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Autore: Challenger    08/05/2022    0 recensioni
Tutto quello che c'è da sapere è che l'amore non si arrende mai
Genere: Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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«Esci, sbrigate, te devo parlà» intimò il cafone maleducato che mi aveva appena strattonato. Lo guardai. Andrea?! Che ci faceva lì?! Come diavolo faceva a sapere che ero al Rock pub?! E perché mi stava strattonando in quel modo?! «Ehi, scusa?! Ma si può sapere chi sei tu?!» lo interrogò Valerio. «Ma chi cazzo sei te! Ma chi te conosce! E te, mòvete!». «Sei impazzito? Io sono qui con i miei amici! Vattene!» dissi con le sopracciglia aggrottate. Andrea, per tutta risposta, mi costrinse a seguirlo. Valerio cercò di difendermi, ma quello, con aria minacciosa, impartì: «non t’avvicinà, ché rompo il culo!». Rassegnato, poté solo alzare le mani spostandosi di qualche passo indietro. «Ecco bravo, stai a cuccia» disse sprezzante a Valerio. Mi strattonò ancora una volta riuscendo alla fine a portarmi fuori. Ci ritrovammo in un vicolo stretto e buio, illuminato a malapena dal lampione posto sul marciapiede poco distante. «SI PUÒ SAPERE CHE COSA VUOI DA ME?!» strillai esasperato. «Perché stavi co quello sfigato?». «Non è uno sfigato! Si chiama Valerio ed è un mio amico! E si dà il caso che a me piaccia molto!» mi meravigliai delle mie stesse parole. La storia con Valerio era conclusa da tempo, non so perché gli dissi così. Ghignò: «daje, su, non te pô piacé quel coso scheletrico!». Andrea sembrava sconcertato. Trovava assurda l’ipotesi che potesse piacermi sul serio quel tipo tutto pelle e ossa con gli occhiali dopo essermi invaghito di lui. Forse glielo dissi per ferirlo. «Sentiamo un po’… perché non può piacermi? Pensi che per me sia più adatto uno come te? NO! PERCHÉ TU “NON SEI COME ME”, VERO?!» gli rinfacciai le sue stesse parole «ma poi tu chi sei per venirmi a dire con chi devo o non devo uscire, eh?! Chi cazzo sei?!» strillai arrabbiatissimo. «Sai che te dico? Vaffanculo, Mattì!» fece per andarsene, ma gli gridai: «quindi già te ne vai! Io mi stavo divertendo con i miei amici, poi arrivi tu, facendo una scenata, e sul più “bello” te ne vai ROVINANDOMI LA SERATA!! Se proprio devi rovinarmela allora dimmi perché mi hai trascinato fuori!! Dimmi che cosa vuoi da me?! CHE COSA VUOI DA ME?!?! Io mi sono aperto a te e tu mi ripaghi così?! A FANCULO CI DEVI ANDARE TU, ANDRÉ!!!». La mia rabbia esplose come una miccia. Piangevo a dirotto, ancora una volta avevo permesso a qualcuno di farmi del male. Si decise a rompere il silenzio. «Torna dall’amici túa. Io me ne vado». A causa della semioscurità non vidi bene, ma credo avesse gli occhi lucidi. Capii benissimo cosa intendesse dire con “io me ne vado”, ma non gli avrei permesso di cavarsela così facilmente. Poteva anche spezzarmi il cuore e farmi tutto il male che voleva, ma non lo avrei mai lasciato andare, non avrei mai rinunciato a lui. Non potevo proprio ora che l’avevo ritrovato! Feci qualche passo verso di lui. Un raggio di luna illuminava quei suoi pozzi profondi, che scintillavano di luce propria. In loro lessi bramosia di piacere, mi desideravano ardentemente. «Baciami» gli imposi piano. I suoi occhi, che avevano catturato i miei, erano pronti ad amarmi, ma la bocca, ancora non del tutto convinta, domandò titubante: «cosa?». «Baciami» gli ripeté la mia per convincerla a non avere paura. «Perché?» chiese ancora, ma il tocco delicato della mia mano aveva fatto breccia in quel cuore impenetrabile. Il mio sguardo si spostò su quella bocca imbronciata e non del tutto convinta, allora mi rivolsi direttamente ai suoi buchi infiniti, e tuffandomici dentro risposi: «tu fallo e basta» mi avvicinai e posai le mie labbra su quelle di lui. La sua barba irsuta pizzicò la carne tenera delle mie mani, ma la sua bocca, rossa e vellutata come una rosa, mi spingeva a prolungare quel contatto. Era esattamente questo Andrea: una rosa sbocciata in un roveto, e io avrei corso il rischio di strappare e lacerare la pelle morbida pur di cogliere quel fiore unico nel suo genere. Inizialmente si ritrasse spaventato dal gesto imprevedibile, poi, scrutandoci fin nel profondo, leggemmo negli occhi l’uno dell’altro il desiderio di possederci a vicenda. Andrea quindi prese a baciarmi appassionatamente. Per la foga mi spinse contro il muro dell’edificio accanto. Mi toccava ovunque: baciava il collo, le guance, le labbra succose, bramose delle sue, tenendomi le braccia bloccate contro il muro o lasciando scivolare le sue mani lungo i fianchi e il sedere; intanto il pene cresceva al minimo sfioramento. Smaniavo per quei baci veementi; avido di quelle mani forti che mi accarezzavano dappertutto, desideravo averlo dentro di me. Godevo già al pensiero di diventare un’unica cosa con lui, con il ragazzo che amavo, perché era di questo che si trattava: amore. Lo afferrai villanamente per il bavero della giacca e con un filo di voce lo supplicai: «ti prego, prendimi ora. Ti voglio dentro di me» solo pronunciando la frase, avevo già voglia di venire nelle mutande. Protetti dal favore della notte, mi disse: «girate» in tono brutale ma dolce, lo desiderava anche lui, non poteva più negarlo. Mi girai e sbottonai i pantaloni facendoli cadere, Andrea fece lo stesso con i suoi, preparandosi ad infilarlo. Cinse con un braccio, fatto passare sotto l’ascella, la base del collo mentre l’altro circondò la vita, poi mi chiese un po’ timoroso, tenendomi stretto a sé: «posso?». Strofinava la propria testa sulla mia, come un gattino che fa le fusa! Oh, ma che dolcino! Mi aveva chiesto il permesso! «Sì, ti desidero» gli risposi, voltando appena il viso verso di lui. Mi diede un tenero bacino sulla tempia, quindi lo inserì piano, per paura di farmi male (considerando le sue enormi dimensioni!). Iniziai a gemere di piacere; Andrea sorrideva contento mentre faceva avanti e indietro. «Continua! Più forte! Più forte!» faticavo a parlare, perché troppo impegnato a godere di quella sensazione. Era così bello sentirlo dentro di me! Aumentò il ritmo, finché non venne nel mio spazio intimo. La sensazione di calore che mi invase fu quasi più piacevole dell’intero momento di passione. Avevamo fatto l’amore per la prima volta, eravamo stati per un breve attimo una cosa sola. Tornai di fronte ad Andrea e cominciai ad osservarlo mentre si rivestiva: indossava anche lui un completo. Adidas bianche; i pantaloni neri, stretti e leggermente corti sulla caviglia, gli sottolineavano le gambe dritte; i primi tre bottoni della camicia bianca alla coreana (tenuta fuori dai pantaloni) erano slacciati, gli altri erano tesi per via dei muscoli gonfi — da quell’apertura spuntava una collana d’acciaio — (classico abbigliamento che ritenevo da cafone, ma quanto mi attizzava!) e sopra questa una giacca nera con le maniche tirate su fino ai gomiti. Aveva un’aria da spaccone vestito così e mi suscitò, ancora una volta, una voglia irrefrenabile di possederlo. Gli buttai le braccia al collo, ma fui subito respinto. La mia espressione chiedeva spiegazioni. «Non lo devi dí a nessuno de ‘sta cosa, stai a capí?! Perché sennò te vengo a cercà e t’ammazzo! Non lo deve sapé nessuno!» sibilò furibondo; aveva cambiato totalmente atteggiamento. “No, non è lui. Questo non è il mio Andrea” pensai scandalizzato. Dove era finito l’Andrea che mi aveva rapito e desiderato? Non gli risposi, non sapevo cosa dire. Ero completamente spiazzato. Era stato brutale. Ma perché? Che cavolo gli era successo? Rientrò senza aspettarmi. Lo seguii subito dopo. Andai da Valerio e gli chiesi di portarmi a casa, ne avevo avuto abbastanza per quella sera! [Sono graditi commenti, grazie]
   
 
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