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Autore: dirkfelpy89    06/05/2022    0 recensioni
Mark Shafiq è un giovane ragazzo, erede di una delle famiglie delle Sacre 28. Il suo obiettivo? Riportare in alto il nome della sua famiglia, caduta da diversi anni in disgrazia. Forse Voldemort e i suoi Mangiamorte potrebbero essere utili alleati...
Helen Blomming è una giovane ragazza appena diplomata Auror. Il suo obiettivo? Cercare di sopravvivere in un Ministero sempre più corrotto. Forse quel Moody è un tipo strano ma sicuramente sperto...
Tra riunioni segrete, indagini, manifestazioni e l'ombra della guerra sempre più vicina, le strade di Mark ed Helen, all'apparenza così distanti, finiranno per unirsi, ancora una volta.
Genere: Avventura, Guerra, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alastor Moody, Albus Silente, Mangiamorte, Nuovo personaggio, Voldemort
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Capitolo 25, The End… Begins

 



"Sei sicura che tutto andrà per il verso giusto?"
Philip osservò con ansia il grande orologio appeso alla parete in quel salottino privato ai “Tre Manici di Scopa”
Helen lo abbracciò, accarezzandogli i capelli in un gesto rassicurante.
"Lo conosco da una vita, non ho paura di lui," disse infine la ragazza.
"Sì ma in questi anni è cambiato, lo hai detto tu stessa, e se è cambiato fino al punto che..."
"Phil, Mark non è un assassino," fece notare Helen.
"Non lo puoi sapere," replicò Philip, "tu stessa hai dei dubbi a riguardo e..."
"E credi che, anche se dovesse essere diventato un pericoloso assassino, voglia uccidermi proprio qui, in questo salottino privato ai Tre Manici di Scopa?"
Le piccole rughe intorno agli occhi di Philip si distesero, ma solo un poco.

"Anche se volesse farlo, sono un Auror del ministero," aggiunse la ragazza, "e ci sono almeno altri tre colleghi fuori da qui che accorreranno a un mio segnale. Devi stare tranquillo, so quello che faccio!"
Finalmente la bocca del ragazzo si stiracchiò in un debole sorriso.
"Si, so che sei in gamba ma al solo pensiero che..."
"Piccioncini, detesto interrompervi ma devo per forza dirti un paio di cose, Helen."
Moody era apparsa sulla soglia, osservando con malcelato disgusto la conversazione tra i due.
Philip annuì, baciò con passione le labbra di Helen e poi uscì, lasciando i due Auror da soli.

"State insieme, quindi," notò l'Auror.
"Sì, noi... Alastor, credi che ce la farò?" rispose la ragazza, l’ansia che stava raggiungendo il limite.
"A portare avanti la vostra relazione? Non lo so, io non potrei mai sopportarti per tutta la vita," rispose l'uomo con un ghigno. "Sto scherzando, ovviamente. Tutto dipende da te e da come reagirà Mark alle tue parole. Questo è meno prevedibile."
"È che fino a poche ore fa ero sicura che avrebbe funzionato, che sarei riuscito a capirlo come un tempo, perfettamente, ma ora non ne sono così tanto sicura," continuò Helen, torcendosi le mani.
"Ne abbiamo già parlato mille volte, analizzato la maggior parte dei possibili scenari," replicò Alastor. "Se il tuo amico sa qualcosa, cosa che sospettiamo ma ancora senza prove, vedrai che oggi lo verremo a sapere."

Ed era quello che forse spaventava di più Helen perché, da una parte sperava che Mark non sapesse nulla, compromettendo però le indagini, dall'altra temeva che Mark rivelasse qualcosa, anche solo in maniera indiretta, ed allora avrebbe saputo che davvero il ragazzo era irrimediabilmente cambiato.
Che forse era un assassino o un complice.

"Non ci aspettiamo granché, lo sai, basta qualche accenno, un suo turbamento, qualsiasi cosa. E se non ce la farai tu... temo che nessuno potrà."

/ / / / / / /

Mark si materializzò direttamente davanti alla porta di ingresso dei “Tre Manici di Scopa”
Osservò con estrema attenzione la strada, nel caso fosse stato seguito, poi, tranquillizzato, avanzò velocemente verso la porta del locale.
Non metteva piede ad Hogsmeade da diversi mesi, in effetti l'ultima volta era stata la sera del suo incontro con Helen. Evidentemente i “Tre Manici di Scopa” rappresentava un crocevia ineluttabile nelle loro vite.

All'interno il locale non era cambiato dall'ultima volta, i tavoli erano quasi tutti pieni, La maggior parte occupati dai tifosi della squadra di Quidditch locale in preda all'euforia post vittoria nel campionato di seconda divisione.
Con lo sguardo notò Rosmerta volteggiare tra i tavoli sui tacchi alti mentre prendeva ordinazioni oppure reguardiva clienti più ubriachi o molesti.
Lo Shafiq si avvicinò con discrezione, evitando uno scazzottata tra due fan particolarmente in preda ai fumi dell'alcol, e si rivolse direttamente alla ragazza che nel frattempo si era avvicinata al bancone.

"Salve, Helen mi sta..."
"Salottino 5, oltre quella porta. La terza a destra," rispose automaticamente Rosmerta, completamente immersa nel suo lavoro a tal punto da non potersi fermare nemmeno un secondo.
Nel breve lasso di tempo che Mark impiegò per comprendere la risposta della ragazza e incamminarsi verso la porta che separava il locale principale dai salottini privati, infatti, Rosmerta era già ripartita svolazzando sui tacchi e portando su un vassoio cinque pinte di birra.

Meglio così, in fondo, quella ragazza era conosciuta per essere una terribile pettegola, non avrebbe sopportato le sue domande o le sue occhiate... in fondo, meno persone sapevano della sua presenza, là meglio era.
Mark quindi si incamminò per il corridoio che si trovava dietro la zona principale. Davanti a sé aveva una rampa di scale che portava alle stanze di sopra mentre sulla destra e sulla sinistra si trovavano sei porte per altrettanti salottini privati usati principalmente per riunioni o colloqui importanti.
Seguendo le indicazioni di Rosmerta, Mark si ritrovò davanti alla terza porta sulla destra.
Esitò ad aprire la maniglia, esitazione che lo aveva accompagnato nel corso delle giornate precedenti dove si era trovato a cambiare idea decine e decine di volte.

Da una parte non voleva, sentiva che quello di Helen era un capitolo chiuso, che sarebbe dovuto andare avanti, cosa che aveva cercato di fare, ma in fondo non l'aveva completamente cancellata dai suoi pensieri. Era andato avanti costruendosi una nuova famiglia e vita senza di lei ma allo stesso tempo era curioso, desideroso di mettersi alla prova. Incontrare Helen, poterle parlare come vecchi amici senza per forza trovare un qualcosa dietro, ecco voleva davvero capire se era riuscito a crescere e mettersi alle spalle l'amore che aveva provato per Helen mantenendo una semplice amicizia.

Eppure anche quella gli sembrava un'idea alquanto sciocca: lei era un Auror del ministero, lui un Mangiamorte, la guerra ormai vicina, il suo padrone si era recato in Russia per incontrare e portare in Inghilterra i giganti.
Tutto era pronto, le pedine si stavano osservando, mancava solo la prima mossa dei pezzi bianchi.
Avevano già le sue spie eppure se fosse riuscito a portarla dalla sua parte, magari con un incantesimo Imperius, avrebbe potuto salvare la vita della ragazza.
Doveva stare attento perché aveva di fronte una persona in gamba ma se fosse riuscito a metterla sotto l'incantesimo Imperius avrebbe ottenuto due risultati con un unico sforzo: avrebbe salvato molto probabilmente la vita di Helen e il suo padrone si troverebbe con una spia in più… ma davvero avevo la forza di controllarla fino a questo?
Non restava che scoprirlo.

Con un ultimo sospiro l'uomo abbassò la maniglia ed entrò nel salottino privato numero 5.

La prima cosa che il giovane Shafiq notò fu che i proprietari avevano avuto molto gusto nell'arredare i vari salotti privati: il numero 5 in particolare aveva dei mobili nella tonalità del bianco panna mentre le pareti erano state dipinte di color tortora. Al centro c'erano tre comodi divani intorno a un lungo tavolo mentre accanto a una delle pareti era stato posizionato un mobile con su sopra bevande calde e fredde.

C'era anche un camino collegato con la metropolvere e in un angolo una gabbia con un gufo. Seduta a uno dei divani, in una posizione piuttosto rigida, si trovava Helen.
Non la vedeva da mesi eppure era cambiata, il lavoro, forse la vita stessa, l'avevano resa molto più donna, tremendamente meno ragazzina. L'espressione altrettanto rigida, determinata, una che non aveva mai avuto accanto a lui.
Mark chiuse la porta e i due rimasero per qualche istante a osservarsi senza che nessuno fosse in grado di proferire parola. Fu Mark infine a spezzare la tensione.

"Com'è che questo posto è diventato improvvisamente il centro gravitazionale del nostro rapporto?" Chiese, avvicinandosi a Helen la quale, dopo un momento di lotta interiore, si alzò e abbracciò il ragazzo, un po' impacciata.

"Scusami, ero immersa nei pensieri, non mi aspettavo che entrassi adesso. Vuoi niente da bere?"
Sarebbe stato tremendamente difficile mettere del Veritaserum nel bicchiere di Mark, e altrettanto inutile visto che in un tribunale una confessione estorta tramite quella pozione, senza il consenso del tribunale magico o del comandante Auror, non avrebbe avuto nessun valore legale. Ameno sarebbe servito per rendere le cose più facili…
"No, grazie, ho già bevuto abbastanza in questi giorni dopo, dopo la nascita di mio figlio.”

L’aveva fatto, aveva introdotto quell’argomento. Helen sentì il cuore in gola ma subito cercò di concentrarsi: era appena diventato padre, sicuramente provava tutta una serie di emozioni e lei doveva approfittarne. Anche se pensare a Mark come padre…
“Auguri, mi fa davvero un immenso piacere saperti padre,” disse, e fu sincera, era contenta di saperlo realizzato e felice. “Anche se mi sarebbe piaciuto saperlo direttamente da te.”
“Sì… insomma, dopo quello che è accaduto tra di noi…” rispose Mark, imbarazzato. “Non… sapevo come avresti reagito a una mia lettera e per questo la tua mi ha sorpreso.”
“Siamo andati avanti con le nostre vite. Anche io mi sono fidanzata, siamo cresciuti e, anche se mi hai davvero ferita,” rispose, pronta, Helen, “e ti sei comportato in modo francamente inconcepibile… non voglio cancellarti dalla mia vita. Se non possiamo portare avanti la nostra storia, forse potremo comunque trovare un modo per non sparire dalla vita dell’altro.”

‘Povera Helen, se solo fosse possibile,’ si ritrovò a pensare Mark, mentre, approfittando della distrazione della ragazza, afferrò la bacchetta che aveva in tasca. Doveva farlo, lanciarle un Imperius… ma allora perché la sua mano sembrava pesasse una tonnellata?
“Penso sia… difficile, dato il corso delle nostre vite,” replicò il ragazzo, “ma credo che sia possibile, sì.”

In quel momento una cameriera entrò nel salottino.
“Volete ordinare qualcosa da mangiare?” chiese. Helen si voltò per parlarle… ecco, era il momento giusto!
Mark estrasse la bacchetta e, tenendola sotto il tavolo mormorò: “Impero!”

Non accadde nulla.
Helen continuò a parlare con la cameriera, nessun cambiamento percettibile, Mark non sentì la familiare sensazione di dominio assoluto che aveva imparato ad amare, utilizzando quel tipo di maledizione.
Non aveva sbagliato l’incanto, non c’era niente a dividerli… almeno che…
Almeno che la ragazza non avesse evocato un incantesimo scudo, o indossasse vestiti protettivi.
In tal caso… in tal caso lei sapeva…



/ / / / / / /

La scelta di indossare dei vestiti con incantesimi antri-maledizione aveva, infine, rivelato la sua utilità.
Avrebbe dovuto dare ragione a Moody, ma non era questa la cosa che più la feriva.

Helen fece finta di nulla, comportandosi normalmente con la cameriera, ma dentro moriva. Mark aveva cercato di maledirla, di farle del male. Il Mark che conosceva mai avrebbe osato anche solo pensare di fare una cosa del genere. Era cambiato, per sempre.
Non appena la cameriera venne congedata, i due rimasero in silenzio.
Mark sapeva e lei sapeva che lui sapeva. Un'impasse.

“Perché hai cercato di attaccarmi?”
Basta tergiversare. Mark scosse la testa.
“Non capisco, scusa,” rispose, sorridendo.
“I miei vestiti sono protetti da potenti incantesimi anti-maledizione, ma questo lo avrai capito,” rispose Helen, gelida. “Perché volevi attaccarmi?”
“E perché tu sei venuta qui, oggi, protetta da incantesimi difensivi? Non era solamente un… tentativo di riconciliazione?” rispose Mark, “Chi mai si presenta a una rimpatriata con vestiti protetti da incantesimi difensivi?”
“E chi mai cercherebbe di maledire una vecchia amica?”

Il sorriso di Mark si incrinò.
“Io non stavo per aggredirti, piuttosto per proteggerti…” disse lo Shafiq, l’espressione tesa.
“Da chi? Dai Mangiamorte di Tu-Sai-Chi?” chiese Helen. “Li conosci, non è così? O forse sei uno di loro?”
Il viso di Mark sbiancò.
“Come osi…” borbottò il ragazzo.
“E allora perché?”
“Quello che vorrei che tu capissi è che…”

E poi, improvvisamente, un dolore mai provato prima colpì l’avambraccio di Mark, proprio in corrispondenza del Marchio Nero che, con un utile incantesimo, Mark era riuscito a celare per quell’occasione.
Provò a resistere ma quel dolore arrivò così inaspettato e doloroso che finì per gridare, tenendosi l’avambraccio con l’altra mano.
“Mark…cosa?”
Era il suo padrone… e se il marchio bruciava con tale intensità voleva significare solo una cosa: doveva arrivare il prima possibile a Lestrange Manor perché qualcosa d’importante era appena successo.

“Devo… andare, ho un impegno che…” bofonchiò, estraendo la bacchetta. Vide Helen sobbalzare ed estrasse a sua volta la propria.
Il suo sguardo, il volto che lo osservava con quell’espressione mista di paura e sgomento, no, non poteva sopportarlo.
“Non ho mai voluto farti del male,” trovò la forza per sussurrare, “mai.”
E poi, prima di rifletterci più a lungo, prima di dare modo a Helen di fare qualsiasi cosa, si smaterializzò.

/ / / / / / /

Mark si materializzò direttamente all’interno del territorio di Lestrange Manor, una possibilità concessa solo in caso di emergenze. E quella doveva sicuramente essere una.
Nonostante fossero trascorsi solo pochi minuti da quando il Marchio Nero aveva iniziato a bruciare, già una decina di Mangiamorte si era radunata nel prato davanti al portone di ingresso della dimora dei Lestrange.
L'atmosfera era di palpabile tensione: tutti si osservano a vicenda con circospezione, cercando di capire il motivo di quella inaspettata convocazione.

"Ma si può sapere cosa diavolo succede?"
Un uomo grosso e tozzo si era appena materializzato davanti a Mark.
"Non lo so, Goyle," rispose il ragazzo, asciutto. La sua testa era come se fosse divisa a metà.
Da una parte c'era la preoccupazione, l'attesa per quella chiamata improvvisa e così forte, segno che qualcosa di importante stava per essere loro rivelato; dall'altra non poteva allo stesso tempo non pensare all'incontro con Helen. Era una trappola, una trappola e lui stava per caderci dentro con tutti e due i piedi.
Se solo fosse riuscito a utilizzare la maledizione Imperius…
"Penso che sia ovvio che qualcosa di importante è successo," fece notare Avery.
"O sta per succedere..." si intromise Goyle.

A porre fine a quella ridda di ipotesi e speculazioni ci pensò l'apertura del portone d’ingresso. Improvvisamente il mormorio cessò e tutti, lentamente, in silenzio, come si trovassero in una pagana processione, si avviarono ed entrarono nel Maniero.
Rabastan, sulla soglia, osservava tutti con aria di superiorità ma rimase in silenzio e si rifiutò di proferire parola di fronte alle varie domande dei Mangiamorte più curiosi.
"Rabastan in silenzio, questa sì che è nuova!" bofonchiò Goyle e Mark non poté non essere d'accordo.

Lentamente la processione di Mangiamorte raggiunse la solita sala con il lungo tavolo.
Voldemort, insieme ai Lestrange e a Macnair, era già seduto e osservava i suoi adepti prendere posto con un sorriso obliquo.
Dopo un breve inchino anche Mark sedette, osservando con attenzione il suo padrone, alla ricerca di una qualche espressione che potesse fargli comprendere il suo stato d’animo. Ma niente, gli occhi di Voldemort erano fissi sugli ospiti mentre Bellatrix e Macnair apparivano estremamente esaltati.
“Grande notizia in arrivo,” borbottò Marcus, che nel frattempo aveva preso il posto accanto a quello del giovane Shafiq.
“Sai di che cosa si tratta?” chiese Goyle, all’altro capo del tavolo.
“Abbassa la voce, maiale,” sibilò lo svedese. Poi, abbassò la voce e sussurrò a Mark: “pare che la missione con i giganti sia andata meglio del previsto…”

Nel frattempo tutti i Mangiamorte avevano preso posto e sul tavolo era calato un silenzio carico di tensione: tutti e venti i presenti osservavano Voldemort con gli occhi sbarrati, come in trance.
L’uomo finalmente parlò.
“Benvenuti, Mangiamorte. Negli ultimi giorni molte cose sono successe e, lo intuisco dalle vostre espressioni, vi starete chiedendo perché vi abbia convocato qui con così poco preavviso,” esordì, alzandosi in piedi. Alcuni Mangiamorte annuirono.
“Ebbene, sono lieto di potervi comunicare che la missione in Russia è andata meglio del previsto,” continuò Voldemort. “Una decina di giganti si sono uniti alla nostra causa, più altre creature che sono riuscito a convincere nel corso del mio lungo viaggio. Tutto è andato per il meglio, il piano di Lord Voldemort è completo.”

Mark si voltò e osservò Marcus.
“Il piano è completo?” sussurrò.
Marcus annuì, sorridendo.

“Nel corso degli ultimi mesi abbiamo tracciato un percorso per arrivare alla lotta finale contro questa società corrotta,” Voldemort disse, scandendo bene ogni singola parola, “e questo percorso è finalmente concluso.”
Con un schiocco delle dita, ventun flute di champagne apparvero, ognuno davanti a un Mangiamorte.
“Domani il Ministro della Magia troverà un ultimatum sulla sua scrivania,” riprese Voldemort, prendendo in mano il suo flute. “Con delle condizioni ben precise. Uno, l’abolizione dello Statuto di Segretezza, due l’allontanamento di tutti i Sanguesporco dalle cariche, sia pubbliche che private. Terzo, la possibilità che solo i Purosangue ricoprano le più alte cariche del Ministero e della società magica.”
L’uomo osservò attentamente i suoi Mangiamorte. Non volava una mosca.
“Se il Ministero si dimostrerà una donna… saggia e pragmatica, accetterà. Altrimenti…”
"Altrimenti sarà la guerra!” esalò Bellatrix, al suo fianco. Voldemort osservò la donna con un sorriso enigmatico. Poi sollevò il calice, imitato dagli altri.

“Comunque vada, da domani avremo un nuovo Mondo Magico inglese. Questo è l’inizio… l’inizio della fine di questo mondo corrotto dai Sanguesporco!” “Alla guerra!”
“Alla guerra! fu il grido che echeggiò lungo il tavolo.
Voldemort alzò il calice, imitato dagli altri.
“Brindiamo all’alba di un nuovo mondo!”

E Mark, mentre beveva, non poté non pensare a quanto quella giornata fosse stata strana, come se fosse durata non ventiquattro ma ottanta ore.
Prima Helen, ora questo.
Era guerra, sapeva che sarebbe arrivata, sapeva che la Jerkins non avrebbe mai accettato quei termini.
Che ci sarebbero stati numerosi morti.
Che le loro strade molto probabilmente non si sarebbero incrociate, forse solo sul campo di battaglia.
Aveva doppiamente fallito, non era riuscito a proteggerla e osservando lo sguardo di Helen non era riuscito a seppellire antiche emozioni.

Lo sguardo di Voldemort lo convinse a chiudere la mente, le emozioni e il cuore. Era guerra e gli Shafiq ne sarebbero usciti vincitori.

/ / / / / / /

E si conclude così questa fic. 25 capitoli, mai ero arrivato a tanto, che però compongono la prima parte di un progetto più ampio, a regola altre 2 long.
Vi ringrazio davvero tanto per le recensioni, chi ha messo la storia tra seguite/ricordate/preferite, chi ha solo letto.
Adesso mi prenderò un breve momento di pausa per portarvi un nuovo progetto e poi penso che ritornerò con il seguito entro Agosto/settembre ^^
Grazie ancora!

  
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