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Autore: VaniaMajor    17/05/2022    2 recensioni
Kagome possiede un portafortuna. Non avrebbe mai immaginato che a causa sua sarebbe stata portata in un altro mondo, coinvolta in una guerra orribile e legata misteriosamente a un demone dai capelli d'argento...Ma chi è il Principe dai capelli neri dei suoi sogni? Perchè la sua onee-chan deve soffrire tanto? E c'è speranza di tornare a casa...viva?! La ricerca delle Hoshisaki è iniziata. Una AU di Inuyasha e della saga di Cuore di Demone!
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 24
 
LA GRANDE FAMIGLIA
 
Sesshomaru ascoltò Totosai spiegare alla donna bionda cosa voleva provasse a fare, lanciando poi un’occhiata impaziente al cielo che andava facendosi chiaro. Era quasi l’alba e, ora che la sua idea per ottenere Junan aveva dovuto essere archiviata, non aveva intenzione di restare da quelle parti un minuto di più. Ci sarebbe voluta circa una settimana di viaggio per raggiungere la Grotta e ogni minuto perso lo innervosiva. D’altra parte, era bene capire come poter utilizzare i poteri della ragazza a suo favore, visto che avrebbe dovuto combattere per lui volente o nolente.
«Ecco, appoggia le mani qui. È troppo caldo?» le stava dicendo Totosai, posandole i palmi sulle rocce attorno al cratere in cui ribolliva la lava. Il covo del vecchio fabbro era pieno di piccole e grandi bocche laviche, se ne serviva per forgiare le sue armi con tutto il potere grezzo delle vene magmatiche.
«No, non è eccessivo. Devo solo assorbire energia?» chiese Anna. Sembrava più che propensa a seguire le direttive di Totosai, forse perché aveva comunque bisogno di ricaricarsi dopo la marcia massacrante di quel giorno.
«Tutta quella che riesci. Quando pensi di non poterne contenere più, trattienila per qualche istante, poi sparala verso l’alto. – le spiegò il fabbro, facendosi al contempo indietro insieme al vecchio Myoga – Mi hai detto di averla già usata come arma, giusto? Vediamo che cosa riesci a combinare.»
La giovane annuì. Totosai fece cenno a Sesshomaru di levarsi da dove stava e di mettersi a una distanza di sicurezza, ma l’Imperatore di En non gli badò. Era stranamente curioso. Gli capitava così di rado di provare un qualunque sentimento che decise di rimanere dov’era. Non riteneva vi fosse rischio per lui.
Anna fissò le pietre nere, scaldate dalla lava ribollente a una minima distanza. Concentrò le proprie facoltà e l’energia delle vene nascoste di En le fluì nel corpo come una corrente continua e impetuosa, primordiale, qualcosa che non aveva niente a che fare con la forza rubata al bosco o agli yokai. La riempì, accendendo di viola la sua Hoshisaki, ma Anna non si fermò. Sentiva di avere ancora margine, voleva sapere fin dove poteva spingersi. I capelli d’oro iniziarono a fluttuarle attorno, come spinti da un vento interno, e il suo viso assunse una bellezza ultraterrena. Quando Sesshomaru iniziò ad avvertire tensione nella sua aura demoniaca, lei finalmente staccò le mani e si voltò verso di loro. Sembrava una dea, come Kiokuchi. Gli occhi erano mutati e splendevano d’oro. Sesshomaru si trovò a pensare con freddezza che, forse, Totosai gli aveva fatto un favore. Da quanto stava vedendo, Junan si era forgiata da sola la spada che l’avrebbe difesa.
«In alto, mi raccomando! Spara in alto!» esclamò Totosai dal masso dietro cui si stava riparando. Anna sollevò entrambe le mani e lasciò andare l’energia in un unico, spettacolare colpo. Una colonna di energia si propagò da lei, talmente potente che Sesshomaru fu costretto a fare mezzo passo indietro, investito dall’onda d’urto. La luce dorata si innalzò nel cielo del primo mattino come una stella impazzita che volesse tornare al suo luogo d’origine, poi, molto sopra le loro teste, si disgregò con un boato da spaccare i timpani, liberando tutt’attorno un’impressionante, potenziale distruttività.
Sesshomaru seguì tutto questo con lo sguardo, suo malgrado colpito. Ciò che aveva visto andava oltre le ipotesi che si era fatto, molto oltre. Quella giovane donna aveva preso da Naraku una parte importante, un demone maggiore. Un essere di basso rango non avrebbe potuto donarle una simile forza.
«Ehi…Ehi! Oh no, come temevo!» sbraitò Totosai, uscendo di fretta dal suo nascondiglio e scattando in una corsa sulle sue gambette. Questo costrinse Sesshomaru a tornare a prestare attenzione e si accorse che l’aura demoniaca di Anna era inavvertibile e che la giovane stava per cadere a peso morto dentro la bocca lavica. Agì prima di pensare. In un istante le fu accanto e la afferrò per un braccio, tirandola indietro senza troppa grazia. Lei gli ricadde sul petto, poi scivolò a terra contro la sua gamba, pendendo inerte dalla sua stretta.
«Per questo volevo provasse, c’è ancora troppo di umano in lei…» borbottò Totosai, inginocchiandosi per guardarla. Myoga saltò dalla sua spalla a quella della giovane, scrutandone il viso immoto da vicino.
«Ha perso i sensi ma sta bene. – disse a Sesshomaru, che per il momento si stava limitando a osservare il cambiamento della donna senza nemmeno sbattere le palpebre – I poteri le torneranno presto. Avevo avvertito, però, questa instabilità del sangue. In fondo, Anna-san è nata umana…»
E decisamente umano era quel corpo che ancora pendeva dalla sua stretta. I lunghi capelli erano diventati castano dorato, i tratti del viso si erano ammorbiditi. Se Junan non avesse continuato a brillare su quella fronte, Sesshomaru avrebbe potuto pensare di aver appena salvato la sorella minore e umana della donna che lo aveva sfidato poco prima.
«Capiterà ogni volta?» chiese con voce di pietra.
«Solo se dovesse esagerare. Nella battaglia per salvare Inuyasha e la sua compagna, da quanto ho capito, questo problema non si è presentato. È tutta una questione di gestione del potere. – disse Totosai, scrollando il capo – Ricordati che è stata scelta dalla Passione. Passale un po’ del tuo freddo raziocinio e non ci saranno guai.»
Anna, ancora incosciente, iniziò ad ansimare.
«Oh, i miasmi le stanno facendo male! Questo non è posto per esseri umani!» disse Myoga, saltellando per la preoccupazione. Rotolò dalla spalla di Anna quando la ragazza fu sollevata di scatto, e atterrò sulle rocce, fissando con uno sbalordito stupore riflesso negli occhi di Totosai la figura dell’Imperatore di En che teneva fra le braccia il corpo abbandonato della ragazza. Certo, nella posa non c’era niente di romantico, ma si trattava comunque di una premura cavalleresca mai vista prima.
«Visto che non siete in grado di rendervi utili più di così, me ne vado. – disse loro Sesshomaru, gelido - Tenete gli occhi aperti: sono sicuro che Naraku e i suoi scagnozzi non tarderanno a mettere in atto azioni anche incoscienti. In quel caso, aiutate quello stupido di Inuyasha e coloro che gli sono alleati.»
Ciò detto, Sesshomaru si voltò e se ne andò, portando Anna con sé.
«Che mi venga un colpo…» borbottò Totosai, grattandosi la testa.
«Dici che c’è speranza, Totosai? Non l’ho mai visto così gentile se non con la piccola Rin…» disse Myoga, emozionato.
«Cinque minuti fa ti avrei detto che sarebbe più facile raffreddare la lava soffiandoci sopra. – rispose il fabbro, perplesso – Poi…non so, deve aver visto qualcosa in lei, finalmente. Voleva scaricarla e invece questa esperienza lo ha incuriosito. Forse è finalmente arrivato il tempo di cambiare, per quella testa di marmo. Mi spiace solo per quella povera ragazza.»
«Perché? Sarebbe la nuova Imperatrice di En, consorte...»
«...di un ghiacciolo che di amore non capisce niente. Da quello che ho visto, è più probabile che sia lei a soffrire per questa situazione. È una giovane sensibile e temo abbia la vocazione della salvatrice di casi disperati. - sospirò Totosai, poi scrollò le spalle e batté le mani – Insomma, non sono fatti nostri! Teniamo gli occhi aperti, al primo indizio di brutta aria ho intenzione di fare le valigie!»   
***
Quando Anna riaprì gli occhi, per un attimo le si gelò il sangue nelle vene. Era sospesa su una foresta intervallata da grandi radure che scorreva sotto di lei a gran velocità, bagnata dalla luce arancio intenso di un tramonto. Ebbe, in rapida successione, paura di precipitare e poi di trovarsi ancora sulla piuma di Kagura, con Naraku pronto a finire il lavoro con lei, poi si accorse del braccio forte che la circondava alla vita, impedendole di cadere, e il suo sguardo colse il fluttuare della morbida coda di Sesshomaru. Rabbrividì, mentre l’ansia scemava in lei sostituita da sorpresa e perplessità. Cosa ci faceva lì? Come poteva essere il tramonto? Ricordava di aver rilasciato il potere alla forgia di Totosai e il sole era appena sorto…
Il movimento che le scosse le membra attirò l’attenzione di Sesshomaru, che la sollevò con più fermezza, rimettendola in piedi. Lei lo guardò con occhi confusi e più di un’ombra di imbarazzo nel trovarsi a contatto con l’Imperatore di En, il quale la stava scrutando con allarmante attenzione.
«Dove…cos’è successo…?» mormorò Anna, reprimendo l’impulso di chiederle di lasciarla andare. Non ci teneva a precipitare solo per non consentirgli di vedere che il suo tocco le faceva effetto.
«Sei tornata yokai. Era ora.» disse lui, brusco, gettandola ancora più nella confusione.
«Cosa volete dire?»
«Non l’hai avvertito? – ritorse lui, sollevando un sopracciglio con gelido sarcasmo – Quando hai rilasciato una simile quantità di energia…»
«Ho perso contatto col potere, sì. – lo interruppe lei, ricollegando velocemente i propri ricordi e incupendosi mentre rifletteva – Ne avevo preso troppo, ma come dice Totosai è corretto che io conosca i miei limiti. Ho lasciato andare tutto quello che avevo e ho sentito…uno strappo. Poi, buio.»
Sesshomaru non lasciò trasparire il proprio freddo apprezzamento per quell’analisi, arrivata dopo solo un paio di domande confuse. Quella donna aveva cervello, era sveglia. Chiunque altro, in una simile situazione, avrebbe avuto difficoltà a ricollegarsi così in fretta ai momenti precedenti a un tracollo psicofisico.
«Nel momento in cui svuoti il corpo dall’energia con violenza, il sangue yokai in te si assopisce in attesa di riprendersi e il tuo corpo torna umano. – la sorprese – Hai iniziato a recuperare tratti demoniaci solo nel pomeriggio, e ancora adesso la tua aura è debole e instabile. Dovrai lavorare sulla gestione, poiché non ho intenzione di farti da scudo nel momento in cui tu dovessi sbagliare e metterti a rischio.»
«State tranquillo, sarà mia premura esservi utile e non costituire un peso.» disse lei, aspra, alzando il mento in segno di sfida.
Negli occhi azzurri di lei passò un lampo di ira e indignazione che le accese le guance, rendendola molto bella. Sesshomaru si incupì per quel pensiero che lo aveva sfiorato, insinuandosi non voluto tra quelli decisamente più pratici che gli avevano fatto decidere di continuare il viaggio voluto dalla dea Kiokuchi. Lei, ignara, guardò altrove.
«Dove ci troviamo?» chiese.
«Nei pressi di Inuzuka, territorio della Grande Famiglia.»
«La Grande Famiglia?» fece lei, perplessa.
«Sono alleati di spicco. Il mio lignaggio affonda le sue radici ai primordi della Grande Famiglia degli inu-yokai.»
«A cosa vi serve questa Grande Famiglia, ora?»
Sesshomaru rimase per un attimo in silenzio e qualcosa nei tratti del suo viso, pur inespressivo, le trasmise preoccupazione.
«Naraku approfitterà della mia assenza per muoversi. Attaccherà. Voglio che Inuyasha e le sue Hoshisaki stiano lontane dal confine. La Grande Famiglia dovrà guidare la difesa finché non avrò accesso a tutti i poteri della Stella di En.» spiegò lui con poche frasi secche, prima di chiudersi nel mutismo e dirigersi con decisione verso una collina boscosa, per metà avvolta da ombre cupe.
Quando scesero tra gli alberi, alle pendici della collina, il sole era scomparso in un crepuscolo delicato. Sesshomaru la lasciò andare non appena sfiorarono il terreno e Anna, a sua volta, si affrettò a fare due passi a lato, sentendosi sollevata di poter troncare quel contatto che, anche non volendo, le aveva accelerato i battiti del cuore. Lo guardò di sottecchi, rimproverandosi. Era vero, l’Imperatore di En era di una straordinaria bellezza, come aveva pensato fin dalla prima volta che l’aveva visto, ma questo non doveva farle dimenticare tutte le brutture del suo carattere.
“Non sei mai stata una ragazza frivola. Non cominciare adesso.” si disse, anche se di frivolo, nell’avventura che stava vivendo o nelle sensazioni che provava, non c’era proprio nulla. Quando si accorse che Sesshomaru stava avanzando, si affrettò a seguirlo, guardandosi attorno con circospezione. Chissà se erano riusciti a levarsi di dosso Kagura, con quel volo? Ricordò la piuma della yokai e si rimproverò. Era molto difficile che Sesshomaru potesse viaggiare più velocemente di una demone del vento.
«Stai indietro e non parlare.» le disse intanto Sesshomaru. Anna, avvertendo la presenza di molti demoni, non replicò. Davanti a loro, tra le ombre, stavano venendo avanti quelli che probabilmente erano i membri della Grande Famiglia, in forma umana. Si fermarono nel punto in cui il terreno iniziava a salire, schierati davanti a Sesshomaru. Vi fu un attimo di stasi che Anna non capì e che le trasmise un certo disagio, poi lo yokai anziano che precedeva gli altri si inchinò e la tensione svanì.
«Sesshomaru-sama, a cosa dobbiamo la vostra visita?» chiese costui, freddo ma educato.
«En ha bisogno dei vostri servigi.»
«Serviamo En ogni giorno, come da millenni. I nostri giovani sono alla guerra.» disse il vecchio, pacato, con una frase che poteva avere infinite sfumature. Ad Anna non piacque. Fu un istinto immediato, senza motivo, ma le parve che quello yokai e chi stava alle sue spalle fossero ostili a Sesshomaru. Ricordò le parole di Totosai e Myoga, che avevano cercato di spiegarle il peso che l’Impero e la ricerca della Stella costituivano per Sesshomaru, il quale aveva combattuto solo fin dalla morte del padre, con l’aggiuntiva responsabilità di un fratello minore da guidare e far crescere nel potere. Se esisteva una Grande Famiglia inu-yokai, perché nessuno condivideva il peso di queste responsabilità? Perché quegli inu-yokai non servivano da vicino il loro Imperatore ed erano asserragliati sulla loro collina come una setta che non andava disturbata? Il tono di Sesshomaru cambiò, facendole capire che anche lui aveva letto più sottintesi del dovuto nella voce del vecchio.
«Vecchio Tashiki, sono qui per dare ordini. Il vostro compito è quello di obbedire. – disse con un suono molto simile a un ringhio fondo – Comando un immediato consiglio di guerra. Non ho tempo da perdere qui tra voi, la notte sarà più che sufficiente per accordarci.»
«Come desiderate, Sesshomaru-sama. Siamo vostri servi. Venite alla dimora ancestrale, ma lasciate qui la donna che puzza di umano.» si inchinò il vecchio con una rigidità non dovuta agli acciacchi. Anna, che pensava di non essere stata nemmeno notata, sobbalzò per quelle parole volte a insultarla. Sesshomaru non fece una piega né si voltò.
«Ella è Junan. Andrà dove io andrò.»
«Questo terreno è sacro agli inu-yokai e nemmeno l’Imperatore di En può permettersi di violarlo.» disse Tashiki, aspro, e Anna avvertì una tale aura minacciosa provenire da Sesshomaru che fu contenta di non poterlo vedere in volto in quel momento. «Ma – continuò Tashiki, più conciliante – siamo servi dell’Imperatore e, pur mantenendo inviolate le tradizioni, non saremo così folli da arrecare danno all’incolumità di Junan, qualunque sia il corpo che l’Hoshisaki abbia deciso di abitare. Non temete, Sesshomaru-sama. Le lasceremo una scorta a fianco, così che vi possa attendere alle pendici di Inuzuka senza correre alcun pericolo.»
Sesshomaru si voltò verso Anna, imperscrutabile. Lei lo vedeva perfettamente, il suo nuovo sangue le concedeva una vista notturna straordinaria, ma non c'era nulla da leggere dietro a quei lineamenti, nessun pensiero. Si morse l'interno delle guance per non permettersi di chiedergli di rifiutare l'offerta.
«Sia.» disse infatti Sesshomaru, ma prima di andarsene si avvicinò a lei. Le si affiancò e si chinò appena fino ad avere la bocca all'altezza del suo padiglione auricolare. Avvertendo il suo respiro sulla pelle, Anna dovette trattenere un sussulto. Le mormorò in un sussurro appena percettibile: «Non ti muovere da qui, qualunque cosa la tua guardia del corpo possa dire o fare. Riprendi forze e non fare sciocchezze. Kagura ci ha seguiti.»
«Se mi attaccasse...?» chiese lei, quasi senza muovere le labbra.
«Non lo credo possibile, ma potrebbe non essere sola. - si scostò e la guardò negli occhi, poi disse le parole che in realtà di era aspettata fin dall'inizio – Hai la responsabilità di Junan fino al mio ritorno. Provami il tuo valore.»
Ciò detto, le voltò le spalle per inoltrarsi oltre i confini di Inuzuka e allontanarsi insieme al vecchio Tashiki e al resto della famiglia. Solo due inu-yokai rimasero dov'erano, scrutandola con occhi cupi: un giovane e una donna. Anna esalò il respiro dalle labbra socchiuse, cercando di liberarsi dalla tensione emotiva nei confronti di Sesshomaru e dalla sensazione di essere più sgradita che mai in quel luogo, poi si spremette un sorriso degno dei suoi giorni al negozio di fiori, senza sapere di aver nascosto l'odore delle sue emozioni ai due inu-yokai, e si inchinò, pronunciando un cortese ringraziamento per la loro presenza. Non ricevette risposta, perciò si sedette contro il tronco di un albero e si preparò ad attendere.
Per la prima volta da quando Kagome l'aveva trovata, era di nuovo sola. Nel frattempo, in lei e attorno a lei erano già successe molte cose e Anna si trovò non del tutto scontenta di avere un po' di tempo per fare chiarezza dentro di sé. Più si addentrava nell’impresa di unire e purificare la Stella di En, più si sentiva fuori posto.
Quando i monaci di Ojohi l’avevano salvata e le avevano spiegato le origini della loro lotta, la valenza del frammento viola che le era comparso sulla fronte e l’alto ruolo che questo comportava al fianco di Sesshomaru-sama, si era aggrappata alla speranza di poter trovare una nuova ragione per vivere, dopo la terribile trasformazione che aveva subito. Aveva visto l’Imperatore di En come una sorta di faro, l’antitesi di quel Naraku che l’aveva gettata nelle tenebre. Il loro incontro era stato una doccia fredda e Anna non aveva mandato tutto a carte all’aria solo grazie al ricongiungimento con Kagome e alla conoscenza con gli altri membri del gruppo, che le avevano dato ulteriori motivi per fare del suo meglio. Troppe vite innocenti erano in pericolo e lei detestava le ingiustizie. Se il potere acquisito poteva servirle per aiutarli, oltre che per vendicarsi di Naraku, tanto meglio.
Sesshomaru, però, per lei era un mistero e una spina nel fianco. La faceva andare in bestia con la sua indifferenza, i suoi modi bruschi, i silenzi. Sapeva di non piacergli e questo andava a rimestare nei sentimenti più torbidi del cuore di Anna. Al contempo, la sua dedizione al ricordo della giovane che aveva posseduto Junan prima di lei, il dolore profondo che era riuscita a scorgere nei suoi occhi, la testarda fierezza con cui cercava di tenere in mano un Impero e una missione che gli erano stati imposti, le facevano provare anche una riluttante stima per lui. Anna apprezzava il coraggio, il senso di responsabilità e la fermezza di carattere. Aver capito, però, il proprio vero ruolo nell’equilibrio di forze della Stella di En le aveva fatto girare la testa.
Totosai era stato molto chiaro: Junan era la controparte di Chinoo, le due Hoshisaki si completavano così come le anime dei due possessori. In parole povere, se lei era la “vera” Junan, cosa che la piccola Rin non aveva potuto diventare, significava che lei e Sesshomaru erano destinati l’una all’altro.
“Certo, come no.” pensò la giovane, abbracciandosi le ginocchia, a disagio. Non sarebbe stata così disonesta con se stessa da non ammettere che il contatto fisico con Sesshomaru la scombussolava, né da negare la sua bellezza o la tentazione di voler guardare più a fondo nei recessi di quegli occhi che le avevano concesso solo un paio di volte di andare oltre la superficie. Tra questo e l’amore, però, ce ne passava e Anna non vedeva motivo per perdere la testa nei confronti di qualcuno che la vedeva solo come un’arma che portava Junan incastonata in sé.
“Dev’esserci qualcosa di sbagliato nella storia delle Hoshisaki. Sicuramente Sesshomaru la pensa allo stesso modo.” sospirò. Si accorse di non pensare più a lui col titolo onorifico. L’aveva già sfidato troppe volte per mettere in scena forme di rispetto, almeno nel privato, ma la cosa la contrariò lo stesso. Non voleva dargli alcuna confidenza, nemmeno nei propri pensieri.
Avvertì una risatina dietro di sé, poi un’altra. Aguzzò le orecchie e notò che le sue guardie del corpo stavano sparlando di lei, senza nemmeno fare troppa attenzione a tenere bassa la voce. Forse pensavano avesse ancora un udito umano.
«È assurdo che una donna impura sia destinata a Sesshomaru-sama.» stava dicendo la inu-yokai, con l’astio inconfondibile di chi è geloso. Probabilmente Sesshomaru era un partito molto ambito.
“Concordo con te.” pensò lei, chiudendo gli occhi e sospirando piano. Era abituata alle prese in giro altrui e a dirla tutta la pensava come quella donna. Lei e Sesshomaru erano come il fuoco e l’acqua.
«Vedrai che l’Imperatore le toglierà Junan. Un simile contenitore non vale niente. Né ningen, né yokai. Scommetto che è debole come un bambino, la sua aura si avverte a malapena.» disse il secondo tizio, rassicurando la collega. Anna storse la bocca: in effetti era ancora debole, ma non quanto credevano quei due. Non faceva il pieno di energia per non mostrare i propri poteri. Non sapeva perché, ma sentiva che Sesshomaru le avrebbe consigliato di fare lo stesso. Inoltre, quei due non sapevano che l’Imperatore di En aveva già fatto il suo tentativo di sbarazzarsi di lei.
“Ma alla fine ha rinunciato.” ricordò, provando la stessa stupefatta sorpresa della notte prima. Messo davanti alla prospettiva di condannarla, aveva fatto marcia indietro. Adesso le aveva affidato Junan, accettandola implicitamente nel ruolo che le era stato imposto. Forse, c’era davvero in lui più di quanto apparisse. Forse valeva la pena vedere dove quella strada al suo fianco l’avrebbe condotta. In fondo, Kiokuchi-sama le aveva dato la speranza di poter tentare di tornare umana, alla fine di quel viaggio. Se avesse usato quel potere, una volta purificate le Stelle...
I suoi pensieri furono cancellati dall’istinto e dall’allarme che la pervase. Anna si alzò di scatto e fece un balzo, allontanandosi dall’albero. Un istante dopo, lame di vento si abbatterono sul punto in cui era rimasta seduta, segando l’albero in tocchi e causandone la caduta. Alcuni demoni sbucarono dal folto come se provenissero dal nulla, facendo capire ad Anna che era stato usato di nuovo il trucco sperimentato sulle colline, quando l'esercito di Naraku era stato nascosto nell'odore e nell'aura demoniaca da demoni insetto. I demoni, però, non si diressero su Anna ma sui due inu-yokai che le facevano da scorta, i quali ingaggiarono battaglia, retrocedendo per trascinare gli invasori lontano dalle pendici della collina sacra.
«Ehi!» protestò Anna, rendendosi conto che la manovra la stava isolando e lasciando priva di protezione, cosa che non corrispondeva alle richieste di Sesshomaru, ma dovette riportare la propria attenzione sulle nuove lame di vento che precipitavano su di lei e balzare via. Non fu affatto sorpresa quando Kagura si palesò tra i rami, scrutandola con occhi sarcastici da sopra la linea del ventaglio con cui copriva l'espressione della bocca.
«Sorpresa!» le disse, ironica.
«Sapevo che ci stavi seguendo. E sapevo che avresti approfittato della prima assenza di Sesshomaru.» ritorse Anna, avvertendo la rabbia iniziare a ribollirle nello stomaco. La sua mente fu subito piena dei terribili ricordi della sua prima notte in quel mondo e della sua lotta per la sopravvivenza.
«Naso fine, eh? Beh, non è importante. A Naraku non va che tu ti renda troppo utile a Sesshomaru. Che ne dici di restituire ciò che non è tuo e deciderti a morire? Se ti taglio la testa, non te ne accorgerai nemmeno.» la provocò Kagura. Anna le sorrise con un'affilata sete di sangue che tolse per un attimo dal volto della bella yokai il suo confidente sarcasmo.
«Non sono un'assassina come te, Kagura, ma non ho remore nel vendicare ciò che mi avete tolto. In realtà, ti stavo aspettando.» disse, con una voce simile a un miagolio rabbioso e un allarmante lampo dorato negli occhi. Scattò, con tutte le energie che era riuscita a recuperare. Le sue unghie, ora lunghe e micidiali, sfiorarono la demone del vento, che però si lasciò cadere dal ramo e atterrò con una capriola, sferzando l'aria col suo ventaglio. Anna balzò da un ramo all'altro con l'agilità propria dei gatti, rimettendoci solo un paio di ciocche di capelli dorati e sottraendo a ogni contatto energia agli alberi, poi si voltò e sparò la propria energia contro Kagura, che non si aspettava un attacco simile. La yokai si circondò di una barriera di vento che deviò in parte il colpo, ma dovette caracollare all'indietro e Anna ne approfittò per correrle incontro. Voleva toglierle tutta l'energia che poteva e, una volta inerme, interrogarla su Naraku.
La sua situazione di disequilibrio e il potere appena usato, però, le avevano sottratto forza e fu più lenta di quanto avrebbe gradito. Questo permise a Kagura di riprendersi e di sollevarsi in aria, sottraendosi al suo tocco. Appena sopra di lei, calò il ventaglio come la lama di una ghigliottina, ma Anna si raccolse su se stessa e balzò in avanti, senza concedersi una pausa. Stavolta il vento tagliente la colse sul retro di una caviglia, spillando sangue, ma non fu sufficiente a farle un danno grave.
Le due contendenti si fermarono un attimo, scrutandosi con odio e riluttante rispetto. Entrambe avevano intuito che le reali possibilità dell'avversaria potevano rivelarsi più letali del previsto.
“Io sono debole, ma Kagura? Possibile si stia trattenendo?” pensò Anna, sospettosa. Il viso della yokai era imperscrutabile, come la sua Hoshisaki prevedeva, ma Sesshomaru le aveva detto più volte di non temere particolari ingerenze da parte di Kagura. Qual era il gioco della yokai del Vento? Intanto, attaccanti e difensori erano ormai lontani, scomparsi con una velocità che per qualche motivo le risultava sospetta.
«Io non mi aspetterei aiuto dagli inu-yokai, fossi in te. Sesshomaru compreso.» tubò Kagura, avendo notato la direzione del suo sguardo. Ad Anna non piacque il suo tono. Era pieno di sottintesi che la mettevano in allarme.
«Non ho bisogno dell'aiuto di Sesshomaru.» le disse prima ancora di pensare.  Kagura la guardò con un misto di pietà, delusione e disprezzo.
«Per favore, sento benissimo la tua debolezza.» la provocò, sprezzante.
«Lascia che ti sfiori e vedrai come le carte in tavola siano in grado di ribaltarsi.» la sfidò Anna. Se solo fosse riuscita a toccarla, anche solo per un istante...Doveva ingannarla, farla andare nella direzione sbagliata. Doveva usare il potere un'altra volta. Kagura, invece di colpirla approfittando del suo momento di riflessione, chiuse il ventaglio con uno schiocco secco e lo usò per indicarla con un gesto d'accusa.
«Ma guardati, sarebbe questa la Junan che deve aiutare Sesshomaru? La spina nel fianco che dovrei estirpare? Come immaginavo, gli scarti di Naraku non potevano aver creato qualcosa di buono. Un paio di colpi e sei debole come un uccellino. Se ti potessi scatenare addosso la Danza dei Cadaveri, saresti morta in un secondo.» disse, con non poco disprezzo.
«Mi hanno detto che anche tu sei nata da scarti di Naraku. Non farei troppe battute in merito, Kagura.» ritorse Anna, sprezzante, mandando a mente il fatto che lei non poteva, al momento, usare ogni freccia al suo arco. Non era sicura di voler sapere in cosa consistesse quella Danza dei Cadaveri.
«Oh, la gente dice così tante cattiverie. Non crederei a tutto, se fossi in te. Io sono il Vento, carina. Non sono lo scarto di nessuno. - rispose Kagura, facendo un movimento col polso, pronta a scatenare di nuovo i propri poteri – Al contrario di te, pare. Abbiamo già fatto un po' di chiasso, ma non vedo comparire l'Imperatore di En in tuo soccorso.»   
«Ti dispiace?» chiese Anna, riflettendo su come gestire lo scontro. Fu sorpresa e distratta per un attimo dal sorrisetto affilato che sembrò sfuggire al controllo di Kagura e piegarle le labbra nell'unico segno di un sentimento complicato.
«Non direi. Mi facilita il lavoro.» mormorò Kagura, muovendo di nuovo in aria il suo ventaglio. Anna rotolò via, impedita dai tagli alla caviglia, e le lame spillarono altro sangue. Il dolore le diede una sferzata, aiutandola a uscire dallo stupore che l’aveva pervasa nell’intuire cosa si nascondesse dietro il piccolo sorriso di Kagura. Sesshomaru ne era a conoscenza? Soprattutto, Naraku lo sapeva? In che razza di situazione si trovava Kagura?!
“Maledizione, non ho tempo per pensare a queste cose, ora!” si disse, preparandosi a uno sforzo.
«Fai un favore a tutti e muori, ragazza!» esclamò Kagura, preparandosi al colpo finale.
«Sesshomaru mi ha affidato Junan! Non te la lascerò, Kagura!» gridò Anna con uguale ferocia e fierezza. Affondò le dita nella terra, prendendo da essa tutto ciò che poteva, poi scattò, per metà trasformata in neko-yokai, affrontando di petto il vento micidiale di Kagura.
Doveva riuscire a toccarla, a qualsiasi costo.
   
 
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