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Autore: Bell_Black    24/05/2022    0 recensioni
Appena uscito dal servizio militare, Seokjin si sente completamente spaesato e vuoto, non riesce a riconnettersi con la realtà.
Si sente solo e decide di isolarsi, insicuro del futuro, mentre nel mondo è in corso una pandemia che ha bloccato qualsiasi sua attività.
Completamente sopraffatto dalle sua emozioni, riesce a trovare conforto grazie a una ragazza che pubblica lunghi monologhi, sotto forma di podcast, sui suoi sentimenti nei confronti di quello che le accade attorno, in un periodo tanto difficile per tutti.
Seokjin non conosce il suo volto o il suo paese di provenienza, sa solo che grazie a quella sconosciuta si è sentito meno isolato e si chiede, se anche lei abbia, qualcuno che la faccia sentire così o in caso contrario poter restituire il favore.
Il suo unico desiderio è sapere che anche lei può stare bene, nello stesso modo in cui si sente Jin ogni volta che la ragazza decidere di condividere, con lui, quei pensieri, facendo illuminare lo schermo del suo telefono, con la notifica più attesa della giornata.
Genere: Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kim Seokjin/ Jin, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo otto.
Waffle per Jungwoo

Mi rigirai nel letto, ritrovandomi ad osservare il mare dalla finestra, era il nostro ultimo giorno a Busan e presto saremo tornati a Seoul, dove ci aspettavano giorni di riprese e incisioni, per la pubblicazione del nuovo album, abbandonato accan...

Mi rigirai nel letto, ritrovandomi ad osservare il mare dalla finestra, era il nostro ultimo giorno a Busan e presto saremo tornati a Seoul, dove ci aspettavano giorni di riprese e incisioni, per la pubblicazione del nuovo album, abbandonato accanto alla finestra, il costume da pinguino, a cui mancava la testa, lasciata a Jungkook la sera prima.

Il telefono vibrò, attirando tutta la mia attenzione, un messaggio da parte di Yoongi, ci avvertiva sul gruppo, che sarebbe tornato a Seoul da solo, senza specificare se prima o dopo di noi, probabilmente c'entrava il suo nuovo mixtape, ma io speravo si trattasse della ragazza del minimarket, avevo bisogno di aggiornamenti da parte della mia serie tv personale preferita.

Le risposte da parte di tutti furono delle emoji, probabilmente perché troppo stanchi per elaborare una frase, dopo che la sera prima eravamo rientrati in tarda nottata. 

Mi trascinai fuori dal letto, stiracchiandomi, mentre continuavo ad osservare la vista meravigliosa che si stendeva davanti ai miei occhi, non era una bella giornata, il cielo era grigio, il mare agitato, però quella vista, mi faceva sentire sereno, in pace, riposato, anche se avevo dormito quattro ore.

Forse era colpa di Purple Abyss, del suo aggiornamento, della breve risposta alla mia email, mi aveva dato la speranza di una possibilità, in qualche modo, potevamo comunicare, rimanere a stretto contatto e il tutto senza bisogno di rivelare chi fossi, almeno non per il momento.

Controllai Instagram, ritrovandomi qualche aggiornamento da parte sua tramite le storie della piattaforma, consigliava una nuova lettura, di una scrittrice mai sentita nominare, accanto al libro adagiato su un ripiano, notai all'angolo dell'inquadratura un foglio, con degli appunti, scritti in inglese o almeno così intuii, vedendone solo qualche parola. 

Che fosse, del Regno Unito? 

Le incognite erano sempre più presenti, fino a poche settimane prima, mi ripetevo che non mi importasse chi fosse, il suo volto, la sua provenienza, qualsiasi risposta non sarebbe stata utile, perché di lei mi importava il pensiero, lo stato d'animo e la possibilità di capirsi. Eppure, la mia curiosità si stava risvegliando.

La sua pelle bianca e i capelli rosa, non mi avevano aiutata a collocarla geograficamente, l'indizio più rilevante, erano i biglietti che aveva mostrato nel tempo dei concerti Kpop a cui aveva partecipato: Parigi, Barcellona, Madrid, Londra, Berlino e altri ancora, sicuramente la collocavano nel mondo, ma rimanevano troppi paesi nella lista da scartare. 

Un suo post comparve alla chiusura della storia, un calendario da tavolo, con il mio faccione a fianco, segava i giorni trascorsi, con tanto di cerchiolino, su una giornata in pariticolare, era un lunedì qualsiasi invernale, che sarebbe arrivato tra pochi giorni, ma per lei era lecito segnarlo come giornata importante.

Lessi attentamente la descrizione, che spiegava, come per lei quella giornata rappresentasse la fine del lookdown della propria regione, almeno per il momento e che si sentiva felice di questa nuova opportunità data al paese, specificando che probabilmente, in base ai suoi impegni, lei non avrebbe lasciato il suo appartamento prima di venerdì. Mi sentivo sollevato, nel sapere che qualcosa nel suo paese si stesse smuovendo e che forse quell'informazione, potesse aiutarmi con delle ricerche.

Ritornai seduto sul letto e con velocità aprì naver, per poter ricercare, quali paesi nel mondo avessero le chiusure ancora attive e quali si trovavano pronti alle riaperture; mi sentivo uno stupido, probabilmente a chiederglielo non si sarebbe fatta nessun problema a rispondermi, a dirmi da quale paese provenisse, ma sembrava più giusto capirlo da solo, era un ragionamento sicuramente strano e contorto, ma mi stavo abituando a questa ritrovata ambiguità della mia mente.

Scorrendo tra i vari articoli poco inerenti alle mie ricerche, trovai una specie di lista, che parlava dei paesi europei e delle loro riprese; sembrava un articolo che riguardava l'economia, si concentrava prevalentemente sulle borse, i valori di mercato, ma verso la fine del lungo esposto, c'era una lista, di paesi, messi in ordine, in base a quanto le aperture imminenti avessero dato degli svolti positivi all'economia. 

Non fu di grande aiuto, sembrava che molti paesi europei stessero per riaprire i battenti, ma almeno, in base alle date, potei eliminare ben tre paesi dalla mia lista: Germania, Regno Unito e Francia. Tutti e tre i paesi erano le mie ipotesi più gettonate, tutte scartate nel giro di pochi secondi, tornai sul social, sfogliai ogni sua foto, ancora stanco e annoiato, solo per poter guardare le sue foto, leggere le descrizioni, magari trovare qualche nuovo indizio o anche solo prendere il coraggio di chiederle da dove venisse.

Sembrava quasi avessi paura di chiedere la sua provenienza, come se la risposta potesse deludermi in qualche modo, nonostante non avessi chissà quali pregiudizi su nessun paese europeo. Lasciai andare il telefono sul materasso, portai una mano sul viso e sbuffai, pensavo troppo a qualcosa di inutile, lei era in Europa, io in Corea del Sud, dovevo solo smaltire la mia cotta e tutta quella confusione sarebbe finita.

Il telefono vibrò tra le lenzuola, sperai fosse lei, un aggiornamento repentino del suo stato, sia sul podcast che su Instagram, ma quando riuscì a recuperare il telefono, era solo Jungkook, mi annunciava che Jungwoo voleva vedermi e per quanto avessi poca voglia di lasciare la mia stanze, feci uno sforzo per lui.

Recuperai i primi vestiti che si trovavano nella valigia, non mi preoccupai neanche di pettinarmi, visto che avrei indossato il cappello, presi dal comodino una nuova mascherina e la indossai, per poi lasciare la mia stanza e dirigermi verso il piano terra, per raggiungere Jungkook.

Ero felice di poter rivedere Jungwoo dopo due anni, non mi era capitato nemmeno di vedere una sua foto, per capire quanto fosse cresciuto, l'avevo lasciato al compimento del suo primo anno di vita, ed ero tornato che ormai ne aveva già compiuti tre, mi sentivo un po' come se fossi scomparso, ma penso fosse una sensazione provata da tutti i ragazzi che abbiano fatto il servizio militare. 

Misi piede fuori dall'hotel e presi un taxi, che mi avrebbe portato a casa della famiglia di Jungkook, probabilmente aveva scritto ad altri membri del gruppo, non ricevendo risposte da nessuno di loro, faticavo anche io a tenere gli occhi aperti, l'autista particolarmente attento, aveva una guida impeccabile, la musica rilassante di sottofondo e il rumore assente dell'auto elettrica, mi fecero quasi addormentare, ma per fortuna il viaggio non fu abbastanza lungo, prima che i miei occhi potessero definitivamente chiudersi, riconobbi l'incrocio che segava il mio arrivo.

Pagai l'autista e mi feci lasciare poco prima della destinazione, così da potermi concedere una piccola passeggiata. Camminai per la strada silenziosa e deserta, forse era un po' presto per tutta la città, oppure erano già tutti usciti per raggiungere il lavoro o la scuola, con la pandemia in corso, tutto sembrava diverso, adesso che ci pensavo, probabilmente molti di loro erano costretti a lavorare da casa, questo giustificava meglio, la strada deserta.

"Hyung", sentii urlare poco lontano da una piccola vocina stridula, alzai lo sguardo dall'asfalto, fino a incrociare la figura del piccolo bambino, che mi stava correndo incontro in modo entusiasta, mi abbassai a suo livello e aprii le braccia in attesa che ci si catapultasse, anche lui aprì le braccia, pronto a stringermi, ma pochi passi prima di raggiungermi inciampò, cadendo in avanti.

Preoccupato mi sporsi verso di lui, per controllare stesse bene, ma il bambino si mise subito in piedi e concluse la sua corsa, abbracciandomi il più forte che poteva.

"Hyung mi sei mancato", urlo al mio orecchio, lo presi saldamente in braccio e mi alzai da terra, per poi notare Jungkook fermo davanti a casa sua, mentre scuoteva la testa, probabilmente per via delle caduta del figlio. Era difficile, capire come potessi mancare a un bambino così piccolo, che mi aveva visto solo qualche volta di presenza, ma non mi importava molto, finché lui era felice.

"Anche tu mi sei mancato, però fammi controllare che non ti sia fatto male", a fatica riuscì ad allontanarlo, constatando che si fosse solo graffiato le mani e probabilmente il ginocchio, visti i pantaloni leggermente sporchi.

"Sono forte, non mi sono fatto niente", mi rassicurò battendo una mano sul ginocchio per errore, mi guardò con un sorriso molto tirato, segno che si fosse fatto male.

"Ne sono sicura, però dobbiamo disinfettare le ferite", annunciai avvicinandomi a Jungkook, che mi fece cenno di precederlo dentro casa, l'appartamento sembrava deserto, nessuno dei suoi genitori mi venne ad accogliere, ed anche il fratello di solito seduto sul divano risultava assente.

"Solo oggi?" Domandai al ragazzo che mi tolse il bambino dalle braccia, così da poterlo appoggiare al tavolo della cucina e recuperare la cassettina del primo soccorso.

"Avevano tutti degli impegni, torneranno verso il pomeriggio, così posso passare tutto il giorno con il mio piccolo Jungwoo", disse rivolgendosi al bambino, con la classica voce stridula e distorta che si usava con i bambini, Jungwoo sorrise, probabilmente gli era mancato il padre, anche se troppo piccolo per accorgersi realmente della prolungata assenza, spezzata da qualche piccola visita durante l'anno. 

"Oggi papà, ha bruciato la colazione", esultò il bambino, sembrava divertito da quella tragedia, spostai lo sguardo verso la cucina, le pentole sporche erano abbandonate nel lavello, mentre della poltiglia nera era depositata su un piatto, non avevo idea di che cosa fosse, ma ero contento di averlo raggiunto.

"Preparo qualcosa io, avete delle richieste?" Sfilai il cappotto, lo adagiai su una delle sedie, alzai le maniche ed iniziai a ripulire il disastro di Jungkook, mentre il ragazzo si occupava di disinfettare e coprire le piccole ferite del figlio.

"Waffle e taaaanto cioccolato", richiese il più piccolo, guardai il makane, che annuì, segno che potessi procedere, adagiai il telefono sul ripiano, mentre andavo alla ricerca dei vari ingredienti per poter sfamare i due. Jungkook chiese al bambino di fare più attenzione, spiegandogli come non cadere, Jungwoo nel frattempo annuiva, osservando ogni movimento del padre intento a ripulire i graffi. 

Mi era ancora strano vedere Jungkook come padre, non aveva mai mancato di responsabilità, ma vederlo tenere in braccio un bambino, suo figlio, era quasi surreale.  Probabilmente, mi era stato difficile metabolizzarlo, perché era capitato tutto molto in fretta, a ridosso della partenza per il servizio militare. Jungwoo era arrivato all'improvviso, in tutti i sensi, consegnato quasi come un pacchetto alla porta della famiglia Jeon, uno di quei pacchi con ricevuta di ritorno, dopo una firma, la persona che l'aveva lasciato era sparita, lasciando poche e misere spiegazioni, su un foglio spiegazzato che aveva scioccato Jungkook. 

All'inizio pensavamo fosse uno scherzo, ma dopo che Jungkook ebbe confermato, che quello fosse suo figlio e un test di paternità, condotto nel più segreto dei modi, non c'erano altri dubbi, quello era suo figlio, in effetti guardandolo in quel momento, sembrava la copia carbone del makane, l'unica cosa su cui differiva, erano gli occhi, dalla forma più felina e le orecchie a sventola.

"Hyung ci sei?"chiese Jungkook, sventolandomi una mano davanti al volto, lo guardai confuso, la distrazione, mi aveva fatto completamente cancellare i suoni differenti dai miei pensieri, mentre le mie mani stavano lavorando automaticamente per preparare i waffle richiesti dal bambino.

"Ci sono, ieri sera sono andato a dormire troppo tardi", precisai concentrandomi sulla piastra calda posta sul ripiano, iniziai a versare l'impasto, premurandomi di non rovesciare nulla, nonostante la mia attenzione, Jungkook decise di darmi una pacca sulla spalla, facendomi rovesciare un po' troppo impasto sulla piastra.

"Ormai sei vecchio per far baldoria", scherzò mettendo a terra il bambino, che corse verso il salone, dove c'era la televisione accesa, si appoggiò al bancone accanto a me, incrociò le braccia e si concentrò sul mio lavoro, non provando nemmeno ad offrisi per aiutare.

"Sei stato il primo a lamentarti del sonno", gli ricordai pizzicandogli il braccio, lui mise il broncio e fece un passo per allontanarsi da me, facendo cadere il giocattolo del figlio. Lo guardai mentre raccoglieva distrattamente l'astronave leggermente usurata e mi venne spontaneo chiedermi, per quanto quel bambino potesse rimanere lontano dal proprio padre.

"Hyung, oggi sei più distratto di me", la sua voce mi arrivò troppo tardi, Jungkook si era mosso per rimuovere dalla piastra il waffle, che rischiava di bruciarsi.

"Come farai con Jungwoo?" Domandai diretto, mentre il ragazzo metteva nel piatto i waffle, "lo porterai a Seoul? Come ti occuperai di lui? È piccolo ha bisogno di molte attenzioni", avrei potuto continuare per ore a fare domande, ma le sue mani batterono sul piano in modo brusco e la sua voce quasi mi intimidì, non mi sembrava nemmeno lui.

"Smettila!" Disse con tono deciso, mentre fissava il ripiano davanti a se, avevo esagerato, mi ero fatto prendere di nuovo da un panico che non mi apparteneva, stavo riversando la mia frustrazione su un argomento a me non pertinente. "Sono due anni che mi tormento, che mi chiedo come sarebbe giusto comportarsi, nessuno ha risposte da elargirmi e io non so come procedere", mormorò senza guardarmi in volto, "almeno voi non riempitemi di domande", richiese alzando la testa in modo da poter guardare la finestra davanti a se, mi sporsi verso di lui e lo abbracciai, non volevo che il suo primo giorno di libertà risultasse così pesante per colpa mia, dovevo imparare a dosare le mie ansie; essere il più grande comportava anche questo.

"Ha un visetto carino, potrebbe essere l'ottavo membro del gruppo", scherzai, il sorriso tornò sul suo volto e i suoi occhi si spostarono su di me, rivelandosi meno turbati di prima, il più piccolo ricambiò l'abbraccio, facendomi notare che stavo rischiando di bruciare anche il secondo waffle messo a cuocere.

"I miei desideri sono quelli di portarlo con me a Seoul, sono suo padre dovrei crescerlo io, ma sono anche consapevole che, il mio tempo è limitato, e lui dovrà andare a scuola tra qualche anno, esistono le baby sitter full time, ma è un po' come lasciarlo qui a Busan", confessò mentre spalmava la nutella sui waffle, la sua espressione, lasciava trasparire ogni preoccupazione, il timore di sbagliare e rendere la vita difficile al bambino, al suo posto, avrei sicuramente gli stessi dubbi, con tanto di panico e crisi isteriche camuffate da risata convulsiva. 

"Se posso darti il mio parere spassionato, lasciarlo qui a Busan, significherebbe vederlo forse una settimana in un anno, averlo a Seoul, sicuramente aumenterebbe il vostro tempo insieme, potresti portarlo in studio, alle prove, passare più tempo possibile insieme finché non andrà a scuola", a parole sembrava tutto molto semplice, ma sapevo anche io che non era così, avevamo orari imprevedibili, tempi lunghi e soprattutto, paparazzi sempre alle calcagna, poteva diventare un problema.

"Devo parlarne con la mia famiglia e con Bang, portarlo a Seoul comporterebbe sicuramente l'essere scoperti dai media, tu cosa faresti se domani scoprissi di avere un figlio?"il ragazzo mi guardò con sguardo preoccupato, cercava conforto, rassicurazioni che non avevo, potevo solo dargli una speranza, e qualche squallida battuta, in modo che la decisione non risultasse così cruciale.

"La risposta rassicurante è che proverei a tutelarlo, dividendomi tra lui e il lavoro, forse lo rivelerei anche al pubblico, così da non dovermi giustificare ogni volta che capiterà di andare in giro con lui", specificai dandogli una pacca sulla spalla, "la risposta sincera è che mi chiuderei nel primo bagno nella mia traiettoria ad urlare". Recuperai il piatto con l'ultimo waffle preparato, così da poterlo portare al bambino sdraiato sul divano, che guardava i cartoni animati in televisione, abbracciato alla testa del mio pinguino. 

"L'hai fatto anche quando hai compreso di avere una cotta per la sconosciuta dei podcast", Jungkook mi guardò, con una espressione ammiccante, mentre il bambino, prendeva posto sulle sue gambe, per poter mangiare indisturbato il suo waffle, cosparso di cioccolato.

"Hai deciso di voler cambiare argomento?" Chiesi in tono retorico, sarei rimasto ore a parlare della possibilità di avere un figlio da gestire, pur di non dover affrontare ancora una volta questo argomento, alla fine non avevo nulla di nuovo da comunicare, erano sempre le stesse cose e da ieri sera nulla era cambiato, se non la consapevolezza di voler sapere di più. 

"Esattamente", confermò il ragazzo, pulendo gli angoli della bocca a piccolo Jungwoo, "a parte gli scherzi, sono curioso, la ascolti da quando hai lasciato il militare, più o meno tre mesi, eppure hai fatto la tua prima mossa due settimane fa, di questo passo la conoscerai a cinquant'anni", specificò il ragazzo, nonostante gli avessi detto la sera precedente, di non aver desiderio di incontrare la ragazza, anzi la verità era che non volevo costruire un legame ancora più forte, non conoscendo il suo volto, la sua nazionalità, il suo nome, sentivo comunque un legame, che mi avrebbe reso sicuramente più difficile accettare il fatto che fossimo di due continenti differenti.

"Diciamo che fino adesso non ho avuto vere intenzioni di incontrarla, volevo farla sentire meglio, sentirla parlare di cose positive, non so bene come sono arrivato a farmela piacere", specificai ricevendo un'occhiata divertita da parte del più piccolo, che aveva deciso di imboccare il bambino, era così concentrato sui cartoni da aver mancato più volte il piatto, punzecchiando la mano del padre, invece che il waffle.

"Credo ti piacesse già dal momento in cui ai deciso di volerla far sentire bene, non funziona così?" Chiese in forma retorica, lo sapevo anche io, che ogni parola di distacco era solo un modo per minimizzare l'enorme cotta presa, "dovresti scriverle, ogni volta che vorresti sentirla, ma lei non pubblica, mandale una email, accennale i tuoi sentimenti", provò ad aiutarmi Jungkook, senza che avessi chiesto nessun parere, probabilmente, anche lui stava cercando di accantonare i suoi problemi, concentrandosi su qualcosa di più frivolo e la mia situazione da drama noioso e scadente, era la giusta dose di normalità. 

"Di recente la mia curiosità verso di lei si è fatta più morbosa", confessai per dargli altro di cui parlare, in qualche modo, Purple Abyss stava aiutando Jungkook e me a tenere tutti i cattivi pensieri e le vere decisioni difficili lontane, come se non esistessero problemi peggiori di un uomo invaghito di una donna senza volto. 

"Allora soddisfa questa volontà, se non le fai domande, sicuramente non potrà risponderti, sono sicuro che anche lei abbia una specie di cotta per te dopo quella email", quelle parole erano state dette per spronarmi, darmi un motivo in più per avvicinarmi alla ragazza, ma in realtà mi aveva solo ricordato, quanto tutta quella situazione fosse solo nella mia testa e che ognuno di noi, stava vivendo la propria vita su due binari differenti. 

"Dubito, anche se sicuramente tenderà a non ignorarmi, la mia vera paura è che possa piacermi sul serio, ma viva dall'altra parte del mondo", sembravano le lamentele di un adolescente, l'ultima cosa che dovevo fare, era lamentarmi di una cotta a distanza, mentre il mondo sembrava pronto ad una apocalisse zombie.

"Quanto sei melodrammatico, se sei così sicuro che ti piaccia, e non vuoi sapere di più su di lei, stai di fatto respingendo quella che potrebbe essere l'amore della tua vita", disse mentre cercava di tenere a bada il piccolo Jungwoo, un po' troppo annoiato per stare fermo, aveva deciso che il padre era un ottimo allenamento per le sue arrampicate e stava provando in tutti i modi a raggiungere la vetta, cioè la sua testa. 

"Un po' troppo precipitoso Jungkook", gli feci notare, staccando il bambino dalla sua faccia e portandolo sulle mie gambe, il ragazzo alzò gli occhi al cielo, disturbato dalla mia affermazione, l'unica forse della giornata veritiera. 

"No, lo sei tu, dai per scontato che possa piacerti, non vagli la possibilità possa diventare una buona amica che vedi sporadicamente. Quindi è ovvio che io parli d'amore, oppure sei tu che ti fai troppi problemi", specificò mettendo un po' troppa enfasi nelle sue parole.

La notifica del mio telefono mi fece velocemente distaccare dal discorso e sorridere, quel suono, significava che Purple Abyss aveva pubblicato qualcosa di nuovo, "anche se è particolare che ti illumini per una sua notifica", aggiunse in battuta finale Jungkook, mentre mi dirigevo verso la cucina, con il bambino in braccio.

Recuperai il cellulare dalla mensola e sullo schermo una semplice notifica da parte di instagram, mi fece capire che, Jungkook aveva ragione, stavo minimizzando e allo stesso tempo ingigantendo il mio problema, l'amore non faceva per me, troppo complicato e pieno di intoppi. 

Cliccai sulla notifica e sullo schermo apparve in pochi secondi una foto che ritraeva il suo letto, sommerso da BT21 o meglio, da una moltitudine di RJ e Shooky posti in modo disordinato sul letto, mentre sotto di essi, notai una figura o meglio, un ragazzo, che fingeva di essere attaccato dai vari pupazzi. Quella foto non mi rese per niente felice, a differenza degli altri aggiornamenti ed era evidente il perché non fossi entusiasta, mi sentivo uno sciocco, mentre nella mia mente aleggiava l'unica domanda che non doveva essere posta:

"Chi cavolo è quel tipo?" Domandai a me stesso, e solo vedendo il bambino confuso tra le mia braccia e Jungkook sporgersi verso il telefono, mi resi conto di aver parlato ad alta voce involontariamente, chissà se nel mondo esisteva qualcuno di più stupido di me.

"Best friend, almeno è quello che dice la descrizione", rispose alla mia domanda retorica Jungkook, abbassai gli occhi verso la descrizione, piena di allegria e di emoji immotivate, Purple Abyss, annunciava di aver rivisto dopo mesi il suo migliore amico, che aveva portato con se, la sua collezione di Shooky. Quelle parole non mi confortavano, anzi alimentavano l'insensata gelosia nei confronti di un ragazzo, che probabilmente era in lizza per diventare il futuro fidanzato di Purple Abyss.

Ero esagerato? Si!

Mi importava? Assolutamente no!

Jungkook, con cui condividevo un'innata curiosità, portò il suo indice sullo schermo così da rivelare un tag, che conduceva al profilo del ragazzo, pubblico e pieno di foto, sia io che Jungkook ci scambiammo uno sguardo di intesa, avremmo setacciato tutte le mille foto, alla ricerca di Purple Abyss, del suo tag o di qualcuno che potesse assomigliare a quell'unica foto pubblicata dalla ragazza, anche se con il volto coperto. 

Presi posto su una delle sedie, mentre il bambino scivolava via dalle mie braccia, troppo annoiato dai nostri discorsi per voler provare a intromettersi, semplicemente corse di nuovo sul divano, pronto a farsi una seconda scorpacciata dei suoi cartoni animati preferiti. 

"Sei salvo hyung, sono veramente migliori amici", disse Jungkook, prima che potessi aprire l'ultima foto pubblicata; il ragazzo allungò l'indice verso lo schermo e mise in primo piano una foto, racchiudeva l'immagine del suo amico e di un'altro ragazzo che si baciavano, nella descrizione c'era anche la data del loro anniversario, avvenuto qualche giorno prima.

Sospirai sollevato, attirando l'attenzione di Jungkook, che scosse la testa divertito, sopra l'immagine era anche attiva la localizzazione, che poteva essere errata, ma controllando le varie foto, risultava simile per molti post.

"Sono sicuro all'ottanta percento che Purple Abyss sia italiana", mi confidai, mentre la localizzazione 'Milano', primeggiava sulla quasi totalità delle foto vagliate del suo migliore amico, nei suoi post successivi, diverse ragazze erano presenti, fin troppe, tutte diverse, a gruppo, simili, di etnie differenti, quel ragazzo aveva troppi amici.

Jungkook tirò fuori il suo telefono, ricercando il profilo della ragazza, così da poter confrontare, alcuni dei tratti evidenti dalla foto, i capelli rosa, non potevano essere un tratto distintivo, visto che la buona parte delle ragazze aveva i capelli tinti, sicuramente gli indumenti non erano di grande aiuto.

"Oh, è lei", esclamò Jungkook, indicando una ragazza che nella foto da me aperta, abbracciava il proprietario dell'account, nella foto aveva i capelli corti, di un azzurro celeste che le faceva risaltare gli occhi chiari, ma non riuscivo a capire cosa potesse distinguerla dalle altre. "Hanno gli stessi anelli e se osservi attentamente in mano ha il telefono con la stessa cover", indicò il ragazzo mettendo le due immagini a confronto, cose evidenti, ma che non avrei mai guardato per riconoscerla, per fortuna Jungkook era un curioso molto più morboso di me.

"Non ci credo!" Esclamai con il sorriso sulle labbra, come se avere un volto, fosse la risoluzione dei miei problemi, anzi, forse li aumentava, visto che era ancora più carina di quanto avessi mai immaginato.

"Posso dire che è molto divertente constatare che, sei l'unico uomo che riesce a trovarsi una donna asiatica, che vive in Europa come cotta", guardai il viso della ragazza, mentre Jungkook si prendeva gioco di me, notando solo dopo interminabili secondi a fissarla, che avesse ragione, la ragazza aveva tratti tipicamente asiatici, il colmo sarebbe stato scoprire che fosse coreana, avrei confermato che il destino si stesse prendendo gioco di me.

Il mio dito cliccò sulla foto, rivelando una serie di tag, su ogni persona, tra cui anche lei, un tag diverso da Purple Abyss, guardai quel nickname per qualche secondo, facendo persino bloccare lo schermo del telefono che si oscurò, il mio volto era riflesso su di esso, un sorriso ebete aleggiava trionfante, neanche avessi risolto l'enigma dell'esistenza umana. 

Ero cotto di quella ragazza e ormai non potevo più ignorare questa cosa, volevo parlarle, conoscerla realmente e magari un giorno confessarle la mia identità, per il momento mi sarei limitato ad esplorare il suo profilo reale, con tutte le sue esperienze, le sue immagini, molto probabilmente non filtrate da un esigenza estetica o da un tema.

"Si chiama Danbi Rizzo, cognome poco asiatico", commentò Jungkook, che si era già attivato per spiare il profilo della ragazza, troppo impaziente per attendere che il mio stupore scemasse, "non ci credo", esclamò divertito, faticava a non ridere, mentre osservava lo schermo del telefono.

"Cosa?" Mi portai al suo fianco per poter capire, cosa lo stesse divertendo tanto, ma non vidi nulla di così esilarante, era solamente la home, del suo profilo, piene di svariate foto con amici o da sola, in giro per vari paesi.

"Dio! Jin hyung, sei proprio uno sfigato", commentò sempre più divertito indicandomi la bio sottostante la foto profilo, gli tolsi il telefono di mano per capire cosa ci fosse di così strano.

In bella vista nella prima riga c'era il suo nome: Danbi Rizzo, subito dopo il suo essere una Army, cosa che già conoscevo e sottostante il suo anno di nascita, che segnava ben quattro anni di differenza tra noi, mi sembravano informazioni normalissime; poi però spostando lo sguardo dalla data di nascita notai una cosa, un dettaglio, che poteva significare tutto o niente; accanto alla bandiera italiana, ve ne era un'altra, quella della Corea del Sud, segno che potesse essere di origini coreane. 

Jungkook non aveva tutti i torti, ero l'unico sfigato, che si era preso una cotta, per una delle poche coreane in Italia. 

                     

  
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