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Autore: wobblyeleven    26/04/2022    2 recensioni
un missing moment flashato così mentre riguardavo la 3x02 (spoiler per chi non ha visto l'episodio)
johnlock senza happy ending (non smetterò mai di dire che moffat mi ha rovinato la vita)
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: John Watson, Mary Morstan, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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non ho idea da dove sia uscita questa cosa. so solo che settimane fa il mio cervello me l'ha praticamente flashata così mentre riguardavo l'episodio per la 47457976431136988654ma volta. avevo sempre immaginato che in quel momento quei due hanno pensato a qualcosa, e il mio cervello ha partorito questa cosa. vi avverto già che non ha un lieto fine perché moffat le cose felici non sa proprio cosa siano (fan di doctor who, voi sapete). chiedo scusa per i possibili ooc - possibilissimi - ma entrambi i personaggi sono resi talmente bene da ben e martin che replicarne le reazioni è difficilissimo, almeno per me. e nulla, spero vi piaccia, fatemi sapere con un commento, o anche in privato per chi può, cosa ne pensate
a presto
mav xx

ah dimenticavo! i dialoghi canonici sono presi dal doppiaggio italiano, avevo paura che traducendo dall'originale io stessa non avrebbe più combaciato perfettamente con quello che la mia testa voleva. buona lettura, bacini xx 
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"come mai l'ha capito prima di me? sono un dottore" chiese john. proprio non capiva come aveva potuto ignorare tutti quei sintomi, che esposti da sherlock sembravano così palesi - e in effetti lo erano. "è il tuo giorno libero" rispose sherlock. "è anche il tuo giorno libero" ribatté a quel punto john. "calma, niente panico!" cercò di calmarli a quel punto sherlock. "io sono incinta, io sono nel panico!" sbottò mary, che era rimasta zitta fino a quel momento. "niente panico! non c'è ragione. assolutamente nessuna ragione" tentò di calmarli sherlock. sembrava stesse cercando di calmare anche sé stesso. "oh tu ne sei sicuro?" chiese john, col terrore negli occhi. "certamente. sarete i migliori genitori al mondo con tutta la pratica che avete fatto!" rispose sherlock, cercando di sdrammatizzare. "quale pratica?" chiese john confuso. sherlock lo guardò sardonico. "non avrete bisogno di me ora che c'è un bambino vero in arrivo." spiegò. john lo guardò sbalordito, e vagamente sorpreso. sherlock gli sorrise, e lui gli sorrise di rimando, avvicinando le loro fronti con la mano. poi si voltò verso mary. "stai bene?" le chiese raggiante. lei rispose affermativamente, raggiante anche lei. fu lì che accadde. john si voltò nuovamente verso il suo ormai ex coinquilino, notando che il suo sorriso iniziava a svanire. i due si scambiarono un'occhiata eloquente, e john cercò di mantenersi impassibile e di darsi un contegno, al ricordo.

era successo qualche mattina prima del grande giorno. sherlock era al tavolo della cucina, come spesso accadeva, stava conducendo uno dei suoi esperimenti. john non era in casa, era andato a fare una passeggiata. a un tratto sentì dei passi salire uno per uno i diciassette gradini che separavano l'entrata dalla porta di casa, quei passi li avrebbe riconosciuti ovunque. john era tornato. continuò con il suo esperimento, ignorando il fatto che avendo udito quei passi si fosse soffermato per qualche secondo. gli succedeva sempre più spesso di soffermarsi su qualcosa che john faceva. credeva anche di avere una vaga idea del motivo, ma decideva ogni santa volta di ignorarla. john entrò, trovandolo al microscopio. "sherlock, sei esattamente dove ti ho lasciato quando sono uscito! non sarebbe ora di fare qualcos'altro?" "sai bene che la mia mente funziona bene solo se è occupata, e dal momento che non abbiamo casi da risolvere, cerco di mantenerla occupata. pensavo l'avessi capito ormai, sai bene che non mi piace rimarcare l'ovvio" rispose sherlock, come suo solito snocciolando una valanga di parole una dietro l'altra. john lo guardò per un secondo, poi distolse lo sguardo. aveva riflettuto a lungo durante quella passeggiata. erano tanti i pensieri che lo tormentavano in quel periodo, con il matrimonio da organizzare e tutto il resto. però ce n'era uno che lo tormentava più degli altri, che lo aveva sempre tormentato più degli altri. quel pensiero tornava sempre, nonostante cercasse di scacciarlo e reprimerlo, era sempre lì. e lui non sapeva come liberarsene. "andata bene la passeggiata?" gli chiese sherlock dopo qualche secondo, distogliendolo dai pensieri. john rimase appena interdetto. "come mai ti interessa?" chiese. sherlock ci rifletté un attimo. "cercavo di fare conversazione." john alzò le sopracciglia. "be', mi è servita. ho pensato tanto" rispose. "qualcosa di importante?" chiese sherlock. john non seppe come reagire. era sorpreso di quelle domande, ma non sapeva se fosse reale interesse o semplicemente un modo per "fare conversazione" come diceva lui. "può darsi" decise di rimanere vago. sherlock lo guardò. si guardarono a vicenda in verità, per qualche secondo. "riguarda il matrimonio?" chiese sherlock a quel punto. john si voltò di scatto, ma sherlock aveva già distolto lo sguardo. lo fissò per alcuni istanti, poi sospirò. "no. no, non riguarda il matrimonio" rispose. sherlock si voltò nuovamente a guardarlo, e di nuovo si guardarono per qualche secondo. c'era qualcosa, nell'aria, ed entrambi l'avevano capito che non se lo stavano dicendo. ognuno aspettava che l'altro facesse un primo passo, e come sempre questo non accadeva. john distolse lo sguardo per primo, seguito da sherlock, che tornò al suo esperimento. john vagò per qualche secondo per la stanza, incerto su come comportarsi. sherlock lo notò, ma non disse niente. sapeva benissimo che c'era qualcosa che john non gli stava dicendo, ma decise di non mettergli fretta. a giudicare dal suo silenzio doveva essere piuttosto importante. john si sentiva sull'orlo di un precipizio. "io non ce la faccio più sherlock, te lo devo dire!" esplose a un tratto. sherlock lo guardò confuso. "dirmi...cosa?" john tirò un lungo sospiro. "ci ho pensato a lungo. non ha senso, è assurdo, e soprattutto non ha senso tirar fuori tutto questo adesso. ma mi sento esplodere, non ce la faccio più" disse sull'orlo delle lacrime. gli si era anche incrinata la voce sull'ultima frase. sherlock si alzò e si avvicinò, con lo sguardo preoccupato, fino ad arrivare a pochi centimetri da lui. gli poggiò le mani sulle spalle cercando di farlo calmare. non capiva proprio come potesse essere passato dalla calma totale all'orlo delle lacrime in pochi secondi. "john calmati adesso" disse col suo solito tono pacato. "cos'è successo, cos'è che devi dirmi?" chiese ansioso. john lo guardò negli occhi, esasperato. "sul serio non te ne accorgi?". sherlock era confuso. "di cosa?" chiese con tono stanco. john non rispose. "di cos'è che non mi accorgo?" chiese. "cazzo, proprio tu che sei tutto un 'guardi ma non osservi john' - e qui provò a imitare il tono di voce dell'altro - e poi non ti accorgi di una cosa così palese?" chiese, a metà tra le risate e le lacrime. sherlock chiuse gli occhi e sospirò. poi lo guardò bene negli occhi. fece quello che faceva sempre. provò a dedurre. era sul punto di piangere, john. i suoi occhi, normalmente del colore del mare di notte, di un blu talmente intenso da perdercisi dentro - da quando conosceva così bene il colore degli occhi di john? - adesso erano liquidi, sembravano più azzurri. avvicinò un dito alla carotide, e notò che aveva il battito accelerato. normale, pensò, era completamente fuori di sé. "oh, non provare a dedurre adesso!" esclamò john con tono amaro, scostando quelle dita dal suo collo, e allontanandosi in fretta da lui. sherlock sospirò pesantemente. "mi vuoi dire che succede, una buona volta?" chiese, anche lui esasperato. john lo guardò nuovamente, con l'aria sconfitta, senza difese. "succede che provo delle cose. per te. e cavolo, ho proprio un tempismo pessimo" aggiunse con una risata amara. "io non avrei dovuto dirtelo, non ha senso dirlo ora, tra pochi giorni mi sposo." disse avvicinandosi a lui. "ma sono anni - dio, anni - che mi porto dentro questa cosa, che provo a reprimerla, e non hai idea di quanto faccia male averlo capito e sapere che il destinatario di questi sentimenti è sposato col suo lavoro" continuava a gesticolare energicamente. "è per questo che non te l'ho mai detto. ma tra pochi giorni mi sposo. e se non lo faccio ora non lo farò mai più. e io non voglio convivere con questo peso. non posso, non più, o rischio di esplodere" disse, tutto d'un fiato, rianimandosi improvvisamente. sherlock lo guardò interdetto. "quindi, si, sherlock, provo delle cose per te. è così" concluse. sherlock continuava a guardarlo. sembrava...intenerito? può sherlock holmes provare qualcosa di anche vagamente simile alla tenerezza? "e perché hai deciso di dirlo proprio ora?" cercava di non dare un tono a ciò che diceva, di mantenere il suo tono apatico e pacato. ma dentro aveva un terremoto. john sospirò. "tra qualche giorno inizia la mia nuova vita. la vita che ho sempre sognato. una moglie, una casa, dei figli. e non voglio rimpianti, pesi o altro. ci ho pensato a lungo. e sono arrivato alla conclusione che anche dicendolo non sarebbe cambiato niente. perché tanto tu non puoi ricambiarmi. quindi è meglio dirlo, e togliermi questo peso. così posso andare avanti con la mia vita e basta". sherlock sembrava a metà tra il confuso e l'intenetrito. la sua parte razionale - ossia la maggior parte del suo cervello - si chiedeva come aveva potuto non accorgersene prima. oh john, pensò. john provava qualcosa per lui. il suo john. devo fare qualcosa pensò, ma john stava già per allontanarsi. "non voglio che ti sposi" credeva di averlo solo pensato, ma l'aveva anche sussurrato. talmente piano che se non fosse stato john, l'altra persona non se ne sarebbe nemmeno accorta. john si bloccò, congelato sul posto. si voltò lentamente, con sguardo confuso. "cos'è che hai detto?" chiese, incerto. sherlock chiuse gli occhi, abbassando il volto, e si costrinse a ripeterlo a voce normale. "non voglio che ti sposi" scandì, col tono più apatico di cui fu capace in quel momento. john tirò un mezzo sorriso. "tu fottuto bastardo" disse avvicinandosi a lui. sherlock alzò nuovamente lo sguardo, abbassando i suoi muri. "tu non puoi dirmi una cosa del genere! dopo tutto questo tempo! hai idea di quanto sia egoista quello che hai detto?" chiese furioso john. "john..." cominciò l'altro. "john un cazzo! tu non hai idea di quanto sono stato male per colpa tua!" "se ti riferisci ancora a quei due anni, ti ho ampiamente chiesto scusa mi pare" ribatté. "non parlo di quello. per anni ho sentito questi sentimenti crescere dentro di me, e per anni ho cercato di reprimerli, convincendomi non fossero reali. e perché secondo te?" chiese furioso. nemmeno il tempo di interrompersi, che riprese. "perché fin dal primo giorno, mister 'sono sposato con il mio lavoro', non mi hai dato nessuna speranza. tu semplicemente non provavi sentimenti del genere. me ne ero fatto una ragione" "tu guardi ma non osservi, john, te l'ho sempre detto" rispose sherlock. a quel punto gli si avvicinò cautamente, fino a mettergli le mani sulle spalle. lo guardò fisso negli occhi. "non ti sposare" gli ripeté, con tono più basso stavolta. john lo guardò sorpreso e confuso. "da quanto?" disse soltanto. da quanto provi una cosa del genere? tu? da quanto lo sai?, pensò invece. sherlock gli lanciò un'occhiata eloquente, tentando di sfiorargli una mano con la sua. john abbassò all'istante lo sguardo sulle loro mani che si sfioravano. sherlock, vedendo che non si ritraeva, insisté e intrecciò le loro dita insieme. john sospirò. "non ci posso credere. io non-" sussurrò senza parole. non c'erano parole per descrivere la sensazione delle loro dita intrecciate, del calore che emanavano le dita del suo migliore amico unite alle sue. sherlock continuava a cercare il suo sguardo, al che john sollevò il volto e lo guardò fisso negli occhi. si guardarono per degli istanti interminabili, in silenzio, dicendosi tutto con gli occhi, dimentichi di tutto, del fatto che tra pochi giorni uno dei due si sarebbe sposato, che quella vita lì a baker street non sarebbe più esistita, o comunque non sarebbe più stata come era sempre stata. quei secondi erano solo per loro, per ritrovare un'intesa che avevano perso da quando sherlock era tornato dall'oltretomba. john abbassò lo sguardo sulle labbra dell'altro. dio solo sapeva quanto ci aveva fantasticato su un momento del genere, ignorando il fatto che non era normale dichiararsi etero e poi desiderare di baciare il proprio migliore amico. lanciò uno sguardo veloce agli occhi di sherlock. erano completamente liquidi, quel colore impossibile a metà tra verde, azzurro e grigio sembrava un liquido denso di natura indefinibile, ma di sicuro bellissimo. ci si sarebbe perso negli occhi di sherlock. si decise a bloccare il flusso di pensieri, smettere di far lavorare i neuroni, e iniziare a far lavorare l'istinto, fregandosene del fatto che c'era qualcuno che lo aspettava a casa, e che tra pochi giorni lui avrebbe atteso all'altare. voleva stare bene, anche solo per qualche istante. nel giro di qualche secondo, lanciò un ultimo sguardo alle labbra di sherlock, poi si sollevò sulle punte dei piedi e le unì alle sue. sapeva, adesso, che entrambi avevano aspettato a lungo questo momento. fu una sensazione unica. l'altro in risposta gli cinse i fianchi, stringendolo a sé e avvicinando i loro corpi. mai aveva pensato di poter provare una cosa del genere. lui che aveva sempre messo la mente prima dei sentimenti, colui che aveva sempre sostenuto che "i sentimenti sono un difetto chimico della parte che perde", adesso si ritrovava inerme davanti al senso di appartenenza che provava in quel momento. si sentiva precipitare nel vuoto, non fosse stato per le mani di john che gli cinsero la nuca e andarono a intrecciarsi con i suoi ricci neri, trattenendolo a sé. e se john era rimasto senza parole al solo contatto delle loro dita intrecciate, adesso aveva il cervello totalmente in black out. percepiva soltanto il calore del contatto dei loro corpi vicini e delle mani del suo coinquilino su di sé. durò pochi secondi, che però sembrarono eterni. fu john a staccarsi per primo. nel momento in cui fece per allontanarsi, sherlock lo trattenne per la nuca e fece unire le loro fronti. john chiuse subito gli occhi. "scusa, non dovevo" disse, a occhi chiusi. "john" disse soltanto l'altro. "sherlock, non posso. tra qualche giorno mi sposo. è tardi per questo" gli rispose john. "john guardami" gli disse l'altro. john sospirò, poi lo guardò negli occhi, mantenendo le fronti vicine. "sherlock..." cominciò. "meriti di sapere anche tu. io ti amo, john" gli disse chiudendo gli occhi. john rise amaramente, chiudendo gli occhi anche lui. "dio, non sai quanto avrei voluto sentirtelo dire in questi anni" sussurrò. "ora è tardi. è tardi per tutto" aggiunse. "lo so. ma meritavi di sapere lo stesso. così stanno le cose" "così stanno le cose" ripeté john. "dimenticatene john. tra pochi giorni ti sposi" "lo so" rispose john. detto questo, sherlock lo strinse a sé. non si resero più conto del tempo che passava, potrebbe essere durato un secondo o due anni. inutile dire che dimenticarono l'accaduto e non ne fecero più parola nei giorni successivi.

"ballate. su, coraggio, ballate! non rimanete impalati qui, la gente si domanderà di cosa parliamo" intervenne sherlock a quel punto. capì che entrambi avevano ripensato a quel momento avvenuto solo qualche giorno prima. "giusto" cercò di dissimulare john. "be', vieni anche tu" disse mary, rivolta a sherlock. "non possiamo ballare in tre, ci sono dei limiti" la bloccò subito john. "si infatti" sherlock ovviamente gli resse il gioco. "coraggio marito, andiamo" "non è un valzer giusto?" "no" "tranquilla mary, l'ho fatto esercitare" intervenne sherlock. sapeva che non avrebbe dovuto dirlo, che entrambi avrebbero ripensato a quei momenti in cui si erano allenati, stretti l'uno all'altro, e che sarebbe tornato l'imbarazzo, ma non riuscì a trattenersi. "è vero, a baker street con le tende tirate. la signora hudson è entrata una volta, ecco come sono iniziate certe voci..." john rispose sereno, senza un minimo di tentennamento. sherlock sorrise, ma il suo viso si adombrò poco dopo. ritrovatosi solo in mezzo alla pista da ballo, decise di uscire. aveva sempre saputo che "in mezzo alla gente" proprio non era il suo posto. lui era l'uomo della mente, l'uomo de "la solitudine mi protegge". semplicemente si sentiva in più, fuori posto. così, recuperò il cappotto e uscì. mentre camminava continuò a pensare ovviamente - il suo cervello iperattivo non si fermava mai. "le due persone che ti amano di più al mondo" aveva detto. già. peccato che fossero in due. ma aveva detto anche che ci sarebbe stato per loro, in qualunque momento della loro vita, a qualsiasi costo, e che li avrebbe protetti. se quello era l'unico modo per rimanere vicino a john, l'avrebbe fatto. eccome se l'avrebbe fatto. avrebbe tenuto fede al suo ultimo voto.
   
 
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