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Autore: LawrenceTwosomeTime    10/05/2022    0 recensioni
Marla potrebbe essere morta, o stare morendo. Marla potrebbe avere un'ultima chance di riprendersi la sua vita. L'unica certezza, per Marla, è che niente è come sembra. In suo aiuto giunge Tara, che di vivere non ne vuole sapere. Un thriller metafisico incentrato su angosce sepolte, sentieri male illuminati e bizzarre amicizie.
Genere: Dark, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Marla e Tara camminavano fianco a fianco lungo l’angusto tunnel da parecchio tempo, anche se ormai avevano rinunciato a misurarlo.
Le pareti di nudi mattoni erano illuminate da una curiosa fosforescenza verdastra: avvicinandosi un po’, videro che il lucore era emesso da una gigantesca varietà di lucciole intrappolate in recipienti di vetro.
Arazzi che sembravano risalire a epoche ante-medievali decoravano il corridoio secondo una disposizione apparentemente casuale, ma ciò che risultava davvero bizzarro era lo stile adoperato per intesserli: nonostante la tecnica rigorosa e certosina, occasionali sprazzi di modernismo sollevavano interrogativi sulla loro reale datazione, e i soggetti… i soggetti…
“Ѐ lei, ho ragione?” chiese Tara.
“Lei? Oh, lei” esclamò Marla, dapprima interdetta.
Ritratta in contesti diversi, addobbata con tessuti eterogenei e sempre dissimile da sé stessa, eppure anche sin troppo riconoscibile, la sagoma ragnesca dal volto oscurato sorgeva a intervalli regolari in tutta la sua maestà. Sogguardandole. Studiandole. Leccandosi le labbra che non aveva con una lingua che non era una lingua.
“Dovremmo smetterla di chiamarla così, si fa confusione” riprese Marla.
“Io opterei per La stronza” propose Tara.
“Sì, oppure La stalker” le fece eco Marla.
La stanga che ti stronca” cantilenò l’altra, ed entrambe fecero una risatina strozzata.
Erano parimenti terrorizzate all’idea di rincontrarla, Marla se ne rendeva conto: malgrado Tara avesse dichiarato di voler morire, ora sospettava che quel desiderio appartenesse a un’altra esistenza.
O perlomeno voleva credere che Tara aspettasse solo una spinta dall’esterno, un incentivo a invertire il flusso della marea… una Principessa Azzurra che giungesse a salvarla.
Del resto, è facile agognare al nulla quando questi ci si presenta sotto forma di un caritatevole sonno eterno. Ma l’idea di essere presi e svuotati da quella cosa – da quella Stalker che viveva in una galera scarlatta avulsa dal tempo, potenzialmente infinita quanto era infinito il dolore che impartiva – per poi raggiungere un fantomatico Nulla spogliati della propria umanità, alla deriva… bè, non suonava affatto piacevole; e il luogo in cui si trovavano, seppur assurdo e regolato da leggi imponderabili, rappresentava una seconda occasione, una promessa di riabbracciare la speranza. O soltanto di sfuggire alla disperazione; le due cose non dovevano essere per forza collegate.
 
“Sembra quasi di stare in una favola” considerò Tara interrompendo le sue riflessioni.
“Le due belle addormentate in fuga.”
“Mi hai letto nel pensiero” disse Marla.
L’altra ammiccò.
“Le due belle addormentate lesbiche” aggiunse, maliziosa.
“Aha” replicò Marla, cercando rapidamente un altro argomento.
“Stavo pensando… c’era un uomo.”
Tara si produsse in un’espressione delusa.
“Peccato.”
“No, voglio dire,” continuò Marla “c’era un uomo nella foresta. Si chiamava Luis. L’ho visto morire. Morire sul serio.”
“Oh.”
La ragazza annuì.
“Diceva che potremmo non esserci addormentati nello stesso ospedale, e ora c'è un quesito che mi assilla: se questo posto è una specie di purgatorio, e la foresta è uguale per tutti – perché, insomma, ogni coscienza in stato di coma deve condividere lo stesso livello di realtà, è logico, altrimenti spunterebbero delle incongruenze e le nostre azioni non potrebbero coesistere…”
“Ferma ferma ferma,” eruppe Tara “stai paragonando l’aldilà a un gioco di ruolo online?”
“Sto solo dicendo che magari il punto di accesso è diverso per ognuno di noi, modellato sull’edificio in cui ci hanno depositate da sveglie. Sai, per facilitare la transizione tra piani. Sempre che – come ho detto prima – noi due non siamo effettivamente vicine di letto (ma quanto sarebbe bello!?).”
Tara si prese il mento tra pollice e indice.
“In che modo faciliterebbe la transizione? Noi mica ce lo ricordiamo, l’ospedale in cui ci hanno parcheggiate.”
“Può darsi che il trapasso non abbia a che fare con i sensi,” rispose Marla “che sia piuttosto una questione di coerenza strutturale.”
“Certo, sì, coerenza strutturale…” la canzonò l’altra “forse da sveglia eri un’astrofisica, una teosofa o perfino una suora. Sei finita in coma scolandoti il vino della messa?”
Marla fece a meno di rispondere.
“Riflettici: perché catapultarci in un ambiente come l’ospedale, se poi c’è bisogno di effettuare un ulteriore trasbordo da un’altra parte?”
Tara assentì e aggiunse: “Ora che mi ci fai pensare, anch’io mi sono dovuta sorbire la trafila: ho sollevato il ricevitore di un telefono, il mondo è diventato una versione in 3D dei dipinti di Pollock e poi l’ospedale ha ceduto il posto alla foresta.”
“Quindi, se ogni ospedale è diverso, potrebbe essere diversa anche la via d’uscita” concluse Marla in un bisbiglio; ma prima che potesse darsi il tempo di elaborare una nuova – e possibilmente ancor più inquietante – considerazione, un’altra curiosità si interpose tra lei e le sue angosce, forse nel tentativo irrazionale di rimandare l’inevitabile.
“Seriamente, Tara. Com’è possibile che la Stalker abbia messo una botola per scappare in casa tua? Riesco ad accettare l’idea che la Morte possa donare a qualcuno un cottage per la villeggiatura, ma addirittura creargli una via di fuga…”
La sua nuova amica si strinse nelle spalle.
“Mi ha dato una botola per la stessa ragione che l’ha spinta a fabbricarmi una casa: all’epoca, sapeva che non l’avrei usata per fuggire. Quella creatura è estranea alla logica umana, pensa solo per analogie e contrari.”
“Cioè?”
“Non sono né la sua migliore amica né la sua psicologa, che vuoi che ne sappia?” borbottò Tara facendo il broncio.
“Ma sei la sua dirimpettaia” flautò Marla.
“Che stronza!” esclamò Tara.
“Ho avuto modo di rifletterci, ok? E la mia conclusione non è nulla di sbalorditivo, a differenza dei voli pindarici in cui si lancia una certa nerd… La signorina Stalker si limita a interpretare i nostri desideri e distorcerli nella maniera più sadica possibile, punto.”
“Ma ora tu vuoi scappare.”
Tara serrò le labbra.
“Sto aiutando te, perché un po’ mi fai pena.”
Marla le diede una spintarella.
“Sì, sto scappando,” ammise Tara “e sono piuttosto sicura che lei si sia già mobilitata per correggere l’errore. Non aspettiamo di scoprirlo.”
 
Neanche a farlo apposta, proprio in quel momento una flebile luce avoriata le distolse dalle loro dissertazioni. Una porta bianca dalla vernice scrostata aleggiava di fronte a loro come un pallido fantasma.
Marla deglutì.
“Eri qui per questo, no?” la canzonò Tara, non senza una punta di preoccupazione nella voce.
“E va bene” sussurrò Marla.
Fece un profondo respiro, inalando una miscela di gas che con tutta probabilità non esisteva nemmeno.
“Vogliamo andare?” disse infine.
  
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