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Autore: H0sh1    24/04/2022    0 recensioni
[Estratto]
No, era stanca. Stanca di essere forte per sua madre e per sua sorella; stanca di combattere ed ergersi a loro difesa verso le angherie e la violenza di un uomo che aveva sottratto loro molto più di quanto le avesse dato, lo stesso uomo che chiamava puttana il sangue del proprio sangue, che osava anche solo alzare un dito sulla donna che aveva giurato e spergiurato di amare. Per una volta, una sola volta, voleva che qualcuno si battesse per lei, che avesse la libertà di sentirsi vulnerabile e concedersi quel pelo di egoismo che il carattere debole delle persone che più amava al mondo non le aveva mai concesso.
[AU= Night Raven Collage aperto anche a studentesse.]
Genere: Angst, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Idia Shroud, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Al di là dello scudo -

 

Se confrontata con l'aria pungente di pieno dicembre all'esterno la temperatura nella zona tropicale dell'orto botanico era estremamente più accogliente, tanto da portare l'unica anima lì dentro a togliersi il giacchetto. Si potrebbe paragonare ad un'ombra, la figura minuta che si nascondeva ai piedi degli alberi, dal viottolo in pietrisco era quasi impossibile vederla. Da quanto tempo fosse lì era difficile dirlo, senza il cellulare con sé, ma dalle spalle curve e il naso affossato nel libro aperto sulle gambe si direbbe che alla ragazza non toccasse minimamente. Anzi... ringraziava che quel libro letto infinite volte non avesse mai perso il suo fascino, che l'assorbisse completamente. Di luoghi in cui rifugiarsi il campus era pieno, ma Zhavia credeva che quello in particolare avesse una qualche sorta di proprietà terapeutica sulla sua persona, quasi quanto la piccola rimessa sgangherata di casa sua. Non esisteva paragone tra la grandezza e maestosità di quella cupola trasparente e il luogo ristretto ricavato da vecchie tavole marce, ma la sensazione di pace era pressoché identica, e tanto bastava alla ragazza per identificarlo come un luogo sicuro. L'effetto era a dir poco istantaneo, bastava restarci per meno di pochi minuti per tornare allo status quo, sebbene finisse per trascorrere lì più tempo del dovuto.

Intanto, le pagine si susseguivano le una alle altre senza che potesse accorgersene, neanche la vista del sole calante era riuscita a suggerirle che, forse, era arrivato il momento di tornare nella propria stanza. Infatti lo fissò per un attimo tra le fessure delle dita con grande noncuranza e riabbassò la testa come se nulla fosse, nella speranza che quelle scene continuassero ad intrattenerla, allontanando così quelle che, a solo pensarci, risvegliavano il formicolio allo zigomo e il bruciore alla gola. Il dolore fisico non era mai stato un problema e Zhavia non aveva alcuna vergogna nell'affermare che, ormai, ci aveva fatto l'abitudine. Era tutto il resto che, fermo a stagnare come sulla superficie di uno specchio d'acqua, era insostenibile. Se si lancia una pietra su quella patina, al contatto si dissipa e solo per poi tornare a riformasi, e così faceva anche la rabbia: la accantonava per un po' per poi vederla riaffiorare ancora. Tornare a casa, si rimproverò pesantemente, non era stata una buona idea e ancor di più lasciarsi abbindolare dal desiderio di Alma di averla lì, nell'occasione di festa. Il pretesto che spingeva la madre a restare lì, nella casa dell'orco, era introvabile... l'overblot non era stato un segnale sufficiente per convincere quella povera donna ad abbandonare una vita che, ormai, le regalava nient'altro che dolore? Invero, esisteva una cosa di cui si vergognava, qualcosa che non avrebbe mai detto ad alta voce, ma che era ben consapevole di pensare: lì, al college, era felice. Un solo pugno... l'ennesimo pugno era stato sufficiente a spazzare via tutta la forza acculata negli anni come fosse stata preda di un tifone, ricadutale addosso di colpo.

Non è neanche mio padre, cosa gli devo?

La gola ancora bruciava. Mai si sarebbe sognata di rimangiarsi quelle parole, a lungo covate e mai venute al mondo. Neanche le lacrime della sorella o lo sguardo perso della madre erano stati in grado di farla tornare suoi propri passi. Anzi, erano proprio loro che l'avevano spinta alla fuga.

Ormai chiaro che il libro e il giardino avessero perso il loro effetto rasserenante, Zhavia chiuse il libro con uno scatto del polso, nel cuore la voglia di scaraventarlo tra i cespugli. Infine lo strinse al petto, come se con quel gesto avesse potuto trarre maggior beneficio da quel vecchio tomo. Scacciando alcuni ciuffi d'erba dai pantaloncini neri, portò il volume sotto il braccio e camminando verso l'entrate si rintanò nella giacca mentre le sue piccole farfalle robotiche tornarono a stringersi intorno a lei. Calandosi il cappuccio della felpa sul viso, percorse a grandi falcate la strada fino alla sala degli specchi e corse dritta verso quello di Ignihyde. Per via del fermo invernale, il campus così come i dormitori erano a dir poco deserti e la ragazza ringraziò il cielo per non essersi imbattuta in nessuno, men che meno in uno dei propri compagni rimasti lì. Attraversato lo specchio, intravide una coppia di ragazzi che confabulavano tra loro ad un tavolo della lounge che quasi la attraversò di corsa. Al riparo nella sua stanza, si chiuse la porta alle spalle e piano si trascinò verso il bordo del letto, dove recuperò il cellulare. Comparvero all'istante un paio di chiamate da parte di sua madre e svariati messaggi di Alma, di certo preoccupata. Le rispose per evitare che il tormento la divorasse ancora di più, si limitò solo a dirle che era tornata nel dormitorio e che stava bene. Oltre a quelli, ne comparvero altri due, in una chat poco più sotto:
 

Hei

Ma che sei tornata?
 

Erano arrivati nel tardo pomeriggio e, d'istinto, Zhavia guardò verso la porta, chiusa nelle spalle. Non era certa di voler rispondere, per cui nel dubbio gettò il telefono sul letto e si chiuse in bagno. Evitò accuratamente lo specchio e si rifugiò sotto il getto caldo della doccia, dove rimase per diverso tempo. Mai prima di allora si era sentita così stanca, il desiderio di assecondare lo sfogo che pizzicava insistente gli occhi era estremo. Cosa sarebbe successo se anche lei avesse ceduto, se si fosse spezzata sotto l'oppressione di un uomo che considerava oltremondo pietoso? No... le sue lacrime sarebbero state sprecate per una persona del suo calibro.

Uscita dalla doccia, si stese sotto le coperte e tornò a guardare il telefono in cerca di una nuova fonte di distrazione e quasi senza volerlo il suo subconscio la riportò alla conversazione aperta con Idia. Parte di lei voleva chiudere gli occhi e pregare di sprofondare in un sonno senza sogni, ma d'altro canto era chiaro che il ragazzo non avesse fatto nulla di male né tanto meno era al corrente dell'accaduto e il silenzio smise di sembrare appropriato.
 

.


Data l'ora tarda e il periodo di pausa, era certa che fosse completamente preso da una delle sue prolungate sessioni di gioco, magari proprio con Muscle Red con il quale sembrava provare una certa chimica in partita, ma con sua sorpresa la risposta non si fece attendere.
 

Tutto apposto?

 

Era sempre più arduo tenere indietro il fiume in piena che minacciava di straripare, violento ma anche in qualche modo familiare. Aveva sempre tenuto gli argini ben saldi, si convinse di dover solo continuare a farlo.
 

Sì, certo, perché?

Dimmelo tu

Dicevi che Alma ci teneva che tornassi a casa ma sei già qui

Dove eri? Ho visto la porta aperta ma non c'eri


La porta... aperta? D'istinto si tramortì la fronte col palmo della mano. Nella fretta di correre al giardino doveva averla lasciata socchiusa.
 

Alla serra.
 

Tolto Kalim, Idia era l'unico che sapesse quanto quel posto fosse terapeutico ma si accorse troppo tardi di averglielo rivelato. Era stata una risposta spontanea a cui non aveva dato alcun peso e, a giudicare dalla piega che la conversazione stava prendendo, le probabilità che il ragazzo ignorasse quel particolare erano rasenti lo zero.
 

Vuoi fare una partita? Con Muscle Red ho finito, se vuoi mi prolungo un po'

No, tranquillo, provo a dormire.

Poi domani mi dici quanto avete bestemmiato a 'sto giro


Chiuso tutto, sprofondò il viso nel guanciale, ma il tentativo si rivelò presto fallimentare. Non fece altro che rigirarsi nel letto senza che quel gesto spasmodico e ripetitivo sortisse alcun effetto e il messaggio annunciato dalla nuova notifica contribuì a colpire maggiormente il suo status emotivo ormai precario.
 

Sei sicura sia tutto ok?
 

No, era stanca. Stanca di essere forte per sua madre e per sua sorella; stanca di combattere ed ergersi a loro difesa verso le angherie e la violenza di un uomo che aveva sottratto loro molto più di quanto le avesse dato, lo stesso uomo che chiamava puttana il sangue del proprio sangue, che osava anche solo alzare un dito sulla donna che aveva giurato e spergiurato di amare. Per una volta, una sola volta, voleva che qualcuno si battesse per lei, che avesse la libertà di sentirsi vulnerabile e concedersi quel pelo di egoismo che il carattere debole delle persone che più amava al mondo non le aveva mai concesso.
 

Hei

?

Posso venire di là?


Differentemente dalle precedenti, la risposta tardò ad arrivare.
 

Certo.

 

Allo scoccare della mezzanotte, il dormitorio era completamente vuoto, anche il lieve movimento nella lounge si era dissipato e nessuno si sarebbe accorto di nulla. Chiusa nel giacchetto che faceva da uniforme si incamminò verso l'uscita del dormitorio femminile e si addentrò nella penombra in quello maschile. Da sotto la porta di Idia filtrava una fievole luce azzurra; conosceva il codice, per cui lo inserì nel pannello. Il ragazzo era allungato nel letto, già sotto le coperte e con un volume a fumetti tra le mani. La luce del computer acceso rischiarava l'ambiente, assieme a quella lampada sulla testiera del letto e a quella fievolissima dei suoi capelli. A sentire la porta aprirsi, Idia alzò la testa di colpo. La luce era poca, difficile era vedere attraverso la stanza ma quando Zhavia si avvicinò a piccoli passi notare il livido violaceo sullo zigomo fu più facile. La fissò in un misto di incredulità e sorpresa, senza riuscire a dire nulla. Quando la ragazza si infilò sotto le coperte d'istinto si ritrasse appena, le punte dei capelli avevano iniziato ad assumere una sfumatura rosa. Si acquattò contro di Idia, che incerto rimase fermo col volume in bilico sulle lenzuola. Sotto la guancia, Zhavia sentì i suoi muscoli tendersi. Il ragazzo accantonò il fumetto nell'angolo del letto sopra cui una delle farfalle di lei si posò e, sebbene in un profondo imbarazzo, lasciò che la ragazza gli prendesse il braccio e se lo portasse intorno alle spalle, chiudendosi così in un abbraccio.

«Tosta a 'sto giro?» chiese con un filo di voce. Percepì che Idia avesse smesso di respirare per un attimo e d'istinto sorrise appena.

«N-non più dell'ultima patch, forse un pelo più facile.»

Dopo lo sgomento iniziale, Idia strinse appena la presa quando alla ragazza sfuggì quello che in origine voleva essere una risata ma che venne fuori come un singhiozzo, evidentemente mal celato.

«Io voglio proteggerle, davvero...» La voce le si incrinò pericolosamente e da lì fu solo discesa. «ma sono stanca. Idia, sono stanca...»

Timidamente, le lasciò una carezza sul braccio, un muto accenno di vicinanza che sperava potesse colmare il vuoto che le parole non sarebbero state in grado in riempire. Nel tentativo di asciugarle le lacrime, indugiò col pollice sul livido. «È di nuovo per Alma, vero?»

La ragazza annuì piano col capo e non appena il ragazzo la strinse di più al petto gli si avvinghiò alla maglietta, come un uomo in un mare in tempesta in cerca di un appiglio per restare a galla.

«Di buono c'è che una scarica gliel'ho data.»

«L'impianto silenzioso che abbiamo installato nelle farfalle funziona quindi, bene.» Era certa che un ghigno tronfio gli si fosse stampato in faccia, ma non aveva la forza di alzare la testa per poterlo vedere.

«Anche troppo, non si è accorto di niente prima che lo beccassi.»

Le luci tenui sulle ali delle farfalle danzavano sopra le loro teste, con la coda dell'occhio le fissarono come incantati. Alzò finalmente il capo e vide quanto in realtà Idia fosse rosso in viso e a ben guardare le punte dei capelli erano di un rosa ancora più vivo. Percependo lo sguardo di Zhavia su di sé, all'istante Idia distolse il proprio, concentrandosi sulla farfalla che svolazzava poco sopra il suo naso. Quella gli si posò proprio sulla punta e la ragazza rise appena. Era buffo come Idia ancora fosse in grado di abituarsi alla sua presenza, non poteva far altro che annaspare in quella sua timidezza senza fondo che Zhavia trovava per certi versi adorabile.

C'era tanto di caldo, di rassicurante in una carezza o in un abbraccio simili. Era dunque quello che si provava a stare al di là dello scudo? Abbandonata al petto del ragazzo, finalmente, non ci volle molto affinché il sonno se la portasse via, succube di un piccolo ritaglio di egoismo.

   
 
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