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Autore: Nao Yoshikawa    15/05/2022    17 recensioni
Storia ambientata dopo Doctor Strange: Multiverse of Madness.
Stephen va avanti con la sua vita, tuttavia c'è un sogno che fa ogni notte: Wanda, una vita con lei. In un altro universo, i due stanno insieme e sono felici. Wanda fa lo stesso identico sogno e per questo decide di andare da lui.
«Wanda.»
A Wanda quasi caddero di mano le pinze che usava per tagliare via le erbacce. La voce di Stephen l'avrebbe riconosciuta ovunque perché l'ascoltava ogni notte nei sogni. Si erano già incontrati in un posto come quello, solo che l'ultima volta era stata tutta un'illusione. E stavolta era tutto fin troppo reale.
«Stephen» lo chiamò per nome. Le guance, suo malgrado, imporporate di rosso, gli occhi con un luccichio in più. «Non pensavo saresti venuto.»
Adesso era lei che credeva di star sognando.
Stephen si avvicinò, si guardò intorno. Wanda viveva in quel posto tutta da sola. Si guardarono e pur conoscendosi già provarono un certo imbarazzo, per i loro trascorsi e per ciò che da un'altra parte avevano condiviso.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Doctor Stephen Strange, Wanda Maximoff/Scarlet Witch
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Awake and Alive
 
Era una bella giornata, ma da quanto Stephen riuscisse a ricordare, tutti i giorni erano belli da quando c’era Wanda. Loro litigavano e discutevano, spesso. Wanda sollevava vari oggetti con la forza del pensiero e fingeva di lanciarglieli addosso. Lui a volte apriva dei portali e spariva per qualche ora quando aveva bisogno di pensare, di starsene da solo. Poi però tornava sempre e si riavvicinava a lei.
Un po’ lo faceva lui, un po’ lo faceva Wanda. Non era mai un’esistenza noiosa, perché entrambi erano orgogliosi, potenti, un po’ permalosi. Ma erano anche diversi. Wanda col suo caos, Stephen con la sua (talvolta imperfetta) razionalità.
Formavano quell’equilibrio perfetto.
Stephen si svegliava presto. Wanda si svegliava più tardi, poi lo raggiungeva, lo abbracciava poggiando il viso contro la sua schiena. E allora lui lasciava perdere ogni cosa per dedicarsi a lei.
Ciò che amava più di Wanda erano i suoi slanci d’affetto, improvvisi e intensi. E lui, che oramai da tanto tempo non sapeva più come lasciarsi andare, ora trovava naturale stringerla a sé, ricambiare quei baci, quelle carezze, quella dolcezza allo stesso modo o quasi.
Quella mattina Wanda si era svegliata prima del solito. Allora era scesa giù per le scale, saltando quel gradino che scricchiolava. Aveva scorto Stephen armeggiare con qualcosa in cucina. Così si era avvicinato e gli aveva stretto le braccia intorno al suo addome, facendolo sussultare.
«Ma tu guarda, e che io volevo farti una sorpresa portandoti la colazione a letto» disse Stephen, rimanendo con una tazza in mano, immobile con le braccia di Wanda intorno al corpo.
«Davvero? Ne fai di passi in avanti, Strange. Stai diventando romantico.»
E di chi è la colpa, secondo te? Avrebbe voluto chiederle. Wanda tirava fuori la parte più irrazionale di lui e troppo male non era, anzi. A volte faceva bene essere più esposti, più fragili. Come d’altronde si esponeva anche lei.
Wanda sciolse quell’abbraccio, Stephen si voltò, pochi centimetri a separarli.
La bellezza risedeva nelle cose all’apparenza banali, normali.
La routine, la loro. Stephen che ora le afferrava il mento e la baciava. Wanda che coltivava ortaggi e frutti nel loro giardino. Un ripetersi continuo, perfetto.
Che poi veniva loro strappato via, ogni notte.
 
*
 
Ogni notte lo stesso sogno, ma con qualche variazione. Cambiava ciò che accadeva, ma l’ambientazione e la persona erano sempre le stesse. Oramai da tempo Stephen aveva imparato che i sogni non erano mai solo sogni, ma che essi rappresentavano una visione diversa di sé stesso. Che viveva in chissà quale universo e che faceva una vita molto diversa. Cose del genere gli erano già successe. Di altri sé stessi ne aveva già incontrati, di altre vite simili alle sue, ma diverse, le aveva conosciute. Ma mai avrebbe pensato che in un universo potesse esistere una versione di sé che stava con Scarlet Witch, con Wanda.
La stessa Wanda che aveva scatenato il pandemonio, che aveva ucciso, pur di riavere indietro la sua famiglia felice e perfetta. La stessa Wanda che ora non c’era più.
Questo era piuttosto assurdo, ridicolo e nel suo universo una cosa del genere non sarebbe mai potuto accadere. Non solo per la dipartita di Wanda. Stephen aveva sempre e solo amato Christine. In ogni universo, le aveva detto. O forse, in ogni universo eccetto uno.
Tuttavia non aveva importanza, oramai. Però era stanco. Stanco di svegliarsi ogni mattina e portarsi addosso le sensazioni che gli rimanevano addosso a causa di quei sogni.
La sensazione delle labbra di Wanda, ad esempio. Labbra che non aveva mai sfiorato, eppure le sentiva proprio lì, sulle proprie. La sensazione del suo odore (che non conosceva) addosso. Tutto rimaneva vivido e niente sfumava. Sembrava che il destino si divertisse a prenderlo in giro.
Gli eventi lo avevano costretto ad approcciarsi a Wanda come un nemico, come una furia da fermare. Due nemici che poi finivano con l’innamorarsi era una roba buona per un film da quattro soldi, di certo non per la realtà. Non per la sua, almeno.
E d’altronde non sarebbe mai accaduto. Avrebbe continuato a viversi la sua vita, come d’altronde già faceva. Anche se insieme ai sogni non sfumava la sensazione di malinconia che gli si aggrappava addosso come lei (come una versione di lei).
Scarlet Witch – Wanda – non c’era più. E anche se ci fosse stata, questo non avrebbe implicato necessariamente una loro relazione. E questo avrebbe dovuto bastargli a fargli mettere il cuore in pace. Però no. Si chiedeva perché sognare quella vita che non era sua, assistere a scene che non avrebbe mai vissuto. E se le prime volte nel ripensarci aveva provato un senso di estraneità mista a disagio, successivamente si era ritrovato a chiedersi il perché.
Perché continuava a sognare l’altro sé stesso? Qual era lo scopo? E più ci pensava e meno ci trovava senso. Andava a dormire tutte le notti consapevole che avrebbe dovuto assistere ad una vita che non era la sua. Assistere ad ogni litigio, momento felice, perfino ai momenti più intimi, il cui ricordo lo turbava. In un altro universo, loro si amavano. E sembravano amarsi davvero molto. In quest’universo, lui era solo, lei sconfitta.
Ma era quasi consolatorio pensare che da qualche parte ci fosse una versione di lui felice. Anche se con una persona che mai avrebbe immaginato.
Non conosceva Wanda. Conosceva la sua storia, certo, ma non la conosceva davvero. Sognandola aveva imparato a conoscerla (o almeno a conoscere quella sua versione). Aveva imparato cosa amasse – dormire in compagnia, i gatti che facevano le fusa, i dolci. Aveva imparato cosa odiasse – l’insensibilità, la pignoleria, quando veniva stuzzicata troppo. E talvolta odiava anche la sua parte più emotiva e fragile, anche se il sé stesso dell’altro universo era piuttosto bravo a stringere quella parte, ad amarla. Aveva imparato le sue abitudini: alzarsi tardi, coltivare il suo giardino anche sotto il sole cocente. Raccogliere i frutti dagli alberi (in particolare le mele), assaggiarli. Leggere montagne di libri tutti insieme e lasciarli disordinatamente da qualche parte. Dormigli appiccata. E infine il suono del suo respiro.
Stephen Strange, notte dopo notte, si era abituato a vivere una vita che non era sua e non c’era risveglio che potesse far sfumare un singolo di dettaglio. In quella vita amava Wanda in una maniera profonda, in una maniera che non credeva possibile. Non lei. Eppure era così.
La sua vita stava continuando ad andare avanti e aveva iniziato a dividersi in due parti: la vita da sveglio, senza Wanda. E quella mentre dormiva, insieme a lei, da qualche parte, in un mondo dove tutto andava bene.
 
*
 
Wanda era sotto di lui. Aveva finito di baciarlo, di farsi baciare. Poi si era lasciata andare ad un sospiro e si era stesa accanto a lui. Stephen spesso la guardava, la fissava in modo devoto senza nemmeno rendersene conto. Wanda invece sì ed ecco che gli concedeva un qualche sorriso irresistibile.
«Ehi, perché mi guardi così?» domandò lei, accarezzandogli una guancia.
«Ti guardo come meriti di essere guardata. È che a volte mi metto a pensare. Ironico che ci siamo trovati, non trovi?» domandò lui. Wanda assottigliò lo sguardo, avvicinandosi, impedendogli di parlare ancora e porre domande, donandogli un bacio passionale, spregiudicato. Come solo lei spesso sapeva essere.
«Direi più straordinario» sussurrò lei, allontanandosi di poco e guardandolo negli occhi. «Dimmi che mi ami.»
Alle volte era come una bambina. A lui si aggrappava e si stringeva, lo guardava con quei suoi occhi chiari. E Stephen ogni volta tremava un po’. Le accarezzava le labbra e glielo diceva. Ti amo.
 
*
 
A interrompere il sogno di Stephen questa volta era stato qualcosa di soffocante. Una sensazione, più che altro, che si insinuava anche durante un bel sogno: la sensazione che qualcuno fosse entrato in casa sua e lo stesse ora guardando. In particolare che Wanda lo stesse osservando. Una paura sciocca.
Ora seduto sul suo letto, nella sua casa vuota e solitaria e il battito accelerato del suo cuore che pian piano tornava al suo ritmo normale, Stephen respirò. Si sentì profondamente inquieto e terrorizzato, non dalla possibile presenza di Wanda lì. Ma dalla conferma della sua assenza. Dal cosa avrebbe sentito e fatto se lei fosse stata lì con lui. Si disse su, Strange. Ora non fare lo stupido sentimentale. Distingui la tua realtà da quella altrui.
Aveva capito fin troppo bene cosa accadeva quando ci si aggrappava a qualcosa che non esisteva. E questo se lo ripeteva, man mano che dentro di lui maturava la consapevolezza di amare quella realtà. Di amare la Wanda del suo sogno, che poi era la Wanda della propria realtà, ma anche un po’ diversa.
Della Wanda del suo universo non c’era traccia. Forse era morta, forse no. Ma anche se fosse stata via, che importanza avrebbe avuto?
 
 
Dimmi che mi ami.
Era stato qualche notte dopo, che aveva sentito quella voce chiara, nitida, come se fosse reale. E Stephen, che mai aveva temuto il buio, per qualche istante era stato incapace di emettere qualsiasi suono, quando aveva visto un’ombra nell’oscurità. Doveva star sognando ancora, non c’era nessun’altra spiegazione.
«Chi sei?» domandò istintivamente, ad alta voce. Mentre si tirava su, mentre era in allerta. Se non avesse avuto risposta, sarebbe stato segno che stesse per diventare pazzo. Se l’avesse ricevuta, probabilmente stava ugualmente diventando pazzo.
«Stephen, lo sai chi sono» rispose una voce. La stessa voce dei suoi sogni. Quella che gli riservava dolci parole, carice d’amore. Era ancora buio e solo la luce della luna gli permetteva di individuare la sagoma di Wanda.
«W-Wanda?» domandò, incerto. Era un sogno. Solo un sogno. Nient’altro che un sogno. Ma i suoi sogni erano così diversi. Allora Wanda si fece avanti e Stephen la vide un po’ meglio. Bellissima, com’era oramai abituato a vederla. Con quell’espressione, al contempo dolce, sofferente. Difficile credere che fosse stata la sua nemica. Pericolosa e furiosa, ora così umana, addirittura fragile. Stephen respirò profondamente per ritornare in sé.
«Sei sopravvissuta. E sei qui. Perché?» domandò, diretto e un po’ diffidente. Wanda non sorrideva, era seria, lo osservava in un modo strano. Anzi, non era strano, era fin troppo familiare e la cosa lo terrorizzò.
«Lo sogni anche tu, vero? Intendo noi due» disse. Sembrava quasi in imbarazzo. Stephen aveva creduto di poter vivere tranquillo. Quella sarebbe potuta essere una cosa solo sua, amare e legarsi ad una vita e ad una persona che mai sarebbero state sue. Ma adesso tutto cambiava, forse.
Wanda sognava ogni notte ciò che sognava lui? La loro vita insieme, perfetta?
«Non ha importanza. Quella è solo una versione di noi, non siamo noi. Capisci bene che le cose sono state un tantino complicate» Stephen stava cercando di accendere la luce. Poi però ci ripensò. Temeva di vedere la sua espressione, ora parzialmente nascosta. Non avrebbe potuto quindi vedere come Wanda si torturava le dita, si mordeva le labbra, a disagio, in imbarazzo, colpevole.
«Io non sono venuta qui né per chiedere perdono e nemmeno per farmi accusare. Volevo solo sapere se anche tu ci hai visti, e la risposta è sì. Ci sono già passata. Per tanto tempo mi sono aggrappata all’idea di rivolere i miei figli con me. Ma sappiamo com’è andata» il tono di Wanda era duro. Contro sé stessa.
«Allora cosa vuoi da me?» domandò Stephen. C’erano stati attimi in cui aveva temuto Wanda. Ora avrebbe desiderato stringerla come faceva nei sogni. Wanda fece spallucce.
Mi chiedevo solo se questa volta potesse essere diverso.
«Niente. Non è niente, stai solo sognando. Non sei sveglio» sussurrò. Per un attimo Stephen ebbe l’impressione che Wanda gli avesse sfiorato le labbra con le dita. Forse accadde davvero o forse no. Ma di sicuro quello non poteva essere un sogno.
Era sveglio.
Anche se da principio Stephen fu certo di non aver sognato, nei giorni seguenti fu attanagliato dal dubbio. Wanda era arrivata e se n’era andata per non tornare più. Però era viva e questo gli dava sollievo. Non avrebbe fatto più del male. Non la perdonava per tutto ciò che aveva combinato. Ma non si sentiva nemmeno in collera. E le mancava. Gli mancava qualcosa che non aveva mai avuto.
Era un’ingiustizia. Ossessionarsi con qualcosa che non esisteva (ma che sarebbe potuta esistere) avrebbe solo finita con il consumare la sua esistenza.
Doveva andare avanti, svegliarsi davvero.
 
Quello di Wanda era stato un vero e proprio atto di follia, non il primo della sua vita, ad ogni modo. Ci ripensava spesso, alla gente uccisa, al male che aveva fatto. E allora aveva cercato di punirsi, isolandosi da tutti.
La vita e la famiglia che aveva desiderato non esistevano e solo ora stava imparando a farsene una ragione, ad andare avanti. L’altra cosa di cui stava imparando a farsene una ragione erano i sogni che condivideva con Stephen. Esisteva un mondo in cui vivevano insieme, felici e innamorati. Un mondo in cui magari avrebbero avuto la loro famiglia. Questo era un pensiero che le veniva spesso in mente e che subito dopo scacciava. Aveva già perso troppo, legarsi a qualcuno l’avrebbe esposta nuovamente. E d’altronde non pensava nemmeno di meritarlo quell’amore e quella felicità, ma questo non le aveva impedito di andare da lui, a cercarlo. Forse lo aveva spaventato. Come dargli torto? Si faceva paura anche lei, per ciò che aveva fatto e per la vita che ora doveva ricostruire.
I luoghi isolati e immersi nella campagna le erano sempre piaciuti e ancor più le piaceva coltivare, una passione che aveva scoperto durante i mesi di solitudine. Gli alberi erano in fiore, in particolare i fiori di melo erano bellissimi e rigogliosi. Wanda si prendeva cura di quei fiori rosa e bianchi, cresciuti grazie alle sue cure. La prova, forse, che in qualche modo era in grado di dare la vita. Ma questo non aveva importanza: non ci sarebbe stato più spazio nella sua vita per l’amore, andare a cercare Strange era stato stupido.
Lo era andato a cercare con la vana speranza che lui ricambiasse il favore. Ma Wanda evitava di pensarci. Era solo una speranza vana, appunto. Ma c’era.
«Wanda.»
A Wanda quasi caddero di mano le pinze che usava per tagliare via le erbacce. La voce di Stephen l’avrebbe riconosciuta ovunque perché l’ascoltava ogni notte nei sogni. Si erano già incontrati in un posto come quello, solo che l’ultima volta era stata tutta un’illusione. E stavolta era tutto fin troppo reale.
«Stephen» lo chiamò per nome. Le guance, suo malgrado, imporporate di rosso, gli occhi con un luccichio in più. «Non pensavo saresti venuto.»
Adesso era lei che credeva di star sognando.
Stephen si avvicinò, si guardò intorno. Wanda viveva in quel posto tutta da sola. Si guardarono e pur conoscendosi già provarono un certo imbarazzo, per i loro trascorsi e per ciò che da un’altra parte avevano condiviso.
«Immagino sarei impazzito comunque, quindi tanto valeva venire qui e cercare di capirci qualcosa. Vedo ti sei data alla coltivazione, per davvero»
Wanda si chinò per prendere le pinze, con un’espressione imbarazzata e imbronciata.
«Per favore, evita di fare quell’espressione accusatoria. Mi punisco già abbastanza da sola.»
«Non era mia intenzione» rispose lui. «A giudicare dalla tua incursione dell’altra sera, suppongo che scoprire delle nostre versioni alternative ti abbia sconvolta.»
Wanda, che gli dava le spalle, lo sentiva. A pochi centimetri da sé. Allora si voltò e nel farlo sentì i fiori sfiorarle i capelli.
«È proprio questo il problema. All’inizio mi ha sconvolta. Pensare che esiste un mondo in cui io e te siamo insieme e siamo felici… non è qualcosa che mi aspettavo. Il fatto è che lo sogno ogni notte. E in qualche modo è come se mi fossi abituata. Ma ogni giorno mi svegliavo e mi ritrovavo a vivere un’altra realtà. Lo sai, ci sono già passata e sembra che il destino si sia accanito contro di me. Come con i miei figli. Che però non esistono» le ultime parole divennero un sussurro. Pensava che con Stephen sarebbe stato difficile parlare, invece era così facile.
Era assurdo pensare che potessero amarsi. Ma in un universo così vasto e dalle mille stranezze, non era forse la cosa più strana.
«Io però esisto. Ed esisti anche tu» disse Stephen, serio, guardandola negli occhi. «In qualche modo è come se mi fossi legato a te. Non alla vera te, però.»
E Wanda provò un brivido quando capì che sentivano le stesse cose. Anche lei si era legata a lui, anche se si trattava di uno Stephen diverso, di una vita diversa.
«Solo perché esiste un universo in cui stiamo insieme, non vuol dire che dobbiamo stare insieme anche qui» e fece per voltarsi di nuovo. Prima si avvicinava e poi si allontanava, si sentiva una pazza.
«Allora perché sei venuta a cercarmi?» Stephen l’afferrò delicatamente per una spalla. Non voleva che si voltasse da un’altra parte, voleva guardare quegli occhi sconosciuti e allo stesso tempo familiari. Wanda si ritrovò quindi nella sua stretta, i fiori ancora incastrati tra i capelli.
«Non lo so perché l’ho fatto. Forse perché inseguo sempre una felicità che non potrò mai avere, oramai è chiaro. Oh, ti prego. Non dirmi che sei diventato sentimentale, Non puoi avere intenzioni serie con me. Ho fatto del male a molta gente, ci siamo affrontati. Tu non puoi… dovresti pensare che sono pazza e starmi lontano»
Il suo tono non era però deciso. Anche solo sfiorarsi provocava ad entrambi una sensazione simile ad un brivido.
«Non ho mai detto che non sei pazza, ma ben presto pazzi saremmo in due, se adesso me ne vado e continuo a sognarci. Cosa c’è, Wanda? Non ti piaccio o hai paura? Perché nel secondo caso ad avere paura saremmo in due. In amore non siamo stati molto fortunati, vero?»
Wanda poté sentirlo fremere. Come se volesse sfiorarle il viso. E avrebbe anche potuto farlo, lei non si sarebbe scostata dal suo tocco. Che fossero stati entrambi infelici, non c’era dubbio. Avevano perso tanto e ora si erano venuti incontro a metà strada.
«No, è vero, ma… cosa succede se non funzionerà?  Da qualche parte noi siamo felici, ma non è detto che qui sarà lo stesso.»
Sarebbero stati una coppia proprio male assortita, ne era sicura. Così diversi, anche se non tanto come pensava. Come lei, Stephen aveva perduto l’amore. E aveva ritrovato lei. Si disse: e se fosse tutto accaduto per una ragione, per arrivare proprio a quel momento?
«Potrebbe accadere, non te lo so dire. Sto cercando di essere razionale, di dirmi di lasciare perdere. Ho già amato una volta, buttarmi in questa cosa sarebbe da masochisti. Ma forse mi sono buttato nel momento in cui ho deciso di venire qui.»
Stephen lo fece. Mosse la mano, la spostò sulla sua guancia, calda e arrossata. Non era una strega quella che aveva davanti a sé, era una donna, solo un essere umano come lui, forte ma fragile al contempo. Wanda chiuse gli occhi e avvertì quel brivido nuovo e familiare.
«Questo deve essere un sogno. Devo star per forza sognando» disse. Quante volte aveva sognato momenti del genere? La differenza era che ora lo sentiva ancora più chiaramente.
«Temo che tu sia sveglia quanto lo sono io. Non lo so come andrà, non sono nemmeno sicuro di volerlo sapere. So solo che voglio conoscerti. Conoscerti davvero e fare tutte quelle sentimentali che non so più fare. E poi quello che succede, succede. Questo è abbastanza folle da parte mia.»
A Wanda venne da sorridere. Stephen, io so chi sei, avrebbe voluto dirgli.
E sai chi sono io, avrebbe aggiunto dopo.
E poi, avrebbe voluto dire e se fa male? E se ci perdiamo? E se va tutto male, se poi scopriamo che in questo universo non possiamo stare insieme? Se litighiamo, se arriviamo a odiarci? Se impazzisco, se impazzisci tu?
Non ebbe bisogno di aggiungere alcunché perché Stephen quei timori glieli lesse negli occhi. In cui si rifletteva, lui con le sue paure.
«Piuttosto folle, sì. Non me lo sarei aspettato» disse, facendosi timida. Poi Stephen sollevò lo sguardo, si accorse dei fiori tra i suoi capelli e li prese tra le dita per toglierli.
«Fiori di melo. Questa volta sono proprio veri»
Wanda assottigliò lo sguardo, facendosi seria per un attimo e per poi sorridere.
Esisteva una sé stessa che amava tutto di lui. Ebbe l’impressione che anche lì, anche adesso, amarlo non sarebbe stato troppo difficile.
«Spiritoso. Non preoccuparti, farò la brava d’ora in poi. Ora ho capito.»
«Non lo metto in dubbio, Wanda. Ma ti terrò comunque d’occhio. Sei indomita» Stephen glielo disse senza alcun tono di rimprovero, ma anzi, di ammirazione. Lei sapeva che lui l’aveva perdonata. Che l’aveva capito. Che l’amore a volte rendeva talmente pazzi da compiere azioni indicibili.
Aiutami a perdonare me stessa, gli disse con gli occhi. Era bello poter parlare anche senza usare le parole.
«Che adulatore» disse lei, arrossendo e poi indicando casa sua. «Posso offrirti un dolce preparato con le mie mani?»
Stephen notò il suo tono, gentile e che nascondeva una punta di malizia.
«E sia. Accetto volentieri.»
Sembrò ad entrambi di star sognando. Di star vedendo una vita che in realtà non apparteneva loro, come succedeva ogni notte.
Invece erano svegli e vivi e il futuro tutto da scrivere e scoprire.

Nota dell'autrice
Non so nemmeno se questa storia ha un vero senso, per tutto il tempo ho avuto la sensazione di sta scrivendo il nulla. Ma sonoa rrivata alla fine e spero di non aver scritto "nulla", per l'appunto. Era inevitabile che la visione del film mi desse nuovi spunti, soprattutto perché  coem al solito - per Wanda è mai na gioia e siccome non amo quando le cose non vanno come dico io, ho scritto questa storia (che poi è uno dei motivi per cui scrivo fanfiction :D). Spero vi sia piaciuta (;

Nao
   
 
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