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Autore: Penny Begbie    03/05/2022    0 recensioni
Gallavich | spoilers: ambientata tra 5x08 e 5x10 | tw: linguaggio forte, menzione di crisi psicotiche
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“Se fossi all’inferno,” pensa, continuando a strabuzzare gli occhi sperando che quell’incubo finisca, “vorrebbe dire che mi sono finalmente tolto dalle palle”.
Genere: Drammatico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ian Gallagher, Mickey Milkovich
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Libero

“I’ll take care of you”
“It’s rotten work”
“Not for me. Not if it’s you”


Si sveglia. Apre gli occhi. Li chiude. Li riapre. Non vede nulla. Ci riprova, apre e chiude le palpebre. È tutto inutile. Ian non riesce a vedere nulla davanti a sé, come se l’avessero gettato in mezzo alla nebbia ad annaspare tra contorni sfumati di un panorama indistinguibile. Potrebbe benissimo essere all’inferno, e in un certo senso, lo spera.
“Se fossi all’inferno,” pensa, continuando a strabuzzare gli occhi sperando che quell’incubo finisca, “vorrebbe dire che mi sono finalmente tolto dalle palle”.
Ian Gallagher era abituato a tutto: brutti sogni, allucinazioni, paralisi del sonno, ogni possibile sensazione di torpore e stanchezza causata dalle sue medicine, ma questa mattina no, è diverso. Questa mattina sembra che lo abbiano inchiodato al letto, che i suoi muscoli siano incollati alle lenzuola e non rispondano più del suo cervello. Non vede nulla oltre ad un bianco totale alternato a movimenti confusi, immagini distorte, forme incomprensibili. Vorrebbe piangere e gridare, prendere a testate il muro e strapparsi la carne dalle braccia con le unghie, ma non può nemmeno muoversi. I pensieri intrusivi lo assaltano: immagini dell’esercito, di grossi uomini in uniforme con lo trascinano via senza parlare, lo bastonano, lo rinchiudono in una cella buia e buttano la chiave, mentre lui urla fino ad accasciarsi. Gli appaiono immagini di Monica, da cui ha ereditato questa fottuta sventura, e gli balena in testa quando la sera del Ringraziamento aveva fatto loro il bel regalo di tranciarsi le vene dei polsi in cucina.
“Per favore, basta”
Ripensa a quando ha rapito il figlio di Mickey, a quando è stato rinchiuso in quel manicomio dalle pareti bianchissime e l’aria spettrale e soffocante. Ci ritorna spesso con la mente, ma mai in modo così intenso. Ripensa a Frank. Padre di merda. Fiona? Lip? Mandy? Vorrebbe chiedere aiuto, ma nessuno lo sente. Carl? Liam? Mickey?

Continua a non vedere nulla, mentre i suoni tutt’intorno sono ovattati e sempre incomprensibili. Le scene più tragiche e traumatiche della sua vita continuano a correre nella sua testa come schegge impazzite, costringendolo a rivivere tutto. Agita leggermente il braccio destro, afferrando le lenzuola e stringendole forte. Poi la gamba, tirandola su e appoggiando il ginocchio. Muove piano la testa e, finalmente, sgrana gli occhi e lascia andare un urlo.
“Cosa cazzo succede?”
Mickey si precipita in camera da letto, allarmato dall’urlo del compagno: trova Ian che annaspa, seduto sul letto e madido di sudore. Trema come una foglia e ha lo sguardo impaurito, gli fa quasi paura.
“Non ti senti bene? Hai fatto un brutto sogno?”
Mickey si siede accanto a lui e gli appoggia una mano sulla fronte, spostandogli i capelli rossi e asciugando il sudore fino alle tempie. Ian non riesce ancora a parlare.
“Cazzo, vuoi dirmi che ti prende? Mi hai fatto spaventare a morte”.
Ian scuote la testa più volte.
“Lasciami stare, ti prego”.
Mickey alza le sopracciglia con aria contrariata.
“Vaffanculo Gallagher, dimmi cos’hai. Hai preso le medicine oggi?”
A quel punto Ian lo spinge via dal letto con rabbia, rimettendosi sotto le coperte e tirandole fin sopra i capelli.
“Cristo. Devo chiamare i tuoi fratelli o stavolta ne parli con me e basta senza cazzate di nessun tipo?”
Ian sospira.
“Non capiresti Mick. Dovrei solo smetterla di tormentarti con i miei problemi, non meriti una relazione così difficile e dolorosa. Stavo giusto pensando di andar v-“
Mickey sbuffa rumorosamente massaggiandosi le rughe della fronte con l’indice e il pollice, poi scuote la testa. In un batter d’occhio, Ian si ritrova le braccia familiari del suo ragazzo che gli cingono il petto da dietro e il suo respiro caldo dietro la nuca. Mickey si è steso dietro di lui sotto le coperte per abbracciarlo.
“Ne abbiamo già parlato”.
“E io non posso fare a meno di sentirmi in colpa”.
Mickey non sa se baciarlo o picchiarlo fino a rompergli il naso. Non ha ancora capito quanto ci tiene a lui? Non ha visto la sua preoccupazione degli ultimi mesi, i suoi sforzi per essere presente e accanto a lui nel suo nuovo percorso di cura?
“So cosa stai pensando”.
Ian lo interrompe, per poi girarsi lentamente verso di lui e poterlo guardare negli occhi così, allungati nel loro letto nel silenzio di casa Milkovich.
“Non è colpa tua Mick, tu fai e hai fatto anche troppo, non hai idea di quanto lo apprezzi. Sei veramente speciale e…”
Il ragazzo rosso alza gli occhi al cielo e sorride leggermente.
“… e ti amo tanto”.
Mickey sorride fugacemente a sua volta, ma torna subito serio: quella situazione lo sta mettendo a disagio.
“Ma questo è troppo anche per te. Poco fa ho avuto una crisi tremenda, davvero atroce Mick, atroce. Non voglio che tu venga trascinato in questo incubo e ne venga inghiottito, non me lo perdonerei mai. Ti metterei in gabbia, capisci? Ti costringerei a sopportare si vedere di cose terribili e a soffrire con me. E tu… tu dovresti essere libero”.
“Libero?”
Mickey guarda accigliato il ragazzo, come se avesse appena detto una follia.
“Libero di vivere una relazione intensa, normale, senza tutte queste cazzate selle medicine, degli strizzacervelli e tutto il resto”.
Ian sprofonda la faccia nel cuscino e raggiunge Mickey con lo sguardo, uno sguardo sofferente e sempre spaventato.
“Di’ un po’ Gallagher, ti sei bevuto il cervello? È questo l’effetto che fanno le pillole che prendi?”
il giovane Milkovich la sta provando a buttare sul ridere, ma l’espressione di Ian lo fa desistere. Pensa, e prende un bel respiro.
“Okay, numero uno: ti amo tanto anche io cazzone, non scordarlo. Numero due: stai davvero dubitando che io, adesso e in questo istante, mentre sono con te, sia libero?”
Ian annuisce come un bambino.
“Cristo Santo. Ian, dovresti saperlo che io… io non sono mai stato libero prima di te. Mai. A malapena sapevo cosa ci fosse oltre una scazzottata, le rapine e le prostitute che portava mio padre a casa da quando avevo tre anni. Una merda di mondo. E poi sei arrivato tu, e ho imparato che c’è altro oltre tutta questa fottuta violenza e fottuto degrado. Non pensavo che per me, tra tutti, ci potesse essere l’amore, sia darlo che riceverlo, grazie a te invece lo so. Grazie a te ho imparato a prendermi cura degli altri. E ora mi prenderò cura di te”.
“Con me è lavoro inutile”.
“Non per me. Non se sei tu”.
Mickey prende il viso di Ian tra le mani e lo guarda intensamente come fa spesso, lo guarda come se fosse l’unica cosa che conta al mondo, come se, se smettesse di guardarlo così, il mondo potesse finire in un secondo. Ian fa altrettanto: il loro è da sempre un gioco di sguardi, non di parole. Va benissimo così.
“Già te l’ho detto una volta, Gallagher”.
Ian corruga la fronte.
“Cosa?”
“Ti ricordi il ricevimento del battesimo, quando mi stavi rompendo le palle per farmi dire a tutti che fossi frocio… cristo, rido solo a ripensarci”.
I due ragazzi si lasciano andare ad una risata, sempre stretti l’uno all’altro.
“Ian, è quello che ho con te a rendermi libero. È quello che ho con te a rendermi libero”.
Il giovane Gallagher strabuzza gli occhi per qualche secondo, poi scoppia a piangere nascondendo il viso tra i palmi. È un pianto sincero, spontaneo, primordiale. Il pianto d’amore è il pianto più antico della storia dell’uomo, direbbero nei libri. Vorrebbe dire a Mickey che non lo merita, che tutto quel sentimento lo scalda come il sole torrido di agosto, lo sazia, lo rende così vivo da fargli avere paura. Ma non lo fa perché l’altro l’ha già tirato a sé e gli ha lasciato un piccolo bacio sulla fronte, prima di guardarlo di nuovo negli occhi.
“Allora, vuoi dirmi cos’è successo prima?”
Ian annuisce, e si mette a sedere. Mickey fa lo stesso, per ascoltarlo attentamente.

   
 
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