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Autore: LadyYuna94    14/05/2022    1 recensioni
"Ogni notte, da ventun anni oramai, faccio sempre il solito sogno, è così strano.
/.../ La scena è sempre la stessa: un prato, alba appena inoltrata, io che rincorro un bambino con una casacca arancio acceso e i capelli neri. /.../ Corre ad una velocità assurda, non riesco mai a stargli dietro, i suoi capelli sono così strani, come se stessero sparati in aria per qualche forza misteriosa. Non so come si chiama, non so, in generale chi è. Di solito si sogna ciò che nella maggior parte delle cose si conosce, soprattutto quando si ha tre anni, ma evidentemente non è il mio caso..."
Maya è la figlia adottiva dei Brief e lei e Bulma sono inseparabili. Tra chiacchiere tipicamente femminili, caffè e decisamente troppe sigarette, l'ultima estate prima della laurea un incontro inaspettato con i nuovi investitori della Capsule Corporation, che nascondono un segreto inconfessabile, cambierà per sempre le loro vite e anche il loro modo di percepire la realtà...
(E' LA PRIMA LONG SU DRAGON BALL DELLA MIA VITA, SCRITTA UNA DECINA D'ANNI FA E RIVISITATA, CHIEDO GIA' SCUSA PRIMA DI PUBBLICARE XDXD)
Genere: Commedia, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Goku, Nuovo personaggio, Radish, Vegeta
Note: Lemon | Avvertimenti: Violenza
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INTRODUZIONE

- Aspetta non correre!-

Sento la mia voce che lo chiama. Forte.

“Quel bambino è incorreggibile...per quanto mi sforzi di corrergli dietro, riesce sempre a sfuggirmi…”

Ogni notte, da vent’anni oramai, faccio sempre il solito sogno, è così strano.

Capita a tutti di fare un sogno ricorrente, no? Ma per venti lunghi anni la cosa sembra essere un po’ assurda. La scena è sempre la stessa: un prato, alba appena inoltrata, io che rincorro un bambino con una casacca arancio acceso e i capelli neri. Ma non è un bambino normale, no, non lo è per niente. Corre ad una velocità assurda, non riesco mai a stargli dietro, i suoi capelli sono così strani, come se stessero sparati in aria per qualche forza misteriosa. Non so come si chiama, non so, in generale chi è. Di solito si sogna ciò che nella maggior parte delle cose si conosce, soprattutto quando si ha tre anni, ma evidentemente non è il mio caso.

Per quanti sforzi, ricerche o altro, non l’ho mai davvero incontrato nella realtà e, col passare degli anni, ho cominciato a vederlo come l’amico immaginario dell’infanzia, che anche a ventitre anni torna a farti visita nei sogni per non farti dimenticare mai la tua parte bambina.

Mi sono sempre sentita fuori posto per via di questi sogni strani, a volte quasi premonitori. Rimango attaccata al pianeta Terra grazie alla costanza nello studio e alla voglia di sfondare con la carriera, sono le uniche cose che al momento mi rendono felice e orgogliosa di me stessa.

Sento però di aver sempre un pezzo mancante. Forse la voglia di innamorarmi, voglia di un amore che dia la sensazione di ardere vivi, che ti faccia arrabbiare, ma anche gioire, quell’amore che sia per sempre…

Non immaginavo, sarebbe arrivato nel momento più inaspettato…

 

 

La professoressa picchietta nervosamente con la bic sul mio libretto universitario, valutando meticolosamente il mio ultimo test scritto. Il modo in cui arriccia le labbra mi fa quasi venir voglia di urlare, la sua espressione è praticamente impenetrabile. Se mi boccia ora, addio laurea tra sei mesi. E non posso assolutamente permettermelo con lo stage e tutto il resto. Tutti i miei piani per il futuro andrebbero totalmente a puttane.

- Bene, direi che possiamo tranquillamente concludere qui- dice la donna con voce squillante, facendo ondeggiare in modo elegante il suo cordino per occhiali color oro.

Tiro un impercettibile sospiro di sollievo quando la vedo segnare il voto sull’ultimo rigo del mio libretto d’esame.

- Le faccio i miei migliori auguri per la laurea e, soprattutto per il futuro!- il suo sorriso rassicurante viene prontamente ricambiato, quando mi porge quella sorta di blocchetto rilegato in cuoio.

- Grazie mille, professoressa, le auguro una buona giornata- e faccio per uscire.

Quando esco dall’aula d’esame, resto per qualche minuto con le spalle poggiate contro lo stipite e gli occhi chiusi, il respiro che man mano torna regolare. Non posso crederci, la mia carriera universitaria è finita, si è conclusa con un cento nell’esame più difficile possibile.

Il rumore di scarpe col tacco che riconoscerei tra mille, quelle costosissime di Bulma, mi destano da quella sorta di torpore in cui ero caduta.

- Allora? Com’è andata?- la voce argentina della mia coetanea fa alzare il livello della mia allegria ancor di più.

- Ho preso cento!- comunico per poi lasciarmi andare ad un urlo liberatorio insieme all’altra e un abbraccio che lascia praticamente sconvolta la metà degli studenti presenti in corridoio.

- Che ti dicevo? E tu che stavi lì in ansia, a preoccuparti di ricordare le cose!- mi dice mia sorella in tono canzonatorio e nel dirlo ravvia con fare elegante la sua liscia chioma turchina.

Quando l’aria di festeggiamenti si dissipa (dopo un quarto d’ora abbondante), Bulma mi prende sottobraccio e insieme ci avviamo fuori dal campus universitario.

- Santo cielo, Maya! Ti rendi conto che è finita? Caput? Niente più libri, niente più professori, niente di niente! Solo lavoro, soldi e felicità!- mi dice allargando il suo sorriso

- In questo preciso ordine- mi affretto ad aggiungere

- Ovviamente- ribatte energica, il suo brio mi fa letteralmente venir voglia di saltellare qui, alla fermata del bus con semaforo rosso.

Del resto, dopo vent’anni dovrei essere abituata al suo essere spumeggiante, siamo compagne di banco, amiche dalla scuola dell’infanzia, sorelle da quando i suoi hanno deciso di adottarmi legalmente quando ho compiuto dieci anni, siamo cresciute praticamente insieme, eppure ancora non mi abituo al suo essere così tremendamente solare.

- E finalmente la nostra estate può iniziare!- riprende, tirandomi leggermente quando scatta il verde al semaforo.

- Lunedì arrivano anche James e C, è immancabile il nostro rito di prendere il sole in piscina a casa e festeggiare l’inizio dell’estate!- mi comunica, come se già non lo sapessi. Facciamo questa cosa ogni anno praticamente da sempre.

Sospiro, un po’ malinconica. Mi sembra troppo bello per essere vero, potremo goderci l’estate senza la paura delle scadenze, degli esami, dei libri e delle dispense che si accumulano sulla scrivania.

- Sorellina, ti ricordo che a dicembre c’è la laurea e siamo ancora indietro con la tesi, non possiamo permetterci di arrivare all’ultimo minuto…- la voce della mia coscienza parla per me.

Bulma sembra non cambiare assolutamente espressione, anzi le mie parole sembrano esserle entrate da un orecchio e uscite dell’altro. Tanto lo so che con Bulma arriveremo sempre all’ultimo minuto, ma ogni tanto cerco di rammentarle che dovremmo cambiare il nostro modo di fare, soprattutto nello studio.

- Piantala! Non essere così pesante, almeno un po’ di meritato riposo!- mi ammonisce con finto tono duro

- L’estate è la stagione degli amori: ragazzi abbronzati, vacanze in bei posti, abbiamo così tanto da fare che vedrai, la tesi sarà l’ultimo dei tuoi problemi- riprende risoluta, indossando gli occhiali da sole, con fare da diva.

Resto lì a riflettere qualche secondo con sguardo corrucciato, ma alla fine, come sempre mi lascio convincere.

- In effetti non hai torto, credo ce lo meritiamo...- rispondo con tono di voce più alto di quello che avrei voluto.

- E voglio dare una festa!- annuncia, prendendo il suo i-phone e cominciando a scrivere velocemente.

Io sgrano leggermente gli occhi

- Scusa, non basta la megasuperfesta che ci ha promesso la mamma e che dovremo dare dopo la seduta di laurea?- le ricordo prontamente.

- Naturalmente, ma bisogna festeggiare anche la fine degli esami!- il modo in cui calca ogni singola sillaba della frase, è di quelli che non ammettono replica.

- Una bottiglia di champagne con C e James in piscina sarà sufficiente, una cosa intima, tra di noi…- cerco di farla ragionare.

- E i nostri amici? Non meritano di brindare alla nostra salute e alle nostre lunghe e sfavillanti carriere? Dai, Maya, prometto che sarà tutto all’insegna della sobrietà!- dice incrociando entrambe le dita sul petto e avvicinandosi tipo Satana pronto a riscuotere l’anima. Le conosco bene le cosine sobrie di mia sorella. Nella migliore delle ipotesi finiremo per ubriacarci, musica a palla tutta la notte e al mattino dopo saremo completamente uno straccio.

- Decidi tu, infondo la festa è la tua- rispondo rassegnata facendo spallucce.

- Per questo sei la sorella migliore del mondo!- dice tirandomi a sé per abbracciarmi

- Perché cedo sempre alle tue richieste?- chiedo alzando un sopracciglio

- Certo, ma non solo per questo-

- Vorrei ben vedere...- continuo, stringendo gli occhi a due fessure e mentre stiamo lì a ridercela di gusto, continuando a camminare, una voce che ben conosciamo interrompe il nostro siparietto.

- Ragazze, aspettatemi!-

Il buffo ragazzo di bassa statura e dalla testa pelato, amico mio e di Bulma dai tempi delle scuole medie, ci rincorre trafelato con una marea di libri in mano e la borsa mezza aperta.

- Hey, Crilin ciao!- saluta entusiasta Bulma, probabilmente già pronta a sganciare il primo invito per la festa sobria di cui si parlava.

Non appena ci raggiunge, poggia entrambe le mani sulle ginocchia e cerca di riprendere fiato, inspirando profondamente.

- Che succede? Ti vedo abbastanza preso- commento, osservandolo da capo a piedi.

- Ragazze, il polo didattico è l’inferno e ci sono tre copisterie chiuse, ho bisogno urgentissimo degli appunti per l’esame- chiede quasi disperato

- E che problema c’è? Te li diamo noi, credo di averli ancora, da qualche parte...- dico mettendomi a riflettere.

I minuscoli occhi neri del giovane da afflitti si accendono di una luce nuova, come di speranza.

- Davvero? Mi salvereste la vita!- risponde, mettendo le mani giunte.

- Ma quando devi darlo l’esame, scusa?- chiede sospettosa Bulma

- Spero di farcela per settembre, ma capirete che ci vuole il suo tempo per prepararlo, quindi mi do giusto quindici giorni di pausa e poi mi tocca mettermi a studiare di nuovo- risponde, intristendosi di nuovo.

La capacità che ha Crilin di avvilirsi per ogni piccolo ostacolo è impareggiabile.

- Suvvia, ci vuole un’eternità! Prima di tutto dobbiamo organizzare una festa da me in onore della fine degli esami miei e di Maya! Ne stavamo giusto parlando...-

Eccola che ricomincia, penso tra me e me.

- Avete finito? Di già? Cioè… volevo dire… congratulazioni!- risponde sorpreso e correggendosi in corner, per poi prendere a grattarsi la pelata sudata con imbarazzo.

- Sì fresche fresche di firma sul libretto. Però, festini a parte, ora ho solo bisogno di una dose potente di caffeina, ti unisci a noi?- chiedo amichevole, stringendo il braccio di Bulma, già pronta per aprir bocca e blaterare nuovamente sulla festa. Credo l’ammazzerò a breve.

Crilin scuote la testa in segno di diniego.

- Andate avanti voi, rischio di perdere il treno di ritorno- ci avvisa e, noi ragazze, senza farcelo ripetere due volte tentiamo di congedarci.

- Allora ci sentiamo- esordisce Bulma, ravviandosi i lunghi capelli che al sole hanno quasi sfumature acquamarina.

- Per gli appunti non preoccuparti, do un’occhiata a casa e ti faccio sapere- concludo, mentre mia sorella mi trascina praticamente via.

- Grazie Maya sei davvero un angelo! E mi raccomando, fatemi sapere per questa festa, o magari possiamo organizzare una bella birretta/cicchetto all’Ikeda bar con gli altri!-

- D’accordo, ciao ciao!- Bulma agita la mano frettolosamente e poi aumenta il passo.

La vedo calmarsi solo quando siamo fuori la nostra caffetteria di fiducia. Ci accomodiamo ad uno dei tavolini fuori e ordiniamo l’espresso italiano macchiato in tazza che prendiamo da sei lunghi anni e che ha visto risate, pianti, momenti di ripetizione pre-esame e salto delle lezioni, nel frattempo, sotto il sole cocente di giugno, io e Bulma ci accendiamo una sigaretta.

- Si può sapere perché improvvisamente mi hai trascinata via come se avessimo avuto un nido di vespe alle calcagna?- chiedo, cacciando un po’ di fumo dalla bocca

Vedo gli occhi color del cielo di Bulma cambiare completamente luce.

- Perché sono stufa, Maya- dice dura e la mia espressione interrogativa condito dal mio silenzio la invitano a continuare.

- E’ una scoglionata totale andare in centro a bere la birra, ormai è superata come cosa, ci sono solo un milione di matricole lì, che noia…- dice scocciata appoggiando la testa su una mano, ma in realtà io conosco il vero motivo: vuole evitare il più possibile Yamcha, il suo ex.

Cerco di mettere subito fine al viaggio mentale che sono strasicura è partito nella sua testa.

- Beh, magari Crilin ha solo proposto, però sì sono d’accordo, ci sono tanti altri posti in cui andare, quel bar è sempre stata la nostra ultima spiaggia quando proprio non avevamo nulla da fare con gli altri…- commento, girando distrattamente il caffè.

- Mi scoccia totalmente passare del tempo con quelli lì, a te no?- mi chiede speranzosa, io mi limito ad alzare le spalle. So bene che il prossimo sabato cambierà idea, dirà che le va bene un giro in centro tutti insieme in memoria dei bei vecchi tempi, si farà la sua bella scopata con Yamcha sempre in memoria dei suddetti vecchi tempi e passeremo la domenica sera ad autocommiserarci perché non riusciamo ad ampliare i nostri orizzonti in fatto di uomini.

Mia sorella è il ritratto della volubilità.

- Dillo che vuoi semplicemente stare il meno possibile intorno a Yamcha, neanche più il sesso occasionale ti va bene?- le chiedo alzando un sopracciglio con fare accusatore. Vedo le sue guance imporporarsi e poi spegnere con forza la sigaretta.

- Non è solo questo...- si affretta a dire

- Sì, è anche il fatto che l’ultima volta, non meno di tre settimane fa, ubriachi persi l’avete fatto. Di nuovo- le ricordo con un finto sorriso, lei si arrende.

- E allora? Non ci capivo niente in quel momento…- tenta di giustificarsi, per poi puntarmi minacciosamente l’indice a pochi centimetri dal naso

- Piuttosto tu, che chiedi la sigaretta a Tenshinhan con fare da civetta- riprende vaga e quell’affermazione mi fa sgranare paurosamente gli occhi

- Non dire assurdità, ti prego! Le avevo finite e gliel’ho chiesta con molta gentilezza, cosa c’è di male?- spiego, con calma. Poi ridacchiamo entrambe, d’improvviso.

- Abbiamo un disperato bisogno di conoscere gente nuova, Maya, la nostra vita sta diventando monotona e non è questo che avevo in progetto per noi, non quest’estate!- commenta secca.

- Ma cos’è questa fissa dell’estate adesso?- domando esasperata, alzando gli occhi al cielo

- Sveglia! È la nostra ultima estate da universitarie, poi sarà tutto mondo dei grandi e responsabilità- dice ovvia e quell’affermazione mi riporta per un attimo alla realtà.

- Non ti fa un po’ paura… crescere intendo- le dico mordendomi un labbro, pentendomi subito dopo di aver detto una cosa tanto stupida.

- Beh, avrei paura se terminati gli studi mi ritrovassi a fare un lavoro che non mi piace, per di più sottopagato, con la paura di comprare anche una spilla da balia- commenta inarcando le sopracciglia

- Ma noi siamo fortunate, abbiamo l’azienda di famiglia e Dio solo sa quanto la Capsule Corporation abbia bisogno di due cervelli come i nostri di questi tempi- continua, quasi sollevata

- E poi col primo stipendio ho intenzione di comprarmi quelle scarpe di Yves Saint Laurent che ho visto con James alla sfilata di Milano- conclude sognante.

Roteo gli occhi e riprendo a sorseggiare il mio caffè. Ogni volta che tento di fare un discorso più serio, l’attenzione si sposta sempre sull’alta moda. È un vizio che Bulma non riuscirà mai a togliere.

- Tornando a noi, che intenzioni hai per quella festa ora che, d’incanto, non hai più voglia di uscire con i nostri amici?- stavolta sono io a voler cambiare argomento ancora una volta.

- Direi che non se ne fa nulla. Ti odio, perché hai ragione tu, come sempre- mi dice con una smorfia

- Sarà che si è esaurito ogni tipo di argomento dopo così tanti anni d’amicizia, potrebbe essere questo?- chiedo aggrottando la fronte

- Non credo, prima che legalmente sorelle, io e te siamo amiche per la pelle da più vent’ anni e io non mi sognerei mai di trovarmi un’altra migliore amica...anche perché dovrei ucciderti, sai troppe cose di me- dice con un sorrisetto diabolico

- Idem per me- mi affretto a rispondere, sbattendo le palpebre più volte.

- Forse è davvero solo triste sesso tra ex per cercare di animare un fuoco ormai spento- esordisce Bulma dopo qualche secondo di silenzio.

- Ti riferisci a te e Yamcha?-

Lei annuisce senza la minima espressione in volto.

- Basta smettere, nessuno vi costringe a farlo- commento ovvia

- Potete restare buoni amici anche senza togliervi le mutande e scambiarvi i fluidi, come me e Tenshinhan- concludo in tono conciliante.

- Che terribile immagine mi si è appena insinuata nella mente...- mi dice sgranando gli occhi terrorizzata

- Ho appena immaginato Tenshinhan senza mutande, oddio sono una persona orribile!- dice in tono lamentoso e il che mi fa scoppiare a ridere senza freni.

Nel mentre ci perdiamo nella nostra risata divertita, il cellulare di Bulma comincia a vibrare insistentemente sul tavolino del bar, così lei si precipita ad aprire la notifica dell’applicazione di messaggistica istantanea e constatare a chi appartiene.

- E’ papà- mi informa

Poi legge in silenzio, cambiando improvvisamente espressione, passando dal rilassato al preoccupato, spalancando i suoi occhioni azzurri.

- Merda, merda! Me ne ero completamente dimenticata!- dice stridula, portandosi entrambe le mani sul volto.

La vedo in panico, vero che le succede spesso, ma non quando papà manda messaggi.

- Che succede?- chiedo altrettanto in panico

- Stasera ci sarà quella cena- mi dice in un soffio.

Faccio correre la mente tra le miriadi di informazioni contenute al suo interno. Lo studio matto e disperatissimo per quest’ultimo esame ha portato al patibolo gli ultimi neuroni funzionanti, ma quando sento “quella cena” qualcosa tra le mie sinapsi si attiva e la mia faccia assume la stessa espressione di quella preoccupata e ansiosa di Bulma.

- Oh porca… di già? Non dovevano arrivare in estate, tipo?- chiedo agitata e, di tutta risposta, Bulma mi guarda in cagnesco.

- Se non te ne fossi accorta SIAMO in estate!- ribatte ovvia, indicando un punto metaforico intorno a noi. Beh, giugno, trenta gradi all’ombra, se non è estate questa...

Sono mesi che papà fantastica su questa serata, da quando dei facoltosi investitori dal Nord del paese hanno fatto un’ offerta per finanziare il nuovo lavoro di robotica avanzata della Capsule Corporation. Pare che questi tizi abbiano acquistato la villa a pochi passi dalla nostra e resteranno qui per seguire le fasi della realizzazione di questo progetto, il quale potrebbe durare anche qualche anno.

Papà ce ne parla giorno e notte dal momento in cui ha ricevuto la splendida notizia, chiedendoci di non prendere alcun impegno per questa serata, ma noi prese dagli studi e dall’ansia dell’ultimo semestre che incombeva, ce ne eravamo completamente dimenticate.

- Dobbiamo sbrigarci a tornare a casa, la mamma ci ammazzerà!- mi avvisa, recuperando accendino e sigarette dal tavolino, ma una nuova consapevolezza mi tiene ancorata sulla sedia d’acciaio della caffetteria.

- Maya, che fai ancora lì? Coraggio, dobbiamo correre a casa, abbiamo milioni di cose da fare!- la voce di mia sorella invade il mio cervello, ma io non so davvero come prenderà ciò che sto per dirle.

- Bulma, io… io non potrò esserci stasera- le dico in tono neutro, ma lei sgrana talmente tanto gli occhi che ho il terrore che a breve le usciranno dalle orbite.

- Cosa? Che vuol dire non potrai esserci?! Non dire cazzate, mamma e papà ci aspettano!- mi ordina, ma io non accenno a muovermi, così lei sbuffa e si rimette seduta

- Maya, non ho intenzione di trascinarti a casa con la forza, cos’è che non va?- chiede esasperata

- Ho la cena annuale con quella vecchia prozia- mormoro

- Oh santo cielo!- Bulma alza gli occhi in alto, per poi prendere a massaggiarsi le tempie

- Cazzo, ho già un terribile mal di testa- mi dice seccata

- Non dirlo a me...- rispondo mordendomi un labbro

- Ascolta, non puoi dire che stai male e rimandare per una volta? Lo sai che per papà questa serata è praticamente sacra, ci sta preparando da mesi per questo evento- cerca di convincermi

- Lo so, lo so benissimo e mi dispiace da morire, credimi- comincio, sentendomi profondamente in colpa.

- So che partecipare alla cena di papà dovrebbe essere naturale, ma sai bene anche tu che questa sorta di incontro annuale con il mio unico parente ancora in vita è stata praticamente l’unica condizione per far sì che voi mi adottaste- le ricordo, con un pizzico di dolore nella voce.

Bulma sospira triste

- Mamma e papà capiranno, come ogni anno da quindici, vedrai...- la rassicuro prendendole le mani, ma Bulma non è una che molla facilmente e mi stringe più forte.

- Maya, ti supplico, non lasciarmi da sola stasera, dovrò sorbirmi mamma che va su e giù per casa come un vasetto di miele, tirando fuori dal frigo ogni tipo di dolce esistente sulla terra, dovrò sorbirmi papà che racconterà del progetto in ogni sua parte, il giretto per il laboratorio e soprattutto dovrò stare a tavola con quattro sconosciuti.- la guardo parlare a raffica, sintomo che è nervosa all’estremo

- Ti sto implorando, rinuncia alla serata con tua zia- mi dice con gli occhi da cane bastonato, sta per mettersi in ginocchio, me lo sento.

- Oh, Bulma, lo sai che non posso, te l’ho detto!-

- Ma se sono mesi che parliamo di questa cena! Ci parlo io con tua zia!- dice risoluta.

- Vorresti arrecare dolore a una povera vecchietta ultrasettantenne?- chiedo alzando un sopracciglio.

- Quando ti giochi la carta dei sensi di colpa sei perfida- mi dice scuotendo la testa

Una sensazione come di forza contraria che mi costringe a non partecipare a questa cena, sta prendendo il sopravvento e la forza contraria è anche la mia prozia. Il mio unico parente ancora in vita.

Fa strano parlare di questo e ricordare ogni volta che in realtà i Brief non sono la mia famiglia biologica, eppure la sento tale sotto tutti i punti di vista. La mia vera famiglia, quella è solo un vago ricordo di volti sfocati e nomi scritti su di un fascicolo, di case famiglia e di notti insonni. Di incidenti stradali sospetti e di casi chiusi senza che nessun esponente della giustizia battesse ciglio.

Non ho mai amato essere accostata a tutto questo e ogni anno a questa famosa cena di famiglia tento di evitare l’argomento a tutti i costi, anzi spero un giorno di poter dimenticare il mio passato, far finta che non sia mai esistito, ma persino quando Elizabeth, la mia prozia, si è vista costretta a cedere di fronte alle mie richieste imploranti e quelle della famiglia di Bulma di essere adottata al compimento dei dieci anni, una parte di quella schifosa biologia ha voluto tenermi ancorata al passato, costringendomi a questo incontro annuale.

- Dai Maya, ti prego, farò tutto ciò che vuoi, ma non lasciarmi da sola con degli sconosciuti- rincara la dose quasi piagnucolando, io scuoto la testa

- Mi dispiace, ma non posso proprio- mormoro triste

- Oltretutto, se stasera non ci vado, è la fine. Addio festa di laurea, addio tutto, sai che mia zia è stata categorica, anche sull’eredità- le ricordo ancora una volta.

- E capirai, una casa in una favela brasiliana, che sballo- mormora senza il minimo entusiasmo nella voce.

- Non è una casa in una favela, è una fabbrica a Rio e fattura anche molto bene- sottolineo.

- Già, quello che è- ribatte lei offesa.

- Ascolta, ti prometto che se concludo presto la faccenda, torno a casa in men che non si dica-

- Sarà meglio per te- mormora seccata scoccandomi un’occhiataccia.

- E non tornare a casa senza qualche gustoso manicaretto sudamericano- mi avverte minacciosa

- Vedrai, ti stupirò!- cerco di rassicurarla.

Dopo qualche altro minuto di tira e molla, continuato anche per la metà del tragitto in auto verso casa, ognuna di noi si rintana nella propria stanza per dar via ai preparativi per le rispettive cene.

Se già normalmente ho pochissima voglia e stimoli a vedere Elizabeth, a questo giro mi sarei inventata una dissenteria ad opera d’arte senza batter ciglio su consiglio di Bulma, pur di non stare in silenzio a fissarci a tavola e commentare le solite pietanze del solito ristorante dove decidiamo di vederci e cenare ogni benedetto anno. Avrei fatto di tutto pur di non vedere quell’accenno di delusione negli occhi di mio padre, ma che col suo solito sorriso rassicurante e una pacca sulla spalla, ha smorzato i toni dicendomi

- Ci rifaremo alla firma dei contratti-

Eppure, qualcosa nel mio cuore, mi dice che stasera dovrei tentarle tutte per cercare di restare a casa...

   
 
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