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Autore: coopercroft    26/04/2022    0 recensioni
Un anno dopo la morte dello zio Rudy, Mycroft sente il bisogno di raccontare a Sherlock una dolorosa verità.
Revisionato marzo 2022
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Quando entrarono in auto Sherlock ordinò all'autista, "Brompton Cemetery."

Mycroft gemete, scuotendo la testa. "Perché?" Gli chiese con il volto incupito.

Sherlock non rispose.

Il viaggio fu silenzioso, erano distanti fisicamente, ma condividevano lo stesso angoscioso passato. Mycroft era assente sembrava privo di volontà.

Quando arrivarono, Myc si sprofondò di più sul sedile, ma Sherlock lo spinse giù senza tanti complimenti.

"Avanti, vieni con me."

Mycroft lo seguì brontolando. Agitava il suo amato ombrello, incapace di sottrarsi alla richiesta del minore, ma sapeva dove lo stava portando.

Giunsero alla tomba dello zio Rudy, morto un anno prima. Sei mesi dopo Eurus li aveva devastati con le malvagità di Sherrinford. E lui pagò caro il suo silenzio a tutta la famiglia che aveva cercato di proteggere. Si appoggiò al suo ombrello, sentiva di non avere altro che lo sostenesse.

"Quando è morto, ho continuato la sua follia, mamma e papà non me lo hanno perdonato e forse nemmeno tu." Mycroft non era stabile. Sherlock lo scrutava con apprensione.

"Non ti ho accusato di nulla, ho visto la follia di nostra sorella. I nostri genitori capiranno." Mormorò con dolcezza. "Ora guardalo Myc la causa di tutto il male che abbiamo passato e che ancora ti perseguita."

Gli indicò la lapide con la mano ferma. "Rudy Vernet è sepolto lì. Ed è morto, fratello mio."

Il maggiore degli Holmes tremava, guardò la tomba di marmo spoglia, senza nemmeno l'ombra di un fiore. Orrida e fredda, come era stato in vita zio Rudy. Fremette nauseato, barcollò e Sherlock fu rapido a sostenerlo. Lo tenne al suo fianco.

"È morto Mio, non farà più del male a nessuno." La voce dolce cullava il suo cuore, lo invitava a lasciare il passato.

Mycroft sussultò scosso dal dolore. Tutti quei disgustosi ricordi gli tornavano vividi in mente, una luce oscura lo avvolse e lo fece ritrarre, Sherlock lo tenne stretto aiutandolo ad affrontare i ricordi. La foto del vecchio Rudy sembrava fissarlo impietosa, rammentandogli tutto lo schifo subito.

"Fallo, lascia andare la rabbia e allontana il male che ti ha fatto. Seppelliscilo ora e per sempre Mycroft. Quel bastardo è morto come si meritava, la malattia lo ha divorato pezzo per pezzo."

La voce di Sherlock era affilata come una lama.

La compassione verso suo fratello diventò malessere. Perché lo rivide per quello che era stato: il fratello dolce e comprensivo che rideva divertito alle sue malefatte nella luce della sera a Musgrave. Quando tutto era semplice, e gioioso come la spensieratezza che si ricordava riflessa in quegli occhi grigi che tanto ammirava. Occhi pieni di aspettative e di sogni.

Quel suo amore sconfinato per lui ed Eurus, a cui dedicava la sua infinita pazienza di fratello maggiore. I libri che gli leggeva a notte fonda per farlo addormentare. Le storie di pirati che si inventava per farlo giocare. Come i viaggi in isole misteriose in cerca di tesori nascosti, e mai lui si era sottratto portandolo sulle spalle fino al fiume che era il loro mondo fantastico. Mentre Eurus trotterellava al loro fianco ancora priva della pazzia che l'avrebbe tormentata. La loro amicizia fraterna era spendente, piena di sole, difficile da scardinare, ma lo zio Rudy c'era riuscito, gli aveva strappato il fratello amorevole che era stato. Myc cambiò e divenne il Mycroft che non riusciva ad amare.

Odiò Rudy con tutto sé stesso. Ora sentiva di doverlo proteggere, lui era il maggiore, lui l'adulto come aveva detto mamma. Lui il suo sostegno.

Mycroft lasciò cadere l'ombrello che rimbalzò nella ghiaia, inerte. Le lacrime gli rigavano il viso, ma non emetteva nessun lamento.

Sherlock gli accarezzò la spalla, fino al collo dove tenne la sua mano ferma calda e rassicurante. Mycroft imparava ad accettare il suo contatto. Prese lentamente a singhiozzare.

Urlò la sua disperazione, maledì il vecchio Rudy, portò le mani sul volto chiudendo gli occhi, sussultò scosso dai gemiti. Un pianto liberatorio, trattenuto da quel giorno, quando giovane e impreparato, quelle mani luride lo avevano violato.

Sherlock gli fu vicino, Myc trasalì rendendosi conto del suo contatto. Nessuno da tempo lo poteva toccare, nessuno poteva sfiorarlo. Sherlock lo sapeva, piano lo attirò a sé, lo strinse forte.

"Non c'è nulla di sporco in te, Myc." Il maggiore si abbandonò al suo affetto, voleva vivere, assorbire il calore della sua mano, che non fosse solo tormento e prevaricazione, o carezze sudice...

Si lasciò abbracciare. La stretta del fratello era avvolgente gli scaldò l'anima e il cuore, quello che tutti credevano fosse di ghiaccio, che prese a battere regolare.

"Ti voglio bene Myc. Così come sei. Rammentalo sempre." Le udì appena, le parole di quel fratello che aveva protetto per tutta la vita, e ora gli rendeva l'amore che desiderava. Era diventato un fratello premuroso, lo era anche grazie alla sua costanza che lo aveva salvato dallo zio.

"Hai la vita davanti, guardati intorno Mio. Qualcuno che ti vuole bene c'è. Ed è sempre stata li." Sussurrò all'orecchio del fratello maggiore.

Lui sollevò le sopracciglia, dubbioso.

Sherlock lo sbirciò sornione, ora sorrideva. Gli allungò il fazzoletto. E fece un breve elenco.

"Che ti segue costantemente senza replicare. Che è sempre al tuo fianco silenziosa. Che ti sostiene quando sei stanco. Che accetta il tuo umore instabile."

Mycroft allargò le braccia sorridendo. Si asciugò gli occhi. "Anthea ha bisogno di un uomo." Affermò convinto.

"Lo sei, nonostante gli abusi che hai subito. Diglielo Mio, digli cosa ti è successo, lei ti ama da sempre. Capirà, ma forse ha già intuito tutto, sapendo del tuo rapporto difficile con lo zio."

Mycroft scosse la testa. "Non è così facile." Mormorò.

"Concediti l'amore. Non sei diverso dagli altri." Sorrise, scuotendo la testa riccia. Ora erano uno di fronte all'altro.

Mycroft si chinò a riprendere il suo ombrello. Lo puntò nella ghiaia e ci si appoggiò.

Eccolo che ritornava il Mycroft che, in fondo, aveva accettato di amare. Quello che era costantemente al suo fianco. Sherlock sorrise benevolo.

Il maggiore lo guardò dritto negli occhi, inclinando la testa di lato come era solito fare quando lo canzonava, in un angolo del suo cuore si era fatto strada il rispetto di Sherlock.

"Tu l'hai sempre saputo di Anthea, ero io che non vedevo nulla. Hai ragione, non voglio sentirmi più solo. Devo recuperare quello che mi è stato tolto."

"È per quello che non ti ho sparato a Sherrinford. Come avrei potuto diventare zio?"

"Non stai correndo un po' troppo fratellino" Risero insieme, come non facevano da tempo.

Mycroft si aggiustò la giacca, si strinse la cravatta. Sherlock gli sistemò il colletto della camicia.

"Non ti allargare troppo, potrei abituarmi alle tue cure." Sherlock alzò le mani in segno di resa.

"Ti rendo presentabile, hai un reputazione da sostenere." Scosse la testa divertito.

Si lasciarono alle spalle quella pietra tombale squallida, che liquidava per sempre quell'uomo ambiguo che era stato l'artefice del loro allontanamento.

La ghiaia scricchiolava sotto i loro piedi. Il cimitero sembrò improvvisamente meno lugubre. Mycroft si schiarì la voce, era sereno. Come non lo era stato da tempo.

Girò la testa per guardare meglio il fratello, i capelli ricci, le mani affondate nel Belfast nero, il volto luminoso. Sembra sempre lo stesso bambino curioso, anche se ora era diventato più responsabile. Pensò all'intrusione della notte prima. Avrebbe preso dei provvedimenti seri ed efficaci per tenerlo al sicuro. Infondo lo aveva sempre fatto.

"Che dici se la invito fuori a cena? Pensi che accetterà?"

Fece un largo sorriso malizioso, tornando a guardare il sentiero. Si stava liberando del fardello pesante che aveva portato, mentre una nebbia sottile offuscava per sempre i ricordi degli abusi subiti.

"No, fratello, sarà felice vedrai." Lo prese sotto braccio e lo portò verso la berlina nera.

"Ah, lascia che mi occupi io di Graham, dammi fiducia Myc." L'uomo della governance strinse le labbra sottili.

"Va bene, ma tanto sai che ci sarò. Diciamo che tutelo la tua famiglia acquisita."

Sherlock sorrise consapevole che Mycroft era Mycroft, sempre e comunque. E stavolta lo accettò senza ribattere.

Arrivarono verso Baker Street dove videro Anthea in piedi sulla porta che li aspettava. Il cellulare nelle mani. Le aveva mandato dieci sms.

Si guardarono con complicità e ridacchiarono.

"Dove poteva essere se non qui, la tua Anthea?" Sherlock gli batté la mano sul ginocchio. "Vieni a trovarci spesso, sai che hai una nipote che ti ama da quando ha adocchiato il tuo costoso orologio."

Un luccichio comparve negli occhi azzurri di Sherlock compiaciuto dalla sua famiglia allargata.

"Lo farò, e tu non metterti nei guai. Lasciami portare a cena Antea prima."

Scesero insieme. Mycroft lo raggiunse dal lato opposto. Si fermò, lì nel mezzo del marciapiede, lo guardò dritto in volto. "Posso Lockie? Me lo concedi?"

Sherlock annuì.

Mycroft lo abbracciò come se non volesse più lasciarlo, lui lo ricambiò. Rimasero stretti, con tutto ciò che era rimasto di loro dopo burrasche e tempeste, due respiri vicini, che divennero uno solo.

Anthea li vide e quasi le sfuggì il cellulare dalle mani, gli occhi le divennero lucidi. Era da molto che desiderava la loro vicinanza. Conosceva il dolore di Myc, per l'allontanamento di Sherlock, lo aveva percepito, così come il rapporto difficile con lo zio Rudy.

Spesso Mycroft evitava di parlarne e cambiava in volto. Era accaduto qualcosa, in passato ma lei era paziente e aspettava che fosse lui a parlarne.

Ora forse aveva trovato la pace.

Mycroft si allontanò, il fratello minore lo osservò camminare con aria leggera.

Ora dovevano solo andare avanti, la strada era aperta.

Mycroft si voltò, sollevò la mano nell'aria fresca della sera, e lo salutò. Si avviò con passo deciso dondolando il suo ombrello di marca. Le spalle diritte, lo sguardo sereno. Raggiunse Anthea, felice di rivederla, lo stupore che vide sul suo volto lo fece commuovere.

"Sto bene, non mi hanno rapito." Ridacchiò, lei si ricompose rapidamente.

Lui si fece coraggio. "Vorrei rimanere con te stasera. Ho qualcosa da raccontarti, se vuoi naturalmente."

Anthea annuì incapace di rispondere era senza parole. Salirono in auto. Lei lo studiava, la testa appena abbassata, la mano abbandonata sul sedile. Mycroft allungò la sua e le sfiorò le dita.

"Va tutto bene Andrea." L'aveva chiamata con il suo vero nome. Il suo turbamento fu totale, anche se aspettava da tempo quel segno di affetto.

Mycroft tornò a fissare la strada, la fronte distesa, un sorriso garbato sulle labbra sottili.

Era morto zio Rudy! Sepolto per sempre. Non lo avrebbe più toccato.

Non avrebbe più fatto del male a nessuno.

Nessuno a cui lui volesse bene.

Mai più.

 

   
 
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