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Autore: Ellygattina    25/04/2022    1 recensioni
What-if ambientato un paio d'anni dopo l'arco narrativo “Una morte in famiglia”.
Batman sta pattugliando le strade di Gotham come sempre quando vede dall'alto un giovane criminale le cui mosse attirano subito la sua attenzione, risvegliando ricordi dolorosi. Il folle inseguimento avrà conseguenze inaspettate.
*Questa storia partecipa all'iniziativa “Easter Advent Calendar” indetta dal gruppo fb Hurt/Comfort Italia - Fanart & Fanfiction.*
(Raccolta presente anche su AO3 con lo stesso nickname).
Genere: Drammatico, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Batman, Dick Grayson, Jason Todd, Tim Drake
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Attenzione: PTSD, allucinazioni e ricordi intrusivi, elaborazione del lutto, accenni a scene forti non descritte graficamente, tematiche delicate

Note: what-if ispirato all'arco narrativo “Una morte in famiglia”, ambientato nel periodo in cui i caschi per le moto non coprivano ancora il viso (capirete poi perché).


Gotham non era mai stata un posto tranquillo al calare del sole ma quella sera, complice forse l'arrivo della bella stagione, sembrava che tutti i criminali avessero deciso di darsi da fare, al punto che Batman era già intervenuto più volte a difendere persone innocenti da soprusi vari.

A un certo punto, mentre scrutava dall'alto la situazione, individuò l'ennesimo tentativo di rapina e si preparò a intervenire, notando sorpreso che uno dei ladri aveva uno stile di combattimento a dir poco inusuale tra i piccoli delinquenti che infestavano la città.

La vista di quelle mosse così rapide e precise gli riportò subito alla mente Jason, orribilmente morto nell'esplosione di un magazzino in Etiopia un paio d'anni prima per un piano di Joker, e l'uomo scosse la testa per cercare di scacciare quel ricordo doloroso. Aveva sperato fino all'ultimo di riabbracciare il figlio e consolarlo per l'infelice esito della ricerca di sua madre, rivelatasi purtroppo molto diversa da ciò che sicuramente si aspettava, ma una volta domato l'incendio, non c'era traccia nemmeno del corpo tra le macerie fumanti e l'unica ipotesi ragionevole per la sua assenza era che il fuoco l'avesse divorato. Il fatto che nella via ci fosse un ragazzo capace di muoversi con la stessa fluidità e potenza non doveva quindi alimentare sciocche illusioni destinate a infrangersi e Batman si impose di affrontare come sempre l'avversario insieme ai suoi complici senza farsi distrarre.

Aveva quasi raggiunto l'agguerrito gruppo quando uno dei criminali, alzando lo sguardo, riuscì a vederlo un attimo prima che lo stendesse con un calcio.

Il suo grido si spense subito ma bastò a mettere in allarme i compagni, che imprecando e chiamandosi l'un l'altro corsero tutti verso le moto con cui avevano circondato l'auto della loro vittima, costretta poi a scendere e brutalmente picchiata.

Di certo non erano tipi che scherzavano, per essere così giovani, e il più pericoloso era di sicuro quell'ottimo combattente che nel frattempo aveva ottenuto l'agognato portafogli gonfio di soldi.

Era buio in quel vicolo e Batman non riuscì a vederlo in faccia ma la colorita esclamazione che si lasciò sfuggire nel trovarselo a breve distanza e il beffardo saluto rivolto all'uomo che aveva pestato fino a un attimo prima erano così da Jason che il vigilante dovette ripetersi con fermezza che orribile fine avesse fatto suo figlio per potersi lanciare verso il rapinatore nel tentativo di bloccarlo con il bottino tra le mani.

Non troppo sorpreso dalla cosa, lo vide schivare la sua arma come ben pochi riuscivano a fare e correre come un fulmine verso la sua moto, infilandosi al volo il casco per poi sparire nella stessa direzione dei compagni a tutta velocità.

Un vero peccato che il cappuccio della felpa tirato su gli avesse impedito di scorgerne il volto quando era più vicino ma cercò di tenere a bada i pensieri e raggiungere invece al più presto la Batmobile, parcheggiata lì vicino. Conosceva bene quella zona della città e non gli era difficile immaginare in quale strada si sarebbero infilati nel tentativo di far perdere le loro tracce.

Come previsto, svoltando un angolo li vide di nuovo sfrecciare pericolosamente tra le auto e continuò a inseguirli finché il ragazzo che tanto lo incuriosiva, recuperato lo svantaggio sugli altri, non suggerì di dividersi. Ci sapeva fare, era evidente, ma se sperava di salvarsi in quel modo si sbagliava di grosso. Doveva essere il capo della banda e non gli avrebbe permesso di filarsela, anzi, aveva tutta l'intenzione di strappargli, con le buone o con le cattive, nome e indirizzo di tutti i suoi complici.

Nonostante l'abile tentativo del giovane di seminarlo, Batman lo seguì per parecchi minuti senza concedergli un attimo di respiro fino alla periferia della città. Non pensava che gli avrebbe tenuto testa tanto a lungo e stava giusto valutando se chiamare in soccorso Nightwing e Robin per riuscire a bloccarlo, visto che era sempre più convinto che non fosse affatto un semplice ladro, quando il ragazzo, voltatosi per l'ennesima volta a controllarlo, prese male una curva sulla strada ancora bagnata per la pioggia di quel pomeriggio e si schiantò a tutta velocità contro il muro di un vecchio edificio mai finito di costruire, causando un'esplosione che coinvolse cumuli di rifiuti ingombranti abbandonati nei dintorni.

L'uomo riuscì a frenare appena in tempo per evitare danni anche alla Batmobile e per un attimo non poté impedirsi di restare fermo a distanza di sicurezza a contemplare agghiacciato il disastro. Non era così che aveva immaginato di concludere l'inseguimento e il ricordo di Jason tornò prepotente per l'ennesima volta quella sera. Di certo quel rapinatore sfortunato non c'entrava nulla con suo figlio ma era strano che entrambi fossero addirittura morti in maniera tanto simile mentre lui era troppo lontano per aiutarli e forse fu quell'ultimo, inquietante punto in comune tra i due a suggerirgli di scendere piano dalla macchina e muovere qualche passo in direzione dei pezzi assortiti sparsi sull'asfalto con il rombo dell'esplosione che risuonava ancora nelle orecchie.


Nello stesso momento il ragazzo, il cui nome era proprio Jason, aprì gli occhi confuso, cercando invano di capire cosa stesse succedendo. Sentiva dolore ovunque e uno strano peso addosso che non riusciva a spiegarsi. L'ultima cosa che ricordava era di essere sulla sua moto a maledire tra sé il temuto giustiziere della città, che lo stava inseguendo da chissà quanto tempo dopo l'ennesima rapina messa a segno con un gruppo di amici, ma come fosse finito in quella situazione era un mistero che avrebbe tanto voluto poter risolvere. L'unica cosa certa era di non essere più a bordo del suo fedele veicolo - e l'inspiegabile ronzio nelle orecchie non assomigliava neanche lontanamente al rombo del motore che ne avrebbe indicato la vicinanza - ma a parte questo era nebbia totale.

Gli ci volle qualche secondo di troppo per rendersi conto di essere sdraiato su qualcosa di duro e freddo, che poteva essere asfalto o qualunque altra cosa, e di non riuscire a muoversi, cominciando ad agitarsi. L'ondata di panico vera e propria, però, arrivò quando si accorse per caso, voltando appena la testa in cerca di indizi, di un allarmante bagliore rossastro ad alcuni metri da lui che lo riportò all'istante al periodo peggiore della sua breve vita e a quel punto iniziò a urlare con tutto il poco fiato che aveva in gola, sperando che qualcuno lo sentisse e lo aiutasse ad allontanarsi dalla zona pericolosa.

Sarebbe probabilmente finito in prigione o tra le grinfie di Batman per questo - e non era sicuro di poter sopravvivere, in simili condizioni, alle botte che avrebbe preso in entrambi i casi secondo le sue disastrose esperienze con la polizia e la fama del vigilante tra i criminali - ma non poteva permettere che il fuoco lo raggiungesse.

Un paio d'anni prima, in Etiopia, aveva rischiato di morire tra le fiamme in circostanze poco chiare ma non certo accidentali, visti i segni inequivocabili di un violento pestaggio che non ricordava di aver subito, e non riusciva a decidere se fosse peggio dover rivivere a così poca distanza quella terribile esperienza - sempre ammesso di cavarsela di nuovo e trovare i soldi per le cure - o andarsene una volta per tutte in quel modo atroce.

Entrambe le alternative, in realtà, gli facevano abbastanza schifo e poco importava se questa volta, con un po' di fortuna, la situazione sarebbe stata decisamente migliore sotto parecchi punti di vista. In un ospedale a Gotham gli amici avrebbero potuto andare a trovarlo dandogli almeno un minimo di conforto negli orari di visita ma la maggior parte del tempo sarebbe stato comunque da solo a torturarsi con gli orribili ricordi di allora e le angosciose domande che non avevano mai smesso di ronzargli in testa, visto che le lunghe indagini della polizia locale sull'aggressione che gli era quasi costata la vita non erano approdate a nulla. Chi l'aveva ridotto così era stato abile a nascondere le tracce e l'unica certezza era che si fosse impegnato davvero molto per farlo sparire per ragioni che la sua memoria danneggiata non era in grado di ricostruire. Il grave trauma cranico che aveva rimediato, infatti, unito forse a quello psicologico, aveva del tutto cancellato interi anni della sua esistenza, facendolo risvegliare all'improvviso in pessime condizioni senza avere la più pallida idea di cosa gli fosse successo.

All'inizio aveva pochissimi ricordi su di sé, a cui nel tempo si erano aggiunti dei dettagli in più, ma la consapevolezza, arrivata quasi subito, di essere nato e cresciuto nei bassifondi di Gotham aveva solo aumentato l'inquietudine, visto che era certo di non avere laggiù riserve di denaro che gli permettessero di viaggiare e che nessuno in Etiopia l'aveva mai cercato o aveva dato segno di riconoscerlo. Poteva quindi aver fatto qualsiasi cosa e incontrato chiunque negli anni di vuoto che non c'era verso di rievocare - guadagnandosi probabilmente la sofferenza per cui a volte gli era dispiaciuto, per un solo attimo, di essere sopravvissuto - e ancora adesso, benché cercasse di nasconderlo, vedere degli estranei intorno a sé lo innervosiva non poco per l'istintiva paura che il suo aspirante assassino tornasse a finire il lavoro. Non aveva infatti alcun indizio per riconoscerlo, dal momento che il suo primo ricordo in Africa lo vedeva già gravemente ferito e con un dolore indicibile in tutto il corpo mentre camminava a fatica sul ciglio di una strada in mezzo al nulla dove alla fine aveva incrociato un automobilista che si era fermato a prestargli le prime cure e chiamare i soccorsi. Al suo risveglio in ospedale, giorni dopo, aveva saputo di essergli svenuto tra le braccia dopo aver mormorato con urgenza parole incomprensibili che si domandava spesso se non fossero per caso un disperato tentativo di spiegare cosa gli fosse successo, ma l'unico risultato che aveva ottenuto sforzandosi per cercare di farsele tornare in mente aveva portato solo al terrore di percepire intorno a sé, sempre più vicini in uno spazio chiuso e ristretto, fiamme altissime e un calore soffocante mentre uno strano ronzio, dovuto a chissà cosa, gli riempiva le orecchie. Non era altro che un flash che spiegava soltanto, almeno in parte, la presenza delle ustioni, per fortuna non troppo gravi, che l'avevano fatto soffrire tanto ma non aveva più smesso di tormentarlo ogni volta che chiudeva gli occhi o scorgeva anche solo una scintilla a poca distanza da lui. Non aveva idea di come fosse sfuggito a quell'inferno in cui era sicuro di essere bloccato e terribilmente solo ma da allora aveva cercato di mettere sempre quanta più distanza possibile tra se stesso e il temuto elemento e non poteva credere che la morte avesse deciso di riprovare a prenderlo nello stesso modo dopo un tempo così breve.

Nonostante il pericolo di attirare l'attenzione con Batman sulle sue tracce, non poteva permettersi di ricreare in parte l'orribile situazione vissuta in Etiopia, motivo per cui continuò a gridare cercando invano di sovrastare il rombo del fuoco che gli riempiva le orecchie mentre l'aria si scaldava e il suo corpo rifiutava di rispondergli, accrescendo sempre di più il panico e regalandogli sprazzi di nuove immagini troppo rapide e confuse per capirle davvero, ma cariche di sofferenza, che avrebbe preferito non vedere nei suoi ultimi momenti.


A poca distanza Batman, nonostante l'orrore e la pena, non riusciva a distogliere lo sguardo da quel cumulo di rottami non bene identificati, tra i quali intravide a un certo punto, in lontananza, un bagliore rossastro che poteva indicare solo un principio di incendio. Un particolare che in condizioni normali l'avrebbe subito convinto ad allontanarsi dal luogo dell'incidente allertando i pompieri ma non quella sera. Profondamente scosso dalla scena a cui aveva appena assistito, ripensava suo malgrado a Jason e a ciò che doveva aver provato nei suoi ultimi istanti di vita. La madre, infatti, era stata estratta ancora viva, sia pure per poco, dall'inferno in cui si era trasformato quel magazzino e gli aveva raccontato in lacrime di aver tradito lei stessa il figlio consegnandolo a Joker, che dopo averlo colpito più volte con un piede di porco, li aveva chiusi entrambi lì dentro per eliminare ogni traccia del suo passaggio. Una storia che da allora non aveva più smesso di tormentarlo giorno e notte, impedendogli di gioire al pensiero di aver salvato un intero villaggio dal diabolico piano di quel pazzo criminale, e in una simile situazione era ancora più difficile tornare alla realtà, abbandonando di nuovo quello sfortunato ragazzo che nella sua fantasia lo chiamava a lungo in preda al panico prima di sparire tra le fiamme con un'ultima occhiata triste e delusa che lo colpiva dritta al cuore.

A riscuoterlo dai suoi pensieri, dopo un tempo che non avrebbe saputo quantificare, fu un grido disperato che per un attimo faticò a comprendere che fosse reale. Appena capì che non era la sua immaginazione, però, scattò subito in avanti senza curarsi del pericolo. Il giovane ladro doveva essere ancora vivo in mezzo ai rottami e non aveva cuore di lasciar spegnere un'altra vita in mezzo alle fiamme, che ormai erano ben visibili dal punto in cui si era fermato. Si trovavano in una zona isolata all'estrema periferia della città vicino a un vecchio cantiere abbandonato da anni e all'arrivo dei vigili del fuoco avrebbe potuto essere troppo tardi.

Tossendo per il fumo che l'aria ancora fredda della stagione stava portando da quella parte, seguì quel richiamo straziante, intriso di paura e dolore, fin quasi a raggiungere un cumulo di macerie che presto sarebbe stato divorato e per poco non svenne alla vista del volto del ragazzo che aveva seguito fin lì.

Non poteva essere vero, continuava a ripetersi mentre gli occhi pieni di lacrime, chissà se per il fumo o per l'emozione, ne scrutavano ogni più piccolo dettaglio facendogli dimenticare qualunque altra cosa.


Vedendo arrivare Batman nel bel mezzo di quelle visioni troppo reali e decisamente non richieste, Jason non poté fare a meno, per un attimo, di irrigidirsi ancora di più. Non l'aveva mai incontrato prima di quella sera ma doveva ammettere che se già la sua improvvisa apparizione nel vicolo in cui avevano compiuto la rapina era stata spaventosa, scorgerne la figura in mezzo al fumo e alla luce dell'incendio lo rendeva ancora più simile a un mostro degno dei peggiori incubi.

Aveva fatto lo spaccone al riguardo, tempo prima, quando uno dei compagni aveva obiettato che il colpo che stavano progettando in quel periodo rischiava di attirarne subito l'attenzione, ma ora capiva il perché del suo sguardo da animale braccato che al momento aveva deriso insieme al resto del gruppo e sperò con tutto il cuore che le sue urla avessero in qualche modo impietosito il pericoloso vigilante o non avrebbe avuto scampo. Il suo corpo sembrava non appartenergli più, e sebbene ogni muscolo fremesse per il desiderio di fuggire, non c'era verso di compiere il minimo movimento.

Se non altro l'arrivo di Batman, notato chissà come in mezzo alla coltre di terrore in cui era sprofondato, l'aveva riportato alla realtà quanto bastava per rendersi conto che le fiamme non erano vicine come pensava, ma questo non migliorava poi molto la situazione.

Ancora sconvolto per quelle immagini che assomigliavano fin troppo a ricordi confusi, lo guardò avanzare finché questi, arrivato a pochi metri da lui, si fermò all'improvviso e Jason lo fissò stupito. Non capiva che intenzioni avesse e il suo sguardo, senza volerlo, corse d'istinto verso le fiamme risvegliando la paura. Perché stava lì a perdere tempo? Si era forse avvicinato per guardarlo morire in quel modo atroce?

Si sentì gelare a quel pensiero e il respiro gli si spezzò in gola mentre i ricordi tornavano prepotenti a galla, più vividi che mai, riempiendogli gli occhi di lacrime. Non poteva credere che il destino fosse così crudele nei suoi confronti e il terrore cancellò di nuovo in un attimo qualunque altra cosa.


Nel frattempo Batman fissava incredulo Jason, il suo Jason, registrando a malapena che ci fosse qualcosa di profondamente sbagliato in quella scena altrimenti perfetta. Non capiva come facesse ad essere ancora vivo ma era sicuro che fosse lui, non si trattava questa volta di un bellissimo sogno a occhi aperti come quelli da cui Alfred l'aveva risvegliato spesso dal giorno in cui Joker gliel'aveva portato via, e al momento era l'unica cosa davvero importante. Non pensava avrebbe più provato una simile felicità in vita sua e immaginò il commovente abbraccio tra padre e figlio, finalmente riuniti, sentendone quasi il calore, la voce del ragazzo vicino al suo orecchio e le lacrime di gioia che entrambi avrebbero poi negato.

Dovette passare qualche secondo, però, perché realizzasse di non aver udito nemmeno il familiare saluto che tanto aspettava e sbatté le palpebre per cercare di schiarirsi la vista con il cuore oppresso da un orribile pensiero. Si era forse sbagliato e quello davanti a lui non era affatto Jason? In effetti, ora che ci faceva caso, il giovane non dava segno di averlo riconosciuto e le lacrime sulle sue guance, sia pure abbondanti come in quella fantasia dorata, solcavano un viso che esprimeva anzi orrore e paura a livelli così intensi da farlo sentire stranamente a disagio. Avrebbe dovuto esserci abituato, dal momento che vedeva ogni notte quelle stesse emozioni sui volti dei criminali che coglieva in flagrante, ma essere guardato in quel modo anche da lui era un dolore indescrivibile.

L'unica spiegazione possibile, a questo punto, era che qualcosa nella sua mente si fosse spezzato - temporaneamente, si augurava -, portandolo a “trasformare” in suo figlio un criminale qualunque sulla base, forse, di una minima somiglianza.

Doveva chiamare Nightwing e Robin e tornare alla villa, lasciando a loro il compito di vegliare sulla città per quella notte e far arrestare il giovane ancora bloccato a terra, ma un attimo prima di mettersi in contatto con loro, venne riportato bruscamente alla realtà da un grido che gli fece gelare il sangue nelle vene.

«Cosa stai aspettando? Aiutami! Non puoi lasciarmi morire così!» aveva urlato il ragazzo, la voce strozzata e intrisa di terrore troppo simile a quella di Jason, per poi cercare disperatamente di sgusciar via da sotto le macerie senza il minimo risultato.

«Fermo, ti farai solo del male! Ora ti libero» gli disse sconvolto Batman, imponendosi di tornare presente a se stesso e compiere finalmente il suo dovere.

Con il cuore pesantissimo al pensiero di cosa sarebbe potuto succedere se il giovane non l'avesse risvegliato dalla trance in cui era caduto, percorse veloce i pochi metri che li separavano e lo osservò ancora per un solo istante per cercare di valutare i danni. Il respiro era troppo rapido e superficiale - chissà se per il panico o per qualcosa di peggio - e al di sotto del casco intravedeva un rivolo di sangue che gli scendeva lungo il collo, ma il problema più insidioso era sicuramente rappresentato dal mucchio di rottami sul suo corpo che poteva celare chissà cosa.

«Fai presto!» lo incalzò Jason con lo sguardo fisso sul fuoco e una nota di supplica nella voce che il vigilante non pensava avrebbe mai sentito dalla sua bocca.

«Calmati, andrà tutto bene» provò a rassicurarlo Batman, chinandosi su di lui per slacciargli il casco e controllare il battito cardiaco appoggiandogli due dita alla base del collo.

Lo sentì sussultare a quel tocco delicato e un istante dopo i loro occhi si incrociarono di nuovo mentre l'uomo valutava in silenzio le pulsazioni e cercava eventuali segni di problemi gravi muovendosi piano sulla pelle sudata.

Non trovò nulla di serio, per fortuna, ma era fin troppo evidente che il ragazzo lo temesse come tutti i criminali di Gotham e gli venne naturale lasciargli una lieve carezza sulla guancia nel tentativo di calmarlo. Che fosse davvero Jason o qualcuno che gli assomigliava molto, non gli avrebbe mai fatto del male e si ritrovò a ringraziarne tra sé l'agilità per averlo mancato nel vicolo. Era già abbastanza brutto pensare di aver provocato suo malgrado l'incidente senza doversi preoccupare anche della ferita lasciata dal batarang.

Consapevole che non fosse il caso di perdere altro tempo, si costrinse a staccarsi da lui dopo un'ultima rassicurazione sentendosi fin troppo sollevato nel vedere la nota di stupore e curiosità nel suo sguardo ancora diffidente. Non era un granché come cambiamento, in realtà, ma quanto bastava per lavorare con ben altro spirito.

Prima di cominciare a spostare quel cumulo di materiali, però, si mise in contatto con Nightwing e Robin perché lo raggiungessero al più presto con il Batwing.

Gli dispiaceva lasciare la città priva di protezione in una sera così ma Jason aveva bisogno di aiuto e preferiva che venisse curato al più presto alla villa anziché in ospedale, vista la sua parte di responsabilità nell'incidente e la scomoda presenza del bottino di una violenta rapina che di sicuro aveva costretto la vittima a fare come minimo un giro al pronto soccorso.

La reazione del ragazzo nel vederlo era strana e poco rassicurante per la sua teoria che fosse davvero Jason - un motivo in più per far intervenire Dick, che di certo sarebbe stato più affidabile nel riconoscerlo -, ma se per qualche motivo il giovane non ricordava il loro passato insieme, voleva evitargli l'ulteriore trauma dell'arresto, che di certo non avrebbe favorito la ricostruzione di un rapporto piuttosto problematico fin dall'inizio.

Senza contare che, a livello affettivo, non se la sentiva proprio di separarsi subito dal figlio appena ritrovato, e nemmeno di rispondere alla chiamata notturna della polizia, che di sicuro l'avrebbe avvisato della sua ricomparsa costringendolo a fingere di non saperlo e ad affrontare una lunga e noiosa trafila per riuscire forse a portarlo a casa prima dell'alba.

Sarebbe stato sicuramente meglio per tutti risolverla tra di loro, almeno per il momento, e se per disgrazia non fosse riuscito a liberarlo prima dalle macerie, l'aiuto di Dick e Tim sarebbe stato fondamentale.

Li sentì entrambi preoccupati per la strana richiesta di abbandonare subito le rispettive postazioni e raggiungerlo in una zona così isolata ma Batman tagliò corto, limitandosi a fornire solo le informazioni necessarie prima di interrompere la comunicazione.

A quel punto, dopo una rapida occhiata al fuoco che sperò non fosse stata notata dal ragazzo che tremava sull'asfalto bagnato, iniziò a spostare con attenzione i pezzi di mobili e gli altri oggetti non bene identificati che lo bloccavano a terra, cercando intanto di tenerlo sveglio e farsi un'idea di cosa avrebbero dovuto affrontare nelle prossime ore. I suoi occhi non avevano mai smesso di correre, a intervalli ravvicinati, verso le fiamme che ormai cominciavano a scaldare l'aria intorno a loro ma era chiaro che stesse lottando per rimanere cosciente e non gli piacevano affatto il ritmo del suo respiro e i colpi di tosse sempre più frequenti, accompagnati ogni volta da un lieve gemito.

«Come ti chiami?» domandò con voce leggermente malferma mentre afferrava un pezzo di lamiera.

«Jason» sussurrò debolmente il giovane tornando a guardarlo con quello strano misto di paura e stupore che continuava a fargli uno strano effetto.

«Solo Jason?» insistette, cercando di non pensare al loro primo incontro, durante il quale avevano pronunciato le stesse frasi dopo che il ragazzo era riuscito, con sua enorme sorpresa, a evitare il batarang tenendogli orgogliosamente testa per qualche minuto prima di finire a terra, rifiutandosi però di darsi per vinto.

«Jason Todd» rispose a fatica, tra un colpo di tosse e l'altro, facendogli mancare il fiato. Aveva perso il conto di quante volte avesse sperato di sentire quelle parole dal giorno della sua scomparsa ed era curioso che adesso il suo cervello fosse così diviso tra una gioia incontenibile e un'amara incredulità, che continuava invece a ricordargli cosa fosse successo al suo secondo figlio. Quel nome avrebbe dovuto essere una prova inconfutabile ma una parte di lui consigliava di non farsi comunque troppe illusioni finché Dick non avesse confermato o distrutto la sua ultima speranza di riportarlo a casa, decretando con certezza se gli era rimasto ancora un briciolo di sanità mentale. Non ne aveva mai parlato a nessuno ma c'erano momenti in cui iniziava a dubitarne e scoprire quella sera di aver immaginato tutto sarebbe stato il colpo di grazia. Joker era dunque riuscito nell'intento di farlo crollare colpendolo nel punto più debole?

«Non dormire, Jason» lo richiamò dopo qualche secondo di silenzio, accortosi per miracolo, in mezzo a quei pensieri angosciosi, che il ragazzo si stava lasciando pericolosamente andare.

«Sono stanco» protestò debolmente il giovane ma riaprì subito gli occhi sbattendo le palpebre per cercare forse di scacciare il torpore.

«Lo so ma ho bisogno che tu risponda ad alcune domande» cercò di rincuorarlo dispiaciuto. «Per poterti aiutare» si affrettò ad aggiungere, notando la sua espressione farsi subito allarmata.

Non rispose questa volta ma Batman sentì addosso il suo sguardo e si augurò che avesse capito. A breve sarebbe stato libero e non poteva permettergli di arrendersi a qualunque cosa stesse cercando di nuovo di portarglielo via.

«Senti dolore da qualche parte?» domandò, nella speranza di tenerlo con sé.

«Alla testa e al petto» disse piano Jason tossendo ancora.

«Aumenta se fai dei respiri profondi?» si informò con una punta di preoccupazione nella voce di cui non si rese neanche conto.

A rispondergli fu un lamento soffocato di paura e dolore che minò seriamente la sua capacità di mantenere il controllo ma si impose di non cedere per il bene del ragazzo, i cui occhi spaventati si erano subito spostati su di lui in cerca di aiuto.

«Potresti avere delle costole rotte ma non preoccuparti. Non è nulla di grave» lo rassicurò dolcemente. «Braccia e gambe, invece? Senti qualcosa?» chiese di nuovo, sperando con tutto se stesso in un responso migliore. Il senso di colpa per essere in parte responsabile della sua sofferenza aumentava sempre di più, e lo stesso il bisogno di stringerlo forte a sé per dare sollievo a entrambi. Era mai possibile che non fosse in grado di proteggerlo come tutti gli altri?

«Solo formicolio» rispose il giovane con un'ombra di sollievo nel tono e nello sguardo che non gli piacque per niente. Non era una buona notizia ma si sforzò di non farglielo capire e di tenere lontani i pensieri peggiori. Jason non aveva bisogno di vederlo in preda al panico, e ancora meno di rendersi conto di cosa potesse significare quella sensazione solitamente spiacevole.

«Sei libero adesso» gli annunciò sollevato pochi istanti dopo, facendo cadere di lato l'ultimo pezzo di mobile che gli schiacciava le gambe.

«Non riesco a muovermi!» lo informò il ragazzo con il panico nella voce dopo aver provato istintivamente ad alzarsi prima che potesse fermarlo, accorgendosi quindi che non era stato solo il peso di quegli oggetti a impedirgli di scappare.

«Non aver paura, non ti lascio qui» lo rassicurò, notando che il suo sguardo terrorizzato era corso per l'ennesima volta a controllare il fuoco, che ormai si era avvicinato parecchio alla loro postazione riverberando ovunque la sua luce.

«È vicino e non riesco a muovermi» ripeté il giovane con quell'aria spaurita che non gli si addiceva affatto, portando il vigilante a chiedersi, suo malgrado, cosa avesse passato da solo in quel lungo periodo lontano da casa.

«Non gli permetterò di raggiungerti» promise con decisione Batman guardandolo negli occhi e leggere nei suoi un'ondata di profonda riconoscenza, mista a speranza e stupore, gli fece tremare per un attimo il cuore nel petto. Non l'aveva mai visto tanto limpido nei suoi confronti e gli sembrò ancora più strano aver ricevuto un simile regalo in una situazione così brutta.

Spinto dalle emozioni, stava per aggiungere incautamente qualcos'altro ma si accorse appena in tempo che un qualunque riferimento all'accaduto in Etiopia avrebbe potuto fargli perdere all'istante il briciolo di fiducia che aveva appena riguadagnato, con conseguenze disastrose per entrambi. Fargli credere di essere stato volutamente abbandonato laggiù in chissà quale situazione era proprio l'ultima cosa che voleva; c'erano stati fin troppi fraintendimenti tra loro e non era il caso di aggiungerne un altro, visto oltretutto che Jason non aveva ancora dato segno di ricordarsi di lui e della loro famiglia.

«Ascolta... dovrò toglierti il casco e tagliare i vestiti per controllare i danni prima di spostarti. Rimani fermo e cerca di rilassarti. Non voglio farti del male» disse poi, interrompendo a malincuore quello scambio di sguardi più significativo di qualunque discorso avessero mai fatto. Gli sarebbe piaciuto che durasse ancora un po' ma non potevano permetterselo.

Jason non prese bene l'idea, almeno a giudicare dal lampo che vide per un attimo nei suoi occhi, ma il tonfo di un pezzo di legno carbonizzato che cadeva a terra a pochi passi da loro lo convinse ad annuire, esortandolo anzi a fare presto con un ansito di terrore.

L'uomo non ebbe bisogno che lo ripetesse e un istante dopo gli stava già sfilando con attenzione il casco sporco di sangue per controllare il collo e la ferita alla testa prima di occuparsi dei vestiti, che tagliò veloce con le forbici estratte dalla sua cintura multiuso senza smettere di rassicurarlo per tutta la durata dell'operazione. Sembrava aver perso la maggior parte del timore nei suoi confronti ma era comunque un ragazzo spaventato e chiaramente convinto di avere a che fare con un estraneo.

Non gli piacquero i brividi che ottenne scostando i lembi dei vestiti ormai intrisi dell'umidità dell'asfalto sotto di lui ma si impose di non lasciarsi distrarre mentre terminava il suo rapido esame. Per fortuna, nonostante i lamenti e qualche occasionale urlo mentre lo tastava con delicatezza, la situazione non doveva essere troppo grave e Batman sospirò impercettibilmente di sollievo. Alcuni lividi e ferite erano brutti ma il ragazzo era stato fortunato a cavarsela con così poco. Alla villa avrebbe controllato meglio con gli strumenti giusti, sperando di non avere brutte sorprese, ma si sentiva molto più tranquillo.

«Dobbiamo andarcene» lo incalzò Jason quando ebbe finito mentre un violento brivido lo scuoteva dalla testa ai piedi.

«Ti inietto prima un antidolorifico, d'accordo? Hai già sofferto fin troppo» disse premuroso l'uomo, incontrando un attimo dopo lo sguardo stupito e leggermente preoccupato del ragazzo. «Tranquillo, voglio solo evitare di farti ancora del male mentre ti porto al sicuro» gli spiegò con calma, sperando che per una volta non facesse troppe storie. Da un lato non sarebbe stato un bel segnale, visto che lui e Dick erano abituati a lunghe e accese discussioni con il secondo Robin per fargli accettare le medicine in condizioni anche peggiori, ma era chiaro che avesse bisogno di una tregua e in quel modo anche il trasporto sarebbe stato più facile.

«Sono vicine» ripeté Jason, stranamente più favorevole all'idea, a giudicare dal tono, lanciando un'occhiata dubbiosa alle fiamme.

«Faremo in tempo, promesso» lo rassicurò Batman, augurandosi con tutto il cuore che si lasciasse aiutare senza perdere altro tempo. Non voleva fare nulla contro la sua volontà in una situazione così delicata ma iniziavano entrambi a risentire della lunga esposizione al fumo e non poteva permettere che andasse avanti così.

«D'accordo» si arrese infine il ragazzo con un lieve sospiro e l'uomo, stranamente diviso tra sollievo e preoccupazione, si affrettò a prendere il necessario dalla cintura multiuso e iniettargli l'antidolorifico nel braccio senza smettere di rassicurarlo sulle sue intenzioni. Era terribile il pensiero che suo figlio continuasse a considerarlo un estraneo ma non poteva biasimarlo per la diffidenza nei suoi confronti.

Una volta finito, lo avvolse con cura nel suo mantello e lo strinse forte a sé, cercando di ignorare l'improvvisa tensione nei suoi muscoli per quel semplice gesto che un paio d'anni prima sarebbe stato perfettamente normale. Per fortuna il giovane non fece nulla per contrastarlo, limitandosi a irrigidirsi per un attimo nel sentirsi sollevare prima di abbandonarsi alla sua presa, e Batman riuscì pure a godersi, in qualche modo, quella strana vicinanza e la sensazione della sua testa appoggiata sulla spalla. Non era così che aveva immaginato tante volte di riabbracciarlo ma era grato di aver avuto una seconda possibilità, e vederlo accoccolato contro il suo petto come poche volte aveva fatto, alla probabile ricerca di calore e protezione, gli riempì il cuore di gioia. Non pensava sarebbe più successo, e mentre lo portava finalmente al sicuro, gli promise in silenzio che nessuno gli avrebbe più fatto del male.


Dal canto suo Jason, avvolto in quel bozzolo caldo tra le braccia del pericoloso vigilante, non sapeva più cosa pensare. Batman era molto diverso da come lo dipingevano i criminali e il suo cervello troppo confuso dalla botta e dagli ultimi avvenimenti non gli permetteva di capire se fosse un bene o un male. L'unica cosa certa era che fosse stato stranamente premuroso nei suoi confronti, nonostante l'aspetto intimidatorio e il lungo inseguimento dalle conseguenze non molto chiare, portandolo ad abbassare presto le difese come non ricordava di aver mai fatto.

Diffidente di natura, una piccola parte di lui non poteva evitare di chiedersi se non fosse per caso un trucco per ottenere chissà cosa ma era troppo stanco e dolorante per seguire ragionamenti complicati e quello che contava, almeno per il momento, era che l'avesse salvato dal fuoco. Poteva sentire sul viso aria fresca e pulita che lo aiutava a respirare meglio e c'era inoltre qualcosa di bello e dolce a cui non era abituato nel modo in cui lo stringeva a sé, facendolo sentire stranamente protetto. Avrebbe voluto chiedergli perché stesse facendo tutto questo per un criminale che, secondo il suo solito modo di agire, avrebbe dovuto massacrare come lui aveva fatto con la sua vittima prima di consegnarlo alla polizia, ma non ne aveva la forza e poté solo abbandonarsi al suo volere ignorando l'istinto che cercava di tenerlo sveglio e reattivo per fronteggiare una possibile minaccia, che non aveva mai sentito, però, così lontana.

Per quanto assurdo potesse sembrare, infatti, era come se il suo corpo avesse in qualche modo riconosciuto fin dall'inizio la ruvida carezza dei suoi guanti e il suono della sua voce. Non aveva idea di come e perché, visto che razionalmente i loro mondi avrebbero dovuto essere quanto di più distante possibile, ma erano bastati il suo tocco sul collo e quella prima rassicurazione per riacquistare un minimo di speranza che tutto sarebbe andato bene e gli eventi successivi erano stati una conferma decisamente gradita. In quelle condizioni non sarebbe riuscito comunque a contrastarlo se le cose avessero preso una brutta piega ma per fortuna non era successo nulla di terribile e una parte di lui, stranamente, sapeva già che non avrebbe avuto bisogno di difendersi. Avrebbe dovuto indagare, più tardi, ma per il momento si accontentava di essere al caldo e al sicuro, sempre più lontano dalla sua paura più grande. Chi l'avrebbe mai detto che un giorno si sarebbe affidato a tal punto a Batman, che in un momento così terribile si era preso cura di lui in ogni modo possibile, controllando le sue condizioni come se fosse un paramedico anziché il vigilante più temuto di Gotham, e scardinando in un attimo le difese che aveva eretto persino con i suoi amici dopo l'accaduto in Etiopia? Era strano davvero ma non era pentito di essersi scoperto tanto con un uomo che avrebbe dovuto temere anche più della polizia.

Il suo salvatore aveva smesso di parlargli dopo l'iniezione, dandogli forse tacitamente il permesso di riposare, e il resto del mondo stava svanendo in fretta senza che il giovane facesse nulla per restarvi ancorato. Era un sollievo poter chiudere gli occhi che bruciavano tanto e non doversi più preoccupare delle fiamme o di qualsiasi altra cosa, lasciando la mente libera di vagare in territori più rassicuranti che lo accompagnassero nel sonno, ma questo non gli impedì di percepire, dopo un tempo indefinito, altre voci in avvicinamento. Non capì cosa stessero dicendo ma una gli parve per un attimo stranamente familiare e sentirla urlare il suo nome smosse qualcosa dentro di lui. Cercò quindi di combattere il torpore che lo avvolgeva per vedere a chi appartenesse ma le palpebre erano troppo pesanti per riuscire a sollevarle e la domanda gli rimase impigliata in gola.

«Dormi, va tutto bene» disse Batman da una grande distanza notando la smorfia infastidita sul suo volto e il lieve movimento in direzione del richiamo e Jason fu costretto a malincuore ad arrendersi pochi istanti dopo. Il suo corpo non voleva proprio collaborare ma la cosa non lo preoccupò come avrebbe dovuto.

«Scusami, non volevo spaventarti. Non ti faremo del male» intervenne di nuovo quella voce, a un volume più basso e sicuramente più vicina, regalandogli emozioni diverse che non era abbastanza lucido per afferrare. Decise di crederle, però, e si abbandonò di nuovo tra le braccia forti e rassicuranti del suo salvatore con un lieve sospiro. Del resto non era in grado di fare altro e quella strana sensazione di sicurezza, nonostante tutto, era ancora lì, a invitarlo a lasciarsi andare.

Sentì Batman e il nuovo arrivato scambiarsi qualche altra parola tra di loro e con una terza persona che non gli diceva nulla ma era troppo difficile cercare di seguire il discorso e poco dopo cedette finalmente al sonno mentre ancora si chiedeva chi fossero quelle persone che la sua memoria, forse, aveva in qualche modo riconosciuto senza dargli informazioni precise.


Prompt: Il sick ha paura del suo caretaker.

Uova: Guanti / “Dimmi se fa male”


Angolo autrice:
Ciao a tutti e grazie per essere arrivati fin qui! È la prima volta che scrivo in questo fandom e non conosco ancora bene la serie (ho iniziato la fic a circa metà della serie Netflix “Titans”), quindi non ho idea di cosa sia venuto fuori. Spero che la storia vi sia piaciuta e di aver reso bene il tutto senza finire OOC come mio solito. Fatemi sapere che ne pensate, se vi va, e grazie per il tempo che mi avete dedicato anche solo leggendo! <3
Come ho detto nell'introduzione, la fic partecipa all'iniziativa “Easter Advent Calendar” indetta dal gruppo fb Hurt/Comfort Italia - Fanart & Fanfiction. Passate a trovarci se anche voi amate questo genere! ;)
Se a qualcuno interessa, ho fondato tempo fa un gruppo facebook principalmente su Fairy Tail, Edens Zero e il nuovo Gate of Nightmares (manga basato su un videogioco che Mashima ha contribuito a creare disegnando ambientazioni e personaggi), ma anche sugli anime e manga in generale. Se volete conoscere altri fan di queste bellissime opere, saremo ben felici di accogliervi qui (attenzione ai possibili spoiler se non seguite le scan online!), dove è in corso una challenge di scrittura e disegno dedicata ai pirati. Vi aspettiamo numerosi! :)
Penso di non avere altro da aggiungere, quindi per ora vi saluto, augurandovi una buona serata e buonanotte per dopo.
Bacioni e alla prossima!
Ellygattina

  
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