Serie TV > Il paradiso delle signore
Ricorda la storia  |      
Autore: 10giuly    30/04/2022    4 recensioni
"E, se la tua proposta fosse ancora valida, vorrei ritrattare la mia risposta.” Concluse Stefania.
Ho voluto provare a riscrivere il finale di stagione a cui abbiamo assistito ieri, aggiungendo momenti significativi a cui non abbiamo assistito.
E' una sorta di finale alternativo che ho immaginato, per provare a dare un po' di coerenza e logica laddove secondo me sono mancate. Ovviamente mi sono concentrata principalmente sui SanColombo, Gloria ed Ezio.
Spero che possa piacervi.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Milano, 29 aprile 1963
 
Era venerdì. Apparentemente un giorno di primavera qualsiasi, scandito dalla solita routine. Per motivi diversi, per ognuno degli amici del paradiso delle signore, l’importante grande magazzino milanese, quella non era una banale giornata di lavoro.
Salvatore e Anna erano pronti a promettersi amore eterno davanti a Dio; Vittorio era triste per l’imminente partenza di sua cognata Beatrice, ma era felice per lei. Vederla serena, innamorata e ricambiata, lo facevano sentire come se, forse per la prima volta, si fosse definitivamente riconciliato con il defunto fratello Edoardo, per aver mantenuto la promessa di prendersi cura dei suoi figli e di sua moglie. Gemma aveva vinto, il suo ricatto aveva ottenuto l’effetto desiderato, perchè Stefania aveva scelto di sacrificare la propria felicità per proteggere sua madre. Proprio Stefania, dopo aver trascorso la giornata più triste della sua vita, con il cuore spezzato, aveva sospirato, indossato il suo abito ed era pronta a mascherare il suo dolore con un sorriso, come spesso le era capitato di fare.
Ormai era quasi tutto pronto: gli invitati, lo sposo, i testimoni, le fedi. Le veneri erano in piazzetta, ad attendere l’arrivo della sposa. Dora aveva fatto uno splendido lavoro con il trucco delle ragazze e gli abiti di Flora le facevano sentire come delle principesse. Stefania indossava un abito rosso, con un adorabile cerchietto abbinato e una mantella che le coprisse le spalle e ricadesse morbida sulle braccia. Irene, stretta nel suo abito a fantasia floreale, non riusciva a non pensare a quel dialogo avuto nello spogliatoio con la capocommessa, poco prima di uscire dal paradiso per raggiungere la chiesa. Si sentiva in colpa per non aver mantenuto il segreto, ma sapeva di aver fatto la scelta giusta, quindi non si stupì di non vedere Gloria raggiungere le ragazze al matrimonio.
 
….
 
La messa era finita, il matrimonio era stato sobrio, semplice, ma emozionante. Stefania si era commossa durante la lettura delle promesse degli sposi, così cariche di emozione, di amore, di speranze. Non riusciva a smettere di pensare a Marco, a quanto avrebbe voluto che, un giorno, loro due potessero trovarsi al posto di Anna e Salvatore per giurare il loro amore davanti a Dio. Un sogno che si era interrotto, che lei aveva interrotto. Sapeva di aver fatto la scelta giusta, ma faceva male, un dolore lancinante al petto non voleva abbandonarla: oltre al male fatto a se stessa, era consapevole anche di quello provocato a Marco. Non riusciva a perdonarsi per non essere stata abbastanza forte da opporsi a quel ricatto, per non essere stata in grado di trovare un’arma sufficientemente potente da contrastare Gemma.
Usciti dalla chiesa, gli invitati si erano sistemati per poter inondare gli sposi di riso, prima di riunirsi per scattare le foto, tra sorrisi e amore. Stefania non ne poteva più di recitare, di abbozzare sorrisi inesistenti, così si defilò. Continuava a guardarsi intorno, alla ricerca di sua madre. Non si era presentata alla cerimonia e non riusciva a darsi una spiegazione di ciò. Non era da lei.
Irene le si avvicinò e, dolcemente, la accarezzò.
“Non è proprio venuta.” Concluse Stefania, delusa, preoccupata, interdetta.
“Stai tranquilla. Vedrai che una spiegazione c’è.”
Irene aveva intuito perfettamente quale potesse essere la spiegazione, ma non voleva in nessun modo turbare la sua migliore amica. Forse, poteva lanciarle qualche amo che potesse instillarle un dubbio o, forse, sarebbe stato meglio evitare. Se Gloria aveva deciso di compiere quel sacrificio, era unicamente per la felicità di sua figlia, e non avrebbe accettato che qualcuno glielo impedisse.
Non appena scorse il papà di Stefania scendere di tutta fretta dalla macchina, la signorina Cipriani si allontanò e tornò dalle altre ragazze, a festeggiare Maria e la nuova opportunità lavorativa che le aveva offerto il dottor Conti.
Anche Stefania, che stava guardando proprio in quella direzione, si stupí nel veder palesarsi suo padre. Pensò che, probabilmente, aveva saputo di Marco e voleva capire cosa fosse successo. Tuttavia, lo sguardo cupo e vitreo, come se avesse appena visto un fantasma, sembravano chiaramente celare qualcosa di più.
“Papà? Che ci fai qui?” domandò Stefania.
“La mamma.” rispose telegrafico Ezio.
“Cosa c’entra la mamma? Sai perchè non è venuta?” Stefania sentì il battito del suo cuore accelerare, pensando che potesse esserle accaduto qualcosa.
Il signor Colombo sospirò, prima di rispondere. Temeva che il gesto di Gloria potesse essere frainteso da Stefania, che potesse nuovamente interpretarlo come un abbandono.
“Sì. Tieni. Credo debba leggerla anche tu.”
Estrasse dalla tasca della giacca la lettera che la moglie gli aveva nascosto in quell'abbraccio che si erano scambiati pochi istanti prima, nel magazzino del paradiso. Ezio aveva percepito che in quella stretta ci fosse qualcosa di già visto, già sentito: erano le stesse sensazioni che aveva provato quando, tanti anni prima, Gloria lo aveva stretto a sé, prima di andarsene. Ed Ezio si era sentito ugualmente impotente. Ma questa volta non avrebbe permesso che potessero vivere quell'inferno separati, non di nuovo. Non gli importava di Veronica, in quel momento contava solo Gloria, la sua famiglia.
Porse la lettera a Stefania che si sbrigó a leggerne il contenuto.
 
"Ezio, caro, prima di ogni altra cosa, grazie. Non sai che regalo sia stato per me il tuo appoggio e la tua comprensione. Passare del tempo con nostra figlia era tutto quello che volevo e tu lo hai reso possibile. Anche grazie a te sono tornata a essere una madre e ho riscoperto le dolcezze e l’orgoglio: una madre che a viso aperto, finalmente, metterà al primo posto la felicità di Stefania. Non potrò mai risarcirla di quello che i miei errori le hanno tolto, ma non permetterò mai che rinunci all’amore per colpa mia. L’amore è più forte di ogni paura. Ora lo so, ho imparato la lezione. Ti prego, non me ne volere. Oggi sono serena, per la prima volta da tanto, tanto tempo.
Gloria”
 
Le lacrime solcarono il viso di Stefania. Provò a ricacciarle indietro, ma il suo tentativo ebbe scarso successo.
“Non riesco a capire perchè. Perchè lo ha fatto?” Chiese Ezio.
“Lo ha fatto per me, papà.”
Stefania non ci era riuscita. Non era riuscita a mentirle. Non era riuscita a impedirle di sacrificarsi per lei. Non era arrabbiata, né delusa. Questa volta sapeva che il gesto di sua madre non era egoista, né si trattava di un abbandono. Si trattava del più alto e nobile gesto che simboleggiava l'incondizionato amore che una mamma può provare per sua figlia. La giovane Colombo non si sentiva più sola e non avrebbe lasciato sola Gloria, le sarebbe stata accanto e avrebbe concentrato i suoi sforzi nell'aiutarla a riguadagnare la libertà che si meritava e vivere finalmente senza dover portare il peso di una montagna di bugie, senza dover fuggire.
“Questo mi è chiaro, ma che significa?” Ezio continuava a non capirci niente, non riusciva a mettere insieme i pezzi del puzzle.
“E’ una lunga storia, papà.”
“Non mi muovo di un centimetro finchè non mi dici per filo e per segno cosa è successo.”
Stefania conosceva suo padre: quando qualcosa gli stava a cuore non gli bastava una storiella. Voleva la verità e l’avrebbe inseguita. L'unica volta in cui si era arreso fu quando trovare Gloria stava avendo effetti collaterali troppo importanti su sua figlia, ciò che di più prezioso aveva. Ma proprio perché si era arreso una volta, non avrebbe commesso lo stesso errore. Forse è questo tratto del suo carattere che ha portato la venere a sviluppare un amore così forte per il giornalismo. E proprio per amore della verità era arrivato il momento di essere onesti e svelare tutto, non aveva più senso tutelare Gemma. Si sfregò delicatamente le labbra, prima di iniziare il racconto. “Perchè pensi che abbia lasciato Marco?”
“Non lo so. Sono venuto qui anche per chiederti di ciò.”
“Perchè ho dovuto scegliere, papà. O lasciavo Marco, o la mamma sarebbe stata denunciata.”
“Questo è un ricatto vile.” Ezio guardò negli occhi la figlia. Gli pareva di trovarsi nuovamente in quel mare di menzogne e voltafaccia che sperava di essersi lasciato alle spalle diversi anni addietro. “Chi ha fatto una cosa del genere?” Domandò.
“Qualcuno che sapeva non avrei mai potuto rinunciare alla madre che ho appena ritrovato, qualcuno che desiderava solo trovare un modo per separarmi dalle persone che amo.”
Fu in quell’istante che Ezio iniziò a mettere insieme i pezzi. La lettera minatoria, il lavoro in redazione che Stefania aveva lasciato, la gioia nell’annunciare la rottura tra Marco e Stefania poche ore prima. “Gemma.” Asserì sconsolato mentre guardava dietro le spalle di Stefania la ragazza in questione, che nemmeno si era accorta della presenza del patrigno. Per anni aveva cercato di rappresentare per Gemma una figura di riferimento, l’aveva trattata come una figlia, ne aveva preso le difese in più di una occasione e, nonostante gli errori che aveva commesso, non aveva mai sospettato che ci fossero realmente cattive intenzioni in lei. Ma la realtà era diversa e si sentiva colpevole. Colpevole per non essere stato in grado di capire la cattiveria insita nell’animo della sua figliastra e di aver probabilmente vissuto in una gigantesca illusione per anni, anche con Veronica. Chi era la donna che aveva al suo fianco e con cui stava pianificando un matrimonio? Davvero aveva preso un abbaglio così grande?
“Ho sbagliato tutto, non ci avevo capito niente. Non avevo capito niente di lei, papà. Credevo di aver trovato una sorella ma, come sempre, ho cercato di vedere il buono anche dove, forse, non ve n’era nemmeno uno spillo.”
“Hai preso da tua madre. Ma qui sono io che ho sbagliato tutto, Stefania. Io. E solo ora ho capito cosa devo fare.” Ezio guardò negli occhi la giovane donna che aveva davanti, quel bocciolo pronto a splendere di cui andava così fiero e che le ricordava così tanto la sua Gloria, l’unica da cui voleva fuggire, per poter portare una parte di quel peso al suo posto. “Tesoro, devo andare.” Concluse.
“Dove?”
“A fare la cosa giusta. E fossi in te farei lo stesso. Anzi, credo tu abbia immediatamente la possibilità di farlo.”
Stefania si voltò: dietro di lei c’era Marco, visibilmente emozionato e teso che stava camminando verso di lei. Ezio le diede un bacio sulla guancia e poi si dileguò rapidamente.
Stefania si mosse rapidamente nella direzione del suo amato.
“Qualcuno mi ha messo in testa un dubbio, devo capire se è vero.” Gridò Marco.
I due si incontrarono a metà strada, lasciandosi andare a un lungo bacio.
Marco le prese il volto tra le mani e lei lo afferrò per il colletto del suo dolcevita nero. In quel bacio c'era tutta la potenza di un sentimento la cui purezza e intensità avrebbe potuto superare qualsiasi ostacolo. E i due sorrisero, senza nemmeno staccarsi. Dietro di loro Gemma li stava osservando piena di rabbia e di invidia ma, di fatto, impotente.
“Quindi tu mi ami, è vero?” domandò Marco.
Stefania lo guardò negli occhi, raggiante. “Incondizionatamente."
“E allora perchè hai provato a spezzarmi il cuore? Quali erano i termini del ricatto?”
La giornalista rivolse al ragazzo uno sguardo sorpreso.
“Tu come sai che c’entra un ricatto?” Domandò.
“Era l’unica spiegazione possibile. Non avresti rinunciato a noi dopo tutto quanto. Non sai mentire, o almeno non a me.”
“Mia madre.”
“Che c’entra tua madre?” Marco era confuso, anche se, in quel momento, riuscì a capire cosa intendesse Gloria al telefono quando gli parlò dell'importanza di riconoscere i bivi e dell'essere temerari. Tuttavia, non riusciva a trovare il nesso tra la signorina Moreau e una minaccia.
“Era lei il termine del ricatto, Marco. Lei che, adesso, si è sacrificata di nuovo per me.”
“Non ti seguo.”
“Ti racconterò tutto. Ma, ora, ti prego, lasciami dire un paio di cose.”
Stefania sentiva nel petto così tante emozioni che aveva bisogno di buttarle fuori, di lasciarsi finalmente andare. Ormai tutti gli invitati si erano accorti della scena e li stavano osservando, ma lei era pronta a gridare al mondo intero quello che le diceva il cuore. Non le importava di mettersi a nudo davanti anche a tanti sconosciuti, ma quell’uragano che le stava mettendo a soqquadro stomaco, cervello e cuore doveva trovare una via d’uscita.
“P-p-prego.” Marco era spaventato. Doveva forse preoccuparsi per quello che stava per accadere?
“Fin da quando ero una ragazzina, con i miei romanzi rosa e i rotocalchi, ho sempre sognato che prima o poi un principe azzurro, magari con gli occhi azzurri e su di un cavallo bianco, mi venisse a salvare. Poi sei piombato tu, con la tua finta arroganza e il tuo dipingere in modo così cinico il mondo attorno a noi. L’idea di dover lavorare al tuo fianco mi faceva innervosire, ma in fondo mi ha sempre divertita, perchè polemizzare con te non mi è mai dispiaciuto, nemmeno quando non volevi sentire le mie idee. Mentre i giorni passavano e ti osservavo, ho imparato a conoscerti e a capire quante e quali maschere portassi.”
“Mi osservavi?”
“Eri il mio mentore, Marco, volevo rubarti quanti più trucchi possibili del mestiere.”
“E alla fine sei tu che hai rubato il cuore a me.” Stefania sentì andare le guance in fiamme, rosse come l’abito che indossava. Abbassò lo sguardo e istintivamente sorrise.
“Un cuore prezioso, fragile, puro. Un cuore che ho imparato ad amare con tutta me stessa, forse più di me stessa. Quando mi hai chiesto cosa fossimo io e te, ti risposi niente. Ma avevo paura, la stessa paura di essermi illusa quando non ti vidi all’appuntamento in piazzetta, la stessa paura che ho avuto ieri. Ieri ero semplicemente devastata all’idea di doverti spezzare il cuore, mi sentivo impotente, sentivo che quel discorso che mi avevi rivolto, di come noi fossimo più forti di tutto e tutti fossero solo parole al vento. E ho paura anche adesso, perchè forse sto facendo la più solenne delle scemenze: sto tenendo un discorso lunghissimo senza riuscire a dire quelle cinque maledette lettere.”
Per un attimo, Stefania si fermò per riprendere fiato e trovare il coraggio di esprimere quel sentimento.
“Non vorrai dirmi di nuovo che sei grata per averti ospitata in foresteria?” Marco sorrise, quasi istericamente, e quella sfumatura non passò inosservata agli occhi della ragazza che, decise di cavalcare l'onda per stuzzicarlo un po'. Dopotutto, tra loro era nato tutto così, fra un battibecco e l'altro.
“In un certo senso la gratitudine è uno dei sentimenti che sto provando.”
“Stefania, ti prego.” Marco la guardò sconsolato. La sensazione di dejavù non riusciva a sopportarla, visto soprattutto l'epilogo di quella conversazione sul ballatoio della casa delle ragazze.
“Mi lasci finire?”
"Sì, scusa."
“Ti sono grata perchè non hai mollato, non hai smesso di lottare per me, per noi, mi hai protetta dal mondo, da me stessa. E, Marco, ti devo anche chiedere scusa, per non essere stata così forte e coraggiosa, per averti lasciato all'oscuro di quanto stava accadendo, per tutti i pregiudizi che avevo su di te.”
“Quante parole con cinque lettere vuoi dedicarmi, Stefania?” Marco era al limite. Non sapeva veramente più cosa pensare e su quale binario avrebbe portato quel discorso.
Stefania alzò lo sguardo e decise di darci un taglio.
“Ancora una in realtà, che poi sono due, ma il totale sono sempre quelle cinque lettere. Ti amo, Marco di Sant’Erasmo." Finalmente entrambi si lasciarono andare al più sincero dei sorrisi. L'aspirante giornalista si sentiva finalmente libera di poter essere se stessa al cento percento, di poter essere la versione più autentica di se stessa, di poter amare incondizionatamente il suo Marco senza il terrore di veder comparire all'improvviso minacce e ostacoli.
"E, se la tua proposta fosse ancora valida, vorrei ritrattare la mia risposta.” Concluse Stefania.
Marco fece un piccolo passo verso di lei. Guardava negli occhi la donna di fronte a lui che finalmente, brillava di nuovo di quella luce che lo aveva fatto innamorare, che si era spenta per un po', poi riaccesa e, infine, spenta ancora.
"Quindi tu vorresti che tirassi fuori dalla tasca una scatolina marrone, piccolina, con dentro un bellissimo anello?" Domandò, estraendo dopo una breve ricerca nelle tasche l'oggetto in questione.
"Se anche tu non hai cambiato idea…" la voce di Stefania si era fatta più sottile e meno sicura.
"Ammetto che preferivo la cornice romantica di ieri, con il soggiorno trasformato in una serra. E’ che mi sento un po' in imbarazzo."
Marco sorrise e, con lui, anche lei fece lo stesso. La gente intorno a loro li stava osservando ed era pronta ad applaudire.
"Dopo tutto il discorso che ho fatto, questa è sicuramente la cosa meno imbarazzante."
Sospirò, alla ricerca di ossigeno, prima di aprire bocca. “Stefania Colombo, vorresti farmi l’onore di diventare ufficialmente la mia fidanzata?”
Stefania per un istante si voltò indietro per cercare lo sguardo dell'unica sorella che aveva scelto, Irene. La bionda li stava guardando con aria sognante e rivolse un tenero sorriso di incoraggiamento alla sua sorellina.
Io…”
“Ti prego, non farmi venire un altro attacco di cuore, Stefania.”
“Ne sarei onorata.”
Marco si affrettò a prendere in mano quell'anello per affidarlo all'anulare della sua pupilla, della creatura speciale che aveva davanti.
Gli invitati al matrimonio, compresi gli sposi, lasciarono partire un caloroso applauso, che accompagnò i due durante il lungo abbraccio che si scambiarono.
"Adesso lo sa che è nei guai fino al collo, signorina Colombo?" Domandò Marco.
"Mai quanto lei, signor Sant'Erasmo."
"Per sempre?"
"Per sempre."
I due giornalisti si guardarono complici e innamorati come non mai. Quel rubino, perfettamente abbinato all’abito, rappresentava la promessa di volersi amare, di voler essere liberi. L’ufficialità non era mai piaciuta molto a Marco, odiava sentirsi costretto a seguire un disegno già costruito, ma quella era la prima volta in cui, nonostante si fosse instradato su un binario ben tracciato, non aveva alcuna impressione di costrizione, anzi, credeva di trovarsi all'interno di un sogno. Quella donna indipendente, brillante, determinata, generosa e inafferrabile che proprio non era riuscito a lasciar stare, gli aveva appena fatto il regalo più grande che potesse desiderare. Sbatté gli occhi più volte per realizzare che fosse tutto incredibilmente reale. Stefania si sentiva libera e, finalmente, giusta.
Il Sant'Erasmo cinse il fianco della sua pupilla e le sussurrò qualcosa all'orecchio. "Ora, però, ci sono un po' di cose che mi dovresti spiegare."
La coppia provò ad allontanarsi, ma qualcuno da dietro si avvicinò, con uno sguardo che sputava fulmini in tutte le direzioni.
"Pensate di cavarvela così? Con un vissero tutti felici e contenti?"
Il primo a voltarsi, dopo aver sospirato, fu il Sant’Erasmo.
"Che vuoi Gemma? Ricattarla ancora? Ricattarci?" Marco prese le difese della fidanzata, tornando finalmente a parlare al plurale, come se fossero una cosa sola.
"Io e Stefania avevamo un accordo."
"Un accordo che è saltato, perché mia madre è stata arrestata." Replicò la mora.
Gemma li guardò senza riuscire a ribattere.
"L'amore vero trionfa sempre. E comunque scelta azzeccata il tuo vestito oggi, verde come l'invidia e la gelosia che ti stanno divorando. Ti auguro il meglio Gemma, ma lontano da noi."
Marco strinse la mano di Stefania e la portò via, lontano da quella piazzetta e dalla signorina Zanatta, che li osservò andare impotente. Raggiunsero l'auto di Marco, che si trovava parcheggiata dietro alla piazzetta della chiesa.
 
"Ora mi vuoi dire che succede con tua madre?"
Marco voleva capire come Gemma avesse potuto arrivare a ricattare Stefania, quale arma aveva in mano contro la signora Moreau.
"Il motivo per cui se n'era andata era per proteggere me e mio padre, per lasciarci liberi di vivere la nostra vita senza portare la macchia di una famiglia di assassini."
"Assassini?"
"Mia madre era un'ostetrica, Marco. E quando, una notte, prese la dolorosa decisione di salvare una madre, piuttosto che il figlio, fu accusata di praticare aborti ed essere un'assassina."
"Quindi è scappata per sfuggire all'arresto?"
"Sì."
"Solo che poi è tornata per te, immagino."
"Già."
"Non posso biasimarla. Per rivederti avrei fatto anche io carte false."
Stefania incrociò il sorriso abbozzato di Marco e ricambió.
"Solo che, da quando anche mio padre è tornato a Milano, troppe persone sono venute a conoscenza della sua identità."
"Tra cui Gemma, che ha aspettato l'occasione per poter usare quest'arma contro di te."
"Non credevo sarebbe mai arrivata a tanto."
"Nemmeno io, ma ora ciò che conta è la libertà di tua madre, Stefania."
"Ho paura, Marco." La Colombo si strinse al ragazzo e appoggiò la sua testa sul suo petto. Sentire il battito del suo cuore le fu di aiuto per calmarsi, esattamente come accadde quando si trovavano sotto quell’ulivo di villa Guarnieri a guardare le stelle. Fu in quel momento che Stefania iniziò a comprendere che quei sorrisi che non riusciva a controllare ogni volta che si trovava con Marco, erano il segnale che qualcosa in lei era cambiato, che avrebbe dovuto cercare di dar loro un nome ma, soprattutto, che non avrebbe potuto ignorarli ancora a lungo.
"Andiamo, ti porto da lei. E appena sarà possibile mi farò spiegare per filo e per segno la situazione. Troveremo un modo per tirarla fuori. Insieme."
"Marco, sei sicuro di voler affrontare tutto questo?"
"Mi offendo se pensi davvero che mi possa arrendere al primo ostacolo."
"Allora andiamo." Concluse, accennando un sorriso.
 
I due giornalisti raggiunsero la centrale di polizia. La macchina di Ezio era parcheggiata proprio davanti l'ingresso principale e lui si trovava nell'atrio, mentre camminava avanti e indietro con le braccia conserte e lo sguardo perso.
"Papà." Stefania lo raggiunse a grandi falcate e lo strinse in un forte abbraccio.
"Non ci credo che siamo ancora qui, divisi."
"Non è vero, papà. Siamo uniti. E ne usciremo, insieme."
Ezio guardò Marco e si rivide in lui. Aveva per Stefania il medesimo sguardo che lui aveva per Gloria, quello che negli ultimi mesi aveva provato a negare, a nascondere a tutti, principalmente a lui stesso.
"Voi dovreste pensare a godervi il vostro amore, non a noi." Commentò.
Il direttore della Palmieri voleva tutelare la felicità appena ritrovata della sua unica figlia.
"Non potrei essere completamente felice con voi qui, in questa situazione."
"Signor Colombo, non si preoccupi, farò l'impossibile per aiutare sua moglie."
"Marco, lei è davvero gentile ma…"
"So che ho commesso degli errori, ma vedere Stefania felice è la cosa che desidero di più al mondo. Forse corro troppo, me ne rendo conto, ma, se mi permette, mi piacerebbe dire che siamo una famiglia. E i panni sporchi si lavano in famiglia."
Stefania mostrò timidamente il rubino che brillava sull'anulare sinistro.
"Ovviamente con la sua benedizione."
Gli occhi di sua figlia erano più brillanti di quella pietra e la sua mano leggermente tremolante tradivano la forte emozione che la figlia stava provando. Niente di tutto ciò gli passò inosservato, nonostante spesso venisse accusato di non essere un così acuto osservatore.   "Ma certo che avete la mia benedizione. Venite qui."
Ezio chiamò a sé i due giovani e li abbracciò. Marco si sentiva un po' in imbarazzo, quasi fuori posto, ma la mano di Stefania che strinse la sua lo fecero sentire a casa, nell'unico posto in cui voleva essere, con l'unica donna che voleva al suo fianco, che voleva amare e con cui desiderava condividere ogni cosa. Per rivederla felice, senza ombre, avrebbe anche ripreso in mano i volumi di diritto penale.
"Signor Colombo, forse è meglio che torniamo tutti a casa. Qui non c'è molto che possiamo fare. Non gliela faranno vedere, se è questo che desidera."
"Voglio che sappia che non la lascio sola."
"Questa volta lo sa, papà. Marco ha ragione, non ha senso stare qui."
"Forse avete ragione voi."
I tre uscirono dal commissariato e si diressero alle loro auto.
"Per qualunque cosa, potete chiamarmi alla pensione Stella. Starò lì per questa notte, non voglio tornare a casa."
"D'accordo, papà."
Marco e Stefania salirono in auto e il ragazzo, prima di togliere il freno a mano e ingranare la marcia, prese la mano della giornalista. "Stefania, guardami."
Lei si voltò, cercando i suoi occhi.
"Andrà bene."
Sorrisero, ricordando la prima circostanza in cui Marco le rivolse quella stessa frase. Erano cambiate tante cose, ma non loro. Erano sempre Marco e Stefania, forti del loro amore e uniti. Insieme, non avevano paura di affrontare il mondo.
Il Sant’Erasmo riaccompagnò a casa Stefania. Le ragazze non erano ancora tornate dalla festa per i novelli sposi e Marco rimase con la sua metà. Non voleva lasciarla sola nemmeno un istante. Si stesero sul letto, abbracciati, in un silenzio denso dei loro pensieri e sospiri.
 
Nessuno dei due si rese conto dell’esatto momento in cui si addormentarono, come due bambini. Si risvegliarono il mattino dopo, sotto gli occhi curiosi di Irene e Maria, che erano già pronte a mettere sotto torchio l’amica.
Marco fu il primo a destarsi. Mosse la testa e osservò per qualche minuto la sua pupilla che ancora dormiva. Era serena e totalmente indifesa. Pensò che fosse la creatura più bella, fragile e preziosa che avesse incontrato nella sua vita e tutto ciò che voleva era donarle il suo cuore, il suo amore.
Stefania si mosse per qualche secondo prima di aprire gli occhi.
“Che è successo?” Domandò mettendosi subito seduta, anche un po’ in imbarazzo.
“Ieri siamo crollati.”
“Adesso preparati.”
“Per cosa?”
“All’interrogatorio delle mie coinquiline non appena apriremo questa porta.” Entrambi si misero a ridere.
“Credo di aver sopportato di peggio”. Rispose spavaldo. “Sai, Stefania, è la prima volta.” Confessò.
“Prima volta cosa?”
“Che riesco a dormire così bene in un letto diverso da quello di casa.”
“Probabilmente eri esausto.”
“Non credo.”
“E allora qual è il motivo?”
“Casa è dove sei tu, Stefania.”
La giovane non aggiunse nulla. Rimasero a guardarsi, sorridendo, per un po’, prima di uscire da quella stanza per iniziare ad affrontare il mondo.
   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Il paradiso delle signore / Vai alla pagina dell'autore: 10giuly