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Autore: Deirbhile    23/04/2022    1 recensioni
Dalla storia:
“Magari è vero che le persone non sono mai come sembrano, Pirandello aveva perfettamente ragione. Ognuno di noi indossa una maschera. Solo che fino ad ora ero convinta che l'unica che usasse Roberta Della Corte fosse una maschera esfoliante per liberare i pori” constatò Chiara.
Chiara e Roberta sono due liceali qualunque: a Chiara piace leggere e studiare, stare in mezzo alla natura e portare i capelli rossi legati in una treccia. A Roberta piace ostentare la sua bellezza statuaria, mostrarsi in centro a fare shopping con il suo ragazzo e nascondere i propri pensieri in fondo all'alcol.
E allora perché, dopo quattro anni passati ad odiarsi, sentono lo strano desiderio di capirsi a vicenda?
Fra amiche iperprotettive, genitori sempre assenti, scontri diretti e qualche attacco di panico, Chiara e Roberta capiranno finalmente che c'è qualcuno disposto a cicatrizzare le loro ferite.
[STORIA CONCLUSA]
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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Era passata quasi una settimana dal giorno dell’incidente e, a parte il rigonfiamento violaceo all’altezza del setto nasale, a Roberta sembrava di stare bene, di sentirsi stranamente più serena. Dal giorno delle pagelle, aveva vissuto nel segreto terrore non solo di Vanessa e Angela, ma anche di suo padre, della sua famiglia e perfino di Massimo, che aveva sognato per più di una notte in preda all’agitazione, come se potesse tornare nella sua vita e rigettarla indietro alla loro disastrosa relazione da un momento all’altro. Quel giorno però, si sentiva come se qualcosa dentro di lei si fosse mosso, come se si fosse appena resa conto di essere stata chiusa per anni in una stanza la cui serratura non era davvero bloccata. C’era solo da attraversare la porta.

Il giorno in cui era stata dimessa, era corsa a scuola a leggere la sua media di fine anno, accompagnata in religioso silenzio dai suoi genitori, ma la notizia di aver passato tutte le materie più che discretamente non era bastata a ridarle quel minimo di serenità con cui si augurava di iniziare la sua ultima estate da liceale, né a distendere il clima familiare. Mentre sua madre aveva più volte dato segno di volerne parlare con Roberta (prontamente respinta, non per scortesia, ma per puro imbarazzo), suo padre non aveva più fatto riferimento all’incidente, né alla breve e secca conversazione che avevano avuto in pronto soccorso la sera del ricovero: Roberta non sapeva se questo fosse un bene o un male. Aveva paura che stesse covando dentro di sé un rancore silenzioso, come un orologio che ticchetta in attesa di far scoppiare una bomba, ma non aveva il coraggio di riprendere l’argomento. Il solo ricordo di quella discussione bastava a gelarla di uno sconosciuto disagio.

-       Che cos’è questa storia della rissa con la figlia di Bernardo? Da quando ti fai coinvolgere in queste cose? – aveva abbaiato severo, mentre lei giaceva ancora malandata sul lettino dell’accettazione, - ma soprattutto cos’è questa storia che sei lesbica?

Roberta non si spiegava ancora come suo padre lo fosse venuto a sapere in così poco tempo. Pensò che di sicuro, a mo’ di giustificazione, Vanessa avesse raccontato tutto alla polizia e ai suoi genitori, amici di famiglia dei suoi, cercando di far passare quell’assurda reazione violenta come qualcosa di plausibile, visto lo shock della notizia. Notizia che, Roberta si diceva quasi con orgoglio, lei non aveva smentito, né occultato, ma che aveva confermato con decisione, come se stesse aspettando il momento per liberarsene da anni. Certo, lo aveva fatto sull’onda dell’adrenalina che si era sentita montare dentro d’un colpo, senza pensarci. Ma non se ne era pentita, né aveva cercato di ritrattare in un secondo momento. E di occasioni ne aveva avute. Ma che senso avrebbe avuto continuare ad evitare la verità, che le era chiara ormai da tempo, e da cui si sentiva sempre più attratta, come da un miraggio sempre più vicino? Si sentì stranamente fiera di essersi presa spintoni e insulti senza scappare, perché finalmente, dopo una vita passata a nascondersi e a dannarsi, sentiva di essere uscita allo scoperto: una sensazione inebriante e spaventosa, come una voragine che le si apriva al fondo dello stomaco. Finalmente poteva arrabbiarsi con qualcun altro oltre che se stessa.

Ed in effetti era così, a pensarci, si era davvero liberata. La sfortunata coincidenza degli eventi non aveva fatto altro che accelerare un processo che era in atto dentro di lei ormai da anni, che premeva per uscire dal suo corpo con sempre più violenza, senza poter essere contenuta. Non poteva lasciarsi andare ancora in balia degli eventi, non poteva continuare a fingere che la storia con Chiara non le avesse rivelato, definitivamente, quello che già sapeva: le piaceva disegnare, le piaceva dipingere, le piaceva correre all’aria aperta e prendere a pugni un mastodontico sacco di sabbia, le piacevano le ragazze, e i colori decisi e il mare e la primavera e non avrebbe passato più un solo giorno senza godersi tutto questo. Le piaceva Chiara e aveva voglia di prendere la sua Mini scalcagnata e scappare al mare con lei.

Mentre vagava sola per la casa vuota (ringraziò che i suoi genitori continuassero la loro intensa vita sociale in ogni caso, senza badare ad una figlia in convalescenza), si sentì come una persona nuova. Dentro di lei qualcosa si era rotto, e aveva fatto fuoriuscire un filamento sottile, luminoso, come d’acciaio: eccola, la sua vera essenza, l’inizio della sua vera vita. Decise che avrebbe denunciato Vanessa e Angela, che avrebbe parlato, che non sarebbe stata mai più zitta in vita sua. Che suo padre si arrabbiasse, che le togliesse tutto. Si sentiva sola e potente, tesa in un’elettricità costante.

Quello che piuttosto la preoccupava, prendendo posto sull’altalena del suo grazioso giardino, fu che cosa pensasse Chiara dell’accaduto. Lei che, in fondo, non aveva chiesto nulla di tutto ciò che era successo, che avrebbe potuto restarne fuori, se avesse voluto, godersi i suoi meritati risultati scolastici, prendersi un po’ più di tempo per riflettere su cosa fare, su chi rendere partecipe del segreto della loro relazione. Una parte di Roberta, quella più protettiva e altruista, non avrebbe mai voluto essere causa del grande scombussolamento degli ultimi giorni, che di sicuro – anche se Chiara non dava a vederlo, anche se era chiaro cercasse come sempre di sembrare la più forte delle due – aveva toccato la sua ragazza profondamente. Era sicura, da quello che aveva colto di Margaret Linch, che Chiara non avrebbe avuto grossi problemi a confessare tutto ai suoi genitori, che sembravano a Roberta una coppia gentile e affabile di brave persone. Ma spettava a lei decidere quando e se dirlo, e aveva l’impressione che con quel coming out forzato le avesse rubato del tempo prezioso per vivere l’inizio della loro storia con debita serenità, per viversi senza ansie. Temeva che Chiara si sarebbe ritratta di nuovo in sé stessa, chiudendosi a riccio come faceva ogni volta che si sentiva minacciata.

Si ripromise di parlarle, quando quel pomeriggio sarebbe passata a casa sua. Non si vedevano da una settimana e le mancava, non passava ora senza che pensasse a lei e che si scrivessero messaggi, si scambiassero brevi chiamate di nascosto. Avevano pensato bene di aspettare che le luci della ribalta le lasciassero un po’ in pace, prima di provare a stare da sole, e che Chiara scontasse la sua punizione. D’ora in poi, in ogni caso, sarebbe stata una battaglia continua vedersi: era sicura che suo padre si sarebbe messo in ogni occasione possibile fra lei e Chiara, e sarebbe stato necessario approfittare di ogni momento propizio. Quanto ai genitori di Chiara, si augurava che non prendessero misure troppo drastiche.

Cercò di non pensarci, chiudendo gli occhi contro il piacevole solo di quel pomeriggio di giugno, lasciandosi cullare dalla brezza: le giornate di sole e i fiori colorati del suo giardino contribuirono ad intensificare quell’improvvisa sensazione di benessere, lasciandola quasi commossa. Pensò invece all’ultima volta che lei e Chiara si erano viste, a come avevano dormito insieme, a come si erano baciate in salotto dopo che Benedetta era uscita di casa il giorno dopo che avevano fatto l’amore per la prima volta. A quello che aveva sentito nelle profondità del suo corpo, impresso in ogni nervo, in ogni muscolo: la necessità di Chiara. Pensò allo sguardo della dottoressa Linch quando le viste abbracciarsi in lacrime al pronto soccorso, mentre aveva cercato di tenere a freno l’istinto di baciarla.

Rientrando in casa con un’improvvisa voglia di dipingere, Roberta si guardò brevemente allo specchio del corridoio, fra gli appariscenti quadri di arte contemporanea che tanto piacevano all’avvocato Della Corte, ma che lei detestava.

Sorrise, e si trovò bella, più di bella di quanto non fosse mai stata.

**

-       Mamma, te l’ho detto, non ne voglio parlare- sentenziò arrossendo Chiara, seduta con una copia di Ritratto di signora su uno sgabello al bancone della cucina, mentre Margaret tagliava a pezzi della frutta per il suo ennesimo esperimento in cucina.

Era un pomeriggio sonnolento, Matteo era come al solito in ufficio e le tre donne di famiglia di erano raccolte in cucina per un caffè e qualche pettegolezzo. Margaret sembrava voler passare sempre più tempo in famiglia, e a nessuno era sfuggito quanto si stesse impegnando ultimamente per passare del tempo lontana dal lavoro. Peccato che si stesse impegnando anche nel farsi gli affari di tutti, da Matteo a Benedetta e, soprattutto, gli affari di Chiara, su cui sembrava a tratti accanirsi con domande al limite dello sconcertante. Arrivava di sorpresa e nei momenti meno opportuni faceva domande, scrutando tutti con sguardo curiosamente indagatore, come se stesse cercando di recuperare pezzi che credeva di essersi persa. Aveva perfino chiamato nonna Agnes tre volte quell’ultima settimana, rimanendo a chiacchierare con lei per delle ore, chiedendo notizie dell’intera famiglia allargata con un’energia ed un interesse mai visti prima. Chiara giudicò alquanto bizzarro quel comportamento, ma diede la colpa alla nota crisi di mezz’età, che colpiva i genitori di tutti senza differenze di sorta.

Margaret, lanciando un’occhiataccia all’impasto informe che stava lavorando, lasciò andare un sonoro sbuffo, per poi prendere una manciata di farina da un barattolo di terracotta e lanciarglielo su a mo’ di riparazione.

-       Andiamo, Chiara, sono tua madre. Possiamo smetterla con questa guerra fredda? Ti ho solo chiesto una cosa: i genitori di Roberta saranno in casa oggi?

Benedetta ridacchiò dietro i suoi libri, stipata nel suo angolino della vergogna, come lo aveva soprannominato Chiara: un tavolo in fondo all’isola della cucina, accanto alla porta finestra che dava sul giardino, sufficientemente soleggiato per studiare senza deprimersi. Nel corso di quelle insolite chiacchiere familiari, aveva anche lei fatto una confessione: era un po’ indietro con gli esami del semestre, si era fatta prendere da uno strano panico negli ultimi mesi - lei che aveva sempre brillato senza particolari difficoltà- complici la lontananza da casa, un ambiente universitario più ostile delle previsioni e qualche problema di gestione domestica con le coinquiline. Così tutti in famiglia si erano impegnati a tenerla d’occhio e ad aiutarla a concentrarsi, se necessario anche nascondendole il cellulare e le chiavi della macchina.

-       Andiamo, mamma, ti ha già detto che non lo sa- intervenne, dando una mano come poteva alla sorella minore.

Margaret grugnì, dando una pesante manata alla pasta frolla per la crostata. Ci vorrebbero più uova, disse fra sé e sé, prima di voltarsi a guardare le due figlie e dire, lapidaria:

-       No, Ben, ha detto che non ne vuole parlare. E conoscendo questa piccola peste, sta per nascondermi qualcos’altro.

Chiara alzò gli occhi esasperata, rinunciando a continuare il suo capitolo.

-       Ma mamma, cosa cambierebbe se non ci fossero i genitori di Roberta? Cosa che, fra parentesi, non so - si arrese Chiara, alzando le mani, sperando che sua madre non si accorgesse della palese bugia.

Pregò mentalmente che quella breve concessione prevenisse Margaret dallo scendere in ulteriori dettagli, con quel suo modo impacciato ma sfacciatamente invadente, come aveva fatto la sera della sua incauta visita in ospedale, quando Chiara aveva detto – tremante durante il viaggio di ritorno in macchina- che lei e Roberta erano più che amiche. Matteo aveva quasi sterzato di botto, alla notizia, mentre Margaret era rimasta pacificamente in silenzio, intimando a suo marito di restare calmo. Peccato che quel silenzio non fosse durato che un’ora, passata la quale aveva fatto irruzione in camera di Chiara e Benedetta con una raffica confusa di domande, come se avesse realizzato solo allora il significato delle sue parole: Quindi Chiara, darling, tu e Roberta avete una relazione? Da quanto tempo va avanti? Benedetta, tu lo sapevi? Ovvio che lo sapevi! E non ci hai detto nulla!

Matteo, d’altra parte, aveva accolto la confessione con una strana sufficienza, forse a causa del cognome di Roberta e di tutto ciò che gli riportava alla memoria, forse perché si era appena reso conto, per la prima volta, che anche la sua figlia minore era cresciuta abbastanza da avere dei segreti di questo genere. Chiara sperava che, passato l’iniziale straniamento, potessero parlarne con calma, anche se non aveva, in ogni caso, nessuna fretta. Più tempo avesse avuto per abituarsi alla nuova realtà delle cose (lei e Roberta stavano insieme e il mondo lo sapeva!), meglio sarebbe stato. Era comunque sicura che confidarsi con i suoi genitori fosse stata la decisione più saggia, perché ora si sentiva meno sola, meno vulnerabile, con accanto dei validi alleati in caso si fossero verificati altri spiacevoli episodi a scuola.

Peccato che sua madre non avesse il benché minimo tatto.

Margaret, pulendosi le mani sul grembiule, si aprì infatti in un sorrisino, apparentemente soddisfatta di averla fatta capitolare. Lavorò per un po’ l’impasto informe e decisamente troppo appiccicoso per essere pasta frolla, per poi rimescolare i cubetti di frutta in un pentolone con acqua bollente.

-       Cambierebbe, love. Abbiamo già fatto una chiacchierata sulla prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili? – riprese, dopo qualche minuto.

Chiara lasciò sonoramente cadere il suo romanzo sul tavolo e implorò Benedetta con uno sguardo disperato, mentre quella roteava gli occhi con l’aria di chi ci era già passata.

-       Mamma, ti prego!

Rimestando una sottospecie di marmellata, Margaret si limitò a dire: - Chiara, tesoro, non fare la pudica. E stasera a casa per le nove.

**

Chiara varcò il cancello di Villa Della Corte con il cuore che le rimbombava nelle orecchie. Ad ogni passo, sentiva lo stomaco contorcersi come la prima volta che ne aveva scorto l’elegante giardino, alla festa di diciotto anni di Roberta, persa fra le file di auto costose dei suoi invitati. Quella era stata la sera del loro primo bacio, la sera in cui si era ubriacata e aveva quasi pianto vedendo lei e il suo ragazzo fantoccio ballare avvinghiati sulla pista da ballo, la sera in cui si era persa nei meandri di quella casa enorme e vuota cercando inconsciamente di incontrarla. La stessa sera in cui si era resa conto che qualunque cosa provasse per Roberta non poteva più essere ignorata. Le sembrava fossero passati solo pochi, intensi giorni, e non quasi due mesi.

Roberta l’aspettava sulla soglia: con quel sorriso timido, la pelle fresca, bianca, e il naso ancora un po’ gonfio, a Chiara fece un’enorme tenerezza. Distinse qualche macchia di colore sui pantaloncini, segno che aveva passato il pomeriggio a dipingere. Per un attimo non riuscì a muoversi da dove si trovava, a metà del vialetto d’ingresso, a fissare da lontano la sua ragazza, con il fiato corto, le guance arrossate, come se fosse arrivata di corsa. Quanto sei bella, Roberta, pensò, guardando le sue braccia nude e pallide, il colore pastello della sua canottiera, la delicatezza della sua treccia scura e dei suoi occhi sereni.

-       Torri– si sentì chiamare dopo qualche minuto, in tono divertito ma perentorio di chi ha una certa fretta, - che ci fai lì imbambolata? Vieni qui e baciami.

  
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