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Autore: Evola Who    23/05/2022    2 recensioni
Din Djarn (sopranominato Mando) era uno dei migliori agenti della swat del dipartimento di polizia di Nevarro, dello stato di New York.
Un uomo addestrato a ogni rischio possibile, con un passato da soldato militare e una storia tragica alle spalle. Il classico uomo taciturno, solitario, rigido e devoto al lavoro e al dovere. Definito l’amico di tutti, e di nessuno.
Finché un giorno trovò anche una culla, con sopra un bambino. Anzi, un neonato molto piccolo. Forse sotto peso, intento a strillare.
E da quel momento in poi, la vita di Mando, cambiò per sempre.
Genere: Angst, Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Baby Yoda/Il Bambino, Carasynthia Dune, Din Djarin
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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The Dadalorian
 
 
Din Djarn (sopranominato Mando) era uno dei migliori agenti della swat del dipartimento di polizia di Nevarro, dello stato di New York.

Un uomo addestrato a ogni rischio possibile, con un passato da soldato militare e una storia tragica alle spalle. Il classico uomo taciturno, solitario, rigido e devoto al lavoro e al dovere. Definito l’amico di tutti, e di nessuno. 
Finché un giorno, durante un blitz antidroga, in una fattoria abbandonata, all'interno di un laboratorio squallido di metanfetamina, trovò anche una culla, con sopra un bambino. Anzi, un neonato molto piccolo. Forse sotto peso, intento a strillare spaventato, mentre i suoi colleghi arrestavano gli spacciatori.
E Mando, sotto al pesante casco e alla divisa, fu confuso da quella scena.

Chiedendosi il perché, ci fosse un neonato in questa orribile situazione. Di chi era? Come ci era finito lì?

Tutte domande che si faceva, finché il piccolo non aprì gli occhi, guardando l’uomo in divisa sopra di lui. E Mando guardò gli occhi scuri e lacrimosa del neonato, che pian piano stava smettendo di piangere.

Così, senza pensarci, avvicinò un dito alla culla, mentre la manina del piccolo si avvicinò per sfiorare il suo dito.

E da quel momento in poi, la vita di Mando, cambiò per sempre.

 
***
 
 
3 mesi dopo…

Il Capitano della polizia di Nevarro, Emily Fiorentini (per gli amici e i colleghi più cari, soprannominata “L’Armaiola”, per via della sua passione delle armi medievali) stava compilando dei fogli nel suo ufficio. Sentì bussare qualcuno alla sua porta.

“Avanti” rispose. Anche se, sapeva già chi poteva essere.

Mando entrò nel suo ufficio, vestito in un completo grigio, con camicia bianca e cravatta nera, e scarpe lucide. Baffi e barba curati e rasati e i capelli pettinati in un lato. Ma aveva una grossa borsa marrone a tracolla, al cui interno non solo si vedeva una piccola bozza, ma da cui sporgeva anche una testolina ricoperta da un berretto. Con il braccio, lo stringeva a sé.

“Capitano.” annunciò Mando con tono calmo, chiudendo la porta dietro di lui.

“Agente Djarn.” rispose lei con tono formale, alzando la testa dai fogli e invitandolo a sedersi dicendo: “Allora? Come è andata il processo?”

“Ho l’affidamento esclusivo del piccolo” annunciò Mando sedendosi davanti alla sua scrivania: “Da questo momento, sono il tutore ufficiale del piccolo.”

Dopo che Mando aveva salvato il neonato da quel blitz, lo aveva accompagnato dentro all'ambulanza, restando con lui per tutto il viaggio per l’ospedale, e per tutta la notta. Per assicurarsi che stesse bene.

E la dottoressa Ashoka Tano aveva assicurato che, nonostante fosse un neonato di tre mesi sotto peso, stava bene. E che non aveva subito danni fisici. Ma dovevano tenerlo sotto osservazione.

E da quella sera, Mando ogni giorno dopo il lavoro andava a trovarlo fino alla fine dell’orario delle visite, per assicurarsi che stesse bene mentre il caso andava avanti. Ma nonostante gli interrogatori da parte degli spacciatori, nessuno disse nulla del neonato e del perché si trovasse nel loro laboratorio di metanfetamina. E non c'erano state denunce di scomparse per neonati, recentemente.

Quando il bambino fu dichiarato sano, decisero di aprire le domande delle adozioni. E fu proprio Mando, a chiedere l’affidamento del bambino. Voleva adottarlo, nonostante fosse un uomo single di 39 anni, con la vita dedicata solo al lavoro.

E non aveva mai pensato di avere dei figli o di vivere una relazione di coppia in generale. Eppure… non voleva separarsi da lui. Dopo tutto quello che avevano passato e il tempo vissuto insieme, non voleva abbandonare quel bambino.

Fortunatamente, la sua richiesta di adozione fu accolta. E grazie all’aiuto dell'assistente sociale, la divorziata Omera, le pratiche furono sveltite. Lei stessa assicurò che sarebbe stato in grado di prendersi cura del bambino, visto il gran legame che si era creato. E questo aiutò a convincere il giudice Kuill ad affidagli il neonato, diventando ufficialmente il tutore legale del bambino.

“Quindi, ora sei un padre. Giusto?” disse il capitano

“Esatto.”

“Perciò, mostrami la creatura che ti farà cambiare radicalmente la tua intera vita.”

Così Mando, scostò un poco la sacca, mostrando il volto del piccolo: un neonato molto piccolo, dalle guance rosse e lisce, grandi occhioni marroni scuri e una cuffia verde fatta all’uncinetto, dai cui lati spuntavano delle grandi orecchie lunghe e larghe a punta. Aveva in bocca un cuccio verde.

Il capitano lo guardò con il volto inespressivo, dicendo: “Sembra indifeso.”

“Lo è” rispose Mando riportando sulla spalla la cinghie e tenendolo stretto sul petto, ritornando seduto sulla sedia con aria serena.

Il capitano guardò la scena con un po' di incertezza, chiedendo: “E ha un nome?”

“Grogu.”

“Grogu?”

“La dottoressa Tano l’ha chiamato esattamente così.” spiegò. “Non so come le sia venuto in mente. E visto che ormai mi ero abituato a sentirlo, l’ho tenuto. Grogu Josè Djarn” e sorrise, mentre guardava il bambino.

“E quanti anni ha?”

“Sei mesi.”

Calò in silenzio. Tra l’incertezza del capo di polizia e la contemplazione di Mando da parte del bambino.

“Din” interruppe lei con aria paziente, facendolo tornare alla realtà. “Sai che questa cosa cambierà molto la tua vita, per sempre.”

“Lo so” ammise.

“Allora, perché hai deciso di prenderti la responsabilità di questo bambino?”

“Perché… so che è la scelta giusta da fare” rispose semplicemente. “In fondo, l’ho salvato, l’ho portato in ospedale, sono stato accanto a lui per tutto il tempo.” spiegò. “E so che sarebbe stato adottato da delle brave presone. Ma… non volevo perderlo. Non volevo abbandonarlo. Perché… avevo la sensazione che sarebbe stato l’errore più grande della mia vita. E non volevo farlo… non lo volevo fare.”

Ma sapeva che non c'erano parole, per spiegare davvero quel gesto. Da quando avevo salvato quel bambino, gli era nato un istinto protettivo molto forte nei suoi riguardi. E nonostante fosse consapevole dei sacrifici e dei cambiamenti drastici che ne sarebbero conseguiti, l’avrebbe fatto. Insieme a lui.

“In fondo, anche io sono stato orfano, da quando avevo otto anni…” continuò Din. “In quella orribile sparatoria, in cui ho pensato di morire. Invece, sono arrivati i suoi fratelli. Che mi hanno salvato la vita, rendendomi l’uomo che sono adesso. E lo devo a loro. Per il loro insegnamento e per i valori che mi hanno tramesso. E io cercherò di fare lo stesso con questo piccolo trovatello…”
Emily rimase sorpresa dal suo discorso. Ma dentro di sé, era commossa dalle sue parole.

Ripensò a sua sorella e a suo marito, che avevano accolto Din come un figlio, dopo averlo salvato da quella orribile sparatoria tra bande nei panni di poliziotti. Lo avevano cresciuto in mezzo al distretto e lo avevano allevato come un uomo d’onore. E nonostante la loro tragica fine prematura, quando Mando aveva solo 19 anni, lui non li aveva scordati e per questo si era arruolato nell’esercito, per poi diventare un degno polizotto.

Aveva sempre il suo valore e la sua lealtà verso il suo lavoro. Ed era sempre stato umile nelle sue decisioni.

“Se loro fossero qui, sarebbero molto fieri e orgogliosi di te” disse il capitano con un mezzo sorriso, commossa: “E sai che sia io, che l’intero distretto ti daremo tutto l’aiuto e il sostegno possibili. Ma sai anche che sarà molto difficile, accudire un bambino completamente da solo.”

“Lo so, ma me la caverò” rispose Mando tranquillamente.

Il capitano sorrise. Aveva piena fiducia in lui, e della sua scelta.
“Beh, a questo punto, ti devo dare la paternità.”

Mando alzò lo sguardo, confuso da quella dichiarazione, dicendo: “La paternità?”

“Ormai, sei il tutore ufficiale del bambino. Perciò, hai diritto alle tue 12 settimane di congedo per paternità."

“12 settimane?” ripeté Mando, confuso.

“Contribuite. Ovviamente.” continuò.

Mando era stupito da quelle parole. Di certo, non se l’aspettava. O, per meglio dire, non ci aveva pensato.

“E un dieci percento di aumento, per il tuo stipendio.”

“Questo mi sembra eccesivo.” disse Mando.

“No. Non è eccesivo.” ammise il capitano. “Credimi, ne avrai bisogno.” E lanciò una breve occhiata al bambino.

Era sorpreso da quell'aumento. Ma era molto grato per il suo gesto e per il suo sostegno. Almeno, non era da solo.

“La ringrazio, capitano.” rispose con gratitudine.

“Nessun problema, Din. Sai che, per qualsiasi cosa, noi del distretto ci saremo. Sia per te, che per Grogu” e continuò a sorridere. Un sorriso che Mando ricambiò, sentendosi estremamente felice.

“Però, sei consapevole che, quando finirà il congedo, ti dovrò mettere dietro a una scrivania. Vero?” disse il capitano.

“Lo so.” ammise. “Ed è giusto così” e guardò il bambino con tranquillità, come se non fosse un problema.

“Bene, allora da questo momento in poi, sei in congedo di paternità per 12 settimane. E congratulazioni per il bambino.”

“La ringrazio, capitano Fiorentini.” E si scambiarono dei sorrisi incoraggianti.
“Comunque, il caso è ancora in mano all'FBI?” chiese Mando.

“Sì. Sempre sotto al comando della Kryze e della sua squadra.” rispose con volto inespressivo e il tono paziente: “Ma non ho ricevuto molte informazioni al riguardo. E so, che non le avrò mai da lei.” E fece una smorfia. (In fondo, si sapeva che tra lei e l’agente Bo- Katan non correva buon sangue.)

“Ma questo non ti riguarda più.” cambiò subito discorso: “Ora hai già qualcosa che ti occuperà. Perciò, buona fortuna per la tua nuova avventura.”

Il capo della polizia sorrise salutando lui e Grogu, augurando il meglio per entrambi.

Dopo i saluti, Mando uscì dal suo ufficio, scordandosi subito i suoi colleghi più vicini. Il detective Greef Karga e la poliziotta Cara Dune. Che lo stavano aspettando.

“Allora?” disse Cara.

“Allora, cosa?” ripeté Din confuso. Sapevano già che aveva ottenuto la custodia del piccolo.

“Che cosa ti ha detto il capo!” disse Greef, impaziente.

“Niente di che, da oggi sono in congedo di paternità per 12 settimane, contribuite.”

“Quindi, da oggi resterai a casa tutto il giorno con lui?” disse il detective, guardando il bambino.

“Beh, di certo, il piccolo non si prenderà cura da solo, Sherlock.” disse Cara ironicamente, guardandolo con aria beffarda. Facendolo sbuffare.

“Nel senso, come ti senti” specificò Greef. “Insomma, un giorno combatti contro i cattivi, risolvendo le situazioni peggiori, e il giorno dopo ti ritrovi a fare il papà a tempo pieno. Insomma… è un bel cambiamento!”

Mando pensò alle sue parole. Era una decisone su cui aveva riflettuto molto, consapevole di tutti i cambiamenti e le incognite che sarebbero nate. Ma lui voleva solo salvare in piccolo.

“So che dovrò affrontare molto cambiamenti. Che dovrò cambiare molte delle mie abitudini e scelte. Che dovrò arrangiarmi con il piccolo.  Ma lo farò. È una scelta che ho preso e che ho intenzione di portare avanti.”

Guardò il bambino stretto sulla fascia, che lo fissava con i suoi grandi occhi scuri. Facendolo sorridere.

Greef e Cara si sporsero verso di lui, per ammirare meglio il piccolo, rimanendo inteneriti.

“È vero, non sono una grande fan dei bambini…. Ma questo, mi sembra davvero adorabile.” ammise la poliziotta.

“E poi, guarda che occhioni!” aggiunse Greef sorridendo: “E poi guarda che belle orecchie da alieno!” continuò ironicamente, sfiorando la cuffia: “Ma da dove vengono queste belle orecchie da elfo? Eh?”

“Dai volontari dell’ospedale di Nevarro” rispose Din.

“Comunque, hai già tutto quello che ti serve?” domandò Cara, guardandolo: “Cioè… pannolini, vestitini, seggioloni, culle e roba del genere?”

“Sì, ho già fatto rifornimenti.” rispose: “Ho messo una culla e un fasciatoio in camera, un box e una palestrina in soggiorno con qualche giocatolo. Ho fatto scorta di latte in polvere e omogenizzati di ogni genere e sono riuscito a mettere il seggiolino in macchina.”

“Sei riuscito a mettere un seggiolino in quella macchina? I miei complimenti!” disse Greef ironicamente, con le mani sui fianchi: “Almeno sei già pronto di avere una casa piena di contusioni e lego. Che calpesterai con dolore” e rise.

Mando alzò gli occhi al cielo, sopprimendo l'istinto di replicare.

“Almeno, sei già preparato ad affrontare la situazione. Come sempre!” assicurò Cara: “Ma sai, se hai bisogno di noi, non esitare a chiamarci. Per qualsiasi problema. Intesi?”

“Vi ringrazio, ragazzi. Davvero.” disse con sincerità e ammirando la loro disponibilità: “Ma ho tutto sotto controllo. Ho già passato tre mesi con lui ogni giorno in ospedale. La Dottoressa Tano mi ha spiegato molte cose, su come gestire un neonato. Quindi, suppongo che posso definirmi preparto.”

Cara e Greef si scambiarono una occhiata non molto convinta.

“In fondo, ho partecipato a missioni in medio-oriente e preparato ogni genere di operazioni da quando lavoro qui. Mi sento in grado di gestire e crescere un neonato” assicurò di nuovo.

“Come vuoi, Mando” rispose Greef.

“Se hai bisogno di noi, chiama” ripeté Cara con sicurezza, sorridendo.

Mando fece un cenno con la testa in segno di conferma, per poi guardare Grogu. Che se ne stava tranquillo, con il cuccio in bocca. Pian piano, stava iniziando ad addormentarsi.

Sotto lo sguardo intenerito del trio. Soprattutto di quello del neo papà.
   
 
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