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Autore: fefi97    09/05/2022    1 recensioni
[geraskier;omegaverse;Bridgerton AU;Geralt omega;Jaskier alfa]
Quando Jaskier annuncia di voler prendere marito, Yen non può davvero crederci: il visconte è noto per essere un libertino incallito e, a quanto pare, la voce è giunta persino a Geralt di Rivia, appena giunto in città con i suoi fratelli. Eskel sarebbe un marito perfetto per Jaskier, ma allora perché non riesce a smettere di pensare allo scontroso fratello maggiore?
Sarebbe stato troppo facile intitolare questa roba "il visconte che mi amava", ma è quello il concetto.
Genere: Fluff, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Cirilla di Cintra, Geralt di Rivia, Geralt di Rivia, Jaskier/Ranuncolo, Yennefer di Vengerberg, Yennefer di Vengerberg
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Note: Questa è una Bridgerton AU con Jaskier alfa e Geralt omega. L'idea di una fic ispirata alla seconda stagione (che ho letteralmente amato) è stata della bravissima Ed Sheeran, io ho solo cercato di non fare casino e di scrivere qualcosa di decente. Nella speranza che sarà una lettura piacevole, ci vediamo in fondo!

PS: il titolo è stato ripreso dal sesto libro della saga dei Bridgerton, quello di Francesca, il cui titolo in italiano è “Amare un libertino”.

 

 

 

When he was wicked

 

 

 

 

-Penso che mi sposerò durante questa stagione.

Yennefer si strozzò con il suo cognac, facendo girare parecchi alfa nella loro direzione.

Jaskier roteò gli occhi, continuando imperturbabile a bere.

-Tu? Sposato? - tossì Yen, guardandolo stralunata.

Jaskier fece roteare il liquido scuro contro le pareti smerigliate del bicchiere.

-Perché no? Ciri ha bisogno di una figura materna.

Yen emise un suono di disapprovazione che costrinse Jaskier a guardarla, con un lieve sorriso di scuse.

-Oltre a te, Yen, ovvio. Ciri ti adora, ma noi non viviamo insieme, non siamo sposati. Penso che abbia bisogno di una figura costante durante la sua crescita.

Yen era ancora corrucciata.

-A me sembra che se la sia cavata benissimo anche solo con noi due. E poi cosa è questa storia della figura materna? Non ti piacciono nemmeno le donne.

Jaskier scoppiò a ridere.

-Ora, Yen. Non essere ingiusta. Mi piacciono, ma non quanto gli uomini – le sorrise, in quel modo disarmante e caloroso che sapeva che la faceva sempre cedere – Stavo pensando di prendermi un omega. Tutti gli omega sono materni, non è così?

Yennefer lo fulminò da sopra il bicchiere e il sorriso di Jaskier vacillò appena.

-Non sprecherò nemmeno fiato per spiegarti quanto sia sessista e retrogrado ciò che hai detto.

Jaskier sbuffò e posò il bicchiere sul tavolino in mezzo a loro, cercando di nascondere quanto la sua disapprovazione lo avesse turbato.

-Cosa ho detto di male? Non è un'offesa dire che gli omega hanno un senso materno più sviluppato. Sono dolci, sensibili, desiderosi di mettere su famiglia.

-Non tutti gli omega sono così – lo rimbeccò Yennefer.

Jaskier roteò di nuovo gli occhi.

-Beh, lo sono tutti quelli che ho conosciuto finora.

Yennefer lo fissò con gli occhi socchiusi per qualche istante, poi si aprì in un sorrisetto che fece raggelare Jaskier.

-Mh. Chissà, forse ti ricrederai.

Fu il turno di Jaskier di socchiudere le palpebre, sospettoso.

-Cosa stai tramando?

-Niente – si schernì Yen, prendendo un piccolo sorso di cognac e apparendo del tutto amabile. Avrebbe quasi ingannato Jaskier, se non avesse conosciuto quella donna insopportabile da quasi dieci anni.

-Yen... - mormorò, tra il divertito e il preoccupato, ma la donna si limitò a fargli un sorrisetto.

-E, di grazia, quando hai intenzione di sposarti? Spero che tu sia ancora libero il prossimo sabato.

Jaskier cercò di guardarla male, ma sorrideva.

-Penso di poter arrivare ancora celibe fino alla prossima settimana. Perché?

Yen si strinse nelle spalle.

-Voglio organizzare una festa. E mi piacerebbe presentarti qualcuno.

Jaskier inarcò le sopracciglia, un ghigno sul volto.

-Quindi è questo che stavi complottando? Conoscendoti mi presenterai un rospo e mi dirai che se ci credo abbastanza si trasformerà in un principe.

-Mi offendi – ribatté Yen, anche se sembrava più compiaciuta che offesa -È una persona assolutamente rispettabile, per niente viscido e senza zampe palmate. In realtà, siamo amici dall'infanzia. Ho organizzato il soggiorno suo e dei suoi fratelli a casa mia per la stagione.

Jaskier si sporse verso di lei, suo malgrado curioso.

-Perché non te ne ho mai sentito parlare? Pensavo di essere l'unico in grado di sopportarti e ora scopro che hai altri amici.

Yen lo fulminò.

-A differenza tua, non ti metto a parte di tutta la mia vita, ogni singolo secondo.

-Beh, è comunque strano che non te lo abbia mai sentito nominare - Jaskier la guardò, sospettoso – Come si chiama?

-Geralt di Rivia. Penso che avrai sentito parlare di suo padre, il barone.

Jaskier si fece d'un tratto serio.

-Sì, non molto tempo fa, in realtà. Mi è dispiaciuto venire a conoscenza della sua morte. Mio padre diceva sempre che era un brav'uomo.

Gli occhi violetti di Yen erano pieni di tristezza e Jaskier l'avrebbe abbracciata, se non avesse tenuto abbastanza alla sua vita da rimanere sulla sua poltroncina.

-Vesemir era davvero eccezionale.

-Non sapevo avesse dei figli – osservò Jaskier, curioso.

In realtà, nessuno sapeva molto del barone. A differenza degli altri nobili, che si stabilivano in città durante la stagione, il barone di Rivia passava tutto il suo tempo nella sua proprietà di Kaer Morhen, una fortezza sperduta da qualche parte sulle montagne. Il padre di Jaskier era solito fare affari con lui e Jaskier ricordava lunghi mesi di assenza, durante i quali la madre lo consolava dicendo che il padre sarebbe tornato non appena le nevi si fossero sciolte in montagna. E, infatti, il padre tornava sempre, di solito con un regalo per Jaskier e un nuovo vestito per la moglie.

La nostalgia lo assalì e quando sentì gli occhi pizzicare, dovette precipitarsi a recuperare il suo bicchiere e a tracannarlo prima che Yen se ne accorgesse.

L'amica però guardava da un'altra parte, in maniera così decisa da convincere Jaskier che fosse una gentilezza verso di lui e non un gesto casuale.

-I Rivia sono una famiglia molto riservata. Non amano il caos della città e i pettegolezzi.

Jaskier inarcò le sopracciglia.

-Eppure li ospiterai per la stagione?

Yen gli rivolse uno sguardo acuto.

-Sono tre omega, con una dote modesta e senza titolo. Cos'altro dovrebbero fare, secondo te?

Jaskier non rispose, perché era ovvio cosa intendesse Yen. Gli omega non potevano ereditare, quindi alla morte del barone il titolo e la casa dovevano essere passati al primo parente alfa in vita. Di solito nessuno era così spregevole da mandare via degli omega indifesi dalla propria tenuta, ma Jaskier sapeva che il mondo non era giusto. Per un omega la cosa più sicura da fare era sposarsi e sposarsi bene, anche.

Un pensiero improvviso gli attraversò la mente, spingendolo a squadrare Yen con sospetto.

-Non starai cercando di farmi accasare con uno di loro, vero?

Yen scoppiò a ridere così forte che tutti li guardarono di nuovo, infastiditi. Jaskier sperò che nessuno li cacciasse dal club. Di nuovo.

-No, Jaskier, sono amici miei, non nemici – lo apostrofò, schivando abilmente il cubetto di ghiaccio che Jaskier le tirò – Senza contare che Geralt, il maggiore, non ha nessuna intenzione di sposarsi, che io sappia. E il minore ha solo quindici anni, quindi penso che sarà il fratello di mezzo a debuttare. E non lo condannerei mai a vivere con le tue costanti chiacchiere.

Jaskier le rivolse uno sguardo torbido.

-Mi è stato detto da svariate persone che le mie chiacchiere sono sopportabili, in virtù di altri...servigi che offro.

Yen lo guardò con un sorrisetto di scherno.

-Questo è esattamente il motivo per cui Geralt non ti prenderebbe mai in considerazione per suo fratello.

Per qualche motivo, Jaskier si offese.

-Ah, sì? Il tuo Geralt lo sa che sono un visconte? Non credo di essere proprio un partito da buttare via.

Yen rise.

-Sarai pure un visconte, ma con una reputazione per niente nobile. E certe voci arrivano persino in montagna, te lo assicuro.

Jaskier la fissò, stizzito, e Yen rise di nuovo.

-Oh, non guardarmi così. Sono sicura che riuscirai a realizzare i tuoi ambiziosi progetti di matrimonio anche senza l'approvazione di Geralt.

Jaskier biascicò qualcosa di molto offensivo, che non fece altro che far sorridere Yen come una iena.

-Non capisco. Perché me lo vuoi presentare se ha una così cattiva opinione di me? Senza neanche conoscermi, aggiungerei.

Yen si strinse nelle spalle e finì il suo drink, gli occhi che brillavano da sopra l'orlo del bicchiere.

-Voglio solo farti ingoiare tutte le tue stupide convinzioni sugli omega.

Jaskier rabbrividì e lo nascose allungandosi per fare cenno a un cameriere che erano pronti per il secondo giro.

 

 

A Jaskier non piacevano molte cose del suo titolo nobiliare, ma adorava nel modo più assoluto partecipare alle feste.

Non si trattava della facilità con cui si poteva sedurre una cameriera o un attendente, come insinuava Yen. Non che Jaskier disprezzasse una conquista facile, ma ciò che gli piaceva più di tutto il resto era la musica. Avrebbe passato ore solo ad ascoltare l'orchestra, con gli occhi chiusi, riproducendo la melodia nella sua mente. Se fosse stato qualcun altro, e non un visconte, forse avrebbe potuto unirsi a quei giovani che suonavano tutta la notte e avrebbe trovato un po' di pace e gioia in quella vita semplice. Ma, purtroppo, era un visconte, aveva delle responsabilità e tutto quello che poteva fare con la musica era ballarci sopra.

-Oh, perdonatemi, Milord – squittì una giovane ragazza, che era riuscita a pestargli i piedi non meno di sei volte in appena mezzo minuto di valzer.

-Non preoccupatevi – la rassicurò Jaskier con un occhiolino giocoso, facendola sciogliere in un sorriso.

Un'altra cosa che Jaskier adorava, era la facilità con cui riusciva a farsi amare da tutti i debuttanti. Era consapevole di possedere dei tratti felici e quel tanto di intelligenza che lo rendeva una compagnia interessante. Era sempre stato piuttosto popolare nei salotti, ma da quando era diventato visconte gli sembrava di avere sempre gli occhi di qualche madre apprensiva puntati addosso, ansiosa di combinare un buon matrimonio per la propria prole. Anche il fatto che, a differenza di parecchi nobili scapoli, non aveva nemmeno trent'anni, accresceva di gran lunga la sua celebrità.

Solo Yen riusciva a competere con lui in quanto popolarità, ma, nonostante fosse una duchessa bellissima e fosse molto più ricca di lui, era scontrosa quanto bastava per tenere alla larga tutti i pretendenti.

Quando la musica finì, Jaskier baciò ossequioso la mano della sua dama e si inchinò, scatenandole un risolino sciocco a cui per poco non alzò gli occhi al cielo. Era una bella ragazza, ma, se proprio doveva sposarsi, Jaskier non voleva solo una persona bella al suo fianco. Doveva essere intelligente, sensibile e, soprattutto, con uno spiccato senso materno. Yen poteva prenderlo in giro quanto voleva, ma Jaskier aveva un'esperienza del mondo più variegata rispetto a lei, ed era assolutamente certo che un omega sarebbe stato un partner perfetto, meglio ancora se maschio.

Un ragazzo, appoggiato a una colonna, gli rivolse un sorriso timido, sbattendo le ciglia, ma Jaskier gli rivolse un piccolo sorriso di scuse, passando oltre. Per quanto amasse ballare e fosse alla ricerca di un compagno, adesso doveva proprio cercare Yen. L'aveva vista a malapena per tutta la sera e, considerando che quella era casa sua, Jaskier non poteva che essere ammirato dalla capacità di mimetizzazione della donna. Era proprio tipico di Yen, organizzare una festa sfarzosa ed esagerata e poi non farsi nemmeno trovare. Stava girovagando senza meta per la sala da ballo, quando si accorse di chi stava venendo verso di lui.

-Merda – ringhiò, irritato.

Era stata una serata piacevole e non aveva nessuna intenzione di farla finire facendo a botte con Valdo Marx. Per quanto gli sarebbe piaciuto, Yen lo avrebbe ucciso se avesse scatenato una rissa a casa sua. Voltò con decisione le spalle a Valdo, dirigendosi a passo di marcia verso la terrazza.

-Julian! Ehi Julian!

Jaskier aumentò il passo, ignorando la voce grondante di sarcasmo dell'altro. Si mescolò per un istante tra un gruppo di madri brille per confondere Valdo, poi strisciò con discrezione verso la grande finestra in fondo alla sala. Uscì all'esterno, accogliendo con favore l'aria fresca della sera. Indietreggiò con cautela, continuando a tenere d'occhio Valdo. Il conte, a quanto sembrava, era stato bloccato da un giovane brufoloso in mezzo alla sala. Sorrise, vittorioso, ma proprio in quel momento andò a sbattere contro qualcosa, perdendo quasi l'equilibrio.

-Cazzo – borbottò qualcuno, spingendo malamente Jaskier lontano da sé.

Jaskier non poté trattenere una piccola risata a quel commento colorito e si voltò con curiosità, una volta riacquistato l'equilibrio.

Sorrise, intrigato, quando si ritrovò davanti un ragazzino che lo guardava truce da sotto in su. Gli ricordava la faccia di Ciri quando non otteneva qualcosa e, come ogni volta che pensava a lei, sentì l'affetto avvolgerlo.

-Vi chiedo perdono, non pensavo ci fosse qualcuno qui fuori - disse Jaskier, la voce gentile.

L'espressione del ragazzo si oscurò ancora di più e Jaskier si morse un labbro per non scoppiare a ridere. Era evidente che l'altro si credeva molto spaventoso, ma considerando che era più basso di lui di tutta la testa e che puzzava di omega appena presentato, Jaskier non era particolarmente impressionato.

-Forse dovreste guardare dove mettete i piedi.

Jaskier inarcò le sopracciglia, divertito.

-Questo è vero. Come è vero che, data la vostra età, forse dovreste essere a letto e non a una festa.

Fu molto divertente vedere le guance del ragazzo arrossarsi di prepotenza.

-Ho quindici anni – sputacchiò quasi, stringendo i pugni lungo i fianchi.

Jaskier fece un verso pensieroso, appoggiandosi con noncuranza al battente della finestra.

-Ho camicie più vecchie di voi.

Il ragazzo aggrottò le sopracciglia scure, storcendo la bocca.

-Voi non mi piacete.

Jaskier rise.

-Me ne dispaccio. Forse potremmo ricominciare da principio? - chinò il capo in un accenno di inchino, senza smettere di sorridere – Mi chiamo Jaskier. Posso sapere il vostro nome?

Il ragazzino lo squadrò per un istante con aria truce, ma proprio quando aprì la bocca per rispondere, un'altra voce li fece sobbalzare entrambi.

-Lambert!

Jaskier notò subito la faccia del ragazzino cambiare e diventare colpevole. Ancora prima di voltarsi, Jaskier fu investito dal profumo omega più forte che avesse mai sentito. Stordito, si girò, in tempo per intravedere un uomo dai capelli bianchi marciare attraverso la finestra aperta. Superò Jaskier travolgendolo quasi e, senza badargli, puntò dritto al ragazzo.

-Lambert, cosa ti avevo detto riguardo all'allontanarti? - sibilò l'uomo, torreggiando sul ragazzo più piccolo.

Lambert sbuffò, ma Jaskier notò che aveva di gran lunga messo da parte il suo atteggiamento strafottente di poco prima.

-Volevo solo prendere un po' d'aria! Smettila di trattarmi come se avessi due anni!

-E tu smettila di comportarti come se ne avessi anche meno. Siamo ospiti qui, non puoi andartene a zonzo per casa di Yen senza dire niente a nessuno!

-A Yen non importa nemmeno!

-Importa a me. E se avessi incontrato qualche malintenzionato?

Lambert roteò gli occhi così forte che Jaskier pensò gli sarebbero rotolati dal cranio. -Ho incontrato solo un imbranato innocuo, che stavi per far cadere, per inciso – sbuffò, indicando Jaskier, che si irrigidì.

L'uomo si voltò di scatto nella sua direzione e Jaskier si ritrovò a trattenere il fiato. Nonostante lo strano colore dei capelli, l'uomo non era affatto vecchio. Doveva essere appena più grande di Jaskier. Non aveva affatto l'aspetto degli omega, che di solito erano piccoli e delicati. Quell'uomo non aveva niente di piccolo o delicato, era alto e muscoloso, ma Jaskier sapeva che il suo odore non mentiva. Anche adesso gli sembrava l'unica cosa in grado di annusare. Un odore strano, un misto di cavallo, cipolle e...qualcosa di indefinito. Jaskier si rese conto, in maniera distratta, che non avrebbe dovuto trovare quell'odore così inebriante. Era anche vestito completamente di nero, una cosa bizzarra per un omega. C'era qualcosa di selvatico e rude nel suo aspetto, a Jaskier ricordava quasi un lupo.

È bello, pensò Jaskier, con una strana soggezione, non da lui.

L'uomo aggrottò le sopracciglia e Jaskier colse subito la somiglianza con Lambert. Dovevano essere parenti, come suggeriva anche lo strano colore ambrato degli occhi di entrambi.

-Scusate – sbottò, in un chiaro sforzo per essere gentile, anche se Jaskier poteva leggergli il sospetto in faccia – Non vi avevo visto.

Spinto da qualche istinto irrefrenabile, Jaskier fece un sorrisetto.

-Forse dovreste guardare dove mettete i piedi.

L'uomo si accigliò in una maniera piuttosto terrificante, ma Lambert scoppiò a ridere.

-Forse non siete poi così male – esclamò Lambert, guardandolo con una punta di soddisfazione.

Jaskier gli sorrise, facendo accigliare ancora di più l'uomo, che guardò prima Jaskier e poi il giovane.

-Lambert – disse con voce decisa, posandogli una mano enorme sulla spalla – Vai a cercare Eskel.

-Ma...

Jaskier vide la presa dell'altro stringersi appena.

-Adesso.

Lambert sbuffò, ma non protestò oltre. Nel passare accanto a Jaskier si fermò e dopo un'esitazione durata un battito di ciglia sussurrò: - Gli faccio solo credere che può darmi ordini.

Jaskier gli strizzò l'occhio, complice.

-Oh, non ne ho mai dubitato un solo istante.

Lambert gli rivolse il più lieve dei sorrisi poi, quando l'altro alle sue spalle si schiarì la gola, sfrecciò via.

Rimasti soli, Jaskier incrociò lo sguardo dell'omega, che lo fissava a sua volta con un'espressione indecifrabile.

-Perdonate mio fratello, non voleva disturbarvi – si scollò alla fine dalle labbra, ogni parola sembrava estratta a forza e procurargli dolore fisico.

Jaskier scosse la testa, le labbra arricciate in un sorriso gentile.

-Penso di essere stato io a disturbarlo, era sulla terrazza prima di me.

Jaskier notò la postura rigida e guardinga dell'uomo e si fece a sua volta serio.

-Non avevo nessuna intenzione di fargli del male. Stavamo solo parlando, lo giuro.

L'uomo lo fissò in silenzio, poi Jaskier notò le sue spalle abbassarsi appena.

-Lo so – disse, e sembrava sincero – Non era mia intenzione insinuarlo. Sono solo...un po' protettivo, immagino. Si è appena presentato come omega e non sa ancora come funziona questo mondo.

-Non penso che dovrete preoccuparvi di cose del genere qui – fece notare gentilmente Jaskier – Nessuno degli invitati di Yen farebbe mai una cosa del genere.

Jaskier vide un lampo di interesse negli occhi dell'altro.

-Conoscete Yen?

-Più di quanto vorrei – scherzò Jaskier. Lo sconosciuto fece una smorfia e Jaskier d'un tratto capì.

-Voi siete Geralt di Rivia, l'amico di Yen! - esclamò, con un grosso sorriso sulle labbra – Yen mi aveva detto che avrebbe ospitato voi e i vostri fratelli per la stagione.

L'altro lo squadrò, senza cambiare la propria espressione pietrosa.

-E voi siete il visconte Pankratz, immagino. Yen mi ha parlato di voi.

Jaskier inclinò il capo e fece un passo avanti, un sorriso insinuante sul volto, davanti a cui Geralt raddrizzò la schiena, rigido.

-Scommetto che vi ha parlato malissimo di me, o non mi spiego quella faccia spaventosa con cui mi guardate.

Geralt serrò le labbra e indietreggiò, fino a toccare con la schiena la ringhiera.

-Penso che Yen abbia in realtà addolcito il vostro ritratto.

Jaskier strinse gli occhi, cominciando a irritarsi.

-Avete un giudizio molto severo su di me, Yen me lo aveva anticipato. Tuttavia, non capisco da cosa derivi, visto che non mi conoscete nemmeno.

Geralt lo fissò incredulo per diversi istanti, la bocca leggermente aperta, tanto che Jaskier stava cominciando a temere che gli stesse venendo un attacco cardiaco.

-Vi sentite...

-Voi non vi ricordate minimamente di me! - esclamò Geralt, nient'altro se non offeso.

Jaskier boccheggiò, preso in contropiede.

-Dovrei? Non mi pare che ci abbiano mai presentati. So solo che i nostri padri si conoscevano.

-Non ci hanno mai presentati – ribatté Geralt, la voce ridotta a un sibilo letale – Perché la prima volta che vi ho visto eravate nudo come un verme e stavate scopando con la contessa de Stael nel palco della mia famiglia.

La prima reazione di Jaskier fu protestare che non era mai accaduto niente del genere.

Ma, beh, era accaduto.

Aveva diversi ricordi preziosi con la contessa, ma forse quello era il suo preferito. Si erano incontrati a quella noiosa opera teatrale dopo l'ennesima rottura ed era bastato un solo sguardo per riaccendere la passione. Jaskier ricordava la frenesia con cui si erano baciati dietro una colonna, approfittando dell'intramezzo che aveva spinto gli altri nobili al rinfresco. Jaskier l'aveva trascinata in un palco vuoto e non aveva fatto caso alla giacca appoggiata su uno dei sedili. Ricordava ancora l'urletto sgomento della contessa quando un ragazzo era entrato e li aveva visti. Se l'erano filata di fretta e furia e Jaskier ricordava di aver passato almeno tre notti insonni, vinto dalla paura che il conte lo venisse a sapere e lo sfidasse a duello. Ma, chiunque fosse il giovane che li aveva interrotti, non doveva mai averne fatto parola con nessuno, perché Jaskier aveva continuato indisturbato la relazione con la contessa per parecchi anni, prima che lei si annoiasse. Jaskier cercò di ricostruire i tratti del ragazzo nella sua mente, ma in nessun modo coincidevano con quelli particolari e affascinanti di Geralt.

-Avevo ancora i capelli castani – disse Geralt in tono severo, come se gli avesse letto nel pensiero.

Jaskier voleva chiedergli cosa fosse successo ai suoi capelli, ma qualcosa nel suo sguardo lo fermò.

-Quindi è per questo che mi disprezzate così tanto? Per una cosa accaduta quando avevo appena diciassette anni?- domandò Jaskier, senza riuscire a contenere il tono incredulo nella voce – Ho forse turbato la vostra sensibilità di giovane omega?

Lo sguardo di Geralt era talmente letale che Jaskier si ritrovò suo malgrado ad arretrare di un passo.

-Non avete turbato la mia sensibilità, ve lo garantisco – sollevò il mento in una posa altera e sprezzante e Jaskier sentì una strana e improvvisa pulsione verso di lui, che lo fece quasi vergognare. Geralt di Rivia era un omega pudico e noioso e vietava severamente a se stesso di trovarlo attraente.

-La contessa de Stael è una donna sposata.

Di tutte le possibili considerazioni che Geralt poteva tirare fuori, questa lasciò Jaskier sgomento.

-E allora?

Il lampo negli occhi di Geralt gli suggerì che era la risposta sbagliata.

-Avete davvero così poco rispetto per il matrimonio da non chiedervi nemmeno cosa steste facendo di sbagliato?

-Ehi, era lei la donna sposata, non io – protestò Jaskier, accalorato.

-Volete quindi farmi credere che sareste fedele a vostra moglie o a vostro marito? - incalzò Geralt, le sopracciglia inarcate.

-Dipende – rispose Jaskier, con onestà, suo malgrado divertito dallo sguardo altezzoso e indignato di Geralt – Se mia moglie o mio marito sono in grado di mantenere la mia esigente attenzione, perché no?

-Siete disgustoso – sbottò Geralt e Jaskier scoppiò a ridere.

-Oh, andiamo. Non siete un giovane omega al suo primo debutto. Dovete per forza sapere che nel nostro mondo matrimonio e amore non vanno spesso di pari passo.

-E il rispetto per il vostro compagno? Nemmeno quello vale niente per voi?

-Ho una rendita di quindicimila sterline all'anno e sono un visconte. Direi che posso offrire qualcosa di più al mio compagno di fedeltà o rispetto.

Geralt era sempre più scuro in volto e Jaskier si chiese perché lo trovasse così divertente. Doveva avere un lato sadico di cui non si era mai reso conto prima. O perverso, visto che più Geralt si incupiva più Jaskier aveva un'insana voglia di mostrargli tutte le cose che aveva fatto alla contessa quella sera a teatro. D'un tratto, gli venne voglia di stuzzicarlo ancora di più. Si mise una mano sul mento, fingendosi pensieroso.

-Yen ha accennato a un fratello di mezzo in cerca di marito. Non siete voi e, chiaramente, non è Lambert. Mi chiedo se avrò il piacere di fare la sua conoscenza prima della fine di questa splendida serata.

Jaskier capì di aver esagerato quando si ritrovò improvvisamente sollevato sulle punte dei piedi per il davanti della camicia, il volto di Geralt che ondeggiava pallido e furioso a pochi centimetri dal suo. Sentendosi un folle, Jaskier si ritrovò a reprimere un brivido che aveva poco a che vedere con la paura.

-Milord – cominciò Geralt, la voce distorta in una specie di ringhio trattenuto – Vi posso assicurare che non sono un omega fragile o delicato. Se vi avvicinate anche di un solo passo a mio fratello, giuro che vi ammazzo.

Contro ogni buon senso o spirito di conservazione, Jaskier sorrise.

-Non lo metto in dubbio, signorino Geralt.

Geralt sembrò preso in contropiede da quella risposta serafica e Jaskier ne approfittò per liberarsi dalla sua presa.

-Pensateci, potremmo essere cognati, molto presto – insistette Jaskier, con un sorriso diabolico.

Pensava che Geralt lo avrebbe preso a pugni, ma l'omega si limitò a superarlo con una poderosa spallata, ritornando nella sala da ballo a passo svelto.

Jaskier non aveva dubbi che stesse andando ad avvertire il fratellino sul rischio che incorreva la sua virtù. Il pensiero era un richiamo irresistibile e Jaskier, con una risatina soddisfatta, si affrettò a seguire Geralt.

 

 

Non fu difficile individuare i capelli bianchi di Geralt nella sala da ballo affollata. Stava parlando in maniera concitata con un ragazzo con i capelli scuri e gli occhi dolci, che aggrottava le sopracciglia folte nello stesso identico modo di Geralt. Anche Lambert e Yen erano lì vicino, il primo annoiato e la seconda preoccupata. Non appena Jaskier si avvicinò, l'amica lo fulminò. Jaskier la ignorò e si accostò a Geralt, schiarendosi piano la gola. Geralt si voltò di scatto, lo sguardo truce.

-Voi – borbottò, squadrandolo con irritazione.

Jaskier sorrise, incrociando le braccia dietro la schiena.

-Io – confermò, amabile. Guardò Yen, che lo fissava come se volesse dargli fuoco – Cara duchessa, posso chiedervi di presentarmi ufficialmente ai vostri ospiti?

Yen sembrava voler far qualunque cosa tranne quello, ma acconsentì con un sospiro stizzito.

-Visconte, vi presento Geralt, Eskel e Lambert di Rivia. Signorini di Rivia, vi presento il visconte Julian Pankratz.

-Potete chiamarmi Jaskier – aggiunse l'alfa, indugiando con gli occhi su quello che, per esclusione, doveva essere Eskel. Il ragazzo dimostrava non più di vent'anni e, anche se era robusto e alto per essere un omega, a differenza dei fratelli possedeva un viso con tratti delicati, quasi infantili. Guardava Jaskier con curiosità e forse con un po' di diffidenza, ma senza particolare ostilità. Jaskier lo osservò finché Geralt non si mise con decisione in mezzo, coprendo il fratello alla sua vista. Per qualche strano motivo, a Jaskier non dispiacque più di tanto.

Rivolse un sorrisetto al maggiore, poi chinò con deferenza il capo in direzione di Lambert.

-Lieto di rivedervi, signorino.

Lambert inarcò le sopracciglia e ricambiò in modo goffo l'inchino solo quando Yen gli diede una spintarella sulla spalla.

-Avete fatto davvero incazzare mio fratello – lo informò poi, con un ghigno quasi malvagio.

-Lambert! - esclamarono Yen e Geralt, mentre Jaskier scoppiava a ridere.

-Penso che sia arrivato il momento di ritirarsi. I ragazzi sono stanchi – annunciò poi con decisione Geralt, rivolto a Yen, che si affrettò ad annuire.

Lambert cominciò immediatamente a protestare, ma Yen lo prese per un braccio e lo trascinò via di viva forza. Prima di lasciare con il ragazzo la sala da ballo, Yen fulminò Jaskier da sopra la spalla e l'alfa deglutì, sapendo che quello era il suo tipico sguardo da “dopo facciamo i conti”.

Geralt prese sotto braccio Eskel, che non protestò, ma rivolse uno sguardo malinconico alla sala.

-Ma non ho ancora ballato con nessuno – mormorò, con una voce bassa e quasi melodiosa, così diversa da quella cupa e rauca di Geralt e da quella ancora adolescenziale di Lambert.

Jakier fece un passo avanti, cogliendo l'occasione al volo.

-Sarei onorato di danzare con voi, signorino.

Prima ancora che Eskel potesse reagire, Geralt bloccò con decisione la strada a Jaskier posizionandosi tra loro e si chinò sul fratello minore, ignorando con disinvoltura l'alfa, che scoccò un'occhiata irritata alla schiena dell'altro.

-Avrai altre occasioni, fidati. È solo il tuo primo ballo. E, detto tra noi, la compagnia è piuttosto scadente – aggiunse, a voce abbastanza alta da farsi udire da Jaskier, che roteò gli occhi.

Jaskier non poteva vedere l'espressione di Eskel, ma immaginò che il fratello si fosse in qualche modo arreso, perché Geralt alzò una mano e diede una veloce carezza alla guancia del più giovane. Poi lo afferrò per le spalle e lo diresse con decisione verso l'uscita, senza più voltarsi verso Jaskier. Eskel, però, riuscì a voltare un po' la testa a metà strada, lanciando uno sguardo curioso a Jaskier.

L'alfa gli sorrise, con un piccolo inchino, e Eskel arrossì di botto e si voltò in modo precipitoso.

Jaskier pensò che quella stagione stava davvero partendo con il piede giusto.

 

 

 

Non fu poi una così grande sorpresa vedersi piombare Yennefer in salotto il mattino dopo.

Jaskier fece appena in tempo ad abbassare il giornale, che lei lo investì.

-Jaskier, qualsiasi cosa tu stia tramando, non farla.

Jaskier le sorrise affabile, mise da parte il giornale e le indicò con grazia la poltrona davanti alla sua. Yen lo guardò male per un po', poi si sedette con uno sbuffo.

-Non capisco, cara Yen. Cosa ho fatto per turbarti così tanto?

Yennefer lo guardò di traverso.

-Smettila. Sai bene a cosa mi riferisco.

-In realtà no.

-Geralt è convinto che tu voglia sedurre suo fratello Eskel. Sta uscendo di testa al solo pensiero.

L'idea di aver irritato Geralt, riempì Jaskier di un inaspettato orgoglio.

-Cosa ci sarebbe di male? Cerchiamo entrambi un marito, il ragazzo ha l'età adatta e un aspetto piacevole.

Yennefer alzò gli occhi al cielo.

-Ti conosco, Jaskier. So che non potrebbe importartene di meno di Eskel, non è nemmeno il tuo tipo. Vuoi solo far impazzire Geralt.

Jaskier finse sgomento ancora per un po', ma di fronte allo sguardo incalzante di Yen fu costretto a capitolare.

-E va bene! Stavo solo giocando un po', contenta? - sbottò, infastidito – Se solo il tuo Geralt non avesse sparato sentenze gratuite su di me basate solo su quella volta a teatro, io non...

-Quale volta a teatro? - lo interruppe Yen, esasperata.

Jaskier tacque per un momento, sorpreso.

-Geralt non ti ha raccontato? Di quella volta che ci siamo...ehm, incontrati a teatro?

La faccia confusa di Yen valeva da sola come risposta.

-No. Non credevo vi foste mai visti prima.

Jaskier non poté che sentirsi sorpreso. Era grato che Geralt non avesse diffamato lui e la contessa all'epoca, ma non credeva che avesse mantenuto il segreto anche con Yen, che lo avrebbe sicuramente giudicato con durezza. Si sentì in debito verso l'omega e questo lo irritò più di tutto il resto.

-Beh, comunque non è importante – tagliò corto Jaskier, ignorando l'espressione sospettosa e curiosa dell'amica – Il punto è che volevo dargli una lezione per aver pensato che fossi una specie di seduttore di omega senza scrupoli o moralità.

Yen si prese la fronte con la mano.

-E volevi fare questo seducendo senza scrupoli o moralità suo fratello minore al primo debutto in società?

Jaskier si ritrovò ad arrossire.

-Non il mio miglior piano. E sono disposto ad ammettere che ho esagerato, segnati questo giorno, Yen, perché non ricapiterà.

Yen scosse la testa, alzandosi con grazia in piedi.

-Stai lontano da Eskel di Rivia e basta, Jaskier. Geralt e i suoi fratelli sono molto importanti per me e nemmeno il bene che ti voglio potrà impedirmi di evirarti se ferisci uno di loro.

Jaskier si alzò in piedi e deglutì, non mettendola in dubbio neanche un solo istante.

-Va bene, va bene. Vuoi vedere Ciri? Dovrebbe essere sveglia ormai.

Sapeva di aver giocato la carta giusta quando vide l'intera espressione di Yen addolcirsi.

-Ho sempre voglia di vedere la mia nipotina.

Jaskier le sorrise e le offrì il braccio, che lei prese con un affettuoso roteare di occhi.

-E so che il sentimento è reciproco. Andiamo, ti porto da lei.

 

 

 

Jaskier aveva promesso a Yennefer di stare lontano da Eskel di Rivia e, per quanto strano potesse sembrare, aveva intenzione di mantenere la parola per una volta. Voleva bene a Yen, gli era stata vicino dopo la morte del padre e lo aveva aiutato a crescere Ciri nel miglior modo possibile. Le doveva molto.

Ma nemmeno Jaskier poteva essere biasimato se la sorte aveva voluto che incontrasse Geralt di Rivia, fiero e impettito su un cavallo marrone, nel parco deserto e avvolto da un'alba nebbiosa. Jaskier avrebbe riconosciuto quei capelli bianchi, che oscillavano liberi sulle spalle come la sera del ballo, anche in un vero e proprio mare di nebbia. Quasi senza accorgersene, spronò il suo cavallo ad aumentare l'andatura. Non era neanche a un metro di distanza, che vide le spalle di Geralt irrigidirsi, allertato dal rumore degli zoccoli. L'omega voltò la testa, guardingo, e la sua espressione si inasprì quando vide Jaskier.

Senza una parola, spronò il proprio cavallo al trotto. Jaskier, che non si era mai tirato indietro davanti a una sfida in tutta la sua vita, fece lo stesso e lo raggiunse. Non si era nemmeno accorto di star sorridendo, finché Geralt non si voltò nella sua direzione e roteò gli occhi.

-Smettetela di seguirmi e di sorridere come un idiota.

-Temo di non poter fare né l'una né l'altra cosa! - esclamò Jaskier, mantenendo il sorriso nonostante il ritmo serrato lo stesse affaticando – Visto che non vi libererete facilmente di me, non potremmo rallentare? Volevo chiedervi perdono.

Geralt non disse nulla, ma Jaskier notò con sollievo che aveva tirato le redini per rallentare l'andatura del suo cavallo. Jaskier fece lo stesso e si affiancò con facilità a Geralt.

-Cavalcate bene – commentò Jaskier, senza riuscire a contenere lo stupore.

Geralt inarcò le sopracciglia e Jaskier strinse la presa sulle redini per mantenersi saldo. Stupido omega dall'aspetto assurdo che faceva espressioni sexy senza neppure accorgersene.

-Cavalco bene per essere un omega, intendete?

-Non l'ho mai detto! - protestò Jaskier, offeso.

-Però lo avete pensato – ribatté Geralt e Jaskier tacque, perché non poteva negarlo. Tutti gli omega che aveva conosciuto non erano degli abili cavalieri, ma si stava abituando al fatto che Geralt non fosse un tipico omega.

-Non preoccupatevi, lo pensano tutti – continuò Geralt, beffardo – In realtà sono stupito dal fatto che non mi abbiate chiesto cosa ci faccio fuori così presto, senza accompagnatore.

Fu il turno di Jaskier di inarcare le sopracciglia.

-Signorino Geralt, nessuna persona sana di mente penserebbe che avete bisogno di un accompagnatore o di protezione. Piuttosto, il vostro accompagnatore avrebbe bisogno di una guardia del corpo per proteggersi da voi.

Geralt non disse niente, ma Jaskier notò con un certo compiacimento che lo aveva fatto arrossire.

-Pensavo che voleste chiedermi perdono strisciando – lo stuzzicò poi, in tono insinuante, e Jaskier sorrise, piacevolmente stupito da quel lato giocoso del suo carattere.

-L'altra sera, sono stato sgradevole. Non avevo nessuna intenzione di prendere in giro vostro fratello. Vi assicuro che, se decidessi di corteggiarlo sul serio, le mie intenzioni sarebbero più che onorevoli.

La smorfia sul volto di Geralt gli disse che non gli credeva neanche un po' e questo lo ferì più del previsto.

-Non sareste in ogni caso riuscito a conquistare Eskel. Ma apprezzo le vostre scuse.

-E perché, di grazia, non sarei riuscito a conquistarlo, se avessi voluto? - domandò Jaskier, stizzito, ignorando il resto.

Geralt gli lanciò uno sguardo indagatore.

-Prima di tutto, non siete il tipo di mio fratello. Eskel è una persona calma e riflessiva, più uno studioso che un avventuriero. Voi siete troppo... - fece vagare gli occhi gialli lungo il corpo di Jaskier, avvolto in uno sgargiante completo rosso – Chiassoso.

-Chiassoso – ripeté Jaskier, offeso.

-Secondo – continuò Geralt, ignorandolo – Eskel tiene molto conto della mia opinione – guardò Jaskier dritto negli occhi, stringendo le labbra – E vi posso assicurare che non ho un'opinione molto positiva di voi al momento.

-Se mi disprezzate così tanto – cominciò Jaskier, stizzito – Perché non avete detto a Yen quello che è successo con la contessa?

Geralt gli rivolse uno sguardo altero.

-Perché so che Yen vi vuole bene e non è nel mio carattere intromettermi in cose che non mi riguardano – si strinse nelle spalle – E anche perché la contessa è un'omega. Se il pettegolezzo si fosse diffuso, chi pensate che avrebbe subito più conseguenze? Voi, l'alfa così temerario da avere una tresca con una donna sposata, o un'omega che ha valore e dignità solamente perché è sposata con un conte? L'avreste rovinata e non ve ne sarebbe importato.

Jaskier tacque, colpito suo malgrado da quelle parole. Aveva voluto davvero bene alla contessa, ma sarebbe stato un bugiardo se avesse detto di essersi mai preoccupato per quello che le avrebbe fatto il conte se li avesse scoperti. In quella storia si era preoccupato solo di se stesso e poteva capire meglio il disprezzo di Geralt. Per un alfa una reputazione rovinata era quasi un punto di valore, per un omega una condanna.

-Ero giovane – provò a difendersi, un po' turbato – Sono molto più cauto adesso. E voglio sistemarmi, davvero.

-Sono contento per voi – disse Geralt, anche se il suo tono era piatto – Solo, non lo farete con mio fratello.

Il commento irritò Jaskier oltre ogni possibile immaginazione.

-Se lo volessi, potrei farlo innamorare di me con facilità. E vi assicuro che potreste opporvi quanto volete, ma non sareste in grado di impedirlo.

Geralt scoppiò a ridere, beffardo, e Jaskier si sentì invadere ancora di più da un misto di competizione e caparbietà.

-Voi non credete che potrebbe trovarmi amabile.

-Io so che non potrebbe trovarvi amabile. Ve l'ho detto, conosco mio fratello. Non siete il suo tipo.

-Oh, Geralt – sorrise Jaskier, registrando con soddisfazione il sussulto dell'altro all'uso del nome proprio -Mi state sottovalutando. Imparerete presto che sono il tipo di tutti.

-Lo dubito fortemente – ribatté Geralt, tra i denti – Non siete affatto il mio tipo, ad esempio. Siete un cavaliere mediocre, per dirne una. Il vostro cavallo sta continuando a sbandare da una parte all'altra, non lo sapete controllare.

Jaskier sorrise, sporgendosi un po' verso di lui e rischiando in effetti di cadere dalla sella quando il suo cavallo diede un brusco strattone nella parte opposta.

-Ho altre qualità – ammise, senza offendersi. Guardò ammirato Geralt, che invece dirigeva il suo cavallo senza alcuna difficoltà.

-Voi invece avete un dono, a quanto vedo.

Geralt diede una grattatina affettuosa tra le orecchie del cavallo.

-Roach è una brava ragazza.

Jaskier stava per fare un commento molto sarcastico sul nome del cavallo, cavalla in realtà, ma si fermò in tempo, ricordandosi che non era molto stabile e che Geralt sembrava il tipo di persona capace di spingerlo giù di sotto.

-Anche a Eskel piacciono i cavalli? - domandò d'un tratto Jaskier, un'idea che gli ronzava nella testa.

Geralt lo guardò con sospetto per qualche istante, poi annuì, sempre guardingo.

-Che c'è, gli comprerete un cavallo? - domandò, in tono derisorio.

Jaskier gli rivolse un largo sorriso.

-Non mi è neanche passato per la mente – dichiarò con leggerezza.

-Anche se gli compraste mille cavalli, non sareste comunque il suo tipo.

-O il vostro – suggerì Jaskier in tono gentile.

Le labbra di Geralt ebbero un guizzo verso l'alto e Jaskier provò un tipo di soddisfazione diversa rispetto a quando lo faceva infuriare. Aveva l'atroce sospetto che farlo sorridere avesse lo stesso inebriante effetto su di lui.

-O il mio – acconsentì Geralt, pacato.

-Scommetto che, se mi conosceste meglio, lo sarei – lo provocò Jaskier, in parte perché voleva dimostrare a se stesso che prenderlo in giro era più bello che farlo sorridere, in parte perché trovava la piccola piega accigliata tra le sue sopracciglia stranamente affascinante.

-Continuante pure a sognare, Milord.

-Anzi, sapete che vi dico? - continuò Jaskier, ignorandolo - Scommetto che in fondo, nei più reconditi recessi del vostro cuore, nell'angolo più remoto e buio della vostra mente, nel vostro inconscio più incosciente, mi trovate bello.

Quasi scoppiò a ridere quando Geralt non solo si accigliò ancora di più, ma arrossì appena.

Geralt non rispose, ma, con un ultimo sguardo torvo a Jaskier, spronò Roach al trotto, distaccandosi.

Jaskier non provò nemmeno a raggiungerlo, ma continuava a sorridere.

-Non era un no! - gli gridò dietro.

-Non era nemmeno un sì! - urlò Geralt in risposta, poco prima di spronare il proprio cavallo a saltare un tronco rovesciato.

-Cazzo – mormorò Jaskier, suo malgrado ammirato.

Fermò il proprio cavallo, osservando Geralt finché non sparì alla sua vista. Non sapeva perché, ma non riusciva a smettere di sorridere.

-Bene – esclamò, dando una piccola pacca sul collo del proprio sauro – Dobbiamo fare una piccola deviazione a quanto pare.

 

-Jaskier – sibilò Yennefer, una mano all'altezza del petto per tenersi chiusa la vestaglia e un'altra sulla fronte – Sono le fottute sette del mattino. Di sabato. Si può sapere che ci fai davanti a casa mia con un fottuto cavallo?

Jaskier continuò a sorridere amabile, elargendo carezze soddisfatte al castrone marrone e bianco al suo fianco.

-Non è stupendo? Si chiama Pegasus, Eskel lo amerà.

Quasi come se lo avesse evocato, i ricci castani di Eskel, ancora ingarbugliati dal sonno, fecero capolino sotto il braccio di Yen.

-Il maggiordomo ha detto che un gentiluomo voleva vedermi – mormorò, sembrando un po' imbarazzato e un po' incredulo.

-Non lo definirei proprio un gentiluomo – sibilò Yen, fulminando Jaskier. Guardò poi Eskel, posandogli con gentilezza una mano sulla spalla – Vado a vestirmi prima che qualcuno passi di qua e mi veda in camicia da notte. Torno subito.

Eskel sembrò allarmato all'idea di rimanere solo con Jaskier, ma la donna gli sorrise.

-Non temere. È un idiota la maggior parte del tempo, ma sa come comportarsi.

Con un ultimo sguardo di avvertimento verso Jaskier, Yen li lasciò soli, Jaskier davanti alla porta e Eskel sull'uscio, infagottato in vestiti troppo grandi e che usava chiaramente per dormire. Quando il ragazzo trovò finalmente il coraggio di incrociare i suoi occhi, Jaskier gli rivolse un sorriso caldo.

-Signorino Eskel. È un piacere rivedervi – chinò appena il capo e Eskel ricambiò con un istante di ritardo, gli occhi spalancati che andavano dal cavallo a Jaskier e poi da Jaskier di nuovo al cavallo.

Jaskier aggrottò la fronte davanti a quella reazione poco entusiasta, ma pensò che il ragazzo, a differenza dei suoi fratelli, fosse soltanto timido.

-Mi dispiace avervi disturbato così presto, ma ero molto eccitato all'idea di portarvi il mio dono – gli rivolse un sorriso furbo – Dovevo battere sul tempo gli altri pretendenti.

Eskel aggrottò le sopracciglia, il ritratto della confusione.

-Gli altri?

-Su, venite ad accarezzarlo – lo esortò Jaskier, sorridendo allegro.

La reazione di Eskel fu immediata e sorprendente. Il ragazzo si ritrasse con un brivido, come se Jaskier gli avesse proposto di accudire un cucciolo di pitone.

Jaskier lo guardò, preoccupato.

-Signorino Eskel? State bene?

-Oh, non so come dirvelo! - esclamò Eskel, dispiaciuto e angosciato insieme – Apprezzo tantissimo il vostro regalo, siete stato molto gentile, non dovevate. Ma non posso accettarlo.

Jaskier era sempre più confuso.

-Non vi piacciono gli animali?

-Oh, sì, mi piacciono – disse Eskel, accorato – Ma, sapete, quelli piccolini. Tipo...le capre. Beh, le caprette, in realtà. Quelle piccole.

-Le capre – ripeté Jaskier, dopo una pausa che sembrò infinita.

-Non è che non mi piacciano i cavalli – continuò Eskel, gli occhi dolci pieni di ansia – Roach, la cavalla di mio fratello, mi piace. Ma, quando avevo all'incirca l'età di Lambert, sono stato disarcionato da un cavallo di un amico di mio padre e mi sono rotto il braccio. Da allora non mi avvicino ai cavalli che non conosco bene.

Jaskier avrebbe voluto morire.

-Signorino, non ho parole a sufficienza per dirvi quanto mi dispiaccia. Io...

-Cosa succede qui?

Jaskier si interruppe per gettare un'occhiataccia a Geralt, che era apparso alle spalle di Eskel, con l'aria sorniona di chi sa benissimo cosa sta succedendo. Eskel si appoggiò con sollievo al petto del fratello, lasciando che l'altro gli avvolgesse un braccio rassicurante sulle spalle.

-Oh, Geralt, il visconte mi ha appena fatto un dono bellissimo. Mi sento così in colpa per non poterlo accettare.

Geralt fece danzare pigramente gli occhi gialli sul voluminoso cavallo davanti a sé, come se non ci avesse fatto nemmeno caso, e Jaskier lo detestò.

-Un cavallo – commentò, in tono neutro – Davvero un peccato, Milord. Mio fratello detesta i cavalli.

-Sì, ha avuto modo di informarmi che gli piacciono le capre – rispose Jaskier, a denti stretti.

-Le caprette – lo corresse Geralt, con un sorrisetto – Quelle piccole.

Jaskier lo avrebbe strozzato.

-Forse possiamo comunque tenerlo – azzardò Eskel, lanciando un'occhiata ansiosa a Geralt – Potrebbe prenderlo Lambert.

Geralt scosse la testa, guardando con gentilezza il fratello.

-Lambert ha già un cavallo e noi non vogliamo che diventi ancora più viziato di quel che già è, giusto?

Eskel si morse un labbro e guardò Jaskier, che d'un tratto si sentì stringere il cuore per quel povero ragazzo.

-Non dovete davvero apparire così angosciato, signorino Eskel – gli disse, con il tono più gentile che possedeva – Sono sicuro che Pegasus si troverà benissimo nelle mie scuderie. Lo tratterò meglio delle vostre caprette, ve lo garantisco.

Geralt inarcò le sopracciglia e sillabò muto il nome Pegasus con evidente disgusto e Jaskier si trattenne a malapena dall'insultarlo, ricordandosi che era un omega e che gli omega meritavano un trattamento rispettoso. Certo, era un omega insopportabile che pensava di poter giudicare il suo buon gusto quando aveva un cavallo di nome Roach, ma pur sempre un omega.

-Eskel, perché non torni a dormire? - domandò Geralt, continuando a stringere il fratello, ma guardando Jaskier – E dì a Yen che non c'è bisogno che scenda, scambierò due parole con il visconte.

Eskel lanciò uno sguardo esitante tra il fratello e Jaskier, che gli sorrise incoraggiante.

-Andate pure a riposare signorino Eskel, avremo altre occasioni per godere della reciproca compagnia – disse affabile, ignorando lo sguardo di fuoco di Geralt.

-Grazie ancora per il regalo, Milord – sussurrò Eskel con un filo di voce e, prima che Jaskier potesse rispondergli, sgattaiolò dentro casa.

Geralt si sistemò meglio contro lo stipite della porta, le braccia incrociate su una camicia nera mal abbottonata e le sopracciglia inarcate in una posa altezzosa. Jaskier ricambiò il suo sguardo con astio, ignorando Pegasus che continuava a dargli delle musate gentili contro la spalla.

-Dove cazzo si compra una capra? - sbottò, tralasciando del tutto le regole del linguaggio appropriato che si dovrebbe tenere con gli omega.

Geralt lo fissò con gli occhi spalancati, preso in contropiede, poi scoppiò a ridere, forte. Era la prima volta che lo sentiva ridere e Jaskier odiò come quel suono, roco e un po' sgraziato, fosse sufficiente a far rilassare la sua postura e a fargli tremare un sorriso sulle labbra.

-Oh mio Dio – ansimò Geralt, praticamente in lacrime – Siete...siete così uomo di città.

-Non ho mai visto una capra in vita mia – confermò Jaskier, con un lieve sorriso.

Geralt scosse la testa, sempre ridendo.

-Mi sentivo in colpa all'idea di turbare Eskel, ma devo dire che, vedendo la vostra espressione, ne è valsa la pena.

Jaskier assottigliò gli occhi nella sua direzione, ma si sentiva molto meno arrabbiato di quanto avrebbe dovuto essere.

-Siete diabolico.

Geralt sollevò il mento in una posa arrogante e sarcastica insieme e Jaskier provò una fitta inaspettata di desiderio. Era l'omega più strano che avesse mai conosciuto e aveva un odore assurdo, ma era bello, intelligente e caparbio e Jaskier a volte voleva solo tappargli quella bocca con un bacio aggressivo e sentire tutti quei muscoli addosso a lui. Strinse le briglie di Pegasus, sperando con tutto il cuore che i suoi pensieri non trasparissero né dal suo odore né dalla sua espressione.

-E voi siete una seccatura – Geralt mise su un'espressione di superiorità – Ve l'avevo detto che non siete il tipo di mio fratello.

Jaskier lo guardò male.

-Però avete mentito sui cavalli.

Geralt si strinse nelle spalle, con un sorrisetto, e Jaskier si rese conto che non era poi così arrabbiato. Anzi, era divertito, più che altro.

-Siete un avversario da non sottovalutare, signorino Geralt.

Geralt inarcò un sopracciglio, ma Jaskier scorse una scintilla divertita negli occhi gialli.

-Non sapevo fossimo in competizione, Milord.

Jaskier fece un sorriso furbo, sporgendosi un po' verso di lui, come se dovesse condividere un segreto.

-Ma lo siamo. E abbiamo appena cominciato.

L'espressione di Geralt si fece appena più seria.

-Non vi permetterò di corteggiare mio fratello neanche se foste l'ultimo alfa sulla terra, quindi fareste meglio ad arrendervi ora.

Il sorriso di Jaskier si allargò, mentre cominciava a tirare le briglie di Pegasus per condurlo a casa.

-Vedremo chi si arrenderà per primo.

Aveva dato le spalle a Geralt e aveva fatto qualche metro quando sentì la voce dell'omega raggiungerlo.

-Dovrete chiedermi pietà!

Jaskier rise di cuore, cercando di ignorare quella strana sensazione alla bocca dello stomaco e quella vocina fastidiosa che gli sussurrava all'orecchio: fratello sbagliato.

 

 

Jaskier era fiero di se stesso. Sapeva che nemmeno Geralt sarebbe stato in grado di rifiutare un invito a cena fatto dal visconte in persona. Senza volerlo, era stato l'omega stesso a fornirgli il movente perfetto: voleva scusarsi con il signorino Eskel per averlo turbato con Pegasus e quale migliore occasione per farlo di una cena nella sua tenuta? Dal momento che i tre fratelli erano ospiti di Yen, aveva dovuto invitare anche l'amica, che però, a causa di un impegno fuori città, aveva declinato l'invito con un'espressione a metà tra l'esasperato e l'avvertimento. Jaskier sapeva di meritarselo, ma una parte di lui non poteva fare a meno di pensare che fosse ingiusta. Avrebbe lasciato stare Eskel, se solo Geralt non fosse stato un insopportabile provocatore. Una sera, al club, Yen aveva detto con ironia che Jaskier avrebbe sposato Eskel solo per irritare Geralt e Jaskier aveva taciuto, terrorizzato da quanto fosse vero. Tuttavia, a dispetto dei commenti velenosi di Yen, Jaskier sapeva di essere in grado di non oltrepassare la linea sottile del decoro: non voleva prendere in giro il povero ragazzo, solo strapazzare un po' Geralt nel processo. E poi, si disse con stizza, mentre si preparava per la cena imminente, che ci sarebbe stato di male se avesse sposato Eskel? Era cresciuto, non era più il ragazzino che si fa beccare nudo con la sua amante a teatro. Sarebbe stato un buon marito.

Jaskier sospirò profondamente, stringendo troppo e inavvertitamente il nodo della suo cravattino azzurro.

Se solo avesse smesso di pensare al fratello maggiore.

Perché, poi? Non aveva senso questa recente ossessione che sembrava aver sviluppato per il maggiore dei Rivia. Eskel era più giovane di Geralt, più docile e di una bellezza più canonica.

Eppure, quando chiudeva gli occhi nella solitudine delle proprie stanze, immaginava di serrare le dita su disordinati fili d'argento e dominare quella bocca impertinente e imbronciata.

Oh, le cose che sognava di fargli.

Jaskier scosse la testa, riportato alla realtà da un discreto bussare.

SI voltò, trovando sulla soglia Muriel, la vecchia governante della casa.

-I vostri ospiti sono arrivati, Milord.

Jaskier sorrise ampiamente, lisciandosi quasi senza accorgersene le pieghe della giacca.

-Ottimo, Muriel, grazie. Ciri è sistemata?

La donna ricambiò il sorriso, gli occhi dolci come ogni volta che il nome di Ciri veniva pronunciato.

-Pronta per la notte, Milord. Anche se devo avvertirvi che era un po' agitata. A quanto pare le avevate promesso un concerto.

Jaskier rise con affetto.

-Un concerto non è proprio il nome che gli darei, ma è vero – sospirò, sentendosi un po' in colpa -L'ho trascurata, di recente. Domani sarà dedicato a lei e solo a lei.

Muriel storse la bocca, in disaccordo.

-È bello che le dedichiate del tempo, ma non dovreste essere così severo con voi stesso. Siete un visconte adesso, avete dei doveri.

Jaskier sollevò gli occhi al cielo, ma sorrise nel passare accanto alla donna.

-Non me lo ricordare anche tu, ti prego.

La donna borbottò qualcosa sul fatto che Jaskier non sarebbe mai cresciuto, ma c'era abbastanza affetto nel suo tono da non scomporre per niente l'altro.

Jaskier si prese il suo tempo per scendere le scale, certo che questo avrebbe irritato Geralt. Infatti, poteva sentirlo brontolare già alla seconda rampa.

-Se fai un invito a casa tua, la gente si aspetta che tu sia puntuale. D'altronde lo avevo detto che non conosce le buone maniere.

-Siamo in anticipo di cinque minuti – fu la risposta timida e pacata di Eskel.

-Questo significa che possiamo andarcene? -domandò Lambert, speranzoso e strafottente, e Jaskier scoppiò a ridere mentre faceva il suo ingresso nell'atrio.

I tre omega sobbalzarono, ma Jaskier riuscì a concentrarsi solo su Geralt. Era vestito di nero, come al solito, un colore del tutto inadatto per un omega celibe, ma che, Dio, gli stava così bene. Anche con quell'espressione scocciata e sprezzante, continuava ad apparire adorabile agli occhi di Jaskier e la cosa, che all'inizio lo aveva terrorizzato, adesso cominciava ad apparire normale, quasi naturale.

Jaskier, per spezzare l'impasse, si inchinò gentilmente, e i tre omega lo imitarono subito.

-Scusate per il ritardo – disse poi, con un sorrisetto rivolto a Geralt – Le mie buone maniere devono essersi arrugginite.

Geralt sbuffò, guadagnandosi un'occhiata perplessa e preoccupata da Eskel, che non doveva essere abituato al loro continuo punzecchiarsi.

-Non preoccupatevi, Milord – disse gentilmente, con un sorriso timido che intenerì Jaskier – Vi ringraziamo per l'invito, non dovevate.

-È stato un piacere, non un dovere – lo corresse con gentilezza Jaskier, rivolgendogli un sorriso affascinante che lo fece arrossire furiosamente.

Lambert emise un rantolo che sembrava in modo allarmante un conato di vomito, ma Geralt sembrava troppo arrabbiato per rimetterlo in riga.

Soddisfatto, Jaskier si fece avanti e, senza smettere di sorridere, porse il braccio a Eskel, che lo prese dopo un istante di esitazione.

-Lasciate che vi conduca a cena.

Eskel gli sorrise, un po' nervoso, e si appoggiò con eleganza a lui.

Per i pochi minuti che impiegarono a raggiungere la sala da pranzo, Jaskier poteva sentire lo sguardo furioso di Geralt puntato sulla sua nuca. Con sua grande confusione e frustrazione, nemmeno la sua piccola vittoria riusciva a battere il desiderio di scortare un diverso fratello.

 

 

La cena, partita tesa e silenziosa, si era molto presto animata e rilassata.

Tutto era partito da un commento colorito di Lambert sui pisellini a contorno, a cui era seguita la risposta sagace di Jaskier. Il più piccolo dei fratelli doveva essere contento di aver trovato pane per i propri denti, perché aveva cominciato a parlare a ruota libera, incoraggiato da Jaskier. Eskel era per lo più silenzioso, ma rideva in maniera delicata di tanto in tanto e Jaskier notò con piacere che sembrava molto meno nervoso. Geralt non parlava molto di più, ma aveva un'aria divertita e, quando Jaskier ingurgitò al volo un paio di pisellini che aveva catapultato con la forchetta direttamente nella propria bocca, facendo ridere i due fratelli minori, lo guardò in modo strano, senza spigoli, ma morbido e caloroso. Era durato meno di mezzo secondo, perché poi aveva grugnito qualcosa su quanto Jaskier fosse inappropriato, ma Jaskier avrebbe conservato quello sguardo per sempre.

-Non siete barboso come gli altri lord che Geralt ci costringe a conoscere – bofonchiò a un certo punto Lambert tra un boccone e l'altro, facendo scoppiare a ridere Jaskier.

-Lambert – sibilò Geralt, sporgendosi oltre i ricci di Eskel per fulminare il minore.

-Oh, lasciatelo stare – ridacchiò Jaskier, sollevando il proprio bicchiere di vino verso il giovane omega – Ha ragione. Sono molto più simpatico della media. Cosa facile in realtà, visto che la maggior parte della nobiltà è composta da vecchie mummie imbalsamate.

Eskel e Lambert risero e persino Geralt dovette prendere un sorso di vino per nascondere un sorriso.

-Nemmeno a papà piaceva mischiarsi con il resto della nobiltà – intervenne poi Eskel, in tono nostalgico, congelando i sorrisi degli altri – Preferiva rimanere lassù, a Kaer Morhen.

-Penso che volesse proteggervi , come fa vostro fratello maggiore– rispose con gentilezza Jaskier, dopo qualche minuto di silenzio. Lambert sembrava imbarazzato e allo stesso tempo triste. Ma era Geralt quello da cui non riusciva a staccare gli occhi di dosso. Era pallido e teneva gli occhi sul proprio piatto, ma le nocche intorno al bicchiere erano bianche.

-Papà era protettivo e anche Geralt – concordò Eskel, lanciando uno sguardo preoccupato ai fratelli e poi uno imbarazzato a Jaskier – Scusate, non avrei dovuto parlarne.

Jaskier sorrise, con tutta la gentilezza che riuscì a racimolare, anche se dentro si sentiva amareggiato.

-E perché mai? Bisogna parlare di chi ci manca, per non dimenticare. Dio sa che io stesso non lo faccio abbastanza.

Geralt sollevò di scatto lo sguardo e Jaskier si trovò a sobbalzare per l'inaspettato contatto con quegli occhi assurdi.

Sembrava sul punto di dire qualcosa, le labbra socchiuse in un modo che fece fremere Jaskier, quando Muriel entrò trafelata in sala da pranzo. Geralt chiuse rapidamente la bocca e Jaskier maledì la governante.

La donna si inchinò velocemente agli omega e fece le sue scuse, poi si avvicinò a Jaskier e gli parlò piano all'orecchio. Jaskier cercò di mantenere un'espressione neutra, anche se era difficile con gli occhi di Geralt puntati su di lui.

Si alzò in piedi con un sorriso forzato, mentre Muriel usciva di nuovo.

-Perdonatemi, signorini. A quanto pare c'è una questione di cui ho bisogno di occuparmi ora. Sarò subito di ritorno. Nel frattempo non esitate a darci dentro con il dolce, vi prego.

Eskel e Lambert sembravano perplessi, ma Geralt sospettoso. Tuttavia Jaskier non aveva tempo di dare spiegazioni e uscì in fretta, sentendosi ancora addosso quello sguardo penetrante.

 

 

Agitata, pensò Jaskier, mentre teneva una Ciri disperata in braccio, era un eufemismo. Muriel aveva lasciato la stanza da alcuni minuti, esasperata dall'impossibilità di staccare Ciri da Jaskier anche solo per il tempo necessario a pulirle la faccia.

-Avanti tesoro, perché piangi così? - mormorò, pettinando con una mano gentile i capelli biondi della bambina. Era strano che Ciri piangesse in questo modo. Sin da quando era molto piccola, aveva sempre mostrato un carattere forte e indipendente, a tratti quasi indomabile.

-Mi...mi avevi promesso un concerto! E invece...invece non ci sei mai! - singhiozzò la bambina, nascondendo il viso rosso e bagnato di lacrime contro il collo dell'alfa.

Jaskier cullò la bambina, emettendo una bassa cantilena rassicurante. Sorrise, nel sentire il corpo di Ciri farsi meno teso tra le sue braccia.

-Un concerto? E quale canzone vorreste sentire, mia principessa?

Ciri ridacchiò persino, come ogni volta che la chiamava principessa, e Jaskier sentì un po' della sua preoccupazione abbandonarlo.

-Quella sul leoncino di Cintra – ordinò, stringendo con forza la presa sul collo di Jaskier.

L'uomo rise, facendo sobbalzare la bimba.

-Va bene. Ma solo se lo chiedi per favore e se mi fai vedere il tuo bel viso.

La bimba mugugnò, scontenta, ma incoraggiata da un soffice bacio sulla testa arruffata, sollevò il volto, rivelando a Jaskier un paio di occhi verdi e pieni di lacrime.

-Per favore!

Jaskier mormorò, strofinando dolcemente il naso contro quello della piccola.

-Lo sai che se dipendesse da me passerei ogni ora con te, vero?

La bambina rimase in silenzio per qualche secondo, poi sospirò, facendo sorridere Jaskier.

-Lo so. Muriel dice che adesso hai dei doveri – e roteò gli occhi come se trovasse la sola idea ridicola.

Jaskier rise di nuovo, sentendosi inondare dall'affetto. Non sapeva cosa avrebbe fatto, senza Ciri nella sua vita.

-È vero – abbassò la voce, come se stessero condividendo un segreto adatto solo alle loro orecchie – Ma tu sei il mio primo dovere. E sempre sarà.

-E sempre sarà – ripeté Ciri, sollevata, premendo una piccola mano sulla guancia dell'altro.

Jaskier voltò il viso e le baciò il palmo. Nel movimento, scorse un lampo di capelli bianchi allontanarsi in fretta dalla porta socchiusa della stanza di Ciri. Ingoiò a stento un'imprecazione, solo per il bene di Ciri.

-Geralt! - esclamò, facendo un passo verso la porta.

Per un attimo pensò che l'omega non sarebbe tornato indietro, ma poi Geralt fece di nuovo capolino sulla soglia della stanza, aprendo con diffidenza la porta. Ciri inclinò il capo, studiandolo curiosa, proprio come Geralt studiava lei. Non c'era ostilità nei suoi occhi, ma Jaskier vedeva la tensione nel suo corpo e poteva leggergli a chiare lettere sul volto cosa stava pensando.

-Signorino Geralt – disse quindi con voce decisa, mettendo con gentilezza la bimba in piedi – Lasciate che vi presenti Cirilla Pankratz – fece una breve pausa solo per torturarlo, poi aggiunse con un sorriso divertito: -La mia sorellina.

Il sollievo sul volto di Geralt era così evidente che Jaskier sarebbe scoppiato volentieri a ridere. Da una parte poteva capirlo: nessun tutore responsabile avrebbe lasciato che un omega sotto la sua custodia fosse corteggiato da un alfa con prole. Era un mondo spietato e gli omega facevano degli eredi che erano in grado di fornire ai propri partner il loro punto di forza. Nessun omega voleva entrare in competizione con dei figli di primo letto. Aveva anche il sospetto che, vista la scarsa considerazione che Geralt sembrava avere sulla sua reputazione, l'altro potesse arrivare a credere che Ciri fosse una figlia illegittima, frutto di qualche unione adultera e quindi un'ulteriore macchia da far ricadere sull'omega che Jaskier avrebbe sposato. Inoltre, sapeva che Ciri gli somigliava. Forse non nei colori, ma avevano la stessa forma degli occhi e lo stesso naso e Muriel diceva sempre che, quando sorridevano, a entrambi spuntavano le fossette sulle guance.

-Vostra sorella – ripeté Geralt, rilassando le spalle e continuando a guardare Ciri, che era aggrappata al fianco di Jaskier, ma non sembrava impaurita mentre ricambiava l'analisi.

-Avete dei capelli strani – esordì e Jaskier stava per scusarsi, quando si accorse con sgomento che Geralt stava sorridendo.

Fece qualche passo verso la bambina e si piegò alla sua altezza, chinando un po' la testa. Ciri, incoraggiata da quel gesto senza parole, si staccò da Jaskier e trotterellò verso Geralt. Afferrò i lunghi capelli bianchi dell'omega, tirando con gentilezza.

-Mi piacciono – esclamò, deliziata – Mio fratello fa le trecce migliori del mondo. Potrebbe intrecciare anche i vostri.

Jaskier arrossì, perché intrecciare i capelli non era proprio l'abilità primaria di cui si vantava in quanto alfa, ma la risata dolce di Geralt lo confortò. Non sapeva nemmeno che l'omega fosse in grado di produrre un suono del genere e d'un tratto ne voleva ancora, e ancora.

-Ah, sì? È così bravo? - domandò, lanciando a Jaskier uno sguardo divertito da sotto in su.

Anche Jaskier sorrise, inginocchiandosi accanto a loro.

-Ciri ha appena detto che sono il migliore, o sbaglio?

La bambina annuì con sussiego, lasciando andare a malincuore i capelli dell'omega.

-La sera mi fa sedere sul letto e mi intreccia i capelli mentre canta. È la mia cosa preferita al mondo.

Jaskier si aspettava ancora una volta scherno negli occhi dell'altro, ma, quando Geralt raddrizzò la testa, aveva ancora quello sguardo morbido e privo di difese che lo aveva così riscaldato durante la cena.

-Sembra bello – ammise piano, sorridendo con gentilezza a Ciri, ma guardando Jaskier, che gli sorrise di rimando.

-Mio fratello stava per cantarmi la mia canzone preferita – continuò Ciri, con quel tono perentorio e insieme cantilenante tipico dei bambini, le mani puntate sui fianchi ricoperti da una vezzosa camicetta da notte azzurra – Dovete sentire anche voi.

Jaskier rise, in parte per nascondere l'imbarazzo, e le portò una ciocca bionda dietro l'orecchio, evitando gli occhi dell'altro.

-Non possiamo costringere il nostro ospite, tesoro.

-Nessuna costrizione – disse subito Geralt, deciso, prendendolo di sorpresa. Sorrise a Ciri, che ricambiò con un sorriso accecante – Voglio sentire.

-Non dovete... - cominciò Jaskier, agitato, ma Ciri lo interruppe appendendosi al suo collo e fissandolo con due ridicoli occhi enormi e imploranti.

-Ti prego, ti prego, ti pregoooo – cantilenò, sbattendo le ciglia in un modo che non poté non far scoppiare a ridere Jaskier.

L'afferrò e si alzò in piedi di scatto, facendole lanciare uno strillo divertito mentre si stringeva a lui. Con la coda dell'occhio, vide Geralt e alzarsi e seguirli verso il letto enorme della bambina. Jaskier l'adagiò con gentilezza sul copriletto blu, aiutandola a mettersi sotto le coperte. Si sedette sul bordo del letto, Geralt una presenza discreta ma tangibile alle sue spalle.

Ciri si sistemò contro i cuscini, guardandolo con esigenza.

-Sarebbe più bello con il liuto.

Jaskier scosse la testa, ridacchiando. Poteva sentire lo sguardo di Geralt fisso sulla sua nuca e provò uno strano senso di imbarazzo, non da lui. Non era un segreto tra i suoi amici intimi che Jaskier suonasse e avesse una bella voce, ma in qualche modo l'opinione di Geralt pesava come un macigno su di lui.

-Domani sera prenderò il liuto, lo prometto. Per stasera dovrai accontentarti, va bene? Ho altri ospiti oltre a Geralt e non posso farli aspettare troppo.

Ciri mise il broncio, ma annuì riluttante.

Jaskier prese un profondo respiro, poi cominciò a cantare. Lasciò che la voce uscisse dolce e morbida, giocando sulle lunghezze delle vocali e facendo acrobazie intorno alle parole più complicate, per intrattenere Ciri. La bambina si rannicchiò su un fianco, l'unico occhio visibile fisso e attento sul fratello. Jaskier le sorrise mentre cantava, passando dita delicate tra i capelli sciolti e arruffati della bimba. L'indomani avrebbe dovuto rifarle le trecce.

Dopo qualche minuto, l'occhio di Ciri cominciò a tremolare e Jaskier abbassò la voce, rendendola più cantilenante, come una ninna nanna. Lasciò che la voce sfumasse piano piano, cullando Ciri nell'incoscienza. Quando chiuse gli occhi, continuò ad accarezzarle i capelli canticchiando in silenzio la melodia. Si sporse per baciare la fronte della sorella, guadagnandosi un mugugno assonnato.

-Dormi bene, principessa – sussurrò, poi si raddrizzò.

Geralt era ancora in un angolo della stanza, un'espressione strana sul volto. Sembrava guardingo, come se temesse la rabbia di Jaskier, ma era anche qualcos'altro. C'era ancora quella morbidezza nel suo sguardo.

-Venite con me – mormorò Jaskier, facendogli segno di precederlo fuori dalla stanza di Ciri.

Per una volta Geralt non discusse e fece quello che gli era stato detto.

Una volta fuori nel corridoio, Jaskier chiuse piano la porta di Ciri, poi si voltò lentamente verso Geralt. L'omega, con grande sorpresa di Jaskier, adesso aveva un'espressione di nitida colpa.

-Mi dispiace. Non avrei dovuto seguirvi.

-No, non avreste dovuto – concordò Jaskier, ma non era arrabbiato, forse ancora un po' imbarazzato, ma non in collera.

-Pensavo che nascondeste qualcosa di losco – sbottò Geralt, d'impulso, arrossendo subito dopo.

Jaskier non poté fare a meno di ridere, guadagnandosi un'occhiataccia da Geralt.

-Tipo un amante mezzo nudo al piano di sopra?

Geralt storse la bocca, ma c'era una scintilla di divertimento nei suoi occhi.

-Forse.

Jaskier scosse la testa, poi sospirò.

-Venite. Andiamo a parlare nel mio studio. Rischiamo di svegliare Ciri.

Geralt sembrò esitare per qualche istante, poi annuì e seguì Jaskier fino all'altra parte del corridoio. L'alfa gli tenne aperta la porta, permettendogli di entrare per primo. Geralt si guardò intorno con curiosità e, nonostante la sua stazza non indifferente per un omega, sembrò stranamente piccolo e discreto nel grande studio.

-Era di mio padre – disse Jaskier, chiudendosi la porta alle spalle e anticipando una domanda silenziosa.

Geralt lo guardò, senza dire niente, e Jaskier gli fece un piccolo sorriso, indicandogli una poltrona di pelle davanti alla scrivania di mogano.

-Vi prego, sedetevi.

Geralt alzò il mento, in quella posa altera che, con suo grande disappunto, eccitavano Jaskier invece di irritarlo.

-Preferisco stare in piedi.

Jaskier roteò gli occhi, ma non insistette, preferendo egli stesso rimanere in piedi, appoggiandosi alla scrivania. Incrociò le braccia al petto e fissò lo sguardo negli occhi diffidenti dell'altro, in attesa.

-Non sapevo aveste una sorella – capitolò infine Geralt, dopo tesi istanti di silenzio.

-Sorellastra – ammise Jaskier, quasi a malincuore – Mio padre si risposò dopo la morte di mia madre.

Gli occhi sorpresi di Geralt gli dissero che non ne aveva idea.

-Mi dispiace.

Jaskier si strinse nelle spalle, gli occhi bassi sul tappeto ricamato ai loro piedi.

-È passato tanto tempo. Non fa più male – mentì, in tono sorprendentemente aspro.

Geralt rimase in silenzio per qualche secondo, i suoi occhi che bruciavano la pelle di Jaskier.

-E sua madre?

Jaskier fece una smorfia, sempre senza guardarlo.

-Morta nel darla alla luce. Io avevo quattordici anni.

-Vi siete preso cura di lei – mormorò Geralt, con un tono tanto strano da spingere Jaskier a sollevare il volto verso di lui.

Annuì, rinunciando a decifrare l'espressione dell'altro.

-Mio padre non era molto presente. E dopo la morte della mia matrigna...- fece una risata senza allegria - Beh, l'ha sempre amata più di quanto abbia amato mia madre. Perderla l'ha reso ancora più distante. È morto un paio di anni fa, ma non sono sicuro che Ciri se lo ricordi.

-Vi siete preso cura di lei – ripeté Geralt, e questa volta Jaskier decifrò il suo tono. Ammirazione, rispetto.

-Come voi dei vostri fratelli. So che anche voi avete perso i vostri genitori – mormorò Jaskier, finalmente capendo.

Il volto di Geralt si chiuse di nuovo in una maschera di diffidenza e Jaskier si maledisse.

-Perdonatemi, non volevo...

-Mia madre ci ha abbandonati quando Lambert non aveva nemmeno un mese. Lui non la ricorda affatto, Eskel a stento.

Jaskier socchiuse le labbra, sconvolto.

-Mi dispiace – disse infine, impacciato – Non lo sapevo. Dovete aver sofferto molto.

Geralt esitò, lanciandogli uno sguardo quasi timido e, improvvisamente, a Jaskier venne in mente che, nonostante tutto, erano entrambi solo dei ragazzi cresciuti troppo in fretta.

-Vostra madre era buona con voi?

Jaskier sorrise, consapevole di avere tutta la faccia addolcita.

-Sì, molto. Era una brava mamma.

-È orribile che l'abbiate persa così presto, ma in qualche modo vi invidio. Non è stata una sua scelta lasciarvi – sussurrò Geralt, gli occhi puntati sulla parete su cui era infisso il ritratto del padre di Jaskier.

L'alfa rimase in silenzio per qualche istante, organizzando i pensieri.

-Voi però siete rimasto – disse con forza e Geralt lo guardò, sorpreso.

-Siete rimasto, per Eskel e Lambert – spiegò Jaskier, più gentile – Non conta chi sceglie di andare via, ma chi decide di rimanere.

Geralt lo fissò, morbido e aperto, e Jaskier pensò all'improvviso: voglio baciarlo, proprio ora.

Stava quasi per spingersi in avanti, in un impulso suicida, ma in quel momento Geralt si voltò di nuovo verso il ritratto e Jaskier rimase fermo, sentendosi deluso come se un momento importante fosse stato sciupato.

-Vostro padre vi assomigliava – sussurrò e Jaskier lo guardò per un attimo, prima di muoversi per raggiungere Geralt e guardare anche lui il ritratto, anche se conosceva ogni dettaglio a memoria.

-Me lo dicono tutti – mormorò a sua volta Jaskier, gli occhi fissi in quelli altrettanto azzurri del padre – Muriel dice sempre che siamo due gocce d'acqua.

Geralt emise un verso di disapprovazione e Jaskier voltò appena la testa per studiare il profilo dell'altro.

-Voi avete meno spigoli. Siete più morbido.

Jaskier buttò fuori una risatina di scherno.

-Più morbido. È proprio quello che un alfa vuole sentire.

Geralt si voltò a guardarlo e la risata morì in gola a Jaskier, perché non si era reso conto di quanto fossero vicini. Un alfa e un omega, vicini e soli, in una stanza chiusa. Tutto ciò era scandaloso e inappropriato e proprio per questo Jaskier lo desiderava con un'intensità che quasi lo spaventava.

-Eravate diverso stasera.

Jaskier inclinò il volto, perplesso.

-Diverso in che senso?

-Prima, con i miei fratelli. E adesso con Ciri. Eravate diverso. Eravate...dolce – borbottò Geralt e Jaskier adorò la sfumatura rosa sulle sue guance pallide.

Inarcò le sopracciglia, con un sorrisetto.

-Dolce?

Geralt sbuffò, incapace di reggere completamente il suo sguardo.

-Sì. Non eravate l'alfa sbruffone che si vanta delle sue conquiste o compra un cavallo per impressionare un omega. Eravate voi stesso. Vi preferisco così.

Le parole colpirono in profondità Jaskier, ma cercò di nasconderlo dietro un sorriso scanzonato.

-E cosa ne sapete che il vero me stesso non sia quello sbruffone?

Geralt trovò finalmente il coraggio di guardarlo e Jaskier pensò ancora: lo voglio baciare, proprio ora.

Faceva quasi male l'intensità di quel pensiero.

-Lo so e basta – disse con decisione e Jaskier si chiese all'improvviso come fosse possibile che un omega così non avesse ancora trovato un compagno.

Si limitò a sorridere, godendosi il bagliore calmo degli occhi dell'altro. D'un tratto, Geralt sorrise, in modo pericoloso, e Jaskier si mise in guardia.

-Quindi...suonate il liuto?

Jaskier emise un grugnito, mentre Geralt scoppiava a ridere.

-Dovevo saperlo che lo avreste menzionato prima o poi.

Geralt ghignò, sollevando un po' il mento, e lo stomaco di Jaskier si strinse in modo decisamente piacevole.

-Sapete – cominciò, senza sapere nemmeno lui cosa lo spingesse a condividere quella cosa con Geralt – Ho sempre voluto essere un bardo. Ho anche studiato in un'accademia, da ragazzo – fece un sorrisetto mesto – Ma purtroppo sono stato richiamato ai miei doveri di visconte e custode di Ciri abbastanza presto.

Geralt inclinò il viso, incuriosito.

-Un bardo, eh?

Jaskier gli rivolse un grosso sorriso, giocoso e sensuale.

-Beh, mi avete sentito cantare, signorino – mormorò, insinuante, e si godette un nuovo rossore sulle guance dell'omega – Una vostra recensione, tre parole o meno.

-Torta senza ripieno – disse subito Geralt, in tono indifferente.

Jaskier boccheggiò, preso in contropiede, e Geralt sorrise, un sopracciglio inarcato.

-State mentendo! - lo accusò Jaskier, purtroppo consapevole del lieve isterismo della sua voce.

Geralt scoppiò a ridere e gli diede con disinvoltura le spalle e si avviò alla porta.

-Dovremmo proprio tornare di sotto.

-Mentite! - gli urlò dietro Jaskier e quando sentì la risata soffocata di Geralt fuori dalla stanza non poté fare a meno di sorridere.

 

 

 

Il ballo organizzato dal barone Thompson era così noioso, che Jaskier, dopo aver cercato senza successo Yen, non trovò niente di meglio che avvicinarsi a Valdo per una sacrosanta rissa.

-Sai, mi avevano detto che era una serata scadente, ma non pensavo a tal punto da trovarti qui.

Valdo rise, continuando a bere e senza nemmeno staccarsi dalla colonna contro cui era appoggiato.

-Julian. Mi sembrava che fossi tu, potevo sentire la puzza di fallimento da ore.

Jaskier aggrottò la fronte, posizionandosi accanto a Valdo.

-I tuoi insulti sono sottotono stasera. Cosa stai guardando?

Valdo rise di nuovo e sollevò il bicchiere di vino verso i margini della sala.

-Sto assistendo alla fiera della pietà.

Jaskier, sempre corrucciato, seguì il suo sguardo e subito si irrigidì.

Eskel di Rivia era seduto insieme ad altri debuttanti e aveva l'aria più infelice del mondo. Jaskier poteva immaginare bene il perché: era seduto insieme alle zitelle e agli omega maschi troppo vecchi per trovare marito. Eskel era giovane e aveva un aspetto gradevole e anche se non aveva un gran patrimonio, apparteneva comunque alla piccola nobiltà. Decisamente, non era adatto a fare da tappezzeria. Eppure, a Jaskier venne in mente il loro primo incontro, durante il ballo di Yen. Ricordava la delusione di Eskel per il fatto di non aver ballato con nessuno, come ricordava la confusione sul viso del giovane quando Jaskier aveva accennato a battere sul tempo gli altri pretendenti.

Adesso capiva il perché. Non c'era mai stato nessun altro.

-Non capisco – sbottò, arrabbiato – Perché nessuno lo invita a ballare?

Valdo si voltò di scatto verso di lui, un'espressione divertita e sorpresa sul volto appuntito.

-Mi stupirei del contrario, piuttosto. Non hai mai visto il fratello maggiore?

Jaskier raddrizzò la schiena, consapevole della tensione di tutto il suo corpo. Era consapevole che non avrebbe dovuto mostrarsi troppo coinvolto, avrebbe solo aumentato la soddisfazione di Valdo, ma non riusciva a mostrarsi indifferente. Dopo la cena a casa sua, aveva avuto modo di vedere Geralt in altre due diverse occasioni e aveva apprezzato ulteriormente la diversità dell'omega, il suo spirito pronto e la sua forza. Non avrebbe permesso a uno come Valdo, che Jaskier conosceva da quando non era altro che un ragazzino lamentoso e brufoloso, di dire qualsiasi cosa negativa su Geralt.

-Sì, lo conosco. Quale sarebbe il problema?

Valdo spalancò gli occhi e nell'istante in cui sorrise, Jaskier si maledì per aver lasciato trasparire troppo.

-Oh, capisco. Ti piace. In effetti, hai sempre avuto gusti bizzarri.

-Infatti sono andato a letto con te – morse Jaskier e fu una breve soddisfazione far inacidire il ghigno di Valdo – Allora? Quale assurdo motivo avete trovato voialtri per dare addosso a Geralt?

Valdo inarcò le sopracciglia, infastidito.

-Un omega di ventisei anni, non sposato, con quell'aspetto inquietante? E ti chiedi perché la gente parli?

-Non ha un aspetto inquietante – scattò Jaskier, senza riuscire a trattenersi. Avrebbe volentieri cancellato il sorrisetto di Valdo con un pugno, ma cercò di dominarsi. Era anche irritato dal fatto che Valdo conoscesse l'età esatta di Geralt. Aveva sospettato che avesse superato l'età da matrimonio da un po', ma credeva avesse giusto un paio di anni più di lui.

-Anche se fosse, cosa c'entra Eskel con il fratello?

Valdo rise.

-Beh, nessuno ci tiene ad avere come un cognato un fenomeno da baraccone, vero? Il ragazzo è carino, ma avrebbe più possibilità se non fosse condannato a subire la presenza del fratello – simulò un brivido di disgusto e Jaskier strinse i pugni, praticamente tremando di rabbia – Quegli occhi gialli me li sogno nei miei peggiori incubi.

Jaskier scattò, senza nemmeno pensarci. Un istante prima era in piedi accanto a Valdo e un secondo dopo aveva bocconi della camicia di Valdo tra le mani e lo stava premendo con violenza alla colonna, il volto vicinissimo al suo. La musica intorno a loro inciampò e sentì diverse esclamazioni, ma Jaskier ignorò tutto, non aveva occhi che per il viso beffardo di Valdo.

-Se ti sento dire anche solo un'altra stronzata su Geralt e i suoi fratelli, giuro che

renderò te quello con l'aspetto inquietante, per sempre.

Valdo sorrise, senza scomporsi.

-Via, Julian. Non vorrai davvero iniziare una scenata. Il tuo piccolo omega ti sta guardando.

Jaskier voltò di scatto la testa e incrociò gli occhi spalancati e spaventati di Eskel, che si era alzato dalla sedia e lo fissava.

Jaskier lasciò andare di scatto Valdo, come se si fosse bruciato.

-Non ne vale la pena, hai ragione – disse con disgusto.

Senza nemmeno attendere risposta, attraversò a passo deciso la sala da ballo, schivando con noncuranza le coppie che stavano ballando prima di essere distratte dallo spettacolo che Jaskier aveva fornito loro.

Jaskier tenne gli occhi fissi su Eskel e si fermò solo quando fu davanti all'omega. Si chinò con uno scatto aggressivo ed Eskel ricambiò con un po' di ritardo, sgomento.

-Signorino Eskel – sbottò, ogni parola violenta come una frustata – Potete farmi l'onore di questo ballo?

Eskel si limitò a sbattere le palpebre e sembrò riprendersi solo quando Jaskier porse il braccio, con impazienza.

-Sì – balbettò e Jaskier fu contento di sentire un po' di sollievo dietro all'incertezza e all'imbarazzo, anche se gli si strinse il cuore al pensiero di Eskel che passava tutta la serata su una sedia ad aspettare che qualche idiota alfa lo invitasse – Sì, con piacere.

Jaskier, nonostante tutta la sua rabbia, forzò un sorriso rassicurante quando la mano di Eskel gli afferrò con inaspettata forza il braccio. Lo condusse al centro della sala, dove tutti gli altri fecero subito spazio, senza che dovesse dire qualcosa. Mancava ancora un elemento fondamentale, però, e Jaskier si voltò con impazienza verso l'orchestra, che era immobilizzata in una sorta di trance.

-Beh? Il visconte adesso non può avere un valzer come si deve?

I musicisti si riscossero immediatamente e, con una lieve espressione terrorizzata, cominciarono a suonare un valzer quasi frenetico.

Dopo ancora qualche secondo di smarrimento, anche le altre coppie si disposero in modo ordinato e cominciarono a ballare, seguendo l'esempio di Eskel e Jaskier.

Per un po' volteggiarono in silenzio, ma poi Eskel parlò, la voce timida, ma allo stesso tempo decisa.

-Vi ringrazio.

Jaskier scosse la testa con energia, cercando di contenere la propria rabbia per guidare il povero Eskel nel modo più delicato possibile, senza sballottarlo in giro.

-Non dovete ringraziarmi. Volevo ballare con voi.

Eskel fece un sorrisetto, gli occhi pieni di dolcezza.

-Non dovete mentirmi. Tutti vi hanno visto litigare con quel lord. Non è difficile immaginare perché. Anche gli altri debuttanti sparlano su di noi.

Jaskier lo guardò preoccupato. Non tentò di contraddirlo, ormai aveva capito che Eskel fosse abbastanza intelligente da capire da solo la verità.

-Siete qui tutto solo? Non ho visto né Yen né i vostri fratelli.

-Yen è ancora fuori città, Lambert ha finto di stare male e Geralt gli ha permesso di restare a casa, solo perché penso che sapesse che un Lambert scontento avrebbe fatto più danni che altro.

-Geralt è rimasto con lui? - domandò Jaskier, non riuscendo a trattenere un piccolo sorriso al pensiero di Lambert.

Eskel scosse la testa.

-No. Non mi avrebbe mai lasciato venire, altrimenti. Doveva usare i servizi.

Jaskier annuì, sollevato. Anche se, conoscendo un poco Geralt, sapeva che era improbabile, era comunque contento che Eskel non fosse da solo.

Aggrottò la fronte quando l'odore di Eskel, di solito molto neutro per essere un omega, si appesantì di angoscia.

-Ehi – mormorò il più gentilmente possibile, approfittando di un giro per trattenere il giovane contro il suo petto e far incrociare i loro occhi – Cosa c'è che non va?

Eskel si morse un labbro, continuando a guardare Jaskier anche quando si allontanarono.

-Vorrei che Geralt fosse rimasto a casa.

Per un attimo il cuore di Jaskier sprofondò, pensando che Eskel condividesse l'opinione di Valdo e degli altri nobili, ma poi il ragazzo aggiunse, con un tremito: -So che lo sto deludendo terribilmente.

Jaskier non riuscì a trattenere una risata incredula.

-State scherzando? Ho visto il modo in cui Geralt guarda voi e Lambert. Vi adora. Potreste commettere un omicidio e sarebbe fiero di voi.

Eskel arrossì, con un sorriso lusingato, ma dopo un attimo scosse la testa, di nuovo triste.

-Siamo venuti in città perché dovevo fare un buon matrimonio e non riesco nemmeno a farmi invitare a ballare.

Jaskier lo fissò, sgomento.

Ricordava le parole di Yennefer sul fatto che fosse Eskel a debuttare, ma non poteva credere che Geralt, che sembrava protettivo fino ai limiti dell'eccessivo, avesse messo una tale pressione sul giovane.

-Geralt vi ha detto di aspettarsi questo da voi?

Eskel scosse la testa.

-No, non lo direbbe mai. Ma non sono stupido – disse e per la prima volta la sua voce non suonò timida o incerta, ma decisa e forte quanto quella dei fratelli – So che dopo la morte di papà abbiamo perso ogni diritto sulla nostra casa e so che non ci è rimasto molto. Lambert è troppo giovane per sposarsi e Geralt...beh, so che si sposerebbe se potesse, solo per togliermi questo fardello, ma ormai è considerato vecchio e... - il ragazzo gettò un'occhiata tagliente sopra la spalla di Jaskier e l'alfa era sicuro che se si fosse voltato avrebbe incrociato lo sguardo arcigno di Valdo -E so che alcune persone considerano il suo aspetto poco piacevole.

-Io no – scattò Jaskier, irritato alla sola idea che esistesse davvero qualcuno così stupido da considerare Geralt qualcosa di diverso da bellissimo.

Eskel lo guardò sorpreso per un istante, poi sorrise, dolce.

-Lo so. Voi non siete come gli altri alfa. Siete gentile.

Jaskier arrossì appena, preso alla sprovvista, e Eskel emise una risata delicata.

-Sapete, a Geralt piace farci credere di avere un'opinione terribile su di voi, ma secondo me pensa anche lui bene di voi.

-Ah, sì? - domandò, cercando di suonare indifferente, anche se il suo petto era pieno di stupido orgoglio alfa.

-Sì – Eskel arrossì, abbassando un po' gli occhi, e sussurrò: - Sareste un buon marito.

Jaskier deglutì, il commento gli mise addosso un insolito senso di disagio. All'improvviso sentì la necessità di chiarirsi. Eskel era un ragazzo dolce e speciale ed era chiaramente alla ricerca di un buon matrimonio, ma Jaskier non poteva permettere che si facesse alcune illusioni, non quando Geralt esisteva.

-Signorino Eskel...-cominciò, la gola secca, ma si interruppe nel notare l'espressione gioiosa del ragazzo.

-Oh, guardate. Geralt sta facendo amicizia.

Jaskier si voltò con uno scatto che gli lasciò il collo dolorante. Una nebbia rossa gli scese davanti agli occhi e si accorse di star stringendo troppo Eskel solo quando il ragazzo si mosse, a disagio. Allentò la presa mormorando una scusa, senza staccare gli occhi da Geralt.

Conosceva di vista l'alfa che era con lui. Era uno dei figli cadetti del padrone di casa. Jaskier sapeva che era la pecora nera della famiglia e che disprezzava le convenzioni sociali almeno quanto lui stesso. Lui e Geralt erano ai margini della sala, troppo vicini. L'alfa stava sussurrando qualcosa, con aria furba e confidenziale, ma ciò che irritò Jaskier fu vedere l'espressione divertita di Geralt. Non aveva mai visto Geralt nient'altro che annoiato o irritato in pubblico. Quella era l'espressione che metteva su quando stuzzicava Jaskier. Era sbagliato, tremendamente sbagliato, che sorridesse a un altro alfa, a uno stupido alfa che non era Jaskier. Anche se irritato, non poté fare a meno di provare un senso di soddisfazione all'idea che Valdo Marx avesse torto: era chiaro che non era l'unico a rendersi conto della bellezza di Geralt.

-Milord? - lo richiamò Eskel, perplesso – State bene?

Jaskier si riscosse, per rendersi conto che lui ed Eskel erano fermi mentre le altre coppie si disfacevano, la musica che si dissolveva in un'altra melodia.

Jaskier forzò un sorriso e lasciò andare Eskel, porgendogli invece il braccio.

-Venite, vi porto da vostro fratello.

Eskel accettò il braccio, senza smettere di guardarlo in modo strano.

Jaskier non poté fare a meno di sentirsi trionfante quando Geralt si voltò a guardarlo ancora prima che si avvicinassero. L'omega incrociò i suoi occhi per qualche istante, poi si concentrò con un po' di ritardo su Eskel, dopo aver sfiorato con lo sguardo la mano del fratello sul braccio di Jaskier.

-Eskel – sorrise e Jaskier notò che c'era una lieve tensione nel suo tono e nella sua postura – Ti stai divertendo?

-Oh, sì – Eskel rivolse un sorriso entusiasta a Jaskier, che però se ne accorse appena, gli occhi socchiusi sull'alfa che indugiava accanto a Geralt – Il visconte mi ha invitato a ballare.

-Siete fortunato – intervenne con una risata gentile l'alfa sconosciuto, rivolgendo un sorriso affabile a Eskel – Il visconte ha la fama di essere un ottimo ballerino, e molto altro.

Eskel si limitò a un sorriso confuso e educato, ma Jaskier vide Geralt irrigidirsi e la sua irritazione aumentò. Raddrizzò la schiena, rivolgendo uno sguardo altero all'uomo.

-Perdonatemi, ma non mi ricordo il vostro nome – disse e gioì nel vedere la sicurezza dell'altro vacillare.

L'alfa si riprese però in fretta e chinò rispettosamente il capo.

-Mark Thompson, Milord.

Jaskier si limitò a un secco cenno del capo, cercando di ignorare gli occhi acuti di Geralt su di lui. Mark sembrò per la prima volta a disagio, gli occhi che guizzavano da Geralt a Jaskier e ritorno.

-Signor Thompson – esclamò Eskel, prendendo tutti di sorpresa – Ho molta sete. Vi dispiacerebbe accompagnarmi a prendere una limonata?

Mark Thompson sbatté le palpebre, perplesso, ma sembrò in qualche modo grato di aver trovato una scusa per allontanarsi dallo sguardo di Jaskier.

-Certo, con piacere.

Eskel lasciò andare il braccio di Jaskier e afferrò quello di Thompson, lasciandosi condurre via.

Jaskier continuò a fulminare la schiena dell'altro finché non lo ritenne abbastanza lontano da poter concentrarsi su Geralt.

L'omega lo stava fissando, un sopracciglio inarcato in modo elegante, e Jaskier voleva trascinarlo dietro una colonna e divorarlo.

-Stavate marcando il territorio?

Jaskier ringhiò, ma adesso era più per gioco che per altro, e infatti l'espressione di Geralt tremò in un accenno di sorriso.

-Come migliore amico di Yen e vista la sua assenza, mi sento in dovere di prendere il suo posto come vostro protettore.

-Non ho bisogno di protezione – disse subito Geralt, ma non sembrava arrabbiato.

-Lo so – ammise Jaskier, avvicinandosi un po', il petto sempre vibrante – Ma lasciate l'illusione a un povero alfa.

Geralt lo fissò, il suo sguardo sorpreso.

-Milord, state tremando – sussurrò e quando posò una mano sul suo braccio, inaspettata e delicata, Jaskier si rese conto che aveva ragione.

Jaskier lo fissò dritto negli occhi e lasciò che la sua mano coprisse quella dell'omega.

-Mark Thompson non è un alfa adatto a voi – sussurrò, le dita si contrassero su quelle dell'altro, che però non le ritrasse – È un furfante.

Un sorriso divertito guizzò sul volto di Geralt.

-Capisco. E adesso che mi avete protetto da Mark Thompson, chi mi proteggerà da voi?

Jaskier ricambiò il sorriso, cercando di concentrarsi sugli occhi luminosi di Geralt, e non sulle sue labbra dalla forma perfetta e morbida.

-Nessuno. Temo che siate costretto ad arrendervi e a danzare con me.

Geralt sembrò sorpreso per un attimo e Jaskier si aspettava quasi un rifiuto, ma poi l'omega acconsentì con un piccolo cenno del capo. Senza lasciare andare la sua mano sul proprio braccio, Jaskier lo condusse al centro della sala, i loro occhi che non si lasciavano mai.

-Siete stato carino a danzare con Eskel – disse a un certo punto Geralt, mentre le loro mani si sfioravano ancora, questa volta per un passo di danza – Forse grazie al vostro esempio altri gentiluomini lo inviteranno a danzare.

Jaskier fece scoccare la lingua contro il palato, irritato.

-Non dovrebbero aver bisogno del mio esempio. Eskel è meritevole di ogni onorevole attenzione.

Geralt lo guardò in modo strano, ma non disse nulla.

-Cosa vi ha detto Mark Thompson? - domandò Jaskier, senza più riuscire a trattenersi.

Geralt inarcò un sopracciglio, ma poi rispose, con voce calma: - Che questa serata rischiava di essere tremendamente noiosa, prima che scatenaste quasi una scazzottata con il conte Marx.

Jaskier gemette, imbarazzato, non molto aiutato dallo sguardo di lieve divertimento dell'omega su di lui. Ecco perché rideva prima. Thompson gli stava parlando di Jaskier. Il pensiero, nonostante tutto, lo confortò in maniera inaspettata.

-Quindi lo sapete.

-Che stavate per creare uno scandalo per difendere Eskel? Sì, lo so.

Jaskier lo fissò, sorpreso.

-Non solo Eskel. Anche voi.

Geralt rimase in silenzio mentre Jaskier lo faceva girare, pensieroso.

-È per questo che vi siete precipitato da me e dal signor Thompson in modalità alfa? Avevate paura che fosse un altro Valdo Marx, pronto a deridere me e la mia famiglia?
No, pensò con forza Jaskier, no, avevo paura che avrebbe tentato di avervi prima di me, perché siete fottutamente adorabile e appetibile e sembrate l'unico a non essersene accorto.

-Certo – disse invece, con leggerezza.

Gli occhi di Geralt mandarono una strana scintilla, quasi delusa, e Jaskier si sentì l'alfa, anzi l'uomo, più coglione del mondo.

-Non c'è niente che non vada in voi ed Eskel, o in Lambert- continuò quindi, cercando di recuperare terreno – Chiunque sarebbe fortunato a sposarvi.

Lo sguardo di Geralt era acuto nel suo e quando Jaskier lo attirò a sé, gli affondò le dita negli avambracci in modo quasi doloroso.

-Sareste un buon marito – disse, usando le stesse parole di Eskel, solo che questa volta Jaskier non si agitò, non sentì il bisogno di spiegarsi o di scappare. Si limitò a ricambiare con serietà lo sguardo di Geralt, tranquillo.

-Sì, lo sarei – scandì, come se dovesse convincere Geralt di qualcosa, e forse era così.

-Vi prendete cura delle persone – continuò Geralt, con un tono strano, che mise in allerta una piccola parte di Jaskier, mentre l'altra riusciva solo a pensare al corpo caldo tra le sue braccia, a quell'odore che lo aveva colpito dal primo istante e che lo avvolgeva in una bolla rassicurante – Sareste leale.

-Lo sarei – ripeté Jaskier e si rese improvvisamente conto che non stavano nemmeno più ballando, erano solo stretti l'uno all'altro, mentre gli altri gli danzavano attorno. Sembrò accorgersene anche Geralt, perché sobbalzò come se si fosse scottato. Prima che potesse trattenerlo, Geralt si sottrasse dalla sua presa, gettando occhiate ansiose tutto intorno.

-Geralt... - mormorò Jaskier, facendo un passo verso di lui, ma l'omega scosse deciso la testa e fece un passo indietro, gli occhi fieri e brillanti in quelli dell'altro.

-Grazie per questo ballo, Milord.

E poi se ne andò così, con un inchino rigido, senza nemmeno aspettare che Jaskier ricambiasse, lasciando l'alfa a stringere la mani a pugno, trattenendo l'aria invece che Geralt.

 

 

Jaskier sapeva di essere nei guai nel momento in cui Yen, non appena rimise piede in città, gli fece recapitare un biglietto in cui lo invitava a vedersi al club quella sera stessa.

-Geralt mi ha detto che ha conosciuto Ciri.

Jaskier cercò di rimanere indifferente, ma sapeva di avere un'espressione colpevole dal modo con cui l'amica lo stava guardando.

-Non è come pensi, Yen – si giustificò comunque, debolmente.

Yennefer inarcò le sopracciglia, allungandosi per posare con un tonfo pesante il suo bicchiere nel tavolino in mezzo a loro.

-Jaskier, ti avevo detto di non giocare con loro.

-Non sto giocando! - protestò Jaskier, offeso.

-Quindi cosa dovrei credere? Che ti sei stancato di Eskel e adesso punti Geralt? - Yen scoccò la lingua, furiosa – Non è una delle tue solite conquiste, Jask. Lui è importante per me. E non mi piace il modo in cui parla di te, come se avesse scoperto una fottuta miniera d'oro. Se non sei serio, smettila subito.

Jaskier sapeva che avrebbe dovuto concentrarsi sull'intero senso della frase di Yen, ma non ci riusciva.

-Ti ha parlato di me? - domandò, sentendosi ridicolo per il battito accelerato del suo cuore.

Yen roteò gli occhi.

-Appena. Ma lo conosco. Quando spende più di due parole e un grugnito per una persona, vuol dire che gli piace.

Qualcosa scaldò tutto il petto di Jaskier.

-Anche lui mi piace. Avevi ragione, non è il solito omega.

Yen gli lanciò un'occhiata fosca.

-Jaskier. Geralt è convinto che tu voglia sposare Eskel. E sta pensando di darti il permesso.

Jaskier, che aveva appena preso un sorso del suo brandy, si ritrovò a sputarlo dappertutto.

Ignorò gli sguardi giudicanti di Yen e degli altri alfa del club e tossì, fissando incredulo l'amica.

-Cosa? Ma hai appena detto che gli piaccio! E so di non essere stato esattamente discreto, deve aver capito che mi piace anche lui.

Yen lo guardò esasperata.

-Non so chi dei due sia più ottuso. Jaskier, hai ballato con Eskel e hai quasi picchiato Valdo per qualche commento idiota. Cosa dovrebbe pensare?

-Che l'ho fatto per lui! - protestò Jaskier, accorato -Ballare con Eskel, Valdo...tutto per lui! Non sopportavo che pensassero quelle cose!

Yen rimase per un attimo in silenzio, studiandolo.

-Però è vero.

Jaskier aggrottò la fronte, confuso.

-Cosa è vero?

Yen sospirò, sembrando d'un tratto sfinita.

-Quello che pensano di Geralt. Jaskier – mormorò, il suo tono improvvisamente dolce – Devi esserti accorto che nessuno lo sposerà mai.

Jaskier si limitò a fissarla e Yen sospirò di nuovo.

-Non fraintendermi. Voglio bene a Geralt. C'è stato un tempo in cui pensavo...beh, lui è un omega e io sono un'alfa, e andiamo d'accordo. Sembrava naturale.

Jaskier strinse le dita intorno al suo bicchiere, cercando di dominare la nausea alla sola idea di Yen e Geralt insieme. L'amica fece un sorrisetto consapevole.

-Non fare quella faccia. Non siamo mai stati altro che buoni amici e lo saremo sempre. Siamo troppo spigolosi per incastrarci bene.

Jaskier tacque, ripensando alle parole di Geralt nello studio del padre.

Voi avete meno spigoli. Siete più morbido.

-Non dovrei essere io a parlartene, ma penso che ti sarai accorto del fatto che ha un aspetto...particolare.

-I suoi capelli – mormorò Jaskier, sorridendo suo malgrado con affetto – Un tempo erano castani e ricci come quelli di Eskel. Li preferisco così, però.

Yen lo guardò in modo strano per qualche secondo, prima di riprendere a parlare.

-Quando aveva poco più di vent'anni, si è ammalato. Era una malattia strana. Pensavamo – la sua voce di spezzò e Jaskier la fissò stupito – Pensavamo che sarebbe morto. Poi Vesemir ha trovato una cura. Non ha mai voluto dire di cosa si trattasse, ma so solo che Geralt si è contorto nel suo letto per una settimana e quando è stato di nuovo cosciente aveva quell'aspetto e...- esitò, distogliendo lo sguardo -e altre nuove caratteristiche. Dopo non ha ricevuto più nemmeno una proposta d matrimonio e non se ne aspetta di certo una adesso.

-Quindi lui pensa che io voglia Eskel? - domandò Jaskier, incredulo.

Yen fece un sorrisetto triste.

-Perché non dovrebbe pensarlo? Gli hai dato modo di crederlo e lui non ha più alcun reale motivo per opporsi. Sei un visconte, Eskel sembra apprezzarti, Lambert non vuole ucciderti, il che è già tantissimo. In più ha visto come sei con Ciri, come puoi proteggere chi ami ed essere leale, a dispetto della tua reputazione. E, dulcis in fundo, grazie a quel coglione di Valdo Marx si è reso conto che Eskel difficilmente potrebbe ricevere una proposta più vantaggiosa di questa.

-Ma hai detto che gli piaccio – protestò Jaskier, debolmente – Come può accettare che sposi suo fratello se gli piaccio?

Yen sembrò abbattuta mentre finiva il suo drink.

-Lascia che ti dica una cosa su Geralt: ci sono poche cose di cui gli importa davvero e la sua felicità non è tra queste.

Jaskier si sentì oppresso da un'angoscia aspra e pesante.

-E la mia, di felicità?

Yen lo scrutò da sopra l'orlo del bicchiere, cauta.

-Se sei serio nelle tue intenzioni e, bada bene, solo se sei serio, penso che dovresti parlarne con Geralt.

Jaskier deglutì, capendo bene cosa intendesse l'amica.

O lo sposi, o lasci perdere.

Jaskier non poteva negare di essere attratto da Geralt, dal suo profumo, dalla sua personalità ruvida e intelligente, dai suoi occhi che sapevano essere feroci, ma anche gentili, morbidi.

Ma lo conosceva da poco e il matrimonio era una cosa seria.

Era per tutta la vita.

Jaskier non era costante nemmeno nel mantenere lo stesso amante per più di un mese.

E sapeva che sposare Geralt non sarebbe stato come sposare un altro omega, più condiscendente: non avrebbe potuto stare con altri, non ci sarebbe riuscito e, forse, non voleva nemmeno.

Guardò Yen dritto negli occhi, rendendosi conto che aveva preso una decisione già da un po' di tempo.

-Sono serio, Yennefer.

Yen lo fissò a occhi socchiusi per qualche istante, poi sospirò profondamente, allungandosi per fare cenno a un cameriere.

-Allora avrò bisogno di bere ancora, e anche tu, se stai davvero parlando di matrimonio e monogamia.

Jaskier scoppiò a ridere e, nonostante tutto, si sentì calmo, centrato.

Aveva Yen, che in qualche modo strano e riluttante, lo appoggiava, e, forse, avrebbe avuto Geralt.

Quel pensiero gli inondò il cuore di un inaspettato buonumore che mantenne per tutta la sera.

 

 

Parlare con Geralt si rivelò più difficile di quanto Jaskier avrebbe pensato.

Era stato sommerso dai suoi doveri negli ultimi tre giorni ed era a malapena uscito dal suo studio per passare del tempo con Ciri.

Quella sera, però, si sarebbe recato a teatro per l'annuale spettacolo di inizio stagione e sapeva che, con un po' di fortuna, avrebbe trovato Geralt lì. Si rigirò tra le mani la scatolina che aveva tirato fuori dalla cassaforte due giorni fa. La aprì e ne osservò il contenuto, mentre si dondolava con indolenza sulle gambe della sedia.

L'anello di sua madre, semplice e d'argento, proprio come lui. Jaskier lo aveva fatto modificare il giorno prima dall'orafo e adesso c'era un piccolo ranuncolo inciso nel mezzo. L'uomo aveva dovuto lavorare tutta la notte per completare il lavoro in tempo e aveva preteso una paga esagerata, ma Jaskier non si pentiva di nulla. Chiuse con uno scatto la scatola madreperla e si alzò in piedi. Fece scivolare l'anello nella tasca interna del suo vestito, a contatto con il suo cuore che batteva troppo forte.

Era ridicolo, si disse con forza, cercando di riscuotersi.

Jaskier non era mai stato nervoso nelle questioni amorose, audace e deciso fin da giovane.

Perché adesso sentiva la nausea e un senso di vertigine allo stomaco?

Non era esattamente paura, era più trepidazione.

E, va bene, forse un po' di paura, nel caso Geralt lo rifiutasse.

Avrebbe potuto farlo benissimo, Jaskier lo sapeva, anche se detestava il pensiero. In fondo, si conoscevano poco e Jaskier sapeva anche di aver fatto un casino con Eskel. Ma se Geralt avesse accettato, oh, se gli avesse fatto questo regalo, allora avrebbero potuto risolvere tutto il resto, insieme.

Jaskier sospirò e uscì dallo studio. Prima di scendere le scale, si fermò davanti alla stanza di Ciri. Bussò con le nocche, in un ritmo preciso e delicato, un segnale che era lui.

-Vieni! - urlò infatti Ciri e Jaskier sorrise prima di abbassare la maniglia.

Ciri era già a letto, con un libro di fiabe in grembo. Non appena vide come era vestito Jaskier, la sua espressione si riempì di delusione.

-Stai uscendo.

Jaskier annuì con un sorriso di scuse, avvicinandosi al letto. Ciri gli fece spazio e Jaskier scalciò le proprie scarpe eleganti e si sistemò accanto alla sorella. Alzò un braccio e immediatamente Ciri si accoccolò contro di lui, il rancore del tutto messo da parte. Jaskier voltò la testa e le baciò i capelli, che lui stesso aveva intrecciato in due morbide trecce quel pomeriggio.

-Volevo parlarti di una cosa, principessa – sussurrò, le labbra contro la sua fronte.

Sentì Ciri corrucciarsi, ma la bambina si limitò a stringere una mano intorno al risvolto della giacca elegante del fratello.

-Non te ne stai andando come papà, vero?

Jaskier si scostò da lei con gentilezza, per rivolgerle un'occhiata scioccata. Ciri aveva lo sguardo basso, ma Jaskier le mise due dita sotto il mento, costringendola a guardarlo.

-Da dove viene questo? - domandò, cercando di controllare la voce. Non pensava nemmeno che lei pensasse a loro padre, visto il breve tempo che aveva passato in sua compagnia, ma l'idea che potesse davvero ritenerlo capace di lasciarla, involontariamente o, peggio, volontariamente, lo uccideva.

Ciri non stava piangendo, ma i suoi occhi verdi erano animati da una luce quasi feroce, che li rendeva scintillanti come se fossero pieni di lacrime.

-Sei strano da un po'.

-Io sono sempre strano – scherzò Jaskier, ma sospirò quando si rese conto che, invece di ridere, Ciri assottigliò solo le labbra.

La attirò a sé e, dopo una lieve resistenza, Ciri si appese con forza a lui, ricambiando l'abbraccio.

-Non ti lascerò mai, mai – le sussurrò Jaskier all'orecchio, quasi con ferocia – Sei il mio primo dovere. E sempre sarà.

-E sempre sarà – tirò su col naso Ciri, ancora troppo insicura per la tranquillità di Jaskier.

-Dico sul serio – insistette, piegando la testa per poterla guardare -Non pensare mai più cose come questa, va bene? Anche se mi comporterò in modo ancora più strano, anche se un giorno mi trovassi completamente impazzito. Tu non pensare che ti lascerei, d'accordo?

Ciri annuì, strofinandosi un occhio con una mano e fissandolo con l'altro.

Jaskier le sorrise e usò la propria manica per asciugare il naso della sorella. Muriel lo avrebbe ucciso per questo, ma non gli importava.

-Vuoi sapere perché sono strano?

Ciri annuì di nuovo, questa volta con una scintilla curiosa e non triste negli occhi. Jaskier quasi rise, perché la sorella aveva di certo ereditato la sua natura pettegola.

-Mi piace una persona.

Ciri aggrottò la fronte e Jaskier poteva vederla combattere contro pensieri contrastanti.

-Zia Yen? - domandò, esitante, e Jaskier scoppiò a ridere.

-Beh, certo, ma non nel senso che intendo.

-E cosa intendi? - insistette Ciri, offesa e confusa.

Jaskier le sorrise, sentendo suo malgrado un po' di nervosismo attraversarlo.

-Sai, come la tua mamma e papà. Ricordi cosa ti ho detto su di loro?

-Che si amavano tanto – rispose subito Ciri, fissandolo con attenzione – Quindi è una cosa così anche per te?

Jaskier annuì, cauto, permettendole di collegare tutti i punti da sola.

-Ti sposerai?

-Forse – ammise Jaskier, il peso della scatolina caldo contro il suo petto, come un monito.

-E tua moglie verrà a vivere qui?

Jaskier dovette mantenere un certo autocontrollo per non scoppiare in una risata isterica.

-Marito, in realtà. E sì, se accetterà la mia proposta. Ti ricordi del signorino Geralt di Rivia?

Si aspettava che Ciri facesse fatica a ripescarlo dalla sua memoria, in fondo lo aveva visto solo una volta per pochi minuti, ma la bambina si illuminò subito.

-Aveva i capelli più belli del mondo e me li ha fatti toccare! - esclamò, deliziata, e Jaskier ridacchiò, pieno di un inaspettato sollievo.

-Proprio lui.

Ciri inclinò il capo, soppesando il fratello con attenzione.

-È lui che ami, allora?

La domanda lo colse impreparato. Con un po' di codardia che purtroppo era consapevole di possedere, Jaskier si disse che non voleva conoscere la risposta. Geralt gli piaceva, era un buon omega e sarebbe stato un buon marito e una buona figura di riferimento per Ciri. Era tutto ciò a cui voleva pensare per ora.

-Vorrei sposarlo – rispose quindi, e quasi roteò gli occhi quando Ciri arricciò il naso, chiaramente scontenta dalla risposta.

-E lui ti ama? - insistette, spietata, e Jaskier buttò indietro la testa con un gemito di frustrazione.

-Ciri! Ti prego!

-Non posso dare il mio consenso se non sono sicura che non ti ferirà – protestò Ciri in tono petulante, incrociando le braccia al petto.

Qualcosa si incrinò nel petto di Jaskier, mentre fissava il piccolo viso determinato della sorella. Negli ultimi sette anni, aveva sempre pensato di star proteggendo Ciri, ma non si era mai reso conto di quanto fosse vero anche il contrario.

-Non so se mi ama – disse quindi con gentilezza, ignorando con un piccolo sorriso la forma corrucciata delle labbra della bambina – Ma penso che potrebbe rendermi molto felice e che io potrei rendere molto felice lui, se me lo permetterà.

Ciri meditò sulla risposta per un po' e Jaskier pensò che fosse ridicolo sentirsi sulle spine per la sentenza di una bambina di sette anni in una vestaglia rosa.

-Va bene – disse infine Ciri e Jaskier rilassò le spalle quasi senza accorgersene – Mi piace Geralt. Puoi sposarlo.

Jaskier le sorrise, accecante, e si sporse a baciarle la fronte.

-Grazie, principessa.

-Ma dovrà permettermi di intrecciargli i capelli – aggiunse Ciri, in tono esigente, e Jaskier scoppiò a ridere.

Il fatto che non avesse il minimo dubbio che Geralt, pur fulminando e brontolando, glielo avrebbe permesso, rese quel momento ancora più prezioso.

 

 

Jaskier aveva passato tutto il primo tempo ad agitarsi sulla propria poltrona, la scatolina che gli sfregava leggera contro il petto a ogni movimento. Non riusciva nemmeno a prestare attenzione allo spettacolo, i suoi occhi erano fissi sul palco di Yennefer, dove l'amica e Geralt erano seduti.

Eskel e Lambert sembravano essere assenti quella sera e Jaskier non poté fare a meno di pensare che forse era meglio così. Geralt non si voltò a guardarlo nemmeno una volta, ma Jaskier aveva l'impressione che fosse consapevole di essere guardato, perché le sue mani erano strette in modo spasmodico alla balaustra di marmo. Yen stessa gli lanciò qualche occhiata preoccupata, ma Jaskier si limitò a sorriderle. Quando venne annunciato l'intervallo, Jaskier scattò in piedi come una molla. Il suo palco era posto esattamente di fronte a quello di Yen, questo significava che doveva attraversare mezzo teatro per raggiungerli. Corse per tutto il tragitto, ma quando arrivò a destinazione, con il fiatone, il palco era già vuoto, come quelli circostanti. Jaskier imprecò e fece per voltarsi per raggiungere Geralt e Yennefer al rinfresco nell'atrio, ma nel movimento andò a sbattere con forza contro qualcuno.

-Oh! - esclamò una voce melodiosa e familiare, fin troppo familiare – Sei sempre stato irruento, Julian.

Jaskier si allungò d'istinto per sostenere la donna barcollante, guardandola con tanto d'occhi. La contessa De Stael gli sorrise, un lampo bianco nel viso a cuore e delicato.

-Devo dire che non sei cambiato, Julian, nonostante tutti gli anni.

-Anche tu non sei cambiata – rispose Jaskier dopo un po', stordito e suo malgrado nervoso ed eccitato. Le cose con la contessa erano finite da anni, ma Jaskier non poteva cancellare il ricordo delle sue labbra o di tutte le notti che avevano passato teneramente abbracciati come due sposi, più che come due amanti.

-Come stai? - domandarono all'unisono e entrambi risero piano, la tensione tra loro che piano piano scompariva per lasciare un senso di familiarità.

-Bene – rispose per prima la contessa, senza districarsi dalla presa di Jaskier sulle sue braccia, anche se aveva ritrovato l'equilibrio. Fece un sorrisetto furbo – Sono una vedova adesso.

Jaskier si schiarì la gola, d'un tratto imbarazzato, e la lasciò andare facendo un passo indietro, inoltrandosi nel palco di Yen.

-Sì, ho sentito qualche voce. Le mie condoglianze.

La contessa sbuffò e i riccioli biondi che le cadevano sugli occhi azzurri si sollevarono per un breve istante.

-Sai bene che non ho mai avuto alcun affetto per lui. E nemmeno tu, se per questo.

-Beh, era difficile provare affetto per l'uomo che avrebbe potuto castrarmi, se avesse scoperto cosa facevo con sua moglie – argomentò Jaskier, con un sorriso ragionevole.

La contessa inclinò il capo e fece qualche passo verso di lui. Jaskier deglutì e arretrò, fino a scontrare la schiena contro la balaustra.

-Ti ho notato dal mio palco, ma tu non mi hai guardata nemmeno una volta – mormorò la contessa, una piega imbronciata sulle belle labbra.

Jaskier sorrise, nervoso, e desiderò con tutto il cuore che lei smettesse di avvicinarsi.

-Ero molto concentrato sullo spettacolo.

La contessa rise, un suono cristallino e armonioso, come tutto di lei.

-Dì piuttosto che ti facevi gli occhi dolci con la duchessa.

-Yen e io siamo solo amici, lo sai – disse Jaskier, un po' irritato dal fatto che avesse semplicemente ignorato la presenza di Geralt, a cui Jaskier stava effettivamente facendo gli occhi dolci.

Gli occhi della contessa, ormai troppo vicini, brillarono.

-Quindi non c'è nessuno nel tuo cuore?

Jaskier si agitò, impossibilitato a scappare e costretto a sentire il calore emanato dalla figura dolce e morbida della contessa. La donna profumava di fiori e acqua di mare, ma Jaskier non riusciva più a provare l'emozione che lo attraversava un tempo quando l'aveva accanto.

Gli mancava quell'odore strano di cavallo e di cipolle, più quel qualcosa di indefinito che faceva impazzire Jaskier. Gli mancava Geralt, il suo sguardo ambrato e cupo su di lui, l'assenza di morbidezza nel suo corpo, i muscoli scattanti come quelli di un lupo pronto all'attacco. La scatolina bruciava contro il suo petto, all'altezza del cuore. Jaskier lo voleva, voleva solo lui e realizzarlo fu meraviglioso e terrificante al tempo stesso.

Jaskier cercò di aggirarla, ma lei lo bloccò trattenendolo per un braccio con inaspettata forza e facendolo voltare verso di sé.

-Ginevra... - cominciò, in tono di avvertimento, ma la contessa si era già sporta in avanti. Quando le loro labbra si toccarono, tutto ciò che provò Jaskier fu un tiepido affetto, un risultato dei loro trascorsi, ma niente di più. Stava per spingerla via, ma fu la contessa a scostarsi per prima e Jaskier si rese conto che stava fissando scocciata qualcosa alle sue spalle.

-Mi ricordo di voi. È una vostra abitudine interrompere le persone a teatro?

Un sudore freddo corse lungo la schiena di Jaskier, perché anche senza voltarsi avrebbe riconosciuto quell'odore ovunque. Si liberò dalla presa della contessa quasi con violenza, facendola squittire indignata, ma Jaskier la ignorò. Riuscì a vedere solo un lampo di capelli bianchi, mentre l'omega si precipitava fuori dal palco.

-Geralt! - esclamò, precipitandosi dietro di lui, giù per la scalinata e fino all'atrio del teatro, il cuore che gli batteva in maniera assordante nel petto.

-Geralt, aspetta! - urlò, mentre sgomitava tra una calca di nobili indignati.

-Jaskier! Jaskier cosa hai fatto? - esclamò Yen, furiosa, ma Jaskier non la degnò nemmeno di uno sguardo, perché aveva visto Geralt uscire dal teatro.

Lo seguì, trovandosi nell'aria fredda della sera. Si guardò in modo frenetico intorno, cercando di captare la scia dell'omega. Odore di cipolla e cavallo. Cavallo, Roach. Come colto da un'illuminazione, Jaskier si precipitò nelle scuderie dove venivano riposte le carrozze e i cavalli. Lì trovò Geralt, intento a cercare di slegare un cavallo grigio, che non era decisamente Roach, dalla carrozza che portava lo stemma di Yen.

Non appena fu abbastanza vicino, Geralt emise un profondo ringhio di avvertimento, senza voltarsi.

-Statemi lontano.

-Mi ha baciato lei! La stavo per respingere! - esclamò Jaskier, frustrato, ignorando le parole dell'omega e facendosi più vicino.

Geralt lasciò perdere il cavallo e si voltò di scatto e Jaskier trattenne quasi il fiato davanti alla totale furia dei suoi occhi.

-Non mi interessa cosa fate! - sbottò, i pugni stretti in maniera spasmodica lungo i fianchi.

Jaskier sapeva che avrebbe dovuto essere conciliante e calmare, non provocare, ma Geralt riusciva a sfidarlo come nessun alfa era mai riuscito a fare.

-Se non vi interessa, perché state cercando di rubare un cavallo di Yen solo per potervi allontanare da me?

Lo sguardo di Geralt adesso era tinto di chiaro disgusto.

-Non posso credere che stessi pensando di concedervi la mano di mio fratello! Voi non sapete cosa sia il rispetto o la decenza, pensate solo a voi!

Il commento ferì Jaskier più di quanto si sarebbe aspettato, ma cercò di non darlo troppo a vedere.

-E avete mai chiesto a Eskel se volesse sposarmi? O sposare qualcuno, in generale? O avete semplicemente deciso che doveva farlo, per il bene della famiglia?- ribatté, mordace.

Sapeva che era un colpo basso, soprattutto dopo ciò che gli aveva raccontato Yen, ma non poté impedirsi una sorta di soddisfazione quando vide Geralt trasalire, colpevole. Potevano giocare in due a dirsi cose crudeli.

-Gli piacete, è piuttosto chiaro – si schernì Geralt, con voce nervosa, ma c'era una scintilla di dolore nei suoi occhi e Jaskier d'un tratto era stanco. Non voleva ferire, voleva calmare, voleva far capire a Geralt che poteva volere certe cose, che poteva volere lui. Che non doveva vivere la sua vita come un continuo sacrificio per i suoi fratelli, che potevano essere felici entrambi ed esserlo insieme.

-Non penso di piacergli più di quanto gli piacerebbe qualsiasi alfa non troppo sgradevole – mormorò Jaskier, cercando di mantenere un tono gentile. Inchiodò gli occhi diffidenti e arrabbiati di Geralt e proseguì, con voce decisa: -E, per quanto sia meraviglioso, non potrebbe mai piacermi come mi piacete voi.

Geralt sbarrò gli occhi per un istante, poi scoprì i denti in un nuovo ringhio.

-Immagino che fosse per questo che baciavate la contessa, quindi. Perché vi piacevo troppo.

-È stata lei a baciarmi! - quasi ruggì Jaskier, facendo un ulteriore passo verso l'altro – Non volevo baciarla, non voglio baciare nessuno che non siate voi! Desidero baciarvi dal primo momento che vi ho visto sulla terrazza di Yen, voi, omega testardo e stupidamente bello!

Con sua grande sorpresa, Geralt non si mostrò sorpreso o lusingato dalla dichiarazione, solo sprezzante e ancora più sulla difensiva.

-Se prima avevo dubbi sulla vostra onestà, adesso mi è chiaro che non siete altro che un bugiardo. Non pensavo che foste anche crudele, però.

-Cosa? - farfugliò Jaskier, nient'altro che confuso e arrabbiato – Di cosa state parlando? Vi avrei chiesto di sposarmi stasera, maledizione! Non è abbastanza per convincervi delle mie serie intenzioni verso di voi?

Il poco colore sul viso di Geralt defluì del tutto, lasciandolo una pallida maschera di cera.

-Voi...voi cosa?

Jaskier sospirò, irritato, e si tastò la giacca alla ricerca della scatolina. La estrasse e la sventolò in faccia a Geralt e, doveva ammetterlo, questa non era la proposta romantica che si era immaginato.

-Volevo chiedervi di sposarmi, a mio rischio e pericolo.

Geralt scosse la testa, incredulo. Jaskier si rese conto con sorpresa che stava tremando.

-Siete terrorizzato – mormorò, preoccupato, mettendo di nuovo al suo posto la scatolina che sembrava aver scatenato quella reazione e avvicinandosi all'omega finché non furono l'uno di fronte all'altro.

-Non dovreste prendermi in giro – disse Geralt e la sua voce aveva un tremore e un'incertezza che Jaskier non aveva mai sentito prima e che detestava con tutto il cuore – Non su questo. Per favore. Se davvero vi piaccio anche solo un po', non dovreste farmi questo.

-Non capisco – ammise Jaskier, frustrato – Perché non riuscite a credere che sia sincero? - gli occhi gli si riempirono di una rabbia subitanea – È per quello che ha detto Valdo Marx l'altra sera? Perché, Geralt, Valdo è solo un...

-È per quello che dicono tutti! - urlò Geralt all'improvviso, facendo sobbalzare Jaskier – Pensate che sia stupido? So cosa dicono di me alle mie spalle e a volte anche in faccia! So cosa pensano dei miei fratelli per colpa mia, so che mi ritengono uno scherzo della natura e so che nessuno vorrebbe mai baciarmi, figurarsi sposarmi!

Jaskier ringhiò, sorprendendo se stesso. Non era mai stato un alfa violento o territoriale, tutto ringhi e feromoni. Ma adesso si ritrovò a scattare in avanti, il petto rombante, le mani artigliate alle spalle di Geralt, scuotendolo forte.

-Non dite queste cose di voi. Mai più.

Gli occhi di Geralt erano accesi da una scintilla di odio e Jaskier era contento, perché quell'aspetto era più simile al lupo che aveva conosciuto, non all'omega insicuro e tremante di prima.

-Non ditemi cosa devo fare! E lasciatemi! - sbottò, cercando di divincolarsi dalla presa dell'altro.

Jaskier però non lo lasciò andare, ma lo tirò con forza a sé, sbattendo quasi con violenza le loro bocche insieme. Geralt grugnì, preso di sorpresa, ma Jaskier lo strinse ancora più forte, bloccandolo. Dopo qualche istante, Geralt aprì la bocca e ricambiò il bacio con una ferocia tale che Jaskier dovette sforzarsi per non perderne del tutto il controllo. Lasciò che le sua mani si intrecciassero tra i capelli di Geralt, mentre le mani dell'omega correvano a stringergli la vita così forte che Jaskier pensava che avrebbe lasciato dei segni. Di sicuro, lo sperava. Lasciò che Geralt prendesse il sopravvento ancora per qualche istante, poi ringhiò, usando la presa sui suoi capelli per tirare indietro il viso dell'altro.

-Piano – disse, la voce deformata dalle vibrazioni del suo petto – Più piano – aggiunse, con voce più dolce, liberando una mano per sfiorare con la punta delle dita la guancia accaldata dell'omega.

Geralt roteò gli occhi, cosa che gli strappò una risata soffocata, ma quando si chinò a baciarlo di nuovo, tutto divenne più morbido, meno simile a un assalto o a una lotta per il controllo. Geralt permise a Jaskier di circondarlo con le braccia mentre gli divorava la bocca con passione metodica e controllata. Geralt emise un piccolo gemito strozzato e Jaskier, elettrizzato, promise a se stesso che avrebbe dedicato tutta la sua vita a farlo sentire così bene ogni singolo giorno.

-Geralt...-mormorò Jaskier, staccando appena le loro labbra per guardarlo con devozione.

Geralt mormorò scontento, tirando Jaskier per il bavero della giacca finché non ebbe di nuovo l'alfa su di lui.

-Julian – sussurrò sulle sue labbra, tra un bacio e l'altro.

Jaskier ringhiò piano, più giocoso che altro.

-Chiamami Jaskier, per favore.

Ci fu un breve lampo di denti quando Geralt fece un sorriso ferino, ma poi le sue labbra erano di nuovo su quelle di Jaskier e lui stava ansimando: Jaskier, Jaskier, Jaskier.

L'alfa gemette, sconvolto, e pensava davvero che avrebbe fatto suo Geralt in quell'istante, in una stalla sporca e maleodorante, quando uno schianto improvviso fece sobbalzare entrambi, allontanandoli dalle braccia dell'altro. Jaskier si voltò di scatto verso l'ingresso della stalla, ma non c'era nessuno.

-Pensate che ci abbiano visti? - domandò Geralt, ancora un po' ansimante, ma abbastanza lucido da sembrare preoccupato.

-Non lo so – ammise Jaskier, voltandosi a guardarlo – Ma immagino che non abbia molta importanza a questo punto, vero? Ovviamente, se accettate la mia proposta.

Geralt sembrò combattuto per un lungo momento, poi scosse la testa, quasi con violenza, e Jaskier sentì qualcosa incrinarsi dentro di lui.

-Non posso. Non...non chiedetemi questo, per favore.

-Geralt – cominciò Jaskier, addolorato e allo stesso tempo determinato, ma l'omega scosse di nuovo la testa e, senza più guardarlo, uscì a passo di marcia dalla stalla, lasciando Jaskier indietro, affranto e confuso.

 

 

Jaskier era stato di umore pessimo per due giorni interi. Yennefer gli aveva mandato una mezza dozzina di biglietti e aveva anche cercato di andarlo a scovare a casa sua, ma si era sempre reso introvabile. Quando, alla fine, si era convinto a trascinarsi al club, la faccia ghignante di Valdo Marx era davvero l'ultima cosa che desiderava vedere.

-Che brutta cera Julian – chiosò l'alfa, scrutandolo con finta preoccupazione – Adesso capisco perché non ti ho più visto in giro.

-Avrei tanto voluto che tu seguissi il mio esempio – ringhiò debolmente Jaskier, mentre consegnava il suo soprabito a un valletto e superava Valdo con una spallata.

-Probabilmente la tua serata a teatro ti ha lasciato spossato!

Jaskier si immobilizzò, ogni muscolo del suo corpo contratto. Si voltò lentamente verso Valdo, che lo fissava da dove l'aveva lasciato, un minuscolo sorriso beffardo sulle labbra.

-Le stalle, Julian? È vile persino per te.

Come mosso da una forza invisibile, Jaskier schizzò verso Valdo, lo afferrò per un braccio e lo trascinò lontano dai valletti.

-Ci ha visti – sussurrò, senza riuscire a dissimulare la tensione nel suo tono.

Il sorriso di Valdo si allargò.

-Non so di cosa tu stia parlando.

Jaskier ringhiò, scuotendo l'altro alfa per il braccio che stava ancora trattenendo.

-Non è un gioco, Valdo. Se racconti questa cosa in giro, rovinerai la reputazione di Geralt per sempre.

Valdo perse il suo sorriso, il volto che divenne una maschera crudele mentre strappava il braccio dalla presa di Jaskier.

-Beh, forse avresti dovuto pensarci prima di infognarti con un omega in un luogo pubblico, non pensi?

-Valdo, per favore – stridette Jaskier tra i denti, guardandosi intorno per assicurarsi che nessuno li stesse sentendo – Se diffondi la voce, nessun alfa o beta o forma di vita vivente vorrà sposare Geralt. E rovineresti anche i suoi fratelli.

Valdo fece un suono sprezzante.

-Dubito che qualcuno volesse avvicinarsi a loro anche prima.

Jaskier non lo prese a pugni solo perché gli serviva che Valdo collaborasse. Poi, lo avrebbe preso a pugni.

-Valdo, ti prego. Farò tutto quello che vuoi, ma tieni la bocca chiusa. Ti scongiuro.

Valdo alzò gli occhi al cielo, fingendosi pensieroso.

-Vuoi dire come l'hai tenuta chiusa tu, all'accademia?

Jaskier gemette esasperato, resistendo a malapena all'impulso di portarsi le mani ai capelli.

-Ancora con quella storia? Ero un ragazzino.

-Diciassette anni fanno di te praticamente un uomo – strinse gli occhi – Mi hai rovinato la carriera.

-Non ho rovinato un bel niente. Sei tu quello che voleva presentare alla cerimonia di diploma la mia canzone. Me l'hai rubata, come il verme che sei – sbottò Jaskier, lasciando perdere ogni pretesa di conciliazione.

-Sì, l'ho rubata – ammise Valdo, gli occhi pieni di rancore – Ma dopo che tu hai deciso di tradirmi con praticamente metà del nostro dormitorio.

-Se non riuscivi a soddisfarmi, non è un problema mio – ribatté Jaskier, la voce fredda.

Valdo lo soppesò per un po', gli occhi scuri colmi di odio, poi sorrise di nuovo.

-Sai, Julian, all'inizio pensavo di stuzzicarti un solo po', non mi importa davvero di te e di quell'omega raccapricciante. Ma devo dire che adesso ho una gran voglia di chiacchierare con i miei amici davanti a un buon bicchiere di vino.

-Ti ammazzerò – sibilò Jaskier, i pugni stretti lungo i fianchi.

Valdo emise un suono beffardo, mentre gli batteva con giovialità una spalla nel superarlo.

-Prova a desiderarlo, Julian. Magari prima o poi si avvererà.

 

 

 

Jaskier aveva dovuto minacciare di accamparsi davanti casa di Yen per ottenere un colloquio con Geralt. L'amica lo aveva guardato male per tutto il tempo, ma poi aveva accettato con riluttanza di lasciarlo da solo in salotto con l'omega.

-Farai meglio a tenere quella cazzo di porta aperta e a mantenere una distanza di almeno un metro, Jaskier. Non abbiamo bisogno di altre voci infamanti – gli sibilò prima di andarsene al piano di sopra e Jaskier imprecò tra sé, perché ovviamente Valdo non aveva perso tempo per aprire quella fogna.

Quando entrò nel salotto, Geralt era seduto sulla punta del divano, teso come se si preparasse a una fuga imminente. I suoi occhi seguirono con diffidenza Jaskier per tutto il tempo che l'alfa ci mise a prendere posto sulla poltrona davanti a lui.

-Mi dispiace – fu la prima cosa che disse, guardando con serietà l'omega negli occhi – Valdo Marx ci ha visti. Ho cercato di convincerlo a non dire niente, ma temo di aver peggiorato solo le cose.

Geralt scosse la testa, gli occhi spalancati e quasi febbrili.

-Dovete convincerlo a rimangiarsi tutto. Per favore.

Jaskier gli rivolse un sorriso mesto.

-Anche se ci riuscissi, cosa che non garantisco affatto, temo che ormai sarebbe inutile. Quando una voce si diffonde, alla società non importa davvero che sia vera oppure no.

-Ma è stato solo uno stupido bacio – sussurrò Geralt, senza guardarlo.

Jaskier deglutì, stringendo le mani sui braccioli della poltrona.

Solo uno stupido bacio.

-Viviamo in un mondo strano, signorino – ribatté, la voce aspra alle sue stesse orecchie – Conosco coppie che sono state costrette a sposarsi per molto meno.

Geralt alzò di scatto il volto e la sua espressione terrorizzata ferì Jaskier più di qualsiasi altra cosa.

-Sposarsi?

Jaskier sospirò, passandosi una mano sulla fronte.

-Cosa pensavate che vi proponessi? So che non provate alcuna attrattiva a diventare mio marito, lo avete reso piuttosto chiaro l'altra sera, e, credetemi, non provo piacere nel prendere un marito riluttante, ma l'alternativa è la rovina vostra e dei vostri fratelli.

Geralt rimase in silenzio, pallidissimo, e Jaskier scoppiò in un sorriso ferino ed esasperato.

-Guardatevi, sembra che siate stato condannato a morte. Davvero mi disprezzate così tanto da non prendere nemmeno in considerazione l'idea che, forse, potrei rendervi felice?

-Non si tratta di questo – sbottò Geralt, infastidito. Si alzò di scatto dal divano, prendendo in contropiede Jaskier.

Osservò esterrefatto l'omega percorrere a grandi passi il salotto. Passarono parecchi minuti prima che Geralt si fermasse, dandogli la schiena, gli occhi rivolti al caminetto spento.

-Voi mi piacete – disse, in un tono così basso che Jaskier credette di aver sentito male.

Ma non era così e Jaskier si alzò in piedi come una molla, pervaso da una gioia e da un'eccitazione che non provava da giorni. Aggirò Geralt, fino a trovarsi faccia a faccia con l'omega, che lo guardava con cautela, come se si aspettasse una mossa falsa. Con tutta la delicatezza di cui era capace, Jaskier gli prese le mani e gliele strinse con dolcezza, guardandolo negli occhi.

-Anche voi mi piacete.

Per un attimo gli occhi di Geralt sembrarono addolcirsi e farsi morbidi, ma un secondo dopo l'omega ritirò di scatto le mani, arretrando di un passo.

-È proprio perché mi piacete che non posso sposarvi.

-Che razza di pensiero contorto sarebbe questo? - sbottò Jaskier, esasperato.

Geralt si morse un labbro, sembrando indeciso. Alla fine sospirò, in una muta resa.

-Yen vi ha mai detto perché ho questo aspetto?

-Ha parlato di una malattia – rispose a bassa voce Jaskier, cauto – Ha detto che vostro padre ha trovato una cura e dopo il vostro aspetto è cambiato.

Geralt fece una smorfia.

-Non solo quello – guardò Jaskier dritto negli occhi, il mento sollevato in quella posizione presuntuosa che tanto aveva rapito Jaskier sin dal primo momento, solo che adesso l'omega tremava ed era chiaro che stesse solo cercando di mostrare una sicurezza che non sentiva davvero.

-Non posso avere figli.

Per qualche istante Jaskier si ritrovò senza parole, più per la sorpresa che per altro, ma lo sguardo vulnerabile e insieme nervoso di Geralt lo spinse a parlare.

-Come lo sapete?

Geralt si strinse nelle spalle, evitando di nuovo i suoi occhi.

-Non ho più avuto un calore da quando sono guarito.

Non c'era bisogno che aggiungesse altro. Jaskier non era un esperto di biologia omega, ma era piuttosto noto che gli omega maschili non potessero concepire al di fuori del calore.

-Non mi importa – disse con forza, quasi con violenza, facendo scattare gli occhi di Geralt su di lui.

Jaskier odiava lo sguardo scettico e incredulo che l'altro gli stava rivolgendo, quindi alzò il tono della voce e ripeté: - Non mi importa.

-Vi importerà – ribatté Geralt, dopo un attimo di smarrimento -Siete un visconte. Dovete avere un erede.

-Ho una sorella, che con un po' di fortuna sarà un alfa come me, o una beta. Può avere lei il titolo, a me non è davvero mai importato – fece un sorrisetto – Volevo fare il bardo, ricordate?

Geralt scosse la testa, guardandolo quasi con irritazione.

-Ciri potrebbe essere un'omega e non ereditare nulla. Porreste fine al nome dei Pankratz.

-E sia, allora! - esclamò Jaskier, infervorato, avvicinandosi all'omega – Geralt, non me ne importa niente, né del titolo, né del mio nome, né della regina di Inghilterra – il suo sguardo si addolcì – Non lo vedi? Voglio solo stare con te.

Geralt strinse gli occhi, fissandolo quasi con sospetto.

-Perché? Non mi conoscete nemmeno così bene. Potreste avere qualsiasi altro omega, più bello, più giovane, più normale.

-Non voglio un altro omega – sbottò Jaskier, irritato – Voglio te. E tu sei bello, giovane e normale. E se anche solo oserai contraddirmi – aggiunse con un ringhio, perché Geralt aveva aperto la bocca, con aria petulante – Giuro che non risponderò di me.

Geralt rimase in silenzio così a lungo che Jaskier temette che gli stesse per venire un infarto, da quanto si sentiva agitato. Era come essere un imputato in attesa di un verdetto che potrebbe salvarti la vita o rovinartela per sempre.

-Va bene. Ma dovrò parlare con Eskel. Voglio assicurarmi che sia d'accordo con questa cosa- disse infine, in tono lento e cauto.

Jaskier annuì, sentendosi invadere dal sollievo.

Per come conosceva Eskel, non aveva dubbi che non avrebbe esitato a dare la sua benedizione. Inoltre, non era poi così convinto che l'omega avesse mai provato un reale interesse nei suoi confronti, non più di quanto avesse fatto Jaskier.

Prima che Geralt potesse cambiare di nuovo idea, Jaskier si affrettò a estrarre la scatolina dalla tasca della giacca. Geralt spalancò gli occhi, riconoscendola.

Jaskier gli sorrise, consapevole, e l'aprì, mostrando a Geralt il sottile anello di argento. Lo sfilò e poi si avvicinò a Geralt, guardandolo in cerca di un muto permesso.

Senza dire una parola, l'omega allungò la mano sinistra, permettendo a Jaskier di infilargli con delicatezza l'anello all'anulare. Per un po', rimasero entrambi in silenzio a guardare l'anello, la mano di Geralt ancora trattenuta da quella di Jaskier.

-C'è un fiore inciso – disse infine Geralt, in tono neutro.

Jaskier sorrise, un po' imbarazzato, gli occhi fissi a sua volta sull'incisione.

-Sì. Un ranuncolo. Jaskier vuol dire ranuncolo in polacco. Mia madre mi chiamava così.

-Ranuncolo – ripeté Geralt, con un tono che assomigliava in maniera magnifica e terribile a quello tenero e morbido che aveva usato con Ciri.

Jaskier deglutì, sempre senza guardarlo.

-Non so se li hai mai visti. Sono fiori colorati e molto, molto prolifici. Crescono praticamente ovunque, anche nei terreni più ostili. Mia madre diceva che stavo sempre dove non dovevo stare e che ero come i ranuncoli, un po' invadente, ma bello e vivace.

Geralt fece un sorrisetto, incrociando da sotto in su lo sguardo dell'altro.

-Sì, vi riconosco in questa descrizione.

Jaskier gli strinse la mano con gentilezza.

-Dammi del tu. E chiamami Jaskier, ti prego.

Geralt lo fissò in silenzio per un lungo istante, poi, senza cambiare espressione, permise alle sue dita di intrecciarsi con quelle dell'alfa.

-Jaskier – ripeté, piano, e Jaskier non voleva altro che ripetesse il suo nome per sempre.

-Posso renderti felice – mormorò Jaskier d'un tratto, il tono basso e serio di una promessa.

A sorpresa, Geralt sorrise, un sorriso aperto e affettuoso che Jaskier non gli aveva mai visto prima d'ora.

-Lo so. Non è mai stato questo il problema.

-Eskel darà la sua benedizione – lo rassicurò Jaskier, stringendogli la mano – Se ci sposiamo, non avrete più problemi economici e sia lui che Lambert potranno sposare chi vogliono, gli fornirò io stesso una dote.

-Jaskier – cominciò Geralt, la voce tremante dall'emozione e una luce morbida e grata negli occhi.

E, se vorrà – lo interruppe con gentilezza Jaskier - Potrà venire ad abitare con noi, con Lambert, naturalmente.

-E Ciri – disse subito Geralt, quasi severo, e Jaskier sorrise con dolcezza.

-Certo, anche Ciri – guardò Geralt negli occhi e sospirò – Abbiamo sacrificato tanto per le nostre famiglie. Non voglio che anche questo matrimonio sia l'ennesimo sacrificio. Voglio che tu mi sposi solo se davvero lo vuoi. Giuro che, in caso decidessi di non farlo, farò comunque in modo che tu e i tuoi fratelli non dobbiate preoccuparvi dei soldi mai più.

Gli occhi di Geralt ardevano, mentre la sua presa sulla mano di Jaskier si faceva quasi dolorosa.

-Vuoi sapere perché ero così arrabbiato quando non ti sei ricordato di me, quella sera a casa di Yen? – domandò a bassa voce, quasi timido, guardandolo da sotto le ciglia – Da quella sera a teatro sei stato nei miei pensieri per anni e ti detestavo per il semplice fatto che pensavo non mi avresti mai voluto.

Incredulità e felicità mi mischiarono in ugual misura nel petto di Jaskier, mentre accoglieva con avidità la confessione dell'omega.

-Ti voglio ora – sussurrò quindi Jaskier, sporgendo il volto –Sono stato un coglione a non ricordarmi, ma appena ti ho visto ti ho voluto per me, su questo devi credermi.

Geralt lo fissò, i suoi occhi luminosi e fieri, e Jaskier pensò con devozione e sconcerto “il mio lupo”, e si domandò quale pazzo non potesse considerarlo la creatura più bella presente al mondo.

-Ti sposerò perché voglio, non perché devo – disse infine Geralt, la voce decisa.

Jaskier scoppiò in un grosso sorriso sollevato, ritrovando con sollievo la propria gioia negli occhi dell'altro.

-Ti bacerei, ma Yen me l'ha vietato – mormorò poi, malizioso.

Geralt scoprì i denti in un lento sorriso da lupo.

-Non ha vietato niente a me – disse e, proprio mentre Jaskier scoppiava a ridere, lo trascinò a sé e lo baciò.

 

 

Proprio come Jaskier aveva predetto, Eskel si rivelò entusiasta alla notizia del matrimonio e, Jaskier non poté fare a meno di notarlo, un po' sollevato.

-Ero lusingato dal vostro corteggiamento, ma continuavo a pensare che sareste stato perfetto per Geralt – gli sussurrò durante la cena di fidanzamento e Jaskier provò un inaspettato affetto per il giovane che presto sarebbe diventato suo cognato.

Yen era stata più difficile. Aveva voluto parlare separatamente sia con Jaskier che con Geralt, mettendoli sotto torchio per testare le intenzioni di entrambi. Quando si era finalmente convinta delle intenzioni onorevoli di Jaskier e del fatto che Geralt non fosse affatto riluttante o costretto dalle circostanze, diede la sua benedizione.

-Dovreste sposarvi il prima possibile – aveva detto, con un cipiglio preoccupato – Nessuno avrà da ridire su quello che può o non può essere successo a teatro se vi sposate subito. Più aspettate, più le malelingue parleranno – aveva guardato Jaskier e Geralt, seduti vicini e con le mani intrecciate, e aveva alzato gli occhi al cielo – In più non so per quanto tempo riuscirete a non saltarvi addosso.

Era una buona osservazione, ragion per cui Jaskier aveva organizzato una cerimonia privata per il giorno dopo, solo pochi intimi, i fratelli di Geralt, Yen, Ciri e la vecchia Muriel.

Ciri era stata entusiasta del suo ruolo di damigella d'onore e aveva sparso fiori nella chiesa con fin troppa energia. Yen aveva fatto da testimone a Jaskier e Jaskier l'avrebbe presa in giro sui suoi occhi lucidi fino alla fine dei tempi. Sapeva, tuttavia, di non essere stato in condizioni migliori quando Geralt gli si era avvicinato all'altare, con un'espressione tesa e agitata, ma gli occhi più brillanti che mai. Jaskier non era abituato a vederlo vestito di bianco ed era rimasto imbambolato per diversi istanti, rapito da quella visione, riscuotendosi solo quando Yen gli piantò il gomito nelle costole e il prete, con un po' di esasperazione, ripeté la domanda.

-Sì – disse Jaskier, con un sorriso aperto e sincero, gli occhi fissi in quelli di Geralt.

Geralt non sorrise, ma i suoi occhi erano morbidi quando mormorò la sua risposta.

Jaskier scattò in avanti senza nemmeno aspettare le parole del prete e lasciò che le sue labbra toccassero quelle di Geralt. Qualcuno fischiò, senza dubbio Lambert, e Jaskier rise contro le labbra finalmente sorridenti di Geralt.

Era stata una bella cerimonia, per cui Jaskier rimase destabilizzato dalla tensione in cui ricaddero una volta rimasti soli sulla carrozza, diretti a casa. Geralt era seduto davanti a lui, ma guardava fuori dal finestrino, le spalle rigide. Per un momento Jaskier ebbe paura che avesse cambiato idea, ma il modo in cui Geralt accarezzava i due anelli al suo anulare, quello di fidanzamento e la fede d'oro, lo convinsero del contrario.

-So che sei preoccupato per i tuoi fratelli – esordì quindi, con voce gentile – Ma staranno da Yen solo per qualche giorno. Poi loro e Ciri potranno venire a casa con noi.

Geralt non si voltò a guardarlo, ma Jaskier vide le sue spalle abbassarsi leggermente.

-Lo so. Non è questo che mi preoccupa.

Jaskier aveva intuito cosa potesse preoccuparlo, ma rimase in silenzio, non volendo forzarlo o toccare un tasto dolente. Una parte di lui temeva che Geralt non sapesse cosa veniva dopo il matrimonio, ma Geralt, anche se probabilmente sprovvisto di esperienza come la maggior parte degli omega nobili e celibi, aveva pur sempre ventisei anni. Doveva sapere almeno in teoria come funzionava un matrimonio, come doveva aver capito il motivo per cui sarebbero stati soli in casa per almeno un paio di giorni.

Come se gli avesse letto nella mente, Geralt fece un sorrisetto, rivolgendogli uno sguardo veloce.

-So cosa è il sesso. Puoi smetterla di guardarmi senza respirare.

Jaskier scoppiò a ridere, senza nemmeno cercare di nascondere il sollievo.

-Beh, menomale – il suo sorriso si addolcì, mentre si sporgeva per posare con delicatezza una mano sulla rotula dell'altro – È normale essere nervosi.

Geralt gli lanciò un'altra occhiata, sembrando diffidente.

-Tu non lo sei – roteò gli occhi e l'aria per qualche secondo si fece rancida per l'odore scontento dell'omega – Posso immaginare perché.

Jaskier esitò, consapevole di trovarsi in un terreno delicato, ma continuò ad accarezzare il ginocchio di Geralt.

-Non fingerò di essere diverso da quello che sono. Sai meglio di me come ci siamo conosciuti e il motivo del tuo iniziale risentimento verso di me. So che ti senti svantaggiato e che la mia esperienza potrebbe spaventarti, ma in realtà può essere utile, sai? So esattamente cosa devo fare per farti sentire bene.

Con sua grande soddisfazione, le guance di Geralt si colorarono di rosa, anche se l'omega rimase in modo ostinato voltato verso l'esterno.

-Beh, era proprio quello che volevo sentire – sbottò, in tono acido – Mi sarà di grande aiuto per rilassarmi sapere che fai con me tutte le cose che hai fatto con i tuoi amanti.

Jaskier aggrottò la fronte, irritato, ma anche un po' divertito. Adesso capiva meglio l'atteggiamento scontroso di Geralt.

-Sei geloso?

Geralt si voltò di scatto verso di lui, le guance rosse e gli occhi arrabbiati, e Jaskier dovette mordere un sorriso e, ancora peggio, sopprimere l'istinto di dirgli che era bellissimo.

-No! Senti, lascia perdere! Facciamo quello che dobbiamo fare e basta! - sbottò e, visto che la carrozza si era fermata proprio in quel momento, saltò giù senza nemmeno aspettare che Jaskier scendesse per primo per aiutarlo.

Jaskier roteò gli occhi, seguendolo mite.

-Molto romantico, marito.

Geralt lo fulminò e Jaskier si limitò a ridacchiare, porgendogli il braccio per condurlo dentro a casa, mentre gli addetti scaricavano le poche valigie di Geralt.

-Non voglio disgustarti – disse improvvisamente Jaskier, il tono serio e basso, mentre salivano le scale per il piano superiore – Mi dispiace se non sono il marito che ti saresti aspettato e mi dispiace non poter cambiare il mio passato, ma non mi dispiace aver amato prima di te – sentì Geralt irrigidirsi alla sottile implicazione, ma Jaskier continuò, con voce dolce: - So cosa fare, ma questo non significa che con te non sarà diverso e unico e speciale.

Geralt rimase in silenzio per diversi istanti, Jaskier sentiva la tensione del suo corpo contro il proprio.

-Perché dovrebbe essere diverso con me?

Jaskier si fermò davanti a una porta chiusa, costringendo anche Geralt a fare lo stesso. Lo guardò dritto negli occhi, nervosi e con quella diffidenza che ormai sapeva essere tipica di Geralt, e gli accarezzò con dolcezza una guancia pallida.

-Perché tu sei tu. Il mio omega testardo, formidabile con un cavallo e capace di uccidermi con una mano sola – sorrise, sporgendosi per baciargli l'altra guancia – Il mio lupo.

Geralt si scostò e lo fissò, stupito e un po' arrossato.

-Il tuo lupo?

Jaskier annuì, un sorriso malizioso che gli tagliava le labbra.

-È così che ti vedo.

Geralt lo fissò in silenzio per qualche istante, poi Jaskier vide qualcosa cedere nei suoi occhi, come una resa silenziosa.

-Non mi disgusti. Non potresti mai farlo. Ho solo paura...di non essere all'altezza delle tue aspettative – biascicò, abbassando un po' lo sguardo.

Jaskier sentì qualcosa incrinarsi dentro il suo petto. Circondò i lati del viso dell'altro con le mani, costringendolo a guardarlo.

-Questo è molto sciocco. E sottovaluti il tuo ascendente su di me. Non c'è bisogno che tu faccia davvero molto per soddisfare le mie aspettative, caro. Penso che potrei venire solo nel vederti nudo per la prima volta.

Geralt arrossì di nuovo, ma le sue labbra si arricciarono in un sorrisetto malizioso, e Jaskier inspirò a pieni polmoni l'odore dell'eccitazione omega.

-Beh, almeno tu avrai un po' di sorpresa. Io ho già visto tutto.

Jaskier rise e si sporse per baciarlo in modo livido, finché entrambi non rimasero ansimanti e in bilico per la perdita di controllo.

-Mh, vero. E ti ricordo distintamente mentre dicevi di aver pensato a me per anni. Devo aver fatto la mia discreta figura – ringhiò, mordendogli giocoso una guancia.

Geralt ringhiò a sua volta e pressò il marito contro la porta, mandando un brivido di eccitazione lungo la schiena di Jaskier.

-Entriamo nella fottuta stanza – brontolò e Jaskier rise di nuovo.

Senza smettere di baciare Geralt, si allungò alla cieca e afferrò la maniglia.

Entrarono barcollando nella camera da letto, la porta che sbatteva sgraziata dietro di loro. Jaskier intrecciò le dita tra i capelli di Geralt, lasciando volentieri che fosse l'omega a prendere il controllo del bacio e a sospingerli verso il letto.

-Non ti ho fatto fare nemmeno un tour decente della casa o della camera – ansimò Jaskier, scendendo a mordicchiare il lato del collo dell'omega e strappandogli i suoni più stupefacenti.

-Sono già stato a casa tua – ribatté Geralt, senza fiato, tirando in maniera frenetica i risvolti della giacca elegante di Jaskier perché l'alfa cogliesse il suggerimento e se la togliesse – E non mi interessa della camera finché c'è un maledetto letto dove puoi scoparmi.

-Dio – gemette Jaskier, adorante, tirando la testa di Geralt verso di lui per un altro bacio – Sei perfetto, cazzo.

Geralt gli rivolse un sorrisetto, poi indietreggiò, sfuggendo alle braccia esigenti dell'alfa. Jaskier ringhiò, ma presto il suono si trasformò in un uggiolio patetico, perché Geralt stava scivolando fuori dalle sue vesti bianche, rimanendo nudo davanti a lui, in tutta la sua fottuta gloria.

Jaskier deglutì, incapace di fare altro che non fosse squadrare il marito dalla testa ai piedi. Era stato sicuro della bellezza di Geralt sin dal primo istante, ma vedere la perfetta distesa dei muscoli davanti ai suoi occhi era tutta un'altra storia. Geralt dovette fraintendere il suo sguardo, perché si mosse a disagio.

-Non sono proprio come immagini un omega.

-No – concordò Jaskier, la bocca secca, e lo guardò dritto negli occhi – Sei decisamente meglio.

Tutto il corpo di Geralt sembro rilassarsi e le sue labbra si contrassero in un sorriso malizioso, solo un po' nervoso.

-Sì?

-Sì – ringhiò quasi Jaskier. Avanzò di un passo, poi si bloccò, racimolando tutta la sua forza di volontà.

-Posso toccarti? - domandò, tenero e attento, e gli occhi di Geralt divennero ancora una volta morbidi, il suo sorriso più dolce.

Annuì, senza parole, e Jaskier si fece avanti, questa volta senza fretta. Iniziò dal petto scolpito di Geralt, sfiorando con riverenza i muscoli gonfi con la punta delle dita, per poi passare alle spalle e alle braccia. Quando passò le mani sul suo costato, Geralt stava tremando.

-Sei perfetto – sussurrò Jaskier, prima di cadere in ginocchio davanti a lui. Posò le labbra sulla pancia piatta dell'omega, strappandogli un piccolo gemito stupito. Succhiò con calma la pelle calda dell'anca, le mani che sostenevano Geralt da dietro le ginocchia, ignorando in maniera dispettosa l'erezione dell'omega.

-Vieni su – grugnì Geralt, dopo qualche minuto di quella lenta tortura, tirando con impazienza i capelli dell'alfa.

Jaskier obbedì e non appena fu di nuovo in piedi Geralt lo tirò su di sé, premendo la sua evidente erezione contro la camicia di Jaskier.

-Voglio vederti nudo – ringhiò, facendo ridere l'alfa.

-Intendi, un'altra volta?

Senza rispondere, Geralt cominciò ad armeggiare con la cintura di Jaskier, che si affrettò a combattere con dita stranamente goffe contro i bottoni della sua camicia.

Una volta che furono nudi uno di fronte all'altro, Geralt fece scorrere i suoi occhi ambrati su tutta la figura dell'alfa.

Jaskier sorrise, lasciandosi guardare, solo un po' agitato. Non era mai stato insicuro sul suo aspetto fisico, mieteva fin troppe conquiste per esserlo, ma quello era Geralt e Geralt meritava il meglio.

-Sono come ti ricordavi? - domandò, fingendo una sicurezza che in realtà non sentiva.

Geralt lo fissò, interrompendo la sua contemplazione.

-No – disse e per un attimo il cuore di Jaskier vacillò, ma poi l'omega aggiunse, piano: - Meglio.

Jaskier sorrise dolcemente, sentendosi riscaldato dentro da quella parola sussurrata.

-Andiamo a letto, marito – mormorò, perché sarebbe impazzito se non avesse avuto Geralt nell'immediato futuro.

Geralt doveva essere dello stesso avviso, perché Jaskier si ritrovò a barcollare sotto il nuovo assalto dell'omega. Caddero ridendo sul letto, senza smettere di baciare ogni porzione di pelle dell'altro che riuscivano a raggiungere.

-Dovrai prepararmi – sussurrò Geralt a un certo punto, il volto premuto contro il collo dell'alfa. Jaskier aveva il sospetto che lo stesse annusando e la cosa, se possibile, lo fece eccitare ancora di più.

Jaskier non dovette chiedergli di spiegarsi meglio. In realtà immaginava già che Geralt funzionasse in modo diverso rispetto agli altri omega. Non andava in calore, quindi era plausibile immaginare che non si lubrificasse nemmeno naturalmente.

-Tesoro – scandì, tirando indietro la testa di Geralt perché lo guardasse negli occhi – Non mi sarei perso l'occasione di prepararti per tutto l'oro del mondo.

Geralt lo guardò sorpreso per qualche istante, poi i suoi occhi gialli si riempirono di calore e le sue labbra si arricciarono in un piccolo sorriso, che implorava Jaskier di baciarlo, subito, adesso, ora.

E Jaskier lo fece.

 

 

 

-Se non fossi stato un omega e un nobile, cosa avresti fatto?

Geralt non aprì gli occhi, ma la lieve piega tra le sue sopracciglia chiare disse a Jaskier che lo aveva sentito. L'omega mugugnò, inarcando la schiena nuda per stiracchiarsi, ma senza sciogliere le proprie gambe da quelle di Jaskier. Erano in una posizione speculare, entrambi sul fianco, i volti vicini e separati solo dalle loro mani intrecciate sul cuscino.

-Sono domande impegnative da fare dopo un orgasmo – mormorò Geralt, sorridendo appena, e Jaskier rise.

-Dovrai abituartici. Amo parlare. Soprattutto dopo il sesso.

Geralt grugnì, senza degnarsi di aprire gli occhi. Jaskier non lo sopportava e lo adorava con la stessa intensità.

-Buono a sapersi. Ad averlo saputo solo qualche ora fa, forse adesso non saremmo qui.

Jaskier gli rifilò un calcetto, a cui Geralt rispose subito, sbuffando una risata. Aprì un occhio per guardarlo e Jaskier si sentì stupido e patetico, perché gli bastava quello sguardo su di lui per dimenticare ogni irritazione.

-Perché questa domanda?

Jaskier si strinse nelle spalle, sistemandosi meglio sul fianco, senza rinunciare alla mano di Geralt nella sua.

-Tu sai che avrei voluto essere un bardo, se non fossi stato un alfa e un visconte. Tu cosa avresti voluto?

Geralt strofinò la guancia contro il cuscino, fissando pensieroso il marito.

-Non lo so. Immagino che avrei dovuto comunque prendermi cura di Eskel e Lambert.

Jaskier scosse la testa, quasi con impazienza.

-Ma se non avessi dovuto, se avessi potuto essere qualsiasi cosa desiderassi, qualsiasi cosa ti rendesse felice, cosa saresti stato?

-Mh – le dita di Geralt accarezzarono distrattamente il dorso della mano di Jaskier, mentre rifletteva – Non so bene se c'è una definizione per ciò che mi sarebbe piaciuto fare.

-Prova a raccontarmelo – lo pregò Jaskier, con gentilezza.

Geralt lo fissò, poi si strinse nelle spalle.

-Penso che mi sarebbe piaciuto viaggiare. Io e Roach in giro per il mondo, alla ricerca di avventure.

Jaskier richiamò alla mente l'idea di Geralt, in sella al suo cavallo, altero e potente, e sorrise per quanto fosse perfetta l'immagine.

-Ti ci vedo. Sembra rischioso, però.

Geralt inarcò un sopracciglio, un piccolo sorriso che gli tirava le labbra.

-Mio padre mi ha insegnato a combattere con una spada quando avevo quattro anni, non penso che avrei avuto problemi.

Jaskier gemette, eccitato, e Geralt roteò gli occhi al cielo, anche se sembrava lusingato.

-Proprio quando pensavo che non potessi essere più attraente per me, ecco che te ne esci con i combattimenti con le spade.

Geralt lo scrutò in una maniera che poteva sembrare giudicante, se non fosse stata per la scintilla affezionata nei suoi occhi.

-Sei un alfa strano – commentò e Jaskier sorrise.

-Beh, è per questo che ti piaccio, no?

-Sì – mormorò Geralt e Jaskier non riuscì a trattenersi dallo sporgersi per un breve bacio sulle labbra.

-Bene – disse poi, quando si fu risistemato al suo posto – Abbiamo appurato che non saresti stato in pericolo. Non ti saresti sentito solo?

-Ci sarebbe stata Roach con me.

Jaskier aggrottò al fronte.

-Roach non parla.

Geralt si sollevò su un gomito per guardarlo meglio, le sopracciglia inarcate.

-Appunto.

Geralt scoppiò in una risata sbuffata quando Jaskier gli si buttò addosso, mordendogli piano il collo. Sarebbe stato bello lasciare il suo marchio lì, durante il calore di Geralt, ma sapendo che non sarebbe stato possibile, Jaskier si limitò a lasciare un dolce bacio lì dove aveva morso, mentre l'omega gli passava con inaspettata delicatezza le dita tra i capelli.

-Sarei potuto venire con te – sussurrò poi Jaskier contro il suo collo, sistemandosi sul petto muscoloso di Geralt, un braccio forte che immediatamente andava a sostenergli la schiena.

-Mh? - mugugnò Geralt tra i suoi capelli e Jaskier sorrise nel rendersi conto che l'omega lo stava annusando di nuovo. Doveva essere un suo punto debole e Jaskier se lo appuntò a chiare lettere in un angolo molto molto sporco del suo cervello.

-Sarei potuto venire con te, come bardo. Sai, a cantare le tue avventure.

-Mh – mormorò di nuovo Geralt, sembrando divertito – Addio pace, allora.

Jaskier ignorò il suo sarcasmo e sollevò il volto. Gli sorrise, aperto e disarmato, e gli occhi di Geralt fecero ancora quella cosa di addolcirsi, che Jaskier amava.

-Sarebbe stato bello, in un'altra vita.

-Sì – ammise Geralt dopo qualche secondo, tracciando con le dita i contorni del sorriso di Jaskier – Sarebbe stato bello.

 

 

 

Dopo due settimane e mezzo di matrimonio, Jaskier era diventato un esperto a ignorare le conversazioni disturbanti di Ciri e Geralt durante la colazione.

-Un pugnale può fare in realtà molti più danni di una spada, se sai come usarlo.

-Sì, ma una spada è più affilata.

-Non è detto. Un buon pugnale può portare in davvero pochi secondi un uomo a dissanguar...

Jaskier si schiarì con urgenza la gola da dietro il suo giornale e poté letteralmente sentire Ciri e Geralt roteare gli occhi.

-Comunque sei ancora troppo piccola per parlare di armi vere. Rimaniamo su quelle di legno – concluse in fretta Geralt, con il tono monotono di chi impara una parte a memoria.

-Questo è Jaskier che parla – sibilò Ciri, risentita, e Jaskier fu costretto ad abbassare il giornale per rivolgere uno sguardo esasperato alla sorella.

-Fino a cinque giorni fa ero il fratello migliore del mondo perché avevo permesso a Geralt di allenarti e adesso sono noioso?

Ciri buttò indietro la testa con un lamento drammatico che, Jaskier doveva ammettere, aveva imparato da lui.

-Ma usare armi finte è stupido, è da bambini!

-Hai sette anni – le fece notare Jaskier – Sei una bambina.

Ciri lo guardò male.

-Geralt dice che lui e i suoi fratelli hanno usato armi vere da quando avevano...

-Non ha davvero importanza – la interruppe Geralt, con urgenza, lanciando uno sguardo a Jaskier. Forse Jaskier sarebbe riuscito ad arrabbiarsi, se non avesse trovato quello sguardo colpevole adorabile su Geralt – Dovresti davvero ascoltare tuo fratello. È stato gentile da parte sua permettermi di allenarti.

Beh, in realtà Jaskier non aveva avuto tutta questa gran scelta. Quando Lambert era venuto a trovarli la settimana scorsa, aveva ritenuto saggio raccontare per filo e per segno a Ciri come aveva imparato a combattere e Ciri, spaventosamente incline a pendere dalle labbra del giovane, aveva stressato Geralt e Jaskier finché l'omega non aveva suggerito quella bizzarra soluzione. Muriel trovava tutto ciò scandaloso e inappropriato, ritenendo che una lady dovesse dedicarsi a ben altro che alla lotta. Quel commento aveva irritato Jaskier così tanto, che aveva detto a Geralt di cominciare ad allenarla sin dal pomeriggio.

Tuttavia, anche se non lo avrebbe mai ammesso con Muriel, doveva esercitare un costante controllo su Geralt o Ciri. Qualcosa gli diceva che, se si fosse distratto, Ciri si sarebbe trasformata in una cacciatrice di taglie.

Ciri lanciò uno sguardo malevolo e dispettoso a Jaskier, che si mise subito sull'attenti.

-Come se lui non avesse mai pugnalato qualcuno.

-Ciri – sibilò Jaskier, fulminandola, ma ormai il danno era fatto: aveva colto il lampo di interesse negli occhi di Geralt.

-Elabora – disse alla bambina, che non se lo fece ripetere due volte.

-Zia Yen dice che una volta sono stati buttati fuori dal club perché Jaskier ha tagliato una mano a un tizio.

-Era un dito – intervenne Jaskier, lievemente isterico, ignorando in maniera categorica il sorrisetto di Geralt – Un pezzetto, in realtà. E devo parlare con zia Yen sulla qualità delle storie che ti racconta.

-E un'altra volta – continuò Ciri, ignorandolo e rivolgendosi a Geralt – Eravamo al parco e questo signore mi ha spintonato e mi ha fatta cadere. Allora Jaskier ha preso il suo bastone e...

Ciri strillò, forte, quando Jaskier si slanciò verso di lei, sollevandola in aria.

-Geralt, aiuto! - rise Ciri, appendendosi al collo del fratello per non cadere.

Jaskier le ringhiò contro in maniera giocosa, facendola sobbalzare tra le sue braccia.

-Sei una bambina tremenda, lo sai?

Ciri gli fece una linguaccia e Jaskier sentì la risata di Geralt riscaldarlo tutto.

Scuotendo la testa, rimise la bambina con i piedi per terra.

-Vai adesso, vedo che hai finito di mangiare da un pezzo e Miss Harrison ti aspetta per le tue lezioni.

Ciri sembrò volere protestare, ma Geralt, ancora seduto a tavola, intervenne.

-Quando hai finito possiamo prendere Roach e fare una passeggiata.

Questo sembrò essere un buon compromesso per la bambina, perché abbracciò velocemente le gambe di Jaskier, si allungò sulle punte dei piedi per lasciare un bacio sulla guancia di Geralt e poi sfrecciò fuori dalla sala da pranzo.

Jaskier e Geralt si fissarono in silenzio, finché l'omega non parlò, un sorriso divertito che non prometteva nulla di buono sulle labbra.

-Uno pensa che suo marito sia un pacifico bardo intrecciatore di capelli, e guarda cosa va a scoprire.

-Oh, sta zitto – mormorò Jaskier, ma sorrideva – Il tizio del dito se lo meritava, comunque.

-Non lo dubito – lo prese in giro Geralt, gli occhi che brillavano divertiti.

Jaskier si mise le mani sui fianchi, fingendosi esasperato.

-Questa alleanza tra voi non mi piace per niente.

Geralt rise piano, alzandosi in piedi e raggiungendolo. Jaskier si chiese se avrebbe mai smesso di sentirsi patetico ogni volta che Geralt gli era vicino. Dio, non lo aveva nemmeno marcato, ma sembrava aver comunque trovato il modo per infiltrarsi sotto la sua pelle.

-Preferiresti che non andassimo d'accordo?

Jaskier grugnì, tirando Geralt abbastanza vicino per poterlo stringere tra le braccia. L'omega si sistemò volentieri nell'abbraccio, il suo odore soddisfatto e contento. Jaskier non poteva che sentire uno stupido orgoglio alfa pervaderlo al pensiero che era merito suo se Geralt era felice.

-No. Ma mi domando se un giorno tornerò a casa e troverò Ciri con un macete in mano.

Geralt inarcò un sopracciglio e Jaskier sbuffò.

-Non ho assolutamente intenzione di spiegare perché so cosa sia un macete. E no, non l'ho mai usato.

-Ci credo di sicuro – scherzò Geralt e Jaskier si sporse a baciarlo, sia per farlo stare zitto, sia perché sembrava uno spreco di vicinanza non farlo.

-Sai, tutto sommato sono felice che i tuoi fratelli siano voluti rimanere da Yen. L'idea di Ciri e Lambert nella stessa casa tutti i giorni mi fa tremare.

Geralt rise piano, ma Jaskier colse comunque la scintilla addolorata nei suoi occhi.

-Ehi – mormorò, cullando la guancia dell'omega nel palmo – So che ti mancano, ma possono venire qui ogni volta che vogliono e noi possiamo andare a trovarli. Casa di Yen è a dieci minuti di distanza.

-Lo so – sospirò Geralt, appoggiandosi volentieri al tocco di Jaskier – È solo che ho vissuto tutta la mia vita con loro, li ho protetti e cresciuti. Ora mi sento come se non avessi più uno scopo.

Jaskier gli sorrise, gentile.

-Hai una bambina di sette anni che ti adora quanto e forse anche più di me. Direi che hai uno scopo per almeno i prossimi dieci anni.

Geralt sorrise, affettuoso.

-Mi piace Ciri.

-Sono contento – mormorò Jaskier, allungandosi per un altro bacio – Perché siete le mie persone preferite al mondo.

-Stucchevole – borbottò Geralt, ma trattenne con forza Jaskier quando fece per allontanarsi.

Dopo, rimasero abbracciati ancora un po', perché Jaskier ormai sapeva quanto Geralt amasse annusarlo prima di separarsi per la giornata.

-Stavo pensando... - cominciò Jaskier, e sentì Geralt sbuffargli contro il collo.

-Non è un buon segno.

Jaskier gli ringhiò contro, suscitando solo una piccola risata da parte di Geralt.

-Dicevo, stavo pensando che ormai è un po' che siamo sposati. E non abbiamo ancora fatto un'uscita ufficiale.

Jaskier aveva intuito che Geralt non fosse esattamente un animale sociale, ma non si aspettava nemmeno di sentirlo irrigidirsi tra le sue braccia. Sciolse l'abbraccio e arretrò di qualche passo per poter guardare l'omega in volto.

Geralt aveva un'espressione guardinga.

-Perché dovremmo farla?

Jaskier si strinse nelle spalle, sinceramente stranito da quella reazione.

-Perché non dovremmo? Insomma, amo passare le serate a casa con te e Ciri, ma mi manca anche uscire, andare ai balli e roba così.

Lo sguardo di Geralt si addolcì appena.

-A volte mi dimentico che sei più giovane di me.

Jaskier roteò gli occhi.

-Adesso non c'è bisogno di fare il saggio brontolone con me.

Geralt ringhiò, segno che non aveva apprezzato il soprannome, ma Jaskier lo ignorò.

-Senti, so che non ti piace la gente e che hai lasciato Kaer Morhen solo perché costretto dalle circostanze. E non dobbiamo davvero partecipare a ogni evento. Solo...ogni tanto? Per me?

Geralt lo fissò in modo strano per diversi istanti.

-Se eri annoiato, se volevi qualcosa di diverso... - cominciò, cauto, e Jaskier si affrettò a interromperlo, perché ormai lo conosceva abbastanza bene da sapere dove stessero andando i suoi pensieri.

-Amo la nostra vita – disse deciso – Niente da aggiungere al riguardo.

Geralt inclinò la testa, come a valutarlo.

-Ma vorresti che fosse più sociale.

-Solo un po'? - suggerì Jaskier, suonando implorante alle sue stesse orecchie.

Geralt scosse la testa.

-Non devi pregarmi per questo, Jaskier. Siamo sposati – esitò per un istante, poi aggiunse, esitante ma sincero: - Voglio che tu sia felice.

-Lo sono – lo rassicurò Jaskier, sorridendogli e allungandosi per prendergli una mano – Voglio solo poter sfoggiare mio marito in giro e vantarmi un po'.

Pensava che questo avrebbe fatto sorridere Geralt, ma l'omega si irrigidì ancora di più, oscurandosi in volto. Jaskier aggrottò la fronte, preoccupato, ma prima che potesse dire qualsiasi cosa, Geralt si era sottratto dalla sua presa.

-Penso che andrò a trovare i miei fratelli oggi. Fai le mie scuse a Ciri. Ci vediamo stasera – disse, il tono formale e distaccato.

Uscì dalla stanza senza aspettare una vera risposta da Jaskier, che si limitò a fissare la sua schiena che si allontanava, scioccato.

 

 

Jaskier aveva lasciato cadere l'argomento sulla loro uscita ufficiale come coppia sposata e aveva notato con sollievo che Geralt era tornato a essere il solito. Scontroso, sì, ma non mortalmente scontroso.

A sorpresa, fu Geralt a proporre di partecipare al ballo della baronessa Kingston.

-Sei sicuro? - domandò Jaskier per quella che doveva essere la decima volta, mentre si sistemava il cravattino allo specchio.

Sentì Geralt sbuffare da dietro il paravento.

-Smettila di chiedermelo.

Suo malgrado, Jaskier sorrise.

-E allora tu smettila di sembrare così scontento, mio caro – lo canzonò – Non dobbiamo andarci per forza – aggiunse, in tono più serio.

Geralt non rispose e Jaskier sospirò, voltandosi verso il paravento.

-Hai finito lì dietro?

-Sì.

Geralt sgusciò fuori, sembrando un po' nervoso. Di norma, Jaskier avrebbe prestato più attenzione agli stati d'animo di Geralt, ma quella sera era un po' distratto.

-Sei bellissimo – disse con trasporto, divorando la figura dell'omega. Finora aveva sempre visto Geralt indossare abiti neri, al massimo il bianco al loro matrimonio, ma l'abito blu scuro che indossava in quel momento si sposava benissimo con la sua carnagione e con il tono chiaro dei suoi capelli. Notò che Geralt aveva messo un laccio blu alla treccia che Jaskier gli aveva fatto quella mattina e non poté fare a meno di sorridere. Il suo sorriso, tuttavia, vacillò quando si rese conto del modo cupo con cui Geralt lo stava fissando.

-Tesoro, cosa...

-Sei bello – sbottò Geralt e sembrava in tutto e per tutto un complimento, tranne per il fatto che aveva usato un tono aspro.

Jaskier aggrottò la fronte, confuso.

-È un problema? - domandò, perplesso, abbassando lo sguardo per scrutarsi. Aveva messo un abito azzurro che si abbinava alla perfezione ai suoi occhi, o almeno così gli aveva sempre detto la contessa De Stael. Non era nemmeno l'abito più bello che possedeva.

-Posso essere più sciatto, se ti fa piacere – tentò di scherzare, aggiustandosi con nervosismo la camicia bianca di mussola.

Geralt si corrucciò ancora di più.

-Lascia perdere. Sarebbe inutile.

Jaskier lo fissò a bocca aperta, sbalordito e preoccupato.

-Geralt si può sapere che cosa ti succede? Te l'ho già detto, non dobbiamo andarci.

-E io ho già detto che voglio che andiamo! - esclamò Geralt, la voce molto vicina alle urla.

Jaskier si congelò, esterrefatto, perché Geralt non gli aveva mai parlato così nemmeno nei loro momenti peggiori. L'omega sembrò provare immediato rimorso, perché i suoi occhi brillarono colpevoli e si avvicinò svelto a Jaskier.

-Scusami – borbottò, guardandolo a malapena. Alzò esitante una mano verso l'alfa, ma poi la lasciò cadere, sembrando combattuto. Per quanto fosse rimasto scioccato dalla reazione dell'altro, Jaskier non poteva sopportare quella distanza tra loro e, con un verso spazientito, tirò Geralt in un abbraccio. L'omega lo strinse subito di rimando e, senza tante cerimonie, cominciò a strofinare la guancia contro la tempia e i capelli di Jaskier, emettendo addirittura delle basse fusa.

L'alfa ridacchiò, passando con gentilezza una mano lungo la schiena di Geralt.

-Va bene, ho capito che ti dispiace. Non c'è bisogno di farmi annegare nei tuoi feromoni.

Geralt lo ignorò, ma a Jaskier sembrò che si strofinasse con ancora più vigore.

Lo scostò con gentilezza, non cedendo nemmeno davanti all'espressione scontenta di Geralt.

-Sei strano – disse piano, portando una ciocca che era sfuggita alla treccia dietro l'orecchio dell'omega – Me ne vuoi parlare?

Geralt sembrò combattuto per un istante, poi scosse la testa con decisione. Jaskier sospirò, conscio che non sarebbe servito a nulla insistere. A volte con Geralt era solo questione di rispettare i suoi tempi e lasciare che le cose evolvessero in maniera naturale.

-Vogliamo andare, allora? - domandò con gentilezza, offrendo il braccio al marito.

Geralt lo afferrò e, anche se la sua stretta rimase troppo forte per tutto il tragitto verso la carrozza, Jaskier non osò dire nulla.

 

 

Jaskier aveva desiderato fare vita sociale per giorni, ma adesso che vedeva quanto a disagio fosse Geralt in mezzo alla gente, avrebbe voluto solo riportarlo nelle loro stanze e fare l'amore con lui finché non fosse stato un pasticcio disordinato e ansimante sotto di lui.

Stava quasi che proporlo, quando un giovane, un omega grazioso e non accoppiato, si fece avanti, gli occhi scuri che squadravano Jaskier in modo timido.

-Buonasera, Milord – mormorò, inchinandosi. Jaskier poté sentire Geralt, appeso al suo braccio, irrigidirsi -Volete...volete ballare?

Jaskier lo fissò, stralunato.

-Beh, no – scandì lentamente, come se dovesse spiegare un concetto a un bambino piccolo – Sono con mio marito.

L'omega arrossì di botto, lanciando un'occhiata imbarazzata a Geralt. Borbottò delle scuse e si allontanò in fretta.

Jaskier scosse la testa, seguendo incredulo con lo sguardo la schiena del giovane.

-È incredibile quanto possano essere sfacciati i debuttanti di questi tempi.

Si riscosse quando sentì Geralt lasciare la presa sul suo braccio. Si voltò a guardarlo, ma il marito aveva un'espressione chiusa, indecifrabile.

-Mi prenderesti da bere? - domandò, la voce trattenuta come se si stesse sforzando di essere gentile.

Jaskier piegò il capo, scrutandolo.

-Certo. Stai bene?

Geralt fece un cenno secco del capo e Jaskier reputò saggio non insistere ulteriormente.

Si allontanò verso il tavolo delle bevande, affrettando il passo quando riconobbe la figura di Yen.

-Yen! - esclamò, contento – Non mi aspettavo che venissi. Eskel e Lambert sono con te?

Yen si raddrizzò con un bicchiere di limonata in mano e gli sorrise.

-Sì, da qualche parte qui in giro – abbassò la voce, guardandosi furtiva intorno – Non dire a Geralt che non so con esattezza dove siano. Ho lasciato Eskel in carica, comunque.

Jaskier ridacchiò, mentre afferrava un bicchiere di limonata per Geralt.

-Non sentirà una parola da me – sospirò – È già di un umore piuttosto nero, comunque.

Yen inclinò il capo, studiandolo con aria critica.

-Cosa gli hai fatto?

Jaskier sbuffò, guardandola offeso.

-Niente. È lui che si comporta in maniera strana da quando gli ho suggerito di fare qualche apparizione pubblica.

Gli occhi violetti di Yen si riempirono di consapevolezza.

-Ah, capisco.

Jaskier la fissò, irritato.

-Potresti spiegare anche a me? Perché non capisco per niente.

Yen roteò gli occhi.

-Andiamo, Jaskier. Dovresti conoscere Geralt ormai.

-So che non gli piace stare in mezzo alle persone – ribatté Jaskier, cauto.

Yen inarcò un sopracciglio, con un sorrisetto furbo.

-Non gli piace stare in mezzo alle persone, o piuttosto non gli piace che le persone siano intorno a te?

Jaskier aggrottò la fronte, confuso.

-Mi stai dicendo che è geloso? Perché non ha alcun motivo per esserlo. Penso di essere stato abbastanza chiaro sui miei sentimenti per lui. Maledizione, non ho degnato nemmeno di uno sguardo quell'omega insulso che mi ha chiesto di ballare!

Yen sospirò come se Jaskier fosse duro di comprendonio, cosa che l'alfa trovò molto offensiva.

-Non è solo geloso. È rassegnato, il che è peggio.

-Ti prego, potresti essere meno chiara? - domandò Jaskier, sarcastico, e Yen alzò gli occhi al cielo.

-Senti, non voglio essere coinvolta nel vostro matrimonio, non più, almeno – fece un cenno alle spalle di Jaskier – Dovresti parlarne con lui. E in fretta, direi.

Jaskier si voltò e aggrottò la fronte quando vide Geralt dall'altra parte della sala, coinvolto in una conversazione con niente di meno che Valdo Marx.

-Oh, mi stai prendendo per il culo – mormorò, incazzato, sbattendo il bicchiere di limonata sul tavolo e muovendosi senza nemmeno rendersene conto.

Ignorò lo squittio indignato che emisero alcune debuttanti quando le scostò in modo brusco e raggiunse a grandi passi il marito, che gli dava le spalle. Valdo lo vide avvicinarsi e si interruppe per sorridergli, ma Jaskier lo ignorò e fece passare un braccio intorno alla vita di Geralt. L'omega sussultò, ma si rilassò appena quando si rese conto che era solo Jaskier, Jaskier che fissò a occhi socchiusi l'altro alfa.

-Sai, pensavo che avresti avuto almeno la decenza di non parlare mai più con mio marito, dopo tutto quello che hai fatto.

-Suvvia, Julian – chiosò Valdo, dondolandosi sui talloni, le mani intrecciate dietro la sua giacca elegante – A me sembra di averti reso un servizio, dopotutto. Pensavo che fossi felice di questo matrimonio.

-Lo sono – ribatté subito Jaskier, fulminandolo – Lo sarei stato di più se ti fossi fatto i cazzi tuoi.

-Jaskier – intervenne Geralt a bassa voce, senza guardarlo – Calmati, stavamo solo parlando.

Jaskier voltò la testa per lanciargli uno sguardo incredulo, ma Geralt ancora non lo guardava.

-Beh, non dovresti parlare con lui. È un coglione!
Valdo ridacchiò, lungi dall'offendersi.

-Calma, Julian. Stavo solo offrendo la mia compagnia a Geralt. Pensavo che ne avrebbe avuto bisogno.

-E questo cosa cazzo vorrebbe significare? - sbottò Jaskier, ma Valdo si limitò a congedarsi con un ultimo inchino beffardo e li lasciò soli.

Jaskier lasciò andare Geralt e si voltò verso il marito.

-Geralt. Dobbiamo parlare.

L'omega emise un grugnito scontento e fece per allontanarsi.

-Non dobbiamo fare nulla, va tutto bene.

Jaskier scattò e lo trattenne per un braccio, voltandolo verso di lui con meno delicatezza di quanta avrebbe utilizzato di solito. Geralt finalmente lo guardò e il suo sguardo irritato e infastidito provocò una stretta spiacevole allo stomaco di Jaskier. Allentò di poco la presa sul suo braccio, senza lasciarlo andare.

-Sul serio, Geralt. Dimmi cosa c'è che non va.

-Non qui – sibilò Geralt, gettando un'occhiata di fuoco sulla sala – La gente ci guarda.

-Me ne frego – ribatté Jaskier con decisione, ma abbassò un po' la voce per non mettere Geralt troppo a disagio -Per favore, Geralt, parlami. Sei geloso, è questo il problema? È per quell'omega di prima?

Geralt emise uno sbuffò irritato e strattonò il suo braccio fuori dalla presa dell'altro.

-Non è per lui. È per ciò che lui rappresenta. Ma va bene, sapevo a cosa andavo incontro quando ho deciso di sposarti.

Jaskier aggrottò la fronte, le parole di Yen chiare nella sua mente.

Non è solo geloso. È rassegnato, il che è peggio.

-Di cosa stai parlando?

Geralt roteò gli occhi, ma, a dispetto del suo atteggiamento distaccato e scontroso, Jaskier poteva sentire il suo odore farsi rancido per il dolore, provocando a Jaskier stesso un forte senso di nausea.

-Senti, so che ti stai sforzando e penso che tu sia stato davvero un marito meraviglioso nelle ultime settimane. Ma è come dice Valdo. La tua natura non può essere controllata e va bene, davvero.

-Geralt – scandì Jaskier, cominciando a incazzarsi sul serio -Di cosa diavolo stai parlando?

-Perché hai voluto che riprendessimo a uscire? - ribatté Geralt, sollevando un po' il mento.

Jaskier lo fissò, incredulo.

-Dobbiamo avere un'altra volta questa conversazione? Ti ho già spiegato le mie motivazioni!
-E il fatto che ti fossi stufato di me non c'entra nulla, vero?

Jaskier boccheggiò per qualche secondo, troppo sconvolto per dire qualcosa.

-Hai ragione – disse infine, quasi tremante – Non possiamo avere questa conversazione qui. Andiamo a casa – disse e allungò una mano per afferrare il marito.

-No! - esclamò però Geralt, indietreggiando, gli occhi brillanti di una luce furiosa. In realtà, i suoi occhi erano fin troppo lucidi, ma Jaskier riuscì a dedicarci solo un pensiero volatile prima che l'omega parlasse di nuovo.

-Parliamone qui e cerchiamo di essere sinceri l'uno con l'altro, per una volta.

-Sono sempre stato sincero con te! - esclamò Jaskier, facendo uno sforzo notevole per non urlare e non attirare ancora di più l'attenzione su di loro.

L'espressione scettica e difensiva di Geralt gli strinse il cuore in una morsa.

-Geralt – mormorò, cercando di calmarsi – Perché pensi che non sia stato sincero con te? O che mi sia stufato di te? Te lo ha detto Valdo? Devi sapere che non è possibile questo, devi saperlo per forza.

Geralt si incupì, anche se le sue guance erano stranamente rosse.

-E perché dovrei saperlo?

Jaskier lo fissò, incredulo e in qualche modo sconfitto.

-Perché ti amo – disse piano, senza staccare gli occhi da quelli sbarrati dell'omega – Pensavo che fosse chiaro ormai.

Con sua sorpresa, l'omega ringhiò piano, indietreggiando ancora.

-Ti avevo già detto che non dovresti prendermi in giro su questo.

-Non ti sto prendendo in giro! Perché, in nome di Dio, pensi una cosa così stupida?!

-Perché è impossibile che tu voglia me, con tutte le persone che potresti avere! - sbottò Geralt, quasi urlando.

Jaskier poteva sentire diversi sguardi su di loro, ma li ignorò, continuando a fissare il viso accaldato e furioso del marito.

-Ti ho già detto che non voglio nessun altro che non sia tu – disse piano, cercando di controllarsi, anche se sentiva una rabbia sorda vibrargli nel petto.

Geralt fece un suono sprezzante con la gola, senza guardarlo.

-Sì. E so che ci credevi sul serio quando me l'hai detto. Ma vedo come le persone ti guardano e come guardano me - fece una smorfia – Una metà non mi nota nemmeno quando sono al tuo fianco e l'altra si domanda cosa sia successo per costringerti a sposarmi.

Jaskier scosse la testa, incredulo.

-La gente è stupida, Geralt, ormai dovresti saperlo. E non me frega un cazzo di quel che pensa.

-Beh, a me importa – ribatté Geralt, ancora con quella strana luce negli occhi, il suo odore omega che si espandeva in modo prepotente intorno a loro – E sarà solo questione di tempo prima che importi anche a te.

-Spiegati – scandì Jaskier, quasi ringhiando.

-Oh, avanti, Jaskier, non è così difficile da capire – sbottò Geralt, esasperato e arrabbiato – Sono molto più grande di te e...e...difettoso, sai che è così – aggiunse in fretta, quando vide Jaskier aprire la bocca, furioso – E tu sei così...così dannatamente bello. Tutti si illuminano quando entri in una stanza e nemmeno te ne accorgi.

-Perché mi importa solo se ti illumini tu – ribatté Jaskier con forza, osando avanzare di un passo. L'espressione di Geralt era guardinga, ma l'omega non si ritrasse.

-Hai avuto un sacco di amanti – borbottò, senza un apparente motivo.

-Ho avuto, in passato – sottolineò Jaskier, guardandolo risoluto negli occhi – Tutta quella parte della mia vita è finita nell'esatto momento in cui ti ho chiesto di sposarmi, ma che dico, è finita quando ho posato per la prima volta gli occhi su di te e ho pensato che non volevo altro che stuzzicarti per farmi guardare da te con quell'espressione scontrosa e altezzosa che mi ha fatto impazzire sin dal primo stramaledetto istante.

Geralt rimase in silenzio, tutto il viso piuttosto rosso e il petto ansante. Jaskier sospirò e si avvicinò ancora.

-Geralt, non andremo da nessuna parte se tu non mi credi quando ti dico di amarti o che non prenderò mai un amante. Voglio che questo matrimonio funzioni, ma non funzionerà se sono l'unico a volerlo, lo capisci, vero?

Per tutta risposta, Geralt si mise una mano sul petto, facendo una smorfia.

-Non mi sento bene – borbottò, indietreggiando un po'.

Jaskier sospirò, esasperato.

-Ecco, questo è esattamente quello che stavo dicendo. Se continui a fabbricare scuse per tenermi lontano...

-Jaskier – lo interruppe Geralt, una nota di urgenza nella sua voce che fece mettere subito sull'attenti l'alfa – Davvero, non mi sento bene.

Jaskier lo scrutò bene e si rese conto che i suoi occhi erano davvero troppo lucidi e che il rossore sul suo viso e l'affanno del suo petto non erano affatto normali. Si fece avanti e posò una mano delicata sulla guancia del marito. La scostò subito, guardandolo preoccupato.

-Geralt, stai bruciando. Penso che tu abbia la febbre.

Geralt grugnì, scontroso come al solito, ma non protestò quando Jaskier gli avvolse un braccio intorno alla schiena, anzi, con una certa preoccupazione l'alfa notò quanto l'altro si appoggiasse a lui.

-Avanti – borbottò, facendo del suo meglio per sostenere il marito e scortandolo in mezzo alla folla incuriosita – Ti portiamo a casa.

 

 

-Lord Pankratz?

Jaskier si voltò di scatto al richiamo del dottore. Gli si fece incontro, raggiungendolo sulla soglia della camera da letto. Il dottore chiuse con attenzione la porta, poi si voltò a fronteggiarlo.

-Sta bene? - chiese subito Jaskier, cercando di controllare la propria ansia e fallendo in modo miserabile, a giudicare dallo sguardo del dottore – Morirà?

-Dio, no – sbuffò il dottore e qualcosa disse a Jaskier che continuava a non essere molto contento del fatto di essere stato svegliato nel cuore nella notte e minacciato di morte se non avesse seguito immediatamente Jaskier a casa – Siete un ragazzo drammatico, non è vero? Vostro marito sta bene – fece una piccola pausa e Jaskier aveva voglia di strozzarlo – È solo in calore.

Jaskier, fino a quel momento tenuto in piedi da una sorta di adrenalina angosciata, sentì le ginocchia piegarsi e dovette appoggiarsi al muro per sostenersi.

-Lui...cosa?

-Beh, non è ancora in calore, non del tutto – precisò il medico, serafico – Ma lo sarà tra poche ore. Non credo che sia in pericolo, ma vostro marito mi ha informato del fatto che sono anni che non sperimenta un calore e mi sento di raccomandare una certa cura da parte vostra. Sono anche portato a credere che, trattandosi di un calore che è stato represso troppo a lungo, possa durare un po' di più del normale, minimo tre giorni.

-Ma come è possibile? - insistette Jaskier, sbigottito – Perché è andato in calore adesso dopo anni?

Il dottore si strinse nelle spalle e Jaskier capì che lo stava congedando.

-Non ne ho idea. Immagino che il contatto costante con un alfa abbia risvegliato in lui una parte che credeva sopita. Mi raccomando, tenetelo costantemente idratato e assicuratevi che mangi, anche se dirà di non avere fame.

-So come curare un omega in calore – sbottò Jaskier irritato, poi un pensiero gli si affacciò nella mente, facendolo impallidire ancora di più – Potrebbe rimanere incinta?

-Immagino che sia una possibilità – rispose distrattamente il dottore, cominciando già a superarlo – Conosco la strada. Vi aspetto tra qualche giorno nel mio studio per saldare la mia parcella!

Jaskier non gli rispose nemmeno, ma si infilò veloce nella camera da letto. L'odore di feromoni emessi da Geralt era quasi soffocante, ma Jaskier cercò di rimanere il più possibile lucido mentre si avvicinava al marito.

Geralt era sotto le coperte, appoggiato ai cuscini con un asciugamano bagnato sulla fronte, e osservava con attenzione i movimenti dell'altro.

-Ehi – disse piano Jaskier, rimanendo goffamente in piedi, non sapendo quanto la sua vicinanza sarebbe stata gradita in quel momento – Come ti senti?

Geralt grugnì e, prima che Jaskier potesse protestare, si strappò l'asciugamano dalla fronte e lo gettò ai piedi del letto.

-Uno schifo – fissò Jaskier, con una strana nota implorante negli occhi ambrati – Ti siedi accanto a me?

Jaskier non esitò a fare quanto gli era stato chiesto e si sedette di traverso sul lato del letto di Geralt, una mano sull'anca del compagno e l'altra a cullargli con delicatezza una guancia ardente. Geralt socchiuse un po' gli occhi e si appoggiò al tocco, mandando un lampo di piacere nello stomaco di Jaskier che aveva poco a che fare con l'eccitazione e molto con il fatto che amasse quell'uomo testardo e impossibile.

-Il dottore dice che entrerai in calore tra poche ore – mormorò, con cautela.

Geralt lo guardò, senza dire nulla.

-Non dobbiamo fare nulla che tu non voglia – aggiunse Jaskier, in fretta – Ho chiesto a Yen di prendere Ciri con sé finché non saresti stato meglio e posso raggiungerla se la mia presenza ti turba in qualsiasi...

-No – scattò Geralt, sollevando una mano per trattenere con forza quella di Jaskier contro la sua guancia – Ti voglio qui.

Jaskier lasciò andare un sospiro di sollievo. Avrebbe fatto ovviamente qualsiasi cosa per Geralt, ma non poteva negare che tutto in lui faceva male all'idea di lasciare Geralt fuori dalla sua vista anche solo per pochi minuti.

-E vuoi... insomma, vuoi che ti aiuti a superarlo? - domandò Jaskier, il tono gentile e amorevole.

Geralt rimase immobile per alcuni istanti, poi annuì piano, gli occhi ardenti fissi in quelli di Jaskier. L'alfa attirò la mano di Geralt alle sue labbra e ne baciò dolcemente il palmo.

-Non pensavo che il nostro primo vero litigio coniugale finisse così – confessò con un lieve sorriso, parlando contro la pelle calda di Geralt e guardandolo da sotto in su.

Le labbra di Geralt si contrassero a loro volta in un piccolo sorriso.

-Intendi con te che mi annodi e mi marchi? - domandò, innocente, e scoppiò a ridere quando Jaskier soffocò un gemito contro la sua mano.

-Non dire queste cose, amore. Non se non vuoi farmi perdere il controllo prima del tempo.

-Forse voglio che tu lo faccia – lo provocò Geralt, in tono furbo, ma si placò roteando gli occhi quando Jaskier si raddrizzò per lanciargli un'occhiata di avvertimento.

-Geralt, è una cosa seria. Se ci leghiamo stanotte, durante il tuo calore, sarà per sempre.

Geralt si irrigidì appena, gettandogli un'occhiata diffidente.

-Pensavo che fosse già per sempre, visto che siamo sposati.

Jaskier gli sorrise, un po' triste.

-È così, infatti – si fece serio – Diciamo che scoprire cosa pensi di noi e del nostro matrimonio mi ha lasciato alcuni dubbi.

Quasi trasalì quando sentì le dita di Geralt su una guancia. Era abituato a iniziare praticamente ogni contatto fisico tra lui e Geralt, ma adesso l'omega lo stava guardando con una sorta di urgenza negli occhi, il viso vicino al suo.

-Mi dispiace. Sono cresciuto isolato in una fortezza in montagna per la maggior parte della mia vita, con la sola compagnia di mio padre e dei miei fratelli. E dopo la malattia...- sospirò - Non sono abituato a fidarmi delle persone, anche quando dicono cose belle.

-E adesso ti fidi di me? - sussurrò Jaskier, coprendo la mano di Geralt con la sua.

Geralt sembrò esitare per un istante, bloccando il cuore di Jaskier, ma poi l'omega annuì e Jaskier riprese a respirare.

-Voglio provare – i suoi occhi divennero morbidi e morbidi e Jaskier voleva solo baciarlo, così tanto – Perché ti amo anche io.

Jaskier, con il cuore che scoppiava, non riuscì a trattenersi oltre e, a giudicare dal suono bisognoso che uscì dalle labbra di Geralt quando lo baciò, non era il solo.

 

 

Più tardi, erano sdraiati sulle lenzuola sfatte, avvolti in un pigro abbraccio.

Jaskier mormorò di piacere contro il collo di Geralt, strofinando il naso contro il morso fresco e rannicchiandosi ancora di più contro la schiena nuda dell'altro. Nel farlo, tirò inavvertitamente il nodo che ancora li univa e Geralt sibilò piano.

Jaskier emise un suono calmante, mentre baciava con dolcezza la spalla dell'altro.

-Scusa.

Geralt non disse nulla, ma rilasciò un sospiro morbido e sovrappose la propria mano a quella che Jaskier teneva sulla sua pancia.

-Pensi che...insomma – Jaskier accarezzò lo stomaco di Geralt, incapace di formulare ad alta voce i suoi pensieri.

Geralt sospirò di nuovo, ma Jaskier poteva sentirlo sorridere nel buio.

-È una domanda impegnativa da fare dopo un orgasmo.

Jaskier rise, stringendo forte il marito tra le braccia.

-Beh, due orgasmi, se non ricordo male.

Geralt fece le fusa, mandando una fitta di eccitazione dritta all'inguine di Jaskier. Dio, sarebbero stati tre lunghi giorni.

-Ricordi bene – scherzò, poi aggiunse con voce bassa e più seria: - Lo spero. E tu?

Jaskier sorrise contro la pelle di Geralt, inspirando con forza il suo odore, che era tutto ciò che Jaskier aveva sempre desiderato da Geralt: soddisfatto, felice e innamorato.

-Mi piacerebbe avere un bambino o una bambina con i tuoi occhi in giro per casa. Ma sarei ugualmente contento di passare la mia vita con te e Ciri. Non mi serve davvero altro per essere felice. E non è detto che, adesso che sei andato in calore una volta, non succeda di nuovo in futuro.

Geralt rimase in silenzio per un po', poi, quando il nodo di Jaskier finalmente si sciolse, si divincolò piano finché Jaskier non allentò il suo abbraccio, permettendogli di girarsi tra le sue braccia. Jaskier gli baciò la fronte, mentre Geralt premeva il viso contro il collo dell'alfa, dove un morso identico al proprio pulsava sulla pelle bianca.

-Vorrei che assomigliasse a te, nel caso – sussurrò e Jaskier emise un blando ringhio mentre lo stringeva a sé.

-Beh, penso che saremmo sempre in disaccordo su questo, tesoro.

Geralt sbuffò, ma non ribatté.

-Non mi importa che aspetto avrà – disse poi Jaskier, parlando tra i capelli sciolti e arruffati di Geralt – Amerò qualsiasi figlio che avrà te come padre.

Sentì Geralt sorridere contro il suo collo e l'amore lo investì in maniera così prepotente da stordirlo quasi.

-E gli insegnerai a suonare il liuto e gli intreccerai i capelli per farlo addormentare mentre canti una canzone.

-E tu e Ciri gli insegnerete a combattere, facendomi impazzire dalla preoccupazione.

Geralt sollevò un po' il volto e anche nel buio Jaskier poteva vedere i suoi occhi brillare.

-La gente penserà che siamo la coppia di alfa e omega più strana del mondo.

Jaskier gli fece un sorriso furbo e, con una rapida mossa dei fianchi, ribaltò Geralt sul letto, andandogli sopra con il proprio peso. Inghiottì la risata sorpresa e divertita dell'omega con un bacio, le mani che andavano a intrecciarsi tra i suoi capelli d'argento.

-Lasciali pensare – gli sussurrò sulle labbra, mordendogli piano il labbro inferiore – E lascia che noi siamo felici – gli sorrise, accecante e disarmante – Suona bene?

Geralt lo afferrò per il collo e lo tirò senza grazia contro di sé, baciandolo fino a fargli mancare un po' il fiato.

-Sì – sussurrò infine, mentre allargava le gambe per far spazio a Jaskier, in un chiaro segnale che il suo calore era tornato.

-Sì, suona bene.

 

 

 

 

 

ANGOLINO

 

Eccomi qui con questa schifezza, che però avevo tanta voglia di scrivere da quando la mia ciccia Giuls ha suggerito una Bridgerton AU con questi due scemi. Ovviamente dovevo metterci l'omegaverse, perché amo complicarmi la vita.

Spero di aver strappato un sorriso a chi leggeva e di non aver fatto cariare troppo i denti. Ho cercato di non essere troppo stucchevole, ma la vita è difficile così com'è e allora vai di amore e arcobaleni.

Grazie a chiunque abbia letto! E perdonatemi per qualsiasi inesattezza storica e per le libertà che mi sono presa nel descrivere l'omegaverse. È solo una fic bruttina e senza pretese, ma segnalate pure qualsiasi orrore che può essermi sfuggito.
Un grazie speciale alle mie cicce, Rach e Giuls <3 Vi amo!

Un bacione,

Fede <3

  
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