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Autore: giuliacaesar    12/05/2022    0 recensioni
LA STORIA E' UNO SPOILER ENORME DI ASSASSIN'S CREED: ROGUE. LEGGETE A VOSTRO RISCHIO E PERICOLO.
Le vie di Parigi sono strette per Claudette Dubois. Quasi soffocanti.
La città è troppo indaffarata per prestarle la giusta attenzione e la sua Confraternita ancora bigotta per poter sfruttare appieno il suo potenziale.
La voglia di dimostrare il suo valore e il suo coraggio superano le iniziali paure e l'amore per la sua terra, in cambio di un viaggio nelle fredde terre di un'America in crescita e in via di sviluppo.
Nelle sue peripezie incontra Shay Patric Cormac, più marinaio che Assassino, che ama attirare l'attenzione su di sé con i suoi modi di fare particolari. Entrambi sono mandati alla ricerca di un manufatto e di una scatola, senza l'una o l'altra entrambi gli oggetti risultano incomprensibili, che ora sono nelle mani dei Templari.
Riusciranno nella loro impresa? O si incaglieranno in un iceberg ancor prima di vedere la terra ferma?
Genere: Avventura, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti, Shay Patrick Cormac
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Agosto 1752, Albany 

Mireille, 

Dagli avvenimenti a Mont Vernon, solo ora riesco a scriverti. Non riesco a smettere di ripensare a Lawrence Washington e alle sue ultime parole. Noi Assassini abbiamo questa strana convinzione, o forse sarebbe meglio dire superbia, di considerarci al di sopra della morte stessa. Ci illudiamo di renderci insensibili al suo tocco o alla sua vista, quando in realtà non è così. Siamo mortali tanto quanto le persone che uccidiamo, solo che nella maggior parte dei casi ci ritroviamo dalla parte del manico, non della lama. Fortuna è la nostra, nient’altro. 

Mentor, non so perché questa missione mi sia rimasta particolarmente impressa. Forse per la nostra fuga roccambolesca, forse per le condizioni in cui Washington versava oppure... è inutile che mi riempia di domande: ormai è fatta. Rimuginarci sopra non laverà via il sangue di Lawrence dalle nostre mani né lo riporterà in vita. 

L'unico dubbio che mi permetto di avere riguarda il fratello minore, George. Lawrence aveva una corrispondenza attiva con il Gran Maestro del Rito Britannico, Reginald Birch, ed era un membro attivo all’interno dell’Ordine. Non vorrei che i Templari sfruttassero il dolore per la perdita del fratello per portare dalla loro parte George. Tuttavia, mi rendo conto che è inevitabile, perché succede sempre così: una fazione uccide un membro dell’altra, creando inconsciamente abbastanza astio nelle persone care di quella persona da portarle a unirsi a una causa. Succedeva nel quindicesimo secolo con Ezio Auditore da Firenze, non vedo perché non dovrebbe succedere anche ai tempi nostri. 

Questa lettera non vuole solo essere uno sfogo, ma anche una richiesta di aiuto. Non so a chi altro chiedere se non a voi, Mentor. Vorrei che teneste d’occhio sir Reginald Birch, per quanto vi è possibile. So che ha un castello in Francia, a Troyes, dove si reca spesso. Riferitemi qualsiasi cosa degna di nota, anche sul quel suo aguzzino preferito, Haytham Kenway. Sappiamo fin troppo bene che si lascia dietro una striscia di sangue ovunque vada, quindi prestate attenzione. Non è un uomo da prendere sotto gamba. 

Grazie mille in anticipo e salutatemi tutti, 

Claudette Dubois. 

 

*** 

 

Non si erano accorti che la giubba rossa si era voltata notandoli in piedi nel bel mezzo del ponte della nave e si era avvicinata. Per la sorpresa saltarono tutti e due in aria, Claudette era già pronta con le lame celate, ma Shay attivò per sbaglio il fucile, che diversamente dagli altri non scoppiò, emise un piccolissimo sibilo mentre sparava e la guardia di fronte a loro crollò a terra addormentata. 

Rimasero tutti e due sorpresi, decidendo in silenzio che avrebbero accettato quel gentile regalo della marina inglese. Shay richiuse la cassa posizionandosi il fucile ad aria compressa sulla schiena, mentre Claudette scendeva dalla nave e si nascondeva nel cespuglio più vicino, raggiunta dal ragazzo poco dopo. 

«Allora, che facciamo adesso?». 

Claudette si guardò attorno, mordicchiandosi le labbra per sfogare l’adrenalina che le urlava nelle orecchie di mettersi a correre. In quel momento doveva evitare il più possibile di farsi vedere dalle guardie. Vide di fronte a lei uno sciame di persone seguire il piccolo sentiero che conduceva a una grande villa, dove di certo quella volta avrebbero trovato il loro bersaglio. 

«Ci nascondiamo nella massa e raggiungiamo la villa. Troviamo Washington, lo uccidiamo e poi scappiamo via.». 

«E le giubbe rosse?». 

Maledizione, c’era una vedetta su una delle case che era proprio in mezzo tra il sentiero affollato e dove si trovavano loro. Non potevano passare dal retro perché c’erano altre guardie, né potevano azzardarsi di farsi vedere camminando sopra i tetti. 

«Spara un altro dardo alla guardia, così si addormenta e noi corriamo.». 

Shay annuì senza replicare, imbracciò il fucile e sparò un colpo silenzioso alla guardia, che, invece di crollare addormentata, fu travolta da un’energia incredibile e si voltò per sparare ai suoi compagni di sotto. Altre giubbe rosse si affrettarono a raggiungere il pazzo che continuava a colpire chiunque gli capitasse a tiro, ma a Claudette non importava, il diversivo era perfetto. Scattò fuori dal cespuglio per raggiungere la massa di persone che saliva verso la festa in una nuvola di profumi, chiacchiere e risate. Shay e Claudette riuscirono a passare inosservati fino ai cancelli della villa, poi si staccarono dalla massa per raggiungere la parte alta di una collina che si affacciava al giardino per osservare la disposizione delle guardie. 

Non ce n’erano molte, quindi si calarono dalle mura per nascondersi tra i cespugli e raggiungere un piccolo terrazzo nel quale erano radunati quattro uomini: un afroamericano con un paio di improbabili occhiali dalle lenti aranciate, due uomini con quell’orrenda parrucca bianca e coi boccoli e l’ultimo era seduto, respirando a fatica e tutto ingobbito verso il tavolo. D'istinto, fermò la loro avanzata e si mise ad ascoltare. 

«Signor Smith, state per intraprendere il viaggio?» l’uomo seduto si rivolse con voce fiacca a un ometto alla sua destra, basso e tarchiato. 

«Sì, signor Washington. Tornerò con le risposte.». 

Il cuore prese a martellarle nelle orecchie a quel nome, poi sentì un improvviso gelo ghiacciale le ossa. Quell'uomo malato e rachitico era il loro bersaglio? Era svaccato sulla sedia, come se gli costassero grandi energie anche solo stare seduto, e si rivolgeva ai suoi sottoposti con voce rauca, malata. Lanciò uno sguardo a Shay, nei cui occhi lesse lo stesso sgomento. Era un Templare, certo, e andava fermato, ma la morte era davvero così necessaria? 

Il bersaglio poi guardò di fronte a sé rivolgendosi all’altro uomo con la parrucca, più slanciato rispetto all’altro. 

«Signor Wardrop, siete coinvolto anche voi dal manoscritto?». 

«Signorsì, ne scopriremo il senso.». 

«E allora vi prego di andare.». 

Appena i tre uomini se ne andarono, Washington fu scosso da un grosso colpo di tosse che lo fece piegare in due, attirando l’attenzione di alcune giubbe rosse, che gli facevano da scorta. Dopo aver bevuto un lungo sorso di vino, si alzò per parlare con i suoi ospiti barcollando. Claudette strinse i denti a quella scena raccapricciante, non le piace per nulla l’idea di uccidere un uomo con già un piede nella tomba. 

«Washington non riesce nemmeno a reggersi in piedi. Sarà meglio che Liam abbia ragione, perché stiamo per uccidere un moribondo.». 

Le parole di Shay furono come un’ascia che cala dall’alto spaccando in due il tronco. La verità faceva male e aveva un sapore amaro in bocca. 

«Stai zitto ed esegui gli ordini.» lo rabbonì con voce fredda alzandosi per avvicinarsi al suo bersaglio. Neanche a lei andava bene, non le andava per nulla bene, ma era stato dato loro un ordine e quello avrebbe fatto senza fiatare. Si fidava, anzi doveva fidarsi di Achille per prima se voleva che poi il Mentore ricambiasse. 

La villa, oltre ad avere un immenso giardino ricco di piante e fiori, aveva anche un piccolo chiostro, dove vi erano radunate tutte le persone in festa tra musica e buon cibo. Washington passava tra gli ospiti cercando di restare dritto sulla schiena, ma ci riusciva per pochi secondi, e conversava con poche e cortesi parole, seguito da tre giubbe rosse che gli facevano da scorta. Claudette analizzò per bene lo spiazzo: c’erano vedette con fucili in mano sopra il tetto dell’edificio e ognuna delle quattro uscite aveva una coppia di guardie, mentre le persone erano sparse in giro a gruppetti di otto o dieci persone, tutte concentrate a parlottare tra loro godendosi il vino. 

Washington faceva il giro del cortile, passando da un gruppetto all’altro, quindi l’arma da utilizzare era solo una, la pazienza. Attese che il bersaglio facesse il suo giro con passo zoppo e, quando arrivò al penultimo gruppetto, mise in atto il suo piano. Disse a Shay di nascondere il fucile nella giacca, mentre lei tramortiva la guardia di fronte all’entrata più vicina, poi entrò nella festa di soppiatto camuffandosi con il ragazzo nell’ultimo gruppo dal quale sarebbe passato il loro bersaglio. Passarono inosservati perché gli ospiti chiacchieravano tra di loro annebbiati dall’alcool e dal cibo, ignari del caos che presto sarebbe esploso. 

Agli occhi di Claudette passò tutto al rallentatore: Washington che si avvicinava a loro, Shay che estraeva la lama celata e lo pugnalava in pieno petto, mentre lei stordiva le guardie. Tutto intorno a loro esplose in una cacofonia di urla spaventate, piatti e bicchieri rotti e ordini lanciati a piena voce. Shay era impiegato a strappare di bocca le ultime confessioni di Washington, mentre lei era occupata a tenere a bada le guardie che tentavano di avvicinarsi. 

«E poi... attirandovi qui, ho dato tempo ai miei di fuggire. Grazie per aver abbreviato la mia fine.». 

Le parole di quell’uomo ormai morto furono un pugnale congelato nel suo petto. Era un diversivo, anzi una trappola per loro. Il terreno tremò sotto i loro piedi, quando sentirono dei boati provenire dal fiume. Shay si tirò subito in piedi, cercando di scorgere la Morrigan tra gli alberi che coprivano loro la vista dell’acqua e sbiancò quando vide delle navi inglesi circondare la Morrigan. 

«Cos’è, un mortaio, quello? Ehi, così non vale!». 

A Claudette non passò nemmeno per la testa di chiedere cosa fosse un mortaio, di certo non lanciavano striscioni colorati e coriandoli, quindi iniziò a correre per raggiungere la nave il prima possibile, seguita da Shay dietro di lei. Spintonò degli ospiti che correvano in giro in preda al panico, atterrò le guardie che cercarono di fermarli fino ad arrivare a degli scogli che si estendevano dalla terra ferma per inoltrarsi nel mare. Mai lodò così tanto l’astuzia di Liam, che invece di attraccare al molo, aveva posizionato la nave alla fine della scogliera. A loro due bastava solo correre dritto e sarebbero arrivato alla poppa della Morrigan in pochissimo, proprio dietro il timone. 

Claudette si lanciò di nuovo a correre a perdifiato, con Shay che iniziava a urlare ordini all’equipaggio. Tutto intorno a loro era una cacofonia di grida, scoppi, cigolii inquietanti delle navi che venivano colpiti dai cannoni della Morrigan che tentava di difendersi. Una volta raggiunta la nave Shay prese il comando del timone e incitò la ciurma a spiegare tutte le vele per fuggire via. Claudette si aggrappò al corrimano delle scale, incapace di fare nulla se non tremare dalla testa ai piedi, mentre tutti i suoi sensi venivano sconvolti dai colpi di cannone e dai terrificanti mortai. La nave venne sbalzata in avanti dal vento, per una volta dalla loro parte, fuggendo lontano da Mont Vernon. Per la ragazza fu infinito il tempo che impiegarono a far perdere le loro tracce, sballottata tra il rinculo dei loro cannoni e i colpi di mortaio facevano tremare tutta la nave. 

Quando tutto si fu calmato si girò ansante verso Shay, rosso in viso per aver urlato ininterrottamente per quasi un’ora. Per la prima volta da quando lo conosceva lo vide serio, stringeva tra le dita il timone frustrato, però nel momento in cui la guardò parve scomparire ogni traccia di dubbio dai suoi occhi. 

Non avevano ancora la scatola, né tanto meno il manoscritto. 

Avevano appena ucciso un uomo che era già prossimo alla morte. 

Claudette non poteva immaginare che una punta di ghiaccio si fosse formata nel cuore di Shay, la prima di tante. 

*** 

«Mi sembri deluso.». 

Oh no, non sono deluso. Sono arrabbiato. 

Questo Shay però a Liam non poteva dirlo. Colmo com’era di Credo e fedeltà per la Confraternita, mai sarebbe stato in grado di capirlo. Non che lui non credesse nella causa e non fosse fedele, per l’amor del Cielo no! Era che a volte qualche filo di dubbio gli pizzicava l’orecchio, facendolo infastidire. Strinse tra le dita il timone mentre finalmente la Morrigan navigava in acque tranquille. 

Gli scontri in mare aperto permettono qualsiasi tipo di manovra, ma cercare di scappare da una fregata inglese che tenta di affondarti in un fiume era tutta un’altra faccenda. Non riusciva a posizionare la Morrigan nel modo in cui voleva lui, perché altrimenti sarebbe andato a sbattere contro le scogliere o peggio, si sarebbe incagliato da qualche parte e sarebbe diventato un bersaglio fin troppo comodo per i suoi avversari. Quindi aveva optato per la semplice e comoda fuga, destreggiandosi nel labirinto che era River Valley. Non si era nemmeno curato di dove stessero andando, scappando alla cieca, ma al momento non era preoccupato. L'indomani mattina avrebbero capito dov’erano. 

«Hai visto anche tu come era ridotto, sarebbe comunque morto entro un mese. E altri due Templari sono fuggiti: stanno cercando il manoscritto e la scatola.» disse Shay, stanco. 

«Ma avevano i manufatti.». 

Cazzo, ma mi lasci in pace? Non possiamo parlarne domani? 

Shay aveva la testa che girava. Dopo l’adrenalina dell’assassinio e della fuga, si era ritrovato il corpo pesante come marmo, lento come se stesse attraversando della gelatina. Davanti ai suoi occhi continuavano a comparire macchiette nere e grigie, facendogli battere le palpebre per scacciarle. Come avrebbe voluto ritirarsi a dormire, persino in quella minuscola brandina sottocoperta. 

Teneva a Liam come a un fratello, ma a volte il suo comportamento fin troppo responsabile e petulante lo portava a un forte desiderio di volerlo gettare giù dalla nave. Dopo che il mondo si capovolse improvvisamente e si raddrizzò di colpo, Shay rispose un po’ confuso. 

«Non lo so... forse... non ne sono certo.». 

«Allora hai fatto la cosa giusta per la Confraternita. Cercheremo dopo gli oggetti. Su col morale, Shay: abbiamo messo i bastoni tra le ruote ai Templari.». 

Ma quanto deve piacerti il suono della tua voce per parlare così tanto? 

Shay non era in vena di chiacchiere, tanto meno con Liam, sempre col chiodo fisso sulla Confraternita e sulle loro missioni. Non si era mai chiesto se quello che facevano era giusto? Mai si era domandato se uccidere un uomo moribondo davvero significava ostacolare i Templari? Non riusciva a togliersi dalla testa l’immagine di Washington che si trascinava tra gli invitati zoppicando, con l’andatura di un uomo che avrebbe dovuto avere il doppio della sua età. 

Grazie per aver abbreviato la mia fine. 

Da quando erano usciti dallo scontro, solo quello sentiva rimbombargli nella testa, come un monito. Strinse i denti, mentre un moto di nervosismo lo scuoteva da capo a piedi. Non sapeva nemmeno lui per cosa fosse irritato o con chi fosse incazzato. Con Liam che continuava a blaterare frasi patriotiche? Con Achille e il suo ordine? Con sé stesso per averlo eseguito senza neanche fermarsi a riflettere se non quando aveva già la lama celata insanguinata? 

Da quando si era unito agli Assassini, in realtà anche prima, il sangue non gli faceva così tanto effetto, ma quello che ora sentiva impregnargli la manica e insozzargli la lama sembrava più pesante rispetto agli altri. Gli faceva venire i brividi il contatto con la sua pelle, tant’è che sentiva il bisogno di strofinarsi l’avambraccio fino a far sparire ogni singola goccia. 

Sentì una mano calda posarsi sulla sua, ancorata al timone come se ne valesse della sua stessa vita. Come se si fosse aggrappato a quello per evitare di affogare. E un po’ si sentiva un naufrago in mezzo a quei pensieri soffocanti. Non ebbe neanche bisogno di girarsi, sapeva già chi fosse. 

«Ma da quel che diceva Washington, non mi sembravano troppo preoccupato dalla perdita.» disse Claudette. 

«È ciò che voleva farti credere.» rispose Liam facendo alzare gli occhi al cielo a Shay. 

Che risposta di merda. 

Era notte, era come se avessero lanciato una secchiata di bianco su un quadro interamente blu, quasi nero. Senza neanche accorgersene aveva già individuato la stella polare, calcolando che si stavano dirigendo verso nord. Se il vento continuava a soffiare in loro favore, forse il giorno dopo sarebbero stati nei pressi di Black Ridge. 

«Liam, io e Shay siamo molto stanchi. Potresti prendere tu il controllo della nave?». 

Liam annuì senza rispondere, mentre Shay veniva pian piano strascinato via dal timone. Si sentiva una bambola di pezza, con le braccia pesanti e molli ai fianchi. Le sentiva doloranti, dopo aver passato non sapeva quanto tempo a girare il timone, mentre la nave veniva scossa dai cannoni e dai mortai, il tutto urlando a squarciagola ordini al suo equipaggio e insulti a quei bastardi degli inglesi. Si fece condurre docilmente da Claudette fino alla cabina del capitano, senza fare storie, e si sedette al tavolo obbediente, mentre la ragazza iniziava a trafficare con il camino. 

Aveva la testa finalmente vuota, nessuna voce di morti che gli sussurravano le loro ultime parole come una litania, non la voce fastidiosa di Liam che si congratulava con lui per aver ucciso un uomo, non c’erano nemmeno più il fruscio delle onde. Si strofinò il viso con le mani, che lasciò lì a coprirgli gli occhi, con i gomiti appoggiati alla scrivania, sempre sommersa di carte e strumenti per la navigazione. Da quando Claudette dormiva lì, c’erano anche un paio di libri. 

Ancora con gli occhi chiusi, udì un rumore metallico, come di padelle che cozzavano tra loro, ma nient’altro, neanche Claudette aveva emesso un solo suono da quando si erano allontanati dal timone. Non si era nemmeno curato di assicurarsi che stesse bene e non lo avrebbe di certo fatto ora, che si sentiva stanco come non gli era mai capitato. Le braccia erano insensibili, pesanti come zavorre attaccate alle sue spalle, si sentiva le gambe tremanti e deboli, mentre la testa pulsava senza dargli tregua. 

Rimasero in silenzio ancora per qualche minuto, mentre da fuori giungevano le voci dei marinai che iniziavano a sistemare la nave per quel che riuscivano a vedere con quel buio. Quando si tolse le mani dal viso, piccole macchiette nere gli danzarono di fronte per qualche istante, mentre sentiva vicino a sé il gorgoglio dell’acqua che veniva versata in tazzine di ceramica. Gli arrivò al naso un odore dolce e delicato, che gli ricordava i fiori di campo che invadevano le periferie di New York, dove si potevano ancora scorgere i prati che circondavano le fattorie. Si girò verso Claudette quando questa si sedette accanto a lui con un sospiro. Gli porse la sua tazza di qualsiasi cosa ci avesse infilato, guadagnandosi uno sguardo scettico e un sopracciglio sospettoso arcuato. 

«È solo camomilla, Shay. ». 

Il ragazzo sbuffò, afferrando il delicato manico della tazzina, troppo piccolo e sottile per le sue dita callose e rudi. 

«Sinceramente, avrei preferito una bottiglia di whiskey in questo momento.». 

Si portò alle labbra la bevanda attento a non scottarsi, mentre Claudette chiuse solo le mani a coppa attorno alla tazza, in cerca di calore. Si sentiva ancora scombussolata dallo scontro, dagli scossoni e dai tremori della nave mentre veniva bombardata. Aveva le mani rosse e infreddolite per l’essersi aggrappata a qualsiasi cosa pur di non venire sbalzata fuori dalla nave. Cime, balaustre, alberi, persino un gradino quando una cannonata più potente delle altre le aveva fatto tremare così tanto le gambe che avevano ceduto. Sentiva la testa che girava e doveva sforzarsi di tenere gli occhi aperti, sebbene avrebbe solo voluto stendersi e dormire per due giorni. 

Prima però doveva parlare con Shay, le era sembrato così strano. Aveva ascoltato la conversazione con Liam e non aveva potuto non notare la smorfia di fastidio sulla bocca del ragazzo. Alla fine, era intervenuta perché aveva paura che lo colpisse. Ora però non sapeva che fare, aveva preparato una camomilla veloce come faceva Mirelle quando la vedeva giù di morale, ma cos’altro? Si strinse le spalle, osservando Shay, che aveva ancora la tazzina a mezz’aria e che guardava di fronte a sé assorto. Aveva una macchia di sangue sulla guancia, a quel dettaglio sentì le ossa gelarsi. Le mani erano tornate fredde, nemmeno il calore dell’acqua calda riusciva a scongelarla. 

Non era il primo assassinio a cui assisteva, non sarebbe stato nemmeno l’ultimo. Era... uno dei tanti, una insignificante goccia di sangue nella scia che si sarebbe portata dietro lungo il cammino di brutale giustizia che aveva scelto. 

Ciò però non significava che qualcosa non l’avesse scossa e non era l’unica in quella situazione, anche Shay sembrava esserne sconvolto. 

Quasi saltò in aria quando il ragazzo affianco a lei posò con un rumore secco la tazzina sul tavolo e si tolse i guanti macchiati di sangue con stizza, un gesto nervoso delle dita che quasi fecero volare via l’indumento per la fretta e la forza impressi in quel gesto. Si abbassò le maniche del cappotto per sganciare le cinghie che tenevano le lame celate attaccate agli avambracci, il rosso vivo che le macchiava sembrava risplendere. Shay poi si alzò e si diresse verso la sua toeletta, senza dire una parola o chiederle alcun permesso, versò dell’acqua nella bacinella che usava per lavarsi e iniziò a strofinarsi le mani col sapone. 

Claudette era rimasta in silenzio tutto il tempo, interdetta e indecisa su cosa fare. L’espressione di Shay mentre si muoveva meccanicamente non trapelava nulla, ma il modo rigido e frettoloso con cui si muoveva, le mani che tremavano comunicavano altro. Era agitato, confuso forse, arrabbiato credeva. Non aveva il lusso di conoscerlo così bene da riuscire a leggere subito i suoi comportamenti, magari era il caso di chiamare Liam... 

Ripensando però al breve scambio che i due avevano avuto, l’espressione apatica di Shay, ma dal modo in cui stringeva tra le mani il timone, come se stesse cercando di reprimersi, forse non era una grande idea. Si morse le labbra, mentre Shay immergeva per la terza volta le mani nel catino e riprendeva a strofinarle con il sapone creando schiuma su schiuma. Passava la saponetta su ogni centimetro di pelle, lungo tutte le falangi, tra le dita, sul palmo, il dorso fino ad arrivare al gomito poi strofinava tutto con forza, quasi rabbia. Dallo specchio poteva vedere le sopracciglia aggrottate, le labbra strette in una linea sottile e dura, le guance scavate, perché se le stava mordendo per impedirsi di urlare. 

Claudette deglutì, poi imitò anche lei il ragazzo. Si sfilò i guanti tirando ogni dito, li mise piegati di fronte a sé, poi passò a slacciarsi le cinghie che tenevano ferma la lama sul suo braccio. Al contrario di Shay, le sue erano immacolate. Si arrotolò le maniche, mentre si alzava e si avvicinava al ragazzo, incredula di quello che stava facendo. Nel frattempo, Shay aveva di nuovo immerso le mani, ormai pulite, riprendendo a sfregarle con la saponetta. 

Mignolo, anulare, medio, indice, pollice, dorso, unghie, in mezzo alle dita, dorso, palmo, polso, avambraccio, mignolo, anulare, medio, indice, pollice, dorso, unghie, in mezzo alle dita, dorso, palmo, polso, avambraccio, mignolo, anulare, medio, indice, pollice, dorso, unghie, in mezzo alle dita, dorso, palmo, polso, avambraccio- 

La prima cosa che sentì fu la mano tiepida di Claudette posarsi sulla sua schiena, esattamente al centro della sua spina dorsale, poco sotto le scapole. La sentì muovere delicatamente il pollice, come a riscaldarlo, poi gli tolse la saponetta tra le mani e la mise da parte. Shay non aveva il coraggio di alzare lo sguardo, di guardarla in faccia, altrimenti sarebbe crollato. Si sentiva sulla cima di un precipizio, solo che alla fine non ci sarebbe stato alcun atterraggio sicuro, solo fredda e ghiacciata acqua. Si limitò a fissarsi le mani inorridito, come aveva fatto per il resto del tempo. Le sentiva sporche, sudicie, viscide, mai si era sentito così. 

  
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