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Autore: ClodiaSpirit_    28/04/2022    0 recensioni
[Un Professore]
[Un Professore]« Simone, significa che si sta nudi, senza vestiti l'uno di fronte all'altro »
Sì, mi sto tuffando nell'esperienza più imbarazzante della mia vita per un tuo capriccio. Ma andrà bene.
- - -
Che succederebbe se Simone e Manuel non si conoscessero?
Non hanno mai fatto lo stesso liceo, nè hanno avuto Dante come professore, le loro vite sono separate nella stessa città. Le vite separate ma uno sempre con l'amore per la matematica, l'altro per la filosofia.
E se Simone e Manuel, per caso, avessero l'occasione di partecipare a un'esperimento sociale in cui la fiducia è l'elemento centrale, per cancellare l'imbarazzo?
Cosa succede se due sconosciuti, si confrontano e decidono di mettersi a nudo, in tutti i sensi possibili che il caso può offire?
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Simone stava facendo pausa fuori dalla facoltà di medicina, ascoltando la conversazione di qualche studente, del suo stesso corso. Stavano discutendo sull'incapacità di un professore a spiegare bene alcuni argomenti. Quella mattina, c'era fermento per tutto il polo, visto che era nata la prima associazione per la votazione dei capi corso e dei ragazzi erano appostati lungo ogni angolo dell'edificio, a distribuire volantini con tutte le informazioni. Simone non aveva granché voglia di andare a votare. Uno, non lo interessava quella politica che millantava parole e poi non prometteva, ormai da circa tre anni, si era abituato a quelle modalità. E due, non aveva voglia di fare la fila, lunga da almeno un'ora, davanti a un'aula striminzita con almeno un centinaio di posti, per più di cento persone votanti. La gente si ammucchiava in gregge per eleggere qualcuno che non conosceva e solo per suggerimento di colleghi o per favori di amici che frequentavano i corsi.
Simone avrebbe preferito di gran lunga ritirarsi in biblioteca e cercare di essere produttivo, almeno lì.
Dopo aver ascoltato l'ennesima lamentela, gettò via il torsolo della mela che aveva appena finito di mangiare, dentro il bidone dell'umido. Si disinfettò le mani, dopo essere andato al bagno. Con la tracolla universitaria che gli ricadeva su una spalla, decise infine e davvero di impiegare quelle due orette di pausa, per studiare dal suo libro di Genetica medica.
Mancava sempre meno all'esame e tra appunti e capitoli, aveva soltanto fatto metà programma.

Smettila avanti, lo sappiamo tutti che prenderai un voto più che decente.

E poi se fosse riuscito a riprendere sul manuale di testo, avrebbe potuto scrivere a Manuel.

Prevedibile.

La verità è che ripensava ancora al bacio di due sere fa. Ed era stato abbastanza fiero di averlo fatto, perchè lo sentiva. Simone si era trovato l'altro così, in stato vulnerabile, sul divano di casa e aveva pensato che non avrebbe trovato un occasione più giusta di quella.
Simone sospirò, trattenendo la vocina in testa che gli sussurrava come un mantra il nome di Manuel nella testa, lo scontrarsi delle loro labbra e i respiri affannati. La testa proiettava quelle immagini da un po' e ci sarebbe davvero voluta una distrazione efficace, per far smettere Simone di pensarci. Immerso tra quei pensieri, le sue gambe si mossero e in modo quasi istantaneo, gli occhi gli finirono su una macchina parcheggiata fuori, una volta affacciatosi fuori dall'edificio, per aggiungere la biblioteca degli studenti. Fermo sulla rampa, sgranò gli occhi.

Non può essere.

Il modello della macchina era quello. Era nera. Il guidatore non era dentro la vettura però. Simone rimase fermo, nascondendosi in un anfratto di spazio, dietro una delle colonne su cui reggeva il porticato del polo.

Simone è tutta suggestione.

In più quel giovedì, lui aveva una conferenza fuori città. C'era questo nuovo scrittore che promuoveva il suo libro a Roma, e Manuel era così entusiasta di andarci. Si era preso anche due ore libere da scuola.

« Cos'è non se saluta più? »

Non ci credo.

Stava sorridendo da lontano, verso di lui.
Manuel si palesò a pochi metri, Simone se lo vide spuntare da dietro il porta bagagli della vettura e gli stava andando in contro.
Indossava una giacchetta, una camicia a righe sul viola, con sopra un maglione bianco latte, aveva anche cambiato scarpe. Di solito indossava delle scarpe da ginnastica, per come era abituato a vederlo. Invece, ora aveva degli scarponi sportivi, neri.
Sembrava un vero professore uscito dall'aula, vestito in quel modo.

« Manuel, che ci fai tu qui? » chiese sorpreso.

« Passavo da queste parti e ho pensato ora faccio un salto e vado a salutare Simone »

Passavo da queste parti. E io dovrei crederci?

« Non avevi quella promozione del libro te? »

Simone sorrise, suo malgrado. Avrebbe voluto risultare meno palese, ma non riusciva a contenersi.
Manuel scrollò le spalle, le mani infilate nel giubbetto.

« Ce l'ho, » allungò la furbizia « ma non me va di andare da solo. Che dici, vieni con me Simò? »

Ah.

Manuel uscì le chiavi, facendole penzolare davanti a lui. Il tintinnio luccicò davanti agli occhi di Simone.

« Ho alternativa? » sbuffò, fintamente offeso.

Manuel afferrò le chiavi chiudendole nel palmo della mano destra.

« Se hai altro da fare, non fa niente » dondolò in avanti, sbilanciando il peso del corpo.

« Lo sai vero, che avrei un esame da dare tra meno di un mese? »

Manuel mise le mani in avanti, poi fece qualche passo in avanti.
Ora c'era solo una linea di asfalto a separarli, qualche studente camminava con i libri stretti al petto, qualcun'altro era appoggiato al muretto in fondo, a consumare uno snack.

« Da quello che ricordo, il giovedì hai due ore di pausa. Poi devi ritornare per la lezione di chimica organica di altre due ore e poi, » mormorò, Manuel fece un altro passo e annullò la distanza « te ne torni tranquillo a casa per studiare »

Simone incurvò le labbra, guardò da un'altra parte, evitandosi di morirgli davanti. Sapeva ormai quasi tutta la sua routine. In sole poche settimane, si stava aprendo del tutto con Manuel. L'idea che si ricordasse quelle piccole cose, lo faceva davvero sussultare come un'idiota.

« Sì, è corretto »

« E quindi, avresti comunque un po' di tempo libero da ammazzare »

La mano di Simone si mosse in un rapido gesto, si posò sul dorso della mano di Manuel, e si voltava a guardarlo. Quel giorno aveva due fuocherelli al posto degli occhi.

Mannaggia a te.

« Se non ho proprio altra scelta, » soffiò Simone fuori « accetto »

Manuel rise, guardandolo divertito.

« Sembra che me stai a fa' un favore, Simon-»

« No, il favore lo stai facendo tu a me, » Simone lo tirò per il colletto del giubbetto di pelle, Manuel gli fissò le labbra « non sarei riuscito comunque a fare granché » sussurrò infine su quelle.

« Mh, quindi me stai dicendo che ti sto salvando? »

Simone piroettò con lo sguardo, giocò un po'.

« Forse »

Simone gli baciò la punta del naso e poi si diresse verso la macchina parcheggiata davanti al polo. Svettava quasi al centro, se non fosse stato per le ruote che si inclinavano da una parte.
Il ragazzo alto si girò di poco su se stesso, finendo per camminare all'indietro.

« E comunque se volevi fare un entrata ad affetto, ti conveniva l'angolo dietro al polo, l'entrata è lì e ci passano un mucchio di studenti »

Manuel lo seguì, la mano che si ancorava alla tessuto del cardigan di Simone. Le braccia finivano dietro i suoi fianchi, e li pizzicavano. Gli sfiorò l'orecchio con la bocca.

« Peccato che a me degli altri studenti, non interessa »

Sei davvero troppo.

Simone gli rubò un bacio sulla guancia.

« Beh i tuoi gusti me li hai ben descritti due sere fa, no? »

Manuel strofinò il naso sopra la spalla di Simone, la barba lo punse sul viso, aveva il respiro caldo. Chiuse gli occhi inalando quell'odore ormai famigliare: menta.

Non può fare così. Non si fa così Manuel.

« Sì, alti, con i capelli mori, gli occhi grandi, con la fissa per la perfezione, » cominciò a elencare « arrossiscono come peperoni, amano la matematica, hanno la tendenza a prendersi troppo cura degli altri...»

« Sembro tremendo descritto così » ridacchiò Simone.

Poi sfuggì alla presa di Manuel, girando attorno alla macchina, aprì lo sportello accanto al conducente.
Manuel aprì dal lato del guidatore, la cintura di sicurezza gli attraverso il petto magro e si posizionò al volante.

« Quindi, me lo fai un riassunto di questo autore? Almeno così arrivo preparato »

Simone si sporse e una volta messa la sicurezza attorno, osservò il resto delle persone fuori dall'autovettura. Qualcuno li guardava. Guardano Manuel, non me. La vocina nella sua testa parlò: guardano entrambi. Manuel sistemava lo specchietto retrovisore.

« Vuoi fatta 'na sintesi o preferisci la versione estesa? »

Simone gli diede una gomitata sul fianco, Manuel rise gioioso.
Inserì le chiavi nel quadro e avviò il motore.

« Dai, Manuel, te pare che vado a un incontro di uno scrittore e non so niente. Vai di riassunto, se possibile »

Manuel fece retromarcia e immaginandosi il viso scocciato di Simone, disse soltanto una cosa prima di partire.

« Rovini tutto l'effetto sorpresa così »

 

 

 

- -

 

 

 

« Allora, come ti è sembrato? »

Manuel camminava e teneva stretto il libro al petto, ogni tanto accarezzava la copertina e il titolo. Simone, gli stava affianco, le mani erano poggiate sulla tracolla dell'università.

« Mi è piaciuto molto il discorso che ha fatto sulla fiducia, » puntualizzò Simone
« c'era qualcosa di molto moderno, anche nei suoi occhiali da vecchio »

Manuel aggrottò la fronte, e Simone rise vedendolo così serio. « No dai, interessante » guardò la strada davanti a loro, c'era ancora un po' di fila e l'autore ora, usciva per fare autografi anche a chi non aveva partecipato alla conferenza.

« Ha pubblicato altre cose, ma chissà perché sta arrivando solo ora alle persone » Manuel infilò il libro dentro il piccolo borsone di pelle, con attenzione « mi piace molto il suo stile, è viscerale »

Simone annuì.

« Poi mi presterai il libro e ti saprò dire » Simone frugò dentro la tracolla, uscendo un pacco di sigarette, l'accendino giallo limone diventò il protagonista delle attenzioni del più basso.

« Non pensavo fumassi » indicò il pacchetto.

Simone aveva già la sigaretta sul bordo delle labbra, una delle dita che riportavano due anelli d'acciaio, la teneva per metà sulla punta. La prima cosa che fece fu offrirgliene una. Manuel accettò quasi subito.

« Cos'è, uno studente modello non può fumare? » lo prese in giro.

Manuel si limitò a guardarlo curioso, fece un rumore con la bocca.

« Ormai ce dovrei esserci abituato » si passò una mano sui ricci, Simone avvicinava l'accendino al viso dell'altro, la fiamma vicino al tabacco si incendiò un po', accendendo la sigaretta che Manuel si era portato all'angolo della bocca.

« A cosa? »

Manuel avvicinò la punta a quella di Simone, accendendo il tabacco.

« Al tuo stupirmi ogni volta » mormorò.

Oh.

La vampata di fumo uscì piano, oscurando per un attimo la vista di Simone, il quale dovette concedersi qualche secondo, così vicino al viso dell'altro, avvolti in una nuvoletta. Manuel lo guardava ancora, con quei due continui fuocherelli. E in mezzo al fumo, quelli annebbiarono il pensiero di Simone doppiamente.

« Beh, in ogni caso, è bello sapere che esistono ancora delle persone che abbattano certi pregiudizi » cambiò discorso, tornando a guardare la strada davanti a loro.

« Sai la passione per la scrittura, mi è venuta pure grazie a lui »

Manuel aspirò il fumo e lo rigettò nell'aria. Simone ascoltava attento. « In realtà tempo fa avevo un mezzo affare con una casa editrice, per pubblicare qualcuna delle mie cose, » si fissò una mano « ma poi alla fine non se ne è fatto nulla »

« Perché? »

Manuel scrollò le spalle piccole, dentro al giubbetto di pelle.

« Forse non era roba così allettante da essere pubblicata »

Simone storse un po' il naso, il tabacco gli scendeva sul palato e veniva buttato fuori.

« Non c'hai più provato, quindi? » Simone si passò una mano, quella libera, dietro la nuca « Non hai provato più a farle pubblicare? »

Manuel oscillò con la testa.

« No, Simò, poi è arrivata la proposta di insegnare al liceo, e l'ho colta al volo. Era più seria come cosa, e non campata in aria come una serie di poesie e pensieri sconnessi »

Simone annuì, scalciando un piccolo tappo ammaccato di bottiglia, lì, in mezzo all'asfalto.

« Hai sempre voluto fare il professore? »

« Sì e no » rise, tra un altro boccone di fumo, « in realtà non c'avevo proprio voglia de studiare da ragazzo. Mi descriverei così: 'ma testa calda. Ho ripetuto il quarto liceo due volte, e ci mancava me rimandassero pure al quinto »

Simone alzò un sopracciglio.

« Eri il bulletto della classe, immagino »

Manuel lo guardò, il sorrisetto furbo e intelligente che spuntava subito dopo.

« Non proprio, ma attaccavo briga facilmente. Quello sì. »

Poi afferrò il telefono e guardò l'orario, si strinse nelle labbra e terminò l'ultima boccata di fumo, della sua sigaretta. « È ancora presto, ma se vuoi che te riaccompagno in facoltà, quando vuoi, ci possiamo partire »

Simone gli fermò il polso, in un gesto repentino.

« Il professore di organica arriva sempre con una ventina di minuti di ritardo, » mormorò, fissandogli le nocche. « non c'è problema, non ho fretta, possiamo restare ancora un po' »

Manuel sorrise, incontrando gli occhi di Simone che gli fissavano le dita. Poi li rialzò e trovò le sue guance un po' più colorite.
Annuì, senza fare nessun commento.

« Quindi, stavamo parlando della tua propensione alla filosofia » riprese, artigliando di nuovo sul piccolo involucro di tabacco.

« Sì, ecco, » Manuel calpestò il mozzicone con la scarpa « per quella devo ringraziare la mia professoressa del liceo. M'ha detto che potevo scegliere se rimanere incazzato col mondo per il resto dei miei giorni, » sospirò « o se potevo scegliere di impegnarmi, non prendere sempre quel sei di rito e capire che in realtà a me piaceva la materia. Ero una frana un po' in tutte, soprattutto in- »

« Matematica »

Manuel annuì divertito.

« Soprattutto in quella. Tra la sfilza di voti indecenti e risposte ringhiate ai professori, la filosofia me riempiva i pomeriggi. Ho cominciato a capire la chiave del pensiero di molti autori. E mi sono reso conto, che la mia prof aveva ragione, » Manuel si interessò a una piccola aiuola, vicino a una casa in costruzione, all'angolo della strada « il tempo per addrizzare la mira, c'è sempre. Basta solo volerlo e non prendere cattive strade »

« È un bel pensiero »

« E poi così ho smesso anche de fà impazzire mia madre »

Parla sempre di lei, eppure non nomina mai suo padre. Chiediglielo. Ma saranno cazzi suoi? Simone è una conoscenza, ci sta tutto. Non mi va di essere invadente. Non lo sei, perché è una conversazione sana. Evitò però di farlo.

« Chissà quanto sarebbe contento mio padre di sapere che frequento un suo collega luminare » sorrise, prendendo l'ultima boccata dalla sigaretta.

« Mi sembra di capire che non andate molto d'accordo, Simò »

Simone fece un cenno nervoso, buttò la sigaretta di lato.

« Diciamo che è stato difficile recuperare il rapporto, non c'è stato per metà della mia vita. Dopo i i miei dieci anni, i miei si sono separati, » agganciò l'attenzione sul mozzicone ormai a terra « diciamo che non è stato il migliore dei padri ecco. Mia madre ha sofferto e io ho sofferto per entrambe le cose »

« Deve essere brutto quando i tuoi genitori non vanno più d'accordo »

« A mio padre non è mai stato un uomo a cui piace avere solo una donna. » Simone storse il naso, la lingua si inumidì il labbro superiore « Abbiamo recuperato da poco, o almeno lui ha costruito quello che non ha potuto anni prima. Ha messo la testa apposto, adesso »

Manuel annuì. Osservò Simone: aveva le mani giunte, intente a strofinarsi l'una con l'altra. Quel ragazzo doveva averne passate tante, nella vita, a giudicare da come non riusciva a guardarlo in quel momento.

« L'importante è aver ricucito però, no? »

Simone si voltò, annuì convinto. Dante era stato un padre che aveva fatto di tutto per ripristinare il loro rapporto in quegli anni e glielo riconosceva. Solo dai suoi sedici anni in poi, aveva insistito per esserci a tutti i costi, dopo sei anni di distanza. Era un uomo buono, e ci teneva a lui. Anche ficcando il naso dove non doveva a volte, per la sua protezione istintiva, ma teneva a suo figlio. Chiedigli del suo.

Simone spezzò il silenzio.

« E tuo padre, lui che cosa ha detto di questa tua scelta? »

A giudicare dall'espressione che fece Manuel, Simone aveva toccato un tasto rotto. Lo sapevo non dovevo.

« Mio padre non c'è da quando avevo un anno »

I suoi occhi si fecero un po' distanti, come una bruciatura ancora vivida e di cui non si era ancora formata la crosta.

« Mi dispiace »

E fu sincero. Nessuno meritava una cosa del genere, soprattutto Manuel.

« Non mi piace parlarne perché non me piace che le persone provino pietà o compassione. Sono cose che non digerisco bene, preferisco l'indifferenza, è rapida e meno falsa. »

« Non sto provando nessuna delle due, » Simone portò le mani in avanti, inchiodandolo con quei grandi occhi castani e profondi « se proprio vuoi saperlo »

Manuel scambiò la pelle, in quel preciso istante, scontrandosi dentro le pozze aperte e piene di ascolto di Simone.

« Non c'è molto da dire, » Manuel si aggiustò uno dei ricci cadenti davanti alla fronte « mia madre è rimasta incinta da una relazione che pensava fosse solida. Ma gli uomini si sa, so' dei mostri. E come i peggio mostri, te riempiono de incubi. E dopo sono nato io. Dopo un anno e mezzo, come uomo non ha retto a quella responsabilità e se ne è andato. Mia madre piangeva, ha pianto per i primi tempi. Immagino sia stato meglio così, » deglutì « non avendolo conosciuto, non ho avuto modo di soffrirne. M'ha risparmiato quando meno la tragedia di non saper fare il genitore »

Simone gli fu più vicino, fece scivolare la mano lungo la sua. Prima la sfiorò e poi la strinse, in un gesto premuroso. Si sentiva in dovere di fare qualcosa, anche la più piccola perchè Manuel poteva sembrare tranquillo, ma la verità è che la voce gli era già sfumata, spegnendosi appena. Le loro dita erano intrecciate. Era la prima volta che Simone gliele prendeva, dopo il bacio quella sera a casa sua.

« Penso che tua madre abbia fatto un ottimo lavoro, » Simone si orientò sul marciapiede, evitando ancora di farli camminare per strada, senza lasciare mai la mano di Manuel « che tu sia cresciuto da solo o no, sei una persona che sa il fatto suo, Manuel. Se questo non ti ha posto ostacoli, non lo farà più nient'altro »

Ad un tratto Manuel si fermò e di conseguenza, quello fece smettere di camminare anche il ragazzo più alto. Portava un foulard color terra bruciata attorno al dolcevita beige, la tracolla nera gli fasciava la spalla sinistra. Si ritrovò a guardarlo, puro e senza ricamarci tanto intorno.

« Che c'è? »

Manuel gli mise due dita sotto al mento, lo avvicinò piano.

« Te l'ho mai detto quanto sei dolce, Simò? » sussurrò con voce bassa.

« No, nell'elenco questo non c'era ancora » ridacchiò.

« Bene, lo aggiungo adesso, così la lista si allunga »

Manuel lo baciò subito dopo, tirandolo di poco contro il suo viso, mentre il cuore di Simone faceva un piccolo carpiato all'indietro dentro al petto.

 

 

- -

 

 

Correre non gli era mai piaciuto. E stava correndo, nel buio, in una strada landa e desolata. Sudore, sulle mani, sudore sulla sua fronte. Pioggia.
Cadeva incontrollata dal cielo.
La prima cosa che Simone fece, fu portarsi il cappuccio della felpa a coprirsi la testa. Ritirandosi sotto il portico di una casa, era rimasto bloccato durante quella passeggiata pomeridiana. Se solo avesse trovato campo col cellulare, si sarebbe fatto venire a prendere. Si portò una mano al viso, sentendo la pioggia pietrificarsi sulla pelle.
Simone storse il viso. Era come se la pioggia non fosse normalmente liquida. Guardò le sue dita: blu.
Blu ovunque.
Simone si toccò il cappuccio sopra la sua testa : rosso vivace. La pioggia si era fatta pittura, e lui ne era ricoperto, interamente.

Simone si svegliò di colpo, toccandosi il volto di conseguenza. Nulla, la sua mano era pulita.

Cosa avrà voluto dire?

Di solito andava a cercare il significato dei sogni su internet, riscontrando in modo abbastanza curioso e simpatico, le più improbabili interpretazioni. O forse, il troppo studio gli aveva dato alla testa. L'esame era domani e aveva passato i successivi cinque giorni a ripetere come un matto. L'ansia era ormai diventata la sua stretta amica di letto. In tutto quello, Manuel era ancora presente e non lo aveva ancora allontanato.

L'insicurezza no Simone. Respira. Avrà anche le sue cose a cui pensare. E in più, ti capisce. E questa è una buona cosa.

Il display del cellulare sulla colonnetta del comodino, si illuminò, in mezzo alla penombra della stanza.

Manuel

02: 00 a.m

"Buona fortuna Simone,
e ricorda di respirare"

La sua famosa insonnia. Simone sorrise, la luce gli accecava gli occhioni, ma in quel momento non gli dava per niente fastidio.
Avrebbe voluto scrivergli qualcosa, ma effettivamente a quell'ora di notte, l'unica cosa che gli uscì fuori - oltre il continuo fissare quelle lettere del messaggio una dietro l'altra - fu una risposta piccola.

"Grazie
E tu cerca di dormire."

In realtà Simone ringraziava di aver ricevuto quel regalo. Che fosse per puro caso o semplicemente perché aveva deciso di buttarsi senza calcolare tutto, la caduta, le possibili percentuali di sbaglio e gli effetti collaterali, dopo tre anni della sua vita, ringraziava.
Poggiò il cellulare sulla colonnetta, ma la lucetta riprese a lampeggiare di nuovo. Altro messaggio da Manuel:

02:02 a.m

"Ci provo, superuomo

Buonanotte. "

Forse la pioggia di pittura è Manuel e io sono stato colpito in pieno.
Forse esagero.

Simone scosse la testa, zittendo se stesso.

Forse e dico forse, posso essere felice anch'io dopo tanto tempo.

 

- -

 

Tre settimane e due giorni dopo l'incontro all'esperimento. Simone e Manuel continuano a sentirsi e vedersi.

 

« E festeggiamo sto 28, Simò! » gli urlò via telefono Manuel, accompagnato da uno scroscio di mani battenti.

Simone stava pulendo camera, sentendolo dal vivavoce.

« Sono rimasto sorpreso anch'io, diciamo che non mi ero preparato chissà quanto »

Uno schiocco di lingua irritato, un sospiro evidente.

« Simone, non sei credibile, fattelo dì,» mormorò Manuel dal capo del telefono « era ovvio andasse bene. Sei 'no scienziato di studente! »

Simone rise, passando la pezza sopra la sua libreria, spostando qualche libro per qualche secondo.

« Carina questa, comico »

« Dico sul serio, festeggiamolo, » continuò, ignorando il commento precedente « dopo giorni di pena, hai bisogno di svagarti un po'. E poi è anche un modo per vederci. »

Simone annuì, restringendo le labbra. Ha ragione. Sei diventato anche più bianco come conseguenza per non essere uscito di casa da giorni.

« Che ti andrebbe di fare? »

Stare con te.

« Qualsiasi cosa va bene, non ho grandi pretese » minimizzò, portando la pezza alla bacinella sulla scrivania. La immerse e la strizzò.

« Va bene allora ci penso io, » sussurrò basso « domani sera vieni da me e ordiniamo qualcosa da asporto, una cosa senza impegno e rilassante »

Una serata a casa sua. Di domenica. Un'intera serata a casa sua, come quella sera. « Hai qualche richiesta speciale? »

Simone si sentì male soltanto al pensiero che fece poco dopo quella stessa domanda. La testa si illuminò subito su una sola cosa.

Penserà che tu sia un pervertito.

Simone scosse subito la testa, mordendosi le labbra. Ma perché doveva complicarsi sempre tutto?
Il ragazzo alto poi sentì un'altra vocina dentro, tentatrice e furtiva e in antitesi con quella di poco prima.

Simone hai 23 anni, se non lo sfrutti ora questo corpo che ti ritrovi, arrivi a sessant'anni come un discepolo tardivo, con la pelle cadente. Un discepolo che ha scelto la castità e quelle balle lì, invece che il piacere della carne.

Anima, anima!

Simone strizzò gli occhi, era assurdo, non poteva evitarsi tutte quelle possibilità che tra parentesi, lo confondevano solo di più?

« Mi andrebbe una pizza, e un paio di birre. Una serata tranquilla, magari si guarda qualcosa... » sospirò, grattandosi la testa.

« Okay. Aggiungiamoci anche un'altra cosa, te faccio una proposta io, ora, se ti va »

« Spara Manuel »

« Ti avevo detto che avrei voluto tanto mi facessi un altro ritratto, » Manuel articolò in modo così lento, che Simone ebbe paura di avere una sincope da un momento all'altro « te scoccerebbe se te facessi trovare il materiale, per domani? »

Oh.

« Va bene per me, ma non ti prometto che verrà come il primo che ti ho fatto »

Un sospiro profondo dal telefono.

« Me lo prendo lo stesso, anche se dubito farà schifo, l'importante è che sia tu a farlo »

Quel cazzo di tono sembra zucchero filato.
Ma si può, ma posso io essere così sottone.
Manuel, dammi tregua.

« Sono stato appena battezzato come il nuovo Picasso. Forse dovrei cambiare il mio nome in Picasso Balestra, uh? Suona tanto male? »

Manuel scoppiò a ridere. Simone seguì, la pezza rimase a naufragare, abbandonata dentro la bacinella rossa sulla scrivania.

« Se io so' il comico, tu sei l'artista incompreso facciamo così, Simone »

E io sono anche quello sotto tremila treni.

« Verso che ora devo venire? »

« Facciamo che ti fai trovare alle sette, così scegliamo le pizze, sperando che non te piaccia né la diavola o la margherita, quelle sono pizze inutili »

Simone schioccò la lingua, preferendo fare una finta grazie a una cosa chiamata "silenzio di tomba".

« Simone ce sei ancora, sì?» la preoccupazione nella voce.

« Quindi se mi piacesse una delle due, sono tipo bandito dal tuo appartamento, no? Mi stai dicendo questo. »

« No, bandito no... ma sarebbe un po' 'na delusione. Gusti inclusi. » la voce di Manuel suonò come un grugnito.

Simone si evitò di scoppiare a ridere. « Ovviamente te farei entrare lo stesso eh, solo insomma sarebbe un po' come fare crollare un po' di punti accumulati »

« Ma alla fine che premio si vince? » lo stuzzicò Simone.

« Chi ha detto che se vince qualcosa? »

« Che ne so, stai a segnare questi famosi punti da settimane Manuel, non mi hai detto se c'è un premio in palio, un regalo! »

Amava prenderlo in giro, come faceva l'altro con lui. Era un gioco che avevano imparato da subito a fare, come degli eterni bambini.

« Non ho tenuto bene il conto, ma dovrebbero essere più de cento, Simò »

Cento colpi di dolcezza.

Simone sorrise.

Cento luci, cento colpi, cento volte quella voce.

« Non mi piace nessuna delle due, » rispose divertito, finendo così di tenerlo sulle spine « puoi tirare un sospiro di sollievo »

« Me stava a prende un coccolone, serio »

Simone rise di cuore, mentre l'altro gli ripeteva che stava davvero per morire e non "ironicamente".

« E dai, che esagerazione »

« Simone, la pizza è sacra. Non si scherza sulla pizza! »

« Meno male che posso ancora scherzare su di te, allora »

Gli sembrò così naturale, da non pentirsene subito dopo averlo detto. Ci fu del silenzio ugualmente dall'altro capo, stavolta da parte di Manuel.

« Manuel?»

« Con me, puoi farlo sempre e quando vuoi, Simò »

 

- -


 

Dopo una pizza con patatine e una con la salsiccia e due birre, Manuel se ne stava lì in piedi, con le mani sui fianchi, dentro l'appartamento. Simone finiva la sua birra, le mani attorno al collo del vetro, mentre l'altro gli aveva già piazzato tutto il materiale vicino.

« Non avevo mai visto qualcuno più in agitazione di me » ridacchiò, Simone, avvertendo il sapore della birra fresca scendergli lungo la gola.

Manuel stava camminando un po' intorno, studiò bene dove si trovava, era a pochi metri dal televisore, i piedi scalzi sopra il tappeto. Simone, era seduto sul suo divano, con le gambe al petto.

« Non c'è molto spazio di movimento, qua, » Manuel indicò con le mani il tavolino, la lampada a lato, una serie di scartoffie dentro due scatoloni, piazzati in mezzo al soggiorno, che gli erano arrivati da parte di sua madre, due giorni prima. Simone si alzò, posando la birra vuota davanti a sé.

« Se spostiamo un po' il divano di lato, e mi metto su una sedia, » pensò con due dita sul mento « possiamo recuperarne un po' »

Manuel annuì, raggiungendolo. Lo aiutò a spostare il divano, di lato, così come aveva suggerito. Adesso restavano più o meno due spanne in cui Manuel poteva muoversi liberamente, avanti e indietro.
Simone poi prese una sedia dal tavolo della cucina e si mise centrale. Le mani artigliarono sulla tela, che poggiò sopra un supporto di ferro. Manuel gli aveva spiegato che lo aveva in garage, uno dei ricordi delle sue riparazioni di moto e bici. Il supporto aveva una piccola in alto, che anche se arrugginita, poteva bloccare qualsiasi cosa mettessi sopra. Simone fece proprio così per la tela, fermando la porzione superiore.

« Bene, io sarei pronto » mormorò.

Manuel annuì, portava addosso una vestaglia grigia, lunga. Ovviamente quando la tolse, Simone dovette contenere tutto se stesso per non dire qualcosa di inopportuno o imbarazzante. Nonostante fosse meno d'impatto rispetto la prima volta che lo aveva visto nudo, Manuel era pur sempre un ragazzo e Simone quello a cui piaceva. « Aspetta però manca qualcosa »

« Ancora? Che ho dimenticato? Ce dovrebbe stare tutto la dentro » Manuel indicò confuso l'involucro con i colori, due pennelli, gli aveva fornito anche un vasetto di vetro che non usava più per mettere l'acqua.

Simone si alzò in piedi e si tolse il cardigan che portava addosso.

« Prova a metterlo » glielo porse e poi tornò alla postazione, volendosi concentrare solo sugli occhi di Manuel, non sul resto.

Manuel fece come gli aveva suggerito. All'inizio, gli sembrò davvero una soluzione priva di senso, poi però, Simone visualizzò meglio. Il cardigan gli ricadeva un po' sulle maniche, e gli arrivava all'altezza delle cosce per la lunghezza « Puoi abbassarlo un po' sulle spalle, se mh, se ti va bene come idea »

« L'artista a sei tu Simò, non discuto »

Il ragazzo più basso abbassò di poco le spalline del cardigan che ora gli scopriva metà schiena, le maniche gli rimboccavano le mani, più gonfie. Sembrava avvolto in un la trama di linee e curve. L'effetto era notevole. « Va bene come sto messo? »

Simone annuì, cominciando a prendere il nero, poi decise per un terra di siena e poi pensò che un tocco di arancio, non dovesse mancare

« Sembra de averti addosso, » Simone rialzò lo sguardo sulla voce del modello improvvisato « questo cardigan profuma come te. Sa di vaniglia » Manuel si portò l'indumento un attimo sotto al naso, chiudendo gli occhi. Respirò proprio la trama del tessuto e gli occhi riapparvero. Puntati direttamente su Simone.

Calmo. Devi stare calmo.

Dopo un leggero tremolio della mano e un morso al palato interno, si diede la forza di rispondere.

« È la crema per il corpo che uso » gli uscì un tono troppo basso, si schiarì la voce, attaccando la punta del pennello sulla tela.

« Forse il cardigan me lo tengo anche dopo, allora »

Sfacciato.

Sento già caldo.

« Non credo che ti convenga Manuel, altrimenti questo » indicò il ritratto ancora assente « me lo prendo io »

Manuel rise un poco, sospirò.

« Hai ragione, non sarebbe giusto »

Simone si concentrò sulla figura di Manuel, frontale. Aveva una mano sul petto, giocava a nascondersi le mani dentro le maniche e ogni tanto la parte finale sembrava una coda ai lati delle cosce. Il colore si sposava con il suo incarnato e faceva risaltare i ricci più chiari e scuri. La barba presentava dei buchi qua e là, segno che aveva fatto di fretta nel radersi.

« Te capita mai di pensare a come sarebbe la nostra vita senza le cose che amiamo? »

« Ogni tanto, sì »

« Credo impazzirei senza cose come i libri, l'arte, la poesia »

La parola che venne che venne dopo, lo dissero insieme all'unisono.

« La musica »

Simone e Manuel si guardarono, ridendo appena.

« Un bel pezzo rock quando sei incazzato e uno triste quando vuoi essere capito. Sono entrambe delle piccole riserve di salvezza »

Manuel annuì, la mano ora era sul ventre. C'era qualche pelo più scuro ed evidente, all'altezza dell'ombelico.Simone ritornò prepotente al suo colore, pensando che fosse meglio non confondere la sua attività con altre idee irrealizzabili.

« C'è una cosa di cui non abbiamo parlato, quel giorno all'esperimento »

« E cioè? »

« Che rapporto hai con il tuo corpo, Simone? »

Questa è una domanda da quanti punti?

« Penso buono tutto sommato »

Manuel inclinò la testa, la mano si fermò sullo stomaco.

« Pensi o ne sei sicuro?»

Simone sospirò. Aveva avuto problemi col suo corpo durante la fase della pubertà, era ovvio, però a pensarci adesso, non aveva mai davvero riflettuto su quella cosa.

« Quando stavo con quel ragazzo di cui ti ho parlato, ho avuto un periodo di confidenza con me stesso, » il pennello si mosse in mezzo alle dita e cominciava a prendere forma il ritratto di Manuel « abbastanza positivo. Se ti riferisci alla percezione, anche ora, credo di vedermi bene, il più delle volte vedo una persona che potrebbe piacere, allo specchio »

Manuel disegnò una smorfia col viso, la lingua gli uscì in mezzo ai denti e poi portò una mano dietro la nuca.

Mi stai dando solo risposte ipotetiche. Possibile che tu non riesca a vederti come ti vedo io?

« E riguardo al sesso? »

Non me lo sta davvero chiedendo.

« Vuoi sapere com'era con lui o...? Non capisco la domanda Manuel »

« Ti trovi attraente da quel punto di vista, Simone? Quando sei con qualcuno, ti senti in quel modo? »

Simone annuì brevemente, era più che sicuro di starsi colorando completamente in volto. Il pennello restò fermo a mezz'aria.

« Beh non credo che lui sia stato con me solo per l'intelligenza, quello è chiaro, » argomentò « anche se, e questo fa abbastanza ridere, » l'ironia avrebbe salvato Simone da ogni imbarazzo « non sembrava che fossi secondo il suo parere, molto bravo a letto »

Manuel sgranò gli occhi, Simone scelse di non guardarlo apposta. Gli stava disegnando la linea del mento, scendeva giù a rendergli quel cardigan che era come un mantello d'inverno.

« Come se chiamava sto genio qua? »

« Matteo » pronunciò quel nome con consapevole amarezza e un sospiro strascicato.

Manuel si portò le mani sui fianchi, la gamba destra era portata in avanti e la sinistra indietro, stava guardando il tappeto.

« E tu non gli hai mai detto quanto facesse schifo? »

Simone si scrollò nelle spalle.

« Nell'ultimo anno sono volate molte parole, alcune di queste molto pesanti e non. Adesso è felicemente sposato, auguro a chi sta insieme a lui, che venga trattato diversamente »

« Sei fin troppo buono »

« È solo un capitolo chiuso, e come tale, voglio semplicemente dimenticarmene »

Manuel annuì, ignorando il senso di colpa che lo accolse subito dopo quell'intrusione. Però c'era qualcosa, qualcosa che lo portava a spingersi oltre.

« Attivo o passivo? »

Eccoci.

Questa volta Simone lo guardò, un po' gli costava non averlo fatto prima, però ora non poteva sfuggire.

« Attivo »

Manuel si passò la mano sui capelli, il suo capo andò all'indietro e un sorriso sornione gli si affacciò in viso. Simone pensò fosse ingiusto essere così sciolti e allo stesso tempo, così belli.

« Lo sospettavo » schioccò la lingua Manuel.

« Beh mi viene meglio, mi sento più in controllo delle cose e poi lui era un po' più basso di me. Era naturale che fosse così. Tu? »

Manuel lo guardò insidioso.

Simone fai due più due.

« Dipende » fu vago.

« Fammi indovinare, dipende dai casi » abbozzò un sorriso, ricordando vagamente la breve discussione avvenuta in quello stesso appartamento con Manuel febbricitante.

« Dipende se mi posso fidare di chi c'ho accanto »

Gli occhi di Manuel erano completamente ridotti a due colate di oro fuso, gli scendevano lungo tutto il viso e lo stavano perforando. Più che lame però, gli sembrarono però, delle dita agguantate salde attorno al suo petto. Deteneva le sue sorti.
Il sangue pompava veloce e sinceramente non era dovuto solo al discorso sul sesso. Simone non capiva quasi più niente - o forse non voleva capire.
Simone - poi ritornò alla tela - aggiunse un tocco di bianco, portò il pennello intingendolo nell'acqua dentro tondino di vetro e lo riposò sul supporto.

« E tu quali esperienze hai fatto? Immagino che avrai avuto molte storie » la voce gli era diventata roca.

Respira.

« Qualcosina qua e la » la mano di Manuel scacciò l'aria « poche storie serie e una durata tre anni »

« Immagino ci fosse la fila, data la fama da cattivo ragazzo »

Cos'è quello sguardo, adesso?

« Non che me ne importasse tanto, » Manuel si leccò le labbra « l'adolescenza è stato il tempo di varie scoperte, l'età dell'oro. Ho capito che me limitavo troppo, » stiracchiò la schiena, allungando le mani sopra la testa « e poi al piacere non c'è un limite »

Deglutì, il pennello ricadde dentro il tondino di vetro. Simone aveva finito, guance rosse a parte - aveva finito la sua seconda opera.

« Puoi anche venire qui, che ho finito » tossicchiò Simone, le mani sui lati delle cosce, i gomiti piegati, la maglia un po' corta che si alzava su quelli.

Manuel non se lo fece ripetere un'altra volta e si spostò al centro da soggiorno.
Senza nemmeno chiederglielo, si sedette sulla coscia destra di Simone, un po' in bilico, e si mise a fissare la tela.
Simone avvertiva l'odore di menta così forte, quasi da avercela sotto la lingua e la stesse masticando come un chewing gum.
Manuel accarezzò la sua figura dipinta, percorrendo il cardigan tinti a una macchia di marrone e bianco, poi vide il suo corpo tinto di nero con delle luci in bianco, nei punti strategici. Simone non aveva dipinto lo sfondo, ma aveva deciso di rendere un po' delle chiazze sotto i piedi di Manuel, per ricreare il tappeto.

« Perché non hai fatto i tatuaggi stavolta? » il dito, l'indice, si impuntò sul petto dipinto in assenza di inchiostro.

« La prima volta non ti conoscevo. Pensavo di dover raffigurare solo quello che vedevo, » articolò « ora ho voluto rappresentare solo la pelle, il viso, togliendo un po' il superfluo. »

Manuel si voltò a guardarlo, la bocca dischiusa, gli occhi vigili. « Scusa, sono incompresibile. Non volevo raffiguarti come ti si vede solo in apparenza. Volevo sottolineare un altro aspetto »

« L'anima? » arricciò il naso.

« Sì, in qualche modo sì »

Manuel annuì, un piccolo sorriso sbilenco, intenerito. Ritornando alla tela, ipezionò i piccoli tratti di colori, dati decisi col pennello.

« Ti va di insegnarmi qualcosa? » mormorò.

Simone fu confuso.

« Insegnarti cosa, Manuel? »

« A fare qualche linea, le ombre, 'ste cose qua, sei bravo magari mi puoi dare qualche dritta.» Manuel indicò i punti appena esposti. Poi spostò il ritratto da parte, facendo attenzione a non farlo cascare a terra, poggiandolo al divano. « Ci dovrebbero essere anche dei fogli, lì dentro, stavano in omaggio e ho preso pure quelli » indicò il sacchetto con tutto il materiale, affianco a Simone. Il ragazzo tirò fuori un foglio 50×70 e lo piazzò sul supporto di ferro.

« Non ho mai studiato disegno, quindi non lamentarti se non capirai nulla. Vado un po' ad occhio. » rise nervoso.

Simone preparò il secondo pennello, pulito. Poi chiese a Manuel di andare a svuotare l'acqua ormai sporca per sostituirla. Manuel fece tutto quello che gli venne chiesto e ritornò di nuovo su entrambe le cosce di Simone. Il petto aderiva contro il suo.

« Che colore vuoi? » frugò dentro la scatolina degli acrilici.

« Passami il verde »

« Che cosa vuoi disegnare? »

Manuel ci pensò su, poi visualizzò la piccola piantina sulla mensola sopra il televisore, c'era una piccola piantina, un bonsai regalatogli da Anita, sua madre. Lo indicò con il dito.

« Quello »

Simone allora cominciò a spiegargli di concentrarsi sulla forma, per prima cosa. Poi di intervenire col colore. Intanto, gli passava il tubetto del nero, per le zone più scure e il marrone. Manuel muoveva il pennello piano, dopo qualche linea però, arrivò una stortura.

« Ecco, lo sapevo » borbottò sospirando.

« Non è tutto perduto, fai così, aspetta » Simone intervenne coprendo la mano di Manuel, avvolgendone il dorso e muovendosi insieme a lui, sulla tela.

Il petto gli aderì completamente alla schiena, andando a incastrarsi subito. Manuel sentiva i battiti da sotto la maglia di Simone, il respiro meno tranquillo, il profumo di vaniglia gli arrivò come una sferzata calda all'orecchio, oltrepassandolo per sfiorare poi la sua guancia. Simone intervenì aggiungendo qualche altro rampicante alla pianta, partì dal basso, spostando la mano di Manuel senza forzarla però perché si lasciò guidare sotto il tocco esperto dell'altro.

« Vedi se poi qua fai un'ombra più scura, » Simone indicò con gli occhi grandi il bonsai sulla mensola « sembrerà un po' più realistico »

Manuel annuì, anche se la sola cosa che pensava era che Simone gli stesse respirando addosso, aveva le labbra che sembravano due piccole montagne dolci e da quella poca distanza aveva notato anche alcune rughe d'espressione.

« Posso usare le mani, Simò? »

Simone annuì, e allora scostò la mano. Il pennello ricadde nell'acqua e allora Manuel intinse due dita dentro il tubetto del verde, poi aggiunse un po' di marrone, mischiandoli insieme. Portò le dita anche un po' intorno all'oggetto naturale, dopo aver anche schizzato in modo veloce, il vaso che lo conteneva.

« Lo sfondo come lo faccio? » si ritrasse un poco, aveva già le mani sporche di pittura.

« Mmmh, » Simone osservò il contrasto, ci voleva qualcosa che spiccasse. Afferrò l'arancione e glielo spremette un poco al lato del foglio « prova a usare questo, dovrebbe andar bene »

Manuel si bagnò le due dita e si sporcò del colore, della sua densità, sentendolo sotto i polpastrelli. Simone era di nuovo vicino, in silenzio.
Manuel si ritrasse un poco, il cardigan si era già macchiato sulle maniche. Se ne accorse troppo tardi.

« Se me lo lasci, più tardi te lo lavo io » si osservò la manica un po' a disagio, Simone aveva seguito i suoi occhi.

C'hai due gemme, proprio lì.

Simone annuì piano, anche se in realtà era l'ultimo dei suoi problemi. Manuel era ancora con le mani a mezz'aria.

« Come ti sembra maestro? » gli occhi erano sincronizzati non sul suo piccolo tentativo d'allievo.

« Mi sembra ben fatto » mormorò osservando il soggetto sul foglio. Manuel rise divertito. Simone era visibilmente concentrato su quella serie di linee improvvisate.

« Lo dici solo per paura de offendermi, Simò »

« No, davvero, » Simone toccò una parte della tela, il colore però era ancora fresco, si sporcò tre dita « hai capito come sfruttare la luce, qui »

Manuel captò altro: osservava la mano di Simone, adesso, ferma contro il lato destro del foglio. L'aroma dolce gli arrivava sempre più forte. Gli occhi già scuri, gli caddero sulla bocca del ragazzo attaccato a lui.
Ancora non lo guardava, ma notava come il respiro non fosse regolare, così come il battito, dal suono simile a un tamburo contro la schiena.

Questa vaniglia mi sta uccidendo.

Simone, non riesco a resisterti.

Di colpo, si girò verso l'oggetto del suo desiderio.
Simone si ritrovò circondato da Manuel: le sue gambe si avvolsero attorno alla sedia, il peso del suo corpo si caricò tutto sul suo grembo, il petto era rivolto completamente nella sua direzione. Il dito di Manuel sporco di acrilico venne premuto sulla punta del suo naso, poi toccò le guance, tracciando due linee, evitò labbra, segnò l'inizio del collo di Simone. Arrivò alla gola, bloccandosi per l'inizio del tessuto della maglia. Le mani di entrambi si incontrarono, non senza prima prendere altro colore spremendolo direttamente dal tubetto. Si era appena trasformata in una sfida all'ultimo tocco di colore.
Il cardigan ricadde a terra, senza cura, scivolando dalle spalle di Manuel. La maglia di Simone fu sfilata via senza tante carezze, macchiandosi di conseguenza. Manuel tinse col blu, il rosso, il verde, il petto finalmente libero del ragazzo, con quella pelle chiara, candida.
Le dita si mossero con più naturalezza, rispetto alla micro lezione seguita prima, come se conoscessero quella strada fatta di carne. Vera carne che pulsava, di vene e sangue. I loro visi erano già troppo vicini.
Manuel si attaccò alla bocca di Simone, le mani colorate gli circondavano il viso, segnandolo ora di nero, ora di verde. Respirando poco, sul suono della grancassa che aveva al petto, Simone non resistette a non fare lo stesso. Il corpo di Manuel era una tela di carne troppo invitante per limitarsi a usare il colore solo sul foglio. Intinse a sua volta la pelle nel colore, di rosso, di viola. Colorò la sua pelle col colore, dietro la schiena nuda di Manuel, mentre la toccava, la percorreva con la mano destra.
La sinistra era stretta dietro il suo collo.
Simone sentiva già un rigonfiamento all'altezza del cavallo dei jeans, farsi sempre più presente, una sensazione al basso ventre che lo accoglieva famigliare e calda.
L'altro gli scendeva la lingua lungo il palato, Manuel sembrava starci navigando dentro e Simone gli portava la mano libera su uno dei fianchi.
Simone soffocò un rantolo, gli depositò un bacio proprio lì, in una porzione di pelle ancora intonsa - forse l'unica - di colore. Era minuscola, vicino a una piccola costellazione di nei. Riuscì a sentire il suo battito cardiaco, il naso si poggiò piano sulla pelle, realizzando che anche Manuel non era proprio tranquillo.

Moriamo in due, quindi.

Poi appena alzò il volto, venne trascinato di nuovo e come un fiume in piena, Manuel. Le lingue si scontrarono ancora, in profondità, con meno cura e delicatezza.
Continuando a percorrergli il corpo, con Manuel che immergeva e ficcava le mani dentro i suoi capelli, Simone notò l'evidente erezione del ragazzo sopra di lui.
Annaspò in cerca d'aria, perché i loro corpi erano già inevitabilmente premuti e a separarli c'era solo il tessuto dei suoi jeans a frizionare la loro voglia.
Le gambe di Manuel erano sempre più avviluppate, il viso si infilava nell'incavo del suo collo e Simone sentiva di doversi liberare dei vestiti che ancora lo costringevano. La sue mani scesero e agguantarono il sedere di Manuel, che si chiazzò un bel colore rosso, la macchina risultò come una striscia spessa.
Manuel mormorò lamentandosi contro la sua bocca, quando Simone si staccò. Il ragazzo aveva le labbra gonfie, gli occhi larghi e imponenti, un espressione indescrivibile dipinta sul viso.
Con un solo movimento fluido, Simone si avvinghiò i glutei di Manuel attorno alla vita e alzandosi dalla sedia, procedette un po' tentoni, nello spazio. Camminò poco, avvertendo ancora di più i loro corpi caldi. In tutto quello, non mancò di vedere nell'altro un sorriso incandescente e furbo.

« Te avviso, non sono proprio un peso piuma »

Le braccia di Manuel erano strette al suo collo.

« Ho giocato a rugby in passato, » mormorò Simone, sembravano un gigante e la sua preda anche se Manuel risultava di poco più alto, visto che lo sorreggeva, le mani erano sulle sua gambe adesso « sono abituato a resistere a qualsiasi peso del corpo. In confronto, tu sei leggero »

Il sorriso che fece subito dopo, portò il più alto ad arrossire, nonostante avesse lui in mano la piena azione.

« Sei una continua sorpresa, Simone » gli soffiò sulle labbra. Poi le unì, e si lasciò portare in accavallando le gambe, attorno a Simone. Le gambe gli tremavano un poco, e le fece più strette attorno alla sua vita, incrociandosi tra loro. A Manuel era capitato poche volte nella vita quel tremoli, il subbuglio improvviso: e proprio quando aveva provato davvero qualcosa per qualcuno. E cioè davvero poche volte nella vita.

Simone proseguiva a tentoni, il petto ridotto a una massa di pittura che si asciugava, qualche ciuffo era ormai fissato e incollato dall'acrilico, le dita tastarono più di una porta lungo il tragitto.
Manuel rise sopra di lui e gli sussurrò all'orecchio.

« A sinistra »

Simone annuì, incespicando nel suo stesso passo quasi, con Manuel che gli tirava i ricci.
Dopo averla trovata, aprì la porta della camera - socchiusa - col palmo della mano aperto. Il suo sguardo venne investito da delle pareti rosse, ma non si interessò minimamente del resto. Manuel lo richiamò dell'attenzione, riempiendogli la bocca con la sua.
Simone si mosse ancora a tentoni, fino a quando non trovò il materasso del letto, lì, all'angolo di una finestra con delle lunghe tende.
Si distese sul materasso, con Manuel ancora attaccato al suo bacino, il cuore gli era drasticamente finito in gola, e non scendeva più.
Manuel artigliò con la patta dei jeans, cominciò ad abbassarli e la presa delle ginocchia si fece meno salda, per farli passare oltre quelle di Simone. Tolti quelli, la cosa più interessante furono il suo paio di boxer neri, circondati da un evidente erezione.
Manuel si mordicchiò il labbro inferiore, Simone era ricoperto di pittura dal viso fino alla pancia, terminando con dei leggeri schizzi astratti su quella.
Simone si riprese le labbra dell'altro, avvertendo la presa di Manuel sulla sua biancheria intima, il tocco delle mani, per poi lo scendere dell'indumento sui glutei e scivolare via, non senza aiutarsi con parte delle gambe e dei piedi.
Nudi, corpo contro corpo, si guardavano un attimo adesso.

« Questo cassetto, » sussurrò roco Manuel allungando una mano al capezzale del comodino « in fondo »

Simone non ebbe il tempo di dire nulla.
Ne di annuire, Manuel lo guardava da un altro pianeta.

Sta davvero succedendo?

Dal cassetto uscì fuori un pacchetto di preservativi e una boccetta di lubrificante. Gli tremavano le mani adesso, mentre ne prendeva uno dei tanti. Il pacchetto venne buttato di lato, e Simone con la bocca, apriva la confezione, strappando l'involucro. Si sentiva gli occhi del più piccolo puntati addosso, così, sopra a gambe divaricate, sopra di lui.
Una goccia di lubrificante, finì dentro l'estremità della protezione, Simone la strinse tra l'indice e il pollice e poi pizzicò, per fare uscire l'aria. Quel gesto gli era sempre venuto naturale, adesso, le dita invece gli tremavano.
Una mano di Manuel si allungò, ad accarezzargli il viso, Simone agganciò lo sguardo su di lui.

Potrei morire adesso, con te che mi guardi.

Fiducioso, come se gli avesse trasmesso la sicurezza solo con gli occhi, Simone infilò la protezione. Un respiro spezzato gli uscì fuori.
Una delle dita poi, recuperò un altro po' di lubrificante e lo applicò sulla lunghezza di Manuel.
Quello teneva le gambe ai lati, pronto ad accoglierlo.

Dipende se mi posso fidare di chi c'ho accanto.

Gli ronzarono le parole dette poco prima, in testa.
Simone si posizionò tra le cosce di Manuel, alzandosi di poco sul suo corpo, per capire come si trovasse meglio. Il corpo colorato del più piccolo, era già schiacciato contro il suo, le gambe erano già lungo il sedere di Simone.

« Manuel » fu di una dolcezza terribile.

« Mi fido »

Ah.

Gli aveva frugato tra i pensieri per caso?

« Stai bene? »

« »

Manuel lo sentì troppo silenzioso. Cercò ancora più contatto - come se fosse possibile, avvinghiato com'era già al suo corpo - ma Simone lo anticipò, baciandogli il palmo interno della mano. E mentre lo faceva sostenne il suo sguardo. Baciò le nocche, poi, una ad una. Manuel si ammutolì di colpo. Simone lo guardava dall'alto, studiandone la bocca dischiusa, gli occhi pieni, il petto che si alzava e si abbassava. La stessa mano, venne poi portata giù, andò ad artigliarsi su quel petto, ormai di mille colori. Simone si avvicinò a una spanna del suo viso di Manuel, quanto bastava, per poter leggerne le pupille e le lunghe ciglia.
Simone entrò dentro Manuel - controllando però poco dopo il suo viso, per accertarsi che andasse tutto bene - in un'unica spinta decisa.
Fu questa volta Simone a chiedergli se stava bene. Almeno un paio di volte. Manuel mugolò qualcosa, gli sembrò davvero bello anche mentre farfugliava incompresibile. Le gambe erano allacciate al bacino, una mano gli tirava i ricci e l'altra gli esplorava la chiena.

« Manuel » sussurrò melodico. Simone gli portò la bocca sul mento, passando per la linea della mascella, incontrando le due curve sottili della bocca, succhiandone piano il labbro inferiore.

Il viso però non era nascosto: Manuel teneva gli occhi aperti, osservando come del colore cominciasse a riprendere vita sul viso già sudato di Simone. Il rosso sulle guance però era naturale, oltre le macchie di pittura. Si spingeva dentro di lui, aumentando il ritmo. Simone lo baciava, Manuel soffocava i gemiti dentro la sua bocca.

« S-Simone » gemette Manuel, risuonando come un'onda del mare che si increspava.

La mano si spinse dalla schiena sulla natica sinistra di Simone, seguendone la forma, le dita di Manuel pizzicarono la pelle. Simone sussultò di conseguenza. Due dita passarono lungo la sua apertura, Simone scattò, ma non piegandosi, al contrario morse il labbro inferiore di Manuel tirandolo con i denti. Manuel lo attrasse in un altro bacio, soffocando il gemito che gli uscì poco dopo quando Simone si spinse di nuovo.

« Cazzo » quell'espressione lo avrebbe fatto ridere in un altro contesto, ma Simone era attirato dalla voce bassa e roca di Manuel, sotto di lui. Aveva già i ricci sulla fronte madidi e una delle gambe si strusciava sul suo sedere, come a dargli l'incoraggiamento per continuare. Il sudore si stava già duplicando, rianimando l'acrilico spento e ormai assorbito dal corpo.
La presa si fece ancora più salda, l'alito caldo di Simone gli solleticava l'orecchio, aumentava le spinte dentro di lui. Manuel gemette più forte di prima.

« Mmh » Manuel inarcò la schiena, buttando la testa indietro, i ricci ricaddero sul materasso.

Sentiva Simone addosso, dentro, pieno e caldo, la vaniglia gli colpiva le narici, l'odore quasi simile a vernice sulla pelle si sommava al testo: stava vivendo più sensazioni tutte in una volta. Stringeva i ricci del ragazzo sopra di lui, ci frugava dentro, osservava lo sforzo di Simone, prendergli il viso.
Le sue guance rosee come se gli avessero dato due pizzicotti e dunque non per la pittura.

Sta arrossendo. Puoi essere più dolce di così?

« Simone ma quanto puoi essere b-bello » confessò senza ritegno. Aveva un'aura così libera, due occhi aperti, le labbra dischiuse. Come potesse essere arrivato da un'altra dimensione parallela: un quadro di una Venere nuda, solo che non ricordava potessero esistere esempi con degli uomini. I peli sul suo ventre gli solleticavano la pelle, la costellazione di nei sembrava una serie di tante piccole perle, in contrasto con l'inchiostro dei tatuaggi, la sua erezione gli premeva addosso e sull'inguine.

Dovresti guardarti tu, invece.

Simone si spinse ancora, colpendo forse troppo forte, a un certo punto, al che sentì Manuel accartocciarsi contro di lui, aprire la bocca contro la sua e mormorare qualcosa che risultò strozzato. Avevano le fronti attaccate, da quella di Manuel cadeva già acqua sotto forma di goccioline, scendendogli sul naso.

« T-ti ho fatto mal-»

Simone non smettere mai.

« Non potresti mai farmi male »

Manuel scosse la testa, stringendo la presa sulla sua schiena, chiedendogli a bocca aperta di baciarlo senza dirglielo.
La sua bocca si scontrò contro la sua, e l'impatto fu più disordinato, più intenso. Simone si fiondò sopra la bocca di Manuel ancora, la lingua, la saliva erano diventate una costante, l'affanno dei respiri e il loro petto schiacciato - ormai indistiguibile - era una colata di colore, depositatosi ovunque. All'ennesimo mugolio strozzato di Manuel, Simone si ritrasse di poco per osservarlo, ripeteva la stessa cosa sconnessa di poco prima, che ancora lui non aveva capito.

« Manuel, c-che hai detto-»

« Ho detto che M-Matteo, » vibrò bassissimo, la mano gli stringeva sempre il sedere, e l'altra sulla schiena, ora gli scendeva sulla nuca e gli tirava i capelli alla base « non ce capiva un cazzo »

Simone allora rise di conseguenza. Una risata di cuore, di quelle che vengono fuori quando si è leggeri. Si spinse ancora, e quella risata venne risucchiata dalla bocca di Manuel, la lingua giocava scontrandosi tra i denti e la saliva, soffocando qualche altro suono di piacere. Simone lo prese ancora con sè, mentre l'altro pronunciava il suo nome, anche se gutturale, con la barba che gli pungeva la gola e gli depositava un bacio dopo qualche gemito, col calore in viso e il colore sciolto sopra. Pieno, si sentiva completamente pieno dell'immagine di Manuel sotto di lui. L'ultima volta che aveva fatto l'amore, non lo ricordava neanche più. Non pensava fosse possibile farlo così: sentendo il cuore che pompava forse troppo sangue, il respiro spezzato, gli occhi pieni di qualcuno che già sentiva essere diventaot piena parte di lui. Le ultime spinte furono così intense, che le loro mani si cercarono all'istante, Manuel rinunciò alla presa sul sedere di Simone e intrecciò le dita alle sue, fino a farle sbiancare.
Gli occhi di agganciarono di colpo, nel silenzio che allegiò per qualche secondo nell'aria. Simone si fermò dentro il corpo di Manuel per un solo istante. Gli baciò la bocca lentamente, catturando le labbra.
Il materasso sembrava un nuovo quadro di Pollock, completamente macchiato sotto di loro. Quando raggiunsero l'apice, l'orgasmo fu raggiunto come un rombo di un tuono. Simone e Manuel vennero all'unisono, con un'eco sordo e acuto che scosse tutto quanto. Il respiro gli appannò per qualche secondo la vista. Simone gli piombò di sopra sfinito, sfilò il preservativo buttandolo di lato, che per metà risultò riempito del suo sperma, mentre l'altra metà gli decorava la pancia. Poi osservò Manuel: aveva dei nidi - non più dei ricci - di capelli sopra la testa, le labbra erano gonfie, gli occhi erano socchiusi e il petto bagnato rilasciava fuori l'aria.

Penso di essermi innamorato di te.

Non lo disse però, Simone se lo tenne per sè. Sapeva che sarebbe stato prematuro, dirlo. Gli bastava - per ora - quella consapevolezza dentro di sè. La avrebbe custodita con cura. Mentre se lo ripeteva, Simone fu tirato in basso dalla mano di Manuel, che fece scontrare i loro nasi. Si sfiorarono lentamente, il rumore del cuore duplicato.

« Te va de restare a dormire, Simò? » sussurrò.

Non pensavo me lo avresti mai chiesto.

Simone annuì piano, in religioso silenzio, come per paura di dire qualcosa che spezzasse l'intensità di quel momento.
Si sarebbe svegliato nell'appartamento di Manuel, nel suo letto, prima di ritrovarsi in facoltà il giorno dopo.
Sperò di non andarci affatto in verità.
Inutile dire che quel pensiero gli provocò subito un brivido.

« Credo che dovrò buttare via questo piumone, » mormorò Manuel divertito « alla fine l'opera d'arte ce la abbiamo fatta sopra, entrambi » gli schiacciò ancora il naso, il sorriso era stampato e gli guardò gli occhi grandi: sembravano due stelle.

« Puoi sempre metterlo su internet e spacciarlo per un dipinto »

« Prima me toccherebbe lavarlo » puntualizzò.

Si guardarono e risero entrambi, come due eterni bambini.

« Non pensavo lo avrei mai detto ma: Dio benedica Laura » il piccolo spazio tra i denti era di nuovo visibile, in un sorriso accecante.

Manuel scoppiò a ridere, da solo, questa volta. Il pomo d'Adamo si mosse, e le mani stringevano il viso di Simone.
Lo guardò ancora - sicuro che non si sarebbe più sentito così vivo, come in quel preciso momento - prima di baciarlo.

« Vorrei ringraziarla di persona anch'io, Simò »

 

   
 
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