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Autore: sheikahwarriork    09/05/2022    1 recensioni
E se Dimitri avesse mantenuto la sua razionalità, mentre Byleth fosse andata feral per colpa delle torture subite dall'Impero?
(Ispirata a Hunger Games: Mockingjay)
Genere: Angst, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Byleth Eisner, Dimitri Alexander Blaiddyd
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Cinque anni.
La professoressa era andata per dispersa per cinque anni.
Secondo alcuni era morta, secondo altri si era nascosta per evitare la guerra.
Ma Dimitri non credeva a nessuna voce. La sua professoressa non poteva essere morta, né tantomeno essere fuggitiva dal conflitto. Era troppo coraggiosa, troppo tenace per andarsene così facilmente.
No. Qualcosa stava andando storto, e Dimitri poteva giurare che c’entrasse l’Impero.
Edelgard, la nuova imperatrice dell’Adrestia, aveva improvvisamente dichiarato guerra alla Chiesa di Seiros. Da quel momento, tutto era andato a rotoli. Dimitri aveva visto i suoi compagni di scuola divisi in due fazioni opposte, combattendo all’ultimo sangue l’uno contro l’altro, ignorando ogni rapporto d’amicizia che era nato durante l’anno di scuola. Dimitri aveva visto i soldati imperiali falciare i monaci del Garreg Mach, senza alcun ritegno, marciando sopra le case degli innocenti cittadini. E come ciliegina sulla torta, Dimitri aveva visto la sua Byleth cadere in un burrone senza fondo.
Ma non poteva essere morta. Non poteva accettare una simile eventualità. E fu proprio questa scintilla di speranza che riuscì a mantenere la mente lucida per i cinque anni della sua assenza. L’obiettivo era ritrovarla. E sarebbe passato sul cadavere di chiunque per compiere la sua missione.
 
“Mi serve un guaritore, presto!”
“È un miracolo che con tutte queste ferite sia ancora viva…”
“Ma è davvero lei? Ne siamo sicuri?”
“Certo, Annie, non la riconosci?”
“Sì, ma… l’abbiamo vista tutti cadere…”
Dimitri corse verso il gruppo di ricognizione, che aveva avuto il compito di esplorare i sotterranei del castello di Enbarr. Erano tornati da poco, e appena ricevuto la notizia Dimitri si era precipitato da loro. Doveva sapere. Doveva scoprire. Doveva vedere con i suoi occhi la sua amata.
Con fiatone, si fermò davanti a Mercedes e Annette, che stavano invocando gli incantesimi di guarigione su una figura distesa su un letto dell’infermeria. Al suono dei suoi passi le due ragazze si voltarono, per nulla stupite alla vista del principe.
“Vostra Altezza, la stiamo ancora stabilizzando…”
“Non mi importa! È lei? Ditemi che sta bene, ditemi che starà bene!”
Le due ragazze si fecero leggermente  da parte, per liberare la vista a Dimitri e mostrargli chi era disteso sul letto.
Byleth.
La sua Byleth, finalmente di nuovo tra le sue braccia.
Sembrava che i cinque anni passati non avessero avuto nessun effetto sul suo viso già perfetto. Persino i capelli sembravano essere della stessa lunghezza dell’ultima volta in cui l’aveva vista.
La donna aveva gli occhi chiusi e respirava, affannosamente ma respirava.
“Non si è ancora svegliata?” chiese Dimitri con voce rotta.
Mercedes scosse la testa. “Come ho detto, stiamo ancora cercando di stabilizzarla. L’operazione di prelevamento si è rivelata più sanguinosa del previsto, e la professoressa ha subìto qualche attacco prima che noi potessimo evitarlo. Ma siamo qui, Dimitri, lei è qui, e questo è l’importante. Ora dovrete solo aspettare un altro po’”.
Dimitri respirò profondamente, cercando di calmare i nervi. Mercedes aveva ragione, la professoressa aveva bisogno di riposo, vista la sua prigionia lunga cinque anni. Ma non poté fare a meno di sporgersi verso di lei, ammirare il suo volto per la prima volta dopo tanto tempo.
“Mia amata…” sussurrò, accarezzandole la guancia.
E in quel momento, avvenne.
Byleth spalancò gli occhi. Ma prima che il sollievo potesse farsi strada nel cuore di Dimitri, notò che qualcosa andava storto. Ebbe solo un attimo per scrutare gli occhi della donna, un tempo smeraldini come i suoi capelli, e adesso color del sangue.
Per un attimo, Byleth sorrise.
Il momento dopo, le sue mani stavano stringendo il collo di Dimitri, pronta a spezzarlo senza esitazione.
Incapace di reagire fisicamente, Dimitri spalancò gli occhi, il suo cervello si muoveva al rallentatore cercando di metabolizzare quello che stava succedendo. La sua amata si era svegliata, e adesso stava cercando di strangolarlo.
“Uccidere… uccidere…” mormorò la professoressa, stringendo più forte.
“NO!”
Una sferzata di vento magico attraversò il corpo della donna, che fu costretta a lasciare la presa. L’attimo successivo, delle catene magiche le avevano avvolto il corpo, impedendole di muoversi.
“Lasciatemi!”
C’era qualcosa che non andava. Quella non era la voce della professoressa. Era più profonda, quasi gutturale. Nulla rimaneva della nota dolce che Dimitri aveva imparato ad amare.
“By… Byleth…” Dimitri si portò le mani al collo, ancora incapace di metabolizzare quanto successo.
La sua professoressa, dispersa per cinque anni, si era finalmente svegliata, e la prima cosa che aveva fatto era stato cercare di ucciderlo.
 
Dimitri osservava il cielo dal soffitto sfondato della Cattedrale. L’attacco della professoressa non gli aveva lasciato ferite profonde; aveva solo dovuto spalmarsi una crema sui lividi del collo. Ma non c’era nulla da fare per il suo cuore.
Manipolazione mentale, avevano detto. La professoressa era rimasta vittima di un’oscura tecnica che Dimitri considerava meschina persino per l’Impero. Non si sapeva bene come, ma l’Impero era riuscito a modificare tutti i ricordi di Byleth, instillandone di negativi e cancellando tutti i ricordi positivi. Così, agli occhi di Byleth, Dimitri non era altro che un mostro assetato di sangue, colpevole della guerra e della distruzione, imputabile della sua prigionia.
Il professor Hanneman l’aveva visitata più volte, facendole numerose domande. Sembrava che Byleth ricordasse bene il suo tempo all’Accademia; aveva riconosciuto i suoi studenti e i suoi vecchi colleghi. E con loro non era ostile, anzi. Era sollevata di saperli ancora vivi, grata per le loro visite. Ma non per Dimitri. Ogni volta che il principe veniva nominato, Byleth andava su tutte le furie, perdendo completamente il controllo. Urlava che era una bestia, responsabile della guerra, che l’aveva abbandonata e l’aveva costretta a subire inimmaginabili esperimenti.
Manipolazione mentale, avevano detto. E Dimitri non poteva fare a meno di sentirsi enormemente in colpa. Perché era chiaro qual era il vero obiettivo dell’imperatrice: tormentare lui, usando lei. Cercare di fargli perdere la ragione, strappandogli l’unica cosa bella che gli era successa dalla tragedia del Duscur.
Dimitri osservava il cielo dal soffitto sfondato della Cattedrale, ma le stelle erano sfuocate. Grosse lacrime attraversavano il suo volto. Era colpa sua, era tutta colpa sua; Byleth aveva ragione.
 
Byleth era rinchiusa in quella che era la sua vecchia stanza del monastero. Dimitri aveva espresso qualche perplessità, non era meglio tenerla in infermeria, sotto lo sguardo vigile di Manuela? Ma secondo il professor Hanneman farle rivivere gli spazi della sua vecchia, vera vita l’avrebbe aiutata a recuperare i ricordi.
Dimitri non voleva dire il vero motivo per cui era dubbioso dell’intera faccenda. Non poteva mica raccontare delle innumerevoli volte in cui lui e la professoressa avevano preso un the insieme presso i suoi alloggi, passando ore a chiacchierare e a scherzare. Non poteva raccontare del loro primo bacio, tantomeno della loro prima notte. Non poteva raccontare di tutte le volte in cui lui era andato a dormire da lei, unico faro che gli permetteva di prendere sonno.
Eppure, il trasferimento non sembrò turbare la professoressa. Aveva accettato di buon grado di tornare nella sua vecchia stanza, e non aveva neanche protestato all’obbligo di rimanervi rinchiusa.
E così Dimitri capì. Manipolazione mentale.
La sua Byleth aveva dimenticato tutto quello che li aveva riguardati.
 
Tutti i Leoni Blu andavano giornalmente a farle visita, e facevano puntualmente rapporto a Dimitri. La professoressa ha ripreso colore, la professoressa ha di nuovo il suo tipico appetito, la professoressa ha chiesto di allenarsi con me. Per un breve, minuscolo istante Dimitri ogni volta sperava che la donna che amava fosse miracolosamente tornata da lui. La dolce, generosa, tenace, coraggiosa, sincera, bellissima Byleth sembrava essere la donna che lui ricordava.
Per questo un giorno il professor Hanneman pensò di organizzare un incontro. La professoressa avrebbe avuto le mani legate, e la porta della stanza sarebbe dovuta rimanere aperta, bloccata dalle figure di Hanneman e Manuela che sarebbero intervenuti in caso di emergenza.
La porta venne aperta lentamente da Hanneman, per controllare le condizioni di Byleth. Con un cenno, fece segno a Dimitri di entrare. In silenzio, ubbidì.
La stanza della professoressa era proprio come se la ricordava. Lo scaffale con i libri di tattica, la scrivania perennemente ricoperta di carte, persino la vecchia scatole che lei usava per conservare gli oggetti smarriti da restituire. Il letto era fatto alla perfezione; le uniche grinze date dalla presenza del corpo seduto su di esso.
Byleth girò lentamente la testa, e osservò Dimitri entrare con espressione indecifrabile. Ma non era la solita espressione stoica di quando l’aveva conosciuta; i nuovi occhi rossi tradivano il miscuglio di emozioni negative che la donna doveva star provando in quel momento.
Dimitri rimase in silenzio, rendendosi conto troppo tardi che non sapeva cosa dirle. O meglio, sapeva benissimo come avrebbe voluto dirle. Solo, sapeva che non poteva. ‘Mi sei mancata; ti ho cercato così a lungo; finalmente sei da me, mia amata…’ erano parole che la donna davanti a lui non avrebbe potuto capire.
Cercò di cacciare indietro le lacrime che sentiva spuntare dall’occhio buono.
“Cosa vuoi?”
La domanda di lei fu come una doccia fredda. Cosa voleva? Abbracciarla, baciarla, stringerle la mano, dirle che sarebbe andato tutto bene.
“Volevo vedere come stavi”, disse invece.
Byleth sbuffò. “Come se non lo sapessi”.
Dimitri poteva sentire lo sguardo preoccupato di Hanneman e Manuela. Avrebbe potuto scappare in qualsiasi momento, ma non poteva veramente permetterselo. Se c’era anche solo una piccola possibilità che la vecchia professoressa fosse ancora lì, era suo compito lottare per cercarla. Aveva aspettato cinque anni, ne avrebbe aspettati altri cinquanta per avere indietro la donna che amava.
“No Byleth, non lo so. Per questo sono qua”.
La testa della professoressa scattò verso di lui. “Non fare il finto tonto! Tu c’eri ad Enbarr, sei stato tu a infliggermi queste cicatrici, a infliggermi tutto quel dolore…” La donna incominciò a tremare. Per un attimo Dimitri fece per cedere alla tentazione di stringerla tra le braccia.
“No, professoressa. Non sono stato io. È stato l’Impero. Io sono sempre rimasto al Garreg Mach, ogni persona qui dentro può assicurartelo”.
La donna corrugò la fronte. “Menzogne. Bugie. Hai ingannato anche loro. Tu c’eri! Ti ho visto! È… è colpa tua!”
La professoressa strattonò le braccia, in un debole tentativo di liberarsi dalle catene inchiodate al letto. Con la coda dell’occhio Dimitri vide il professor Hanneman sporgersi per intervenire, ma gli fece cenno con la mano di lasciarlo solo. Di lasciarli soli. Byleth doveva sentire cosa aveva da dire.
“Cosa, professoressa, cosa sarebbe colpa mia? Cosa ti è successo negli ultimi cinque anni?”
“Lo sai benissimo! Mi hai torturata, e continui a torturarmi anche adesso, facendomi rivivere quei momenti terribili…”
Il cuore di Dimitri sembrò sprofondare. La donna aveva parzialmente ragione; farle ricordare ciò che era successo era sicuramente doloroso. Ma doveva farlo. Per liberare la sua mente. Per purgare il suo cuore dai malefici dell’imperatrice.
“No, professoressa, non sono stato io. È stato l’Impero. Ti hanno ingannata, ti hanno fatto pensare che fossi io tutto quel tempo, ma…” Non riuscì più a trattenere le lacrime. “Io non potrei mai farti del male, Byleth. Preferirei strapparmi il cuore dal petto a mani nude che torcerti un capello”.
La donna rimase in silenzio, osservando il pavimento.
“So che hai parlato con i miei vecchi compagni di classe. Cosa ti ricordi di loro?” disse Dimitri, cercando di cambiare argomento. Secondo il professor Hanneman, partire dai veri ricordi degli altri Leoni Blu per ricostruire la vera immagine di Dimitri era via una che valeva la pena percorrere.
Byleth gli lanciò un’occhiataccia, poi tornò a contemplare il pavimento. “Mi ricordo di Sylvain. Ci provava con ogni ragazza e donna del monastero, per nascondere il profondo vuoto che sentiva nel cuore. Mi ricordo di Ingrid, sua vecchia amica, che lo rimproverava sempre, spronandolo a comportarsi meglio, cercando di assecondare l’ideale di cavaliere che lei aveva. Mi ricordo di Annette e Mercedes, che mi preparavano sempre dei dolcetti… chiacchieravano tanto durante le lezioni, e sebbene io le rimproverassi sempre, loro continuavano con innocenza. Mi ricordo di Ashe, figlio di Lonato, puro di cuore e bravo con l’arco. Mi ricordo… mi ricordo di Dedue. E mi ricordo di Felix. Lui… ti odiava. Ti chiamava cinghiale. Ti odiava per la bestia che sei. Eppure ora mi dice che… si sbagliava. Sei riuscito a fregare persino lui? Come hai fatto?! Come hai fatto a fare il lavaggio del cervello a tutto il monastero?!”
La donna aveva ripreso a tirare furiosamente le catene che la legavano al letto. Prima che Dimitri potesse reagire, Hanneman entrò frettolosamente nella stanza, con in mano una pozione soporifera.
“Non ti perdonerò mai! Non sarai mai perdonato, principe cinghiale!”
 
“Beh, Vostra Altezza… è andata leggermente meno peggio delle mie più tetre previsioni. Almeno questa volta non ha cercato di rompervi il naso”.
Il tono analitico di Hanneman gli costò un’occhiataccia da parte di Dimitri, ma l’uomo aveva ragione. Byleth sembrava aver perso le staffe solo quando era arrivata al collegamento tra pensieri sugli altri Leoni Blu e pensieri su Dimitri. Qualcosa, in fondo, si ricordava. Si ricordava di Felix, si ricordava che lo chiamava cinghiale. Solo, sembrava che il motivo fosse un altro da quello vero.
“E… e se avesse ragione?”
Hanneman e Manuela lo guardarono con sguardo interrogativo.
“Se fosse davvero stata tutta colpa mia? Il suo rapimento, la sua prigionia… l’hanno presa solo perché non sono stato al suo fianco come le avevo promesso. E lei ha ragione, Felix ha ragione. Sono solo una bestia in grado di uccidere. Ho passato gli ultimi cinque anni a combattere contro soldati imperiali, ad attaccare villaggi e sobborghi, alla sua ricerca, ma… a quale prezzo? Quante vite ho stroncato in suo nome? Forse ha ragione. Sono un mostro, ed è tutta colpa mia”.
Sentì la mano di Manuela posarsi delicatamente sulla sua spalla. “Non dite così, principe. Non è colpa vostra se l’hanno presa. Non dimenticate il vero nemico: l’Impero, e non voi. Ora, tutto quello che potete fare è credere in lei, credere che tutto si aggiusterà, non perdere la speranza che un giorno la nostra dolce professoressa sarà di nuovo tra noi”.
“Ma con gli altri… con voi tutti… lei è normale! È colpa della mia presenza, se me ne andassi…”
“No, Vostra Altezza”, lo interruppe con risolutezza Hanneman. “Non posso permettervi di andarvene. La resistenza ha bisogno di voi, il Regno ha bisogno di voi”. Esitò. “Lei ha bisogno di voi, anche se non lo vede. Manuela ha ragione. Non angustiatevi”.
Dimitri si alzò, sentendo le lacrime premere contro le sue palpebre. “Scusate”, si congedò per poi correre via.
Speranza… Fu proprio lei, tanti anni prima, ad insegnargli a sperare in un futuro migliore. In un futuro luminoso, dove poteva sperare di vivere per se stesso.
‘Forse desidererei anche di rimanerti accanto per sempre… che ne pensi?’
Rimanerle accanto per sempre. Era l’unico suo desiderio, dalla prima volta in cui aveva incontrato i suoi occhi. I suoi splendidi occhi blu, inizialmente unico specchio delle sue emozioni, ciò che gli aveva subito provato che lei era umana. Che nonostante la freddezza con cui stroncava la vita ai suoi nemici, era una persona dal cuore grande e gentile, disposta a farsi in quattro per i suoi studenti e non solo. E il modo in cui si erano illuminati, la prima volta che l’aveva vista sorridere sul serio! Una luce radiosa aveva attraversato il suo volto, mentre assecondava la sua infantile richiesta di replicare quella stupenda espressione.
Il cuore di Dimitri sprofondò. Sarebbe riuscito a rivedere quel sorriso, almeno una volta?
 
Un giorno, Hanneman propose un nuovo piano.
“Dobbiamo farla combattere in prima linea contro l’Impero”, stava dicendo. “Riguardo alla guerra, ha le idee alquanto confuse. Riconosce che è stata Edelgard a dichiarare guerra alla Chiesa, e al contempo crede che Dimitri sia stato suo complice tutto questo tempo. E si rifiuta di accettare che il vero esercito della resistenza ha cuore nel Faerghus. Se riusciamo a premere su questo punto, forse si convincerà che Dimitri non ha collegamenti con l’Impero”.
Improvvisamente, Dimitri realizzò una cosa. “So perché crede che io sia alleato di Edelgard”.
Tutti lo guardarono con espressione interrogativa.
“Tempo fa… le dissi che io ed Edelgard siamo stati amici d’infanzia. E che prima della sua partenza le regalai un pugnale…”
“Uo, Vostra Altezza, cosa?!” esclamò Sylvain, incredulo. “Mi state dicendo che la vostra amichetta del pugnale era la principessa imperiale?! AH! Che colpo, ragazzo mio…”
Dimitri sospirò rumorosamente. “Sylvain, se hai altre sciocchezze da dire, ti prego di riservarle per te”.
Anche Manuela sembrò realizzare improvvisamente qualcosa. “Io… mi ricordo… una volta, siamo uscite a cena a bere, come due donne adulte responsabili fanno di solito, ovviamente… E… lei era stranamente preoccupata per la dinamica ambigua tra voi ed Edelgard…”
Dimitri sentì le guance andargli a fuoco, come da tanto ormai non gli succedeva più. Cercò di ignorare la questione. “Dunque è probabile che lei creda che io sia legato ad Edelgard da qualche sentimento profondo. Se questo… se questo è vero… c’è solo una cosa che mi rimane da fare”.
 
Di nuovo, Hanneman preparò un incontro tra Dimitri e Byleth. Ma questa volta, Dimitri richiese della privacy.
Bussò a quella porta tanto familiare, aspettò per qualche secondo, e poi un debole “Avanti” gli permise di entrare.
La stanza della professoressa era come se la ricordava; unica eccezione era che la donna aveva solo le mani legate, senza essere collegata al letto.
Dimitri prese un respiro profondo. “Salve, professoressa”.
“Cosa vuoi ancora?”
“Dimmi una cosa”, disse Dimitri avvicinandosi. “Hai mai pensato che ci fosse qualcosa tra me ed Edelgard?”
Per la prima volta dopo tanto tempo, vide le guance della professoressa arrossire. Un imbarazzo che però non si estendeva agli occhi. “Che… che razza di domanda sarebbe questa?”
“Tu credi che io sia alleato con l’Impero per i miei vecchi sentimenti per Edelgard”, continuò Dimitri, riducendo la distanza tra loro due. “Per questo credi che io sia il nemico. Ma non è così, Byleth. Io sono, e sarò per sempre, dalla tua parte. Contro ogni nemico, contro ogni ostacolo”. Era arrivato abbastanza vicino da poterla toccare, ma si fermò appena in tempo. “Ti ricordi quando Kronya ha ucciso tuo padre, professoressa? Era alleata di Edelgard, non di me. Ti ricordi come ho reagito quando ho scoperto che Edelgard era l’Imperatore della Fiamma, che era responsabile della tragedia del Duscur?”
Solo in quel momento Dimitri capì che Byleth stava facendo di tutto per evitare il contatto visivo. “Stavi recitando”, disse infine.
Dimitri le strinse le mani. “Pensi davvero che simili emozioni possano essere recitate? È  vero, ho recitato gran parte della mia vita. Ho recitato il ruolo del principe buono e gentile, mentre il mio unico obiettivo era distruggere i responsabili della tragedia del Duscur. Solo odio e vendetta muovevano ogni mia azione. Ma poi qualcosa è cambiato”. Le afferrò delicatamente il mento per incontrare i suoi occhi. Per un momento, gli sembrò che fossero tornati del loro solito color menta. “Ho incontrato te, Byleth. Ho incontrato te, e fu come rivedere la luce dopo anni di oscurità. Grazie a te sono risalito dal baratro, grazie a te ho trovato una valida ragione di vita”. Le accarezzò delicatamente una guancia. “Costruire un mondo in cui nessuno dovesse più perdere la vita invano, in cui potessi restare per sempre al tuo fianco. Te lo ricordi, Byleth? Ti ricordi la notte sulla Torre della Dea?”
Una lacrima fece capolino dall’occhio destro della professoressa. Uno era tornato verde, l’altro rimaneva rosso sangue.
“… Dimitri?” sussurrò infine, la voce che gli tremava.
Senza rispondere, Dimitri posò le labbra su quelle della donna. Fu un gesto delicato, privo della fame che lo aveva perseguitato per gli ultimi cinque anni. Più che un attacco, era un invito, una ricerca volta alla donna che amava che sapeva essere ancora lì. Lei trasalì; non ricambiò né si ritrasse. Rimasero così per qualche minuto, entrambi incapaci di fare alcunché. Alla fine, Dimitri fece per ritrarsi, proprio nel momento in cui Byleth si stava sporgendo verso di lui: per un istante si immobilizzarono, scioccati; poi Dimitri le afferrò il volto tra le mani e la tirò a sé, questa volta in un vero bacio. Ricambiato.
Rimasero così per minuti, o forse ore, finché Byleth non iniziò a tremare. “No…  no!” esclamò, sciogliendo il bacio. Fece per portarsi le mani alle orecchie, ma si rese presto conto che era ammanettata.
“Io… Tu… NO!”
Si mise ad urlare; Dimitri, allarmato, fece per stringerla fra le braccia, tentare di tranquillizzarla, ma lei si dimenò furiosamente.
“Tu… ed Edelgard… tu… mi hai tradito… NO!”
Byleth crollò a terra, e incominciò a dare furiose testate al letto. Dimitri cercò di fermarla, di impedirle di farsi ancora del male, ma era del tutto inutile: sembrava che questa volta fosse lei a possedere una forza sovraumana.
Tra le lacrime che avevano incominciato a solcarle il viso, Dimitri poté notare lo stesso strano fenomeno di prima: gli occhi brillavano irregolarmente prima di verde, e poi di rosso.
E poi, di botto, Byleth crollò svenuta.
 
Manipolazione mentale. A Dimitri non rimaneva altro che giocare le stesse carte dell’Impero.
Cambiò pettinatura, raccogliendosi le ciocche dorate sparse in una piccola coda all’altezza della nuca. Per un attimo pensò di privarsi della benda, ma per questioni mediche Manuela glielo impedì.
Ogni giorno, era lui a portare i pasti alla professoressa. Era lui ad accompagnarla al bagno, a farle da scorta, a tenerla sotto controllo. Se non poteva ripristinare i ricordi positivi che lo riguardavano, ne avrebbe creato degli altri, si disse. Sarebbe stato la sua spalla, la sua stampella, ogni cosa di cui lei aveva bisogno.
Dopo qualche mese, gli chiese di rimanere con lei per addormentarsi. Le ombre mi ricordano i mostri, aveva detto. E Dimitri era stato più che felice di assecondare la sua richiesta. Per notti la guardò addormentarsi, chiudere gli occhi e trovare la serenità tipica del sogni. Prese l’abitudine di accarezzarle i capelli, e poi tenerle la mano.
Manipolazione mentale. Non sapeva se quella che stava attuando era vera manipolazione mentale; sapeva solo che sembrava star funzionando.
Un giorno, rimase ferito in battaglia, e dovette passare la notte in infermeria. La mattina dopo Manuela lo informò che Byleth aveva passato tutta la notte a invocare il suo nome, rifiutandosi di andare a dormire senza di lui. Gli si strinse il cuore; sia perché gli dispiaceva che la sua amata avesse passato la notte in bianco, sia per un motivo più egoista.
Non passò più nessuna notte lontano da lei.
Un giorno, Byleth fece spazio nel suo letto. Dormi con me, aveva detto. Se mi sveglio nel cuore della notte e non ci sei non riesco a riaddormentarmi, aveva spiegato. Dimitri esitò per un istante; cosa avrebbero detto Hanneman e Manuela? Era sicuro, per lui, ritrovarsi invulnerabile in sua presenza?
Ma furono i suoi occhi a dargli sicurezza. Un occhio era tornato definitivamente verde smeraldo, mentre l’altro ancora oscillava tra verde e rosso. Ma il rosso era sempre meno frequente, sempre più opaco. Qualunque maledizione l’Impero le avesse inflitto, stava venendo spezzata.
Dimitri si sdraiò al suo fianco e la strinse tra le braccia, in un movimento tanto naturale per lui ma ormai sconosciuto a lei. La strinse forte, accarezzandole i capelli profumati di camomilla. Le sue braccia gli cingevano il torace e la sua testa poggiava sul suo petto; Dimitri non si sentiva così bene da tanti anni.
 
Passarono due anni prima che il rosso scomparisse per sempre, i due anni che ci vollero a concludere la guerra. Byleth partecipò in prima linea alla battaglia finale, e fu lei stessa ad infliggere il colpo decisivo a danno dell’imperatrice. Per un attimo i suoi occhi sembrarono tornare rossi, quel rosso che tanto terrorizzava Dimitri; ma presto si accorse che era solo il riflesso dell’armatura imperiale, e del sangue che sgorgava dal petto della sua sorella perduta. Byleth si voltò, e per la prima volta da sette anni l’occhio azzurro ghiaccio di Dimitri incontrò due splendenti smeraldi. “È finita”, si limitò a dire Byleth. “Sono tornata”.
   
 
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