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Autore: fandani03    13/05/2022    0 recensioni
[Starzinger]
[Starzinger]Kitty aveva capito, da sempre. Lo lasciava stare nei suoi pensieri, o gli si rivolgeva con molta delicatezza.
Il Professor Doggert, invece, lo incalzava di continuo con delle frasi ormai ricorrenti:
- “Coogh, accidenti, prova a fare un sorriso ogni tanto! Cosa direbbe Aurora se ti vedesse così??” – e la risposta era sempre la stessa, caustica.
- “La Principessa Aurora non è qui e non può vedermi…e io sorriderò quando avrò un motivo per farlo!” –
Un breve storia per provare a immaginare cosa è successo...dopo.
Per chi, come me (ma siamo in pochi temo) ha amato questa storia, devo dire che, nonostante i messaggi positivi e i grandi valori, la grande tristezza nel finale di quasi tutti i protagonisti mi è sempre rimasta indigesta...
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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11 - Rinascita

Erano passati molti giorni. Il silenzio regnava costante sul Grande Pianeta.
La forza ritrovata aveva permesso alla Principessa Aurora di ricominciare gradualmente la sua vita normale.
La sera in cui si era risvegliata, nonostante le raccomandazioni della Dottoressa Kitty, non potendo attendere oltre aveva deciso ugualmente di recarsi nella stanza dove tenevano Coog. Nel cuore della notte, dando fondo a tutte le sue risorse, aveva scollegato la flebo, sopportato il dolore che le provocava la spalla, e si era incamminata lungo i corridoi della Regina del Cosmo. Sapeva che la Dottoressa Kitty e il Professor Doggert alloggiavano all’interno della loro Base spaziale. Sperava che Gorgo non udisse i suoi passi.
La fatica per raggiungere quella sala fu molto al di sopra di quanto si sarebbe mai aspettata, ma una volta giunta a destinazione, trovando una sedia sulla quale poggiarsi, seppe di aver fatto la cosa giusta. Doveva stargli vicino.

Poter sfiorare il suo viso le aveva fatto provare un’accelerazione al cuore che era pari alla paura provata in tutti i giorni trascorsi in prigionia. L’aveva trovato disteso e inerme.
Non era usuale vederlo in quello stato. Era sempre stato forte, era il suo punto di riferimento. Colui che, ne era sempre stata certa, non avrebbe mai ceduto di fronte ad alcun nemico.
Lui che la proteggeva e l’adorava, ma che la contraddiceva e discuteva ogni sua decisione.
Lui che la sfidava e le aveva dato filo da torcere fin dal primo giorno.
Ma era anche colui che aveva sfidato la velocità della luce per salvare la Terra, per salvare lei stessa, che aveva incassato infiniti colpi per proteggere dei bambini.
Colui che, nel tempo, aveva subito un’evoluzione enorme, divenendo maturo e responsabile, in grado di comprendere bene il significato della vita.
Lui che, contrariamente ai ruoli prefissati sin dalla partenza, non soccombeva ciecamente ai suoi ordini e nel quale, da un certo momento in poi del loro percorso, aveva trovato non più un cyborg da gestire e istruire bensì un compagno con cui confrontarsi e con il quale condividere ogni responsabilità.

Desiderava solamente riaprisse presto gli occhi per potersi ancora guardare come avevano sempre fatto. Fosse stato anche per un’ennesima discussione, o per un ennesimo scherzo che lui, insieme agli altri, adoravano farle.
Per vederlo prendersi gioco di lei e della sua ingenuità e per poter lei, a sua volta, mettere il broncio e lasciarlo in attesa di poter “far pace”.
Per sentire ancora la sua voce dire Principessa Aurora, tu non ti rendi conto, sei troppo buona. E quando, un attimo dopo, dopo averlo lei aspramente rimproverato, si scioglievano entrambi in un tenero sorriso reciproco, che nascondeva quel recondito desiderio di stimolarsi l’un l’altro.
Aveva imparato molto da lui. Certamente era riuscita a trasmettergli dei valori che da solo, forse, non sarebbe riuscito a mettere a fuoco. Ma, a sua volta, Ian Coog le aveva insegnato a difendersi, ad essere coraggiosa e prudente al tempo stesso. A saper riconoscere un pericolo, a saper prendere un’iniziativa quando necessaria. A diffidare del nemico, a conciliare il perdono con la prudenza.
Lui che non si fidava di nessuno ma che aveva imparato a dare a tutti una possibilità. Che non l’aveva mai lasciata un istante, se non quando lei stessa l’aveva allontanato. Gesto del quale non si era ancora davvero perdonata.

Quando era giunto in suo soccorso lì sul Grande Pianeta, salvandole la vita per l’ennesima volta e sacrificando se stesso, i soli pochi attimi che avevano condiviso erano stati di paura e concitazione.
Ma quella piccola frase che le era parso di sentirgli pronunciare…non era certa di aver udito bene. La paura, il frastuono, il laser, la Regina Lacet…
Era però ormai certa che nel loro cuore albergasse lo stesso sentimento. E non riusciva più ad immaginare, per se stessa, una vita serena sul Grande Pianeta senza la presenza di Coog al suo fianco.
Un sentimento che aveva tenuto dentro troppo a lungo, senza aprirsi mai con nessuno. Neppure con la dottoressa Kitty.
E fu proprio mentre la sua mente formulava quell’ultimo pensiero che un tocco, delicato a sua volta, si era posata sulla sua spalla.
Gli occhi di Aurora, pieni di lacrime, incontrarono quelli della sua madre adottiva. Quella donna così severa e rigida ma la quale aveva sempre trasmesso così tanto calore in un semplice sguardo. Non era mai stato necessario che le dicesse che la adorava come fosse stata sua figlia, lo sapeva già.
- “Ero certa che ti avrei trovata qui. Stai bene?” - e proprio quella banale domanda, in quel doloroso momento di debolezza, e le mani di quella madre ritrovata la fecero sentire al sicuro, protetta, tanto da poter finalmente dar sfogo a quanto il suo cuore stava trattenendo.
Si alzò e si buttò tra le braccia di Kitty la quale, a sua volta, la strinse a sé con forza.
- “Piccola bambina. Sono qui, non temere, piangi pure. Hai vissuto un’esperienza terribile…” -
Il pianto accorato di Aurora non si arrestava.
Quando finalmente aveva ritrovato un poco di calma e lucidità, le sole parole che riuscì a pronunciare furono poche e intense:
- “Ho bisogno che lui torni da me…” -
Il silenzio che scese tra loro durò solo pochi istanti. Kitty prese in mano la situazione e, dando fondo ad ogni sua risorsa, cercò le giuste parole da destinare a questa giovane donna il cui destino era stato segnato dall’età di cinque anni. Questa giovane donna, così salda ma ora così indifesa e impaurita, meritava che le parole a lei rivolte fossero giuste e scelte accuratamente. Era il momento di dirle tutte quelle cose che aveva sempre scelto di celare.
- “Aurora, Principessa della Luna, Regina del grande Pianeta…tu sei molte cose. Ma ora, in questo preciso istante, per me sei solamente Aurora. Ed è a lei che parlerò…” -
Lo sguardo di Aurora si fece più concentrato.
- “Hai vissuto momenti terribili, non oso immaginare quello che puoi aver passato. E non mi riferisco unicamente alla prigionia di queste ultime settimane. Sei sola da molti mesi, e questo deve averti messo a dura prova. Ed è colpa mia. Me ne assumo pienamente la responsabilità. Abbiamo sbagliato e ti chiedo perdono.”-
- “No, dottoressa, ma cosa dici?” -
- “Ti prego, lasciami finire… Io ho sempre saputo cosa albergava nel tuo cuore, così come nel suo. Avremmo dovuto permettere a Coog di rimanere con te, qui sul Grande Pianeta. Appena tornati sulla Terra lui espresse immediatamente questo desiderio..” - disse indicando con lo sguardo il corpo inerme del cyborg sul lettino.
- “Sul serio?” -
- “Certamente. Non è necessario che io ti spieghi quali sono gli ostacoli, quali saranno. Ma lui ti ama profondamente. L’hai visto, darebbe la vita per te. E sono ormai certa che tu ricambi totalmente questo sentimento…” -
- “Io..credo di sì…” - abbassò lo sguardo, con imbarazzo mal celato.
- “Non devi provare vergogna per questo. E’ un sentimento molto bello e assolutamente naturale per chi, come voi, ha condiviso tanto. Gioie e dolori. Paure e forti emozioni. Siete profondamente legati, e lo sarete per sempre. Non temere oltre, si sveglierà, faremo di tutto affinché si rimetta in forze. E a quel punto…” - Kitty fece silenzio.
- “Cosa devo fare?” -
- “Segui il tuo cuore. Noi non interferiremo oltre.” -
Non era necessario dire nulla, da parte di nessuna delle due donne. Sapevano di aver compreso perfettamente l’una le intenzioni dell’altra.
Lo sguardo di Aurora si spostò su Coog. Il volto era disteso ma non riusciva a non temere il peggio.
Il Professor Doggert le aveva spiegato che quel corpo di cyborg, dopo l’usura prodotta dalle innumerevoli accelerazioni atomiche subite, avrebbe avuto bisogno probabilmente di molto tempo per rigenerarsi. Aveva disconnesso alcuni circuiti per far sì che potesse ricaricarsi più in fretta. E la parte legata al cervello e alla parola, al momento, non era in grado di interagire. Ma non era purtroppo certo che, anche ripristinando la giusta energia, potesse riattivare ogni sua funzione.
Aveva fatto un iniziale tentativo, senza alcun esito. Aveva allora deciso di disabilitare alcuni circuiti per consentire al suo corpo di riprendere forza.

Ma i giorni passarono e Coog continuava a giacere in quell’asettica stanza della Regina del Cosmo.
Gorgo aveva deciso che sarebbe rimasto sul Grande Pianeta fino a che Coog non si fosse risvegliato. Non aveva avuto cuore di andarsene, l’esperienza appena vissuta, i pericoli che avrebbero ancora potuto celarsi in ogni angolo dell’universo non gli avevano permesso di ritirarsi, come in cuor suo avrebbe desiderato. Ma il bene e la sicurezza della Principessa Aurora venivano prima di ogni altra cosa.
Con l’accordo di tutti Hakka era partito per tornare sul pianeta di Fango, che ormai era tornato splendente e florido. Prima o poi sarebbe tornato a far loro visita. Ad ogni modo avevano instaurato dei contatti regolari, attraverso le tecnologie della Base terrestre, e riuscivano ad aggiornarsi regolarmente.
 
Dopo un breve confronto con la Dottoressa Kitty, Gorgo si era schiarito le idee e aveva semplicemente detto:
- “Rimarrò qui fino a che Coog non si riprenderà. Gliel’ho promesso. Se succedesse qualcosa ad Aurora, nuovamente, verrebbe a cercarmi e non avrei scampo!” - tentando la strada dell’ironia si era cavato d’impaccio. Non era stato necessario dover precisare che la preoccupazione per Aurora attanagliava lui come il povero Coog dormiente. Era sempre stato così, per tutti loro. L’amava anche lui, era chiaro a tutti, ma Gorgo era di animo sensibile e non avrebbe mai permesso a se stesso un tale egoismo. Nonostante, in quelle lunghe giornate passate sul Grande Pianeta a vegliare su di lei, avrebbe potuto ritagliarsi un posto speciale senza faticare affatto. Aurora gli voleva bene. Ma era chiaro per tutti, anche a Gorgo, che si trattava di due sentimenti completamente diversi.
Attendeva solo il momento di poter risalire sul suo Star Kopper e tornare alla sua vita.


Il Professor Doggert aveva tentato nuovamente di rianimare Coog, avvalendosi persino di scariche elettriche.
Aurora non aveva avuto la forza di restare a guardare, era uscita dalla stanza e si era diretta verso l’hangar. Doveva prendere aria. Era perfettamente consapevole che Coog era un cyborg, che non provava lo stesso dolore che provano gli esseri umani e che comunque, in quel momento, era privo di conoscienza. Ma non riusciva ad osservare una scena così cruda. Necessaria ma troppo dolorosa. Alle sue spalle era giunta la Dottoressa Kitty, qualche minuto dopo, scuotendo la testa. Rendendo ben chiaro che anche quel tentativo era stato vano. Coog non reagiva.
Aurora era corsa via. Raggiungendo il palazzo della Regina e rifugiandosi laddove sapeva di poteri sfogare liberamente. Si sentiva sopraffare, non riusciva neppure a concentrarsi suoi doveri, tanto l’angoscia attanagliava il suo cuore.

Poche ore più tardi, con il permesso della Dottoressa Kitty, Gorgo aveva raggiunto Aurora all’interno del palazzo. Non aveva più messo piede in quel luogo dopo quel giorno, dopo l’aspro combattimento con il computer e con la Regina Lacet. Per certo non aveva mai avuto occasione di visitare l’alloggio privato della Principessa.
Una convinzione albergava nella mente di Gorgo e sentiva di dover seguire il suo istinto. Ne aveva discusso con la Dottoressa Kitty e il Professor Doggert.
Non si erano espressi a favore perché erano convinti, specialmente Kitty, che al momento Aurora non avesse energie sufficienti per sopportare anche quella prova. Il suo compito era quello di incanalare ogni sua risorsa affinché l’Universo fosse in pace.
Gorgo era però convinto che quella fosse la sola speranza per Coog. Solo Aurora poteva risvegliarlo.
- “Principessa, ti disturbo?” -
Aurora sussultò e istintivamente si asciugò le lacrime.
- “Gorgo, tu qui…” -
- “Ti chiedo scusa, so che non dovrei..” -
- “Oh no, non intendevo questo. Vieni pure..” -
- “Volevo parlarti…” -
- “Sai che anche oggi il Professor Doggert ha provato a risvegliare Coog, ma non c’è nulla da fare…” - le lacrime continuavano a scendere.
- “Aurora, dovresti venire con me..” - si avvicinò a lei con amorevolezza.
la giovane lo osservò senza proferire parola. Senza neppure comprendere il motivo si alzò aiutata dalle mani di Gorgo. Si fidava di lui.
- “Dove andiamo?” -
- “Andiamo da Coog.” -
- “Gorgo…” -
- “Fidati di me.” -
- “D’accordo.” -

Una volta giunti all’interno della sala medica dove si trovava il cyborg, Aurora rimase sulla porta. Faticando ad avvicinarsi nuovamente.
- “Principessa, non temere. Devi avere fiducia, andrà tutto bene. Le normali tecnologie a nostra disposizione non stanno funzionando. Io….io credo sia tu la sua unica speranza.” -
- “Ma cosa posso fare?” -
- “Devi solo stargli vicino…” – non aggiunse altro. Non voleva spiegarle che, nelle sue idee, solo l’energia galattica sprigionata dall’amore avrebbe forse potuto aiutare Coog. Non voleva dirle altro per non caricarla di responsabilità. Quaunque cosa fosse accaduta lì dentro, sarebbe dovuta accadere spontaneamente. Aveva visto più volte, in passato, cosa era in grado di fare Aurora quando il suo cuore emanava un sentimento molto potente. E in questa circostanza, l’amore e la paura avrebbero potuto giovare allo scopo.

Aurora si sedette accanto a lui, gli accarezzò una mano. Gli prese la mano e la strinse con forza. Rimase così per alcuni istanti, osservando il corpo indifeso di quel giovane e potente cyborg.
Passarono molti minuti, minuti durante i quali Aurora continuò a parlargli.
- “Coog, ti sei sacrificato per me. Ancora una volta. E ora sei qui, ed io non posso fare niente per te…Coog!!” - le lacrime cominciarono a scorrere incontrollate.
Si gettò sopra il corpo di lui con disperazione, piangendo accoratamente.
- “Torna da me, ti prego!” -
Un istante dopo il corpo della Principessa Aurora, tutto, cominciò ad emettere un bagliore accecante. L’intera stanza si illuminò di quella forte e intensa luce. Anche Gorgo ne rimase folgorato, dovette chiudere gli occhi.
Era l’energia galattica, era amore.
Tutto il corpo di Ian Coog fu pervaso da quelle onde incredibili.
Persino Gorgo sentì invadersi di grande calore. Era una calore benefico, rigenerante. Positivo. Rassicurante. - “E’ incredibile!” - esclamò tra sé Gorgo.
Dopo pochi attimi la luce cominciò ad affievolirsi e infine cessò. Il corpo di Aurora era ancora riverso su quello di Coog ma il suo pianto accorato era cessato. Un improvviso silenzio scese sui presenti.
Aurora sollevò il capo – “Cosa è successo?” -
Coog giaceva ancora immobile.
Purtroppo, a quanto appariva in quel momento, non era cambiato nulla.
- “Il tuo corpo ha emanato un’enorme quantità di energia galattica. Credo sia stata scatenata dai suoi sentimenti, dal tuo dolore.” -
- “E’ per questo ragione che hai voluto portarmi qui? Sapevi che sarebbe successo? E credevi che si sarebbe svegliato?” -
- “Lo credevo, sì…” -
- “Ma a quanto pare non è servito…” – aggiunse Aurora con la voce spezzata.
- “Non posso crederci…ero assolutamente certo avrebbe funzionato.” - esclamò Gorgo.
- “E’ tutto inutile!” - Aurora scuoteva la testa, affranta e sconsolata.
Gorgo si era voltato incapace di sostenere quel momento, stavolta aveva fallito ed era lui la causa dell'ennesima forte delusione per la Principessa. Aveva avuto torto. Neppure l’energia galattica aveva avuto il potere di risvegliare il corpo di Coog.
Il pianto di Aurora riprese, anche se meno disperato. Questa volta si trattava di un pianto sommesso, pervaso di rassegnazione e profonda tristezza. Aveva poggiato nuovamente la testa sul corpo inerte del cyborg Ian Coog. Le lacrime continuarono a scorrere sulle sue giance, e lentamente lasciavano traccia sopra quel corpo dormiente.
Persino la stella dell’amicizia risplendeva, anche a causa della lacrime che scorrevano sopra di essa.
Gorgo capì che doveva lasciare quella stanza. Probabilmente per Coog non c’erano più speranze e Aurora aveva il diritto di dirgli addio. Uscì dalla stanza senza farsi notare. Le porte si richiusero e Gorgo corse via.

Le delicate mani di Aurora, dopo aver sollevato la testa, sfiorarono il volto di Coog. La sua parte umana. La sua parte viva. Gli fiorò viso e occhi. Non si muoveva. Con il viso inondato di lacrime si avvicinò ancora a lui e alcune lacrime caddero andandosi a posare sul viso del cyborg.
- “Coog! Hai sacrificato tutto per me. Perdonami Coog, è tutta colpa mia!” - Aurora si alzò lentamente. Sentiva il bisogno di uscire, di respirare dell’aria fresca, si sentiva soffocare. Strinse forte le mani di Coog e si avviò verso l’uscita. Non si voltò e la porta si richiuse alle sue spalle. Si diresse verso l'esterno, con l'intenzione di ritornare nel palazzo. Percorrendo quel tragitto tentò in ogni modo di ritrovare, in sé, la forza di ricomporsi e tornare ad essere la Regina. Quello era il suo compito.
Era certa non ci fosse più speranza, ma sarebbe tornata da lui molto presto.

Qualche minuto più tardi, all’interno della stanza medica, accadde qualcosa che nessuno vide…un movimento oculare impercettibile.

 
  
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