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Autore: Amatus    07/05/2022    0 recensioni
[GreedFall]
Élodie De Sardet è una giovane di buona famiglia, impermeabile agli intrighi di palazzo ma prona ai moti di un cuore fin troppo leale.
Kurt per sopravvivere cede la propria lealtà al miglior offerente e tiene a bada un cuore che ha subito le ingiurie del tempo. Niente di più lontano, niente di più vicino.
Una storia che non pretende niente di più che indugiare in piccoli, più o meno teneri, missing moments.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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Home is where I want to be
Pick me up and turn me round
I feel numb, burn with a weak heart
I guess I must be having fun
The less we say about it the better
Make it up as we go along
Feet on the ground
Head in the sky
It's ok I know nothing's wrong... nothing
 
 
Come fosse finito in quella situazione, di preciso Kurt non avrebbe saputo dirlo. Era sdraiato nel letto più comodo che avesse mai avuto a disposizione. Le lenzuola pulite e profumate, la stanza grande e piena di ogni genere di oggetti, la maggior parte dei quali non avrebbe saputo come usare o perché. 
 Vi era un grande camino a illuminare e riscaldare la camera e dietro un raffinato paravento una vasca da bagno tutta per lui. Eppure in quella stanza confortevole e sconosciuta non riusciva a chiudere occhio. 
 Erano arrivati sull'isola da pochi giorni e Kurt si era sentito come preso nel vortice di una danza frenetica che evidentemente non era lui a condurre. 
 Aveva trascorso la prima notte nella caserma di Nuova Seréne, le successive nel palazzo del Governatore e dopo essere stato in modo molto curioso allontanato dal suo servizio si trovava ora a dormire sotto il tetto di Palazzo De Sardet. 
 La giovane signora era divenuta a tutti gli effetti il suo nuovo incarico sebbene fosse ancora suo cugino a pagare per i suoi servizi. Il Governatore aveva affidato a Lady De Sardet alcuni incarichi che l'avrebbero portata a viaggiare per l'isola e a lui l'incarico di guardarle le spalle. 
 E allora come era successo che fosse proprio lei, la sua Signora, a guardare le spalle a lui? L’aveva trascinata in giro per la città ad indagare su qualcosa che non la riguardava. Quando le aveva chiesto di incontrare la giovane recluta credeva davvero che il suo intuito e la sua opinione sarebbero state preziose, l’orgoglio che aveva illuminato il volto di De Sardet solo un piacevole effetto collaterale, ma non avrebbe mai immaginato dove quella richiesta li avrebbe condotti. 
Kurt iniziò a sentire che le coperte si facevano troppo pesanti, tanto da togliergli il respiro. Si tirò su a sedere appoggiando la schiena contro una quantità di cuscini che non credeva di aver mai visto tutti assieme.
 Si era sempre rifiutato di reclutare giovani soldati. Si era offerto di addestrare chi aveva scelto quella vita, non avrebbe potuto fare altrimenti, quei giovani avevano bisogno di imparare a difendersi e lui poteva farlo senza metterli in pericolo. Ma non aveva mai convinto nessuno a scegliere quella strada, e come avrebbe potuto? Con Reiner era stato diverso, aveva trovato un ragazzo spezzato che della vita aveva già visto ogni sozzura. A lui le Guardie potevano offrire uno spiraglio per accedere a una vita migliore. Aveva dedicato a quel ragazzo, che aveva trovato fin troppo simile a se stesso, tutto il poco tempo libero che i due rampolli reali gli concedevano. Si era assicurato che in caserma non avesse problemi e gli aveva insegnato i rudimenti che gli avrebbero permesso di difendere se stesso, se non gli altri. Aveva accolto con sollievo la notizia che il ragazzo fosse stato assegnato a Nuova Seréne, andava lontano da lui, ma anche dai pericoli, aveva creduto. Kurt aveva saputo solo dopo la partenza del giovane che anche lui si sarebbe spostato sull’isola e lo aveva colto come un segno. E invece aveva avuto torto, come sempre. Renier non aveva niente da perdere se non la propria vita. E Kurt aveva segnato la sua condanna a morte. 
 L’uomo sentiva la fronte imperlarsi di sudore e l’aria sembrava non voler scendere nei polmoni. Si alzò in piedi e si mise a frugare la stanza. Possibile che tra tutte le cianfrusaglie sparse ovunque nessuno avesse pensato di lasciare lì una bottiglia e un bicchiere? Si sedette sul letto troppo alto cercando di riacquistare il controllo. Lo sguardo addolorato della giovane De Sardet tornò a tormentarlo e lo trafisse una volta di più. Aveva fallito anche davanti a lei. Aveva giurato di proteggere la sua recluta e il ragazzo era morto. Aveva fatto lo stesso giuramento alla giovane Lady, come poteva ancora fidarsi di lui dopo essere stata testimone del suo fallimento? Eppure quella stessa sera, dopo aver trovato il corpo del ragazzo, dopo aver svelato la terribile bugia che angosciava Kurt tanto quanto la morte del ragazzo, la giovane Lady gli aveva offerto una casa.
 
 Non poteva certo dire che l'invito fosse stato esclusivo. La casa di quella nobile dama si andava riempiendo, su suo personale invito, di reietti. Avrebbe dovuto sentirsi a suo agio in questo contesto, ma sapeva di contaminare con la sua presenza la rispettabilità di quella casa. Gli altri ospiti, per quanto reietti, avevano una loro dignità: Vasco, per quanto, lasciato a terra e privato della sua nave era pur sempre un capitano dei nauti e la donna dell’isola? Bè il fiorellino che lady De Sardet aveva raccolto per strada era niente meno che una principessa. Lui invece aveva le mani sporche del sangue di un innocente. Fossero state solo le sue mani ad essere sporche! Sapeva a cosa Reiner rischiava di andare incontro e questo non lo aveva fermato. Lo aveva comunque convinto ad arruolarsi. Non era in niente migliore di lui. Due occhi a lungo dimenticati erano riapparsi nella mente di Kurt accompagnati come sempre dal puzzo dell’uomo, non c’era modo di mandar via quell’odore dalla sua testa. E come ogni volta quel pezzo di memoria cristallizzato e incancellabile provocò un conato di vomito. Doveva bere qualcosa, doveva uscire da lì.
  Proprio davanti alla porta della sua camera si aprivano le scale che portavano all’unica stanza allocata al piano superiore, l’unico privilegio che la padrona di casa aveva tenuto per sé era quella camera isolata dalle altre. E Kurt nello scegliere la propria stanza si era detto che se proprio doveva vivere nella stessa casa della donna, avrebbe colto l’occasione per rendere più facile attendere al suo incarico. La stanza ai piedi delle scale gli permetteva infatti di tenere d’occhio la giovane Lady, e proteggerla da attacchi imprevisti. Come se poi avesse davvero avuto bisogno della sua protezione. Kurt sentì un nuovo conato torcergli lo stomaco. Stava forzando i suoi desideri anche sulla ragazza come aveva fatto con Reiner? Cosa gli dava il permesso di farlo? Si avviò verso il salottino dove sapeva avrebbe trovato da bere. Trovò la stanza illuminata da un fuoco vivace, nonostante l’ora tarda.  Facendo appena un passo all'interno vide seduta a terra davanti al grande camino Lady De Sardet, appoggiata con la schiena contro la seduta della poltrona e coperta appena dalla sua veste da notte. Entrambi sorpresi si fissarono per un istante. Il disagio di entrambi era ben più che evidente. Kurt si sforzò di rompere il silenzio, spostando lo sguardo lontano dal viso della giovane che sembrava quasi spaventato. “Green Blood, volevo solo qualcosa da bere, prendo un bicchiere e ti lascio la stanza.” 
 “No.” Disse semplicemente la giovane e Kurt suo malgrado riportò lo sguardo su di lei. Sembrava ancor più allarmata e aveva tirato le ginocchia sotto il mento infagottandosi dentro la stoffa leggera della veste da notte. Kurt attraversò la stanza e si versò da bere. Svuotò in un sorso il contenuto del bicchiere e se ne versò un altro prima di voltarsi nuovamente verso di lei.
 “Come stai?” La voce titubante della giovane donna lo colpì come un pugno ben assestato. Sentì le mani iniziare a tremare, ne appoggiò una sulla consolle su cui era posata la bottiglia e strinse l’altra attorno al bicchiere. Non aveva risposte per quella domanda. Almeno nessuna risposta che potesse condividere a cuor leggero con la sua Signora. “Non riesco a dormire, ma mi sembra che voi non siate da meno.” La ragazza sorrise debolmente e si scostò dalla poltrona: “Vuoi rimanere qui per un po’?”
 Kurt lesse una preghiera in quelle parole e non seppe dire di no. 
 “Cosa ti tiene sveglio?” Ancora quella voce titubante, un nuovo colpo allo stomaco. Lei sapeva. Voleva che lui parlasse, voleva farsi più vicina.
 Kurt sorrise e mentì: “Non è mai facile addormentarsi in un posto sconosciuto, finché non si impara a riconoscerli, i rumori di una casa sono tutti potenzialmente una minaccia.”
  “Stai dicendo in modo molto elaborato che hai paura del buio?” La ragazza lo guardava ora con sguardo furbo, un’espressione fin troppo familiare. Kurt si sentì trascinato indietro in un tempo più semplice. Ma c’erano davvero mai stati tempi semplici per lui? Possibile fosse invece solo effetto di quel sorriso? Kurt si sforzò di lasciare andare una risata e approfittò per allontanare da lui la curiosità della giovane. “E tu? Come mai non riesci a dormire?”
 Attendendo la risposta si versò da bere per la terza volta e si sedette sulla poltrona proprio di fronte alla donna. Osservandola si accorse di riuscire a respirare nuovamente. 
 “Sono troppo emozionata per dormire.” Anche la giovane aveva un bicchiere semivuoto accanto. Lo prese e ne bevve un piccolo sorso prima di proseguire: "Per la prima volta nella mia vita mi trovo in un posto che posso davvero chiamare casa. Un luogo in cui nessuno può darmi ordini o spiarmi o minacciare me e le persone a cui voglio bene. Sono felice e ho paura di perdere qualcosa di tutto questo se mi addormento. Credi abbia senso?"
 Kurt rimase in silenzio ancora per un poco considerando quanto distanti fossero le emozioni che toglievano il sonno a entrambi e ne fu immensamente grato. Nonostante la vicinanza che in viaggio si era fatta ancor meno appropriata, non era riuscito a insozzare anche lei. Forse anche per lui c’era speranza dopo tutto. Quando si decise a rispondere lo fece con più sincerità di quanta avesse inteso usarne: “Green Blood, io non ho mai avuto una casa, quindi non saprei.”
 La giovane bevve ancora e aggiunse senza guardarlo negli occhi: “Mi piacerebbe che pensassi a questa come casa tua.” Poi aggiunse cercando di mistificare il peso di quelle parole: “Vorrei che tutti voi lo faceste.”
“Questo è un palazzo, è adatto a vostra grazia, non certo a un rozzo soldato come me.”
Vide un’espressione addolorata fare capolino sul viso della giovane.  “A cosa serve una casa se non può essere condivisa con le persone che ami?” Il volto della giovane si era fatto di fuoco, aveva detto troppo? Il colpo che Kurt avvertì questa volta allo stomaco era diverso dai precedenti, più piacevole, più subdolo. Per quanto ingiusto era così bello guardarsi per un istante con gli occhi della sua giovane allieva, sembrava di potersi pensare salvabile, amabile addirittura. Ma lei non era più la sua giovane allieva, era la sua signora e tutto quello era sbagliato e Kurt non mancò di sottolinearlo aggiungendo forse un tocco di crudeltà che rimpianse immediatamente: “E allora perché non rimanere a palazzo con tuo cugino?”
 Il volto della giovane divenne una maschera, la stessa che indossava davanti a nobili altezzosi, Kurt seppe di aver sbagliato. Doveva tenere quella giovane a distanza, ma non voleva ferirla. 
 “Sono stanca di palazzi ed etichette. Vorrei che la mia casa non fosse piena di servitori ma di amici. È forse così sbagliato?” Gli occhi di lei avevano lanciato una sfida silenziosa e Kurt si arrese ancora una volta davanti a quello sguardo scuro che nascondeva profondità che Kurt non avrebbe mai voluto percepire. 
 “Sarebbe un onore essere considerato vostro amico, Eccellenza”
 Un sorriso appena accennato increspò le labbra della giovane che rimaneva seduta fronteggiandolo senza timore. Sembrava tutto così sbagliato, eppure il suo cuore aveva ripreso a battere lento, l’angoscia sepolta lontana, Kurt era tornato sé stesso grazie alle parole e alla presenza della giovane Lady. Avrebbero davvero potuto essere amici? Si rilassò sprofondando nella poltrona.
 “Posso confessarti una cosa?” Kurt la guardò e tacque aspettando che proseguisse. Il bicchiere tra le sue mani si svuotava troppo velocemente avrebbe voluto bere ancora ma la bottiglia rimaneva lontana. Come leggendo nei suoi desideri o forse per recuperare coraggio per la confessione annunciata, la donna si alzò, prese la bottiglia e la portò accanto alla poltrona. Si versò da bere e ne offrì anche a lui che accettò di buon grado. Poi tornò a sedere tenendo la bottiglia vicina e lui ancor più vicino. Rimettendosi a sedere infatti era tornata con la schiena appoggiata alla seduta della poltrona proprio accanto a lui accostata alla sua gamba quanto alla poltrona. Non lo guardava più negli occhi ora, fissava lo sguardo sul fuoco. Cosa stava per confessargli? Un timore inconsueto aveva preso a fargli tremare le mani. Tutto era sbagliato in quella situazione, la giovane Lady ai suoi piedi, lui seduto in quella pretenziosa poltrona, una familiarità e un'intimità che nessuno dei due avrebbe dovuto concedersi. 
 “Credo di essere felice di non essere a Palazzo con Constantin. Sarei rimasta lì se me lo avesse chiesto, ma sono grata che non l'abbia fatto. Mi sento crudele, ma mi sembra di essere libera per la prima volta, sento che questo piccolo posto è davvero solo mio, sento che c'è un piccolo spazio che non dipende da nessun altro. Eppure, temo che Costantin capisca di non avere più bisogno di me, ha il suo nauto ora e il suo palazzo, rimanendo lontana lui vedrà chiaramente ciò che sono. Sento di voler rimanere lontana per potermi sentire libera eppure non oso immaginare per lui la stessa libertà. Credi che sia un mostro?”
 Pronunciando quelle ultime parole la giovane aveva alzato uno sguardo quasi implorante su di lui. Vedeva riflesse su quel bel volto le emozioni contrastanti che le aveva appena confessato e la tenerezza che dilagava nel cuore di Kurt si trasformò in una sensazione fisica: sentì sciogliersi il grigiore di anni davanti a quegli occhi così scuri che non chiedevano altro che un po’ di gentilezza. Non seppe trattenere un gesto che rischiava di tradire quella sua momentanea debolezza. Posò una mano sul viso della donna: un solo istante, il rossore che subito lo incendiò lo fece ritirare maledicendosi. Provò a parlare, cercando di rimediare all’errore appena commesso.
 “Green Blood, non c'è niente di egoista in ciò che provi. Tuo cugino sa essere decisamente dilagante, è normale e giusto volere un piccolo spazio che non sia totalmente in suo controllo.”
“Non ha niente a che fare con il suo modo di fare il mio sentirmi in trappola quando sono accanto a lui. Sono io, lui non c'entra nulla.” Sputò fuori quelle parole in modo quasi irritato come se trovasse seccante dover sottolineare una verità che tra loro era sempre rimasta inespressa, ma che entrambi riconoscevano. Poi con un sottile velo di tristezza ripeté fra sé “Sono io.”
 Di nuovo quella tenerezza inopportuna e incontrollabile. Tenne a freno le mani e disse cercando di tenere calma la voce: “Green Blood, la vostra relazione è più forte di qualunque altro legame di cui io sia mai stato testimone, e so che entrambi siete il prodotto della vostra influenza reciproca. Tu devi a Constantin il tuo coraggio e lui a te la sua generosità. Siete stati tutto l’una per l’altro per tutta la vita, ora finalmente questo legame può crescere. Non sarà più importante perché necessario, lo sarà perché sceglierete di volerlo. E non credo ci sia niente di più bello. Invidio molto il vostro reciproco affetto.”
 La giovane Lady era di nuovo divenuta paonazza, proprio come poco prima, ma questa volta lui era ben sicuro di non averla neanche sfiorata. Cosa aveva detto? O come lo aveva fatto? 
 Intanto la ragazza si era raggomitolata arrivando a posare il mento sulle ginocchia. Sospirò dicendo “Tu ci conosci così bene, siamo dei libri aperti per te, e io invece non so nulla di te. Non è difficile capire come mai tu ti sia sentito così solo in tutti questi anni.”
 “Scommetto che sai di me più di quanto immagini. In fondo come io ho dovuto imparare a leggere i segni per impedirvi di combinare guai, voi avete fatto lo stesso per cercare di sfuggire al mio sguardo. E visto i guai che avete combinato siete stati senza dubbio più abili di me. Ma…”  aggiunse a fatica con le parole che gli si attaccavano alla gola, fiutando un potenziale pericolo: “se c'è qualcosa che vorresti chiedere puoi approfittare della notte e dell'insonnia.” La Lady ai suoi piedi sembrò valutare con grande attenzione le sue parole, neanche la sua proposta fosse stata un desiderio concesso inaspettatamente da un genio e lei avesse paura di sprecarlo non valutando bene le parole che sarebbero seguite. Infine lo guardò negli occhi e disse: “Tu cosa facevi per prendere le distanze da noi? Per riposarti un po'?”
“Una volta bastava andare in taverna, ma poi avete iniziato a seguirmi anche lì.” Kurt felice di quella domanda che permetteva di allentare la tensione rispose di getto con il suo tono goliardico. “E allora cos'hai cosa hai fatto?” Chiese ancora lei sorridendo appena.
“Dei lunghi bagni caldi. Però devi promettermi che non lo dirai a tuo cugino, ho una certa reputazione da mantenere”.
Il sorriso quella volta fu più aperto e autentico “Bene sarà il nostro segreto.” Poi aggiunse con una voce melliflua che Kurt sentì arrivargli fin dentro la carne, come la punta di uno stocco in battaglia. "Il mio silenzio però ha un prezzo, sai? Se devo rinunciare al piacere di ascoltare Constantin prendersi gioco di te e ricordarti quale soffice bocciolo di corte sei diventato, voglio qualcosa in cambio.

 “Green Blood, sei inquietante, posso sentire chiaramente quelle parole pronunciate dal tuo regale cugino. Kurt lasciò andare una risata che parve quasi fuori luogo nel silenzio della casa. Ma quello sì era davvero familiare e fu felice di vedere la giovane Lady rispondere a quella ritrovata normalità facendosi nuovamente lontana da lui. Volse le spalle al camino sedendo a gambe incrociate davanti a lui. Anche l'imbarazzo per essere stata sorpresa con indosso niente più che una leggera veste da notte era scomparso, grazie a quel senso di familiarità e per quanto Kurt ne fosse sollevato non poteva negare che il pudore della donna lo avesse fino a quel momento tenuto al sicuro.  Vedeva ora più di quanto avrebbe voluto attraverso la stoffa leggera. Non che non gli fosse capitato più volte di vedere la giovane con indosso niente più che le fasce che stringevano il seno e delle braghe leggere, ma in passato Kurt non aveva mai pensato a lei come una donna, non vi era nulla da nascondere al tempo e nulla che potesse turbarlo. Possibile che negli ultimi mesi fosse cambiata così tanto la sua testa? Quei pensieri gli fecero orrore e rischiarono di far riaffiorare il muto terrore che lo aveva spinto fuori dalla sua stanza facendolo piombare in quella assurda situazione. Cercò di respirare a fondo aggrappandosi alla sensazione familiare data dalla naturalezza del rapporto tra lui e la sua allieva. Non era nulla di più, solo la ragazzina che per anni aveva dovuto tirare fuori dai guai. Spostò lo sguardo dalla figura della donna cercando di concentrarsi sul suo viso cercando nei bei lineamenti del suo viso quelli acerbi della ragazzina che era stata. Cercò di fare leva sulla serenità che per quanto fragile era riuscito a raggiungere, poco prima che i suoi pensieri indecorosi lo trascinassero indietro in un luogo buio e spaventoso. Respirò ancora a fondo e con un sorriso incerto, ma facendo ricorso al suo solito tono canzonatorio disse: “Bene Green Blood dimmi qual è il tuo prezzo e vedremo di trovare un compromesso, sono un uomo ragionevole dopo tutto. 
 La donna assottigliò lo sguardo e il suo volto scuro sembrò improvvisamente farsi di fuoco nel gioco di ombre a cui la luce mobile del camino dava vita nella stanza. Al soldato improvvisamente sembrò di essere al cospetto di una strega o di una sciamana e sentì di essere in pericolo.
Beh se io devo tacere, tu devi continuare a parlare. Sorrise di un sorriso delizioso, improvvisamente sembrava scomparsa la ragazza che Kurt era certo di conoscere perfettamente. Da dove veniva quel sorriso? Era chiaramente quello di una donna. Una donna che sa perfettamente ciò che sta facendo. Possibile?
 “Per ogni notte che spenderemo accanto a un fuoco dovrai rispondere a una domanda. Ci stai?”
 Kurt sentiva nuovamente la lingua incollarsi al palato. Aveva paura di lei. No. Non era vero. Aveva paura di se stesso. E lei? Ne era attratto? Sì ne era decisamente attratto. Da dove nasceva quella sensazione? La giovane davanti a lui era la stessa incapace di riconoscere il proprio valore. La stessa che avrebbe dovuto rimettere al proprio posto, rendendola libera da uno sciocco sentimentalismo che le faceva percepire di essere sullo stesso piano di un rozzo soldato. E allora perché aveva l'impressione che lei sapesse perfettamente quale effetto ogni parola, ogni più fuggevole espressione avevano su di lui? 
 Non doveva lasciare che facesse breccia. Un solo cedimento nella sua facciata e sarebbe stato impossibile convincere quella caparbia ragazza dell’impossibilità di ciò che in quel momento stava chiaramente cercando di costruire. Non poteva e non voleva essere artefice di un crimine tanto orribile. Sapeva che la strategia doveva rimanere immutata, prendersi gioco di lei e riversare su di lei quel disagio tanto fuori luogo.
 “Green Blood, il tuo silenzio è troppo caro, pur essendo il silenzio di una Lady. Potrei scendere a compromessi se fosse una domanda per una domanda.”
La ragazza lo guardò e i suoi occhi si fecero enormi per la sorpresa e l'imbarazzo. Ma si riprese in un attimo: “Non c'è niente che tu non sappia di me.” Il volto ferino della giovane donna lo osservava divertito e spudorato. Quella notte Kurt non poteva vincere. Avrebbe dovuto ritirarsi in silenzio e ammettere la disfatta. Poi gli tornò in mente la prima volta che per un solo istante la giovane donna che aveva davanti aveva fatto capolino nell'espressione della ragazza che aveva conosciuto: “Green Blood, se non sei disposta a contrattare dovrò giocare le mie carte migliori.” Si piegò in avanti appoggiando i gomiti sulle gambe e Kurt vide la giovane arrossire a quella improvvisa prossimità:
Sbaglio o ho ancora una scommessa da riscuotere? Potrei usare la mia vincita per negoziare una resa unilaterale. Non ti pare?
 Il sorriso di Lady De Sardet si allargò di nuovo: “Tieni la tua vincita, accetto lo scambio. Una domanda per una domanda in cambio del mio silenzio.”
A quel punto si alzò e rimase per un momento in piedi accanto a lui. Lo guardava dall
alto, malferma sulle gambe, da quanto tempo era seduta lì a bere? Gli posò una mano leggera sulla spalla e aggiunse in un sussurro: “Magari avrai voglia di usare la tua vittoria per qualcosa di più divertente un giorno.” Un terrore improvviso annebbiò la sua mente al contatto con quella mano leggera. Kurt le afferrò il polso in modo un po’ troppo sgraziato e la allontanò rivolgendole al contempo uno sguardo severo. Il rossore sul volto della ragazza era ora più intenso e la vide sfuggire il suo sguardo. L’aveva finalmente messa in fuga ma il senso di giustizia non poteva completamente soffocare il crepitio sommesso del senso di colpa per aver così crudelmente allontanato la Signora che lo aveva accolto in casa sua e che le aveva offerto un’immeritata amicizia che lui stesso aveva ammesso di ricambiare. La giovane lasciò la stanza in fretta senza dire una parola in più. Se non fosse stato per il suo profumo che ancora aleggiava nella stanza Kurt avrebbe giurato di aver sognato tutto.
 A ulteriore conferma della realtà dell
accaduto una voce divertita fece sentire la sua presenza: “Sei davvero nei guai vecchio mio. Proprio non vorrei essere al tuo posto.” Vasco aveva fatto il suo ingresso nella stanza, aveva preso la bottiglia che rimaneva ancora mezza piena ai piedi della poltrona e ora lo guardava divertito. “Sei proprio nei guai.” ripeté ancora e Kurt rimase a guardarlo senza trovare la forza di rispondere alla provocazione. Il nauto sembrò soddisfatto e si allontanò continuando a ridacchiare e augurando la buona notte. 
 Era davvero nei guai? 
 
 Cosa le era saltato in testa? Si chiuse la porta alle spalle e vi si accasciò contro, tirò su le ginocchia contro il petto, vi allacciò intorno le braccia e affondò la testa come cercando un modo per seppellire tutto l’imbarazzo. Era stata una sciocca. Ogni parola detta le bruciava nella testa con un acuto senso di vergogna. Mai si era resa tanto ridicola davanti a lui. E lui l’aveva per la prima volta valutata per quello che era. Una donna, certo, ma una donna che non poteva in alcun modo suscitare il suo interesse. Si sentiva così in imbarazzo che avrebbe voluto piangere e urlare ma tacque sovrastata dalle immagini che continuavano ad affollarsi nella sua testa. La sua voce roca, controllata si era presa gioco di lei, il suo sguardo ancora una volta si era posato su di lei senza dimostrare il minimo interesse per ciò che vedeva e lei nonostante tutti i segni che non aveva potuto non leggere, si era resa ridicola davanti a lui dimostrando fin troppo sfrontatamente quanto fosse disposta ad offrire. La cosa che più la faceva sentire umiliata era la cruda certezza che per una volta l’uomo l’avesse presa sul serio. Era certa che per una volta il soldato non avesse archiviato il suo flirtare come il gioco di una bambina che dimostra di avere una cotta per il suo maestro. No, era certa che questa volta avesse riconosciuto in lei la donna, che avesse finalmente valutato la sua offerta come qualcosa di reale. Molto semplicemente l’uomo non era interessato e aveva gestito la cosa nell’unico modo in cui avrebbe potuto farlo, mettendo bene in chiaro che le sue avances erano sgradite e quindi fuori luogo. Soffocò un lamento nell’incavo del gomito. Era stato tanto cortese, come sempre, da offrirle una facile scappatoia, cercando inizialmente di riportare i loro scambi nell’ambito di una familiarità giocosa, una finta irriverenza che poteva essere una fortezza sicura per entrambi. Ma lei aveva insistito riuscendo finalmente ad irritarlo. Aveva visto chiaramente tutto quello, eppure non era riuscita a trattenere le parole. Non solo aveva detto “sono qui per te” ma aveva lasciato intendere che le cose non sarebbero cambiate. Si sentiva come un ospite che continua ad offrire una pietanza insipida ad un commensale già sazio. E non era convinta che Kurt fosse poi così sazio, semplicemente ciò che lei poteva offrire, non era niente di così allettante da tentarlo ad interrompere il digiuno.
E lei sciocca si era invece sentita incendiare dal castissimo gesto di lui. Quella mano sul viso, gesto dettato dalla compassione, non certo dall’ardore, aveva lasciato una scia bollente dentro di lei. La cura di anni dimostrata dalle sue parole gentili avevano gettato benzina sul fuoco. Era una sciocca senza speranza.
 Si alzò e si avvicinò al letto. Si lasciò sorprendere dalla propria immagine riflessa nello specchio appoggiato nell’angolo della stanza. Si soffermò per un istante sulla sua immagine. Non le era mai piaciuto ciò che vi aveva visto. Si avvicinò allo specchio e rimase a guardarsi. Nel suo viso non vedeva niente di grazioso, non le guance tonde e rosee delle ragazze che aveva conosciuto a corte, non la bocca carnosa e invitante o gli occhi volitivi delle donne in taverna. Solo quello strano marchio che da tutta la vita la segnava come un essere strano, diverso, sgradevole alla vista. Vi passò la mano. Un brivido scese lungo la spina dorsale. Kurt vi aveva posato la mano poco prima senza ritrarsi, senza provare ribrezzo per ciò che vedeva. Quel marchio per lui era semplicemente parte di lei. Un motivo in più per amarlo. 
 Dopo un attimo di esitazione allentò i lacci che tenevano stretto lo scollo della veste da notte. Lasciò scivolare la stoffa leggera oltre le spalle lasciando che si adagiasse attorno ai suoi piedi. Fece lo stesso con i lacci che tenevano su le braghette raffinate. Lo sguardo che rivolse allo specchio fu ancora poco convinto.
 Si sentì ancora una volta un curioso incrocio tra una donna e un soldato. Era minuta e spigolosa. Le spalle troppo larghe, i fianchi troppo stretti. Gambe e braccia sottili erano l’unica cosa di cui si sentisse vagamente fiera, più per l’utilizzo che sapeva di poterne fare che per una questione estetica. Portò le mani ai seni, non senza un fremito. Non vi era nulla neanche lì dell’abbondanza strabordante che le altre dame stringevano ad arte nei corsetti. Le tornò per un attimo alla mente la donna che aveva visto con Kurt. E di nuovo si sentì senza alcuna speranza. Lei era alta, forte, curve generose erano evidenti anche sotto gli strati dell’uniforme. Portò le mani ai fianchi e diede un ultimo sguardo. Cosa poteva farsene Kurt di una come lei? Voltò le spalle allo specchio, spense le candele che rischiaravano la stanza e entrò al letto. Le lenzuola fresche moltiplicarono i brividi sulla pelle nuda della ragazza. Quel corpo che trovava così poco amabile pretendeva attenzione. Dalla notte spesa in taverna con l’orribile soldato che l’aveva umiliata non si era più concessa di trascorrere la notte in compagnia di altri uomini e sentiva sempre più spesso crescere la frustrazione di desideri inappagati. Lasciò scivolare una mano sul seno che aveva valutato così insoddisfacente, poco prima. La pelle delicata rispose al tocco leggero all’istante. Le lenzuola una presenza opprimente e piacevole contro il corpo acceso. Ignorare il calore tra le gambe sarebbe stato inutile. I pensieri che poco prima avevano provocato il suo imbarazzo tornavano a tormentarla ora in modi più sadici. La voce roca di Kurt che aveva riso di lei era ora nella sua testa e sussurrava parole diverse, quel soprannome così familiare si trasformava facilmente nelle sue fantasie in un nomignolo affettuoso. La mano che per pochi istanti si era posata sul suo viso scorreva ora sul suo ventre, giù, sempre più in basso fino a raggiungere l’origine del calore. Immaginò poi gli occhi chiari dell’uomo, attenti e indagatori posarsi sul suo corpo. Quel pensiero la gelò. Il desiderio rimpiazzato di nuovo dalla vergogna. Per quanto potesse essere indulgente nelle sue fantasie non riusciva davvero, in quel momento, a immaginare l’uomo guardarla con desiderio. Cosa avrebbe potuto vedere in lei? Era tutto inutile. Si girò nel letto il momento era rovinato e il sonno non sarebbe giunto in suo soccorso. Affondò la faccia nel cuscino e lasciò andare un lamento pieno di rabbia e frustrazione, un verso simile a quello di una bestia ferita e chiusa in un angolo. Rimase con il viso nel cuscino e le braccia tra questo e il soffice materasso. Rimase così a lungo finché anche respirare iniziò a farsi difficile. Volse allora il volto di lato, davanti a lei lo specchio appena illuminato dal chiarore della brace che ardeva nel camino continuava a farsi beffe di lei. Un’ombra scura, informe e indesiderabile. Nessuno l’aveva mai amata, non poteva essere il mondo intero a sbagliare. C’era evidentemente qualcosa di sbagliato in lei. Le tornò alla mente una frase che aveva letto un tempo su un libro e che negli anni della sua adolescenza era stata di grande conforto: “non essere amati è una mera sfortuna, la vera disgrazia è non amare.” Al diavolo quella filosofia da quattro soldi erano solo stronzate. Lei aveva sempre amato, eppure era sempre stata sola. Nessuno aveva saputo o potuto amarla per ciò che era, neanche sua madre. Era stata esaminata molte volte ed era sempre risultata manchevole. Non poteva essere considerata una disgrazia, quella? Probabilmente no. Una disgrazia è immeritata, lei meritava il suo destino. Aveva un cuore contorto e sudicio, non era mai stata capace di nasconderlo a sua madre, e lei aveva risposto di conseguenza. Constantin? Kurt? Certo non avrebbe saputo come tenere nascosta la propria natura proprio a loro. L’unica speranza per lei erano quegli uomini capaci di rimanere abbastanza lontani da non inorridire davanti alla sua natura contorta. Qualcuno come quel Malkom, felice di possederla come un feticcio ben sapendo che lei non aveva altro da offrire. Lacrime amare e indesiderate si affacciarono dispettose dai suoi occhi. Tirò le coperte fin sopra la testa per nascondere la sua vergogna agli occhi di tutti, anche di quello specchio maligno. Il primo chiarore del giorno iniziava a farsi vedere quando finalmente prese sonno.
   
 
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