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Autore: Deirbhile    26/04/2022    1 recensioni
Dalla storia:
“Magari è vero che le persone non sono mai come sembrano, Pirandello aveva perfettamente ragione. Ognuno di noi indossa una maschera. Solo che fino ad ora ero convinta che l'unica che usasse Roberta Della Corte fosse una maschera esfoliante per liberare i pori” constatò Chiara.
Chiara e Roberta sono due liceali qualunque: a Chiara piace leggere e studiare, stare in mezzo alla natura e portare i capelli rossi legati in una treccia. A Roberta piace ostentare la sua bellezza statuaria, mostrarsi in centro a fare shopping con il suo ragazzo e nascondere i propri pensieri in fondo all'alcol.
E allora perché, dopo quattro anni passati ad odiarsi, sentono lo strano desiderio di capirsi a vicenda?
Fra amiche iperprotettive, genitori sempre assenti, scontri diretti e qualche attacco di panico, Chiara e Roberta capiranno finalmente che c'è qualcuno disposto a cicatrizzare le loro ferite.
[STORIA CONCLUSA]
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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L’estate del suo quarto anno di liceo fu la più bella di cui Chiara avesse avuto memoria fino a quel momento: quasi tre mesi interamente liberi, passati a lavorare nella libreria del signor Lovato tre volte a settimana, mentre divorava tomi su tomi di letteratura, saggistica, poesia e tutto ciò che le veniva curiosità di approfondire nel resto del tempo, mentre la città si svuotava e poteva godersi la frescura delle sere in montagna in santa pace, oziare e ascoltare musica stesa nel suo giardino. E le giornate di mare con i suoi amici (alla prima sortita in spiaggia ne erano seguite, per l’immensa gioia di Flavio, una decina d’altre), i giri in centro con sua sorella per delle lunghe e meritate pause dal suo studio universitario, la prospettiva di un viaggio in agosto con la sua famiglia in Irlanda, a casa di sua nonna Agnes: tutto questo rendeva Chiara piena di una felicità quasi stucchevole, elettrizzante, facendola svegliare ogni mattina con un’energia incontenibile. Cantava sotto la doccia ridicole canzoni degli One Direction sperando di essere sola in casa, per poi uscire di casa di corsa in bicicletta, alla volta di casa di Carmen, Sabrina o Ivan (che aveva finalmente presentato il suo ragazzo, Niccolò, al resto del gruppo).

E poi, ovviamente, c’era Roberta.

La loro relazione andava, contro ogni previsione funesta, a gonfie vele, senza incontrare particolari intoppi se non i soliti problemi che tutti i loro amici avevano: Chiara aveva un coprifuoco piuttosto rigido (Margaret, nel suo nuovo spirito domestico, era diventata ancora più attenta a controllarla), Roberta non poteva passare notti fuori casa senza che i suoi genitori le facessero storie per i giorni successivi; quando le due famiglie si incrociavano, per sbaglio, in centro, regnava ancora un clima di omertà generale. Roberta, in più, era stata piuttosto presa dalla denuncia sporta contro Vanessa e Angela per l’incidente – fatto che aveva le ulteriormente inimicato suo padre, che le si rivolgeva ora in modo sempre più freddo, ignorandola quasi per la maggior parte del tempo – e dal gestire una situazione familiare piuttosto tesa fra i suoi genitori. Ma, a parte compagne di liceo arpie, genitori iperprotettivi e problemi logistici di vario tipo, Chiara non riusciva ad immaginarsi una storia più bella di quella. Non avrebbe cambiato per nulla al mondo i lunghi pomeriggi distese in giardino, ad ascoltare musica, a guardare Roberta disegnare o leggere, addirittura provare a strimpellare la sua chitarra (le aveva chiesto di insegnarle, e lei la trovava sempre più adorabile). Non avrebbe fatto a cambio con nessuno, ora che le sembrava che la sua vita fosse così piena, così luminosa, ora che godeva dei lunghi baci di Roberta, delle sue infinite attenzioni, ed anche se dovevano sempre stare attente al minimo rumore, non poteva fare a meno di pensare che non si fosse mai sentita così libera.

In più, con il tempo, le loro tecniche di occultamento e bugie ai genitori erano notevolmente migliorate, tanto che riuscivano a dormire almeno una volta a settimana insieme, calcolando accuratamente i tempi in cui Margaret avrebbe avuto dei turni di notte, in cui l’avvocato Della Corte sarebbe stato in trasferta con sua moglie, in cui Matteo sarebbe partito alla volta della sua casa familiare per far visita alla sua anziana madre. Benedetta, come sempre, si era rivelata un’alleata fondamentale, e Chiara aveva notato con piacere l’avvicinamento fra la sua ragazza e sua sorella, mentre diventavano sempre più frequenti le cene in tre, a base di uno dei tanti piatti congelati lasciati in freezer da sua madre, che oramai aveva il pallino fisso della cucina gourmet.

Quel giorno, dieci di luglio, era proprio uno di quei giorni particolarmente fortunati, in cui Chiara avrebbe avuto la casa tutta per sé (Matteo e Margaret erano andati a passare un fine settimana con la suocera in uno degli agriturismi vicini e Benedetta aveva pensato bene di togliersi dai piedi, sparendo nel caos di una delle proverbiali feste degli ex compagni di liceo): da quella mattina non riusciva a smettere di pensare a come rendere quella serata particolarmente speciale, aveva voglia di fare una sorpresa a Roberta. Pensò che avrebbe potuto cucinarle qualcosa di esotico, o scovare qualche film che le fosse piaciuto (aveva scoperto che la sua ragazza andava matta per i film indipendenti dai finali trascinati e nebulosi, con quelle colonne sonore vagamente britpop), o magari semplicemente prenderle un piccolo mazzo di fiori.

Mentre ci pensava, finendo di prepararsi prima di passare dal signor Lovato a dargli una mano con gli arrivi della giornata, canticchiando What doesntkill you make you stronger, sentì il cellulare vibrare e rispose alla chiamata.

-       Carmen?

-       Bene, ecco la mia cara amica desaparecida! Ma dove sei finita!? Ti aspettiamo oggi per un giro al parco. Ci sarà anche Riccardo, vedi di non mancare.

Chiara si irrigidì leggermente a quella frase, gironzolando per casa in cerca delle sue converse estive.

-       Carmen, sei sicura sia una buona idea? Non so se abbia voglia di vedermi.

Sentì l’amica sbuffare sonoramente, forse perfino lei che adorava stare in mezzo ai drammi amorosi percepiva la necessità di voltare capitolo e di calmare finalmente le acque.

-       Chiara, ora che lui e Sabrina escono insieme è inevitabile che vi vedrete. Non credi sia ora di andare avanti?

Chiara odiava quando Carmen faceva tanto la voce della verità, soprattutto perché sapeva che aveva ragione. Dopo l’incidente, Sabrina e Riccardo si erano avvicinati notevolmente – Chiara ne aveva ignorato inizialmente il motivo, supponendo solo una grande presa di coraggio da parte dell’amica, che le sembrava aver acquistato una maggiore stima di sé dopo la buona fine dell’anno scolastico - e la settimana precedente, durante un pomeriggio di bellezza di sole ragazze (più Ivan) a casa di Carmen, Sabrina aveva ammesso con un risolino che era successo qualcosa fra di loro: avevano deciso di vedere come sarebbe andato il resto dell’estate, senza impegno. Avevano sgranato gli occhi dall’incredulità, solo Ivan aveva affermato, con aria di chi la sa lunga, che grazie ai consigli che aveva dato a Sabrina era solo una questione di tempo.

-       No…- sbuffò Chiara, allacciandosi le scarpe, - cioè, sì, ma non ora. Mi vergogno ancora troppo. Forse possiamo rimandare alla prossima occasione?

Dal tono di voce con cui esordì l’amica (Chiara, non essere ridicola) era sicura che Carmen stesse per iniziare una delle sue famose orazioni ciceroniane con cui avrebbe potuto convincere anche un sordo (tutti sospettavano che, dopo il liceo, avrebbe intrapreso una carriera da avvocato), per cui dopo qualche secondo ritrattò, roteando gli occhi:

-       Va bene, non iniziare nemmeno. Vengo.

L’ultima cosa che sentì dopo aver chiuso la chiamata fu il ghigno soddisfatto dell’amica che, come sempre, portava a casa il risultato sperato.

**

Il signor Lovato era un ometto gentile e affabile, che le lasciava prendere tutti i libri che voleva fra quelli destinati al macero o troppo malandati per essere esposti (cosa che aveva fatto raddoppiare la biblioteca di Chiara nel giro di un anno), ed anche quel giorno riuscì a portarsi a casa una copia sgualcita delle Argonautiche di Apollonio Rodio, che aveva preso a sfogliare in attesa dei suoi amici al parco. Ne lesse placidamente l’introduzione, maledicendo l’insistenza di Carmen e il caldo di quel pomeriggio, e trovando posto sotto la chioma di un albero, fino a che non fu interrotta da una voce maschile piuttosto familiare.

Alzò di scatto la testa dal libro, scorgendo la sagoma di Riccardo, in pantaloncini estivi e capelli biondi scarmigliati, dall’altro lato dell’aiuola. Non era cambiato molto dall’ultima volta in cui si erano visti, alla cerimonia di premiazione delle migliori medie della scuola, in cui Chiara l’aveva scorto farsi timidamente spazio fra il pubblico e salutarla da lontano. Sembrava solo più alto, più abbronzato e più robusto, come se si fosse allenato duramente tutto quel tempo, o fosse cresciuto d’un colpo durante la notte.

-       Ti disturbo? Avevi l’aria piuttosto assorta- gli sorrise il ragazzo, esitando ad avvicinarsi, come ad aspettare un suo esplicito permesso.

-       Riccardo! Ma no, siediti pure- lo salutò la rossa, cercando di non farsi prendere troppo dall’imbarazzo e spostando la sacca di tela al lato per fargli spazio.

Si ritrovarono seduti l’uno accanto all’altra, in una strana situazione di intimità che ora le stava stretta, mentre ricordava il calore del pomeriggio in cui si erano salutati prima della gita a Vienna, in quello stesso parco, fra la neve e il freddo di marzo. Riccardo iniziò a strappare ciuffi d’erba, evidentemente a disagio.

-       Sei da sola? Sabrina non è ancora arrivata?

Chiara fece segno di no con la testa, continuando a piegare nervosamente le pagine del suo libro, gettando occhiate attorno per vedere se qualcuno dei loro amici fosse in arrivo. Maledisse ancora una volta Carmen e quella sua parlantina, raccogliendosi le gambe al petto.

-       È un po’ di tempo che non ci vediamo, non è vero? - fece Riccardo, con un tono di voce casuale ed innocente che però a Chiara parve carico di uno strano risentimento, - Dal giorno della cerimonia. A proposito, complimenti.

La rossa ringraziò brevemente, prendendo un po’ di coraggio per dire quello che sentiva di voler dire.

-       Mi dispiace per quello che è successo fra di noi- riuscì a far uscir fuori, dopo qualche minuto, - mi sono comportata in modo immaturo.

Sentì Riccardo muoversi leggermente sull’erba, incrociando le gambe per poi rimettersi a sedere contro il tronco dell’albero, come se fosse inquieto.

-       Non devi scusarti, Chiara. È stata anche colpa mia. Ho interpretato male molte cose- sospirò, con lo sguardo oltre il cancello del parco, forse deciso a non guardarla in volto.

-       Lo so, ma se può consolarti, anche io per un momento ho creduto potesse esserci qualcosa. Ti ho illuso, mi dispiace- disse, per la prima volta forse ammettendolo anche a sé stessa.

Quella cotta acerba, quell’amore tenero e fraterno per il suo migliore amico, ora le si rivelava in tutta la sua infondatezza: aveva cercato di trovare un naturale sbocco ai suoi sentimenti ambivalenti verso i ragazzi in lui, alla sua inadeguatezza nei confronti delle amiche sempre perse per qualcuno, forse investendolo già dall’inizio del ruolo di ragazzo perfetto per lei, colui che l’avrebbe tirata fuori alla palude sentimentale in cui si sentiva bloccata. Un ruolo che ora le sembrava così vuoto, così artificiale. Aveva cercato di convincersi che le cose avrebbero potuto funzionare, che con lui le sarebbe potuto battere il cuore, che avrebbe potuto desiderare ardentemente le sue attenzioni, andare oltre agli abbracci sicuri e confortevoli, cercando i suoi baci, le sue carezze, la sua pelle. Al solo pensiero si sentì sciocca, come se si vedesse di fronte una Chiara ragazzina in tutte le sue fantasie illusorie. Lei e Riccardo sarebbero stati perfetti. Perfetti, sì, ma per chi?

Si voltò a guardare Riccardo, mentre ne ascoltava il respiro in quel silenzio assordante. Aveva l’impressione che, come diceva Carmen, si stesse chiudendo un cerchio, stessero entrambi voltando pagina. Non avrebbe immaginato però di provare tanta tristezza, tanta pena verso sé stessa per essersi illusa così a lungo, per essersi gettata alla cieca sul cammino che tutti le indicavano senza ascoltare il tumulto di sentimenti che aveva dentro di lei, e che nascondeva sempre più violentemente. Ferendo, così, qualcuno che l’aveva a cuore, che aveva cercato di essere onesto con lei.

-       Sai, mi sono resa conto che mi sono sempre piaciute le ragazze- disse, quasi come se parlasse a sé stessa, in tono assorto, - Non me n’ero mai resa conto ma c’era sempre qualcosa che mi premeva dentro, quando ascoltavo amiche, compagne di classe parlare di ragazzi, mentre mi chiedevo che cosa c’era che non andasse in me. Le invidiavo perché io non provavo niente.

Chiara prese a strappare fili d’erba e a lanciarli alla rinfusa attorno a lei. I grilli frinivano fra le siepi, il pomeriggio rovente si stava mutando in una fresca serata estiva, mentre le nuvole spiravano verso colori sempre più scuri. Riccardo stava in silenzio, forse aspettando un seguito a quella confessione.

-       Io, non so, credevo che con te sarebbe stato diverso- sorrise amaramente la rossa, - che con te avrei provato qualcosa, perché ti volevo così tanto bene, adoravo passare del tempo con te.

A nessuno dei due sfuggì il fatto che stesse parlando all’imperfetto. L’atmosfera era irreale, ma pesante, come se una cappa si fosse formata su di loro, come se fossero l’occhio di un ciclone.

-       Ma non è stato così- concluse brevemente Riccardo, tirando su col naso.

Chiara scosse la testa, ora aprendosi in un sorriso più dolce.

-       No, perché poi ho incontrato Rob.

Si guardarono per un istante, con la vecchia complicità di amici, come se stessero per scoppiare in una risata ma non ne avessero la forza.

-       Sono contenta che tu stia uscendo con Sabrina- disse alla fine gentilmente Chiara, vedendo che lui annuiva con gli occhi stranamente offuscati.

Riccardo riuscì appena ad asciugarsi una lacrima, mentre Carmen, Sabrina e Ivan avanzavano a grandi falcate verso di loro, salutandoli con allegria, girando per loro la pagina più difficile della loro amicizia.

**

-       E così- disse Roberta, accarezzando delicatamente la schiena di Chiara, lungo distesa accanto a lei sul suo letto, - avete finalmente parlato?

La stanza era illuminata solo dalle luci soffuse di alcune candele, che Chiara aveva deciso bene di comprare come piccola sorpresa per la sua ragazza, sistemando il tutto per creare un’atmosfera morbida e rilassata.

Dopo il pomeriggio al parco con gli amici, era tornata lentamente a casa attraversando il centro, fluttuando come in un sogno, assorta ancora nei pensieri che le aveva suscitato il laconico incontro con Riccardo. Era entrata quasi senza accorgersene in un negozietto pieno di oggetti scintillanti e chincaglierie per la casa, girando attorno a statuette e stecche d’incenso senza fiatare, per poi prendere un pacco di candele lunghe e bianche, al profumo di vaniglia. Prima di svoltare verso la strada di casa, poi, aveva comprato gli ingredienti per una cena semplice ed estiva, pensando che sarebbe stato bello cenare con Roberta in giardino. E così avevano trascorso quell’inaspettata notte in intimità, con la solita musica indie di Roberta, i rumori pigri della strada e le risate dei vicini impegnati in un barbecue. Si erano baciate dolcemente sul divano, lasciando perdere definitivamente l’idea di guardare un film, per approfittare di quel momento da sole.

Ora, distesa sotto le lenzuola, Chiara fece un cenno affermativo per rispondere a Roberta, con gli occhi chiusi, beandosi di quelle attenzioni di cui poteva godere solo raramente, quando erano da sole e sapevano che non sarebbero state interrotte, che non c’era niente da cui proteggersi o nascondersi. Momenti in cui potevano cullarsi a vicenda in un confortevole silenzio, mentre nella casa vuota echeggiavano i rumori degli elettrodomestici in funzione, e una canzone ronzava nelle casse dello stereo del salotto.

-       Sai una cosa? – continuò la riccia, sistemandosi meglio con la testa sulla sua spalla e lasciandole un breve bacio sulla clavicola scoperta.

-       Cosa? – chiese Chiara, aprendo un occhio per scrutarla il volto, per capire da dove venisse quel tono improvvisamente più serio.

Roberta la rassicurò accarezzandola ancora, con un piccolo sorriso.

-       Credo di essere ancora gelosa di lui- arricciò il naso, come al pensiero che Riccardo potesse portarle via la sua ragazza, che potessero ancora esserci dubbi su chi avesse scelto fra i due.

Chiara non poté fare a meno di ridere, guardandola fintamente esasperata. Era così bella, stretta a lei, e le sembrò che fosse cresciuta d’un colpo, che fosse diventata una donna, una meravigliosa donna dagli occhi azzurri e il sorriso sagace. 

-       Sei sempre stata gelosa di lui. Biondo bellimbusto, lo hai chiamato una volta a scuola, o sbaglio? – riuscì a rispondere dopo un po’, distogliendo lo sguardo dalle sue labbra.

Roberta alzò le spalle, come a giustificarsi, facendosi scivolare le lenzuola sulle spalle: - Come potevo sapere che ti piacessi io, e non lui? Ti ronzava attorno tutto il tempo, mentre io ti potevo guardare solo da lontano.

La rossa l’attirò a sé con aria cospiratoria, avvicinandosi al suo orecchio.

-       Già, come potevi immaginare che mi fossi presa una cotta per l’incredibile, bella, talentuosa e affascinante Roberta Della Corte? – alzò un sopracciglio, come a prenderla in giro, attorcigliandosi una ciocca di capelli neri attorno al dito.

Roberta alzò gli occhi divertita (Sei una ruffiana, le disse) lasciandosi baciare dalla sua fidanzata.

-       Non potevo immaginarlo davvero, Chiara- rispose, non appena quella la lasciò libera di parlare. Fece un sorriso timido, piegando la testa, come se non ci credesse ancora che davvero stessero insieme. – Non avrei mai immaginato che pensassi a me come io pensavo a te.

Chiara assottigliò gli occhi, incuriosita.

-       Come pensavi a me, sentiamo?

La riccia non poté fare a meno di arrossire, anche alla luce delle candele il colorito della sua carnagione apparve lievemente più roseo. Si sistemò meglio nel letto, passandosi le mani dietro la testa, stirandosi. Chiara rimase incantata da quel suo gesto.

-       Pensavo che avrei tanto voluto poterti baciare. Certo, eri una tale saccente... Mi sarebbe piaciuto chiuderti la bocca tutte le volte in cui blateravi senza sosta su quanto la Manzi fosse stata ingiusta nella valutazione dell’ultima versione- rise, guardando il soffitto.

Poi si girò verso Chiara, guardandola dritta negli occhi, come ipnotizzata. – E tu, - chiese – che cosa pensavi?

Quella fece finta di pensarci su qualche minuto, prendendole ad accarezzare le braccia, fino ad intrecciare le dita con le sue. Roberta aveva le mani morbide, le venne l’impulso di lasciarvi un bacio. Si rese conto che, fino a quel momento, non era mai riuscita a vivere la vicinanza corporea con qualcuno in modo tanto sereno, tanto naturale. Si sentì anche lei cresciuta, come se avesse lasciato una vecchia pelle per uscirne alleggerita, più a suo agio con ciò che la circondava. Anche la timidezza, quanto al contatto fisico, stava lentamente scemando, lasciando posto ad impulsi che non aveva mai sentito prima, a cui cercava di lasciarsi andare con più autenticità possibile.

-       Io pensavo che tu mi mettessi troppa ansia per sopportare anche solo di avvicinarmi. Tutta quella scena da bad girl, e invece guardati.

Roberta grugnì contrariata. – Dimenticavo che parlo con una gangster di prima categoria, signorina risolvo tutto con un paio di schiaffi.

Chiara le diede una leggera spinta, ridendo e aggiungendo: -Non sono io quella che ti ha mandato in infermeria con un bel colpo in faccia.

 La riccia scosse la testa sorridendo, ricordando quel momento.

-       Credo proprio che da settembre non potremo più frequentare lo stesso corso di kickboxing allora, siamo diventate troppo pericolose.

La rossa non poté impedirsi di pensare Beh, in realtà abbiamo trovato un altro modo per scaricare la tensione, e Roberta dovette leggerle nel pensiero, perché le mollò uno schiaffetto sul braccio sibilando qualcosa che suonava tanto come sei irrecuperabile, per poi trascinarla in un altro lungo bacio.

 

 

  
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