà male per qualche giorno».
«Grazie» sospirò grato di non dover affrontare anche la madre.
 
 
*
 
La mattina della partita si rivelò mite e il cielo era terso. Perfetto, per divertirsi un po’, peccato che l’umore di Samir fosse pessimo. Provò a sorridere agli altri, ma lasciò che Isaac si pavoneggiasse come se fosse stato lui a compiere la maggior parte del lavoro.
Il pomeriggio prima Cassy, Vittoria e Giuseppe avevano decorato la rete del campo con fili e palline colorate. Semplice, ma tutto sommato carino.
Si sedette sull’erba fuori dal campo, gli altri ragazzi erano ammassati intorno alla rete per assistere all’incontro che sarebbe cominciato a breve.
«Avete fatto un ottimo lavoro» disse don Lorenzo dandogli una pacca sulle spalle. «Come ti senti?» aggiunse, visto che lui non aveva risposto.
«Male» mormorò.
«Ho portato il giornale» strillò Cassy.
«Bene, grazie. Abbiamo una notizia per te, Samir» disse don Lorenzo.
«Eccola. In prima pagina sulla Gazzetta!» trillò Cassy che sembrava felice. «Sfruttamento di donne e minori al centro della città».
Samir sgranò gli occhi e le strappò di mano il giornale.
«La polizia ha compiuto una retata stanotte. Quelli nella foto sono i due tizi che vi hanno aggredito, vero?» continuò la ragazza.
«Sì, come lo sai?».
«Li ha riconosciuti Federico».
«Hai sentito Fede?».
L’amico non era andato a scuola il giorno precedente.
«Sono qui. Scusate il ritardo».
Vederlo, con un leggero sorriso sulle labbra, fece sentire Samir molto più tranquillo. Si alzò e lo abbracciò, dimenticandosi per un attimo della costola.
«Dovresti stare attento» disse Federico incupendosi un po’.
«I soliti imbranati» sbottò Cassy alzando gli occhi al cielo.
Don Lorenzo invitò i due ragazzi ad avviarsi e disse a Samir: «Sei stato bravissimo».
«Ho fatto solo guai».
«Non è vero. Hai mostrato vero spirito natalizio. Hai messo tutto te stesso in quello che hai fatto e l’hai fatto per gli altri. Sono fiero di te».
«Grazie» mormorò sorpreso.
«Dai, andiamo sono proprio curioso di vedere chi vince».
Giuseppe era stato rapidamente istruito da Vittoria e aveva guardato dei video su YouTube, ma effettivamente era la seconda volta, nel giro di pochi giorni tra l’altro, che stringeva in mano una racchetta.
Vittoria avrebbe funto da arbitrio e quindi l’aveva degnato a malapena di uno sguardo da quando erano entrati in campo, perché non avrebbe mai fatto favoritismi.
Il suo avversario era un ragazzo poco più grande, arrivato dalla Algeria da qualche anno e con grosse difficoltà con la lingua.
Vittoria si avvicinò ai due avversari e disse loro qualcosa che Samir non riuscì a intendere a distanza, poi lanciò una monetina.
Giuseppe commentò e gli fu tirata la palla.
«Anche a calcio si fa così» disse Isaac poco distante. «Per scegliere chi batte per primo o la metà del campo».
Samir annuì, anche se in realtà la questione gli era indifferente. Tifava per il suo amico naturalmente, ma tutti gli aspetti tecnici non lo attiravano per nulla.
«Ora hanno cinque minuti per scaldarsi e poi s’inizia… Fullino è davvero pignola come arbitro».
«Ma tu non eri quello che non conosceva nulla di tennis?» gli chiese annoiato.
«Mi sono informato» rispose il compagno stringendosi nelle spalle come se fosse ovvio.
La partita si protrasse a lungo o quanto meno fu quella l’impressione di Samir. Giuseppe, per conto suo, subì una pesante sconfitta, perché, come scoprirono a loro spese, il suo avversario aveva giocato per anni a tennis prima di arrivare in Italia.  Nonostante ciò fu comunque una mattinata serena e, come aveva desiderato don Lorenzo, all’insegna della solidarietà.
 
*
 
 
«Samir, puoi venire un attimo, per favore?».
Il ragazzo sospirò convinto che la Diaconi volesse parlargli del due in chimica. Alla fine non aveva studiato tutti gli argomenti, ma anche la Gallerani era stata totalmente irragionevole: il mercoledì era andato a scuola solo perché rimanere a casa con sua madre sarebbe stato peggio, ma la professoressa aveva voluto interrogarlo lo stesso.
Sorprendentemente in corridoio c’era anche Ami. «Ciao» disse felice. Sembrava stare bene.
La Diaconi gli presentò anche l’assistente sociale che accompagnava la ragazza.
«Ami non può parlare» gli spiegò l’assistente sociale. Quello spiegava molte cose in effetti.
«Si è preoccupata per te, però. Ti ha riconosciuto l’altra sera».
Samir le sorrise. A quel punto si avvicinò Marianna Defiano e le due ragazze tornarono in classe insieme.
«Sei un ragazzo di cuore, Samir. Cerca di non metterti più nei guai in quel modo però» mormorò la Diaconi apprensiva, prima d’invitarlo a entrare in classe.
Samir sedette accanto a Federico, che gli sorrise. Nonostante la paura, era felice di aver aiutato Ami. L’occhio gli cadde sulle bibite e i dolci che i compagni avevano radunato su due banchi in fondo alla classe. Pensò al regalo per Luca, che aveva nello zaino.
Capiva che cosa intendeva don Lorenzo quando diceva che lo spirito natalizio non era in vendita nei negozi.
 
   
 
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