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Autore: Ahiryn    23/05/2022    3 recensioni
Kieran Reed è un soldato con poche certezze nella vita, ma nessuna più ragionevole del: “mai fidarsi di Silas Vaukhram”. Non ha vissuto gli ultimi sette anni della sua vita a dare la caccia a quel bastardo per divertimento personale. Non lo ha trascinato di fronte alla giustizia sperando di cambiare idea. Nossignore. Ha fatto tutto questo per rimediare a un errore, il fatale errore di essersi fidato. Perché Silas è un traditore, un assassino, un bugiardo e la persona di cui più diffida al mondo.
Sfortunatamente è anche la sua unica speranza.

*steampunk / enemies to lovers*
[Rating arancione ma salirà a rosso più avanti]
~ Aggiornamento ogni Domenica - Lunedì ~
Genere: Avventura, Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Slash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Fango

XVIII
 




‒ Kieran, dì qualcosa.
La tempesta si era acquietata. Le tapparelle avevano smesso di battere, i tuoni erano lontani e ovattati, i vetri non tremavano più. Una flebile luce albeggiante trapassò le finestre, la pioggia era cessata ma rimaneva il costante gocciolio delle perdite.
Due colpi alla porta li colsero entrambi di sorpresa. ‒ Il piano inferiore è allagato, le vie sono allagate di melma ‒ sbiascicò la vecchia. ‒ Vi conviene restarvene qui e uscire quando le strade saranno libere.
Nessuno dei due rispose e quella con un grugnito seccato si allontanò dalla loro porta.
Kieran era ricaduto a sedere sul letto con occhi persi nel nulla. La sua mente era intasata come le tubature di quella pensioncina.
‒ Il mio ricordo? ‒ domandò di nuovo in un tentativo flebile di fare chiarezza.
Non sapeva che cosa ci fosse in quel ricordo, avendolo ceduto lo aveva anche dimenticato, ma sapeva per certo che avesse a che fare con suo fratello. Glielo aveva strappato senza pietà, un prezioso ricordo su Henry in mano a quei terroristi senza scrupoli.
Inspirò piano e lasciò uscire l’aria con un colpo di tosse.
Eccolo.
Era forse quello il momento in cui tutto sarebbe crollato? Era forse quello il momento dove la vita veniva a riscattare il conto delle sue menzogne? Non aveva mai avuto le mani sul timone, ma in quel momento aveva perso anche quel briciolo di controllo che gli rimaneva.
‒ Kieran, ascolta…
‒ Quando. Quando lo hai dato alla Legione.
‒ Tre giorni fa.
Alzò il viso di scatto. ‒ Possiamo ancora fermarli. Possiamo recuperarlo.
Silas sbatté le palpebre di fronte a quella risolutezza. ‒ Non è così semplice.
Non lo ascoltò. ‒ Avevi un contatto qui a Moslon, dov’è? Andiamo. Adesso.
Il mezzosangue socchiuse gli occhi. ‒ Non penso che me lo restituirà così facilmente.
Kieran però era sordo alle sue parole. Si affacciò alla finestra e controllò lo stato delle vie; erano invase dall’acqua melmosa del lago, i canali erano strabordati sulle passerelle e solo i ponti emergevano. L’acqua gli sarebbe arrivata alle ginocchia, ma non doveva essere pericoloso.
Era solo l’alba ma Moslon era già in fermento. I cittadini svuotavano le case dall’acqua con i secchi, cercavano di sturare gli scoli intasati e stendevano i tappeti fradici.
Non sapeva se definire quell’impegno un segno di grande stupidità o grande tenacia, ma si rivedeva in loro; continuare a lottare in una città ingolfata che sprofondava nella melma, non arrendersi all’inevitabile, ma stringere i denti.
Anche se è tardi, devo fare tutto ciò che è in mio potere. Tutto.
Tornò da Silas a passo spedito. Questo indietreggiò, cauto. Gli poggiò le mani sulle spalle e strinse le dita. ‒ Silas ti prego, quel ricordo è troppo importante. Dobbiamo recuperarlo, c’è tutto ciò che ho di più importante. Ti sto implorando.
Silas appariva sconcertato da quella reazione. Con un po’ di imbarazzo distolse lo sguardo.
‒ Ti prego. Dobbiamo andare.
‒ Ora calmati. Andrò a parlarci, cercherò di farmelo restituire. Ma perché è così importante? Cosa c’è di così compromettente? Qualunque scandalo…
‒ Non è uno scandalo ‒ sussurrò. ‒ Ci andrebbe di mezzo qualcuno che mi è molto caro, qualcuno che amo, lo ucciderebbero.
Non era la risposta che Silas si era aspettato a giudicare dalla sua espressione. Sembrava sul punto di porre altre domande, ma si fermò.
‒ Ho capito. Puoi accompagnarmi, ma non entrare. Qualunque cosa accada lascia che ci pensi io, o finirà male. Va bene?
Kieran annuì più volte e abbassò le braccia.
Perché la Legione era interessata ai suoi ricordi? Possibile che… sapessero dell’esistenza di Henry?
Doveva ragionare, ma il cuore gli martellava furioso, coprendo i pensieri più elementari.
Strizzò gli occhi e prese fiato. Chiuse i pugni e cercò di tornare in sé.
La Legione non era il Ferro.
Cavana era una terrorista spregevole quanto i suoi sgherri, ma forse c’era una speranza che non avrebbero fatto del male a Henry se avessero saputo di lui. Il Ferro d’altronde non avrebbe avuto pietà invece.
‒ Mi dispiace.
La voce di Silas infranse i suoi pensieri e per un attimo non capì che cosa volesse dire. Lo osservò e tornò con i piedi per terra.
Lui mi ha venduto.
Aveva usato quella scelta di parole. Una persona normale avrebbe scelto un lessico meno incriminante. Avrebbe potuto mentire, dire che glielo avevano strappato, che lo avevano costretto, ma era stato fin troppo chiaro.
Lo aveva venduto, sì. Quel bastardo, bugiardo e traditore aveva appena compromesso il segreto più importante della sua vita.
‒ Come hai ottenuto quel ricordo?
‒ Dalla Crisalide, me lo ha donato.
Assottigliò le labbra. ‒ E lo hai tenuto per te, anche se lo avevo sacrificato per salvarti la vista! ‒ sputò, furibondo.
‒ Era la mia assicurazione per non tornare in cella. L’altra notte, dopo quello che hai detto, l’ho consegnato alla Libellula. Sapevo che erano interessati a te per qualche motivo, ho proposto uno scambio per tornare nelle grazie di Cavana. Ho agito d’impulso perché ero furibondo.
Kieran serrò la mascella. Non aveva le forze per essere arrabbiato, stava venendo sopraffatto.
‒ Non sai quello che hai fatto. Se lo ottengono distruggeranno tutto quello per cui ho lottato, tutti i sacrifici e gli sforzi.
Silas sembrava voler dire qualcosa, ma si contenne. ‒ Ti aiuterò a riprenderlo.
Kieran scosse la testa. ‒ Ormai…
‒ No. La Libellula è qui a Moslon, il ricordo è nelle sue mani, le parlerò e me lo farò ridare. Non perdere la testa, calmati. Risolverò tutto. Te lo prometto.
Lo scansò. ‒ Non promettere.
‒ Non ho paura di fare promesse. Ti dico che aggiusterò ogni cosa.
‒ Perché? Perché dovresti farlo? Cosa ti importa?
Silas si grattò la testa in difficoltà. ‒ Perché è stato un comportamento scorretto e disonorevole. Hai sacrificato quel ricordo per aiutarmi e io l’ho venduto. Ho agito contro ciò che ho detto, a proposito del rispetto. Non scadrò più in basso di così, permettimi di rimediare.
Kieran non aveva scelta d’altronde. Si limitò ad annuire, silenzioso, con un groppo in gola.
 
*
 
Attraversarono le vie della città devastata dagli allegamenti e dalla tempesta. Sapeva che in giorni di tempesta come quella venivano mandati subito operai e tecnici che controllassero lo stato della diga che divideva il lago in due. Moslon si trovava nel bacino più secco; era stata un’idea del precedente governatore, per cercare di tenere una metà del lago meno inquinata e per creare più spazio per nuove costruzioni.
 Le risate dei bambini erano acute e squillanti mentre si rincorrevano nella melma e giocavano spensierati. Silas avanzava a fatica con l’acqua torbida alle ginocchia, nauseato dall’odore di fogna che aveva riempito le strade.
Le fondamenta di alcune case erano sprofondate e i proprietari piangevano, intenti a recuperare i propri beni senza che qualche trave marcia gli crollasse in testa. Silas provava un senso di oppressione in quel luogo, era come guardare un animale morente trascinarsi senza forze per vivere qualche altro secondo. Se la natura fosse stata misericordiosa, avrebbe spazzato via quella città marcente; invece lasciava che si consumasse a poco a poco nel fango.
L’unica salvezza erano gli scoli e i pozzi, un sistema piuttosto articolato, con una rete di tubature che attraversava tutta Moslon; ma a causa del fango spesso s’intasavano e bisognava intervenire.
Si lasciarono alle spalle la parte più bassa della città e iniziarono a risalire le vie in pietra che si arrampicavano sul colle urbanizzato.
Anche i quartieri più in vista non erano stati risparmiati dalla tempesta; le vie erano allagate e i pozzi strabordavano acqua marrone. La situazione era molto meno tragica, le case erano più solide, il terreno su cui erano erette più affidabile e inoltre si trovavano in un punto più alto.
 Nondimeno nessuno si avventurava per le strade allagate, se non i servitori e alcuni lavoratori. Ovunque giravano gli Sgorgascoli, o come li chiamava la maggior parte delle persone, i Sudici; operai silenziosi di Moslon che avevano l’ingrato compito di liberare gli scoli e i pozzi della città in momenti di piena. Indossavano uno scafandro e un grosso elmo metallico a forma di sfera che non ne mostrava il volto. Si potevano incontrare solo a Moslon e svolgevano un lavoro miserabile. S’immergevano nei grossi pozzi di Moslon e nella rete di tubature e scoli per togliere le occlusioni. Il continuo contatto con le melme e lo sporco della città non gli garantiva una vita lunga, oltre al fatto che durante quei giorni di temporali rischiavano di morire annegati nel fango.
Silas sapeva che un tempo la Libellula era stato uno di loro. Un lavoratore invisibile che permetteva il funzionamento di quella città; aveva nascosto per anni la sua natura di mezzosangue dentro lo scafandro. Per questo si era fatto stanziare lì, era la sua città, la sua palude e non voleva lasciarla.
‒ Quanto manca?
‒ Siamo quasi arrivati.
Kieran fremeva d’impazienza, percepiva il suo nervosismo. Doveva agire con la massima cautela, o sarebbe finita male.
‒ La Libellula ‒ domandò Kieran, ‒ com’è? Non si sa molto di lei.
Silas scansò con il piede qualcosa di putrido che galleggiava di fronte a loro. ‒ La sua magia è pericolosa e al contrario degli altri lui non ha niente da perdere. Non ha un limite quando si tratta dei suoi nemici.
Kieran si era adombrato. ‒ Dunque è un folle.
Silas gli indicò uno sgorgascoli che s’issava sopra uno dei larghi pozzi per immergervisi. ‒ Era uno di loro. È un mezzosangue dal corpo molto prezioso ed è raro che quelli come lui sopravvivano indisturbati tanto a lungo, ma gli sgorgascoli sono invisibili. Nessuno lo notava mai e nessuno vedeva il suo aspetto sotto lo scafandro, teneva le ali nascoste. Quando ebbe un figlio pensò la stessa vita per lui, ma qualcosa andò storto. Non so i dettagli, ma so che qualcuno del Ferro annegò il figlio in uno degli scoli, mentre lavorava. Poi ne prese i pezzi e lasciò solo quello che non gli serviva.
Non ebbe bisogno di voltarsi per sapere che Kieran era inorridito. ‒ Il Ferro non ha l’autorità di…
‒ Sai benissimo che non funziona così. Il figlio di Zeph era un mezzosangue senza valore, aveva poco sangue fatato. Se fosse stato di valore, allora avrebbero punito l’assassino per aver intaccato una potenziale ricchezza per l’aristocrazia ‒ e gli venne da ridere. ‒ Ma così a nessuno importava.
Kieran non disse nulla, ma Silas poteva leggergli nella mente: a me sarebbe importato. Era questo che forse stava pensando, ma sapeva che dirlo ad alta voce sarebbe stato sciocco e inappropriato.
‒ E come ha fatto uno sgorgascoli a diventare un membro di spicco della Legione?
‒ So che dopo la morte del figlio divenne l’amante di una nobildonna, cambiò vita radicalmente, ebbe modo di studiare la magia. Non so molto altro, Cavana seppe di lui perché arrivavano voci di misteriosi omicidi fra le famiglie illustri di guerrieri di Ferro. Mogli avvelenate, figli trovati annegati eccetera eccetera.
Kieran ormai camminava accanto a lui. ‒ Un assassino seriale ‒ mormorò, pallido.
Si fermò dove stava, l’acqua sporca che gli arrivava poco sopra le caviglie ormai. Aveva uno sguardo smarrito.
‒ Prendeva di mira le famiglie di guerrieri del Ferro? I loro cari ‒ rifletté e le parole gli uscirono a fatica, ingarbugliate.
‒ Da quello che si racconta per lo meno, lui non ha mai confermato né smentito, solo Cavana sa la verità.
Percepiva un turbamento crescente in Kieran. Silas era piuttosto stranito dalla percezione elevata che aveva verso le emozioni dell’altro. Gli sembrava di provare sensazioni di disagio e paura crescenti, ma le avvertiva estranee a lui. L’umore di Kieran lo contagiava come un fetore.
Era forse… ?
Scosse la testa, senza volerci pensare. ‒ Andiamo.
‒ Silas.
Si voltò e si schermò appena il viso con le dita per il raggio di sole che gli ferì gli occhi. Kieran aveva i pugni stretti, la sua silhouette appariva nera in controluce.
‒ Se ha il mio ricordo, se lo ha consumato, non può sopravvivere. Non deve sopravvivere.
La voce uscì ruvida, bassa, come se avesse qualcosa di acuminato in gola. Silas colse la sfumatura minacciosa, ma non lasciò che lo intaccasse. Doveva mostrare di avere il controllo.
‒ Non ucciderò un mio compagno.
‒ Hai promesso.
‒ Ho promesso che risolverò le cose.
‒ Se ha consumato il ricordo, distruggerà la mia vita. Sai che è uno squilibrato, non puoi lasciare che viva, ucciderà chi amo.
Le sue parole erano alquanto misteriose; a chi si riferiva? Possibile che Kieran avesse un amante segreto? Effettivamente era plausibile, avrebbe spiegato perché in questi dieci anni non si fosse sposato. Ma perché la Legione era interessata ai ricordi di Kieran? Forse aveva a che fare con i suoi ordini o con il Feldmaresciallo.
‒ Avrà tenuto il ricordo intatto per consegnarlo a Cavana. Me lo farò restituire o lo ingannerò per riaverlo. Non c’è bisogno di ricorrere alla violenza. Promettimi che aspetterai fuori e non interverrai.
‒ No.
‒ Come?
Kieran assottigliò gli occhi. ‒ Non ti prometto un bel niente. Ti lascerò provare. Se non ci saranno alternative, lo ucciderò.
Silas si arrese e scosse la testa. Era inutile tentare di farlo ragionare, avrebbe dovuto risolvere la situazione in fretta.
 
 
 Il pub non era scampato agli allagamenti e l’acqua putrida sbatteva contro la porta in legno massiccio. Kieran si poggiò contro il muro, sotto il tettuccio di legno che lo riparava dal sole.
Aveva la blusa bianca imbrattata da schizzi di fango, il fondo del cappotto impregnato di marrone e gli stivali sotto il livello dell’acqua. I capelli erano arricciati dall’umidità e il suo sguardo segnato dalle occhiaie e dall’impazienza.
Silas gettò un rapido sguardo agli occhi grigi di Kieran ed ebbe un lampo del suo volto dieci anni prima, la notte in cui il maestro era morto.
Oggi non sarà civile.
No, se Kieran fosse entrato nel pub, la situazione sarebbe degenerata. Non c’erano sconti né dubbi nei suoi occhi, c’era una risoluzione ferrea, assoluta.
‒ Aspettami qui.
Gli rispose con un rigido cenno del capo. Silas entrò nel pub sperando che ne sarebbe uscito indenne e con il ricordo in mano.
Il cambio radicale di luminosità fu quasi doloroso; il sole forte del mattino sparì dietro la porta di legno, lasciandolo nell’oscurità. Il pub era chiuso e immerso nell’ombra, le tapparelle erano abbassate, le luci spente. L’acqua aveva riempito la sala e ondeggiava appena intorno alle gambe di legno. Le sedie erano rovesciate e poggiate sopra i tavoli, mentre il bancone era vuoto.
Zeph era seduto su uno degli sgabelli, intento a mangiare la sua colazione. Un secchio semipieno d’acqua era poggiato a terra vicino a lui, doveva aver cercato di pulire, ma non sembrava scosso dall’acqua che aveva invaso il pub.
Aveva la sua solita aria mite e tranquilla, ma c’era un che di pensieroso nei suoi occhi distaccati.
Silas andò a sedersi accanto a lui. Gli ultimi due giorni era stato di rado al pub, aveva girovagato per Moslon in cerca di chiarezza. Aveva la sensazione che Zeph stesse orchestrando qualcosa con il suo sgherro, ma aveva preferito non impicciarsi. Forse erano ordini di Cavana.
‒ Già di ritorno? Che cosa prendi?
Stava mangiando una colazione piuttosto ricca, con uova, cornetti salati e pancetta. Zeph non era mai stato vegetariano come la maggior parte di loro, ma aveva sempre avuto uno scarso appetito.
Accanto al piatto stava una bottiglia di vino di un’ottima annata. Era presto per bere e non si spiegava quella scelta peculiare. Stava forse festeggiando qualcosa?
Si versò un po’ di alcool sporgendosi oltre il bancone. ‒ Bel disastro.
Zeph portò alle labbra un boccone. Indossava una blusa bianca elegante, con un lungo merletto sulla spaccatura del collo e sulle maniche. Aveva l’accenno di barba ben curato e i capelli chiari legati in un codino.
‒ Nulla a cui non sia abituato.
Silas si guardò intorno. ‒ Dov’è il tuo amico?
Bevve un sorso di vino. Solo in quel momento Silas notò la pipa poggiata poco più in là.
 ‒ In viaggio per conto della Legione.
Quella risposta non gli piacque per nulla. ‒ Ho un favore da chiederti. Sono certo che potremo accordarci come due gentiluomini e trovare una soluzione.
Zeph sollevò appena gli occhi su di lui. Erano occhi così freddi e spenti, poteva immaginare la sua maschera da sgorgascoli quando era più giovane, le lunghe ali intrappolate nello scafandro.
‒ Un altro favore? Sei davvero impegnativo, Falena.
‒ Sono certo che c’è qualcosa che io possa offrirti.
Non appariva molto intrigato dall’offerta. ‒ Parliamo prima di ciò che io posso offrirti, di quello che vuoi da me.
Silas ticchettò il bancone. Sarebbe stato molto più abile a gestire quella trattazione se avesse avuto qualche ora di sonno in più, ma era esausto, infreddolito e i sentimenti rabbiosi e spaventati di Kieran gli penetravano sottopelle come un prurito.
Deve essere il vincolo. Continua a crescere.
‒ Ho bisogno che tu mi restituisca il ricordo che ti ho consegnato.
Zeph rise appena mentre si portava il bicchiere alle labbra. Non sembrava essere il suo primo sorso, Silas notò un paio di bottiglie vuote e si accorse che i suoi zigomi pallidi erano rossicci.
‒ Mi chiedevo quando saresti tornato a chiederlo. Che cosa ti ha spinto a cambiare idea?
‒ Una prospettiva diversa. Lo porterò di persona a Cavana.
‒ Non per il Campione, dunque ‒ commentò con voce calma. ‒ Ti ha detto cosa contiene? Per questo sei qui?
Silas rimase perplesso da quell’accusa. ‒ Importa davvero il suo contenuto? Devi restituirmelo.
Zeph annuì e poggiò il bicchiere. D’improvviso strisciò il braccio sul bancone in un colpo secco e lanciò bicchieri e bottiglie a terra. Il frastuono dei vetri infranti arrivò anche fuori dalla taverna, dove Kieran stava aspettando.
‒ Dove sono le tue buone maniere, Falena?
La voce della Libellula era distorta, una vena gli pulsava sul collo. Poggiò le mani sui vetri rotti e li schiacciò per sporgersi in avanti. Scricchiolavano sotto la sua pelle, lasciando tracce di sangue, ma non sembrava darvi peso. Quando ebbe il volto a un soffio da quello di Silas, si fermò.
‒ Che cosa stavi dicendo?
Silas non si lasciò intimorire, rimase immobile, sostenne lo sguardo senza cedere.
‒ Quel ricordo, lo rivoglio. Non ho bisogno di intermediari per parlare con Cavana.
Giocò con i vetri macchiati di sangue. ‒ Lo so che menti, Silas ‒. Prese una bottiglia ancora intatta e un bicchiere mezzo rotto. Si versò da bere, lasciando impronte di sangue sul vetro. ‒ Vuoi riportargli il ricordo, lo so perché ti ho fatto seguire. Sei tornato da lui.
La confessione avrebbe dovuto gelarlo, ma in realtà non era sorpreso. Sapeva che Zeph non poteva essere da solo lì a Moslon, dovevano esserci altri membri della Legione in giro, sue spie.
‒ Non c’entra niente, non ho scelta al momento. Sono legato a lui, ma non ha a che fare con il ricordo. Quell’idiota non sa neanche che è in mano mia.
Lo zittì con un dito e bevve un sorso. ‒ Tu sei morbido con quel cacciafalene, morbido come la membrana delle mie ali. Pensi di avere ancora tempo di scegliere situazione per situazione, di poter ritrattare quando qualcosa non si adegua ai tuoi canoni di giustizia. Ma il tempo delle ritrattazioni è finito. O lo uccidi o non lo uccidi. Non ci sono terze strade.
Silas realizzò che Zeph doveva essere in uno dei suoi picchi di instabilità e violenza.
Questo non ci voleva.
Doveva aver bevuto parecchio prima che lui arrivasse e a giudicare dalle sue pupille forse aveva anche fumato dell’oppio, ma la sua perspicacia era ancora lì. Silas non poteva competere con lui senza la propria magia. C’era qualcosa di strano. Dov’era Coz? Perché Zeph aveva stappato bottiglie così pregiate e aveva passato la mattinata a ubriacarsi?
‒ Lo sai che mi trovi del tuo stesso avviso. Kieran è solo un mezzo, e quando lo sconfiggerò, magari lo terrò come prigioniero per divertirmi e sfogarmi nei giorni no.
La Libellula gli sorrise e finì di scolare il bicchiere. ‒ No, mischiarti con loro è riprovevole, so di cosa parlo. Cavana pensa che possa essergli utile, per il piccolo mezzosangue. Ma io dico di ucciderlo di fronte a lui.
Silas aggrottò le sopracciglia, senza capire di che cosa stesse parlando. Il piccolo mezzosangue? A che cosa si riferiva?
‒ Mi piace come ragioni ‒ lo assecondò e forzò un sorriso crudele.
‒ Farlo a pezzi di fronte a lui. I suoi pezzi sono inestimabili, gli troveremo un utilizzo anche da morto. Picchiarlo, torturarlo, ucciderlo di fronte al cacciafalene. E poi fare lo stesso a lui.
Silas aveva un nodo allo stomaco, perché sapeva che Zeph non parlava a vanvera. La sua crudeltà, il suo sadismo, li aveva visti all’opera. Il suo odio era un groviglio caotico e imprevedibile, tanto che a volte la stessa Cavena aveva problemi a gestire il suo operato. Un temperamento instabile che era peggiorato nel tempo. Molti pensavano che il Cinghiale fosse il membro più efferato della Legione, ma a suo avviso era molto più controllabile e prevedibile. Zeph invece non seguiva alcun percorso stabilito.
Ma di chi stava parlando? Gli sembravano i deliri di un pazzo.
‒ Non che abbia importanza a questo punto.
‒ Allora non diamo il ricordo a Cavana ‒ sussurrò Silas. ‒ Ce ne occuperemo noi due. Lo berrò io e ti racconterò che cosa contiene.
La Libellula rise, una risata spezzata, sinistra. ‒ Ti credi tanto furbo, Falena. Lo riconosco, ti sei distinto e hai meritato il posto accanto a Cavana. D’altronde nessuno di noi poteva competere con la tua magia. Ora però non hai più alcun valore per noi. Ma sai cosa? Voglio venirti incontro. Ti restituirò il ricordo, se mi porterai un orecchio di Kieran Reed. Mozzaglielo e portamelo.
Silas trasecolò un attimo, ma poi si calmò. Ne avrebbe trovato un altro somigliante, non doveva allarmarsi.
‒ Se è questo che vuoi.
‒ Glielo taglierai di fronte a me. Perché non lo fai entrare?
Raggelò. Lo sguardo di Zeph era soddisfatto, i lineamenti fatati gli conferivano un che di maligno e distorto. ‒ So che lo hai portato con te, da bravo traditore quale sei. Non ho creduto neanche per un istante che saresti potuto tornare fra le nostre fila, non ti avrei mai aiutato con Cavana. Hai già avuto la tua seconda possibilità e l’hai bruciata. Non puoi cambiare la tua natura, sei debole e scostante, come la tua stirpe.
Silas non raccolse le provocazioni. ‒ E qual è la tua natura, Zeph?
‒ Sarò sempre uno sgorgascoli, niente più, niente meno.
La risposta sembrò velargli lo sguardo di tristezza e nostalgia. Le ciglia bianche gettavano ombre sottili sulle guance. Se non avesse avuto occhi tanto freddi e inumani, Silas avrebbe saputo scorgere meglio la sua bellezza. Era scarno, magro, come un albero in inverno.
‒ Allora non hai intenzione di restituirmelo?
‒ Sì, tagliagli un orecchio e consegnamelo.
‒ Qui?
‒ Qui. Ora.
Silas allungò la mano verso la bottiglia. ‒ Se entra qui ci innervosiremo tutti. Facciamoci una bevuta e basta.
Zeph bloccò il percorso della sua mano sul bancone e applicò una lieve pressione. I vetri gli penetrarono nella carne.
‒ Ho detto: fallo entrare.
‒ Vuoi ucciderlo?
‒ Voglio solo divertirmi un po’.
Agitò le dita e aprì la porta del pub con un colpo secco. L’acqua schizzò indietro e in avanti per il contraccolpo. Kieran era in piedi di fronte all’entrata, lo sguardo di chi è stato colto in flagrante.
‒ Accomodati, Campione.
Aveva le spalle rigide e un’espressione guardinga, ma poggiò la mano sullo stipite della porta ed entrò nella penombra del pub. Richiuse la porta senza chiedere il permesso.
‒ Kieran Reed, non ho mai avuto il piacere di incontrarti.
‒ La Libellula, suppongo.
La postura di Zeph era rilassata, le maniche larghe della camicia pendevano dai polsi bianchicci. Voltò appena la testa per esaminare Kieran, si prese il suo tempo a osservarlo. Gli occhi non sembravano vederlo davvero, ma notarono la mano sulla fondina e la spada stretta al suo fianco.
‒ Vorresti indietro il tuo ricordo. Mi chiedo quanto lo vorresti.
‒ Nomina il tuo prezzo.
Si girò anche con il resto del corpo verso di lui. La blusa aveva alcuni merletti consumati e sprofondava dentro i pantaloni stretti; se li tirò appena su e poi si poggiò con i gomiti sul bancone.
Aveva una posa tracotante e sicura di sé, Silas diventava più nervoso a ogni secondo che passava. Loro erano due, Zeph non aveva scampo da solo, eppure se ne stava rilassato a sorridere, come se avesse appena vinto una partita a scacchi.
‒ Uno scambio! Davvero diplomatico da parte tua. Sì, voglio che Silas ti tagli un orecchio e me lo dia. Mi piace conservare parti di voi, per quanto inutili e poco graziose.
Silas cercò gli occhi di Kieran, che bruciavano di una risoluzione spaventosa. ‒ D’accordo.
‒ Non diciamo idiozie ‒ intervenne Silas. ‒ Non siamo barbari né selvaggi, possiamo trovare un accordo più dignitoso per tutti.
Zeph abbassò il mento a osservarlo. ‒ Voi aristocratici pensate che tutti debbano adattarsi alle vostre regole ipocrite. Non c’è niente che possiate offrirmi, voglio solo vederti mutilarlo.
Se Kieran glielo avesse chiesto, lo avrebbe fatto. Era abituato a sporcarsi le mani, ma non avrebbe agito senza il suo permesso. L’idea lo disturbava parecchio, ma era certo di poter essere veloce.
Rifiuta. Non ne vale la pena.
Cercò con gli occhi di comunicargli quel messaggio. Zeph non sarebbe stato soddisfatto da quella piccola violenza.
‒ Ti ho detto che va bene. Ma prima mostrami il ricordo.
Zeph allungò una mano sullo sgabello accanto, ma invece di estrarne la boccetta, tirò fuori una maschera. Era diversa dalle maschere di Moslon, era la sua maschera della Legione; il volto scolpito in modo essenziale, i grandi e colorati occhi da Libellula forati da due buchi. La mandibola aveva piccole tenaglie ai lati della larga bocca, consumati. Le ali vibrarono per un attimo, anche i monconi delle due ali piccole adagiate su quelle lunghe.
‒ Le libellule sono sparite da Moslon da decenni. Le larve muoiono nell’acqua inquinata del lago, hanno bisogno di acque pulite. Io sono cresciuto qui, fra i canali sporchi e melmosi, ma sono sopravvissuto, anche se a stento. E ormai è quasi ora.
Silas si accorse della postura rigida di Kieran e capì che Zeph stava evocando la magia.
‒ Gli umani invece proliferano nello sporco, si moltiplicano nell’inquinamento, divorano e contaminano tutto. Promisi a mio figlio che lo avrei portato a vedere un lago pulito un giorno. La città lo faceva ammalare. Era andato a liberare uno scolo da solo, era la prima volta che non lo accompagnavo. Stava facendo il suo lavoro, un lavoro sporco e ingrato, ma lui era eccitato e contento. Si divertiva. Il tuo ricordo è una promessa che io non ho potuto mantenere. Gli hai mostrato il mare e la sua reazione genuina e felice mi ha fatto pensare a mio figlio. Dimmi, perché lui non ha avuto questo diritto? Perché l’ultima cosa che ha visto prima di morire era il fango di questa città che gli entrava nei polmoni?
Kieran allargò gli occhi a poco a poco mentre realizzava qualcosa, la sua espressione un misto di orrore, dispiacere e paura. Silas cercò di non ascoltare le parole di Zeph. Sentiva una rabbia disumana a immaginare un guerriero del Ferro che teneva la testa di un bambino nel fango fino a ucciderlo. A volte la sua mente cercava delle scappatoie da tutta quella crudeltà, cercava di sussurrargli “magari non è andata così, magari è soltanto annegato da solo, magari nessuno lo ha ucciso”. Ma poi si ricordava che il suo corpo era stato fatto a pezzi.
Conosceva la bestialità di chi commerciava e acquistava parti fatate, aveva visto con i suoi occhi la mancanza di scrupoli, la violenza, l’assenza di qualsiasi morale, empatia e umanità. Eppure inorridiva ancora, veniva scosso dalla testa ai piedi come le prime volte.
Non è il momento di lasciarsi sopraffare.
Doveva reprimere il turbamento. Zeph era diventato molto minaccioso e sembrava pronto ad attaccarli. Silas aveva con sé un pugnale, ma non voleva rischiare di ferirlo gravemente. Senza farsi notare afferrò una bottiglia. Poteva colpirlo e farlo svenire prima che fosse tardi.
L’aria del pub era diventata pesante e stantia, le pozze d’acqua sul pavimento avevano delle lievi vibrazioni.
Zeph voltò la testa e osservò un orologio a cucù appeso al muro. ‒ Volevo spiegarvi le mie ragioni. Non perché io voglia la vostra comprensione, no, di quella non mi è mai importato; ma perché voi sappiate.
Kieran s’inumidì le labbra. ‒ Sappiate cosa?
‒ Il perché ‒. Prese un bicchiere e lo sollevò. ‒ Al fango! Alla melma che inghiottirà Moslon!
L’orologio a cucù scattò e un piccolo uccellino uscì dal suo cantuccio ad annunciare le otto del mattino.
Zeph sorrise con sollievo, bevve e indossò la maschera.
Dopodiché tutto si annerì.
Il corpo di Silas venne scaraventato contro la parete e vide la porta esplodere alle spalle di Kieran. Le bottiglie scoppiarono una dopo l’altra in una nube di vetri, ma i rumori erano già stati risucchiati. Zeph stesso dopo aver allargato le braccia venne scaraventato contro la parete.
Non c’erano suoni, solo il silenzio e il fumo. Dalla porta spalancata iniziò a entrare un fiume di melma, mentre i colori vorticavano sfocati.
Silas boccheggiò con il viso immerso nel fango e nei vetri. C’era odore di bruciato e di sporco.
Alcuni sibili bassi e ovattati gli sollecitarono le orecchie insanguinate. Sembravano voci, lontane, distanti.
Urla.
Si issò sulle braccia e rimase gattoni, zuppo di acqua lercia. Alcuni vetri gli si erano conficcati nel gomito e temeva di avere i timpani feriti. Iniziò a tossire, il fumo gli faceva lacrimare gli occhi.
Si alzò con le gambe malferme mentre un torrente di fango invadeva il pub. Gettò un’occhiata a Kieran che si stava alzando a fatica, il volto sanguinante e gli occhi disorientati.
Corse fuori e inciampò più volte mentre la visuale si rovesciava; si sostenne alle ante dell’ingresso e guardò fuori. Nei suoi occhi sconvolti comparve il riflesso di alte colonne di fumo nerastro, che salivano oltre gli edifici. Era difficile vedere di fronte a sé a causa del denso vapore bianco che permeava ogni cosa. No, non vapore. Fumo.
Aveva messo un piede fuori dal pub e subito qualcuno lo urtò, per poi correre via nel panico. Si sforzò di mettere a fuoco, ancora stordito dalla prima esplosione. Decine di figure sfocate si accalcavano risalendo le vie, i torrenti ingrossati di acqua e fango li intralciavano.
Un’altra esplosione lo mandò quasi a terra. Tutto tremò di nuovo e Silas cadde in ginocchio nell’acqua. La gente urlava e correva man mano che le strade venivano invase da violente correnti d’acqua.
‒ Che cos’hai fatto ‒ urlò ma non sentì bene la propria voce, solo l’arsura della gola e lo sforzo delle corde vocali.
I sibili si acquietarono e tutti i rumori tornarono all’improvviso, una cacofonia di urla ed esplosioni.
L’acqua sembrava dotata di vita propria, allungava le sue dita in ogni via e trascinava Moslon con sé. Dalle case iniziavano a scemare decine di cittadini che si accalcavano verso l’attracco delle aeronavi e il palazzo del governatore. Scivolavano sui gradini ormai sommersi, si spintonavano fra le vie strette.
Silas rientrò nel pub incalzato da una ferocia e un terrore innominabili. ‒ Che cos’hai fatto ‒ ripeté e la sua voce cedette sulla fine, stravolta.
Zeph si era rialzato, aveva rivoli di sangue ovunque e muoveva le dita come se ascoltasse un suono meraviglioso. Il volto era nascosto dalla maschera ammaccata e da quegli occhi da insetto inespressivi. ‒ Qualcosa che volevo fare da un po’. Avevo solo bisogno di aspettare il momento giusto.
Bombe. Bombe disseminate per la città. Aveva aspettato un momento di piena, un momento in cui la tempesta aveva già messo in ginocchio Moslon per attivarle e farla sprofondare. Doveva aver bersagliato i canali, le piccole dighe e i pozzi.
No. Non può essere.
Un terrore primordiale lo colse quando venne folgorato da un pensiero.
Non avrà… ?
Kieran era in piedi, un rivolo di sangue gli attraversava la guancia e osservava Zeph a occhi sgranati.
‒ Perché.
‒ Allora non hai ascoltato prima?
La voce di Zeph era gutturale per il fumo, ma ancora calma e controllata. Le centinaia di urla quasi coprirono la sua risposta.
‒ Non fate gli innocenti, avete pensato anche voi che questa città fosse un errore, un qualcosa da cancellare.
‒ Non con le persone ancora dentro! ‒ gridò Silas.
Ripensò alla Dama Rossa, a Liv, ai bambini che giocavano nella fanghiglia vicino alla pensioncina. Erano le zone più precarie, i torrenti di melma e detriti rischiavano di trascinarli via.
No. Non poteva essere un piano orchestrato da Cavana. Cavana non era una folle, ma una stratega, non avrebbe mai distrutto un’intera città di innocenti per provare qualcosa, i suoi obbiettivi erano studiati e dovevano sempre portare a un guadagno, economico o politico.
La diga nel lago però è ancora intatta. Per ora.
‒ Perché adesso?
La voce di Kieran era a malapena udibile nel caos di urla e crolli che proveniva da fuori. L’acqua continuava ad aumentare.
‒ Perché la tempesta mi ha servito l’occasione perfetta. E perché così non raggiungerete mai Coz. Ho bevuto il ricordo, ma ho trascritto il suo contenuto. È partito per consegnarlo a Cavana.
Kieran impallidì. ‒ Lo sapevo. Lo hai visto.
Zeph sgrullò le ali dal fango, una era sanguinante e stropicciata da un lato. ‒ Sì.
‒ E nonostante questo…
‒ Pensavi che mostrassi pietà? Dovresti ringraziare che lo abbia mandato a Cavana. Io sarei partito per scovarlo e trucidarlo.
Kieran si lanciò su di lui prima che Silas potesse capire di che cosa stessero parlando. Alcuni passanti corsero di fronte al pub trascinando bagagli e bambini attraverso il fiume che riempiva le strade. La porta sfondata galleggiava nell’acqua e si udivano gli ordini impartiti dai gendarmi di Moslon.
Zeph non riuscì a difendersi dal pugno di Kieran, ma fletté le dita come se fossero aggrappate a qualcosa. Si levò un gorgoglio dall’acqua melmosa, che iniziò a ribollire sotto le gambe di Kieran. A poco a poco si alzarono impercettibili volute di fumo e la temperatura dell’acqua intorno al Campione salì. Kieran urlò mentre il calore gli ustionava le gambe e le mani, arretrò goffamente per uscire dal cerchio di acqua bollente.
Zeph non perse tempo, sollevò uno schizzo d’acqua rovente con una mano e la lanciò addosso a Kieran; questo chiuse gli occhi e tentò di ripararsi, la pelle sfrigolò quando incontrò il bollore. Zeph con un pugnale in mano si lanciò per conficcarglielo nel petto.
Silas allungò le mani d’istinto per fermare il turbinio di acqua bollente fra di loro, e imprecò con violenza quando si ricordò della sua magia bloccata.
‒ Kieran, attento!
Reed aprì gli occhi mentre serrava i denti per le ustioni e usò la propria maschera di rame per parare il pugnale. La lama si conficcò dentro il ferro ed entrambi caddero in acqua. Zeph non aveva speranze in un confronto fisico, il suo corpo era molto più esile di quello di Kieran, ma la sua magia era imprevedibile.
Un altro boato scosse il pub fin nelle fondamenta. Silas voltò di scatto la testa, mentre tentava di individuare il luogo dell’esplosione. Sembrava molto più lontana delle altre.
Troppo lontana.
‒ No…
Non poteva aver commesso una simile atrocità. Non poteva aver fatto saltare la diga.
Fuori da lì la folla sembrava una massa indistinta di caos e urla, le strade erano invase da persone e da gendarmi. Tutti correvano lungo le salite, verso l’alto.
La parte bassa di Moslon stava per essere spazzata via.
Corse fuori, senza riflettere, schivò i cittadini in fuga e si affacciò alla via principale da cui si potevano vedere i quartieri più lontani, in basso, palafitte, passerelle e piccoli ponti di ferro. I moli, la Dama Rossa, la pensioncina.
L’acqua inghiottì tutto. Una violenta massa d’acqua, fango e detriti strabordò sulla terra e tornò indietro con un risucchio, le case sparpagliate come foglie cadute, i pontili sommersi o crollati, tutto distrutto.
Silas urlò, sgomento, gli occhi sgranati mentre l’onda si calmava. Dozzine di vite spezzate, annegate, schiacciate. Gente povera, malata, operai che si recavano in fabbrica, pescatori, sgorgascoli intenti a svolgere il loro lavoro. Uccisi senza un lamento, inghiottiti dal lago.
La diga non era interamente crollata, riusciva a scorgerla in lontananza. Le bombe avevano aperto una grossa voragine fumante da cui era piombata la massa d’acqua che aveva travolto Moslon bassa. Il rischio che il resto della diga crollasse era reale.
In quel caso neanche loro avrebbero avuto scampo.
La folla continuava a scemare intorno a lui, i sopravvissuti della città bassa si stavano rovesciando nelle strade e i gendarmi non venivano ascoltati. Silas venne spintonato con violenza e udì uno sparo in lontananza.
Dobbiamo andarcene. Dobbiamo andare via da qui.
Con uno slancio corse verso il pub per recuperare Kieran.
Non riusciva a respirare. Non riusciva a ragionare.
Forse era ancora addormentato, forse era solo un incubo.
Faticò per rientrare nel buio della locanda, ormai l’acqua gli arrivava alle ginocchia. I due avversari erano dove li aveva lasciati, ma Kieran aveva vinto.
Teneva Zeph stretto da dietro, immobilizzato, le ali schiacciate contro il suo corpo. ‒ Hai distrutto una città! Hai ucciso centinaia di persone! ‒ urlò, qualsiasi traccia di calma che aveva abbandonato il suo viso. ‒ Tu non uscirai vivo da qui ‒ ringhiò.
Zeph rideva, i tratti efebici del volto contratti per il dolore. ‒ Dai capelli colorati e dagli occhi scompigliati, traditori dell’accordo sono i figli di un re INGORDO.
Silas riconobbe la filastrocca e intuì la sua prossima magia. L’acqua vorticò intorno a Kieran, che aveva le braccia impegnate a tenere fermo Zeph.
‒ Ferma la fattura ‒ gli intimò, facendo pressione su un braccio. ‒ O ti spezzo l’osso.
Non riuscì a finire la frase che l’acqua putrida con un gulp flessuoso gli entrò in bocca. Il liquido iniziò a fluire fra le sue labbra, che a causa della pressione rimanevano aperte. Un getto continuo contro naso e bocca che gli impediva di respirare. Kieran cercò di scansare il volto, ma l’acqua seguiva i suoi movimenti. Lasciò la presa e usò le mani per tapparsi le labbra, ma aveva le vie respiratorie ostruite dalla melma.
‒ Lo ucciderai! Ferma l’incantesimo! ‒ urlò Silas. ‒ Fermalo e ti lascerò andare!
Zeph si limitò ad alzargli il dito medio. ‒ Ti farò un favore oggi, porterò questo bastardo all’altro mondo con me. Così forse ricorderai chi è il vero nemico.
Kieran ormai aveva cambiato colore. Tolse le mani per vomitare l’acqua ingerita, ma il getto riprese a colpirlo, brutale. Cadde a terra senza forze, le vene sulla fronte paonazza sembravano pronte a esplodere.
All’improvviso la magia s’interruppe.
Kieran vomitò, fango e acqua uscirono dalla sua bocca e dal suo naso, misti a lacrime e sangue. Respirò a pieni polmoni, la gola irritata dalla magia. Cercò di parlare, ma non aveva fiato per articolare neanche una sillaba.
Alzò il viso, gli occhi rossi per i capillari esplosi.
Silas aveva pugnalato Zeph al petto. Questo aveva le mani vicino alla ferita e osservava il pugnale, sorpreso.
Barcollò, ma Silas lo afferrò prima che cadesse. Lo sostenne e s’issò sul bancone del pub per sfuggire all’acqua crescente.
Zeph aveva la bocca piena di sangue, Silas aveva usato tutta la sua forza per sfondare la cassa toracica e pugnalarlo al cuore, ma non sapeva neanche dove la lama fosse sprofondata. Sapeva soltanto che c’era un lago di sangue.
‒ Porca puttana Zeph ‒ imprecò, la voce incrinata. ‒ Perché, perché mi hai costretto a questo. Tutte quelle persone…
‒ Un tempo non eri così. Un tempo esigevi sangue ‒ gracchiò la Libellula. ‒ È stata la morte di Rondine a cambiarti?
Silas sussultò a sentire quel nome; gli era stato vietato così a lungo che provò un moto di paura a udirlo.
‒ Forse.
Gli tremavano le mani.
Quella realtà, quel momento, era tutto da rifare. Voleva svegliarsi, voleva un’altra possibilità. Non poteva essere andato tutto così male, non potevano essere morte centinaia di persone, non poteva aver ucciso un suo compagno. Socchiuse gli occhi. Se solo avesse avuto il potere dei Valksha di alterare la realtà, avrebbe cambiato quella realtà in un istante. Non c’era fine al peggio, rimpiangeva quello che un’ora prima gli era sembrato l’inferno.
Un animale morente che va abbattuto.
Non aveva forse concepito un pensiero simile poco prima a proposito di Moslon? Il suo solito sprezzo, la sua solita presunzione e superbia. Nessuno aveva udito quel pensiero a parte lui, ma si sentì sporco, malvagio, ignobile come mai.
‒ Tutte quelle persone… ‒ ripeté fra i denti.
‒ La loro vita non era vita.
‒ Non stava a te deciderlo! ‒ urlò e strinse le mani sul suo corpo.
Zeph guardò il soffitto mentre veniva scosso dai tremiti. ‒ È il mio lavoro. Ho liberato per sempre questo scolo intasato chiamato città.
Kieran si avvicinò, ancora riluttante a parlare a causa della gola in fiamme. ‒ Dov’è andato il tuo uomo ‒ sussurrò roco.
‒ Non te lo dirò solo perché sto morendo, cacciafalene.  
Silas sobbalzò quando uno schianto fece tremare di nuovo le pareti. Altre urla, distanti, e lo sciabordio forte dell’acqua rimbombò fino a loro.
Zeph allungò una mano piena di sangue e afferrò Kieran per la maglia zuppa.
‒ Tuo fratello è uno di noi ‒ tossì e il sangue imbrattò il fazzoletto bianco che aveva legato al collo. ‒ E grazie a lui, l’Ailanto epurerà questa terra. Come io ho epurato questa città.
Si afflosciò nella presa di Silas man mano che la vita lo abbandonava. Aveva perso i sensi e il suo battito era quasi inudibile.
‒ Zeph…
Silas gli tenne la testa, mentre il suo corpo si spegneva. Lo adagiò sul bancone con delicatezza e si guardò il sangue che gli imbrattava le maniche e le dita. Socchiuse gli occhi e abbassò la testa.
Si voltò piano verso Kieran, che aveva gli occhi sgranati. Silas impiegò qualche secondo per analizzare le ultime parole.
‒ Tuo… fratello?
‒ Deve essersi confuso.
La voce uscì immediata, costruita. Silas non lo ascoltò neppure; guardò di nuovo verso la Libellula e ricordò le frasi insensate di prima. Si portò il polso alla bocca, per sopprimere il conato che gli stava salendo a causa dell’odore di sangue e icore sparso sul pavimento. Fu costretto ad allontanarlo quando il sangue sulle mani gli diede il voltastomaco.
Ho ucciso un compagno.
Serrò i denti e represse ogni turbamento. Aveva giurato a sé stesso che una volta libero dai Vaukhram non si sarebbe mai più macchiato del sangue dei suoi compagni o della sua famiglia, che nulla al mondo lo avrebbe messo di nuovo contro i suoi alleati. Promesse e propositi calpestati in quel momento, gettati nel vuoto. Anche ora che era libero e padrone del suo corpo si ritrovava a uccidere quelli come lui. Spregevole, non era altro che spregevole, non aveva onore, non aveva dignità. Tutta quella gente morta, tutte quelle vite spezzate. Per cosa? Per chi?
‒ Silas dobbiamo andarcene da qui. Questo posto verrà invaso da gendarmi e guerrieri del Ferro. Dobbiamo prendere l’aeronave prima che la situazione precipiti o i controlli ci impediranno di partire. Ci arresteranno!
Andarsene. Kieran aveva più sangue freddo di lui in quel momento. Dovevano semplicemente fuggire? Abbandonare tutte quelle persone, lasciare che la città sprofondasse.
Kieran tremava, zuppo fino ai piedi, gli occhi incavati da dolore e impazienza.
Silas ripiegò le braccia di Zeph. Guardò il ciondolo al suo collo, con un piccolo corno. Doveva essere stato di suo figlio.
E tutti i bambini che oggi hai ammazzato, loro che scelta hanno avuto.
‒ Silas ti prego ‒ lo incalzò Kieran e cercò di voltarlo.
Si ribellò a quel tocco con un gesto brusco. Era certo che avrebbe vomitato se Kieran gli avesse mostrato dell’affetto. Si odiava così tanto in quel momento che voleva solo essere picchiato e abusato, non voleva alcun tocco gentile, non voleva niente che somigliasse a una parola di conforto. Non ne aveva il diritto, non mentre centinaia di persone annegavano e venivano spazzate via dai detriti e dall’acqua.
‒ Maledizione Zeph ‒ ringhiò con la voce rotta.
Per i suoi drammi personali non si era accorto di nulla, si era fatto gli affari propri e quello era il risultato.
Kieran non provò a toccarlo di nuovo, ma continuò a chiamarlo e a dirgli che dovevano scappare.
Silas si passò una mano sul viso e si calmò quel tanto che bastava per articolare una frase.
‒ Hai un fratello. Ed è un mezzosangue ‒ esordì.
 Posò lo sguardo su quello di Zeph, i suoi occhi aperti erano freddi e vuoti. Si voltò poi verso Kieran mentre ripiegava le maniche della camicia nel tentativo di nascondere le macchie di sangue. ‒ Spero che ne sia valsa la pena, di nascondere tutto questo. Ora, se permetti, mi dirai tutta la verità.


 
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Anche questo capitolo è stato lungo e difficile, non sono per niente soddisfatta, ma tenerlo in ostaggio a una certa mi sembra anche fuoriluogo. Oggi è il mio compleanno e ci tenevo a pubblicare ^^, anche perché siamo a un punto di svolta. Diciamo che questa sarebbe la "fine prima parte", ma in realtà continuerò a pubblicare come faccio ora.
Ho avuto una giornata bella pesantina, quindi perdonatemi, ma risponderò alle vostre fantastiche e istruttive recensioni domattina col sole e un caffé in mano. Io vi ringrazio sempre tantissimo, se volete farmi qualsiasi appunto, correzione o consiglio sono sempre apertissima e felice, so quanto può essere pesante a volte fermarsi a lasciare un commento o una nota, quindi a prescindere grazie di cuore. Malgrado la tragedia di questo capitolo, un lato positivo c’è, Silas ora sa la verità xD, meglio tardi che mai.

L'immagine rappresenta Zeph più o meno come lo immaginavo, forse un tantino più etereo e con le ali. Qui sotto la fonte.
 https://mobile.twitter.com/bbthou/status/1247867339195871232
   
 
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