Storie originali > Fantascienza
Segui la storia  |       
Autore: Doppiakappa    02/05/2022    0 recensioni
Roy Steinberg, sedicenne figlio dello scienziato più influente del 2085, si ritrova vittima di un particolare incidente che lo porta al contatto con una misteriosa sostanza extraterrestre. A sua insaputa, si ritroverà coinvolto in una serie di eventi che lo porteranno a dover salvare il mondo da un'enorme minaccia.
Genere: Azione, Romantico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Queen City, base Ægis, laboratorio di Niklas Gunnarson.
 
Tutta quella tecnologia pareva un’allucinazione agli occhi delle persone che entravano nel laboratorio di Niklas Gunnarson, sorteggiate a caso fra i tanti candidati, reclutati durante la settimana dall’Ægis. Quel giorno era il turno di due ragazzini e una donna: i primi erano stati salvati dalla fame della periferia, la donna era una delle prostitute liberate da Aren.
Il più giovane dei ragazzini si avvicinò timidamente a Niklas.

- Mi scusi… cosa dobbiamo fare? – chiese con una voce angelica, innocente.

- Devo solo farvi delle analisi, per piacere sdraiatevi sui lettini là in fondo. – rispose dolcemente il neurochirurgo, carezzando delicatamente la testa del piccolo castano, mascherando perfettamente la sua eccitazione.

- Mi perdoni la domanda, dottore, ma come potremo mai essere utili a questa associazione? Loro sono solo due ragazzini, io ormai ho una certa età…

- Non dovete preoccuparvi, il mio capo ha una mansione per ciascuno di voi, quello che ci importa adesso è la vostra salute. Non possiamo farvi lavorare se il vostro corpo non è perfettamente sano. – continuò a mentire lui. – Ora prego, prendete posto. – disse infine, invitando i presenti a sdraiarsi sui lettini al centro del suo laboratorio.

I due ragazzini e la donna eseguirono gli ordini, sdraiandosi e attendendo l’operato del dottore. Quest’ultimo attaccò diversi elettrodi al corpo dei pazienti, inserendo anche a ciascuno una flebo nel braccio.

- Non vi preoccupate, questo è un liquido per aumentare la circolazione del sangue, mi serve per eseguire analisi più accurate. – rassicurò i due bambini, visibilmente spaventati dall’ago. – Perfetto, ora vado a eseguire le analisi al computer, mi raccomando rimanete dove siete, è importante che non facciate movimenti bruschi. – disse poi, dirigendosi verso il suo terminale, chiudendo la porta della piccola cabina medica alle sue spalle.

I tre pazienti non erano in grado di sentire ciò che veniva detto al di là delle pareti insonorizzate della cabina, se non tramite un altoparlante che li manteneva collegati con il professore.

- Stato? – chiese Niklas a uno dei suoi assistenti.

- La soluzione vaso dilatante-magnetica è stata completamente iniettata nei pazienti.

- Iniziamo l’innesto del B.M.M.D. potenziato. – ordinò, prendendo in mano un terminale e digitando una serie di comandi.

- Innesto B.M.M.D. in esecuzione, inizio monitoraggio parametri. – rispose prontamente un altro assistente. – Attivazione blocco magnetico dei pazienti. – disse poi, azionando un comando dal suo terminale.

Improvvisamente, i due ragazzini e la donna si sentirono attratti verso il basso, come se la forza di gravità si fosse fatta dieci volte più intensa.

- C-Che succede?! Perché n-non riesco a muovermi?! – gridò spaventato uno dei due bambini.

- Non lo s-so piccolo, cerca di rimanere calmo. Ehi! Cosa sta succedendo?! – chiese minacciosa la donna, guardando verso il dottore senza tuttavia ricevere risposta. – Sto parlando con lei! Perché non risp… - improvvisamente il corpo della donna iniziò a contrarsi, facendola gridare dal dolore.

Anche i due bambini tirarono urla strazianti, in preda ad atroci convulsioni, arrivando addirittura ad avere la schiuma alla bocca.

- I parametri sono instabili! – commentò uno degli assistenti, analizzando uno dei tanti grafici.

- Fermi. È tutto nella norma, fra cinquanta secondi avviate il programma di adattamento neurale forzato. – si impose Niklas, riportando l’ordine nel laboratorio.

- Sissignore. – risposero gli assistenti, tornando immediatamente al lavoro.

Le urla si erano fatte sempre più macabre, i tre poveri pazienti sentivano come se il proprio corpo stesse venendo smembrato, provando un dolore che andava oltre ogni possibile cognizione umana.

- Cinque… quattro… tre… due… uno… avvio procedura di adattamento neurale forzato. – disse uno degli assistenti, azionando un programma del protocollo.

- Onde cerebrali instabili a cinquanta hertz… Signore, i parametri sono sette volte quelli normali!

- Non importa, seguite la mia procedura. Inondazione cerebro-forzata a cinquecento hertz. – ordinò, facendo comparire sul volto degli assistenti un’espressione terrorizzata.

- C-Cinquecento hertz?! Signore, il loro cervello esploderà!

- FATE COME VI HO DETTO! I miei calcoli sono sempre stati perfetti. – sbraitò il professore, mettendo mano al suo terminale. I due operatori eseguirono, azionando uno dei macchinari all’interno della cabina.

Le convulsioni dei pazienti si fecero più violente, i grafici dei parametri mentali registrarono picchi disumani finché improvvisamente, tutto si fermò, smettendo di emettere qualsiasi tipo di segnale. Confusi, i due assistenti osservarono i loro terminali, cercando di interpretare quei dati assurdi.

- M-Morte cerebrale… abbiamo perso i pazienti… - disse uno dei due, guardando Niklas, in preda allo sgomento.

- Non date conclusioni affrettate, sembrate delle cazzo di matricole… Guardate e imparate. – rispose il moro, azionando un ulteriore programma dal suo terminale.

Improvvisamente i parametri vitali dei pazienti tornarono normali, generando grafici stabili e valori completamente diversi da pochi istanti prima. Senza perdere tempo, Niklas iniziò a digitare una sequenza di comandi al terminale a velocità incredibile. I suoi occhi si muovevano con la rapidità di un fulmine, scorrendo le numerose righe di codice del programma.

- Quello che abbiamo fatto è stato resettare completamente la loro mente, liberando il loro cervello da tutti i terabyte di memoria non utilizzati dall’organismo per le funzioni omeostatiche. Le onde cerebrali ad alta frequenza sono state assorbite dal B.M.M.D., permettendoci di stabilizzare le loro condizioni e impedendo alle stesse onde di ucciderli. – disse il neurochirurgo, mostrando ai due sorpresi assistenti come interpretare l’ultimo grafico comparso sullo schermo.

- Q-Quindi adesso… c-cosa intende fare? – chiese titubante uno dei due.

- Ho codificato una serie di informazioni sottoforma di onde cerebrali a sette hertz di frequenza. Sono onde dello stesso tipo di quelle emesse in fase REM. Faranno in modo di mantenere le funzioni vitali del loro organismo in condizione stabile e col consumo del minimo necessario. Forniremo loro nutrimento tramite una flebo contenente una soluzione da me creata, composta da minerali base e nutrimenti fondamentali per l’organismo umano. Verranno trasportati nella nuova struttura costruita dal capo, dove li manterremo in celle criogeniche in attesa di un loro futuro utilizzo. – la spiegazione del professore lasciò increduli i due scienziati che, nonostante la loro esperienza in materia, non riuscivano a digerire completamente un concetto macabro e affascinante allo stesso tempo come quello.

- Vuole applicare questo procedimento a tutti i reclutati?! – chiese il più giovane degli assistenti, titubante.

- Lo farete voi. In questo terminale ci sono tutti i passaggi spiegati nei minimi dettagli, avete due giorni di tempo per impararli a memoria. Nel mentre gli uomini di Schwarz amplieranno il laboratorio per permetterci di operare su un numero maggiore di soggetti. Il materiale che vi ho fornito è complesso, non avete tanto tempo, vi conviene iniziare. – consigliò, guardando i due con uno sguardo carico di fiducia e aspettative.

- S-Sissignore, ci mettiamo subito all’opera. – risposero all’unisono i due.

- Ottimo. – disse pacatamente, azionando poi il suo auricolare. – Schwarz, il test ha avuto successo, manda degli uomini a prelevare i primi soggetti. – disse poi a Simon, facendogli comparire un ghigno terrificante in volto.

- Ottimo lavoro, Niklas, sono ansioso di vedere il risultato finale. Fra un’ora inizieranno i lavori di ampliamento. – rispose il comandante dall’altra parte della linea.

- Perfetto, intanto mi occupo della seconda fase. Con permesso. – chiuse il moro la chiamata, uscendo dalla stanza e dirigendosi verso la palestra del plesso.
 
Nella palestra del plesso dell’Ægis, Aren e Drake aspettavano seduti su una panchina l’arrivo del professore, l’uomo stravaccato a gambe larghe, il ragazzo a gambe incrociate.
Alla vista del moro, i due si alzarono, andandogli incontro.

- Buongiorno Professor Gunnarson. – disse Drake, porgendo la mano al neurochirurgo.

- Buongiorno. Grazie per essere qui puntuali, mi scuso io per aver tardato. – rispose lui, stringendogli la mano.

- Non si preoccupi, Professore. – lo tranquillizzò Aren, stringendogli a sua volta la mano.

- Vado dritto al punto, signori. La seconda fase del progetto Legion consiste nel codificare uno schema di combattimento da impiantare nella mente dei nostri soggetti, generando una schiera di soldati potenziati con capacità combattive predefinite.

Aren e Drake si guardarono perplessi. – Quindi cosa dobbiamo fare per Lei, Professore? – chiese il ragazzo.

- Dovete simulare un combattimento, cercando di eseguire più schemi possibile, neutralizzandoli a loro volta. Lo farete con addosso questi speciali elettrodi. Dovete applicarli al petto, alla testa, agli arti e alle loro estremità.

- Come farà a… codificare il nostro stile di combattimento, perdoni la curiosità… - chiese incuriosito Drake.

- Gli elettrodi mi trasmetteranno i vostri parametri psico-motori, assieme a diverse informazioni su circolazione sanguigna, respirazione e impulsi visivi. Tramite un programma di mia invenzione mi è possibile ricreare questo schema di parametri sottoforma di un pacchetto di dati che, tramutati in segnali cerebrali, saranno poi innestati nella mente dei nostri soldati.

- Cazzo che figata… è sicuro di non venire da un altro pianeta, Professore? Questa cosa sembra fantascienza! – scherzò l’uomo.

- Può sembrare fantascienza, Drake, ma la fantascienza è solo una limitazione di ciò che l’intelletto umano può creare. La fantascienza nasce dalla paura di superare i nostri limiti. Io paura non ne ho mai provata, ed ecco che mi è stato possibile oltrepassare questa barriera, nemesi della scienza moderna. – disse con uno sguardo spaventoso. – Ma adesso è tempo che vi mettiate all’opera. Ecco, a voi gli elettrodi. – concluse, porgendo infine gli elettrodi ai due interlocutori.
 
Drake e Aren si tolsero i vestiti, rimanendo con solamente un paio di corti pantaloni sportivi. Applicarono i dispositivi nelle zone indicate dal professore, mettendosi poi in posizione di guardia, l’uno di fronte all’altro.
Drake fissava silenzioso il castano, osservando i vari dettagli del suo imponente corpo: dagli addominali scolpiti al dragone nero tatuato lungo tutta la parte destra del suo petto. Contro quel corpo aveva combattuto parecchie volte, trionfando e cadendo in numero praticamente pari di volte. Quel corpo, tuttavia, lo lasciava impressionato ogni volta di più.

- Pronto, ragazzo? – chiese, sorridendo.

- Pronto. – rispose lui, ricambiando il sorriso.

Aren non era tipo da rimanere divertito spesso, tuttavia, combattere contro Drake era una delle cose che più lo faceva divertire a quel mondo. L’uomo riusciva ogni volta a sopraffarlo con la sua estrema tecnica, anche se veniva sconfitto. Aren era affascinato dallo stile di quel marine di colore, e ogni combattimento contro di lui era come una prova delle proprie capacità. Il suo obbiettivo era quello di stupirlo e assorbire un po’ di quella magistrale mente guerriera.

- Cominciate. – ordinò Gunnarson, prendendo a osservare il suo terminale.
 
Aren fece un balzo in avanti, iniziando a colpire l’avversario con una serie di calci precisi al millimetro, mirando ai punti scoperti della difesa. Drake, in risposta, scostava i piedi fulminei del ragazzo con un incredibile gioco di mani, utilizzando la stessa forza dei colpi in entrata per bilanciare il proprio corpo in quella caotica frenesia. Rapidamente, Aren cambiò approccio, passando a uno stile incentrato su rapidi spostamenti delle gambe, seguiti da un colpo diretto alla testa dell’avversario. L’uomo incentrò la sua difesa in colpi calibrati, sferrati in perfetta sincronia con l’avversario, vanificandone così l’efficacia e dandogli spazio per contrattaccare. Anche lui fulmineo, approfittò del vuoto di qualche millesimo di secondo per posizionare dei micidiali calci sulle fasce laterali del corpo di Aren. Il ragazzo, prontamente, utilizzava i gomiti per deviare verso il basso i calci in entrata, accompagnando la parata con un movimento di gambe e bacino verso il basso, distribuendo la forza residua sul corpo, limitando lo sforzo che sarebbe andato a incidere sulle sole gambe.
Ogni singolo movimento andava a codificare una serie quasi infinita di dati che, con rapidità disumana venivano osservati e trasposti nel programma del professore dallo stesso. – Continuate così, è perfetto! – li incoraggiò Niklas, senza staccare lo sguardo dallo schermo.
Aren slittò all’indietro, frenando e riposizionandosi subito con l’ausilio dei piedi. Il vantaggio di essere scalzo gli permetteva di sfruttare appieno l’attrito fra la pelle e la materassina, bilanciando il corpo in qualsiasi situazione. Drake prese il dominio del combattimento, sferrando rapidi calci roteanti, seguiti da pugni e gomitate, in un caotico e al contempo estremamente ordinato schema. Aren perse la lucidità per un brevissimo istante. Aveva capito che il momento in cui avrebbe dovuto fare sul serio era arrivato, non aveva scelta se voleva combattere ad armi pari con la macchina da guerra che era il suo avversario.
Respirò istantaneamente, azionando una scarica di adrenalina che gli permise di utilizzare i riflessi al massimo della sua velocità. Roteava il bacino a una velocità fulminea, amplificando la minima quantità di forza che imprimeva nei colpi attraverso i suoi movimenti, contrastando così le fucilate sferrate da Drake. In una danza mortale, alternava braccia e gambe per rispondere ai colpi avversari.

- Impressionante cazzo! – gridò Drake, esaltato da una violenta scarica di adrenalina. Riprese poi l’assalto, sferrando una serie gomitate, utilizzando al massimo dell’efficienza ogni singolo muscolo del braccio.

Aren dovette indietreggiare, parando la raffica micidiale del marines. Il corpo del ragazzo era allo stremo, lottare al massimo delle sue capacità per così tanto tempo era logorante, anche per una macchina da guerra come lui. Lo stesso valeva per Drake, che rallentò la furia gradualmente, cercando di recuperare le energie.

- Già… spompato…? – chiese il castano, ansimando con tono provocatorio.

- Ti sei vista… principessa…? – rispose l’uomo, punzecchiando il ragazzo a sua volta.

- Professore… per quanto dobbiamo andare avanti ancora…? – chiese Aren al neurochirurgo.

- Per me può bastare così, ora potete riposarvi. Vi ringrazio per il vostro impegno, siete stati magistrali. – disse Niklas, ultimando la gestione dei dati nel suo terminale. – Ora ho tutto il materiale per completare la fase due. Potete togliervi gli elettrodi, grazie ancora per la disponibilità, Aren, Drake. Vogliate scusarmi. – concluse poi, dirigendosi nuovamente nel suo laboratorio.
 
Aren e Drake si lasciarono cadere a terra sfiniti, levandosi i fastidiosi elettrodi attaccati al corpo.

- Domani farà malissimo, cazzo. – disse Drake, massaggiandosi una spalla.

- Non mi capita spesso di finire in queste condizioni… - disse il ragazzo, stirandosi, allungando il corpo fino a toccarsi le punte dei piedi.

- Questo perché non esiste nessuno in grado di eguagliarmi. – rise l’uomo.

- E infatti guarda con cosa mi devo accontentare… 

- Oggi però mi hai veramente stupito, ragazzo. Ci ho messo tutto me stesso in questo giro di giostra, eppure, sei riuscito a starmi dietro.

- Se non avessi schivato alcuni di quei colpi, adesso sarei molto probabilmente morto. Hai idea di quanta forza stavi impiegando? – chiese Aren, leggermente irritato.

- Non abbastanza da farmi prevalere nell’incontro… tsk… - lo provocò l’uomo.

- Ho bisogno di una doccia, mi sento demolito…

- A chi lo dici…
 
I due si diressero nel bagno della palestra, gettandosi sotto i bollenti getti d’acqua delle docce.
Aren sentiva il caldo flusso scorrergli lungo tutto il corpo, lavandogli via la fatica di quell’intenso combattimento. Con gli occhi chiusi, immerse la testa nel getto d’acqua, sentendo un tiepido brivido scorrergli lungo la schiena. Improvvisamente vide nella sua mente un’immagine di Diana, oscurata poi da altri pensieri confusi: fiamme caotiche che bruciavano l’immagine della donna che amava.

- Aaah…! – gridò, tornando alla realtà in preda a un lieve sgomento.

- Tutto bene, ragazzo?! – chiese allarmato Drake, da una delle cabine al fianco di quella del castano.

Aren rimase in silenzio per qualche istante, ansimando, lasciando udibile solamente il fruscio dell’acqua.

- Drake… come hai conosciuto tua moglie? – chiese improvvisamente, con tono totalmente normale, come se ciò che era appena successo non fosse mai accaduto. Il ragazzo, tuttavia, era appoggiato con la schiena al muro, cercando di riprendersi da quella visione.

L’uomo ormai conosceva bene il ragazzo. Sapeva benissimo quando il castano aveva bisogno di lui, anche se non lo dava mai a vedere. Senza perdere tempo, Drake si mise a raccontare la sua storia.

- La conobbi quando avevo circa la tua età. Al tempo ero un giovane appena entrato all’accademia militare, lei era una studentessa di uno dei licei più rinomati della città. Iniziammo a frequentarci poco prima della fine dell’estate, passammo un sacco di serate assieme, e… finimmo per innamorarci. Passarono tre anni prima che potessimo considerarci una vera coppia, lei era impegnata con l’Università e io non avevo praticamente tempo libero, a causa del servizio militare. Lei era l’unica persona in grado di comprendermi appieno, sapeva tutto di me: quando stavo male, quando non volevo dire una cosa, quando avevo bisogno di aiuto. – si fermò per un istante. – Ci sposammo subito prima di andare a convivere e poco dopo, diventammo genitori di una bambina stupenda… aveva gli occhi di sua madre, gli stessi che mi avevano fatto innamorare anni prima. Era forte come il suo papà… - il tono dell’uomo divenne sempre più lento e carico di rimorso.

- Non mi hai ma raccontato come le hai perse… cos’è successo? – chiese Aren, con tono insolitamente delicato.

- Stavo tornando dall’ultima missione in Medio Oriente, mi avevano finalmente congedato da quell’inferno… tuttavia, quel maledetto giorno di dodici anni fa… fu il teatro del più grande attentato all’America dopo quello delle Torri Gemelle.

- L’attentato di Miami? – chiese il ragazzo.

- Esatto, quel giorno mia moglie e mia figlia erano andate a trovare mia cognata, proprio a Miami. L’esplosione di quella bomba rase al suolo la città. Ringrazio Dio per averle fatte morire velocemente. Mi avevano chiamato poche ore prima, ci eravamo parlati, avevamo mille progetti per il nostro futuro… ma la vita decise di farmi inseguire dalla stessa guerra che io avevo appena combattuto. – L’uomo fece una pausa, per poi farsi scappare una lenta e dolorosa risata. - I momenti che ho passato in guerra, ho sempre pensato fossero i peggiori… ogni giorno poteva essere l’ultimo, sarei potuto morire da un momento all’altro, su quella maledetta sabbia. Avrei perso tutto, lasciando sole le persone che amavo… ma poi… quando persi veramente ogni cosa… lì solamente capii cosa era il vero dolore. Capii che questo mondo era sbagliato, che la guerra non era altro che uno stupido capriccio che stava per distruggerlo, il mondo.

- Come sei arrivato da Simon?

- Tornato dal congedo non avevo più nulla, la mia famiglia era morta, la casa era troppo costosa per uno stipendio da militare in congedo, i miei genitori erano morti anni prima. Nulla, se non il rimorso di essere stato assente per tutta la vita di mia figlia, arrivando troppo tardi per morire almeno assieme a lei. Un giorno decisi di farla finita, volevo ricongiungermi a mia figlia, a mia moglie, volevo espiare i miei peccati, volevo redimermi per la guerra che io stesso avevo combattuto. Ero lì, sul punto di premere il grilletto con la canna della pistola in bocca, ma la mia mano tremava, avevo paura. Fu in quel momento che Simon si avvicinò a me. Mi conosceva, in qualche modo. Sapeva cosa avevo perso, e mi disse che lui stesso aveva perso la persona più cara a lui nell’attentato. Quel giorno mi aprì gli occhi, mi parlò del potere, mi parlò delle sue ambizioni, mi promise un mondo in cui la guerra non sarebbe più stata necessaria. Si avvicinò a me e mi tolse la pistola di bocca, stringendomi la mano con una forza che mi riaccese la scintilla nel petto.

- Lo hai seguito nonostante tutte le persone che abbiamo ucciso, perché?

- Perché ormai non avevo più nulla da perdere, ragazzo. La vita si è presa tutto ciò che avevo, se volesse prendersi anche me, non sarei in grado comunque di impedirlo e per arrivare al mondo che Simon mi ha promesso, arriverei a bruciarlo, il mondo.

Aren rimase per un istante in silenzio.

- Drake, ho appena avuto un’allucinazione… è la seconda questa settimana… non so cosa cazzo mi stia succedendo… - disse poi, cercando conforto nell’attesa delle parole dell’uomo.

- Hai visto Diana in questa allucinazione? – chiese l’uomo.

- Come…?!

- Non mi avresti mai chiesto la storia di mia moglie, altrimenti. Ti conosco bene ragazzo, ho visto crescere te e Diana da quando non eravate altro che marmocchi. Hai paura di perderla, ecco cosa ti succede.

- Ho paura che tutto ciò che stiamo facendo sia vano…

- È normale provare paura, quello che facciamo è complicato, è qualcosa in cui un ragazzino di diciassette anni non dovrebbe essere coinvolto. Ma eccoci qua, a farci una doccia dopo aver combattuto per uno scienziato pazzo. Il mondo è fottuto, ragazzo, e noi dobbiamo seguire le follie di questo mondo, o rimarremo fottuti pure noi. Dobbiamo avere fiducia in ciò che stiamo facendo e in colui che ci guida: Simon. Lui ci ha salvato quando il mondo stava per ingoiarci, ora tocca a noi supportarlo e impedire al mondo di ingoiare una grande figura come lui. Oltre a lui, io supporterò sempre anche voi. La guerra insegna che non c’è cosa più preziosa dei compagni, i compagni sono quelli che più di tutti riescono a tirarti fuori dalla merda che la vita ti getta ai piedi. Ormai sappiamo quando hai qualcosa che non va, Aren, non cercare più di nascondercelo. Saremo sempre pronti ad aiutarti, ragazzo.

- Grazie, Drake… - il ragazzo arrossì lievemente.

- Ora però mi è venuta una fame della madonna, vieni a prenderti un boccone? – smorzò l’uomo la tensione

- Va bene, ma offri tu… - rispose, provocandolo.

- Certo, così il bambino smette di frignare… - controbatté, rilanciando la frecciatina al ragazzo.

Aren fece una smorfia, sbuffando, scatenando poi una risata nell’uomo che, contagiosa lo raggiunse, facendolo sorridere. In quel momento Aren provò uno strano sentimento: si sentiva felice e sicuro, Drake aveva portato la pace dopo la tempesta che quell’allucinazione aveva portato nel suo animo. Si stava pian piano rendendo conto che quell’uomo imponente, quella sua forte personalità e il suo fare paterno erano una delle cose più preziose che possedeva e avrebbe fatto di tutto per proteggerle.
 
Quartier Generale dell’Asset, ufficio della comandante Gea, martedì mattina, orario europeo.
 
- Questo è il quadro completo di tutte le identità che combaciano col profilo che stiamo cercando, Signora Gea. – le parole di Axel echeggiavano per l’enorme sala.

- Ottimo lavoro, Axel. Da domani vi voglio operativi nella ricerca del possibile nascondiglio.

- Sissignora, io e la squadra di supporto ci metteremo subito al lavoro.

- Ordina lo stato di allerta per tutte le nostre basi americane, voglio eliminare l’Ægis appena riusciamo a scoprire dove si nascondono.
- Sissignora, sarà fatto.

- Perfetto, queste sono le direttive per adesso. Buon lavoro.

- Grazie, Signora Gea. – fece per chiudere il ragazzo.

- Ah… Axel, un’ultima cosa. – lo fermò la donna.

- …Mi dica, Signora Gea.

- Ho dato all’unità Hurricane l’ordine di raggiungervi e rimanere in stand-by.

- L-L’unità Hurricane?! – chiese stupito il moro.

- Sì, hai il completo controllo su di essa, non esitare a utilizzarlo qualora fosse necessario.

- S-Sissignora… - rispose leggermente titubante. - Ci vuole andare proprio pesante… - pensò tra sé e sé.

- Conto su di te come sempre, Axel.

- Li troverò, Signora Gea. Chiudo. – affermò il ragazzo con improvvisa sicurezza.
 
Gea si alzò dalla sua poltrona, muovendo lentamente i passi verso la vetrata che la separava da una fredda Berlino di fine inverno. Lo sguardo nei suoi occhi aveva assunto una nota di arroganza.

- Non hai più molto tempo, Schwarz… È arrivato il momento di uscire dal buco in cui ti sei rintanato.

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantascienza / Vai alla pagina dell'autore: Doppiakappa