Anime & Manga > Capitan Harlock
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Autore: kamony    22/05/2022    5 recensioni
Una missione da compiere: riportare la terra alla vita. Un uomo distrutto dal rimorso che ha bisogno di un motivo per tornare a sperare e a lottare. Due nuovi arrivi sull'Arcadia: una ragazza dal passato nebuloso, costretta a fingersi ciò che non è, e un ragazzo che ha qualcosa da nascondere. La loro presenza scombinerà le dinamiche a bordo della nave pirata più famosa della galassia, il cui capitano si troverà a dover fare i conti con sentimenti che credeva morti per sempre. Storia ambientata totalmente nel movieverse con alcune contaminazioni dal multiverse di Capitan Harlock
|Harlock, nuovo personaggio, Yama, Meeme, Yuki Kei, Yattaran e un po' tutti i personaggi|
|Romantico, avventura, introspettivo, shi-fi|
Fic rivista e corretta. Postata nel 2014, cancellata da me nel 2018
Genere: Avventura, Romantico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harlock, Nuovo personaggio, Yama
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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  .35.

 

 

 

UNA GIORNATA PARTICOLARE

Dopo quel momento intenso e vibrante che avevano condiviso, sospesi come in un’altra dimensione e con dei risvolti inaspettati, vista la decisione di Joy, non fu facile per loro dividersi e tornare alle proprie occupazioni, ma Harlock, suo malgrado, era dovuto rientrare in Plancia, mentre lei era rimasta in cabina. 
La biologa uscì con calma e passò dal laboratorio, era una giornata particolare e non aveva voglia di lavorare, fece il minimo indispensabile e poi se ne andò.
Si fermò in Cambusa e si trattenne a parlare con Masu-san, aveva voglia di mangiare un boccone, di farsi due chiacchiere.
Era stato un pomeriggio piacevole e rilassante, dopo tutto quello che avevano passato: Harlock soprattutto. Si sentiva ottimista e fiduciosa.
Più tardi, in serata, era ripassata dal laboratorio solo per un controllo, prima della cena che aveva ordinato in cabina, sia per lei che per Harlock. Masu era l’unica che ormai sapeva con assoluta certezza che il loro rapporto era fisso ed era anche l’unica con cui non si facevano problemi, soprattutto Joy che ormai la considerava davvero una sorta di cara zietta un po’ burbera.
Anche la cuoca le voleva bene. Intanto perché vedeva sereno il suo Capitano e poi perché aveva davvero apprezzato il suo gesto quando lui stava male, era stata sensibile e generosa, e lei non lo avrebbe mai dimenticato.
Joy non pranzava mai con Harlock e neppure cenavano spesso insieme, anzi, era solita mangiare con gli altri a mensa. Un po’ perché lui aveva orari tutti particolari, e un po’ sempre per mantenere una certa riservatezza di fondo. E poi Harlock oltre ad essere impegnatissimo era estremamente spartano. A volte si nutriva addirittura solo con i blocchi proteici liofilizzati, giusto solo per non saltare il pasto, specialmente quando tirava tardi, cosa che ovviamente faceva imbestialire Masu. La donna odiava quelle mattonelle simili a panetti di burro di colore marrone consistenti come la cioccolata morbida, insipidi e insapori composti di proteine vegetali e animali liofilizzate, ottenute da colture in vitro e che comunque erano scorte d’emergenza e non cibo da tutti i giorni.
Quella sera Joy invece aveva voluto una cena decente, niente di speciale, ma buon cibo e buon vino per annaffiarla come si deve.
Osservava la grande tavola apparecchiata, doveva essere una cena normale, nonostante quella giornata che volgeva al termine era stata invece molto speciale.
Si sentiva bene, serena. Aveva preso la sua decisione: Spazio. 
Sarebbe rimasta e avrebbe affrontato la sua vita e il suo destino, accanto all’uomo che amava. Non poteva chiedere di meglio.
Sorrise, lisciò la tovaglia con una mano e ancora una volta posò lo sguardo sulla tavola e si scoprì in un’attesa, un po’ emozionata, di Harlock.
Sarebbe stata così la sua vita d’ora in avanti?
Probabilmente sì e non le dispiaceva per niente.
Solo che lei aspettava, lui non arrivava e la cena si stava inesorabilmente freddando.
Attese ancora un po’, ma del Capitano nessuna traccia. 
Joy sbuffò appena e poi decise di andare a cercarlo.
S’incamminò per i corridoi dell’Arcadia, direzione Plancia, ma una volta arrivata si rese conto che lo scranno era vuoto.
Quindi girò sui tacchi e andò verso la sala del Computer Centrale. Era certa che fosse là ed infatti lo trovò, come sempre, che seduto dialogava sommessamente con quell’enorme colonna di acciaio intersecata di fili e luci che sembrava davvero interagissero con lui.
Non poteva disturbarlo e quindi si mise a gironzolare nelle vicinanze, ma a sorpresa Harlock la richiamò.
“Non volevo disturbare” disse un po’ intimidita, affacciandosi a quella specie di Sancta Sanctorum dove era stata di fatto un paio di volte, ma che essendo stato all’epoca tutto spento, non le aveva fatto quell’impressione. La prima volta era concentrata su Yama e gli attentatori. La seconda era a recriminare su ciò che aveva fatto, quindi del Computer Centrale non si era curata, ora invece si sentiva come osservata ed era una sensazione stranissima. Era appena intimidita, come se avesse violato un po’ scioccamente un qualcosa di molto intimo e personale. 
“C’è qualche problema?” le chiese serio Harlock, voleva capire come mai fosse andata fin lì.
Joy si sentì sprofondare. Ma che le era passato per la testa? Disturbarlo per la cena, come se fossero stati una coppia qualsiasi, in cui la moglie protesta con il marito ritardatario e lo va a cercare…
“No…” disse appena incerta, con le braccia dietro la schiena e lo sguardo fisso sulla punta dei suoi anfibi, poi si schiarì la voce, maledicendosi mentalmente “ Ė che sarebbe… pronta la cena…”.
Lui girò la testa di scatto e le lanciò una di quelle sue occhiate di traverso.
“Vado via…” disse subito la ragazza mogia, conscia di averlo molto contrariato.
Ma in quel momento scattò l’allarme generale, le sirene suonarono.

Erano sotto attacco.
“Presto vieni con me!” disse fulmineo Harlock, balzando in piedi e afferrandola per la mano.
Insieme corsero veloci attraverso i corridoi della nave, mentre Yattaran, dalla sua postazione, tramite interfono, informava tutti della situazione.
“Abbiamo uno schieramento di circa mille cinquecento vascelli da guerra operativi della Gaia Fleet, in assetto da combattimento: formazione a Tenaglia. E suppongo che la corazzata di riferimento sia la famosa Okeanus. Ci stavano aspettando al varco!”.
“Ci siamo!” disse Harlock, che sembrava una freccia tanto correva veloce, trascinandola con sé.
Arrivarono in Plancia che lui era appena accaldato, mentre lei era paonazza e sudata, con il fiato corto.
“Devi starmi vicina chiaro? Non farmi perdere tempo a starti appresso: vicina e sempre tre passi dietro me, intesi?”.
Lei annuì. “Tranquillo” disse con un filo di voce e il fiatone che ancora le faceva scoppiare la milza. Quindi, come lui aveva chiesto, si posizionò in piedi dietro lo Scranno.
Lo spettacolo davanti a loro era impressionante: una miriade di navicelle, in perfetta formazione, fronteggiavano l’Arcadia. Viste dalla vetrata della Plancia sembravano uno sciame di cavallette .
Joy notò che Harlock sembrava imperturbabile, era molto concentrato e serissimo, non fece una piega, né si agitò. Guardava quelle navette così torvo che pareva potesse annientarle solo con la forza del pensiero. 
“Capitano, si stanno avvicinando!” disse concitato Yattaran.
“Bene! Irrompiamo senza indugi: avanziamo verso la linea centrale, per sfondare a forza!” comandò secco Harlock, con tono deciso ma pacato di chi sa già come muoversi e che cosa fare.
“Pronti all’attacco. Tutti ai vostri posti: caricate i cannoni, le armi pesanti e i sistemi antiaerei!” comandò Kei dalla sua postazione.
Joy capì che di lì a poco si sarebbe scatenato il finimondo.
“Avvio motori a dark matter! Navigazione in-skip!” disse Yattaran.
Intanto i nemici avevano cominciato ad attaccare, ma l’Arcadia era stata protetta dal Dark Matter Shield
(1) e poi se l’era filata, lasciando un bell’ologramma a confondere il piccolo esercito della Gaia Fleet, andandosi a nascondere sul margine esterno di Saturno, da tutt’altra parte rispetto all’illusione ottica, che però non ingannò Ezra.
Fece la sua contromossa: la Okeanus liberò da un ologramma il Kaleido Star System, una specie di enorme parabola che avrebbe sparato sull’Arcadia un fascio di luce potentissima, formata dallo schiacciamento di stelle di neutroni. Raggiunse poi la nave pirata in-skip, quindi Ezra, forte della sua strategia mirata, sparò a colpo sicuro il fascio micidiale, certo di colpirla.
L'Arcadia strideva e friniva come una creatura viva ferita, a causa del Dark Matter Shield sfiorato dalla luce del Kaleido Star System, ma all’improvviso, con una mossa a sorpresa, Harlock ordinò di far scomparire la nave all'ombra degli anelli di Saturno, e di ingannare il nemico con un altro ologramma.
La mossa riuscì alla perfezione e la nave pirata apparve da tutt’altra parte, cogliendo di sorpresa i vascelli da guerra che, bombardando un ologramma, incorsero in errori di tiro, rimanendo spiazzati e diventando bersaglio degli attacchi dell’Arcadia, che comparve all’improvviso da dietro un meteorite. 
Dopo aver sbaragliato molte navette, la nave pirata attaccò pesantemente la Okeanus speronandola, per poi arpionarla ed usarla come scudo, mentre faceva fuoco a raggera con i cannoni, annientando l’intera formazione della Gaia Fleet.
Harlock, che aveva accuratamente studiato questa strategia e aveva tutte le contromosse nemiche nel file rubato, aveva gabbato alla grande Ezra e di fatto stava distruggendo tutta la sua flotta di vascelli da guerra, con un’intelligenza bellica molto fine e abile.
Fu in quel momento però che alcuni soldati, probabilmente approfittando della confusione durante lo speronamento partirono all’arrembaggio, facendo irruzione nell’Arcadia grazie alle anchor cables, e arrivarono fin sotto la Plancia. 
Subito iniziò un concitato corpo a corpo con i pirati sottostanti.
Harlock scattò in piedi ed estrasse il Gravity Saber.
Joy rimase dietro lo Scranno, come comandatole.
Di lì a breve si creò il caos e lo scontro si sparpagliò un po’ ovunque.
La ragazza pensò bene di rimanere ferma e nascosta dov’era, per non essere d’impiccio.
Harlock furioso per quell’intromissione inaspettata, si lanciò con una capriola sotto la Plancia e cominciò a falciare nemici come una furia. Non pago della spada, con l’altra mano usava anche la Cosmo Gun.
Yattaran invece avviò il pilota automatico e prese la sua mitraglietta, seguito da Kei. Entrambi si gettarono con grida di battaglia nel corpo a corpo contro chiunque gli si parasse davanti.
Joy rimase sempre dietro lo Scranno senza sapere che fare.
Sembrava che il combattimento si stesse spostando lontano dalla Plancia, infatti il Capitano e la ciurma facevano arretrare il nemico sospingendolo da dove era entrato. 
Il conflitto infuriò a lungo ed alacremente, ma alla fine i pirati riuscirono ad orchestrare un contro attacco, entrando direttamente nella Okeanus per catturare Ezra in persona. Anche Yama, che nel frattempo si era unito ad Harlock, partecipò all’operazione. Fu lui stesso a impacchettare il fratello, trascinandolo dentro l’Arcadia. Il suo fu il gesto che sancì una volta per tutte da che parte stesse.
Intanto però i soldati della Gaia Fleet non erano stati tutti ricacciati dentro l’Okeanus, e quelli ancora sull’Arcadia, non volevano arrendersi e soprattutto non volevano lasciare il comandante supremo nelle mani di quei rinnegati, così con la forza della disperazione, si battevano come leoni creando non pochi problemi.
Joy che si stava preoccupando soprattutto per Harlock che era sparito, scese dalla Plancia e cominciò a percorrere i corridoi, non capendo dove fossero tutti e perché fossero scappati, nessuno l’aveva avvertita né si era occupato di lei. 
Ad un tratto, sbucati dal nulla, si vide arrivare incontro un gruppetto di soldati armati e d’istinto si fermò.
Loro la videro: una donna senza armi alla mano, sola nel corridoio, fu un attimo, poi successe l’impossibile.
Un soldato estrasse la pistola per spararle, ma prima che potesse farlo cadde a terra colpito da Harlock appena sopraggiunto, che cominciò a girare su se stesso, roteando e seminando morte “Corri dietro di me come ti ho detto!” le urlò, mentre con il Gravity Saber con una precisione chirurgica e devastante, ad uno ad a uno, faceva cadere i soldati a terra. Schizzi di sangue danzavano nell’aria, mentre lui volteggiava simile ad un rapace, avvolto dal suo mantello che ne seguiva armonicamente i movimenti, enfatizzandoli, nella sua inconfondibile, personale danza della morte, così perfetta, così letale e sorprendentemente anche così sempre elegante.
Joy era piuttosto scioccata da quella sua furia omicida, il pirata si muoveva in modo incredibilmente agile e coordinato, a tratti come fosse un felino, abbassandosi ed alzandosi, non mancando un solo bersaglio, con uno sguardo di ghiaccio che sembrava anch’esso trapassare il nemico da parte a parte. Alla fine, i corpi di tutti soldati rimasero a terra accasciati l’uno sull’altro, come pupazzi inermi, mentre Harlock, con il fiato leggermente corto, sebbene il suo sguardo fosse torvo e tagliente come la lama di una spada, lei non vi lesse alcun compiacimento, né soddisfazione, solo la determinazione del guerriero che deve sterminare per proteggere, come una sorta di angelo vendicatore che aveva portato a termine il suo compito.
Stava pensando queste cose quando improvvisamente…
Fu questione di un attimo.
Un soffio.
Lei non seppe perché si girò, forse l’istinto, ma si voltò di scatto, fu un riflesso incondizionato, forse fortuito, ma anche questa volta accadde tutto in pochi secondi.
Joy al volo estrasse la sua Cosmo Gun, sparò e colpì ad una gamba un soldato che furtivo si stava avvicinando a loro e che li avrebbe centrati entrambi, dato che erano uno dietro l’altro e lei gli stava dando le spalle.
Anche Harlock allora si girò e fulmineo, lo finì con un colpo e subito dopo preoccupatissimo le chiese “Stai bene?” cambiando completamente espressione.
“Sì…” disse lei frastornata, ma sollevata dal fatto di essere stata utile.
Purtroppo dietro a quel soldato c’era un altro gruppetto che li assalì subito, senza dar loro modo di dire o fare altro. 
Harlock a sorpresa agguantò Joy per la vita e se la mise sotto braccio, coperta e riparata dal mantello. 
La biologa si rese conto che aveva una forza sovrumana. La teneva come un pacco e con l’altra mano combatteva come un forsennato contro i soldati, lanciando dei gridi sommessi, per aumentare la concentrazione e scaricare meglio l’energia, canalizzandola nei colpi che dispensava con precisione millimetrica senza sbagliare un solo bersaglio, continuando a far fuori chiunque gli si parasse davanti, senza tregua e all’ultimo rimasto in piedi, che gli si avventò come una furia, lanciò contro il Garvity Saber centrandolo in pieno. Subito recuperò la sua spada e senza lasciare la ragazza, come se fosse una cosina da nulla, sfrecciò come il vento tra i corridoi della sua nave e la portò di filato al sicuro nella sua cabina.
“Chiuditi dentro, aziona la paratia d’acciaio e non aprire a nessuno per nessun motivo, chiaro? Tornerò appena possibile”.
E così dicendo la lasciò lì, piuttosto stordita.
Joy si girò e vide la tavola ancora apparecchiata. Le sembrò un’assurdità.
La vita in quella nave era un’incognita e non si poteva mai sapere che cosa accadesse. Dalla calma all’inferno, nel giro di pochi minuti e ancora non era finita…
Infatti la battaglia infuriò ancora per un bel po’, poi finalmente i pirati dell’Arcadia riuscirono ad avere la meglio.


Harlock arrivò in cabina molte ore dopo e la trovò seduta alla tavola, con la cena intatta, ormai da buttare o quasi. 
Come Joy lo vide, scattò in piedi e gli andò incontro.
“Stai bene?” gli chiese preoccupata, toccandolo come per assicurarsi che fosse tutto intero.
Aspettarlo chiusa lì dentro era stata un’agonia.
“Sì” rispose lui, cominciando a togliersi la montura.
“Per fortuna abbiamo avuto la meglio e abbiamo anche catturato Ezra” disse con uno sguardo sinistro che fece rabbrividire Joy.
“E come mai?” gli chiese guardinga.
“Ė il comandante supremo della Gaia Fleet, è un signor ostaggio” disse, prima di sfilarsi le cinture con le armi.
Appariva stanco e molto pensieroso. Sembrava come avere la testa da un’altra parte.
“E poi non ho mai dimenticato ciò che ti ha fatto” aggiunse in maniera che a lei sembrò troppo fredda e distaccata, tanto da farle venire i brividi.
“Che intenzioni hai?” gli chiese senza mezzi termini, non le piaceva questo suo lato così cupo e oscuro.
Lui si girò di scatto accigliato “Non sono un assassino a sangue freddo” le disse tagliente “Ma non credo che gliela farò passare liscia. Se devo essere onesto, ho una gran voglia di ammazzarlo. Ma lo farei sempre in modo onorevole, s’intende” concluse glaciale, come se non avesse intenzione di discutere sulla cosa.
“E di grazia, quale sarebbe il modo onorevole?” gli chiese la ragazza, puntando le mani sui fianchi piuttosto arrabbiata. Non le piaceva proprio questa cosa.
“Combattendo” rispose lui, afferrando un pezzo di pane dalla tavola e portandoselo alla bocca.
“Me se ora è rinchiuso, come farai a combatterci?” obiettò lei.
“Ė necessario parlarne proprio adesso? E poi sono cose che non ti riguardano” le disse contrariato.
Era ancora saturo dell’adrenalina del combattimento che il rigeneramento a dark matter, subito da poco, aveva potenziato ai massimi livelli. Era praticamente una molla pronta a saltare. In più, sempre per il rigeneramento, come le aveva spiegato Kei, la sua dark side era la parte predominante al momento.
Come sempre toccò a lei soprassedere. Non era quello il momento adatto, ma si ripromise di tornare sull’argomento quanto prima, perché non le piaceva la piega della faccenda e voleva mettere con lui le cose in chiaro.
“Concordo sul fatto che forse ora non è il momento, però dobbiamo parlarne e ti assicuro che lo faremo”.
Lui annuì. 
“Come dobbiamo parlare di te e del tuo addestramento, devi imparare ad essere autonoma se devi restare su questa nave, non posso avere l’assillo di dovermi occupare della tua incolumità” le disse serio quasi seccamente, ma non era arrabbiato, solo preoccupato. Aveva rischiato moltissimo per portarla in salvo, ma non poteva concedersi questi lussi ogni volta che avessero subito un attacco. In quell’occasione era andata bene, ma non era detto che sarebbe sempre stato così.
Joy doveva integrarsi a tutto tondo e non poteva essere l’anello debole della catena, non lo avrebbe permesso.
Lei divenne mogia, rendendosi conto che aveva ragione.
“Harlock, se tu pensi davvero che sia un problema, forse sarebbe meglio che io…”
Lui la interruppe subito categorico e anche molto arrabbiato, non lasciandole il tempo di finire “Non ho detto questo! Non mettermi in bocca cose che neanche penso. Il problema è che sei su una nave di pirati e devi diventare un pirata a tutti gli effetti. Hai le carte in regola, devi solo essere addestrata e me ne occuperò io stesso. Chiuso l’argomento”. 
Lei annuì, sebbene quel suo essere così scostante un po’ l’aveva fatta rimanere male, ma capì che probabilmente era anche stressato e tacque.
Che fosse un uomo molto impegnativo e difficile, con un carattere davvero particolare ne era conscia e avendolo scelto doveva accettarne sia il buono che il poco buono.

Alla fine mangiarono qualcosa, ovviamente in silenzio, perché c’era stata un po’ di tensione che era meglio stemperare. 
Poi Harlock infilò in doccia e lei si spoglio e s’infilò a letto.
Quando la raggiunse, aveva i capelli ancora umidi, si sfilò l’asciugamano dai fianchi e si infilò sotto le lenzuola.
Senza neppure dire una parola, la prese tra le braccia e cominciò a baciarla. 
Probabilmente era il suo modo di fare la pace.
Fecero l’amore in silenzio e in modo molto tenero, un po’ come se ciò potesse fare da contraltare a tutta quella morte e quell’orrore a cui avevano partecipato poche ore prima. 
Sembrava quasi che lui tra le sue braccia si purificasse e placasse quella parte più oscura che ogni tanto emergeva, come se la dark matter gli rigenerasse il corpo e lei gli rigenerasse l’anima.
Quando ebbero finito, rimasero abbracciati fin quando Joy disse, riferendosi ad Ezra “Dovresti lasciarlo andare. Ė un uomo già molto provato dalla vita, credo che nessuno meglio di te possa capire ciò che sta passando. Ucciderlo onorevolmente o meno, non servirà a nulla io credo….”
Ma lui le tappò la bocca con un bacio. Non aveva voglia di parlare né di pensare ad Ezra. Non in quel momento.
Alla fine si addormentarono l’uno nella braccia dell’altro.

Non erano passate che poche ore, forse non più di un paio, o giù di lì, quando Harlock fu svegliato di soprassalto da dei sussulti strani che facevano muovere il letto. 
Non fece in tempo ad aprire la palpebra, che un violento movimento del braccio di Joy gli avrebbe inferto un colpo in pieno viso, se grazie ai suoi riflessi sempre allerta, non l’avesse prontamente scansato. Si tirò su, frastornato, non capendo bene che stesse accadendo, si girò e gli si aprì alla vista una scena a dir poco raccapricciante.
La ragazza era scossa con forza da dei movimenti involontari, inconsulti e scattosi. Come fosse una bambola rotta che saltellava in attesa di finire la carica.
Notò che aveva gli occhi girati all’indietro, così tanto che le pupille erano completamente sparite dietro le orbite, lasciando spazio solo al bianco vitreo della sclera.
Uno spettacolo agghiacciante, ma non era ancora tutto.
La mascella era serrata, la bocca distorta in un ghigno innaturale e terrifico. 
Joy era chiaramente preda di una sorta di violenta crisi epilettica, con il chip dietro la testa che sfrigolava come una lampadina rotta in procinto di scoppiare.
No, no! Ti prego, no! 
Fu il suo primo ed unico pensiero di panico allo stato puro. 
Non poté neppure darsi il tempo di spaventarsi ulteriormente, o fare mente locale su quello che stava accadendo e perché, bisognava agire e molto velocemente.
La prima cosa che istintivamente fece subito, fu quella di cercare disperatamente di aprirle la bocca. 
C’era il pericolo che le si girasse la lingua e morisse soffocata prima che l’attacco finisse. La mascella sembrava cementata, ma con uno sforzo ce la fece, le infilò due dita dentro la cavità orale per stenderle la lingua, quando un spasmo più forte ed improvviso, fece sì che lei serrasse con violenza inaudita i denti e involontariamente lo mordesse, ferendo la carne del suo dito indice fino all’osso.
Lui non sentì niente. 
Era terrorizzato, ma sorprendentemente lucido. Concentrato solo su quello che doveva fare. Riuscì in qualche modo a rigirarle nel giusto verso la lingua, poi afferrò uno dei suoi guanti e glielo cacciò in parte nella bocca, in modo che lei, serrando nuovamente il morso, non potesse più soffocarsi, avendo quello a contrasto che le manteneva la lingua al suo posto naturale. 
Poi rapidamente s’infilò solo i pantaloni e indosso la giacca di pelle, la guardò un attimo, non del tutto convinto di quello che stava per fare, ma non c’era tempo da perdere e sebbene vederla in quello stato fosse devastante, fu lucidissimo ed estremamente freddo. 
Uscì dalla sua cabina, correndo come forse non faceva davvero da un secolo, coprendo la distanza che lo separava da dove era diretto, in modo velocissimo, attraversando come un lampo di luce i corridoi bui e silenziosi della nave, che pareva quasi un relitto abbandonato nel silenzio della notte. Correva senza neppure concedersi il lusso di pensare, concentrato solo sulla distanza da coprire nel minor tempo possibile.
Irruppe nella cabina del dottor Zero, sudato e trafelato, lo stress lo aveva fatto affaticare più del dovuto.
Il medico, svegliato di soprassalto in quel modo, prima si prese un accidente, poi capì immediatamente che ci doveva essere qualcosa di estremamente grave in corso perché se lo vide arrivare con solo i pantaloni e la giubba in dosso, scalzo, senza benda, con una mano il cui dito perdeva copiosamente sangue, ma la cosa che lo turbò maggiormente fu l’espressione che aveva dipinta sul volto, un misto tra orrore e disperazione, fusi insieme in uno sguardo così addolorato, che sembrava sanguinare più del dito. 
In vita sua, non avrebbe mai pensato di vedere così il suo Capitano. 
Le spiegazioni furono brevi e coincise. Gli serviva quel dannato farmaco per le crisi che Joy non aveva mai più avuto, ma che ora si erano manifestate all’improvviso, in tutta la loro potenza e devastazione. La cosa impensierì non poco il medico, facendogli salire una grave preoccupazione.
Zero fece prima possibile e reperì una dose doppia di farmaco, da quello che gli stava raccontando Harlock era una crisi molto, troppo violenta. Avrebbe voluto andare lui stesso a curarla, ma per qualche ragione capì che non era il caso, quindi si raccomandò: “La carotide esterna. Devi iniettarla lì, pensi di esserne capace?” gli spiegò facendo pressione con un dito nel collo di Harlock, per fargli esattamente capire il punto “Il liquido arriverà subito e diretto al cervello. Agirà prima e più efficacemente”.
Harlock annuì, afferrò quel farmaco e si volatilizzò.
In pochissimo tempo era di nuovo in cabina. 
La crisi purtroppo era ancora in corso, sebbene appena un po’ meno violenta. 
Prese quella specie di iniezione, si mise sopra di lei, la bloccò con forza e con un gesto fermo e deciso, iniettò tutto il contenuto nel collo della ragazza.
Gli spasmi si ridussero subito, fino a smettere. Il suo corpo si rilasciò di colpo, abbandonandosi. 
I muscoli, compresi quelli della bocca, si rilassarono tutti, tanto che il guanto le scivolò appena dalle labbra. 
Il chip non sfrigolò più.
Respirava in modo regolare, pareva quasi che dormisse. Era completamente sudata, ma stranamente ora pareva serena. Un’immagine in forte contrasto con quella che aveva visto appena sveglio, rassicurante per un verso, ma ugualmente sinistra dall’altro, perché sembrava come se fosse in coma.
Harlock, ancora in ginocchio sul letto si prese la testa tra le mani, tirandosi i capelli. 
Il dolore al dito arrivò martellante ed improvviso a ricordargli che era ferito, ma non se ne curò. L’adrenalina generata dalla concitazione stava pian pianino scemando, lasciando posto alla paura che aveva violentemente represso. 
Solo ora si stava rendendo davvero conto di quello che era appena accaduto, se non si fosse svegliato, forse sarebbe potuta finire davvero male e soprattutto, gli arrivò addosso la terribile consapevolezza che probabilmente il peggio dovesse ancora venire. 
Disperatamente si domandò: 
Perché? Perché…

Ancora con la testa nascosta tra le braccia, piegato su stesso, avrebbe voluto urlare con quanto fiato aveva in corpo, tutta la furia rabbiosa e il dolore prepotente che provava, ma quell’urlo gli implose dentro, detonando fragorosamente come una carica massiva di distruzione, che lo devastò fino dentro le viscere.

 

NOTE

(1) Scudo di Dark Matter direttamente ripreso dal film
La battaglia del Kaleido Star System dialoghi compresi è ripresa quasi pari, pari dal film anche se la fine è diversa e i tempi di successione pure, che ho adattato alla mia narrazione.

  
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