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Autore: Fiore di Giada    09/05/2022    0 recensioni
[[La storia di Tristano e Isotta]]
Tristano e Marco si reincontrano negli ultimi momenti di vita del giovane cavaliere.
Il re riesce a dare all'agonizzante nipote il conforto di un affetto paterno.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il rintocco della campana della chiesa rompeva il silenzio della notte, come un sasso lanciato in uno stagno, mentre le stelle palpitavano nel velario blu del cielo, illuminando il paesaggio d'un tenue riflesso argentato.
Dalle piccole finestre del castello penetravano esili lame di luce, che, posandosi sul pavimento, creava delicate ragnatele luminose.
Tristano, seduto sul suo letto, attendeva. Presto, lo sapeva, la morte sarebbe giunta.
Nulla avrebbe allontanato il suo crudele destino.
Girò la testa verso destra e scorse l’alta figura di Re Marco, seduta su una sedia, le braccia incrociate sul petto e la testa china.
Sono fortunato. Suo zio, malgrado l’offesa crudele al suo onore, si era mostrato capace di andare oltre la sua rabbia.
Aveva creduto alle sue parole, quando gli aveva rivelato la verità.
Aveva veduto oltre le convenzioni e le apparenze.
Gli aveva mostrato il suo affetto, ancora intatto, malgrado le difficoltà e le meschinerie.
Eppure, in quel momento, avvertiva il senso di colpa mordere il suo cuore, come una serpe velenosa.
Si era lasciato trascinare dal suo egoismo e non aveva veduto la pena dell’animo del re.
Aveva messo la sua paura della solitudine prima della sofferenza del suo unico familiare.
Sentendo lo sguardo del giovane, il monarca alzò la testa e fissò i suoi occhi azzurri nelle iridi verdi del nipote.
Che cosa c’è, nipote? – domandò, il tono apparentemente pacato. In realtà, il suo cuore si macerava nei rimorsi.
Per tanto, troppo tempo non si era avveduto della realtà.
Suo nipote e sua moglie erano le vittime di un Fato crudele.
Se avesse compreso la verità, avrebbe risparmiato ai loro cuori una pena inutile.
E, in quel momento, lui giaceva inerte, in un letto, in attesa dell’estrema ora.
Tristano, per alcuni istanti, esitò.
Zio… Forse… Forse è il caso che andiate… – iniziò, timido.
Il re, sentendo quelle parole, gli scoccò uno sguardo confuso.
Perché? – chiese. Non comprendeva un tale mutamento nella mente di Tristano.
Era sempre più debole, ma non aveva perduto la lucidità.
Scorgeva nei suoi occhi verdi la luce ferma della consapevolezza.
No… Non fraintendetemi… Sono felice che voi siate qui, assieme a me… Ma vedo il dolore nei vostri occhi, così simili a quelli della mia defunta madre… Ho paura di essere colpevole di questa vostra pena e non voglio che voi soffriate a causa mia… – confessò, il tono amaro e gli occhi lucidi di lacrime.
Con un gesto stanco, abbandonò la testa sulla spalla destra. Il dolore opprimeva il suo corpo, come un pesante macigno, ma la sua anima era ben più dilaniata dai rimorsi.
Non aveva voluto la presenza di Rohalt, di sua moglie e della sua amata Isotta, ma aveva desiderato la presenza di suo zio.
Lui, suo unico parente, meritava un simile tormento?
Re Marco sospirò e si alzò dalla sedia.
Per alcuni istanti, percorse a grandi passi la stanza, poi si avvicinò al giovane e posò le sue mani sulle sue spalle.
Guardami negli occhi, nipote. – gli domandò, il tono fermo.
Scosso da quel tocco deciso, il giovane fissò i suoi occhi in quelli dello zio.
Tu hai sbagliato, ti sei lasciato trasportare dalla tua passione… Ma ti si può fare una colpa? La magia è una forza ben superiore all’umana volontà. Tu e Isotta siete stati costretti ad amarvi. cominciò.
Vorrei poterti ridare le forze, nipote mio. Quel veleno consumava sempre più il corpo di Tristano, come un fuoco crudele.
Se avesse premuto le sue mani con più forza, le ossa di Tristano si sarebbero ridotte in polvere.
No, quella situazione era contraria a qualsiasi regola naturale.
Avrebbe dovuto essere lui al suo posto.
La forza apparteneva ai giovani, la debolezza era propria degli anziani.
Nonostante tutto, hai avuto la forza di pensare a me… Molto spesso, l’amore è un sentimento egoista. Ti fa onore questo tuo pensiero, rivolto a me, figlio mio. affermò poi il re.
L’agonizzante cavaliere fece per parlare, ma le sue labbra si torsero in una smorfia amareggiata e i suoi occhi tremarono di lacrime.
Commosso, Re Marco strinse le braccia attorno al corpo del nipote e le sue dita, leggere, sfiorarono ora i suoi capelli, ora la sua schiena.
Il corpo di Tristano tremò, scosso da quelle manifestazioni, poi si abbandonò ad un pianto disperato, vibrante di dolore, amarezza e rimorso.
, piangi. Liberati dal rimorso e dalla pena, nipote mio. – mormorò il monarca, pacato, gli occhi velati di lacrime. Anche lui avvertiva lo strazio di quella realtà crudele, ma doveva mostrare un cuore forte e roccioso.
Suo nipote era il più fragile e non doveva essere lasciato solo in quell’estremo viaggio verso l’ignoto.
Doveva morire libero da rimorsi esagerati e dolorose paure.
A fatica, Tristano sollevò le braccia e le avvolse attorno alla schiena solida del monarca. Quell’abbraccio sincero e affettuoso era più di quanto lui si potesse aspettare.
Suo zio, nonostante la comprensibile rabbia, aveva saputo andare oltre e aveva scorto l’innocenza delle sue parole.
Solo un cuore generoso e onorevole era capace di avvertire la sincerità e di credere alla sua difesa, pur non avendo alcuna prova concreta.
Nessuna ombra oscurava più la limpidezza del loro legame.
Tra le sue braccia, finalmente, poteva sentirsi libero.
Con le sue lacrime, si scioglievano le angosce e i rimorsi.
Diverso tempo dopo, il pianto di Tristano si placò, come una tempesta marina prossima alla fine.
Con delicatezza, re Marco allontanò un poco il nipote e lo appoggiò sul letto.
Tristano sollevò le labbra in un sofferente sorriso, poi alzò la mano destra.
Il monarca capì il gesto del nipote e gliela strinse.
Zio… Credete che rivedrò i miei genitori, quando morirò? – chiese ad un tratto il giovane.
Un lampo, per alcuni istanti, balenò negli occhi del monarca. La domanda di Tristano vibrava d’innocenza.
Con l’ardore del suo animo puro, credeva nell’esistenza del Paradiso e dell’Inferno.
In quegli ultimi, dolorosi istanti emergeva la nostalgia di suo padre e di sua madre, morti a seguito di una guerra.
Ma lui, Marco, non riteneva più giuste simili idiozie.
Perché un Dio benvolente, onnipotente e onnisciente aveva colpito suo nipote e sua moglie con un simile tormento?
Con quale coraggio i religiosi chiedevano sottomissione ai suoi ordini insensati?
Tuttavia, non poteva rilevare le sue riflessioni a Tristano.
Doveva rassicurarlo e liberarlo dagli ultimi lacci della preoccupazione.
Io non sono un prete. Ma sono sicuro di una cosa: Dio ti perdonerà ogni cosa, figlio mio. Se tu hai peccato, non fu colpa tua, come ti ho detto. E il peccato è solo nell’intenzione malevola e nell’azione libera. – rispose il sovrano.
La gioia spirò nell’animo del giovane, come il vento primaverile riscalda la terra. Aveva veduto un lampo d’amarezza nello sguardo di suo zio, eppure lui, come un padre affettuoso, aveva cercato di rassicurarlo.
Questa premura gli riempiva l’animo di commozione.
Grazie di tutto… Finalmente… Finalmente, posso andarmene in pace. – sussurrò.
Poco dopo, il suo corpo si rilassò sul letto e il giovane cavaliere cessò di vivere.
Re Marco, per alcuni istanti, fissò il viso di suo nipote. Sembrava placidamente addormentato.
Sospirò. Aveva creduto che, al termine della vita di Tristano, il suo cuore sarebbe stato dilaniato dal dolore.
Tristano era il figlio della sua amata sorella defunta.
Ma non era così.
Provava sollievo per quella morte così dolce.
Finalmente, suo nipote aveva cessato di soffrire.
Con un gesto gentile, incrociò le mani del giovane sul suo petto, ormai immoto, poi gli posò un bacio sulla fronte.
Addio, Tristano… Addio cavaliere… Che il tuo viaggio verso l’Aldilà sia felice, nipote mio. – mormorò, mentre le lacrime piovevano sul corpo ormai privo di vita.


   
 
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