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Autore: DDaniele    01/05/2022    0 recensioni
Yūta e Inumaki si recano a Fukuoka per affrontare una maledizione. Tuttavia, Yūta teme che Inumaki, per via di un recente incidente, non sia pronto ad affrontare un potente nemico. Per questo motivo, Yūta vive un dilemma interiore: chiedere a Inumaki di partecipare alla missione e metterlo potenzialmente in pericolo oppure lasciarlo al sicuro ma ferirne il morale? Alla fine, Yūta e Inumaki prendono questa difficile decisione insieme.
Nota: contiene un lieve spoiler dal manga che chi segue l'anime potrebbe non conoscere.
La storia è stata scritta come parte della challenge MayIWrite Giorno 1 basata sui prompt 1 (Decisione difficile), 2 (Ambientazione marittima) e il Bonus Immagine. La challenge è stata indetta dal gruppo Facebook "Non solo Sherlock."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Inumaki Toge, Okkotsu Yuta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
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   A Yūta piaceva osservare il paesaggio fuori dal treno in corsa. Durante i suoi numerosi viaggi, Yūta prendeva spesso il treno proprio per questo motivo, preferendolo a mezzi più veloci come l’aereo. Nonostante la minore celerità, Yūta poteva prendersi del tempo per sé e far vagare la mente, a volte per dimenticarsi di un problema, altre volte per concentrarsi, all’opposto, proprio sulla risoluzione di un problema, che non di rado si presentava a lui come per magia. Per accompagnare i suoi pensieri, Yūta non trovava di meglio che guardare il paesaggio che sfrecciava rapido oltre il vetro del vagone. Con una pigrizia trasognata, Yūta si girava di tre quarti sul suo sedile e osservava fuori, lasciandosi incantare dal susseguirsi di colori, come il giallo della campagna, il verde dei campi coltivati e il grigio cenere delle metropoli, che nella sua immaginazione si davano rapidi il cambio, sostituendosi come le pesanti pennellate cariche di colore di un quadro di Van Gogh.
   Anche stavolta, Yūta si sistemò a tre quarti sul sedile del treno e osservava fuori dal finestrino. Rispetto alle altre occasioni, tuttavia, Yūta aveva anche un altro soggetto da contemplare. Se infatti in genere viaggiava da solo, inviato dall’istituto di arti occulte in una missione individuale, questa volta Yūta era accompagnato da Inumaki, che sedeva sul sedile alla destra di Yūta, intento anche lui ad ammirare il panorama. Grazie alla presenza di Inumaki, Yūta poteva dedicarsi a contemplare ben tre cose: il paesaggio fuori dal finestrino, Inumaki, il suo fidanzato, e infine le reazioni e le espressioni che Inumaki aveva mentre anche lui osservava il paesaggio. Tra questi tre elementi, Yūta concentrò ben presto la sua attenzione su Inumaki.
   Yūta studiò divertito le espressioni che si susseguivano come danzando sul viso di Inumaki. Poco prima di arrivare alla stazione centrale di Fukuoka, Yūta vide Inumaki sorridere quando scorse il mare. Inumaki si girò verso di Yūta e lo chiamò per nome: “Yūta” per invitarlo a guardare con lui la distesa del mare blu che si stendeva a un paio di chilometri di distanza dal loro treno. Yūta vide la bocca di Inumaki stendersi in un sorriso contagioso che illuminò tutto il suo viso. Rapito dalla bellezza del suo ragazzo, Yūta accarezzò con le dita la guancia di Inumaki. Questi non si imbarazzò, abituato com’era ai gesti di tenerezza che Yūta gli prodigava sempre. Piuttosto, rise divertito al tocco delle dita di Yūta che si soffermavano sulla sua guancia facendogli un lieve solletico.
   Poco dopo, il paesaggio cambiò nuovamente e una serie di giardini prese il posto del mare. L’espressione di Inumaki cambiò repentina come in un caleidoscopio. Dalla meraviglia per il mare, Inumaki provò adesso divertimento nell’osservare il giardino di un asilo nido dove i bambini erano riuniti in vari giochi. L’espressione sul viso di Inumaki passò a un gioia genuina e le sue labbra da sorridenti passarono a esprimere felicità, prendendo una forma rotonda come una O. Yūta accompagnò questo movimento del viso di Inumaki portando le dita al centro della guancia. Osservando i bambini dell’asilo e agitando un braccio per rispondere al saluto che alcuni di questi gli rivolgevano, Inumaki si sbracciò divertito e, agli occhi di Yūta, questo atteggiamento ricordò proprio quello di un bambino. Ammaliato, Yūta premette le dita sulla guancia di Inumaki dandogli un pizzicotto. Inumaki si girò verso Yūta e lo chiamò per nome, la voce imbronciata come un bambino.
   Poco dopo, il treno entrò nella stazione centrale di Fukuoka. Inumaki scese dal sedile e allungò il braccio destro per prendere il suo zaino da viaggio dal portabagagli che si trovava sopra la fila di sedili. Non appena Inumaki fece per tirare giù lo zaino, il treno si fermò facendo perdere a Inumaki l’equilibrio. Per evitare che Inumaki cadesse, Yūta gli cinse veloce un braccio intorno alla vita per aiutarlo a tenersi in piedi. Grazie all’aiuto di Yūta, Inumaki riuscì a sorreggersi e prese il suo zaino. Ancora stretto nell’abbraccio, Inumaki alzò lo sguardo verso il viso di Yūta, più alto di lui, e sorrise con un cenno del capo per ringraziarlo. Dopodiché, Yūta prese anch’egli il suo bagaglio ed entrambi scesero dal treno.

   Dopo aver posato gli zaini nella loro camera d’albergo, Yūta e Inumaki si concessero una passeggiata in riva al mare. Inumaki prese per mano Yūta e camminò avanti guidando l’altro. Mentre passeggiavano, Inumaki osservava il sole del tramonto che tingeva il cielo e le nuvole di un rosso tenue. Quando ebbe trovato un luogo appartato, Inumaki si fermò sedendosi a terra. Yūta seguì i suoi movimenti e si sdraiò sulla bianca sabbia. Inumaki si sdraiò a sua volta e posò la testa sul petto del suo ragazzo, accoccolandosi contro il suo fianco e chiudendo gli occhi come se volesse dormire. Come sempre, la presenza di Yūta lo faceva sentire a suo agio e protetto, così abbassava la guardia come di solito non faceva.
   Mentre Inumaki teneva gli occhi chiusi, Yūta aggrottò la fronte e scoccò un’occhiata preoccupata sul fianco sinistro di Inumaki, là dove doveva esserci il braccio che il fidanzato aveva perso durante l’attacco a Shibuya. A distanza di pochi mesi dal fatto, Inumaki sembrava essersi abituato a convivere con la menomazione, affrontando a testa alta i problemi della vita di tutti i giorni, come lavarsi, bilanciare il corpo durante gli allenamenti e le altre piccole insidie della vita quotidiana. Tuttavia, Yūta sapeva che la loro professione di sciamani dediti a purificare le maledizioni che minacciavano l’esistenza degli esseri umani presentava pericoli di ben più grave portata. L’incidente sul treno, per quanto banale, aveva scosso Yūta dalla sua tranquillità ricordandogli le difficoltà che Inumaki aveva davanti a sé.
   Yūta era consapevole che Inumaki era un ragazzo forte e caparbio. Dopo tutto, affrontava sin da quando era piccolo già una prima, pesante menomazione: la mancanza della voce. Come molti degli altri capi clan specializzati nella lotta alle maledizioni, anche i genitori di Inumaki avevano anteposto i loro interessi a quelli del figlio, siglando per lui un patto che faceva sì che le altre entità, esseri umani e maledizioni comprese, eseguissero le azioni dettate dalla voce di Inumaki. Per evitare di fare involontariamente del male agli altri, Inumaki non parlava. Solo dopo aver conosciuto Yūta si era deciso a chiamare il suo fidanzato per nome. Altrimenti, Inumaki era costretto al mutismo. Sin da piccino, egli si era dovuto confrontare con questo enorme ostacolo, ma era riuscito ad aggirarlo.
   Per questo motivo, Yūta aveva fiducia che Inumaki potesse affrontare con successo anche l’amputazione del braccio sinistro. Dopotutto, Yūta era stato costantemente con Inumaki e ne aveva seguito i corsi di riabilitazione. Aveva visto che Inumaki si era abituato presto a usare solo il braccio destro per lavarsi, per allungarsi a prendere degli oggetti, per scrivere al computer i compiti di scuola, per allenarsi con gli altri compagni del secondo anno. Sì, Inumaki non si sarebbe mai lasciato abbattere da un problema esterno, grande o piccolo che fosse.
   Nonostante questi ragionamenti, Yūta non riusciva però a sentirsi tranquillo. Temeva che se le sfide si fossero accumulate, Inumaki avrebbe potuto venirne sopraffatto. Se Inumaki aveva imparato come stabilizzare il peso del corpo solo con il braccio destro, sul treno era bastata una frenata perché Inumaki perdesse l’equilibrio e rischiasse di cadere. E se una situazione simile si fosse verificata sul campo di battaglia? Inumaki poteva difendersi con il braccio destro e usare lo stesso i suoi poteri con facilità, grazie al fatto che le sua abilità erano collegate all’uso della voce. Per fortuna, l’amputazione del braccio non aveva ripercussioni sulla sua tecnica spiritica. Ma se i nemici fossero stati più di uno? Se avessero sopraffatto fisicamente Inumaki, questi forse non avrebbe potuto impartire i suoi ordini. Una situazione del genere si presentava piuttosto spesso. Da qui in poi, Yūta cadde in una spirale di angoscia crescente.
   Inumaki si scosse dal suo torpore, sollevò la testa dal petto dell’altro e disse:
   “Yūta.”
    La voce chiara e cristallina di Inumaki riscosse Yūta dai suoi pensieri. Si poggiò sui gomiti per darsi più stabilità e sollevò la testa verso di Inumaki. Questi rimaneva sdraiato lungo il corpo di Yūta, ma ora la sua testa si trovava alla stessa altezza di quella di Yūta e lo osservava con uno sguardo intenso. Le pupille ben piantate su Yūta, Inumaki lo guardava fisso in volto. Yūta sollevò di nuovo la mano e gli accarezzò la guancia.
    “Yūta” ripeté Inumaki. All’inizio confuso dalla reazione di Inumaki, Yūta non capiva cosa Inumaki volesse dirgli, ma lo sguardo deciso e il tono fermo della voce di Inumaki lo guidarono a comprendere. “Hai capito che ero preoccupato, vero?” Inumaki fece un lieve cenno di sì con il capo e gli passò le dita sui muscoli del petto e poi della mascella. Yūta si rese conto che tutto il suo corpo era contratto e da questo indizio si intuiva il suo nervosismo. Inumaki doveva averlo percepito, pensò Yūta. Si doveva essere reso conto della sua preoccupazione e doveva esserne risalito alla causa. Yūta abbassò la testa vergognoso, perché con la sua angoscia sentiva di aver offeso la dignità di Inumaki.
   “Yūta” Inumaki ripeté per la terza volta. Yūta alzò di nuovo la testa. Inumaki continuava a osservarlo con uno sguardo fermo e deciso. Non mi sono offeso, sembrava dirgli. Yūta si sollevò ancora sui gomiti e si protese verso Inumaki e lo baciò sulle labbra.
   “Scusami, non voglio dubitare di te” Yūta cominciò a spiegargli. “Sono solo preoccupato per quello che è successo. Te la senti di partecipare alla missione di domani? È il primo incarico a cui prendi parte dall’incidente. Potrebbe essere pericoloso. È per questo motivo che il preside dell’istituto ci ha assegnati entrambi a questa missione, quando prima, in genere, lavoravamo da soli. Anche lui e gli altri professori temono per la tua incolumità. Quando mi sono agitato prima,” Yūta confessò, “stavo prendendo una decisione. Volevo decidere se chiederti di rimanere in camera domani. Se non te la senti, posso andare anche io da solo ad affrontare la maledizione. Ho paura che tu ti faccia del male. D’altra parte, ho anche paura di ferire i tuoi sentimenti. Se ti lasciassi in stanza, sarebbe come dirti che non credo in te, che non tornerai ad avere una vita normale. Certo,” Yūta rise brevemente, “normale per i nostri assurdi standard.” Yūta si fece silenzioso per un momento.
   Inumaki gli rivolse un sorriso d’incoraggiamento e Yūta riprese a parlare. “Non riesco a prendere una decisione. Ho troppa paura di offenderti e di affossare il tuo morale. Ho paura che se ti lasciassi da parte tu potresti soffrirne.” Mentre parlava, Yūta si rese conto che, cercando di prendere lui una decisione per Inumaki, si era già comportato scorrettamente, perché gli stava togliendo la possibilità di agire secondo la sua volontà. Per riparare all’errore, Yūta capì che non poteva decidere lui per Inumaki, ma doveva lasciare che Inumaki decidesse per se stesso.
   Così glielo chiese: “Tu cosa vuoi fare? Preferisci rimanere in stanza al sicuro oppure venire ad affrontare la maledizione con me domani?” Lo sguardo di Inumaki si inumidì di lacrime di commozione. Il ragazzo dai capelli bianchi si protese sul petto di Yūta e lo baciò sulle labbra. Con quel gesto, Inumaki voleva ringraziarlo di averlo messo al corrente dei suoi pensieri. Lo ringraziava anche del supporto che gli forniva sempre, costante nel suo affetto. Infine, voleva comunicargli la sua decisione: il giorno successivo avrebbero affrontato insieme il nemico, così come avrebbero affrontato insieme ogni difficoltà nei giorni a venire.
   
 
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