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Autore: Charly_92    21/05/2022    0 recensioni
One shot. Un po' TonyxPepper e TonyxPeter. Ma soprattutto, di come Tony è diventato l'eroe che è sempre stato.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Tony Stark, Virginia - Pepper - Potts
Note: AU | Avvertimenti: Violenza
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Lover of the light
 
When I counted up my demons
saw there was one for every day
with the good ones on my shoulders
I drove the other ones away
(Coldplay – “Everything’s not lost”)
 
 
 
Tony non poteva non fare l’eroe. Non poteva dire di non averci provato con tutto sé stesso, nella vita dopo il glitch provocato dallo schiocco delle dita del guanto di Thanos con le gemme dell’infinito. Aveva fatto tutto per bene: aveva sposato Pepper, trasferendosi fuori città in mezzo alla natura, aveva desiderato fortemente qualcosa in più, anche solo per rendere meno sterile quel mondo spopolato, da lì era nata Morgan e il suo mondo si era tinto di nuove sfumature meravigliose. Aveva messo in un sotterraneo apposito tutte le sue invenzioni, Friday e, soprattutto, l’armatura di Iron Man.
In quella vita placida e tranquilla, si era creato nuovi piccoli hobby: leggeva libri davanti al caminetto, ascoltava dischi in vinile mentre sorseggiava whisky, si dava a piccoli lavori di falegnameria nel garage, ogni tanto pensava di essere finito in un fottuto video musicale di Taylor Swift, camicia di flanella a scacchi compresa, e ne rideva.
Il passato, però, era una porta socchiusa e cigolante. Lo veniva a trovare a tradimento di notte, quando l’insonnia lo colpiva, il cervello che correva veloce, sempre troppo veloce, il cuore, sensazione folle per chi come lui da tempo non ne aveva più uno, che sembrava esplodere dalla tachicardia e il sudore freddo che gli imperlava la fronte e le tempie. Attacchi di panico. Tony allora si alzava e, più silenziosamente possibile, si dirigeva nel seminterrato. Restava lì ore e ore a perfezionare l’armatura, fino a che la sua mente sembrava finalmente uscire da quello stato di allerta, allora si diceva che, se qualcosa fosse accaduto, qualcosa di spaventoso e devastante, sarebbe stato pronto a proteggere la sua famiglia.
Voleva essere in grado. Doveva essere in grado. Sfinito, tornava a dormire, ma, se il fato era particolarmente crudele con lui, allora nemmeno i suoi sogni erano clementi: Thanos o qualche nuova minaccia incombente, distruttiva e inarrestabile, le urla di Pepper e Morgan, lui che combatteva e veniva messo fuori gioco come si rompe un giocattolo e poi… Di solito si svegliava, urlando, madido di sudore, Pepper che lo chiamava cercando di riportarlo alla realtà. “Cos’hai sognato?” Gli chiedeva. Silenzio interminabile, gli occhi di Tony che saettavano lontano, febbrili, il respiro affannoso, “Niente.”.
Pepper allora gli dava un bacio sulla fronte, gli accarezzava una guancia e con voce rassicurante gli sussurrava all’orecchio: “È passato, va tutto bene.”.
Era questo il punto: come faceva a sapere che andava tutto bene? Che sarebbe andato sempre tutto bene? Come faceva a non avere i suoi stessi incubi dopo quello che l’intero pianeta aveva passato? Agli amici che avevano perso? Come faceva a giocare con Morgan e a non sobbalzare a ogni minimo rumore? Davvero pensava che lui ce l’avrebbe fatta a non fare l’eroe? A non indossare mai più i panni di Iron Man? A essere Tony, “solo” Tony?
La questione, e Pepper dentro di sé lo sapeva, era molto più complessa di così. Non era l’armatura a rendere Tony un supereroe, armi tecnologiche a parte. Tony la stoffa dell’eroe l’aveva sempre avuta dentro, anche in tempi non sospetti, ben prima dell’Afghanistan, anche se si era impegnato molto nel lasciarla sopita. Poi, improvvisamente, l’elettromagnete messo per salvargli la vita a sostituirgli il cuore, era come se l’avesse messo davanti a fatto compiuto, a un destino per lui ineluttabile, una missione al cui appello non avrebbe mai potuto restare sordo.
Tony era Iron Man e aveva passato gli ultimi anni della sua vita, da solo prima e con gli Avengers poi, a proteggere la Terra e i suoi abitanti al meglio che poteva, non senza conseguenze per la sua vita privata e, soprattutto, per la sua psiche. La mente di Tony non riposava mai del tutto. Era sempre in allerta, sempre a pensare come anticipare la prossima minaccia e sconfiggerla, sempre a cercare di ideare un piano che comportasse meno perdite possibili, sempre a anteporre il meglio dell’umanità al meglio per sé stesso, a discapito anche e soprattutto della sua famiglia, cosa che, in un grandissimo slancio d’amore, Pepper tuttavia gli perdonava, proprio perché sapeva che impedire a Tony di fare l’eroe significava impedirgli di essere sé stesso. La donna non nascondeva di aver provato un certo sollievo dopo la tragedia, quando Tony le aveva detto non solo che voleva sposarla, che voleva un figlio da lei, ma soprattutto che non ce la faceva più a mettere a rischio la sua vita di coniuge e futuro padre, di viaggi nello spazio, di lotte furibonde, di incertezza, voleva una vita tranquilla, ordinaria, persino noiosa. Una vita normale. Ma come poteva essere normale la vita di un genio miliardario playboy filantropo che, in più, si dia il caso che fosse anche un supereroe? Pepper viveva nel sospetto che un giorno Tony sarebbe venuto da lei e si sarebbe rimangiato tutto, avrebbe indossato di nuovo l’armatura, le avrebbe promesso che avrebbe fatto tutto il possibile per tornare da lei e da Morgan e sarebbe andato a fare di nuovo il leader di una squadra unita contro le minacce dell’universo.
Ne ebbe la certezza quando i suoi ex compagni si presentarono alla porta, parlando di una possibilità di aggiustare le cose, possibile per quanto folle per menti come le loro, e soprattutto, di riportare indietro gli altri e sconfiggere Thanos una volta per tutte. Di riportare indietro Peter.
Tony era arrabbiato, anzi, era furioso: quando nello spazio aveva avuto la visione dell’arrivo funesto di Thanos, nessuno gli aveva creduto, fin quando era stato troppo tardi e ora pretendevano di servirsi del suo genio in un piano suicida con scarsissime possibilità di successo e giocavano con il suo affetto per il ragazzo. Se c’era qualcosa che aveva modificato Tony negli ultimi tempi era stato fare la conoscenza di Peter Parker, o il Bimbo-Ragno, come amava chiamarlo lui. Ci si era affezionato come uno zio a un nipote, anche se il ragazzo era tanto volenteroso quanto irruento, spesso l’aveva esasperato facendogli alzare gli occhi al cielo e poi parlava decisamente troppo. Non era mai riuscito a dirgli apertamente quanto tenesse a lui e, di questo, si rammaricava. Tony non si perdonava di non essere riuscito a proteggerlo. Ricordava ancora, come fosse ieri, quando il ragazzo si era lanciato tra le sue braccia, incredulo e spaventato, perché si sentiva strano e non capiva perché, prima di dissolversi davanti i suoi occhi in tanti minuscoli coriandoli senza che lui, il grande Tony Stark, il formidabile Iron Man, potesse farci niente. “Non voglio morire signor Stark! Non voglio morire!”
La sua voce rotta lo perseguitava ancora. Così, quando Pepper intravvide Tony in cucina impegnato a spolverare e a osservare la sua foto con Peter, il Peter che l’aveva reso consapevole di voler essere un padre, capì che non ci sarebbe stata via di scampo e, con la morte nel cuore e cercando di trattenere le lacrime, lasciò che l’eroe facesse le sue promesse di ritornare e ripartisse per l’unico destino che l’attendeva e a cui già da troppo tempo aveva voltato le spalle: salvare il mondo, prima che sé stesso.
 
 
 
Tony si trova sul campo di battaglia ora ed è come se il suo cuore si ingrandisse di almeno una misura quando sente di nuovo quella voce chiamarlo: “Signor Stark!”. Si volta e Peter Parker, il Bimbo-Ragno, è lì davanti a lui, vivo e vegeto, come se non fosse mai passato neanche un giorno anziché anni e, come ci si aspetterebbe da lui, comincia a vomitare un torrente di parole, tanto che a un certo punto Tony lo stringe in un abbraccio che, fortunatamente, lo ammutolisce e l’uomo alza gli occhi al cielo, in un’espressione tra il sollevato e il divertito, come a dire: “Diamine ragazzo, sei appena tornato indietro dalla morte, per cortesia, taci!”.
La battaglia infuria senza esclusione di colpi e Thanos sembra inarrestabile. Tony sa, perché Stephen Strange gliel’ha riferito, che c’è un solo modo su svariate possibilità per sconfiggerlo. E Tony sente che, in qualche modo, quella possibilità riguarda lui. La sua mente non si arresta neanche in quei momenti così frenetici e, improvvisamente, gli è tutto chiaro. È pronto, quasi non esita, perché esitare significherebbe venir meno alla sua morale.
Spera e sa che, in qualche modo, Pepper lo perdonerà e Morgan capirà quando sarà più grande. Spera che Happy, Peter e gli altri non la prendano troppo a male. Incrocia lo sguardo di Strange, un dito alzato, il labiale che dice: “l’unico modo” e Tony si lancia contro Thanos.
“Io sono ineluttabile” sentenzia il mostro con sicurezza, per poi schioccare le dita, ma, con suo stupore, non accade nulla. L’unico modo. Tony indossa il guanto dell’infinito, un’energia distruttiva e devastante che lo attraversa, la può avvertire persino sottopelle.
“E io sono Iron Man.” Sono le sue ultime parole. Un’attestazione che vale più di tutto. Schiocca le dita ed è il nulla. È Thanos questa volta a dissolversi in una manciata di coriandoli che permea l’aria.
Tony si risveglia sdraiato contro a una roccia, i primi occhi che incontra sono quelli di Rhodey, occhi di chi ha già capito tutto. È strano. Credeva di provare un dolore indicibile. Invece non avverte più niente. Si sente esausto, sfinito, svuotato. È tutto difficile, persino tenere gli occhi aperti.
Ecco Peter. “Abbiamo vinto signor Stark!” Gli annuncia con gioia, ma non ottiene risposta, quindi lo ripete, finché capisce che c’è qualcosa che non va, poi, per la prima volta da quando si conoscono, lo chiama Tony. L’uomo vorrebbe rassicurarlo, dire qualcosa, qualsiasi cosa, ma non ci riesce.
Arriva Pepper. Tony vorrebbe disperatamente parlarle, almeno con lei, dirle che la ama, che le dispiace, che non poteva andare diversamente, ma lei lo anticipa, gli fa una carezza poi, raccogliendo tutte le forze, gli dice poche semplici parole: “Non ti preoccupare Tony, staremo bene. Puoi riposare ora”. Riposare. A Tony sembra di non farlo davvero da un’intera vita. È confortato dal fatto che ha lasciato un messaggio per Pepper e Morgan registrato nel casco della sua armatura. Quindi, come spinto da una forza invisibile, chiude gli occhi e tutto sparisce. Pepper lo bacia e, ora che lui non può più vederla o sentirla, si lascia andare al pianto. Sa che non poteva evitare nulla di quel che è successo. In un afflato egoistico, aveva sperato che Tony avrebbe voltato le spalle al mondo, per salvaguardare il suo. Sarebbe bastata una volta. Una sola, unica volta. Ma sa anche che non sarebbe mai riuscito a convivere con il senso di colpa. Tony Stark e Iron Man erano due facce della stessa medaglia e non per un’armatura di metallo. Tony sentiva di essere nato per salvare il mondo, il potere che in qualche modo aveva ricevuto, le sue immense capacità, che per tanto tempo aveva usato solo per rendiconto personale, aveva deciso di spenderli per gli altri, perché era giusto così. Tony non faceva l’eroe, non si comportava da eroe, lui era un eroe. Un eroe decisamente umano, con i suoi pregi e difetti, che lottava costantemente con i suoi demoni, ma sempre con un obiettivo in testa: far vincere la luce.

 
The Author's corner: solo un'ode al mio Avenger del cuore, il più forte, coraggioso, leale e umano di tutti. Spero che chi passi di qui in questo antro un po' buio e polveroso abbia voglia di recensire. Ti amo 3000 Tony. Hai fatto il viaggio dell'eroe più incredibile di tutti.
  
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