Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
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Autore: Tomoe_Akatsuki    13/05/2022    0 recensioni
Abbacchio aveva imparato a conoscere Bucciarati, durante quegli anni. Nelle piccole chiacchierate, nei momenti di umanità che condividevano, quando decidevano di lasciare un altro pezzetto di loro nelle mani nell'altro. Se la loro fosse stata una vita normale, si sarebbero potuti definire amici. Ma la loro non era una vita normale, e l'unica maniera per descriverli era che si fidavano a tal punto dell'altro da lasciarsi coprire le spalle.
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Bruno Bucciarati, Leone Abbacchio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Erano stati fortunati alla fine, tutto sommato.
Il vecchio proprietario del locale in cui si erano fermati, ormai esausti, era stato così gentile da offrirgli una camera per la notte, oltre a preparare una cena con i fiocchi per loro, che erano tra i pochi avventori della serata.
Gli aveva offerto una bottiglia di ottimo vino, e se n'era andato con un'aria da chi sapeva già tutto, lo strofinaccio in spalla, senza però prima aver messo un vinile, la cui puntina grattò a vuoto per diversi secondi.
  Bucciarati si illuminò nel sentire la melodia allegra che uscì dal grammofono, una volta che la puntina finalmente cadde nel solco.
«Direi che una scelta più giusta non ci sia.» commentò, un piccolo sorriso che si disegnò sul volto.

Libiamo, libiamo ne' lieti calici, che la bellezza infiora

Abbacchio mantenne la sua solita espressione indifferente, in quel momento quasi imbronciata. Seduto mezzo scomposto - la schiena poggiata alla sedia, le gambe divaricate, una sotto il tavolo, l'altra che spuntava oltre il piede del tavolo tondo -, muoveva il vino nel calice in piccoli cerchi lenti, osservando i giochi di luce creati dal caminetto di fianco a loro, praticamente l'unica fonte di luce rimasta - c'erano anche delle lampade, ma erano più lontano da loro.
  Avrebbe preferito farsi qualche ora in meno di sonno e più in macchina, piuttosto che fermarsi in quel paesino. Ma Bucciarati aveva insistito - «È disumano stare tutte quelle ore alla guida, Abbacchio. Io sono stanco e tu sei stanco.» - e allora erano entrati in quel locale che aveva attirato l'attenzione del capo.
«Andiamo, Abbacchio. Sei ancora offeso? Nonostante il buon vino che hai davanti?»
In risposta, l'ex poliziotto trangurgitò quel che rimaneva nel suo calice, riempiendone subito un altro, e strappando così una risata a Bucciarati.

Libiam ne' dolci fremiti che suscita l'amore
Poichè quell'occhio al core onnipotente va

«Solo perché è un buon vino.» puntualizzò Abbacchio, poggiando i gomiti sul tavolo e portando il busto in avanti.
Bucciarati gli rivolse un sorriso, residuo della risata precedente.
  Nonostante l'incarico che avevano portato a termine solo nel pomeriggio di quella giornata, dopo quasi una settimana lontani da Napoli, era stato alquante sfiancante, Bucciarati aveva un'aria estremamente rilassata, come se fosse semplicemente stata una delle abituali giornate a Napoli.
Abbacchio, al contrario, aveva solo voglia di crollare su un letto e risvegliarsi tra qualche mese.
Essendo che avevano dovuto seguire le orme di un uomo che sembrava ormai scomparso dalla circolazione, Moody Blues era stato praticamente sempre attivo. 
  L'ex poliziotto affogò tutti i suoi pensieri in quello che forse era il quarto calice di vino - quando iniziava, perdeva sempre il conto.
  Al contrario di quello che si sarebbe aspettato, Bucciarati gli riempì il calice, e dopo il suo.
  «Libiamo, Abbacchio.»

Ah! Libiam, amor fra' calici più caldi baci avrà

Abbacchio alzò lo sguardo dal suo calice, stupito - gli occhi giallo-viola leggermente dilatati, le labbra coperte dal rossetto violetto dischiuse - e confuso.
Bucciarati ricambiò lo sguardo con quella sua abituale aria praticamente paterna, tutta concentrata negli occhi e nel sorriso, mentre teneva il calice alzato.
Quella linea dolce delle labbra piene, dall'aria di essere così morbide e gentili - anche quando da esse erano uscite parole taglienti, Abbacchio non era riuscito a non trovarle gentili -, quella linea resa visibile a chiunque dal leggero trucco che contornava gli occhi blu, rassicurante e avvolgente, quel profilo che riusciva a descrivere solo con la parola dolce. L'ex poliziotto le aveva osservate così tante volte da poterle quasi disegnare ad occhi chiusi, ma si perse a contemplarle come la prima volta - se il ricordo del loro primo incontro si era sbiadito, la figura quasi santa sotto la pioggia che chiude l'ombrello per farlo a sentire a suo agio no.
  Si schiarì la voce, abbassando nuovamente lo sguardo per qualche secondo, mentre assumeva una seduta più composta, sentendo che quella attuale era estremamente sbagliata.
«A cosa?» chiese, con una voce stranamente graffiata - era imbarazzo quello che gli stava seccando la bocca e rallentando il cervello?
«Alla riuscita della missione, ad una vita lunga..... Qualunque cosa tu voglia.» rispose Bucciarati, lasciando lo sguardo vagare oltre le spalle di Abbacchio, pensando a una motivazione - una motivazione diversa da quella che l'aveva portato a proporre il brindisi.
Quando il blu tornò a legarsi al giallo-viola, una manciata di secondi dopo, l'ex poliziotto sentì un brivido, leggero, percorrerlo da capo a piedi. Perché - dannazione a lui - aveva capito cosa il compagno stesse per dire.
«A noi.»

Godiam, fugace e rapido è il gaudio dell'amore;
è un fior che nasce e muore, né più si può goder

Ogni volta che Abbacchio raggiungeva una sorta di equilibrio - accettava i fatti, o semplicemente li impacchettava per bene e li buttava da qualche parte -, sembrava che Bucciarati si divertisse a destabilizzarlo di nuovo, con un'azione, una parola, una frase, con del sottinteso.
Bucciarati lo sapeva che era un'abitudine egoista la sua. E ci aveva provato a non farlo. Ma l'idea che l'ex poliziotto avesse potuto allontanarsi da lui, poiché ormai saldo, gli provocava un senso di malessere al petto e allo stomaco.
  Ricordava la sensazione pungente di quello sguardo giallo-viola ubriaco, luminoso nella pioggia e nella notte come quello di una fiera bellissima e orgogliosa. 
Ricordava il dolore che aveva percepito, altrettanto pungente. 
«Abbacchio.» aveva chiamato, cercando di mostrare le sue intenzioni non ostili. 
«Quello che è importante non è il risultato finale.» aveva continuato, le parole lente e ben scandite «E' come ci arrivi.»
Quegli occhi da fiera avevano continuato ad osservarlo, aspettando che proseguisse - se Abbacchio fosse stato realmente una fiera, avrebbe mostrato i denti e ringhiato, avvisandolo.
Allora Bucciarati aveva chiuso l'ombrello, e aveva detto quelle parole che avrebbe voluto dire fin dall'inizio - fin da quando aveva saputo della vicenda.
  «Unisciti alla mia squadra.»
L'aveva preso in contropiede, l'aveva visto dalla sua espressione, improvvisamente stupita.
«Non morire legato al tuo passato.» 
E in quel momento, seppe di averlo punto sul vivo, gli occhi giallo-viola che avevano perso qualunque sfumatura intimidatoria, rimanendo solo quelli di una persona rotta da più tempo di quello che pensava.
L'aveva visto darsi un'occhiata alle spalle - sia metaforicamente che realmente -, soppesando se ne valesse la pena. Poi l'aveva visto posare la bottiglia mezza vuota a terra, e infine girarsi verso di lui. 
  Erano rimasti un lasso di tempo abbastanza lungo sotto la poggia, a fissarsi, a dialogare con gli occhi, in un muto silenzio.

Ah! Godiamo, la tazza, la tazza e il cantico la notte abbella e il riso,
in questo in questo paradiso ne scopra il nuovo dì

Abbacchio aveva sentito di aver perso di nuovo l'equilibrio. 
Sono solo due parole, si ripeteva. Ma c'erano tutti quei significati, che due semplici parole non potevano essere.
  Abbacchio aveva imparato a conoscere Bucciarati, durante quegli anni. Nelle piccole chiacchierate, nei momenti di umanità che condividevano, quando decidevano di lasciare un altro pezzetto di loro nelle mani nell'altro. Se la loro fosse stata una vita normale, si sarebbero potuti definire amici. Ma la loro non era una vita normale, e l'unica maniera per descriverli era che si fidavano a tal punto dell'altro da lasciarsi coprire le spalle. 
Appunto perché lo conosceva, sapeva che quelle non potevano essere due semplici parole. 
Glielo leggeva negli occhi blu, che lui aveva capito cosa celasse Abbacchio, dietro il suo carattere aggressivo e poco sociale. Glielo leggeva nella piega quasi divertita delle labbra, che per lui non era un problema. 
  L'ex poliziotto decise che era stufo di tutti quei giochi sotto tavolo - nonostante fosse caratterizzanti del loro rapporto. Avrebbero potuto continuare, ma non adesso. Doveva far vedere la sua mano all'avversario. E lo fece.

La vita è nel tripudio...Quando non s'ami ancora...Nol dite a chi l'ignora,È il mio destin così...

Era stato più veloce di quanto si potesse aspettare. Aveva allungato la mano e afferrato il bordo della giacca bianca di Bucciarati, tirandolo in avanti.
Più che un bacio, fu uno scontro di labbra, dettato dall'impeto e dalla sorpresa. Sapeva di vino, e del retrogusto lasciato dal tabacco delle troppe sigarette fumate.
  Abbacchio rimase sorpreso di come quelle labbra fossero ancora più morbide di come avesse immaginato, raggiungendo una sofficità tale che aveva quasi paura a toccarle. Per questo, dopo i primi secondi di confusione iniziale, alleggerì il suo tocco, quasi ad un semplice sfioramento.
Sentì la mano di Bucciarati prenderlo per uno dei lacci che tenevano legati i due lembi della giacca, e invitarlo ad avvicinarsi. Sentì la sua lingua entrare nella sua bocca, e calda accarezzarla.
Era così gentile nel suo tocco. Era così rassicurante e confortante.
  Quando si staccarono, la prima cosa che l'ex poliziotto vide fu lo sguardo quasi completamente liquido del compagno. Seguito poi dalle labbra sporche di rossetto viola.
  «Libiam, Bucciarati. A noi.»
E Bruno sorrise, il sorriso più vero che avesse mai fatto dal ricovero del padre in ospedale.

Godiamo, la tazza la tazza e il cantico la notte abbella e il riso,
in questo in questo paradiso ne scopra il nuovo dì

 

   
 
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