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Autore: AleeraRedwoods    24/05/2022    2 recensioni
Terza one shot legata alla long La Stella dei Valar!
Dal testo:
"Quando l’Istar tornò a concentrarsi sul cibo, Glorfindel decise di prendersi una piccola rivincita.
-Che stai facendo?-
-Preparo la cena, no?-
Il Vanyar storse le belle labbra: -Sarebbe estremamente scortese.-
L’altro sbatté le palpebre, confuso: -Cosa sarebbe scortese?-
-Abbiamo già superato i confini del Lindon e qui nelle terre a ovest dell’Eriador non esiste la cena, non te l’hanno detto?-"
O meglio, di come uno Stregone Blu e un Vanyar scoprono di andare d'accordo.
Genere: Angst, Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Alatar, Altri, Gil-galad, Glorfindel, Sauron
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Bentrovati amici!

Quanto tempo :’)
Finalmente ho sistemato anche la terza one shot de
La Stella dei Valar ed eccola qui per voi <3
Per chi si fosse perso le prime due, sono
qui e qua XD

Questo episodio può essere tranquillamente letto anche senza conoscere la trama della long!
In ogni caso, come sempre, riporto qui sotto alcune informazioni utili per orientarsi senza problemi ;)

Rating: giallo

Ambientazione: Gli avvenimenti raccontati si svolgono intorno all’anno 1600 S.E. Questa data segna il principio di un secolo estremamente importante, durante il quale verranno forgiati anelli e fondate fortezze -come Barad-dûr- e rifugi -come Gran Burrone-; è dunque il tempo del fabbro Celebrimbor e di Sauron l’Ingannatore, e di Gil-galad, Re Supremo dei Noldor; è, in breve, l’antefatto della sanguinosa Guerra degli Anelli del Potere, tra Sauron e gli Elfi.
Glorfindel, Principe di Gondolin, sacrificatosi nella Prima Era per proteggere la propria città dalle forze di Morgoth, adesso torna con il proprio corpo e sulle proprie gambe nella Terra di Mezzo, inviato dai Valar come loro emissario in aiuto del Re Supremo nella prossima guerra.  
Sulla stessa nave, anche due Stregoni attendono di giungere sulle sponde occidentali, inviati a loro volta dagli stessi Valar per motivi non troppo differenti.
[1]

Personaggi:
-Glorfindel, antico e potente Vanyar, emissario dei Valar. Nella sua prima vita, fu Principe di Gondolin, Signore della Casa del Fiore D’Oro, e valoroso guerriero di Re Turgon.
-Alatar e Pallando, gli Stregoni Blu, inviati sulla Terra di Mezzo rispettivamente dai Valar Oromë e Mandos.
-Gil-galad, Re Supremo dei Noldor.
-Thorondor, Signore delle Aquile.
-Altri.

Nota per chi ha letto la long: ricordate quando, davanti alla più buia cella di Minas Tirith, Glorfindel chiede spiegazioni ad Alatar a proposito del suo apparente tradimento nei confronti della stella? Lo stregone esordisce con “Se credi di conoscermi perché un tempo viaggiammo insieme, ti sbagli.” Dunque… ecco cosa accadde <3 Ma qui c’è molto di più…


Adesso concludo questo popò di spiegazione, che manca poco ed è più lungo del capitolo stesso -come sempre, amici- XD Ah! Viene quasi tutto dalla mia testolina! Il resto è di J.R.R Tolkien <3

Grazie per avermi seguita ancora una volta,
vi auguro una buona lettura e vi abbraccio

A presto,
Aleera

 
-Di quella volta che uno stregone saltò la cena-
 

Il vento batteva senza tregua sulle vele candide della piccola nave, ancora caparbiamente fedele alla propria rotta; non un cigolio l’aveva scossa da quando era scivolata tra i flutti della Strada Dritta[2] che, a ritroso, l’avrebbe condotta nella Terra di Mezzo.
Glorfindel stava per vomitare. Non ch’egli avesse il mal di mare o chissà cos’altro: era semplicemente furioso. Tanto furioso da sentire il sangue sfrigolare e lo stomaco contorcersi.
-Maledizione. Maledizione.- Ripeteva, di tanto in tanto. Ostinato come solo un Vanyar poteva essere, non si era girato a osservare Valinor sparire dietro di sé nemmeno una volta. Che bruciasse, che sprofondasse!
Quanto doveva essere bistrattato, ancora, nella sua vita? Anzi, nelle sue vite?
Rivedeva in continuazione la stessa, maledetta scena: Mandos lo aveva raggiunto nelle Aule, esordendo con la sua lugubre voce “Glorfindel, il tuo tempo qui è terminato, accetta il nostro dono e torna in vita! Manwë ha del lavoro da affidarti”. E s’aspettava persino un grazie, quel dannato. Ma anche no, maledizione.
Nessuno aveva chiesto ai Valar questo cosiddetto dono.
Nessuno.
Soprattutto, non lo aveva chiesto lui.
Ed ecco che era di colpo tornato a calcare le vie di Valmar dalle molte campane,[3] quasi non fosse mai partito per la Terra di Mezzo.
Però, dannazione, lui era partito. C’era stato. E ricordava ogni cosa.
Le Aule di Mandos, per lo meno, l’avevano protetto dalla consapevolezza, durante la sua permanenza; adesso, era di nuovo un corpo sbattuto senza difese nella corrente del tempo.
Rivedeva la sua amata Gondolin, i vessilli dorati della sua casata a ornare le mura orientali. Quasi riusciva a sentire il vociare allegro dei suoi compagni, il suono limpido delle trombe d’argento della città ad annunciare un nuovo giorno.
Poi le terribili immagini della Nirnaeth Arnoediad[4] e della caduta della sua città esplodevano senza freni nella sua mente e il dolore, la disperazione, tornavano a inghiottire qualsiasi cosa. Secondo dopo secondo.
Ed ora, era costretto a ritornare in quei luoghi da lui stesso maledetti.
Posò le mani sul parapetto della nave, fissando i flutti quasi potesse incenerire l’oceano per intero.
Lui non voleva tornare. Aveva così tanta paura da non riuscire a comprenderla.
Figurarsi affrontarla.
Come sarebbe stato posare i piedi su quella terra che adesso accoglieva i corpi senza vita di tutti quelli che conosceva? Che aveva inghiottito persino il suo stesso corpo, per gli dei!
Tutto ciò che aveva imparato ad amare… era andato irrimediabilmente perduto, inutile girarci intorno.
Non avrebbe mai più rivisto l’inquietante muso lungo di Turgon[5], tanto per cominciare.
Con un sospiro, l’elfo dorato sbatté senza grazia la fronte sul legno liscio della balaustra.
Se fosse servito a qualcosa, si sarebbe gettato in mare senza pensarci due volte, scappando a nuoto in qualche remoto ed introvabile luogo. Se fosse servito a qualcosa.
Dovette ripetere il lungo sospiro diverse volte, cercando di calmarsi. Il nuovo potere, quell’assurda energia che i Valar gli avevano infilato dentro senza troppi complimenti, era ingestibile. Davvero, era come se la sua natura di Vanyar fosse amplificata, e avesse violentemente riempito ogni anfratto del suo povero corpo. Aveva rischiato di sventrare più innocenti del solito, da quando si era risvegliato.
Come se non avesse avuto già abbastanza problemi, no?
Grazie Valar. Grazie di cuore.

-Credi sappiano già della nostra esistenza? Gli abitanti dell’Est sono così schivi e imprevedibili…-
Un vociare concitato attirò l’attenzione del Vanyar, che riaprì gli occhi per squadrare il legno del parapetto.
Che fastidio.
-E se ci prendessero per degli impostori? Con l’influenza di Morgoth ancora così radicata, dovremo fare attenzione a ciò che facciamo. Nessuno si fida più della magia.-
-Fratello, ti stai fasciando la testa prima di romperla. Piantala.-
Glorfindel non conosceva personalmente gli altri passeggeri ma ne aveva sentito parlare. Più precisamente, Gandalf gliene aveva parlato. Erano anche loro due Istari, di chissà quale stramaledetto colore. Era certo solo del fatto che i Valar li avessero scaricati a lui perché li portasse con sé nella Terra di Mezzo, dove non erano mai stati. Peccato che il ruolo di balia non gli si addicesse particolarmente.
-Retrocesso a badante. Io non ci posso credere.- Si lamentò, infatti, tornando dritto per stiracchiarsi. Lisciò distrattamente la camicia candida, gonfiata dall’aria salmastra, e si guardò attorno.
I due Stregoni se ne stavano semi nascosti dietro i loro mantelli scuri, seduti sulle scalette del cassero di poppa come due bambini. E parevano più preoccupati di lui.
Con l’ennesimo sospiro, il Vanyar si diresse verso di loro, forzando il più sardonico dei sorrisi: -Bene bene, due dei cinque famosi Maiar travestiti da uomini di mezz’età. A proposito, scelta interessante, oserei dire.-
I due si girarono verso di lui simultaneamente, due fragili girasoli inevitabilmente attratti dalla sua luce dorata. 
Il più giovane dei due, un uomo di bell’aspetto ma fastidiosamente scomposto, si grattò la testa, accartocciando le sopracciglia con fare divertito: -In effetti, potrebbe non essere stata la nostra mossa migliore. Tuttavia, questi sono tempi strani, dove nessuno si fida di nessuno. Per lo meno, un vecchio non attira l‘attenzione, e di certo non fa paura. Chi non si fiderebbe di un simpatico anziano?-
Glorfindel allargò il proprio ghigno: -Io.-
I due stregoni lo fissarono in silenzio, improvvisamente scuri in volto, e l‘atmosfera si fece più tesa del necessario. Forse, convenne Glorfindel con suo enorme disappunto, non era suo diritto scaricare la propria frustrazione su quei due malcapitati… per quanto li detestasse al pari di tutti gli altri esseri viventi, beninteso. -Ad ogni modo, dovremo convivere per un po’ su questa nave, tanto vale provare ad andare d’accordo.- Si sforzò di usare un tono conciliante, i denti stretti e il sorriso meno malevolo di prima. 
Lo stregone più anziano stropicciò le mani tra loro, distogliendo lo sguardo: -Dunque, inizia tu. Sappiamo già chi sei, ovviamente, ma dopo ciò che hai detto credo dovresti impegnarti tu per primo a dimostrarci di essere un po’ più… collaborativo. Andrebbe bene anche solo gentile.-
Il compagno soffocò una risatina con un lieve colpo di tosse, gli angoli delle labbra tirati verso l’alto.
Punto sul vivo, Glorfindel alzò gli occhi al cielo ma annuì, rilassando gradualmente le spalle: -Touché.-
Si esibì in un inchino perfetto, fissando gli ammalianti occhi dorati sui due Maiar: -Il mio nome e Glorfindel di Gond… no, Glorfindel e basta, emissario dei Valar e… ultimo Vanyar della… e… Sono Glorfindel.- Si ritrovò sempre meno voce in gola nel constatare che, in effetti, c’era ben poco da dire, oramai. E ben poco di cui vantarsi. 
I due Istari parvero notare l‘esitazione dell’elfo ma evitarono qualsiasi tipo di commento. Glorfindel non avrebbe saputo dire se per cortesia o per pietà.
Parlo il più giovane, il tono cordiale a riempire la pesante aria salmastra che aleggiava tra di loro: -Noi siamo Alatar e Pallando, gli Stregoni Blu, secondo io e terzo lui nell’ordine degli Istari.-
Non vi erano né arroganza né superbia in quelle parole e Glorfindel accolse la semplice presentazione con un cenno educato.  
-I Valar ci hanno istruiti a proposito di una futura minaccia, che si aggira per la Terra di Mezzo sotto mentite spoglie. Tuttavia, non sono stati particolarmente esaustivi a riguardo.- Sorrise Pallando, e un buffo nugolo di rughette andò ad affossargli gli occhi limpidi.
-Ma non mi dire.- Biascicò l’elfo dorato. Non che lui avesse ricevuto informazioni più precise, anzi: era abituato al fare criptico e alle spiegazioni succinte di quelle odiose divinità.
Alatar il Blu si sporse verso di lui, guardandosi intorno con un fare cospiratorio del tutto fuori luogo, soprattutto perché loro erano gli unici tre idioti rimasti sul ponte e nessun’altro avrebbe potuto sentirli: -Come faremo a capire chi è il nemico? Hai qualche idea, divino Glorfindel?-
Questi cercò di calmare la prepotente botta di egocentrismo che lo colpì al dolce suono di quel “divino” e fissò lo sguardo all’orizzonte, verso la loro meta: -Saprò cosa sto cercando quando lo vedrò.-
Lo stregone sollevò un sopracciglio con aria dubbiosa ma il fratello più anziano intervenne prima che l’altro potesse ribattere: -Noi ci dirigeremo ad Est, nelle terre degli Esterlings. Dicono che i semi del Male sboccino in quei luoghi come gramigne avvelenate.-
L’elfo sentì le dita formicolare a causa del proprio potere, agitato dal tenore nefasto di quella conversazione. Non era sicuro di essere pronto ad affrontare una nuova battaglia, un’altra guerra, ma non poteva più tornare indietro: oramai, c’era dentro fino al collo. 
-Spero che la vostra luce sia abbastanza forte da resistere all’Oscurità, allora.-
La mia potrebbe non esserlo.


Giorni dopo, all’orizzonte si profilò la sagoma incerta della Terra di Mezzo. La nave valinoriana solcava le acque con la maestosa sicurezza di un continente, diretta a nord-est.
-Quella dev’essere l’antica regione dell’Ossiridian.- Fischiò ammirato Alatar, puntando il bastone nodoso verso terra. -Oggi mi è stato detto chiamarsi Lindon.-
Accanto a lui, Glorfindel non riuscì a trattenere un gemito di sconforto: -Esatto, stregone. Stiamo per varcare le soglie del cosiddetto Golfo di Lhûn.-
Nonostante i modi scostanti dell’elfo, i due avevano inaspettatamente instaurato una convivenza quasi pacifica, sulla nave. Alatar si era dimostrato curioso e fiducioso nei confronti del Vanyar e questi aveva cominciato a punzecchiarlo con più moderazione.
-Vedo un porto! Fratello vieni a vedere, ci siamo quasi!- I saltelli del più giovane attirarono l’attenzione di Pallando, che li raggiunse con compostezza: -Vedo, vedo. Finalmente toccheremo terra… temo che la mia povera testa comincerà a traballare al ritmo delle onde, di questo passo.- Sospirò, con un sorriso gentile.
Glorfindel non dovette sforzarsi, nel ricambiarlo.
Tutto sommato, entrambi gli Istari erano una piacevole compagnia. Anche Gandalf lo era stata, a Valinor. Forse era la loro energia, pura e benevola come acqua di fonte, a renderli tanto accoglienti, finendo per calmare anche la sua, dorata e dolorosamente pulsante.
L’elegante magnificenza dei Porti Grigi li accolse al calar del sole, e la fredda brezza marina che li aveva scortati durante l’attraversata fu sostituita dai venti caldi e profumati di terra del Lindon.
La nave attraccò e, prontamente, un gruppo di elfi Noldor si apprestò a disporre la passerella. Tuttavia, le loro delicate espressioni si fecero sconvolte e incredule quando Glorfindel sbarcò davanti a loro, a passo spedito.
Il Vanyar quasi non ci fece caso, inspirando a pieni polmoni l’aria familiare di quella maledetta terra.
Sentì le gambe tremare, le ossa accusare il suo peso come mai prima: era tornato.
-Glorfindel di Gondolin.-
Una voce conosciuta gli scivolò nelle orecchie, azzerando ogni altro rumore e rizzandogli i peli sulla nuca.
-Gil-galad.- Si limitò a soffiare il Vanyar, voltandosi verso i parapetti di pietra alla sua destra, tinti dai colori caldi del tramonto. Qui, attorniato da guardie bardate e da un seguito di elfi sontuosamente vestiti, un elfo imponente e regale lo fissava, senza battere ciglio.
Di certo una reazione insolita, per uno che si è appena trovato un morto vivente dinanzi, pensò Glorfindel.
Lunghi capelli dorati incorniciavano il viso squadrato dell’elfo, scivolando in fili di luce sul mantello d’argento. Se le ricche vesti e i preziosi gioielli non fossero stati sufficienti a dimostrare il suo ruolo, il solo incrociare il suo sguardo blu come il mare avrebbe confutato ogni ulteriore dubbio: Gil-galad, il Re Supremo dei Noldor. Il successore di Turgon.
Alatar e Pallando affiancarono il Vanyar, guardandosi attorno con occhi colmi di meraviglia, e il Re prestò molta attenzione anche a loro: -Chi siete voi, nobili visitatori? Riesco a intuire la vostra natura divina, giacché le vostre energie sono tanto potenti da spaventare i miei sudditi, ma ignoro la vostra identità.- I due interessati sobbalzarono nell’udire la sua voce profonda e si guardarono a vicenda, come a darsi coraggio. Fu Alatar ad avanzare: -Noi siamo Istari, Maiar appartenenti ad un nuovo ordine creato dai potenti Valar. Siamo qui per aiutare gli abitanti della Terra di Mezzo.- Pallando annuì, come a confermare quelle frettolose parole.
Gil-galad, allora, spostò lo sguardo dal giovane stregone a Glorfindel, che sollevò sfacciatamente un sopracciglio dorato: -Che c’è? La risposta non ti è piaciuta?-
Quello non si scompose, piegando appena la testa con fare interrogativo: -Essi dicono che il loro compito è aiutare gli abitanti della Terra di Mezzo.-
-Bravo, ci senti bene.-
Una serie di mormorii s’innalzò dalla frotta di elfi ed elfi femmina che seguiva il Re. Dal canto suo, Gil-galad chiuse appena gli occhi, come a mantenere una calma che, in realtà, sembrava già lontanissimo dal perdere: -Perché giungono da noi con te, che sei redivivo per giunta, se la Terra di Mezzo non necessita di alcun aiuto?-
Glorfindel incrociò le braccia al petto: -Prova ad arrivarci da solo, mio Re.-
Aveva supposto che, caduto Turgon, il prossimo a regnare sui Noldor sarebbe stato il giovane pro-nipote, Gil-galad ma ciò non cambiava il fatto che non gli stesse particolarmente simpatico. Era piuttosto noioso, a dire il vero. Non come suo zio, ma poco ci mancava.
Poi il Vanyar era morto, dunque chi se ne frega di chi sale al potere.
Tuttavia, ritrovarsi davanti quegli occhi -gli stessi, profondi occhi di Turgon- era stato più doloroso di quanto Glorfindel avesse previsto. Rendevano tutto così dannatamente reale…
-I Valar hanno predetto una nuova minaccia. È questo che stai dicendo?- Continuò il Re, paziente, congiungendo con eleganza le belle mani inanellate.
Pallando s’intromise con tono incerto: -Re degli Elfi, è proprio questo che stiamo dicendo. Ti prego, permettici di entrare nel tuo regno, ti spiegheremo tutto a dovere.-
Questi parve rifletterci su per qualche tempo, mentre i suoi occhi percorrevano i tre ospiti, avanti e indietro. In quel momento, un giovane elfo dai lunghi capelli scuri si accostò al sovrano, sporgendosi al suo fianco: -Mio signore, se i Valar hanno mandato ben tre venerabili individui in nostro aiuto, nulla può persuadermi dal credere che qualcosa d’importante stia per accadere. Ricorderai meglio di me che Glorfindel di Gondolin è già caduto una volta per noi, non ho il cuore di dubitare di lui. Permetti loro di riposare qui, in modo da interrogarli più approfonditamente.- I suoi acuti occhi grigi si posarono per un secondo sul Vanyar, poi passarono oltre, educati. Glorfindel lo squadrò a sua volta, con molta più insistenza e molto meno discretamente. Non lo conosceva ma aveva dei tratti familiari. Solo, non ricordava a chi imputarli.
Ad ogni modo, le sue sagge parole parvero convincere il Re: -Bene, vi accoglierò nella mia città e nel mio regno fin quando sarà necessario. Vi prego di riposare. Domattina, al sorgere del sole, ci rivedremo.-
Detto questo, si voltò in uno svolazzo del suo mantello argenteo e lo stuolo di cortigiani che aveva fino ad ora affollato i parapetti gli tenne dietro.
Ora, non che Glorfindel si aspettasse cori e ovazioni in suo onore -in realtà sì, li aspettava- ma tanta freddezza era davvero di cattivo gusto. Da una parte c’era abituato: non aveva nobili natali, era un Vanyar come un altro, e tanti onori se l’era guadagnati col sangue e col sudore. Però, almeno dopo la sua valorosa morte, un po’ di riguardo se lo meritava, no?
Quattro guardie si attardarono, insieme al giovane elfo dai capelli scuri e gli occhi saggi: -Prego, seguitemi. Vi condurrò ai vostri alloggi.- S’inchinò egli, con deferenza.
Scortò i tre attraverso il porto e poi su, per le vie perlacee e i canali della città.
Il suono delle onde si fece un brusio rilassante, dietro di loro, e lo stridio dei gabbiani che planavano tra le torri si placò per lasciar spazio ai suoni della notte. Elfi e uomini di Numenor affollavano le piazze quadrate nonostante l’ora tarda, poiché gli angoli ricchi di bancarelle e botteghe erano illuminati da alte lanterne d’argento, in un gioco di luci e riflessi da togliere il fiato.
Ma ciò che strabiliava dei Rifugi Oscuri era il cuore della città, tagliato perfettamente a metà dall’ampio letto del fiume Lhûn. Il Palazzo reale sorgeva proprio qui, in un’isola di roccia bianca collegata a terra da ponti e ponticelli. Quasi faceva paura camminare su quei sottili archi di pietra: al solo guardare in basso, pareva di precipitare tra le correnti del fiume che, impetuosamente, rovesciava le proprie acque furiose nel mare.
La guida dell’elfo corvino era però sicura, composta e placida. Pareva quasi voler lasciare ai tre il tempo di osservare il panorama, pur non attardandosi per non attirare l’attenzione.
Entrarono nel Palazzo e ne percorsero i magnifici saloni, che a Glorfindel ricordarono terribilmente quelli di Gondolin. Era chiaro che quello, per ora, fosse un momento prospero per il Lindon, e la corte non badava a spese.
Per tutto il tragitto, Glorfindel fissò la loro guida al punto che all’elfo parve di sentire i suoi occhi dorati bucargli la schiena. Egli sospettava che il redivivo avesse qualcosa da chiedergli ma non lo diede a vedere.
Prima mostrò ai due Maiar i loro alloggi, con tutta calma: -L’acqua scorre senza fine in queste stanze, rinfrescatevi e dormite sereni.-
Alatar, evidentemente a disagio, si accostò al Vanyar: -Fermati qui con noi anche tu, divino Glorfindel.-
Pallando gli diede man forte: -Separarci adesso mi addolorerebbe troppo.-
L’elfo dorato si schiaffò una mano sul viso, esasperato: -Siete imbarazzanti. Non sarò lontano, ve lo assicuro, quindi calmatevi. Vedete di riposare o domani vi rispedisco a Valinor a suon di calci nel didietro.- E li mollò sulla porta, senza guardarsi indietro.
Quei due dovevano prendere confidenza con le novità e l’incertezza, erano già troppo dipendenti l’uno dall’altro perché fosse saggio abituarli anche alla sua presenza in quel modo.
L’elfo corvino riprese a guidarlo, lanciandogli un’occhiata di sottecchi: -Ti sono affezionati?-
-Abbiamo solo viaggiato insieme per qualche tempo, su una nave dallo spazio esiguo e dallo scarso intrattenimento. Direi che a malapena ci conosciamo.- Precisò l’altro, sfoderando un ghigno sornione nel percepire gli occhi grigi del giovane su di sé. Questi distolse subito lo sguardo, colto in flagrante, e continuò a camminare, questa volta affrettandosi leggermente.
Purtroppo, non conosceva Glorfindel se non per fama, e ignorava quanto pericoloso egli potesse essere in circostanze tanto imbarazzanti.
Infatti, questi si chinò repentinamente, sino a trovarsi ad un soffio dal viso dell’altro, che si immobilizzò nel corridoio come una statua di marmo. Egli fissò il Vanyar tamburellarsi le dita sul mento con fare pensieroso, mentre due magnetici occhi dorati misuravano ogni curva e linea del proprio volto: -Sì, è certo che mi ricordi qualcuno. Ma chi…- Il giovane sollevò un sopracciglio definito, voltandosi di lato per sfuggire a quel contatto decisamente troppo spudorato: -I tuoi appartamenti sono questi.- Indicò brevemente una porta, con la mano.
Glorfindel si avvicinò con fare disinvolto, posando un braccio alla parete per impedire al giovane di sgusciare nel corridoio come sospettava volesse fare. -Posso sapere il nome di chi sto per ringraziare?-
Il corvino si lisciò la veste, la fronte arricciata a tradire il suo disagio: -Evita il teatrino, divino Glorfindel. Non sono interessato.-
-A cosa non sei interessato?- Lo provocò l’altro, senza però osare avvicinarsi oltre. Piuttosto che dargli corda, pensò, quel composto ed educato giovane si sarebbe tagliato la lingua.
-All’alba sarete scortati dal Re. Buon riposo.- Sciorinò infatti questo, monocorde, per poi girare sui tacchi, passare sotto al braccio dell’elfo dorato e sparire nei corridoi ormai bui.
Il Vanyar sorrise tra sé e sé: -Strane le nuove generazioni. Non è nemmeno arrossito.-


Quella notte, la sua prima notte da redivivo nella Terra di Mezzo, per Glorfindel si rivelò uno strazio. La solitudine della stanza gli dava la nausea, la luce della luna tingeva gli arredi pregiati di toni spettrali.
Non ricordava le Aule di Mandos -nessuno poteva ricordare il loro aspetto, una volta abbandonate- ma aveva la netta impressione che quella stanza vi si avvicinasse molto.
Inoltre, il suo potere in subbuglio gli impediva di rilassare i muscoli e calmare la mente. Era evidente che stesse accadendo qualcosa, lì ad Ovest, nelle terre che lui conosceva e che, adesso, portavano nuovi nomi.
Che cosa doveva cercare? Chi si celava sotto mentite spoglie, in quei luoghi ameni?
-Di questo passo, impazzirò prima che sorga il sole.- Commentò, ad alta voce.
A rispondergli solo un drammatico silenzio.
Preso da uno scatto di nervosismo nudo e crudo, il Vanyar si alzò dall’ottomana dov’era crollato un’ora prima e si fiondò fuori dalla porta. Si sentiva bruciare, come se ondate di fuoco avessero attecchito sotto la sua pelle diafana. Con sua somma sorpresa, si ritrovò a ridere istericamente, tirando indietro i capelli umidi di sudore.
A malapena fece caso ai corridoi che stava imboccando, senza una meta precisa. Aveva bisogno di scaricare la tensione, doveva sfogarsi. E, suo malgrado, convenne distrattamente che se non avesse trovato un nemico da smembrare a mani nude -probabile, nel cuore del Palazzo- gli sarebbe toccato cercare qualcuno che avesse voglia di passare qualche ora nel suo letto. Non che la seconda opzione fosse difficile da attuare, beninteso; decisamente più sicura della prima, poi.
S’infilò in un patio particolarmente bello, ricco di piante dall’aspetto esotico. Sotto di lui, le rocce erano battute da flutti rabbiosi, incessanti, il cui suono violento non fece altro che accrescere la sua impazienza.
Gli sarebbe bastato superare quel patio per trovarsi fuori dal Palazzo, poi avrebbe cercato qualche locanda nei dintorni. Lo aveva fatto spesso, in passato, non era nuovo a certi maneggi.
La sua ricerca, purtroppo, andò fatidicamente in fumo l’istante successivo, quando i suoi occhi si posarono su una figura tanto incredibile da parere un miraggio, davanti a sé.
Una figura che conosceva.
Era una bellissima dama bianca, che osservava la luna riflettersi nel mare in migliaia di piccoli frammenti, i capelli d’oro mossi dalla brezza a formare arabeschi attorno al suo abito di cristalli.
Glorfindel ignorò per un secondo il proprio sangue, che continuava a sobbollire: quella non ci voleva, doveva muoversi e ricominciare la sua importantissima ricerca.
Si girò di soppiatto, sperando che quella non l’avesse ancora notato.
-Bentornato, Glorfindel.- La voce bassa e sibilante della dama gli riecheggiò nella testa, sovrastando ogni altro suono senza che lei avesse bisogno di muovere le labbra.
Speranze vane le mie, pensò il Vanyar.
Si fermò con un sospiro, voltandosi poi verso di lei: -Quanto tempo, Dama Galadriel.-
Doveva aspettarsi che a corte ci fossero altri illustri esponenti della razza elfica ma aveva sperato che almeno lei, quell’inquietante strega, fosse già migrata lontano, a fondare il proprio regno altrove.
Quasi a leggergli nel pensiero -Glorfindel non poteva giurare che così non fosse- questa gli rivolse uno sguardo eloquente, il viso sempre incantevole, etereo e senza tempo come il Vanyar ricordava.
-Non volevo disturbare la tua contemplazione dell’universo, mia signora. Ora me ne vado.-
-Ho veduto la nave solcare le acque. La tua presenza qui è messaggera di sventure.- Lo apostrofò lei, pacifica, sollevando una mano verso di lui nonostante fosse ancora troppo lontano perché potesse toccarlo.
L’elfo dorato respirò a fondo, imponendosi di darsi una calmata: essere visto in quel modo era già di per sé compromettente, figurarsi adesso che la dama aveva aggiunto il carico da novanta.
-Dunque sei stata tu ad avvertire Gil-galad del mio arrivo.- Intuì, con tono falsamente sorpreso.
Ella lo guardò con più insistenza, rilucente e terribile come la luna stessa e i flutti in cui essa si rifletteva: -Io vedo ciò che è accaduto, ciò che è, e persino ciò che potrebbe compiersi. Il tuo cammino è invaso da gramigne.- Glorfindel s’irrigidì. Gramigne. Anche gli stregoni solevano usare quell’espressione.
-Hai qualche consiglio da darmi, vecchia saggia? O sei qui solo per spaventarmi?- Rise lui, teso.
-Sono molti i demoni che dimorano dentro di te, Glorfindel, ultimo tra i Vanyar. Non attribuire tutto il tuo furore al nuovo potere che i Valar ti hanno donato.-
Questi serrò la mascella. La voce incolore e l’espressione lieta e al contempo malinconica della Dama Bianca non erano mai state così invadenti, in lui.
Che cosa diamine voleva dire? Che forse era troppo arrabbiato? Che non doveva prendersela con i Valar per delle sciocchezze quali giocare con il suo destino o spedirlo in guerra senza il suo consenso?
Se il suo intento era farlo incazzare ancora di più, ci stava riuscendo.
La vide avvicinarsi con eleganza, quasi fluttuasse tra i veli bianchi della veste: -Per questa volta, lascia che io plachi il tuo fuoco.- Sorrise appena, il viso quasi alla stessa altezza del suo.
Glorfindel tirò il proprio ghigno irriverente, abbassando la bella voce a un mormorio violento ed eloquente: -Non volevo chiederlo proprio a te, mi sembrava una mancanza di rispetto. Ma se proprio ci tieni…-
Un lieve cipiglio di rimprovero turbò i lineamenti eterni di Galadriel, e tanto bastò a rendere le ginocchia del Vanyar molli come gelatina.
-Dovrai comprendere la tua natura e controllare i tuoi impulsi da solo, d’ora in avanti.- La mano della Dama Bianca si posò senza incertezze sul suo petto e, improvvisamente, il fuoco dorato dentro di lui si estinse come una misera candela sotto il getto di una cascata. Fu immediato e devastante. Glorfindel tremò sulle proprie gambe, reggendosi alla colonna del porticato per evitare di cadere faccia a terra.
Non ricordava che lei avesse un potere simile, e lo trovò strano.
La dama ritrasse la mano, giusto l’attimo prima che lo sguardo appannato del Vanyar vi si posasse sopra: -Bell’anello.- Commentò lui, con il fiato corto.
L’altra fissò l’anello in questione come se lo vedesse per la prima volta.
Passò un velo d’ombra sui suoi occhi antichi, poi essi tornarono imperscrutabili come la notte.
Lo fissò un’ultima volta, algida e regale: -Hai dei doveri verso questa terra, dunque non potrai sottrarti al tuo destino. Il tuo potere è grande, tuttavia il tuo dolore è persino più grande. Per questo, vivrai nella paura e nell’abbandono, Glorfindel di Gondolin. Ma io ho veduto molto altro, laddove i nodi del tempo si fanno sottili e mutevoli… Arriverà il giorno in cui troverai il tuo posto in questa vita. E per tutte le vite avvenire.- Predisse, senza che egli avesse chiesto alcunché.
Mentre osservava Galadriel ritornare ad ammirare il mare, l’elfo dorato si rese conto per l’ennesima volta di quanto le cose gli capitassero, senza alcuna logica, totalmente al di là della sua stessa volontà.
E odiò maggiormente il proprio destino, per questo.
Proprio mentre si voltava per andarsene con tutto il suo malcontento, il luminoso Celeborn fece la sua comparsa nel patio, probabilmente in cerca della sposa. Fissò costernato il Vanyar che avanzava, l’espressione tra il contento e il preoccupato: -Glorfindel…-
Questi lo superò senza tanti complimenti: -Come stai, Capitano? Sì, sono vivo. Scusa se non mi trattengo, ero solo accaldato e tua moglie mi ha aiutato a calmare i bollenti spiriti, goditi la serata anche tu.- E sparì nei corridoi, lasciando uno sconvolto Celeborn a riflettere su quelle parole ambigue.
Dietro di lui, Dama Galadriel sollevò gli occhi al cielo.

 
**


Il mattino dopo, come promesso, le guardie del Re prelevarono gli ospiti dalle loro stanze.
Alatar e Pallando, per quanto si fossero adoperati per ripulire i loro abiti, erano gli stessi disordinati viandanti blu del giorno prima, e stonavano tra i tessuti e gli arredi pregiati come sassolini tra le perle.
Glorfindel, invece, rifulgeva come una fiamma viva, e chiunque lo scorgesse nelle sale del Palazzo non poteva che rimanerne folgorato.
Il Vanyar si accorse subito che la strada che stavano percorrendo era diversa da quella che il giovane elfo corvino aveva indicato loro, la sera prima: si stavano inoltrando nel cuore del Regno, sotto gli occhi di tutti. Gil-galad voleva che il loro arrivo non passasse inosservato, dunque.
Quando entrarono infine nella Sala del Trono, i due stregoni si accostarono all’elfo dorato, uno per fianco. Glorfindel scoccò loro un’occhiata: non era sicuro se si fossero disposti in quel modo per cercare la sua protezione o se, al contrario, volessero schermarlo dagli sguardi carichi di perplessità dei presenti.
In effetti, la folla non trattenne né commenti né occhiate, mentre la tensione nella sala cresceva di secondo in secondo. I tre viaggiatori, però, comprendevano bene il motivo di tanta apprensione: la gente tende a non fidarsi, dopo aver assistito alla distruzione della propria casa e alla morte dei propri cari.
Disposti a semicerchio davanti a loro stavano seduti molti elfi, alcuni persino dalle facce conosciute, per il Vanyar.
L’immenso salone vantava finestre dalle vetrate variopinte, che rendevano il marmo bianco una tavolozza di chiazze colorate.
Sotto il rosone principale, il trono s’innalzava maestoso e raffinato, come il Re che vi sedeva.
Gil-galad sollevò una mano e tutti i presenti ammutolirono all’istante: -Benvenuti, viaggiatori di Aman. Siamo qui riuniti tutti per porvi le dovute domande, poiché il vostro arrivo ha malauguratamente turbato la quiete di questi luoghi. Ora spiegherete i motivi e le circostanze che vi hanno spinti a partire, in modo che siano chiari anche a noi.- Parlò con voce perennemente calma e pacifica, il viso serio e concentrato.
Come quella strega di Galadriel, questo giovane Re ha il potere di mandarmi in bestia, si lagnò mentalmente Glorfindel. Decise di non rispondere troppo sgarbatamente e per questo spostò lo sguardo un poco più a destra, dove stava ritto in piedi il giovane elfo corvino.
Incrociò il suo sguardo e non nascose un sorriso: -Ora me lo dici come ti chiami?- Proruppe, malizioso.
Nella sala si levò un brusio confuso e l’elfo in questione strinse le labbra sottili con disappunto. Lanciò uno sguardo veloce al Re, per poi piantare gli occhi grigi in quelli dorati dell’altro: -Il Re parlava con te.-
-Sì, ho sentito ma se ho altre cose per la testa mi è difficile concentrarmi, sai? È colpa tua.-
-La tua irriverenza non è qualcosa per cui io debba essere biasimato.-
La piccata risposta del giovane allargò il sorriso del Vanyar, ora incredibilmente più interessato: -Ho già visto quegli occhi, ne sono certo, ma i tuoi modi sono decisamente inediti.-
Alatar si picchiettò il bastone contro la gamba, schiarendosi la voce per attirare l’attenzione del compagno redivivo: -Ti pare il momento di scherzare?-
-Io non sto scherzando, sono serissimo. Assomiglia a qualcuno che conoscevo, non avrò pace fino a che non saprò chi.- Si giustificò il Vanyar, per niente dispiaciuto.
-Cugino, sei forse legato alle motivazioni che impediscono a Glorfindel di esprimersi?- Chiese Gil-galad, rivolgendosi al corvino per cercare di capirci qualcosa.
L’elfo dorato sorrise vittorioso, mentre l’interessato sollevò gli occhi al cielo, esasperato.
-Sei un discendente di Turgon anche tu, lo sapevo. I tuoi occhi sono quelli della dolce Idril.- S’inchinò appena Glorfindel, sorprendendo il giovane e il Re al suo fianco. -Se è un nipote della mia amata amica a chiedermelo, allora porterò pazienza e risponderò alle vostre fastidiose domande.-
Pallando e Alatar sospirarono all’unisono, probabilmente provati dal fare irrazionale del compagno.
-Mio Re, i Valar sono stati poco chiari sul motivo del nostro intervento. Tuttavia, qualcosa sta accadendo, proprio qui, sotto il vostro naso. Qualcosa che porterà ad un’altra guerra, se non agiamo subito.-
Un frastuono di voci si levò dalla sala come il rombo delle onde del golfo.
-Ottimo, hai appena scatenato il panico.- Commentò Alatar, laconico.
-Oh suvvia, che altro doveva dire? Non si può certo girarci intorno.- Lo zittì Pallando, sporgendosi davanti al Vanyar per guardare il fratello. L’altro si sporse a sua volta: -Magari evitare di piazzare la parola guerra nella prima frase sarebbe stato meglio.-
-Devono guardare in faccia la realtà! …E comunque era nella terza frase.-
Glorfindel li osservava dall’alto, spostando lo sguardo dal primo al secondo per seguire il discorso.
In mezzo al caos, il giovane elfo corvino discendente di Turgon sospirò, l’indice e il pollice a massaggiare le tempie doloranti. Sapeva di avere su di sé lo sguardo paziente di Gil-galad: -Lo so, ora li faccio smettere.-
-Prenditi il tuo tempo. Se li zittisco io, rischio di fare del male a qualcuno.-
L’altro annuì, ricomponendosi. Ai più era sconosciuto il vero carattere del Re dei Noldor, ma non a lui: Gil-galad era un elfo riflessivo e benevolo, fedele e leale; certo, fino a quando non perdeva la pazienza.
-Interrompere un eroe della Prima Era è vergognoso.- Alzò la voce, il più giovane. I presenti ridussero i loro schiamazzi spaventati ad un brusio agitato, alle sue parole.
-Ma togliere la parola a costui, questo è un oltraggio.-
Il brusio si fece finalmente silenzio.
-Glorfindel è caduto per proteggere molti di voi, dico il vero? Dovremmo essere grati del fatto che egli è tornato di sua iniziativa per aiutarci.- Molte teste si abbassarono, altre annuirono.
Da parte sua, il Vanyar in questione si cucì le labbra, evitando di precisare che di sua iniziativa non aveva fatto proprio un bel niente: non voleva vanificare il bel discorso del corvino.
-Se posso permettermi, mio signore- Pallando riprese il filo iniziale, approfittando della calma generale -io e mio fratello abbiamo il medesimo compito di Glorfindel. Non qui, in realtà, bensì ad Est.-
Gil-galad si fece attento: -Ad Est non è rimasto molto. I servitori di Morgoth si sono dispersi e noi alleati non superiamo le pendici degli Ered Lithui.- Spiegò, pratico.
-Tuttavia molte comunità elfiche e umane si sono rifugiate laggiù e spetta a noi illuminare il loro cammino.-
-Capisco. Parlateci ora del pericolo imminente.-
Glorfindel incrociò le braccia al petto: -Qualcosa o qualcuno si nasconde tra voi sotto mentite spoglie. È tutto ciò che sappiamo.- Confessò. I due Istari annuirono, mesti.
Alla loro destra, un elfo dall’aspetto regale si alzò dal proprio seggio e prese la parola: -Questo non significa niente. Che cosa pretendi di fare se il pericolo e già tra noi e nessuno fino ad ora ha saputo vederlo?- La sua voce rimbombò nell’immensa sala con la gravità della roccia che si spezza.
Il Vanyar riconobbe il valoroso Signore dei Sindar, Oropher, al fianco del quale aveva affrontato molte battaglie, e si rivolse a lui con tono altrettanto grave: -So che non è molto, ma non siamo noi a scegliere cosa i Valar debbano dirci. Questi sono i fatti.-
-Potevano evitare di scomodarsi a mandarvi qui, allora.- Commentò un’altra voce, altezzosa e supponente. Glorfindel strinse gli occhi a due fessure, fissandoli sul giovane elfo dai capelli argentei seduto alla destra di Oropher, artefice di quell’uscita infelice: non lo conosceva ma assomigliava abbastanza al Sindar da poter indovinare che fosse suo figlio. Se non fosse stato tanto bello, quell’espressione arrogante sul suo viso d’alabastro sarebbe risultata insopportabile alla vista.
-Grazie per il tuo contributo! Al contrario di noi tre, è stato davvero utile.- Ironizzò il Vanyar, accusando l’occhiataccia dell’altro senza sforzo.
Oropher si risedette e posò una mano sulla spalla del giovane figlio, frenandolo dal ribattere: -Basta, Thranduil.-
-Sì, non abbiamo tempo per questo. Dobbiamo riflettere sulle informazioni che possediamo.- Lo assecondò Gil-galad. Glorfindel lasciò correre, distogliendo l’attenzione dal moccioso Sindar per riportarla sul nipote di Idril: -Deve essere accaduto qualcosa di sospetto. Non esiste servo del male in grado di nascondere la sua malvagità davanti ai più potenti elfi della Terra di Mezzo e, da quanto vedo, siamo tutti qui.-
Il corvino annuì, pensieroso. I presenti presero allora a parlottare tra loro, confrontandosi con i vicini.
Alatar si appoggiò al bastone, lisciandosi la barba incolta: -Così non andremo da nessuna parte. Questi sembrano più interessati ai loro vestiti e ai loro gioielli che a guardarsi in faccia l’un l’altro, non si saranno accorti di niente.- Glorfindel ebbe un’intuizione, a quelle parole masticate. -Sì, gioielli.- Sussurrò, lasciando vagare lo sguardo davanti a sé. Individuò quasi subito la figura eterea di Galadriel, nascosta poco dietro al trono. -Pensano ai gioielli...- La Dama ricambiò lo sguardo, come se l’attendesse.
Le iridi dorate del Vanyar si spostarono automaticamente sulle mani del Re dei Noldor e capì.
Ecco perché aveva notato l’anello della strega, la sera prima: quell’aura, l’aveva già percepita ore prima, addosso a Gil-galad.
Alzò improvvisamente la voce: -Che meravigliosi anelli avete indosso, mio signore.- Esordì, studiando la sua reazione. Al pari della Dama Bianca, quelle parole provocarono un lieve smarrimento nell’elfo, che abbassò lo sguardo sugli anelli. Il cugino guardò le mani del Re a sua volta: -Quali anelli?-

 
**


Il tempo pareva sospeso, nello studio del Re, dove gli interessati si erano ritirati in tutta fretta.
I due stregoni Blu fissarono i tre anelli adagiati sulla scrivania: -Incredibile, come potevamo non vederli?- Borbottò Pallando, spingendone uno con delicatezza, con la punta del bastone nodoso.
Dama Galadriel, che camminava lentamente dinanzi alla finestra, rispose senza indugio: -Indossati, questi tre anelli non possono essere visti da alcuno, salvo chi già possiede un artefatto del medesimo genere.-
-Vuol dire che ce ne sono altri?- Chiese allora Alatar. Ella annuì.
-Quanti? Chi li custodisce?-
Questa volta fu Gil-galad a rispondere: -Non sappiamo quanti siano, né a chi siano stati donati, però è certo che ne esistano altri.-
Glorfindel rifletteva, seduto sulla scrivania, di fianco ai tre anelli.
Lui non ne possedeva uno.
Lui li aveva visti comunque.
-Chi ve ne ha fatto dono e quando?- Chiese, cupamente. Gil-galad non esitò a confessarlo candidamente, chiarendo così che non aveva nulla da nascondere a tal proposito: -Li ha forgiati per noi Celebrimbor, mio parente, forse un secolo fa. Narya, Vilya e Nenya sono i loro nomi. I primi due sono stati destinati a me, mentre Nenya a Dama Galadriel in persona.-
Anche Pallando cominciò a ragionare: -Glorfindel ha visto gli anelli. Deve esserci una spiegazione.-
I due stregoni presero a fare congetture tra loro, in un confabulare maldestro.
Dall’altra parte della stanza, Dama Galadriel fissò i propri occhi di ghiaccio in quelli dorati del Vanyar, parlando nella sua mente: -Celebrimbor è puro di cuore, egli non è un nemico.-
Glorfindel storse le labbra, ribattendo nel medesimo modo: -Ammetterai tu stessa che c’è qualcosa che non torna in questa storia.-
Il Re dei Noldor notò i loro sguardi e intuì il loro conversare. Fece un passo in avanti, interrompendoli con decisione: -Il mio congiunto non ha motivo di interessarsi agli affari del Male, divino Glorfindel.-
-Va bene, supponiamo sia così. Perché ve li ha donati?-
-Sono anelli magici. Hanno peculiarità specifiche, e qualità singolari, ma tutti e tre sono stati creati per portare bellezza, prosperità e protezione alle nuove terre che noi sorvegliamo.-
Glorfindel piegò la testa verso la Dama Bianca dietro di loro: -Ah, ora si spiega il tuo strano potere ristoratore, mia signora.- Fece, serafico. Lei non lo degnò di uno sguardo.
-Come ho detto, sono anelli benefici.- Il Re dei Noldor alzò lievemente la voce ma Glorfindel non gli permise di troncare il discorso: -Capisco i magnanimi propositi. Tuttavia non sapevo che nella vostra famiglia fossero stati tramandati incantesimi e abilità di questo genere.-
-Non so rispondere a questa domanda poiché, anche se così fosse, a me personalmente non sono stati tramandati.-
-Permettimi di andare a chiedere spiegazioni a Celebrimbor in persona, allora. Sono sicuro che anche lui non abbia niente da nascondere.-
Il giovane corvino cercò di placare gli animi, sollevando una mano con fare diplomatico: -Prima chiariamo la situazione tra di noi. Innanzi tutto, siamo gli unici a conoscenza dell’esistenza di questi tre anelli, escluso Celebrimbor che li ha forgiati?-
Questa volta, né Gil-galad né Galadriel risposero prontamente.
Il più giovane li squadrò con cipiglio severo: -Abbiamo già appurato che siamo tra persone fidate. Avanti miei signori, parlate.-
Fu il Re dei Noldor a cedere per primo: -C’è un’altra persona, un visitatore straniero dalle grandi abilità.-
Glorfindel e i due Istari si scambiarono uno sguardo. -Abilità di fabbro?-
-Non ne sono sicuro. Ricordo che qualche decennio fa venne sino alle soglie del Lindon ma non gli ho mai permesso di entrarvi. Difficilmente permetto agli stranieri di avvicinarsi tanto alla mia gente.- Precisò. Si girò appena verso il cugino: -Non ricordo il suo nome.-
-Annatar.-
-…Giusto, Annatar. Non conosco la sua casata ma pareva un signore potente. Da quanto so, egli si è allontanato verso l’Eregion, la regione che Celebrimbor e i suoi vigilano. Non escludo che mio cugino, più incosciente e avido di me quando si tratta di arti e manufatti, si sia fatto avvicinare. Anzi, dopo quanto detto qui, faticherei a credere il contrario.-
Pallando si avvicinò a lui: -Perché lo pensi?-
-Perché il suo interesse nei confronti di questi artefatti è nato in seguito al mio allontanamento di Annatar dal Lindon e ci ha donato gli anelli qualche mese dopo. Deve esserci un nesso tra questi anelli e quello straniero dalle particolari abilità.-
Glorfindel sospirò, scendendo dalla scrivania per osservare il paesaggio fuori dalla finestra: oltre le alte torri dei Rifugi Oscuri, poteva intravedere le colline dell’Eriador, che separavano il Lindon dall’Eregion.
-Devo vedere con i miei occhi cosa sta accadendo. Ho visto i vostri anelli, è mio compito.-
Alatar gli fu subito accanto: -Sono d’accordo. Andremo da Celebrimbor di persona.-
-Eppure anche voi due avreste un preciso compito a cui adempiere. A Est, se non ricordo male. Non nell’Eregion.- Lo guardò storto il Vanyar.
L’altro fece per protestare ma Pallando s’intromise velocemente: -Ha ragione, fratello. Dobbiamo seguire le direttive dei Valar, non sappiamo cosa comporterebbe il nostro tardare.- Mormorò con voce dolce.
Alatar non pareva della stessa idea ma, per il momento, decise di non controbattere.
-Vi dirigerete comunque a Est, non dovrete separarvi subito.- Li rassicurò il giovane dagli occhi grigi, con un lieve sorriso.
Gil-galad annuì: -Esatto. E li accompagnerai tu, cugino.-
-Cosa!? Ma io-
-Sii mio araldo in questa missione. Sono sicuro che Celebrimbor sarà felice di riceverti. Inoltre, è da qualche tempo che pensavo a come rendere utili i territori orientali: questa sarà una buona occasione per studiarne le qualità e decidere come espandere le nostre forze.-
-Mio signore, avevo promesso a Celebrían-
-Lei ti attenderà qui con i suoi famigliari.- Tagliò corto il Re, incoraggiando Dama Galadriel a parlare.
-Mia figlia siederà sotto le stesse tue stelle come ogni notte. Non sarete mai lontani. - Convenne, con un sorriso materno. Il giovane sospirò, lanciando uno sguardo indolente verso il Vanyar.
Questi sorrideva a trentadue denti, neanche avesse appena vinto un qualche premio: -Splendida notizia!-
-Sarà il viaggio più difficile della mia vita.-
Alatar e Pallando gli assestarono sonore pacche sulle spalle: -Non preoccuparti, ci penseremo noi a proteggerti. Veglieremo su di te a turno, così quel redivivo non potrà infastidirti più di quanto già non faccia.- Dall’espressione dell’elfo capirono di non essere stati particolarmente convincenti ma risero comunque, allegri.
Mentre lasciavano lo studio, Glorfindel si accostò al giovane, spingendolo appena con la spalla con fare complice: -Ora non hai più scuse, sai? Devo sapere il nome del mio compagno di viaggio, è categorico.- Fece, solenne.
A quell’insistenza, persino il corvino dovette reprimere un sorriso: -Elrond. Il mio nome è Elrond.-

 
**


I quattro improbabili compagni si ritrovarono in viaggio poche ore dopo, accompagnati da un’alba lieta.
Per la maggior parte del tempo cavalcavano svelti, spronando i cavalli elfici con costanza.
A quella velocità, avrebbero raggiunto il confine prima della prossima alba.
Durante le brevi pause, invece, una calma momentanea accompagnava i loro discorsi.
I due Istari cavalcavano vicini, scarabocchiando disegni e descrizioni di ogni pianta o animale incontrassero sulla loro strada, litigando animatamente su chi ne avesse inteso meglio la forma o il colore.
-Ha ragione Pallando, il faggio è leggermente più chiaro del tiglio.- Intervenne Glorfindel, annoiato.
-Ah-a!-
-Non vantarti tanto, le ultime otto piante le ho descritte meglio io.-
Elrond, accanto al Vanyar, piegò la testa verso di loro con fare eloquente: -Intendi accompagnarli fino nei territori del Rhûn, una volta che avrai portato a termine la tua ricerca?-
L’altro si girò verso di lui con tanto d’occhi: -Scherzi? Non vedo l’ora di togliermeli di torno.-
-Non parrebbe.- Rise appena il giovane.
Il Vanyar godette del bel suono con un espressione più lieta: -Impareranno presto a vivere in questo mondo e non avranno più bisogno di nessuno, men che meno di me. Dopo aver fatto tappa alla città fortezza di Ost-in-Edhil indicherò loro la via per proseguire il loro cammino.-
Elrond annuì, quasi intristito da quella notizia.
Glorfindel scacciò in fretta il sentore malinconico che iniziava a pungolarlo, rivolgendo al corvino un sorriso malizioso: -La figlia di Dama Galadriel, eh?- Cominciò.
L’altro sobbalzò sulla sella, voltandosi in fretta verso di lui: -Non è argomento che ti riguardi!-
-Beh io volevo provarci con te quindi mi riguarda ampiamente, mio caro Elrond.-
Questi sospirò sonoramente, snervato come non mai: -Smettila di dire tali assurdità. Il mio sentimento per Celebrían è molto più che uno sciocco interesse, non infangarlo.-
Il Vanyar storse la bocca ma non poté ribattere a tanta devozione.
Ahimè, gli toccava proprio rinunciare, questa volta. Ma andava bene così, pensò divertito.
-Divino Glorfindel, quella è una civetta?- Li interruppe la voce baritonale di Alatar. Glorfindel fissò gli occhi dorati sul volatile appollaiato su di un ramo vicino. Le iridi enormi e altrettanto dorate del maestoso rapace ricambiarono il suo sguardo e, per una volta, Glorfindel fu contento di essere tornato: -Quello è un gufo, mastro Alatar.-

Al tramonto, Elrond diede nuove disposizioni: -Dietro quella collina si trova il confine del Lindon. Credo sarebbe meglio dividerci. Da qui, la via per raggiungere l’Eregion si dirama in due direzioni, proseguendo parallelamente a Nord e a Sud. Raccoglieremo informazioni nei paesi che incontreremo e ci riuniremo alle soglie di Ost-in-Edhil.-
Glorfindel annuì con forza: -La trovo un’ottima idea.- Girò lo stallone baio verso Nord, canticchiando allegramente: -Muoviti Elrond, se perdiamo tempo non potremo goderci le locande sulla via.- Esclamò.
Sfortunatamente, nessun suono di zoccoli seguì.
Con l’entusiasmo che andava sfumando, l’elfo dorato si girò verso i compagni: i tre lo fissavano senza fiatare, chi mestamente, chi nascondendo le risate. Quest’ultime proruppero infine da Alatar il Blu, troppo divertito dall’espressione affranta del Vanyar.
-Un Istar per uno.- Sorrise Elrond, scambiando uno sguardo complice con Pallando. Al che, le risate di Alatar cessarono improvvisamente: -Cheee? Quando abbiamo deciso che sarei rimasto io con Glorfindel?-
Quello si sporse verso di lui, stizzito: -Ci sento benissimo, idiota di uno stregone!-
-Sarete una perfetta compagnia l’uno per l’altro. E poi, non impiegheremo che tre giorni a raggiungere la città fortezza.- Li tranquillizzò l’elfo corvino.
Pallando strinse amorevolmente le mani del fratello: -A presto.-
L’altro sorrise, incoraggiante: -A presto! E pensami, mentre affronto la bestiaccia dorata!-


L’Istar Blu e il Vanyar decisero di accamparsi una volta che si fece troppo buio per continuare.
Accesero un piccolo fuoco e si prepararono per la notte senza nemmeno rivolgersi la parola.
D’altronde, Glorfindel era stato di cattivo umore tutto il tempo.
E lui che quasi aveva sperato di poter stare un po’ solo con quell’elfo troppo diligente, in modo da poterlo punzecchiare e divertirsi quel tanto che bastava per dimenticare la sua insofferenza.
Stravaccato sull’erba smeraldina, lanciò un’occhiata di sbieco al giovane stregone, che si apprestava a cercare qualcosa da mangiare nel disordine della propria borsa.
Non era proprio il suo tipo: non aveva la pelle liscia e morbida degli elfi, non portava addosso lo stesso profumo di rugiada della loro specie. Tuttavia non gli si poteva negare un discreto fascino, virile e grezzo come quello degli uomini di Numenor.
Il Vanyar ci pensò su un attimo, giusto per soppesare i pro e i contro. Innanzi tutto, sarebbe stata la prima volta che si prestava a circuire un Maiar -e non poteva non trovarlo stimolante- e, in secondo luogo, era da un bel po’ che qualcuno non si azzardava a trattarlo rudemente, cosa che di certo non disprezzava e che, secondo le sue impressioni, lo stregone sarebbe stato bravo a fare.
Aveva un’innocenza tutta sua, glielo concedeva, ma sapeva tenergli testa e scherzare quando poteva.
Giunto alle sue conclusioni, con molta meno fame e tanta più voglia di mettersi in mostra, Glorfindel si avvicinò allo stregone.
Strappò qualche filo d’erba: -Senti, stregone.-
Alatar tirò fuori un fagotto dalla borsa e sollevò distrattamente gli occhi grigi su di lui: -No.-
-…Non ho detto niente.-
-Lo so cosa stai per dire, razza di demonio. Sento le vibrazioni dei tuoi pensieri lascivi persino da qui.-
Glorfindel scoppiò a ridere, sotto lo sguardo attonito dell’Istar.
Non si sarebbe mai immaginato una risposta tanto sincera.
-Sei davvero un bravo stregone, mastro Alatar.- Si asciugò una lacrima.
-Grazie..?-
-Davvero. O forse ho solo perso il mio smalto. Mi avranno donato un corpo meno desiderabile, vallo a capire. Di solito nessuno era in grado di resistermi, né il più stoico tra i guerrieri né la più pura delle fanciulle.- Si avvolse una ciocca di capelli attorno al dito, sopprimendo altre risate.
-Oh, magari il problema sono io.- Lo rassicurò l’altro, fingendo rammarico.
Glorfindel sollevò le sopracciglia, lanciandogli un sassolino trovato tra i fili d’erba: -Dicono tutti così quando cercano di scaricarti!-
-Ahi! Non provo interesse nelle altre creature in quel modo! E comunque non montarti la testa, immagino non saresti stato il mio tipo.- Sollevò le spalle lo stregone, ghignando.
Risero entrambi, poi calò un silenzio rassicurante, sciolto.
Sì, Elrond aveva ragione, loro due avrebbero saputo farsi compagnia senza problemi.
Quando l’Istar tornò a concentrarsi sul cibo, Glorfindel decise di prendersi una piccola rivincita.
-Che stai facendo?-
-Preparo la cena, no?-
Il Vanyar storse le belle labbra: -Sarebbe estremamente scortese.-
L’altro sbatté le palpebre, confuso: -Cosa sarebbe scortese?-
-Abbiamo già superato i confini del Lindon e qui nelle terre a ovest dell’Eriador non esiste la cena, non te l’hanno detto?-
Alatar aprì e chiuse la bocca come un pesce, assolutamente preso in contropiede da quella notizia.
L’elfo continuò: -Non si mangia da dopo il tramonto fino all’alba. Sono i costumi del luogo.-
-Ma è assurdo! Stai mentendo, per caso?-
Quello assunse un’aria innocente: -Le vibrazioni dei miei pensieri ti suggeriscono questo?-
A quanto pare doveva sembrare molto convincente perché la faccia disperata dello stregone fu impagabile: -No…-
-E allora poche storie. Mettiti a dormire e non ci pensare.-
Lo stregone si avvolse mestamente tra le coperte ruvide, con un piccolo sbuffo sconfitto.
Nelle successive ore, Glorfindel credette di svenire almeno una decina di volte, soffocato dalle sue stesse risate trattenute. Ogni gorgoglio dello stomaco dello stregone era una stilettata ai suoi polmoni ed era sicuro di aver esaurito le lacrime, costretto a singhiozzare in silenzio come un cretino.
Non si era mai divertito tanto in vita sua.
In quella, almeno.
La faccia del compagno alla sua confessione, il mattino dopo, fu forse ancora più esilarante.


Elrond aveva avuto un buon piano davvero, convenne Glorfindel.
I piccoli centri che attraversarono in quei tre giorni, infatti, fruttarono alcune informazioni.
Un potente signore aveva attraversato quei luoghi decenni prima, e chi lo ricordava giurava fosse tra i più belli e gentili elfi mai incontrati. Aveva persino aiutato alcuni di loro a riparare strumenti musicali e manufatti di famiglia, rendendoli più splendenti di quanto non fossero ai loro albori.
Glorfindel non lo trovava sospetto, a dire il vero: molti tra la sua gente erano rinomati artisti, abili artigiani e generosi filantropi, e Annatar non sembrava diverso.
Alatar, però, rimaneva a lungo a fissare le sue opere di restauro, quasi cercasse nella loro aura una firma o un segno. -Non mi piace, non mi trasmette nessun’energia positiva. Non sento niente.-
-Vuol dire che non senti nemmeno niente di negativo.- Commentò stancamente il Vanyar, guardandolo studiare un ciondolo in filigrana dorata.
-Sì ma non è normale non sentire niente, se capisci quello che intendo.- Cercò di spiegare, l’altro.
-Cosa pensi, dunque?-
Lo stregone si grattò la corta barba brizzolata: -Secondo me, Gil-galad ha ragione. Questo Annatar è coinvolto nella creazione degli anelli. Anche se quelli non avevano questo gelo dentro, devo ammetterlo...-
Uscirono dall’abitazione, l’ultima dell’ultimo paese che avrebbero visitato prima di giungere a destinazione.
Nella piccola piazza, gli elfi pregarono Glorfindel di rimanere a cena, sordi alle sue reticenze.
-Divino Glorfindel, è il minimo che possiamo fare.-
-Meriteresti un banchetto degno di un Re.-
-Accetta almeno i nostri canti e il nostro vino.- Sorrisero le dame, sedendosi attorno a lui con occhi colmi di ammirazione. Anche Alatar lo incoraggiò ad accettare, forse conscio di quanto l’animo ferito del Vanyar avesse bisogno di ristoro, dunque accettò con un sospiro.
Avrebbe preferito non farlo.
Lo capì nel momento in cui le dame intonarono gli orrori della Nirnaeth Arnoediad e della Caduta di Gondolin con le loro soavi voci.
Rivide Turgon, il suo amato Re, il suo migliore amico. Lo rivide cadere con la sua città.
Poi le urla, la disperazione, la fuga e la morte.
Rivisse le fiamme del Balrog e la battaglia che lo aveva ucciso.
Il suo potere si agitò dentro di lui al punto che dovette fuggire dall’allegra piazza, lasciando tutti quanti senza parole.
Alatar lo seguì tra gli alberi, chiamandolo a gran voce: -Ehi Glorfindel? Non ti senti bene?-
L’elfo dorato respirò a fondo, sperando di calmarsi velocemente così com’era accaduto con Dama Galadriel: -Stai lontano.- Gli intimò, camminando più in fretta per mettere distanza tra lui e l’Istar.
-Devi vomitare? Ti tengo i capelli, dai!-
Per un secondo, a Glorfindel venne da ridere: -Tu cosa?-
-Se ti vomiti sui capelli poi sarò io a dover sopportare la puzza per il resto del viaggio.- Mugugnò lo stregone, scostando felci e rami per raggiungerlo.
Il Vanyar respirò ancora e ancora e, prima che lo stregone gli fosse dinanzi, si era calmato.
-Tutto bene?- Fece questo, sollevando il bastone nodoso. Una piccola luce bluastra rischiarò il bosco intorno a loro e una lieve brezza donò sollievo all’elfo, scosso e pure un po’ sudato.
-Sei ridotto uno schifo.- Commentò Alatar, quando lo vide.
Glorfindel rise piano, facendo due passi avanti. Abbandonò la fronte sulla spalla dello stregone, cercando di scacciare le immagini che quei canti avevano rievocato.
Sentì la mano ruvida dello stregone assestargli leggere pacche sulla schiena: -Brutti ricordi, eh?-
L’elfo annuì.
-Quel che è passato è passato.-
-Sì ma ripensarci fa male, ogni volta.-
-Immagino sarà così per sempre… Ma pensi che in futuro andrà meglio? Meglio che ti prepari a ciò che verrà, amico mio. Non si sopravvive senza un po’ di forza di volontà.- Cercò di incoraggiarlo Alatar il Blu.
Glorfindel sospirò: -Te l’hanno mai detto che fai pena a consolare la gente?-

 
**


Il mattino del quarto giorno, Elrond e Pallando li accolsero all’ingresso di Ost-in-Edhil.
I due stregoni si abbracciarono stretti, felici di ritrovarsi, mentre Glorfindel -che provò a fare la stessa cosa con Elrond- guadagnò niente più che un bernoccolo in testa.
-Le informazioni che abbiamo raccolto portano ad una conclusione univoca: Annatar non ha compiuto nefandezze o torti di nessuna natura, in presenza di testimoni; quindi, da quanto sappiamo, potrebbe non averne compiuti affatto.- Fece mente locale l’erede di Turgon, fedele al suo senso pratico.
Glorfindel lanciò uno sguardo deciso alla città fortezza, che s’innalzava come una montagna sopra i fiumi Glanduin e Sirannon. Dalle alte torri fuoriuscivano incessanti i fumi scuri delle fucine.
-Andiamo a chiedere udienza al nostro ospite. I nodi verranno al pettine.-
Risalirono le rumorose vie della città, dense del clangore del ferro e del vociare degli artigiani.
Trasferendosi nella città fortezza, Celebrimbor aveva portato con sé la Gwaith-i-Mírdain, la Confraternita dei Gioielli, la quale riuniva i migliori fabbri e artigiani del popolo Noldor.
L’intero centro gridava l’appartenenza alla Confraternita, esibendo manufatti perfezionati in quelle floride botteghe per oltre un millennio. Glorfindel non si stupì di notare la presenza di molti Nani di Khazad-dûm, intenti a vendere e lavorare il loro preziosissimo mithril.
-Gli affari vanno bene, a quanto vedo.- Commentò in un mormorio discreto, mentre decine di occhi sgranati lo seguivano per le vie affollate.
Elrond indicò l’edificio più alto e fortificato, sopra di loro: -Verremo accolti lassù, nella residenza del Mastro Fabbro.-
Quando entrarono nella ricca magione, i due stregoni parvero rabbrividire.
-Tutto è sgargiante di metalli preziosi, eppure non è accogliente come il Palazzo ai Porti Grigi.- Sussurrò Pallando, attaccato al braccio di suo fratello.
-Celebrimbor preferisce la fredda perfezione delle gemme allo sfarzo dei tessuti, mastro stregone.- Lo informò tranquillamente Elrond.
-Ben detto, caro congiunto.- Una voce profonda e severa come la pietra riecheggiò tra le volte della residenza, attirando l’attenzione del piccolo gruppo.
Elrond sorrise, andando incontro all’elfo che era appena entrato: -Celebrimbor, quale gioia rivederti.-
Si scambiarono un abbraccio veloce, parlottando tra loro sulle vicendevoli situazioni.
Celebrimbor era come Glorfindel lo ricordava: era alto, superando addirittura il Vanyar di qualche pollice, ed emanava sicurezza ad ogni suo gesto. La muscolatura sviluppata durante i secoli passati alla forgia lo rendeva ancora più imponente.
-Glorfindel di Gondolin. Rivederti è una sorpresa mai sperata.-
Questi chinò la testa rispettosamente: -Lo stesso vale per me.-
Il padrone di casa invitò gli ospiti in una sala più raccolta, offrendo loro cibo e vino.
-Cosa vi porta qui, nobili visitatori?- Chiese poi, quando tutti furono ben accomodati al pregiato tavolo.
I due stregoni s’inchinarono simultaneamente, seguitando a presentarsi.
Le loro parole, però, accigliarono il fabbro: -Venuti qui in aiuto di queste terre? Fidatevi quando dico che mai le nostre terre sono state tanto al sicuro.- Li corresse.
Elrond sospirò: -Anche Gil-galad ha dubitato di tali premesse. Tuttavia, come tuo parente acquisito,[6] permettimi di insinuare in te il dubbio.-
Spiegò brevemente ma con tatto ciò che la piccola compagnia era venuta a sapere a proposito degli anelli e di come, malauguratamente, non era possibile svincolare questi dall’improvviso intervento dei Valar. Ma, ad ogni parola, il viso di Celebrimbor si fece via via più scuro.
-Tu intendi macchiare i miei artefatti con i tuoi sospetti, Elrond?- Tuonò.
Questi scosse la testa: -Nessuno mette in dubbio il tuo onorevole proposito, mio signore. Tuttavia, neghi forse che un tale Annatar sia giunto da te un secolo fa e abbia influenzato il tuo lavoro?-
-Togliti dalla bocca il suo nome e non permetterti di accostarlo a tali accuse!- Si alzò in piedi Celebrimbor, quasi urlando.
Glorfindel assottigliò lo sguardo: una reazione a dir poco veemente per difendere l’onore di un ospite, per quanto gradito.
-Egli ha aiutato questa Confraternita a sviluppare abilità mai viste prima! Le conoscenze che abbiamo appreso grazie a lui non hanno eguali per valore e potere!-
Fu allora che il Vanyar parlò: -Potere? Quale potere?-
Celebrimbor fissò lo sguardo antracite su di lui, tornando a sedere lentamente. Prese un breve respiro: -Annatar è un dono dei Valar, un emissario della loro grazia. Possiede una forte inclinazione per la forgiatura di gioielli d’ogni sorta è la sua bravura in questo campo è tale da eguagliare quella di una divinità. Il solo fatto che l’abbia così appassionatamente messa al mio servizio mi riempie di profonda gratitudine.-
Glorfindel osservò le sue labbra tendersi appena verso l’alto, i suoi occhi scaldarsi e tremolare alla luce delle candele. Di certo quella era gratitudine. Ma vi era anche ben altro.
-Ha forgiato lui gli anelli destinati agli elfi?- Chiese allora Pallando, con voce incerta.
Celebrimbor scosse la testa: -Quelli li ho forgiati io personalmente, dopo aver osservato Annatar. Egli mi ha aiutato a realizzarne altri e, grazie ai suoi preziosi consigli, ne ho destinati molti sia agli Uomini, sia ai Nani. Nove anelli ai primi, sette ai secondi.-
-E tre agli Elfi.- Aggiunse Alatar, riflettendo tra sé e sé.
Il fabbro annuì, orgoglioso: -Porteranno prosperità e grande potere ad ognuno dei popoli liberi. Mai più l’ombra di Morgoth raggiungerà i cuori delle nostre genti.- I suoi occhi di carbone brillarono a quelle parole, osservando un futuro ancora nascosto ma ardentemente desiderato.
Glorfindel batté le dita sul legno: c’era qualcosa di strano in tutto ciò. I Valar avevano inviato qualcuno prima di loro? Un qualcuno con abilità tali da assicurare protezione all’intera Terra di Mezzo, per giunta? Allora perché inviare loro tre un secolo dopo?
-Da biasimare, piuttosto, siete voi del Lindon, Elrond. Annatar provò a bussare alla vostra porta e Gil-galad lo cacciò come un cane!- Riprese Celebrimbor, con tono di rimprovero.
Il corvino aggrottò le sopracciglia: -Gil-galad non è uno sciocco. La sua saggezza ha più volte indicato la giusta direzione, perché dubitare di lui adesso?-
-Voialtri non avete prove che possano anche solo mettere in dubbio la bontà di Annatar e ancora ti ostini a screditarlo?-
Prima che i toni si alzassero ulteriormente, una figura sottile si affacciò nella saletta.
-Mio signore, qualcosa non va?-
Una voce dolce e melliflua aleggiò tra i presenti in spire di seta, lasciandoli frastornati per un secondo.
Celebrimbor parve rasserenarsi all’istante, il petto che si sgonfiava in un respiro accorato: -No, va tutto bene. I miei ospiti hanno parlato un poco a sproposito ma sono certo che non si ripeteranno.-
La sottile minaccia passò in secondo piano quando la figura si avvicinò al tavolo per raggiungere il fabbro.
Era un elfo ma non si poteva paragonare a nessun elfo esistente su quella terra o oltre il mare.
I presenti rimasero con il respiro bloccato in gola.
-Ben arrivati. Mi scuso per l’intromissione ma ho sentito un vociare concitato e pecco di grande curiosità, misero me.- Ridacchiò l’elfo, posando una mano sottile sulla spalla di un altrettanto sorridente Celebrimbor.
I due stregoni si guardarono tra loro, costernati, mentre Elrond chinava la testa velocemente: -Le scuse sono nostre. Non intendevamo disturbare.-
L’elfo pareva davvero una creatura celestiale, dai lunghi capelli fulvi rilucenti come fiamme. La pelle traslucida brillava di luce propria tra i vaporosi drappi della veste, rendendo l’intera figura impalpabile e allo stesso tempo incandescente.
Una divinità, non un elfo.
Celebrimbor lo guardò negli occhi, rilassandosi contro lo schienale della poltrona: -Immagino l’abbiate già indovinato, egli è Annatar, colui che porta doni.- Disse, orgoglioso quasi fosse un suo stesso vanto.
-Suvvia, non mettermi in imbarazzo.- Si coprì graziosamente il viso affilato con una manica della veste.
Glorfindel storse la bocca, nauseato da tanta sdolcinatezza. Si sentiva un po’ un guardone, lo doveva ammettere, ma quell’elfo -o non elfo, o cosa diamine fosse- era più ammaliante di un miraggio.
Pallando tormentò le proprie dita nodose, distogliendo lo sguardo: -Perdona la sfacciataggine ma sei dunque tu l’abile forgiatore di anelli che ha istruito mastro Celebrimbor?-
Annatar guardò prima il Noldor, poi lo stregone: -Egli è tanto abile da aver superato e dimenticato i miei insegnamenti.- Civettò, carezzando i capelli neri dell’interessato.
Questi sollevò gli occhi al cielo: -Come al solito, sei troppo modesto.-
-Ma come sapete degli anelli? Avete incontrato gli Uomini e i Nani loro portatori?-
Alatar fece per ribattere: -Veramente abbiamo visto quelli degli e-
-Non parliamo più di questi manufatti. Mi irrita.- Lo interruppe Celebrimbor, inaspettatamente.
Glorfindel s’irrigidì impercettibilmente ma non provò a insistere. -Sono stati i Valar a mandarti, dici?- Chiese ad Annatar, invece, incrociando le braccia al petto.
Egli sorrise come per un lieto ricordo: -Mai ho ricevuto onore più grande. Proprio i nobili Valar mi hanno chiesto di aiutare le creature che hanno scelto di non tornare in Aman, perché rendessero la Terra di Mezzo meravigliosa al pari di quest’ultima.-
Il Vanyar, in qualche modo, non aveva dubbi sul fatto che il tizio stesse spudoratamente mentendo.
Nessuno meglio di lui sapeva quando i Valar desiderassero proteggere i popoli liberi dal Male, ma di certo non agivano per rendere “grande” questo cumulo di terra da loro bellamente scartato ere prima.
No, c’era qualcosa che non tornava.
Annatar era strano. Celebrimbor era strano. Gli anelli, tre, sette, nove, o quanti cavolo erano, erano strani.
-Se abbiamo finalmente dissipato ogni dubbio, spero vorrete fermarvi qui a cena. Sarete nostri graditi ospiti quanto vorrete.- Li accolse benevolo il fabbro.
Sarete nostri ospiti.
Il Vanyar spostò lo sguardo sul viso dell’elfo fulvo e, per un secondo, incontrò i suoi occhi: rossi come rubini.
Violentemente, l’immagine di un immenso occhio di fuoco gli trapasso il cervello.
Mosso dall’istinto, il Vanyar scattò in piedi, tanto velocemente da far cozzare la sedia a terra.
La sua mano corse alla spada dorata allacciata alla cinta.
I presenti si alzarono di scatto a loro volta, costernati.
Glorfindel fermò la propria mano destra sull’elsa con la sinistra, impedendosi di sfoderare la spada. Ringhiò per la fatica, scrollando la testa per cacciare via quell’immagine spaventosa e disturbante.
-Allontanatevi.- Riuscì a dire, mentre i suoi occhi tornavano a registrare l’immagine di Annatar.
Il suo potere s’infrangeva a ondate contro i suoi muscoli, contro le sue ossa, sino a illuminargli la pelle.
Celebrimbor si frappose in fretta tra lui e il suo compagno, la mano sull’elsa: -Non costringermi a fermarti, Glorfindel di Gondolin.- Lo avvertì, i muscoli tanto gonfi da tendere il tessuto della camicia.
Prima che uno dei due potesse fare qualcosa per cui entrambi si sarebbero pentiti, Alatar fu davanti al Vanyar. Glorfindel spalancò gli occhi, temendo di ferirlo: -Sei stupido, per caso!? Ho detto allontan-
Alatar gli prese la faccia e se la spiaccicò nel petto, picchiettando il palmo contro la sua schiena come aveva fatto solo il giorno prima nel bosco.
Per interminabili secondi continuò a confortarlo in quell’assurdo modo, aspettando che quel violento potere finisse di assalire il corpo e la mente del Vanyar.
Elrond si rivolse a Celebrimbor, pregandolo di rimanere calmo: -Il suo nuovo potere è ancora imprevedibile e difficile da controllare ma come vedi l’Istar Alatar, raccomandato dai Valar, è in grado di calmarlo. Non è niente di personale.- Provò a convincerlo.
Annatar lanciò al Vanyar e ai due stregoni uno sguardo strano: -Glorfindel? E loro due sono stati mandati dai Valar, hai detto?-
-Sono Maiar di un nuovo ordine, creato per vegliare sulla Terra di Mezzo, esatto.-
A quel punto, Annatar si appese al braccio di Celebrimbor con fare lievemente petulante: -Mi sono davvero spaventato, mio signore. Per favore, accompagnami nelle mie stanze. Credo di non sentirmi molto bene.-
A quelle parole, il Noldor mollò l’elsa e prese il fulvo per le spalle: -Non permetterei a nessuno di farti del male, lo sai benissimo.-
Questi abbassò gli occhi, schermandoli con le lunghe ciglia chiarissime: -Lo so… Ma ti prego, portami di là.-
I quattro compagni videro Celebrimbor avvolgergli un braccio attorno alle spalle sottili, scosse da teatrali singhiozzi. -Uscite da questa residenza e non fatevi rivedere o vi passerò a fil di spada personalmente.-
La cavernosa voce del Noldor non ammetteva repliche, e quando questi sparì portandosi dietro Annatar, i quattro compagni a malapena respiravano.
Glorfindel cadde in ginocchio, ansimante, mentre gli altri tre si esibivano in profondi sospiri di sollievo.
Quella era stata la peggior visita della loro vita.
E il peggior epilogo della loro missione.

 
**


-Io proprio non capisco.- Scosse la testa Pallando, mentre lasciavano la città fortezza di Ost-in-Edhil alle loro spalle. -Tutto ciò che abbiamo appreso di Annatar non desta sospetti, eppure siamo concordi sul fatto che ci sia qualcosa di strano in lui.-
Glorfindel tirò indietro i capelli dorati: -Io non ho mai detto che non desta sospetti.-
Alatar si sporse dal proprio cavallo per tirargli il bavero: -E allora parla, Glorfindel!-
Questi lo scansò con uno sbuffo.
-Non è stato mandato dai Valar, ha mentito. Le sue parole erano forzate, costruite. Si vede che ha avuto a che fare con loro ma non è stato mandato da loro.- Asserì, sicuro di sé.
Elrond scosse la testa: -Non hai prove.-
-Oh sì che ce l’ho. Prima di tutto, ha detto che i Valar vorrebbero rendere la Terra di Mezzo tanto magnifica quanto Valinor. Enorme stronzata, a loro non interessa, basta che non ci campi sopra il Male. E secondo, appena ha capito chi fossimo io e i due Istari, è scappato con la coda tra le gambe. Se fosse stato mandato dai Valar, avrebbe cercato di venirci incontro, fare fronte comune. Sta nascondendo qualcosa, è chiaro.-
Pallando spalancò gli occhi: -Non ci avevo fatto caso ma hai ragione, è andata proprio così.-
-Inoltre, è chiaro che il suo ascendente su Celebrimbor non sia normale…- Aggiunse Alatar.
Glorfindel alzò un dito con fare esplicativo: -Ah no! Questo è chiaro e semplice, non c’è niente di magico dietro. Annatar è bello come un dio ed è un bravo seduttore, tutto qui. Lo tiene per le-
-Abbiamo capito, grazie.- Lo fermò Elrond, alzando la voce.
-Piuttosto, che cosa ti è successo là dentro?- Chiese Pallando, guardando il Vanyar con palese preoccupazione. Questo deglutì al ricordo: -Ho visto qualcosa. Qualcosa di orrendo. C’era un enorme occhio di fuoco, profondo come il nulla e talmente bruciante da devastare ogni cosa.-
Tutti tacquero, inquietati da una simile descrizione.
-Mi chiedo cosa significhi.- Borbottò Alatar.
-Che ci sia davvero lo zampino di Morgoth? O di Sauron!- Fece Pallando, agitato.
Glorfindel li richiamò con un gesto distratto: -Tanto non lo scopriremo continuando a fare congetture.-
Poi si portò una mano alle labbra, pensieroso.
Elrond lo interrogò con lo sguardo: -Che cosa stai sviscerando in quella tua testa calda?-
-Ora che ci ripenso, ho notato che Celebrimbor ha interrotto subito il discorso quando Alatar ha accennato gli anelli degli elfi a Annatar.-
Alatar si accigliò al ricordo: -Sì, è vero. L’ho notato anche io.-
-E ha detto che è stato lui personalmente a forgiare i tre anelli. Forse Annatar non ne sa niente. Magari, dato che li ha forgiati da solo, non voleva offenderlo.- Aggiunse Pallando, unendosi al ragionamento con il suo accorato sentimentalismo.
-Per ora, teniamo segreta la loro esistenza.- Si raccomandò allora Elrond: -Gil-galad e Galadriel li custodiranno a dovere. Però dovremo trovare gli altri, nel frattempo.-
Glorfindel annuì, ricambiando il suo sguardo assennato.
Alatar batté il proprio bastone sulla staffa, provocando lievi scintille bluastre: -Bene! Qual è la prossima tappa?-
Glorfindel fermò il proprio cavallo e l’altro elfo lo imitò, con un sospiro.
I due stregoni si girarono a guardarli, confusi. Quando li videro smontare li imitarono automaticamente, avvicinandosi per cercare spiegazioni.
Videro il Vanyar sistemare i loro bagagli, riempendoli con razioni di cibo che tolse dal proprio.
-Lo so che voi due avete altro da fare. Non mi offenderò se questa volta non verrete con me.- Fece loro, con falso biasimo. Quelli s’irrigidirono, fissandolo con gli occhi densi di tristezza.
Quando finalmente l’elfo dorato si girò verso di loro, i due cominciarono a protestare.
Ma quello, sordo alle loro richieste, li spinse nuovamente verso i loro cavalli: -L’Est vi aspetta, miei cari Stregoni Blu.-
-Tutto qui? Questo è tutto ciò che hai da dire dopo quello che abbiamo passato?- Rise Alatar, senza gioia.
Mentre Pallando risaliva mestamente a cavallo, Glorfindel sostenne lo sguardo del più giovane degli stregoni. -Come farai senza di me? Ti verranno altre crisi e sgozzerai persone a caso.- Lo ammonì questo.
Glorfindel gli rivolse un sorriso sghembo: -Me la sono cavata da solo prima di te, sai? Baderò a me stesso.-
-Adesso dici così, poi piangerai per non avermi intorno.-
Doveva concederglielo, era davvero simpatico.
-Sei un bravo stregone, mastro Alatar. Lo dico davvero. Che i venti ti siano sempre favorevoli.-
Prima che i due potessero separarsi, un forte rombo scosse proprio il vento attorno a loro, mandandoli quasi gambe all’aria.
Alzarono gli occhi al cielo solo per vedere tre enormi sagome rapaci planare nella radura.
-E ora cosa succede, dannazione!- Esclamò Alatar, schermandosi il viso con la manica della veste blu.
Tre forti tonfi annunciarono l’atterraggio dei tre grossi Maiar, inaspettatamente apparsi davanti a loro.
-Allora le voci erano vere. Sei tornato…-
A quella voce, arrocchita dall’età ma ancora familiare, Glorfindel sentì il cuore mancare un battito.
-Thorondor, sei proprio tu?-
L’immensa Aquila scosse le grandi ali, chiuse sul suo corpo piumato come un maestoso mantello.
-Dopo aver recuperato il tuo corpo senza vita in quel baratro… Dopo aver visitato la tua tomba anno dopo anno… ora i miei vecchi occhi riconoscono di nuovo la tua figura, amico mio.-
Glorfindel si avvicinò all’animale, ricacciando indietro le emozioni che minacciavano di fargli un buco nel petto. Thorondor, Signore delle Aquile, era stato uno dei suoi più fidati e agguerriti compagni ed era stato grazie a lui se molti dei suoi, durante la Nirnaeth Arnoediad, erano riusciti a scappare.
-Rivederti è un grande onore.- Riuscì a dire, dinanzi a quegli occhi rapaci colmi di sentimento.
Subito dopo, la grande Aquila girò la testa dietro si sé: -Costoro sono i miei figli. Il maggiore, Gwaihir, e il minore, Landroval.- Queste, molto più piccole dell’immenso padre ma comunque di grandi dimensioni, chinarono le teste rapaci verso Glorfindel.
-Possano anche loro servirti bene. Io sono ormai vecchio e presto volerò a Valinor per riposare. Vorrei però volare ancora al tuo fianco, Glorfindel di Gondolin. Cosa ti porta qui, dopo tanto tempo?- Chiese con voce affaticata ma ben salda.
L’elfo s’inchinò alle due giovani Aquile e tornò a rivolgere l’attenzione al vecchio amico: -Ti ringrazio, Thorondor. Tuttavia, il compito che mi è stato affidato dai Valar si sta rivelando più complesso di quanto pensassi e difficile da spiegare. Dimmi, hai notato qualcosa di strano negli ultimi tempi?-
Quello non ci pensò che per qualche secondo: -A Mordor c’è stato parecchio movimento.-
Elrond, poco discosto, rizzò le orecchie: -Mordor? Quelle terre sono inadatte alla vita.-
-Non per le creature di Morgoth. Sugli Ered Lithui gli orchi si radunano a frotte.-
Glorfindel non voleva crederci: -Chi li comanda?-
Gwaihir schioccò il becco minacciosamente: -Girano delle voci. Dicono che il luogotenente di Morgoth sia ancora vivo, in attesa di tornare in azione.-
Elrond si portò una mano alle labbra: -Sauron…-
-Lo sapevo. Quell’Annatar è certamente collegato a Sauron. Sotto mentite spoglie... e se fosse proprio lui?- Ringhiò Glorfindel, stringendo i pugni: -Dobbiamo avvertire Gil-galad.-
Thorondor raspò il terreno con gli enormi rostri: -Porterò personalmente la notizia ai Rifugi Oscuri, se lo desideri.- Glorfindel annuì, riconoscente.
Gli occhi della più giovane delle Aquile si fissarono sui due stregoni quasi per caso, ma il cipiglio che ne seguì fece rizzare i peli sulla nuca ai due: -Chi sono costoro?-
Gli Istari si presentarono per l’ennesima volta.
Landroval assottigliò lo sguardo: -Vedo il Male in voi.- Scoccò, quasi mormorando.
I presenti si guardarono tra loro costernati.
-Mio signore, anche loro sono stati inviati dai Valar. Sono amici.-
Ma questi parve irremovibile: -Per ora. Il mio istinto non sbaglia mai.-
Il padre stridette e la giovane Aquila si alzò in volo, gracchiando di rimando. -Perdonate la schiettezza di mio figlio. È la sua giovane età a infervorare le sue parole e annebbiare il suo giudizio.-
Quelle parole calmarono un poco il gruppo ma un’ombra inquieta era calata su di loro.
-Ti saluto, vecchio amico. Ti raggiungerò per portarti la risposta del Re dei Noldor.-
-State attenti.- Li salutò il Vanyar, guardandoli allontanarsi in volo.
Per qualche minuto, ci fu solo un raggelante silenzio.
-Noi dovremmo andare…- Fece Pallando, mesto, tirando a sé il fratello.
Elrond li accompagnò ai cavalli: -Fate attenzione mentre superate i Monti di Cenere. Avete sentito cos’ha detto l’Aquila.-
-Sì, abbiamo sentito.- Rispose Alatar, cupamente, riferendosi a ben altro discorso.
Glorfindel fissò gli occhi dorati in quelli grigi di lui: -Non pensarci più. Vedere il Male attorno a qualcuno non significa che egli lo porta nel cuore. Ti ha messo in guardia, tutto qui.-
-Se lo dici tu.- Si rasserenò un poco, il giovane stregone: -Le nostre strade si dividono, alla fine.-
-Che questo non sia un addio.- Sorrise il Vanyar.
Rinnovando i loro sorrisi, gli Stregoni Blu salutarono i compagni, spronando poi i destrieri verso Est.
Per l’ultima volta, Alatar si girò verso l’elfo dorato, strizzando l’occhio.
Guardandolo sparire, questi sperò davvero di rivederlo.
Era proprio un bravo stregone.


Rimasti soli, Glorfindel e Elrond si scambiarono uno sguardo incerto.
-Che cosa aveva detto il Re a proposito delle terre orientali?- Azzardò Glorfindel, guardando il corvino risalire a cavallo.
-Lo colonizzeremo. Ho intenzione di creare un rifugio, oltre Khazad-dûm, sul versante Ovest delle Montagne Nebbiose. Se tutto dovesse degenerare in una nuova guerra, la renderò una casa accogliente per la nostra gente.-
Glorfindel sollevò le sopracciglia, sorpreso: -Quanta iniziativa! Non è da te, così calmo e riflessivo.-
Quello rise, annuendo: -Ho sentito che il signore dei Sindar Oropher e suo figlio Thranduil hanno intenzione di trasferirsi a Nord e fondare un regno tutto loro. Dama Galadriel e Sire Celeborn hanno fatto la medesima cosa a Lothlórien. Perché starmene con le mani in mano quando il mio Re e cugino ripone tanta fiducia in me?-
Il Vanyar sorrise con grande soddisfazione.
Quella era una buona cosa, sì. Davvero una buona cosa.
-Porterai lì la tua bella Celebrian, ‘nevvero?- Lo provocò. Tuttavia, il corvino non si lasciò toccare da quella frecciatina e rispose con un sorriso altrettanto avvenente: -Certo. E ci porterò anche te.-
Glorfindel quasi cadde dalla sella. Si girò a guardare l’altro con gli enormi occhi dorati pieni di lacrime.
-Davvero?-
Elrond gli assestò una pacca sulla spalla, a dispetto dei suoi soliti modi composti: -Sarà casa tua, se lo vorrai. Ci sarà sempre un posto per te nel mio rifugio, divino Glorfindel.-
Egli lo guardò cavalcare verso quella nuova meta, senza parole.
Ancora una volta, una sola, fu grato ai Valar per averlo riportato a casa.
 

Come andò dopo, è storia.
Sauron forgiò l’Unico Anello a Mordor, per assoggettare gli altri da lui stesso creati.
Celebrimbor smascherò il suo Annatar. Da lui venne brutalmente ucciso.
Un’altra grande guerra ebbe luogo nella Terra di Mezzo, tra Sauron e gli Elfi.

I tre Anelli degli Elfi rimasero al sicuro, sordi al richiamo dell’Unico poiché mai toccati dalla malvagità di Sauron: quelli di Gil-galad furono tramandati a Elrond e -dopo lungo tempo- a Gandalf il Grigio; quello di Galadriel non si separò mai dalla sua padrona.

Ed ancora, il resto è storia.


E quella di Glorfindel è narrata in tanti modi, in molti canti e ancor più poesie.
Ciò che è stato narrato in queste pagine è solo una delle tante versioni.
Una versione che finisce con una stella.
O forse… o forse no?


 

 
 
[1] I cinque Istari, generalmente, si dice siano giunti sulla Terra di Mezzo attorno all’anno 1000 T.E. in quest’ordine: Saruman il Bianco, Alatar e Pallando i Blu, Radagst il Bruno, Gandalf il Grigio. Tuttavia, in un secondo momento, verrà riportato da Christopher Tolkien -nel XII volume della The History of Middle-earthThe Peoples of Middle-earth, nel capitolo Last Writings - The Five Wizards- che i due Stregoni Blu forse giunsero ben prima degli altri, nel 1600 S.E, scortati da niente popò di meno che Glorfindel, nel momento di grande bisogno. L’ipotesi è formulata su numerosi scritti del Professore, anche se non propriamente canonica. Io non potevo farmi sfuggire questa curiosità, al tempo delle mie ricerche per la stesura della long ahahaha
 
[2] La Strada Dritta: (o Via Dritta o Strada Perduta) era l'unica rotta che portava alle Terre Immortali dopo la distruzione di Númenor, sul finire della Seconda Era (io l’ho ripresa, anche se cronologicamente Valinor non è ancora stata occultata). Solo gli Elfi potevano percorrere questa via, ma nel corso dei secoli i Valar permisero anche a pochi membri di altre razze di percorrerla (come gli hobbit Bilbo e Frodo Baggins, o il nano Gimli per desiderio di Legolas *^*).
 
[3] Valmar: capitale di Valinor, dove Glorfindel è molto probabilmente nato.
 
[4] Nirnaeth Arnoediad o La Battaglia delle Innumerevoli Lacrime. Non credo serva aggiungere altro T^T
Se vi va di approfondire quanto è accaduto e non avete ancora letto il Silmarillion, ecco il link dove trovare qualche info: Nirnaeth Arnoediad  <3

 
[5] Turgon: Re dei Noldor predecessore di Gil-galad, protagonista della Caduta di Gondolin. Cadde con la sua città, nell’anno 511 della P.E. Nello stesso momento, perì lo stesso Glorfindel, per proteggere la fuga dei superstiti.
 
[6] Elrond e il suo gemello Elros sono Mezzelfi (sia il padre che la madre sono Mezzelfi) ed eredi di Turgon. Tuttavia, da bambini furono rapiti dai Figli di Fëanor, Maedhros e Maglor (per faccende riguardanti il Silmaril che la madre dei gemelli custodiva, lunga storia). Ad ogni modo, anche Celebrimbor è parte della stirpe di Fëanor, pur non essendo mai stato coinvolto nelle faccende dei Silmaril; e, dato che Elrond e Elros sono stati cresciuti amati e amando i loro rapitori come fossero la loro famiglia, considerano Celebrimbor un parente. Ma le parentele sono molteplici tra molti personaggi su vari livelli, non starò a fare un pippone su tutte, tranquilli XD




N.D.A

*non ci sono dialoghi in elfico perché in realtà i personaggi hanno parlato elfico tutto il tempo, dato che farli parlare Ovestron adesso sarebbe stato anacronistico -non siamo ancora nel periodo coloniale di Numenor, in breve- B) Less is more baby

Ciao!
Sono di nuovo io ^-^”

Dunque, ecco la sudata terza one shot.
Che mi siano uscite un po’ tutte a tema Glorfy non è un caso, spero lo sappiate XD

Di questa in particolare non sono molto convinta, poiché è praticamente un riassunto rivisitato -e visto dal punto di vista del nostro Vanyar- di cosa accadde a metà della Seconda Era.

Però dai, non mi sembrava giusto non pubblicarla!
Anche perché cade a fagiolo, quest’anno dovrebbe uscire la tanto chiacchierata serie tv a tema Seconda Era ;) -non facciamole troppo pubblicità che ho paurissima di come andrà a finire ahaha-

Spero che questa mia parentesi sia scritta abbastanza decentemente da far risaltare quei piccoli collegamenti con la long! E per chi non ha letto la long, sicuramente ci sono cose che non avranno molto senso e.e Quindi andate a leggerla.

Scherzi a parte, fatemi sapere cosa ne pensate, se è davvero qualcosa di troppo forzato per avere senso o se può funzionare.

Ora taglio perché vi ho ammorbato abbastanza,
ma era un sacco che non tornavo su Efp e mi è mancato T-T


Un abbraccio e grazie a chi è arrivato sino a qui!
Aleera
 


P.S sì, non ho finito XD Ringrazio chi mi ha scritto in pvt e sappiate che ho letto tutti i vostri messaggi felicissima e con un sacco di entusiasmo! Vi risponderò con la dovuta attenzione appena possibile, grazie per la pazienza <3


P.P.S Stay tuned perché tra poco esce il Sequel de La Stella dei Valar.
Mic drop.
:D





 
   
 
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