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Autore: ValeDowney    24/05/2022    8 recensioni
Stephanie Strange , brillante laureanda in Medicina alla New York University, comincia a sentire strette le maglie del camice bianco da neurochirurgo che il padre vorrebbe farle indossare. E se il padre è il famoso Doctor Stephen Strange, allora la faccenda si complica
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Doctor Stephen Strange, Nuovo personaggio
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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UNA VITA IN GABBIA
 


Capitolo I: Ossigeno cercasi
 


Era strano poter passeggiare di nuovo per i corridoi dell’università dopo cinque anni. Era rimasto tutto come allora, come se il tempo non fosse mai passato.
Stephanie si faceva largo tra la folla di studenti, cercando di arrivare al suo armadietto ed evitando i loro sguardi interrogatori.
Non era mai stata una ragazza molto aperta, né incline a fare amicizia. Dopo le lezioni, si isolava costantemente, sfogliando un grosso libro di medicina.
La New York University vantava, infatti, uno dei corsi di miglior prestigio nel campo della medicina in tutta America. Nulla da invidiare ad Harvard o alla Columbia.
Stephanie aveva sempre avuto il meglio dalla vita, contando che suo padre non era altri che il Dottor Stephen Strange.
Fin dalla tenera età, il padre aveva viziato la figlia in modo spropositato. Del parere opposto era la madre, Christine Palmer, sua collega di lavoro.
Quest’ultima non voleva che la figlia diventasse una delle tante ragazzine con la puzza sotto il naso. Per lei desiderava un futuro nel quale avesse buoni amici sempre accanto e una vita sociale normale. Ma Stephen non era del parere.
Al compimento del quarto anno, i due si separarono e Stephen pagò profumatamente vari avvocati affinché gli venisse affidata del tutto la custodia della figlia. Vinse la causa e Stephanie si trasferì definitamente nel suo loft. Ma il suo amore per i genitori era equo. Voleva bene alla madre quanto al padre e, quando poteva, trascorreva i weekend con lei o andava a trovarla all’ospedale.
Più Stephanie cresceva e più diventava ambiziosa come il padre. Ogni sera, a cena, voleva che lui le raccontasse delle varie operazioni chirurgiche che aveva effettuato durante la giornata. Ascoltava affascinata ogni minimo dettaglio – che il padre non tralasciava – delle vite salvate, promettendosi che anche lei, come lui, un giorno sarebbe diventata una delle più brave chirurghe esistenti e anche tra le più richieste.
Alle superiori era sempre la prima della classe. Ottimi voti in tutte le materie. Stephen la seguiva costantemente con gli studi. La incoraggiava a fare sempre di più. Una piccola distrazione e poteva dire addio alla borsa di studio alla quale puntava e che le avrebbe permesso un accesso sicuro e di primo ordine alle università più prestigiose.
Non voleva fallire e renderlo orgoglioso era ciò che desiderava di più. Stephen era sempre stato una persona distaccata. Mai di sentimenti aperti e rude con i colleghi di lavoro. Voleva primeggiare su tutti loro. Renderli inferiori e incapaci nel loro mestiere. Non accettava mai casi semplici. Puntava sempre più in alto.
Ma quando rimaneva con la figlia – il suo cucciolo, come la chiamava lui – sembrava una persona totalmente diversa. Come una sua seconda ombra, la seguiva dappertutto. Quando era piccola, l’accompagnava sempre al parco accanto a casa: se anche solo un altro bambino provava a toccarla, o anche solo guardarla, lui era già lì al suo fianco, richiamando l’attenzione degli altri genitori e spiegando loro di quanto fossero incompetenti nel tenere a freno i loro figli.
Seguire una bambina era semplice, ma quando Stephanie raggiunse l’età adolescenziale badare a lei era diventato un po' più complicato. Avesse potuto l’avrebbe seguita anche a scuola, ma non voleva metterla in imbarazzo. Doveva essere tutto perfetto per lei e, alla fine, la tanto bramata borsa di studio arrivò.
Stephanie si diplomò con il massimo dei voti e molteplici università la richiesero. Fu indecisa tra Harvard o Columbia, ma il padre le sollecitò di iscriversi alla New York University. Lei provò a spiegargli che, anche trasferendosi in un'altra città, avrebbe seguito ottimi corsi di chirurgia, ma lui non voleva saperne ragioni. La motivazione? L’università era molto vicina al Sanctum Sanctorum e Stephanie capì che il padre non l’avrebbe mai lasciata andare via.
Dopo aver lasciato obbligatoriamente la carriera da chirurgo ed essere diventato lo stregone supremo, ebbe diversi vantaggi: poteva proteggere ancora di più l’amata figlia – utilizzando la magia e sorvegliandola qualora si fosse allontanata troppo dal Sanctum Sanctorum, loro attuale dimora.
Seppur svariate volte l’avesse dovuta lasciare a Kamar-Taj insieme a Wong per andare a combattere a fianco degli Avengers, aveva sempre quel timore che qualcuno potesse arrivare a lei e farle del male. Stephanie non era ancora molto pratica nelle arti mistiche e lui non era sempre accanto a lei. Contava in Wong, suo fidato amico, ma non era la stessa cosa.
Arrivò il “blip” o chiamato anche schiocco: il titano Thanos, pensando che troppo sovraffollamento potesse portare a una guerra, decise di dimezzare l’intera popolazione e Stephen, insieme anche a molti Avengers, venne dissolto. Non seppe se anche sua figlia subì lo stesso fato ma, cinque anni dopo, e dopo aver sconfitto il titano e riportato in vita la popolazione scomparsa, si riunì a lei, scoprendo l’amara verità: Stephanie era stata anche lei dissolta ma non la madre che, nel frattempo, aveva trovato un nuovo fidanzato.
Si chiamava Charlie e Christine lo aveva incontrato durante i cinque anni dello schiocco. Dopo essere ritornata, Stephanie lo aveva conosciuto – non che avesse voluto, ma la madre aveva tanto insistito. Sembrava un tipo simpatico, ma la ragazza lo detestava. Non sperava che i suoi genitori ritornassero insieme, ma secondo lei la madre si era solo approfittata dell’“assenza” di entrambi per rifarsi una vita.
Ma la vedeva felice come non l’aveva mai vista con il padre. Sempre in conflitto tra di loro, specialmente dopo la separazione e, quando l’andava a trovare in ospedale, il padre era sempre lì a osservarle, come se avesse avuto paura che Christine potesse portarla via.
Così era ritornata all’università, anche se prima dello schiocco era riuscita a seguire poche lezioni, come tutti gli altri studenti del resto. Continuò a farsi largo tra gli altri e, una volta raggiunto il suo armadietto, lo aprì inserendo la combinazione. All’interno c’era ogni sorta di libri di medicina – e di arti mistiche ben nascosti alla vista degli altri. Si fermò a osservare la fotografia, attaccata alla porta dell’armadietto, che ritraeva lei da piccola in braccio al padre e accanto alla madre. Sorridevano tutti e tre. Tempi felici, seppur il sorriso di Christine sembrava non trasmettere felicità. Dopo aver preso un paio di libri, richiuse l’armadietto, incamminandosi nuovamente.
Si diresse verso la bacheca, dove erano esposti gli orari dei vari corsi e altre attività. Stava cercando il suo, quando accanto a sé si fermò un ragazzo. Questi chiese: “Ciao, Stephanie. Come stai?”.
“Ciao, Irwin. Come al solito. O almeno, come al solito prima del blip” rispose, non distogliendo lo sguardo dalla bacheca. Irwin l’osservò. Poi spostò lo sguardo e disse: “Sei sempre bella come allora”.
Questa volta fu Stephanie a guardarlo. Ma che passava per la testa di quel ragazzo? Lei nemmeno gli piaceva. Era solamente uno con la testa sempre tra libri di matematica quantistica e isolato da tutti. Be’… in effetti un po' come lei. Scosse la testa. Lei non andava in giro con una ridicola camicetta a scacchi; la cravatta; pantaloni che sembravano ristretti in lavatrice e un paio di occhiali spessi come il fondo di una bottiglia. Sì, era un ragazzo gentile e timido, ma si vergognava quando gli altri la vedevano in sua compagnia. Se lo avesse saputo suo padre, poi. Avrebbe innescato una tempesta.
“Oh, come si è fatto tardi. Sarà meglio che scappi. Sai, il Professor Thompson tiene alla puntualità. Ci vediamo in giro” disse e, a passo spedito, si allontanò. Irwin, dopo aver dato un’occhiata veloce alla bacheca, la seguì, affiancandosi in poco tempo a lei: “Pensavo che, magari, dopo le lezioni, potremmo incontrarci e studiare un po'. Sei libera?”.
“La frase ‘sono sempre impegnata’ ti è familiare?” disse Stephanie continuando a camminare.
“Non mi dire che tuo padre ti tiene rinchiusa in camera tua? O non vuoi che lui mi veda?” chiese. La ragazza si fermò, per poi dirgli: “Senti, arrivo subito al sodo. Sei un ragazzo molto dolce. Magari ce ne fossero così in giro ma… ecco …io… tu…”.
Non sapeva cosa dirgli, in realtà. Non voleva ferire i suoi sentimenti. Cercò le parole più adatte. “Credimi, sono davvero sempre molto impegnata. Mio padre mi sta con il fiato sul collo per lo studio. Vuole che superi gli esami a pieni voti e che mi impegni di più per diventare un’ottima chirurga come era lui. Prima o poi, troveremo il tempo” e voltandosi, si incamminò.
“Sai, dovresti anche un po' staccare” disse Irwin.
Stephanie si fermò: “Lo vorrei anche io”. E riprese il cammino.
Le successive ore di lezione furono interminabili. Stephanie preferiva sempre stare nei banchi in alto o, comunque, dove il professore non l’aveva sott’occhio. Di tanto in tanto, nascondeva un libro di arte mistiche dietro al libro di medicina, così da studiare nuovi incantesimi e prestare meno attenzione alla lezione. Suo padre, ovviamente, non era a conoscenza di nulla. Le aveva proibito di portare all’università i libri delle arti mistiche per concentrarsi solamente sulla medicina.
Odiava ammetterlo e, sicuramente, non l’avrebbe mai detto al padre, ma iniziava ad annoiarsi. Non che non volesse diventare chirurga, ma più andava avanti e più sentiva il peso che suo padre le metteva addosso costantemente. Aveva sempre deciso lui della sua vita. Non era mai stata libera di fare nulla e, dovunque andasse, era come se suo padre la stesse sempre pedinando. Non poteva allontanarsi più di tanto dal Sanctum Sanctorum e, a fine lezioni, doveva ritornare subito a casa.
Una volta uscita dall’Università, andava a passo spedito verso casa quando passò accanto a un gruppo di ragazzine che stavano parlando tra loro che, appena la videro, risero tra loro. Stephanie si fermò. Stava per aprire bocca, ma poi non parlò. Decise di riprendere il passo, ma una delle ragazzine disse: “Sai, non è cortese non salutare”.
Stephanie si voltò: “E perché mai dovrei dare conto a delle galline come voi? State sempre a fare gruppetto e, quando uno non è alla vostra portata, lo deridete”.
“Staresti bene nel nostro gruppo. Dopotutto, anche tu sei molto arrogante. Come tuo padre. Non mi meraviglia affatto che se ne stia sempre isolato nella sua casa e ti tenga tutta per sé. Ha paura che qualcuno ti porti via da lui? A proposito, ringrazialo apertamente da parte mia per quella volta che ha deciso che era meglio consegnare una stupida pietra a un pazzo alieno solo perché era la soluzione migliore. Ho perso mia sorella grazie a tuo padre” replicò la ragazzina.
“Magari tu volevi così. Magari non vedevi l’ora di sbarazzarti della tua perfetta sorella. Ora ci sei tu al centro dell’attenzione. Non era ciò che volevi?” disse Stephanie. A passo spedito, la ragazzina le fu di fronte, mollandole un forte pugno nell’occhio. Stephanie cadde a terra e, con lei, anche i suoi libri.
“Se fossi in te, incomincerei a fare meno la spavalda. Ti voglio ricordare che non c’è sempre il tuo caro paparino a proteggerti” replicò la ragazzina. Con la coda dell’occhio, Stephanie le parve di vedere proprio suo padre che osservava la scena standosene nascosto dietro a un albero. Poi riguardò il gruppetto e la ragazzina disse: “Ah, comunque avevo intenzione di invitarti alla festa di domani sera che farò a casa mia. Se non sei troppo impegnata a socializzare con la mobilia della tua camera, potresti anche venire, così magari impari a non trattare gli altri come fossero persone inferiori”. E, con le amiche, se ne andò.
Stephanie raccolse i suoi libri. Una volta in piedi si incamminò, ma fu subito affiancata da suo padre.
“Che ci fai qua?” gli domandò.
“Ho visto che tardavi ad arrivare a casa, così sono venuto a controllare. A quanto pare ho fatto bene. Quella ragazzina la pagherà per averti fatto questo” rispose.
“Non le farai nulla. E poi è solamente un occhio nero, niente di più” ribatté.
“Cucciola, nessuno deve farti del male! Sei mia figlia e una persona rispettabile. Non possono trattarti in questo modo” replicò.
“Papà, non sono più una bambina. Vado all’università: avrò diritto ai miei spazi. Invece mi stai sempre appiccicato” ribatté.
“Non ti permetto di parlarmi così! Sono tuo padre e so ciò che è meglio per te. Appena giunti a casa, andrai immediatamente in camera tua e ti metterai sotto con lo studio. Ti prenderò anche lo sling ring, così non ti verrà in mente di recarti a Kamar-Taj. Devi focalizzarti solamente su chirurgia!” replicò.
Arrivarono davanti al Sanctum Sanctorum. Stephanie si volse verso il padre: “E se io non volessi più studiare per diventare chirurga? Se volessi ambire ad altro?”
“Ti direi che stai avendo una pessima idea. Non puoi mandare a monte anni di sacrifici nello studio solo perché una stupida ragazzina ti ha preso a pugni! Devi reagire e devi farlo a testa alta come ti ho sempre insegnato!” rispose. Poi le mise le mani sulle guance e aggiunse: “Lo sai che ho sempre voluto il meglio per te e sempre ne vorrò. Ti voglio tanto bene e non posso accettare l’idea che qualcuno ti porti via o ti faccia del male. Ho solo te e con la magia posso proteggerti ulteriormente”. Dopo averla baciata sulla fronte, si diresse su per gli scalini.
“Perché non posso continuare a studiare le arti mistiche? Avresti un peso in meno” gli chiese.
Strange si voltò: “Perché così ho deciso! Studierai solamente chirurgia e diventerai la migliore neurochirurga che esista, proprio come lo ero io. Le arti mistiche lasciale a me!”. E, voltandosi entrò nel Sanctum Sanctorum.
Stephanie rimase lì. Sospirò. Davvero suo padre avrebbe continuato a scegliere sempre per lei?






Note dell'autrice: Buona sera a tutti/e ed eccomi qua con una storia che avevo in mente già da un bel pò. Stavolta con il nostro caro Doctor Strange e sua figlia. Recentemente sono andata a vedere Doctor Strange nel Multiverso della follia e mi è piaciuto un sacco (anche il primo ovviamente). La mia storia inizia prima del secondo film (e dopo gli avvenimenti anche di spider man no way home). Si vedrà una figlia un pò ribelle, ma tenuta come sotto una campana di vetro fin in tenera età da un padre fin troppo protettivo e che sembrebbe abbia già segnato il suo futuro. Spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto (sto già lavorando al secondo) . Grazie a chi è passato di qua ed anche solo ha letto questo primo capitolo.
Grazie, come sempre, alla mia carissima amica Lucia
Con ciò, speriamo di sentirci presto
Vi auguro una buona notte
Un abbraccio, Valentina

 

 

 
 
 
  
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