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Autore: Bibliotecaria    01/05/2022    0 recensioni
In un mondo circondato da gas velenosi che impediscono la vita, c’è una landa risparmiata, in cui vivono diciassette razze sovrannaturali. Ma non vi è armonia, né una reale giustizia. È un mondo profondamente ingiusto e malgrado gli innumerevoli tentativi per migliorarlo a troppe persone tale situazione fa comodo perché qualcosa muti effettivamente.
Il 22 novembre 2022 della terza Era sarebbe stato un giorno privo di ogni rilevanza se non fosse stato il primo piccolo passo verso gli eventi storici più sconvolgenti del secolo e alla nascita di una delle figure chiavi per questo. Tuttavia nessuno si attenderebbe che una ragazzina irriverente, in cui l’amore e l’odio convivono, incapace di controllare la prorpia rabbia possa essere mai importante.
Tuttavia, prima di diventare quel che oggi è, ci sono degli errori fondamentali da compire, dei nuovi compagni di viaggio da conoscere, molte realtà da svelare, eventi Storici a cui assistere e conoscere il vero gusto del dolore e del odio. Poiché questa è la storia della vita di Diana Ribelle Dalla Fonte, se eroe nazionale o pericolosa ed instabile criminale sta’ a voi scegliere.
Genere: Angst, Azione, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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5. Quello che era già determinato
 
 
 
 
Generale Ribelle, 5 marzo 2047
 
 
 
 
Osservai fuori dal camion, non c’era nessuna sparatoria o bombardamento.
Insolito, tenendo conto di come avessero disintegrato la nostra linea di difesa in tre giorni.
Forse erano solo stanchi, o stavano aspettando dei rifornimenti o degli ordini.
 
“Ribelle sei sicura di questo?” Mi domandò Oreon fissando il quartiere barricato che era diventato una nostra fortezza oramai a pochi metri da noi. “Sì, hanno bisogno di supporto, e attualmente la nostra unità è l’unica non impegnata in un fronte con le competenze tattiche necessarie per risolvere la situazione.” Dissi mentre notavo un leggero movimento sulle torri di vedetta di entrambe le fazioni.
“Ci attaccheranno?” Domandò Oreon. “Non credo, non hanno una linea d’aria abbastanza pulita e sono a corto di fornimenti.” Ci informò Andrea che si era appena intrufolato nel computer della base nemica. Andrea era diventato davvero bravo con quella nuova diavoleria tecnologica, così bravo da essere a capo della sezione di spionaggio.
Io invece sapevo solo accenderlo e scrivere i rapporti, non osavo neanche addentrarmi in quella landa selvaggia che era la rete.
Comprendevo il potenziale bellico del computer e della rete ma non ero molto brava ad usarli; infatti, preferivo di gran lunga avere tutto stampato: non mi fidavo di quell’attrezzo e non mi fidavo delle mie competenze, sospettavo che sarei stata in grado di regalare allo Stato informazioni preziose senza accorgermene.
 
“Bene, i loro rifornimenti ci metteranno un po’ ad arrivare, oramai controlliamo buona parte del mercato bellico di quest’area, se vogliono ottenere rifornimenti dovranno arrivare da lontano.” Pensai ad alta voce mentre controllavo i dati che stava studiando Andrea attraverso gli occhiali.
“Uhm… Ribelle c’è qualcosa che non torna. Dai rapporti risulta che hanno ingaggiato pochi combattimenti in campo aperto e abbiano prediletto degli scontri a distanza, per questo sono a corto di missili, però, da quello che i ragazzi hanno trovato sembra che le loro riserve di gas, granate e proiettili siano tutto fuorché scarne. Temo che stiano conservando le energie in attesa dei rinforzi.” Mi disse Andrea continuando a studiare tutti quei dati ad una velocità impressionante. “Plausibile, soprattutto se consideriamo il fatto che a nord gli scontri si stanno concludendo, vedi di scoprirne di più, e scopri chi comanda lì, voglio un rapporto completo.” Lo avvisai mentre la porta sud veniva aperta.
 
Ad accoglierci c’era un piccolo gruppo di persone in cui svettava il maresciallo Stefano Glavin, un giovane tritone alto quasi quanto un centauro e dalle spalle larghe e la pelle d’un azzurro chiaro. A seguire distinsi l’uomo a capo della missione il primo capitano Jacopo Orris: un uomo sulla trentina dai capelli bianchi tenuti cortissimi che evidenziavano maggiormente le corna ondulate e gli occhi rossi tipici dei demoni nordici, molto più basso e mingherlino del suo tenente ma non era certamente per le doti fisiche che si fa carriera. Attorno a loro c’era un piccolo gruppo di soldati dall’aria malaticcia.
 
Appena scendemmo io e Oreon tutti si misero sul attenti. “Soldati! Salutate il Generale Ribelle e il generale Riviera.” Ci salutarono scattando sul attenti.
“Riposo soldati.” Ordinai e subito tutti eseguirono, tanti anni e ci dovevo ancora fare l’abitudine a certe cerimonie. “Primo Capitano Orris, questi sono tutti i suoi uomini?” Domandai un po’ preoccupata non notando molta gente neppure ai posti di vedetta.
“No generale, questi sono solo i feriti leggeri e i ragazzi che si sono appena ripresi, la maggior parte è a difendere la fortezza.” Sorrisi sotto la maschera. “Molto bene Orris. In che condizioni sono i suoi uomini?” Domandai mentre mi avvicinavo al primo capitano che, notando la mia soddisfazione, si sciolse un po’.
 
“Abbiamo un discreto numero di feriti, ma le scorte ci arrivano regolarmente, il problema principale a questo punto è il morale dei ragazzi: essere bombardati per una settimana intera non rallegra il morale e quei bastardi ci hanno fatto perdere più di un bravo soldato. Altro problema sono i missili, non ce ne arrivano mai abbastanza, ci attaccano quasi ogni giorno e non possiamo attuare un attacco alla loro fortezza perché hanno disseminato il campo di mine-assassine, sappiamo di almeno due corridoi sicuri ma è comunque troppo pericoloso per un attacco in massa.” Mi spiegò il primo capitano mentre io e lui camminavamo verso la torre di vedetta principale. Mentre Oreon si guardava attorno studiando la situazione.
 
“La ex-base S.C.A. a est è sotto il loro controllo?” Domandai ricordandomi che da lì sarebbe stato possibile aggirare facilmente le linee nemiche data la presenza di edifici ancora integri che avrebbero potuto fornire da naturale copertura. “Purtroppo sì signora, abbaiamo già provato questa strada per riprendere la parte Nord della città ma non ci siamo riusciti: hanno riempito quella zona di cecchini e di piccole squadre fornite di mitragliatrici.”
Feci schioccare la lingua seccata. “Il maresciallo Glavin ha perso molti uomini del suo plotone, mentre il luogotenente Freic invece… non ce l’ha fatta, alcuni uomini del suo plotone sono vivi per miracolo.”
“Il luogotenente Elene Freic?” Domandai ricordandomi di quella giovane ninfa che era riuscita a ribaltare una situazione disperata a suo favore permettendoci di conquistare Velisis non troppo tempo prima. Era forte, intraprendente, promettente e piena di vitalità, malgrado la situazione del cazzo in cui vivevamo, non riuscivo a credere che fosse morta.
 
“Sì, signora, era un buon soldato e un ottimo luogotenente. È stata una brutta perdita: ha salvato la vita a molti ragazzi durante la ritirata di due giorni fa.”
“Lo immagino…” Stinsi un istante gli occhi per riacquisire la concentrazione e tornai a parlare di strategia, non c’era tempo per le lacrime. “Il morale mi sembra basso, forse è il caso di prendere il quartiere a nord-ovest.” Pensai ad alta voce.
“Generale, con tutto il dovuto rispetto, ci abbiamo provato, ma è impo…” Orris si beccò una mia occhiataccia e lo vidi rimpicciolirsi d’innanzi a questa.
“Se dice quella parola si può considerare sollevato dall’incarico, Orris. È molto difficile, non impossibile! Dammi una cartina del posto e illustrami ciò che sapete, vedrai che in meno di sei ore avremo un piano d’azione.” Decretai mentre uno spaventato Orris faceva cenno di sì con la testa e ordinava al maresciallo Glavis di chiamare gli altri ufficiali. Tutti lo sapevano: io non minacciavo mai a vuoto, ero molto più paziente di quando ero una ragazzetta, ma certi vizzi ti rimangono appicciati come una seconda pelle.
 
 
“Ribelle hai già un piano d’azione, vero?” Mi domandò Oreon mentre ci avvicinavamo alla sala degli ufficiali. “Più o meno. Stavo pensando alla manovra Verdecampo.” Dissi divertita. “Oh… Di… Ribelle, no.” Mi riprese Oreon a mezza voce. “Oh, avanti, io adoro quella manovra.”
“Io la detesto invece, è umiliante.” Disse Oreon seccato. “Non per me.” Gli feci notare. “Ribelle, no, è rischioso. Siamo in una cittadella del cazzo, non ci sono nascondigli così efficienti qui.”
“Andiamo, devo solo rivedere i dettagli ma funzionerà.” Dissi convinta. “Certo, i dettagli. A Caio è riuscita perché era in piena montagna, dove è facile nascondersi, qui si vede tutto a trecentosessanta gradi fino a che occhio vede!” Oreon odiava la manovra Caio principalmente perché Caio, grazie a quella manovra, era riuscito a conquistare molti territori che Oreon aveva perso qualche mese fa, quei due erano rivali da sempre, soprattutto perché Caio era diventato generale di brigata per queste sue azioni.
 
“Dai Oreon, non ci pensare, Caio è bravo a difendere l’altipiano dei nani, ma tu sei il mio secondo, tu sai fare una cosa molto più importante che vincere battaglie.” Gli dissi portando il suo sguardo scettico su di me.
“E sarebbe?” Domandò fissandomi dal alto con i suoi occhi marroni con una leggera sfumatura arancione che mi avevano sempre rincuorato, anche da bambini.
“Sai farmi ragionare. Il motivo che ti ho nominato mio secondo è che tu più di tutti sei in grado di dirmi le cose in faccia senza timore, e perché sai tenere a mente la situazione generale, senza mai dimenticare i micro-obbiettivi da raggiungere.” Dissi mentre entravamo nella sala. “Per di più sei trai pochi che sa placare il mio caratteraccio, senza di te rischierei di compiere scelte di cui dopo me ne pentirei.
“Vorrei ben vedere, ci conosciamo da quando eravamo al asilo, ti ho letteralmente tolto le caccole dal naso, so come gestirti.” Disse con orgoglio, io e Oreon ci eravamo sempre intesi sebbene io fossi il contrario di lui per carattere: io ero una bomba ad orologeria, lui era calmo e posato in tutto, tranne in battaglia, lì si trasformava in un mostro devastatore e portatore di morte. Però lui era l’unico trai miei ufficiali a cui avrei dato il permesso di bloccarmi anche con la forza se stavo facendo una pazzia, lo sapeva bene, ma ogni tanto era bene ricordarglielo visto che non lo ringraziavo mai abbastanza.
 
Oreon mi sorrise e mi strofinò il capo sotto lo sguardo esterrefatto del tenente Orris, molti ufficiali sapevano che io ero molto concessiva verso chi combatteva al mio fianco, ma Orris era decisamente un testone fissato con l’etichetta e i gradi, ma lo capivo: affezionarsi a qualcuno può essere doloroso.
 
 
“Primo capitano Orris questi sono tutti i piani d’azione?” Domandai abbassando lo sguardo sulle innumerevoli cartine riempite di segni a matita, puntine da disegno, note e calcoli. “Sì, generale, questo è tutto quello che abbiamo.” A quella affermazione mi strofinai gli occhi e cercai di mettere a fuoco una possibilità che non ci costasse troppo in termini di vite umane e risorse e, possibilmente, non implicasse la totale distruzione della città e, tutto ciò, ricordandomi che questo campo minato pullulava di civili.
“Avete già provato per questa via a ovest, giusto?” Domandai indicando un tracciato pieno di piccole x rosse, ovvero zone piene di mine. “Sì, generale.”
“Come hanno fatto a nasconderle in quella zona, in teoria dovrebbe essere cementata?” Domandai. “Ci sono stati dei crolli Generale, già dal nostro primo passaggio in questa zona, avevano appena iniziato i lavori per spostare le macerie quando ci siamo ritirati qui. L’esercito del Governo deve essersi intrufolato in quella zona mentre ci stavamo ancora riorganizzando e lottando per tenere questo quartiere, l’altro ieri.”
“Va’ bene. Quindi la nostra unica opzione è a Nord-ovest.” Dissi indicando la vecchia cattedrale della città. “Per nostra sfortuna sì Generale.”
 
 
A quel punto Oreon fece cenno a Nim, il suo assistente tutto-fare, per così dire, di far vedere le altre mappe. Nim era una ragazzina di forse ventitré anni che se non fosse stato per le enormi ali verdi e azzurre l’avrei scambiata per una folletta da quanto era bassa, compensava questo suo difetto con una mira incredibile, prima infatti era una tiratrice scelta, e aveva un acume non indifferente. La vidi faticare ad aprire a dovere la mappa sotto lo sguardo divertito di Arlo e Caino, rispettivamente la mia guardia del corpo e quella di Oreon, che dal alto del loro metro e novanta sghignazzavano silenziosi, concedendosi un labbro appena inarcato verso l’alto. “Ci vuole tanto Tenente Afrosia?” La riprese Oreon chiaramente incazzato. Nim abbassò lo sguardo e rispose. “Signior no, signore.” Ed estrasse la cartina giusta e la appese alla parete con l’intervento di un dito di Caino che per pietà la aveva aiutata. Orris e Di Novare stavano fissando Nim seccati e li capivo, non c’era tempo per i teatrini.
“Fatto signore.” Disse Nim chiaramente imbarazzata. “Torna al tuo posto Tenente.” Nim abbassò lo sguardo e si nascose tra i due colossi di muscoli che aveva accanto.
 
 
“Primo Capitano Orris è a conoscenza del quadro totale?” Domandai e questi fece un leggero cenno con la testa un po’ vago, non era né un sì né un no. “In questi due giorni ci sono stati fin troppi cambiamenti e tutti fulminei, temo di non essere totalmente aggiornato anche perché adesso sto pensando ai miei soldati Generale.” Apprezzai la risposta schietta, e accennai di non farsene una colpa, probabilmente anche adesso stavano avvenendo cambiamenti e le nostre ultime mappe potevano essere già datate, sperai solo che non fosse nulla di drastico.
Da quando due giorni prima mi era arrivata notizia che i nostri confini erano caduti improvvisamente tutto il resto si era trasformato in un’idiozia di poco conto. Ci aveva obbligati a dare ordini in tutte le direzioni per riuscire a controllare la situazione.
Natius si stava occupando della resistenza della zona dell’altipiano del Sorge ma se la situazione non cambiava entro breve avremmo dovuto stipulare dei trattati per riportare migliaia di soldati, infermieri e civili che combattevano e che ci supportavano nei territori della Neorepubblica: avrebbe potuto significare la sconfitta definitiva.
 
 
“Beh, non credo che serva essere un genio per capire che se non riprendiamo i territori persi lasceremo totalmente isolato l’altipiano del Sorge.” Iniziai indicando la zona a Nord dello stretto di Juli, Orris mi guardò confuso.
“E cosa centrano i miei uomini in questa questione?” Aveva già capito cosa gli stavo per ordinare ma doveva sentirlo uscire dalle mie labbra. “Domani partirà un gran numero di soldati da Veliesis, ogni singolo soldato veterano disponibile per il combattimento e numerose reclute che non hanno ancora conosciuto l’inferno, tra tre giorni saranno qui. Per allora dobbiamo creare un corridoio sicuro verso la città vicina di Vitale. In che significa che quella base deve cadere entro tre giorni Capitano Orris.” Gli occhi rossi di Orris brillarono di terrore. “Generale, con tutto il dovuto rispetto: è un’operazione suicida.”
“Lo so. Ma o li blocchiamo qui o raggiungeranno Veliesis a breve e sa che è pieno di rifugiati politici e volontari che stanno facendo di tutto per salvare tutte quelle persone. Se arrivano a Veliesis saremo punto a capo a sei mesi fa.”
 
Lessi negli occhi di Orris il suo conflitto: il bene di tutti o la vita dei suoi uomini. A quanto pareva Orris era un uomo d’onore. “Tre giorni non bastano. Anche se sacrificassi me e i miei uomini fino all’ultima goccia non basterebbero.”
“Quanti gliene servono Capitano?” Domandai guardando il Primo Capitano negli occhi ma questi li socchiuse come a soppesare le possibilità.
“Con queste risorse? Una settimana minimo.”
 
 
Ci riflettei un secondo e guardai Oreon. “A Nord possono reggere per una settimana.” Accennai di aver capito e riportai la mia attenzione a Orris.
“Molto bene. Tra due ore arriverà da Est la squadra del Capitano Neruga, sarà lei a distrarre la base nemica e a impedire che possano arrivargli supporti, nel frattempo voi e i vostri uomini dovete creare un corridoio sicuro, in direzione Nord-ovest. Costi quel che costi, anche se doveste lavorare giorno e notte fino allo sfinimento.”
 
Vidi lo sguardo di Orris tremare: Neruga era stata una sua vecchia compagna d’armi, era logico che si preoccupasse della sua sicurezza.
“E... la squadra del Capitano Neruga, Generale?”
Mi morsi il labbro, ho sempre odiato questa parte del mio lavoro. “La loro sopravvivenza dipende da voi, quanto la vostra dipende da loro. Meno giorni ci impiegherete, meno perdite ci saranno.”
Orris guardò la mappa, probabilmente si stava chiedendo quale fosse lo scopo di tutto questo.
 
“Qual è il piano di riconquista, Generale?” Mi domandò. “Questa è stata un’idea del Generale Riviera, non mio. Comunque sia il piano è questo.” Dissi indicandogli la linea di difesa che eravamo riusciti a costruire in mesi di duro lavoro, una striscia di terra di appena cinque chilometri per mille che connetteva la regione dei Fiumi all’altipiano del Sorge. “Questa linea di difesa è debole, e non riusciremo a riconquistarla in tempi decenti, abbiamo deciso di cambiare approccio. Il nostro obbiettivo è Calante. E dobbiamo riuscirci in massimo tre mesi o il Nord si ritroverà costretto a ritirarsi. Se prendiamo Calante abbiamo un’immensa striscia di terra facilmente difendibile per raggiungere il Nord e, soprattutto, l’accesso all’Est. Ma se non ci riusciamo impiegheremo il quadruplo delle forze e delle energie per riconquistarlo.” Vidi il capitano Orris grattarsi il mento sovrappensiero.
“Generale… non posso garantirle nulla tranne che ogni mio uomo lavorerà come dieci a costo di creare quel corridoio.”
Sorrisi da dietro la maschera. “Questo mi basta.” Dissi con orgoglio.
 
 
“Nim, i piani.” Disse Oreon che iniziò a spiegare minuziosamente cosa avrebbero dovuto fare per creare quel corridoio sicuro. Oreon Aveva studiato minuziosamente ogni passaggio da compiere dentro la città e Orris stava colmando le sue zone d’ombra mentre io ricordavo loro i fattori esterni che avrebbero potuto interferire. Ad un certo punto il Maresciallo Galvin ci fece notare che era più saggio far passare tutti per un terreno battuto che costeggiava i frutteti della zona invece di passare per la zona industriale dato che era al difuori della gittata delle loro armi, e dato che non avevano dei cannoni terra-terra adatti ad uno scontro a lunga distanza, praticamente non avrebbero potuto colpirli neanche se li avessero scoperti il che sarebbe stato utile quando avremmo dovuto far passare il grosso dell’esercito.
I rischi c’erano ma erano tollerabili.
 
 
A riunione conclusa era notte inoltrata. “Dica ai suoi uomini di prepararsi Orris.”
“Certamente Generale, faremo del nostro meglio.”
Sorrisi da sotto la maschera, sapevo che ci sarebbe riuscito perché Negura era dall’altra parte a rischiare la vita per lui. Anche se erano passati anni sapevo che il legame tra commilitoni si spezza difficilmente.
 
 
Una volta che io e il mio gruppo tornammo nel camion Oreon mi rivolse la parola. “Calante non cadrà facilmente, il numero di uomini che dobbiamo impiegare per questa missione sarà contingente.” Mi fece notare Oreon. “Allora ogni soldato dovrà combattere fino a quando avrà fiato in corpo. Perché non ci possiamo permettere di isolare l’altipiano di Soreo, o tutti gli sforzi di Caio… del generale Natius saranno inutili.” Spiegai mentre guardavo la mappa sotto lo sguardo attento Nim.
Sentivo che stava cercando di capire cosa io ed Oreon avessimo in mente, quale fosse il nostro piano e quale pezzo del puzzle le mancasse per capire cosa rendesse la conquista di Juli, l’antica capitale di un regno elfico oramai caduto da secoli oramai ridotta a meta turistica, così importante per noi.
 
“Comunque vada Ribelle sappi che questi sono gli ultimi mesi a nostra disposizione, indipendentemente dalla nostra posizione, dobbiamo procedere come stabilito. Perché se veramente funzionasse potrebbe ribaltare le sorti della guerra a nostro favore o rafforzare la nostra vittoria.”
Sorrisi stancamente da dietro la maschera, un sorriso invisibile celato dalla stoffa rossa, ma non per Andrea o Oreon che sorrisero a loro volta.
 
“Comunque sia ho una buona notizia: hanno ripreso il Ferir. Di Novare ha detto che starà lì e si assicurerà che i nostri uomini possano lavorare in pace. Per quanto riguarda l’altra cosa Ribelle… ha detto di non ti devi preoccupare, sostiene che i suoi compagni di squadra sono brillanti e che si fida delle capacità del sottotenente Judizio abbastanza da affidargli la sicurezza del Gate. Ha detto che reggeranno fino a che sarà necessario.” Ci informò Andrea placidamente.
“Finalmente una buona notizia.” Commentò Oreon. “Almeno sulle tre Cime le cose stanno andando a dovere, abbiamo perso troppi uomini per quei territori.”
 
 
“Lo so, spero solo che Dennisss…. Denin abbia ragione.” A quelle parole sentii i loro sguardi preoccupati, Nim non capì, ovviamente, ma era abbastanza intelligente da capire che c’era qualcuno trai miei pensieri. “Ragazzi, andate un attimo fuori, i grandi devono parlare di una cosa.” Disse Andrea e subito tutti uscirono senza porre domande, restarono solo le due persone che mi conoscevano da una vita.
 
 
“Diana ascolta, se me lo chiedi mando una squadra a recuperarlo, basta che tu me lo chieda, davvero. Anche le cose si mettessero male manderei qualcuno a recuperarlo, lo sai.” Lo sapevo ma il solo pensiero che le cose potessero andare male non doveva passare per la mia testa in questo momento. “Lo so, lo so… ma se lo facessi so già che mi odierebbe.” Pensai a mezza voce e a capo chino, strinsi un attimo i denti e scacciai via quei pensieri scuotendo la testa. “Ma non sarà necessario. Dennis è sveglio, sa come non farsi ammazzare. Devo fidarmi di lui, e poi adesso abbiamo problemi ben più grossi da gestire, non posso farmi prendere dai sentimenti.”
E mentre dicevo questo sistemai la mia maschera: avevo sentito il velo allentarsi.
Andrea fece uno sguardo corrucciato e rivestì il suo ruolo da capo dei servizi segreti. “Molto bene. Allora, comunico a tutti di procedere?” Mi domandò dirigendosi alla sua sedia.
“Sì.”
 
Fu così che iniziò uno dei periodi di conquista più accaniti della guerra. Avanzavamo imperterriti a costo della vita di migliaia di persone, annichilendo ciò che ci ostacolava, ciò che restava del nostro passaggio erano solo macerie. Territori che avevamo impiegato mesi a conquistare la prima volta e che avevamo perso in tre giorni vennero recuperati, centimetro dopo centimetro, città dopo città. E un passo alla volta generavamo una tenaglia che stava mettendo a dura prova le forze nemiche che stavano ancora tentando di rimettere in sesto i punti strategici rimasti gravemente danneggiati dalle innumerevoli guerriglie che c’erano state in quei territori da più di un anno.
Fu così che, nel giro di un mese, arrivammo nella provincia di Calante e tutto il mondo sapeva che se Calante fosse stata conquistata la via per Jiuli sarebbe stata spianata.
Poiché non importava quanto fosse la gittata dei loro cannoni, non importava quanti missili avessero: l’altipiano di Soreo a Nord era in mano nostra e a Sud c’era solo un forte che avrebbe potuto difendere Jiuli dall’alto, e questo era il Ferier, ma anche quello era in mano nostra e finché lo fosse stato Jiuli avrebbe avuto una pistola puntata alla testa.
 
 
Ma prima che questo avvenisse dovetti tornare a Valiesis.
Era il 17 di marzo e tutti gli ufficiali di alto grado a Sud coinvolti nell’operazione si ritrovarono in una ex-discarica per discutere sui nuovi piani.
Inutile dire che su certi punti ci scannammo: a molti non piaceva l’idea di fare un’azione così prepotente. Avevamo sempre agito con la tattica di sfinire i nostri avversari obbligandoli ad usare molte risorse ed energie mentre noi agivamo nell’ombra e compivamo attacchi rapidi e mirati, questo ci aveva permesso di procedere con la costanza di un fiume che corrode la roccia.
 
 
Tuttavia, la situazione era cambiata: a Defili volevano risultati prima di proporre delle trattative per la pace, e questo doveva sembrare un atto di misericordia, non un disperato tentativo di coprire il fatto che non potevamo più sostenere la guerra.
Per questo dovevamo dare il tutto per tutto.
Galahad e De Solis mi avevano persino concesso di stringere un’alleanza con gli Ashari per le riserve di petrolio e per avere un supporto nelle regioni a sud-est malgrado fossero considerati da tutti dei briganti del deserto. Tuttavia, i vantaggi tattici che ci fornivano erano enormi quindi adesso dovevo tenere fede alla mia parte del contratto, e per fare ciò avrei dovuto conquistare Levante prima della fine del anno.
 
 
Fu in quella sede che fui costretta a svelare certi dettagli sulla nostra situazione ai piani alti dell’esercito senza troppe mezze misure.
Molti protestarono ma Andrea bloccò le loro lamentele con fermezza.
“Molto bene allora, continuate a combattere, continuate davvero, e nel giro di cinque anni al cittadino medio non basterà uno stipendio per farsi la spesa settimanale. Poi cos’altro succederà…? Ah, giusto vi sarà un calo demografico devastante, avremmo ridotto del 50% la popolazione dei nati tra il 22 e il 27, e le fabbriche potranno fornirci non più di dieci proiettili al giorno. Ora, se questa vi sembra una prospettiva allettante, fate un bel colpo di stato, prendete il controllo dell’esercito e procedete pure. Oppure la smettete di comportarvi come quei coglioni contro cui abbiamo combattuto per quindici anni e fate il vostro dovere in quanto Ribelli.”
Sentirsi sbattere la realtà in faccia non sarà piacevole ma almeno riesce a mettere un minimo di sale in zucca. E su questo Andrea era maledettamente bravo.
 
 
Nel giro di dodici ore riuscimmo a raffinare un piano abbastanza efficacie da permetterci di conquistare l’antica strada elfica che fin dalla prima Era quell’ampia valle generatasi millenni fa a causa di un ghiacciaio rappresentava la via più veloce per le comunicazioni tra l’Est e l’Ovest, e l’unico punto in cui quella specie di muraglia naturale tra i due punti cardinali si interrompeva.
 
Discutemmo a lungo mentre in sottofondo sentivamo i cadetti che lavoravano alla bonifica di quella ex-discarica.
La voce di Orion che impartiva ordini era inconfondibile.
 
 
“Bene, adesso avete i vostri ordini. Potete andare.” Decretò Oreon e, una volta che la maggior parte degli ufficiali se ne fu andato, Andrea si sedette accanto a me. “In una scala da zero a cento, quando sei convinta di questo piano?”
Ci ragionai un secondo. “Settantacinque.” Risposi senza troppi dubbi.
“È la media più alta che ti ho sentito dire da molto tempo.” Commentò Oreon e a quelle parole Andrea ridacchiò.
“Allora siamo tranquilli. Le previsioni del nostro Generale sono sempre accurate. Ora scusatemi, ma devo partire per Defili, oramai la squadra che ha attuato l’incontro con gli Ashari dovrebbe essere tornata. Vi farò sapere a breve i nostri accordi.”
 
Così dicendo Andrea uscì dalla tenda e restammo solo io e Oreon.
“Dobbiamo dormire, questa settimana avremmo accumulato sei ore di sonno in totale.” Accennai di aver capito. “Sdraiamoci in branda per quattro ore, poi andiamo a Veliesis e procederemo come stabilito. E facciamo riposare anche le nostre guardie, hanno dormito meno di noi in questi giorni.”
Oreon accennò di aver capito. “Dirò ad Orion di mettere di guardia qualche pivello.”
Così dicendo uscì, e a me bastò sdraiarmi su quella specie di sacco di iuta che chiamavo letto e crollai addormentata con ancora gli stivali e le armi cariche addosso.
 
 
 
Se può consolare qualcuno fu un sogno senza sogni, di quelli pesanti e profondi che si fanno quando si è talmente stanchi da non rendersi nemmeno conto di essere crollati.
Non facevo sogni tranquilli da anni oramai e raramente avevo più di quattro ore di sonno in corpo, non per niente ero praticamente dipendente dalla teina e, quando me la potevo ancora permettere, dalla caffeina.
 
 
Il mio risveglio fu brusco.
Sentii qualcuno sfiorarmi il braccio e il mio corpo venne investito dalla adrenalina, estrassi il pugnale dal suo fodero con la destra, mentre con la sinistra afferravo il bavero del nemico. Rotolai a terra fino a quando non ebbi il mio avversario bloccato, la sua schiena appoggiata al mio petto e il coltello che sfiorava la sua gola. Lo dovevo uccidere, o lui avrebbe ucciso me.
Non potevo permettermi il lusso di risparmiarlo perché era un ragazzino spaventato come me!
Qualcuno bloccò la mia lama, così inizia a combattere per riuscire a riprendere controllo della mia arma. Dovevo recuperare la pistola e prendermi cura anche di questo qui.
 
“Generale, si calmi!” Riconobbi subito la voce e fu come ricevere una doccia fredda che mi riportò alla realtà. Era Arlo e adesso i suoi occhi azzurri come il ghiaccio mi stavano fissando preoccupati, difficile dire se per me o se per il soldato che avevo quasi ammazzato, sentivo il suo sangue del ragazzo. La sua pelle era scura, poco più della mia, era della regione di Ash-thar o Alto-Colle. Mollai lentamente la presa e mi trovai di fronte due occhi neri terrorizzati, e un rivolo di sangue che scendeva sul suo collo e sporcava le mie dita.
 
“Luca! Tutto bene compare?” A parlare era stato un ragazzo dalla pelle azzurra e gli occhi verdi che aiutò l’altro ragazzo ad alzarsi. “S-sì… c-credo di essermela fatta sotto…” Ammise il ragazzo con un sorriso tremante mentre io a stento riuscivo ad allentare la presa sul coltello.
Avevo avuto un flashback, ero di nuovo sulla foce del Och, stavo nuovamente combattendo per la vita. Cercai di respirare e di tornare al presente ma a quanto pareva il mio cervello non era ancora soddisfatto, dovevo soffrire ancora.
 
Sapevo cosa stava per succedere, la mia vista si era appannata, e ogni suono si era fatto ovattato. Come quando si immerge la testa sott’acqua. Trattenni il fiato e iniziai a contare mentalmente prima di espirare: 1641, 1642, 1643, 1644, 1645, 1646, 1647, 1648, 1649, 1650….
Espirai lentamente mentre cercavo di riprendere controllo di me: ero al sicuro qui, non c’è nessuno che mi avrebbe fatto del male. Non dovevo andare in iperventilazione, non potevo concedermi di crollare, dovevo tirare avanti ancora un po’, solo qualche mese, solo qualche anno.
Solo altri tre anni ed era tutto finito! Niente più guerra, niente più Generale Ribelle. Sarei stata libera!
 Avrei riabbracciato Dennis! Sì, Dennis, dovevo pensare a lui, al mio ragazzo, al modo in cui si stringeva a me da piccolo, il profumo dei suoi capelli scuri appena lavati, al modo in cui quegli occhi dorati mi fissavano e studiavano.
 
 
Mi sentii sollevare di peso da Oreon, capii che era lui dal tocco e andai avanti come un automa. Farfugliai qualcosa ai ragazzi facendo forse una mezza battuta sul fatto che bisognava stare sempre allerta. E raggiunsi il camion, solo lì Oreon mi tolse la maschera e lasciò che mi sfogassi.
 
Mi aggrappai a lui come una bambina e aspettai che l’attacco di panico passasse.
Lasciai che i tremori ai miei muscoli svanissero, che le lacrime si fermassero e che il mio respiro si regolasse prima di parlare.
“Scusa…” Sussurrai come una bambina che aveva appena stata colta in fragrante nel rompere il vaso dei genitori. “Shhhh… tranquilla. Siamo una squadra no? Oggi è toccato a te, domani toccherà a me.”
Le sue parole non mi consolarono.
E io che speravo di poter concludere la giornata in maniera decente.
   
 
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