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Autore: La_Sakura    18/05/2022    7 recensioni
Alla vigilia del World Youth, un grave incidente costringe Tsubasa al ritiro dalla competizione e anche dal calcio giocato. Rimasto inspiegabilmente in Brasile, il giovane lascia andare i contatti con gli amici di sempre fino a far perdere le proprie tracce.
Sono passati cinque anni quando, da San Paolo, giunge una nuova notizia: Roberto Hongo ha perso la vita in un incidente d’auto. Gli amici della vecchia Nankatsu si radunano per recarsi al funerale, curiosi anche di sapere se Tsubasa sarà presente, ma la sua assenza fa sì che Yuzo decida di cercarlo, rintracciandolo finalmente a Santos. Ciò che troverà, sarà in grado di spiegare il passato?

«Dobbiamo essere veloci.»
«Veloci e furiosi.»

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Serie "VeF - Velozes e Furiosos"
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alan Croker/Yuzo Morisaki, Nuovo personaggio, Tsubasa Ozora/Holly
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Velozes e Furiosos

Bas Garage

Yuzo scese dal taxi dopo aver pagato la corsa e si guardò intorno con curiosità: quando il suo contatto gli aveva fornito l’indirizzo a cui si sarebbe dovuto recare, tutto si sarebbe aspettato tranne che trovarsi di fronte a un’officina.

Il Bas Garage faceva bella mostra di sé davanti a lui: il grande portone scorrevole in metallo era aperto solo per metà ma permetteva di dare un’occhiata all’interno dello stabile, mentre all’esterno un paio di auto che avevano vissuto anni migliori erano oggetto di discussioni tra i meccanici e quelli che dovevano esserne i proprietari.

L’ex portiere della Nankatsu si avvicinò all’ingresso e guardò all’interno, nella speranza di scorgere la persona che stava cercando: da quando aveva ottenuto quell’indirizzo, non faceva altro che chiedersi se l’amico d’infanzia l’avrebbe riconosciuto, se la sua visita gli avrebbe fatto piacere o se, al contrario, si sarebbe arrabbiato. In fondo erano passati otto anni dalla sua partenza, e negli ultimi cinque aveva praticamente fatto perdere ogni traccia di sé.

«Ehi, amigo

Si voltò e notò un giovane che si stava pulendo le mani con uno straccio che aveva visto tempi migliori: questi gli si avvicinò parlando in brasiliano.

«Aehm… não entendo…» pronunciò, cercando di far mente locale sui suggerimenti linguistici che la receptionist dell’albergo gli aveva fornito.

Il ragazzo sorrise, buttandosi lo straccio sulla spalla sinistra.

«Giapponese?»

«S… sì.» rispose, sorpreso nel sentire quel giovane parlare la sua lingua madre «Anche tu…?»

«Mia madre.» gli allungò una mano «Sono Cristóvão, ma puoi chiamarmi Cris. Come posso aiutarti?»

«Yuzo.» replicò al saluto «Io cercavo una persona. Ozora Tsubasa.» aggiunse subito.

Ebbe l’impressione che quel nome avesse scatenato una reazione imprevista nel suo interlocutore, che però non lasciò trasparire altro: gli diede le spalle e fece qualche passo verso l’interno dell’officina.

«Kei! Kei!»

«O que você grita(1)

Una giovane donna dai tratti marcatamente asiatici li raggiunse in pochi passi. Aveva lunghi capelli neri raccolti in una coda alta, e occhi castani leggermente socchiusi, quasi spazientiti.

«Questo nihonjin cerca Tsubasa.»

«Ah.» la giovane sembrava divertita «E chi saresti, di grazia?»

«Kei…» la redarguì Cristóvão, anche se pareva anch’egli divertito dal piglio con cui lo aveva apostrofato.

«Mi chiamo Morisaki Yuzo, sono… ero un compagno di squadra di Tsubasa. So che è qui.»

Pronunciò quell’ultima frase per dare a intendere che non poteva essere preso in giro: non aveva fatto tutti quei chilometri per essere rimbalzato da una sconosciuta, non quando sapeva benissimo di essere nel posto giusto.

«Bene, Morisaki Yuzo, lo trovi di là, in quell’ufficio: adesso però non posso portarti da lui, è impegnato con alcune persone. Che ne dici se, mentre aspettiamo, ti offro da bere e scambiamo due chiacchiere?»

«Basta che non sia qualcosa di avvelenato.»

Cristóvão scoppiò a ridere e gli passò un braccio attorno alle spalle.

«Devi perdonare Keiko, ma non succede tutti i giorni che qualcuno venga a cercare il nostro capo.»

«Il vostro… capo?» ripeté Yuzo, confuso.

«Sì, Tsubasa. Bas.» aggiunse poi, allargando le braccia per incorporare nel gesto tutto l’ambiente «Da dove credi che arrivi il nome “Bas Garage”?»

«Oh, io… non ne avevo idea.»

«Deve essere da molto, allora, che non hai a che fare con lui.» replicò Keiko, allungandogli una lattina di guaranà.

«Cinque anni.» ammise, aprendo la bibita «Dovevamo giocare il World Youth insieme, ma…»

Il silenzio calò sul trio: Yuzo immaginò che quei ragazzi sapessero bene cosa fosse successo in quell’occasione, a differenza sua che aveva solo qualche informazione vaga, così si limitò a bere qualche sorso per rinfrescarsi.

La porta dell’ufficio si aprì: una coppia ne uscì sorridendo, l’uomo stava roteando un mazzo di chiavi nell’indice della mano destra e sembrava molto felice.

Keiko e Cristóvão li salutarono, scambiando qualche convenevole, mentre lui si concentrava sulla porta, rimasta aperta: Tsubasa ne sarebbe uscito a breve, che reazione avrebbe avuto? Improvvisamente si sentì a disagio, come se non avesse alcun diritto a piombare così nella vita dell’ex calciatore, senza preavviso.

«Ehi, Bas!» Keiko, al suo fianco, urlò in direzione dell’ufficio «Ci sono visite!»

«Per me?» la voce all’interno era sorpresa.

«E per chi, sennò?» fece eco Cristóvão, divertito.

Tsubasa uscì dall’ufficio, e Yuzo sorrise nel constatare che il giovane non era cambiato di una virgola: la solita pettinatura disordinata, lo stesso sguardo fiero, il fisico statuario messo in risalto da una maglia senza maniche che un tempo doveva essere stata bianca.

«Che gli Dei mi fulminino. Morisaki!» esclamò, avvicinandosi a lui «Yuzo Morisaki! Che ci fai qui?»

«Ecco, io…»

Yuzo si lasciò investire dall’abbraccio di Tsubasa, che pareva sinceramente felice di vederlo, ed emise un sospiro di sollievo.

«Vieni, andiamo nel mio ufficio: Kei, portaci due birre per favore, serve qualcosa di più forte di quel guaranà.»

«Come ti pare, Bas…»

«Allora?» lo fece accomodare su una poltrona sgangherata, la cui finta pelle era stracciata in più punti e lasciava uscire l’imbottitura «Davvero, che sorpresa, ma perché non mi hai avvisato? Ti avrei organizzato un benvenuto coi fiocchi, insomma, da quanto tempo non ci vediamo?»

«Da tanto, in effetti. In realtà non credevo neanche che ti avrebbe fatto piacere, dato che sei sparito dai radar di tutti. Nessuno ha avuto più tue notizie, Tsubasa…»

Il ragazzo annuì, sedendosi accanto a lui e mantenendo un sorriso sulle labbra che però a Yuzo parve avere un che di amaro: Keiko entrò in quel momento e porse ad entrambi una bottiglia.

«Credo che avrete saputo del mio incidente…»

Pronunciò quelle parole dopo aver bevuto un lungo sorso di birra, quindi si chinò per posarla sul pavimento e arrotolò il pantalone fino al ginocchio: Yuzo si sporse appena e rabbrividì vedendo la lunga cicatrice che percorreva la gamba destra dell’amico.

«Sono rimasto incastrato troppo a lungo tra le lamiere, e quando mi hanno operato… beh, non era di certo la miglior équipe chirurgica del mondo. Ma sono vivo, a differenza di altri, e posso raccontarlo, quindi…»

«È per questo che hai abbandonato il calcio?»

«Ci ho provato a giocare, sai?» pronunciò quelle parole riprendendo in mano la bottiglia e avvicinandola alle labbra «Ma avevo perso qualcosa, non ero più in grado. La gamba mi faceva un male cane, e la mia corsa… beh, zoppicare a centrocampo non era di certo una buona tecnica controffensiva.»

«Mi dispiace tanto, Tsubasa, non avevo idea della gravità di quanto accaduto…» Yuzo pronunciò quelle parole con sincerità.

«Lo so. Ho preferito non divulgare troppo la notizia, limitandomi a parlare di un incidente che mi aveva costretto al ritiro, era più facile da gestire a livello mediatico, sia per me che per la mia famiglia. Ma parliamo di te: che cosa ti porta in Brasile? Sei in vacanza? Potrei consigliarti bene!»

«No, io ero con i ragazzi della vecchia Nankatsu, siamo venuti nella speranza di incontrarti… eravamo al funerale di Roberto.»

Il gelo calò nella stanza, Yuzo se ne rese subito conto: Keiko, che fino a quel momento era rimasta seduta in disparte, presa da chissà quale conteggio alla calcolatrice, era scattata in piedi e lo osservava con sguardo truce, mentre Tsubasa, dopo un primo attimo di apparente smarrimento, aveva continuato a sorseggiare la bevanda.

«Ho saputo di Roberto.» pronunciò infine, distogliendo lo sguardo «Purtroppo non ho potuto partecipare alle esequie.»

«Non hai potuto, o…»

«Ci ha fatto piacere averti qui, Morisaki, ora però noi dovremmo tornare al lavoro.» Keiko gli si era parata davanti, a braccia conserte, e il suo sguardo era tutt’altro che amichevole.

«Kei…» la redarguì Tsubasa.

«Abbiamo del lavoro arretrato, Bas, non possiamo…»

«Kei.» stavolta il nome fu pronunciato fermamente, tant’è che la giovane desistette «Dove alloggi, Yuzo? Mi farebbe piacere riaccompagnarti in hotel.»

Il giovane gli porse un biglietto con il nome dell’albergo, quindi si alzò per seguirlo: lanciò un’ultima occhiata a Keiko che aveva perso il suo piglio gioviale a favore di uno sguardo tutt’altro che rassicurante, e seguì Tsubasa all’esterno dell’officina. Vederlo camminare per un tragitto più lungo dei pochi passi che aveva compiuto poco prima gli fece notare la sua andatura claudicante, ma non seppe dire se si trattasse di suggestione o se il giovane avesse in qualche modo accentuato la sua condizione.

Giunto all’esterno del locale, lo sentì scambiare due parole con Cristóvão riguardo un motore da sostituire su una Chevrolet Camaro, così si risolse a porre la domanda che aveva sulla punta della lingua dal suo arrivo.

«Da quando questa passione per le auto, eh Bas

Pronunciò quelle parole con un intento amichevole, sottolineando quel nuovo e strano soprannome dell’amico: l’ex calciatore scoppiò a ridere, rallentando il passo affinché potesse affiancarlo.

«Fa parte della mia metamorfosi: una volta accantonato il calcio, dovevo in qualche modo trovare di che sostenermi, e Keiko mi aveva già fatto appassionare ai motori, così…»

«Allora è lei il meccanico della famiglia.»

«In un certo senso…» ammiccò Tsubasa, visibilmente divertito.

«Quindi tu e lei…»

Il nipponico non rispose: fece un cenno a Yuzo, indicando un veicolo parcheggiato accanto a un gruppo di palme nane.

«E quella sarebbe la tua auto!?» esclamò, rimanendo a bocca aperta. La Toyota Supra color verde lime faceva bella mostra di sé davanti a lui, lucida e brillante solo il sole paulista.

«È la mia bambina, la prima auto che ho rimesso a posto interamente da solo, effettuando tutte le modifiche per renderla performante.» ammise, con orgoglio «Qui sotto batte un cuore da 500 cavalli.» e, così dicendo, batté leggermente la mano sul cofano.

«Impressionante…»

Yuzo ammirò lo stile delle aerografie applicate sulla carrozzeria, delle ali blu stilizzate che dal paraurti anteriore raggiungevano quasi il bagagliaio.

«Hai detto di averla sistemata da solo?»

Tsubasa si accomodò al sedile della guida e controllò che l’amico allacciasse la cintura di sicurezza.

«Prima di aprire un’officina, volevo avere la certezza di essere in grado di svolgere questo lavoro: Keiko aveva un garage molto attrezzato, così ci siamo messi lì e lei ha coordinato i lavori.»

Il rombo del motore fece trasalire Yuzo: Tsubasa sembrava sempre più divertito.

«Tieniti stretto.» gli mormorò, prima di premere sull’acceleratore e immettersi nel traffico.

 

 

Appoggiata allo stipite della porta, Keiko controllava l’interno della stanza, illuminata solo dalla tenue luce che proveniva dal corridoio.

«Dorme?»

Tsubasa le si avvicinò e posò il mento sulla spalla, per scrutare a sua volta all’interno.

«Come un sasso.» sussurrò lei, scostandosi e avviandosi verso la cucina.

«Mi dispiace per oggi, Kei, non avevo idea che…»

«Devi liberarti di lui, Tsubasa: ha nominato Roberto in officina, sai bene che quel nome porta solo guai.»

«Andiamo, non fare la bambina superstiziosa.» incurvò le labbra in un sorriso divertito «Quando ti ci metti, sei peggio della signora Almeida, quella vecchia strega.»

«Non è superstizione, Tsubasa: siamo venuti via da San Paolo per allontanarci da lui, è andato tutto bene per cinque anni, e ora… prima lui muore, e ora un tuo vecchio amico viene a cercarti. Che poi, chi è questo Yuzo Morisaki? Non mi hai mai parlato di lui, siamo sicuri che…»

Il ragazzo colmò la distanza che li separava e le posò le mani sulle spalle, obbligandola ad alzare lo sguardo su di lui.

«Yuzo era il portiere della Nankatsu. È una brava persona, non ci darà problemi, Kei-chan: si fermerà qualche giorno, parlerò con lui dei vecchi tempi, rivangherò il passato bevendo birra, lo metterò su un aereo e tanti saluti. Dirà a tutti che sto bene, sono vivo e si scorderanno nuovamente di me.»

«Chi ti dice che non sia stato mandato da…»

«Ehi.» Tsubasa interruppe il suo ragionamento ad alta voce, posandole un indice sulle labbra «Andrà tutto bene, te l’ho promesso cinque anni fa e te lo prometto ancora: mi prenderò cura di voi.»

Keiko chiuse gli occhi e deglutì rumorosamente, cercando di trattenere le lacrime, quindi si scostò per sedersi.

«È solo che…» mormorò.

«Lo so che sei preoccupata, e lo capisco: l’incidente di Roberto riapre vecchie ferite, ma non abbiamo motivo di allarmarci. Siamo a Santos da tanto, e nessuno è mai venuto a cercarci finora.»

«Perché c’era Roberto a fare da scudo. Ho paura che, ora che lui non c’è più, vengano a reclamare ciò che spetta loro.»

«E cosa possono reclamare? Siamo io, te, Yuki e Cris. Non c’entriamo nulla con tutta quella storia.»

«Credi davvero a ciò che dici? Vantano un credito verso Roberto, e immediatamente dopo Hongo – indovina? – ci siamo noi.»

Tsubasa sospirò.

«Ci sono io, Keiko, non voi.»

«Siamo una famiglia.» si alzò e gli si fece vicino «Non esiste che tu faccia qualcosa senza di noi, anche a costo di fare le valigie e andarcene dal Brasile.»

«Mamma…»

Una vocina attirò la loro attenzione: Keiko si voltò verso il corridoio.

«Yuki, che ci fai sveglio?»

«State litigando?»

«No, amore mio, no…» si affrettò a prenderlo in braccio e stringerlo al petto.

«Perché hai detto che dobbiamo fare le valigie?»

Keiko sgranò gli occhi e fissò Tsubasa con terrore: il ragazzo si avvicinò e carezzò la testa del bambino.

«Non è nulla, tesoro, io e la mamma pensavamo di fare un viaggio, che ne dici?»

«Ma tutti insieme?» piagnucolò il piccolo, nascondendo il volto nel petto della donna.

«Ma certo che lo faremo tutti insieme…»

«Voglio anche zio Cris.»

I due sorrisero mentre raggiungevano la camera del bambino.

«Ecco qua.» sussurrò Keiko, coprendolo col lenzuolo «Ora dormi, che domani c’è scuola.»

«Domani voglio che mi venga a prendere lo zio Cris…»

«Ehi, cos’è questo attaccamento? Sono geloso.» mugugnò Tsubasa, chinandosi sul bambino per depositargli un bacio sulla nuca.

Il respiro di Yuki rallentò, segno che il bambino stava lentamente scivolando tra le braccia di Morfeo: Keiko osservò Tsubasa carezzargli la fronte e baciarlo nuovamente prima di sollevarsi e raggiungerla. Avrebbe fatto qualunque cosa per proteggere la sua famiglia, anche se questo avrebbe significato abbandonare il suo paese.

 

 

1«O que você grita?» = «Cosa urli?» 





Sah

Sah

Prova prova

Oi pessoal! 

Benvenut* in questa nuova avventura in terra sudamericana *ride*

Dire che questo racconto è emerso dai meandri dei miei cassetti è usare un eufemismo: penso che sia uno dei miei progetti più vecchi in assoluto, uno di quegli appunti che mi ero presa secoli fa e che ho sempre tralasciato perché lo consideravo irrealizzabile. 

Poi, un giorno, ho parlato con Melanto, ed ecco che mi ha dato la spinta necessaria per mettere la storia nero su bianco: non la ringrazierò mai abbastanza per avermi supportato in questo progetto, che fa parte di me ed è un pezzetto di cuore. 

Forse non lo sapete, ma io ho sempre avuto una passione per la vita di Tsubasa in Brasile: senza nulla togliere al canon, a cui sono ovviamente affezionata, mi sono sempre chiesta come poteva essere la vita di un quindicenne giapponese in terra brasiliana, e da lì sono nati i vari What if che giacciono nel mio hard disk, in attesa di trovare la giusta spinta per vedere la luce. Ebbene, questo è uno di quei "E se...?" che mi sono domandata mille volte. 

Il riferimento alla saga di Fast&Furious è neanche troppo velato XD infatti il titolo è esattamente il nome con cui è stato distribuito in Brasile: io AMO questa saga, ma me ne intendo poco di auto e per questo mi sono avvalsa dell'aiuto di tutti quelli che mi circondano nell RL per poter avere spunti. L'auto di Tsubasa è opera mia XD che in quanto a tamarraggine non sono seconda a nessuno! 

Che dire: vi affido questo mio nuovo figlio virtuale, trattatemelo bene ^^

Un abbraccio 

La Sakura

   
 
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