Da
quell'incontro in quella tavola calda con Gabriel, avvenuto circa due
anni prima, Umabel non era più tornato in Paradiso, non era
più
tornato a casa. 2003 “Ancora
non ho capito perché ti sto permettendo tutto questo.” ***
Il rombo del motore dell'Impala di John Winchester era
ancora inconfondibile. ***
Il
tavolino della stanza del motel era ingombro di bottiglie di birre
vuote e appunti, ma Bobby Singer era molto più interessato a
una
foto che ritraeva un uomo sulla cinquantina dai capelli brizzolati e
i lineamenti marcati “Siete
sicuri si tratti di lui?”
chiese. ***
Umabel si era rifugiato nell'ennesimo tramite. Una
giovane donna che non aveva più nulla da perdere, che non
aveva più
nessuno. ***
“Questa
roba punge.”
si
lamentò Dean, grattandosi il petto dove era adagiata una
collana di
agrifoglio. La prima e l'ultima volta che se l'era vista contro un
Oni si era lamentato esattamente delle stessa cosa. ***
Amethyst era seduta sul
cofano della sua Mustang.
Non lo sentiva più casa, dopotutto.
Si sentiva
estraneo, distaccato, incompreso.
Più passavano gli anni più
questo si faceva evidente.
Nemmeno Haziel gli era di conforto,
colui che più di tutti avrebbe dovuto capirlo.
Sam Winchester, il
suo protetto, soffriva tanto quando Dean. Soffriva in maniera diversa
dal fratello maggiore, ma soffriva. Terribilmente.
Era anche
capace di darlo a vedere maggiormente, dimostrando quel malessere che
si portava dietro sin da quando era un bambino, ma Haziel non
sembrava particolarmente turbato dalla cosa.
L'ultima volta che
Umabel lo aveva visto, Haziel si era stretto nelle spalle, aveva
accennato un sorriso e lo aveva guardato “È
cosi che deve essere, quindi perché dovrei preoccuparmi?”
Quelle parole avevano turbato Umabel nel profondo e solo
successivamente si rese conto che furono proprio quelle - e non
soltanto la spasmodica ricerca di Gabriel - a spingerlo a scappare,
ad abbandonare quella casa che non era più un rifugio.
Dopo
Gabriel altri angeli avevano abbandonato il Paradiso, nel silenzio
più totale.
Lo sapevano tutti, ma nessuno ne parlava.
E quel
Padre tanto venerato non era mai intervenuto, lasciandoli fare,
lasciandoli al loro destino che scritto o meno sembrava sancire la
loro fine. O meglio, la fine della loro eterna missione: salvare
l'Umanità.
Con quei pensieri che gli affollavano la mente,
confuso come mai era stato prima d'ora, spaventato come mai gli era
capitato, Umabel andava da un tramite all'altro, sentendosi
braccato.
Erano sulle sue tracce e si chiese perché tra tutti gli
angeli che avevano lasciato il Paradiso, stessero cercando proprio
lui.
Forse era vero che essere l'Angelo Custode di Dean Winchester
era un ruolo importante, ma se non poteva proteggerlo per davvero che
senso aveva stare appollaiato sulle nuvole ad osservarlo mentre egli
soffriva?
Nella
voce di Blake Dalton, così come nel suo sguardo, c'erano
tante cose.
Amarezza, tristezza, ma anche uno sconfinato orgoglio e forse persino
una punta di divertimento.
“Perché
ad individuare il problema sono più brava e più
veloce di te.”
Nella
voce di Amethyst Dalton, così come nel suo sguardo, invece
non vi
era nient'altro che puro orgoglio.
Blake sorrise, ma si lasciò
andare ad un sospiro che lasciava trapelare la sua rassegnazione.
Non
si era ancora abituato al fatto che sua figlia lo accompagnasse
durante la caccia, ma non poteva negare quanto fosse in gamba.
Era
attenta, meticolosa, forte.
Negli anni precedenti non si era reso
conto di quanto Amethyst si allenasse costantemente e Blake si chiese
se non avesse dato la caccia a qualche mostro in solitaria o in
compagnia di qualche altro cacciatore, magari Dean Winchester, senza
renderglielo noto.
“Non
posso negarlo. Quindi abbiamo a che fare con degli Oni...Avremo
bisogno di rinforzi.”
Gli
Oni - che apparivano come semplici umani a meno che non si
presentassero nella loro reale forma con corna, artigli e un terzo
occhio - erano creature potenti e scaltre, creature demoniache
originarie del Giappone che presentavano più poteri e
abilità che
debolezze. Affrontarli in due sarebbe stato sciocco e
inutile.
Amethyst sorrise, quella luce negli occhi a far capire al
padre quanto lei si trovasse a suo agio in tutto quello, quanto non
avesse paura.
Blake lo trovava disturbante in un certo senso.
Avrebbe voluto che sua figlia seguisse orme differenti dalle sue, ma
Amethyst era più testarda di chiunque altro avesse mai
conosciuto,
più testarda di lui e a niente erano serviti i rimproveri,
le
litigate, le preghiere per tenerla lontana da quel mondo ostile,
pericoloso, mortale.
Se non altro lui era sempre lì, a guardarle
le spalle, pronto a salvarla al primo pericolo.
“Ho
già chiamato i Winchester e Bobby Singer.”
A
quella affermazione, Blake inarcò entrambe le sopracciglia,
sorpreso
- anche se non avrebbe dovuto esserlo - dalla prontezza della figlia.
Sembrò persino divertito, perché se era sorpreso
dal fatto che
la figlia avesse già chiamato qualcuno per aiutarli, non si
sorprese
affatto di chi avesse chiamato.
“Bobby
Singer. E i Winchester, eh?”
Perché
Blake lo aveva sempre notato: quando c'erano i Winchester nei
paraggi, Amethyst appariva sempre più allegra del solito.
“Bobby
è un genio e i Winchester sono i cacciatori migliori che
conosciamo e
hanno già affrontato degli Oni.”
Ma Amethyst non era più una ragazzina, non
si sarebbe precipitata fuori per saltare in braccio a Dean
Winchester.
Attese, mascherando l'emozione dietro un sorriso furbo
sotto lo sguardo indagatore di suo padre.
Nemmeno quel bussare
lento la fece balzare dalla sedia. Si alzò semplicemente con
grazia,
andando ad aprire per poi sorridere ai tre uomini che le si paravano
davanti.
Bobby, con il suo cappellino calato in testa, l'aria
burbera dietro la barba non troppo curata.
John, con lo sguardo
vivido, il sorriso velato di tristezza che formava quelle fossette
nelle sue guance.
Dean, con quell'aria di sicurezza, il sorriso
sfrontato e gli occhi smeraldini. Ancora più bello
dell'ultima volta
che si erano visti.
Blake sbucò alle spalle della figlia e
allargò appena le braccia, lasciandosi andare ad una breve
risata
che sapeva di speranza, confortato nel vedere quei volti
conosciuti.
“Mia
figlia ha messo su proprio una bella squadra!”
esclamò entusiasta.
“Questo
perché è più in gamba di te.”
Bobby
non si curò affatto di nascondere ciò che pensava
mentre
abbracciava Amethyst che, dal canto suo, se la rideva
soddisfatta.
“Ritiro
quello che ho detto, questa è proprio una cattiva compagnia*.”
ed era incredibile come la risata di Blake Dalton potesse mettere
buonumore a chiunque, nonostante il suo essere burbero, perfino
più
di Bobby Singer, e incazzato per la maggior parte del tempo.
Poi
Amethyst abbracciò brevemente John e infine Dean.
E come al
solito si perse in quell'abbraccio, in quell'odore tipico di lui, di
pelle, polvere da sparo e bagnoschiuma.
“Hey,
scheggia.”
“Dovresti
smetterla di chiamarmi in questo modo.”
si lamentò scherzosamente lei, sciogliendo l'abbraccio.
E Dean
non poté fare a meno di guardarla.
La osservò come se volesse
soppesare l'affermazione di lei e si rese conto che quel nomignolo
che lui le aveva affibbiato quando era ancora una bambina, non le
rendeva di certo giustizia.
“In
effetti...”
mormorò
con quel pizzico di ironia che raramente metteva da parte ma con una
smorfia compiaciuta che gli fece guadagnare un lieve pugno sulla
spalla da parte della bionda, che nascose prontamente il rossore che
si era impadronito delle sue gote.
Perché Amethyst Dalton non
era più una ragazzina, ma i sentimenti per Dean Winchester
non si
erano affievoliti col passare degli anni.
Amethyst annuì con espressione seria e decisa.
“Sì.
Circa vent'anni fa Fred Wilkinson era in questa stessa cittadina.
Anche allora si verificarono alcuni disastri, uno dietro l'altro.
Ross era sulle sue tracce, lo aveva identificato.”
Bobby inarcò un sopracciglio “Ross
Clayton?”
La
bionda annuì nuovamente e non le sfuggì il
sorriso sghembo di Bobby
da sotto la folta barba.
“E
tu hai chiamato noi e non Ross?”
“Ross
se lo è fatto sfuggire. Voi tre avete già
affrontato e ucciso degli
Oni. Nessuno prima di voi era mai riuscito nell'impresa.”
L'orgoglio
parve dilagare tra i tre cacciatori, specialmente nel più
giovane.
Dean Winchester non aveva neppure compiuto 24 anni, ma
era già riuscito laddove prima di lui tutti avevano fallito.
Poteva
permettersi di dimostrare quell'orgoglio in qualità di primo
cacciatore ad aver ucciso un Oni. Dopotutto era grazie a lui se ora
si sapeva come uccidere quelle creature: colpire il loro terzo
occhio, posto appena sotto l'attaccatura dei capelli.
Affiancò la
ragazza, posandole un braccio sulle spalle mentre sul suo volto si
faceva spazio un sorriso strafottente “Allora,
Blake, ancora convinto che siamo una cattiva compagnia?”
Blake
rise appena, sistemando alcuni fogli delle ricerche fatte da Amethyst
“Sì. Tu soprattutto.
Hai una cattiva
influenza su mia figlia, Winchester. Era una bambina dolce e carina
prima di conoscerti. E leva quel braccio da lì.”
Dean
sollevò le mani in segno di resa, Amethyst
sollevò gli occhi al
soffitto cercando di nascondere il fastidio provato per le parole di
suo padre che per quanto dette in tono divertito, secondo lui
rappresentavano la realtà.
Non poteva dare le colpe a Dean
Winchester, il carattere che lei stessa sapeva essere a volte
difficile, non glielo aveva di certo forgiato lui.
Amethyst Dalton
era sempre andata per la sua strada, aveva sempre deciso da sola, a
prescindere da Dean Winchester.
“Forse
è meglio concentrarsi sul caso.”
John
aveva dato voce ai pensieri di tutti. Non potevano perdersi in
inutili chiacchiere e tutti sapevano che avrebbero dovuto agire in
fretta.
“Amethyst,
sai perché è tornato proprio qui?”
John
Winchester non si perdeva di certo in chiacchiere, appunto, ed era
uno dei motivi per cui Amethyst lo ammirava tanto, proprio come
ammirava Dean e Bobby.
Anche suo padre era solito arrivare al
punto quando si trattava di cacciare una qualche creatura maligna, ma
quando c'era di mezzo Amethyst le emozioni prendevano il sopravvento
sul resto, sin da quando era una ragazzina a cui non voleva dar retta
anche quando aveva ragione.
Era sempre Amethyst, tra loro, che
cercava di far rimettere in carreggiata il padre e lo faceva con
fermezza tale che ormai lo stesso Blake aveva imparato ad
assecondarla.
“La
sua prole. Il bastardo ha cinque figli.”
La risposta della ragazza lasciò tutti sbalorditi, eccetto
Blake
che già sapeva.
“E
siamo certi di non voler chiamare qualcun altro per aiutarci? Sei Oni
sono parecchi.”
Nonostante
la sorpresa, il tono di Bobby era calmo pur essendo fermamente
convinto delle proprie parole, ma Amethyst gli rivolse un sorriso
furbo e il perché di quel sorriso non tardò ad
arrivare.
“In
realtà sono praticamente tre, il padre e due figli. Gli
altri non
hanno ancora completato la trasformazione, sono vulnerabili. Ma
dobbiamo agire in fretta o rischiamo che Fred compia il rituale per
rafforzarli. Io e papà abbiamo già individuato il
loro covo,
l'unica cosa da fare è ucciderli. Ho già
procurato dell'agrifoglio
per tutti, così non ci influenzeranno e in caso non
riuscissimo a
farli fuori, ho preparato tutto l'occorrente per il rituale con i
semi di soia per bandirli dalla città. Ma siamo una bella
squadra,
no? Li uccideremo. Basta iniziare dalla prole.”
Bobby emise una risata di gola e John, volgendo uno sguardo
divertito a Blake, sembrò dare voce ai pensieri dell'amico.
“Se
ammazziamo prima la prole, indeboliamo lui, hai ragione! Tua figlia
è
per davvero più in gamba di te.”
asserì.
Blake sbuffò, allargando le braccia e per quanto odiasse
che sua figlia avesse intrapreso quella strada, decidendosi di non
iscriversi al college come invece lui avrebbe voluto, era davvero
orgoglioso di lei “Lo
so, lo so! Da quel caso con la banshee ho imparato ad ascoltarla.”
Il Custode aveva provato compassione per lei, morente e
sola e lei, con un sorriso, aveva detto sì, dandogli il
permesso di
controllare il suo corpo perché almeno in quel modo avrebbe
avuto
una missione, una causa da portare avanti. D'altronde Umabel le aveva
detto che il suo compito era quello di proteggere una persona molto
importante per l'intera umanità, perché era
questo che il giovane
Dean Winchester, nel cuore dell'angelo, era destinato ad essere.
Ma
la donna si lasciò morire poco dopo, dando a Umabel il
controllo
totale del corpo per sempre.
Aveva sentito una strana sensazione.
Ormai, dalla nascita di Dean Winchester ventiquattro anni prima,
provava emozioni di continuo, in grado di sconvolgerlo. O
sconvolgerla.
Doveva ammettere che si sentiva più a suo agio in
quel tramite ma aveva comunque sentito dolore, un dolore profondo
avvolto da tristezza e ancora non si era abituata a tutto quello
quando un'ondata di paura e sgomento la travolse
inaspettatamente.
Haziel era di fronte a lei, Umabel ne riconobbe
la Grazia oltre l'involucro umano.
“Haziel,
che ci fai qui?”
Haziel sorrise. Il volto del suo giovane tramite era sereno, lo
sguardo compassionevole e Umabel sentì quella paura venire
meno,
sostituita da un senso di pace.
Suo fratello gli era mancato in
quei due anni, non poteva negarlo.
“Volevo
vederti.”
Haziel
prese con delicatezza le sue mani, le accarezzò le nocche e
Umabel
si sciolse in un sorriso prima di abbracciare il fratello.
Un
abbraccio vero e sentito che Haziel riuscì a ricambiare
qualche
istante dopo, sorpreso da quello slancio affettivo.
Eppure non
avrebbe dovuto sorprendersi.
Anche quando su in Paradiso tutto
sembrava normale e Umabel non era ancora diventato l'angelo custode
di Dean Winchester, Umabel era sempre stato in grado di dimostrare
affetto verso tutti i suoi fratelli.
Solo col senno di poi Haziel
aveva compreso perché Gabriel avesse giudicato sin dal
principio
Umabel uno degli angeli più particolari che potessero
affollare il
Paradiso.
Umabel era difettosa. E vi erano davvero pochissimi
angeli difettosi, lassù, in Paradiso.
“Mi
sei mancato, Haziel. Ma non voglio che tu finisca nei guai a causa
mia.”
Gli occhi
di Umabel erano velati di lacrime quando Haziel sciolse
quell'abbraccio e il maggiore** non riusciva davvero a comprendere
cosa provasse. Perché lo
provasse.
“Non
finirò nei guai.”
la rassicurò in tono pacato, la giovinezza del suo tramite a
far
sembrare il tutto davvero troppo assurdo.
“Hai
visto Gabriel?”
Quella
domanda giunse inaspettata e Umabel scosse la testa. Non
capì perché
stesse mentendo, era una cosa che le era venuta spontanea, quasi
sentisse di non potersi fidare, nonostante Haziel le fosse stato
sempre fedele.
Si disse che, in fin dei conti, mentì perché non
poteva tradire Gabriel, tradire quella fiducia che l'Arcangelo aveva
riposto in lei quell'unica volta in cui si erano incontrati dopo
millenni.
“Ma
almeno tu sei qui. Perdonami, Mabe.”
Umabel
si irrigidì, ma prima ancora che potesse reagire, si
ritrovò
nuovamente in Paradiso, chiusa in una cella che non le lasciava
scampo.
Haziel l'aveva tradita. L'aveva avvicinata perché sapeva
che con lui avesse un legame speciale. Gli angeli custodi di Dean e
Sam Winchester non potevano che essere legati, dopotutto.
“Haziel!
Haziel! Perché lo hai fatto? Fatemi uscire di qui!”
Ma
Umabel non ricevette nessuna risposta.
Soltanto uno sguardo era
rivolto a lei: nella cella di fronte alla sua, Gadreel la guardava
senza alcuna emozione, la Grazia provata dai millenni di
prigionia.
“Non
fare il bambino!” lo
ammonì Amethyst con un lieve colpo allo stomaco che, per
riflesso,
lo fece piegare in avanti.
Davanti a loro i cacciatori più
anziani avanzavano lenti e in silenzio, verso il vociare che
proveniva da una delle stanze adiacenti al corridoio che stavano
attraversando.
Sbucarono l'uno dopo l'altro, prendendo alla
sprovvista i giovani Oni che subito si alzarono in piedi.
“Salve,
ragazzi! Papino è in casa?”
La battuta di Dean fece sorridere Amethyst, ma non le creature
che senza indugiare, passarono subito al contrattacco.
Ne seguì
una lotta cruenta, alcuni spari andarono a vuoto e i due Oni che
avevano ormai completato la trasformazione - e che assunsero la loro
reale forma, rivelando corna e artigli - sembrarono avere la meglio
sui cacciatori. Più di una volta i cacciatori vennero
colpiti con i
Kanabo degli Oni, le loro armi e uno dei loro punti di forza.
Quelle
mazze pesanti sembravano in grado di fracassare le ossa se usate con
maggior forza e nessuno di loro ci teneva particolarmente ad essere
colpito fino a quel punto.
Amethyst riuscì a disarmarne uno,
prendendo possesso del Kanabo e rendendo l'Oni più
vulnerabile
all'attacco del terzo occhio.
Fu Dean a colpirlo con un coltello
prima che questo si avventasse sulla ragazza e l'Oni cadde a terra
morto, dopo che Blake, John Bobby uccisero i tre Oni non ancora
completi.
Davanti a loro, infuriato, si ergeva l'unico figlio
rimasto. Era circondato e continuava a fendere l'aria con il suo
Kanabo.
Amethyst rise sprezzante quando la mancò “Papino
non avrebbe dovuto lasciarvi da soli.”
Un
lampo d'orgoglio attraversò il verde degli occhi di Dean che, in
un'azione fotocopia, ma a parti invertite, di prima, riuscì
a
disarmare l'Oni e permettere ad Amethyst di finirlo con la
pistola.
Le bastò un unico colpo e il proiettile colpì il
terzo
occhio del mostro.
Dean le sorrise, regalandole un veloce
abbraccio che venne però interrotto da un terribile grido.
Fred
Wilkinson era arrivato in tempo per vedere l'ultimo dei suoi figli
morire.
Il legame di sangue tra padre e figli era forte e lo aveva
attirato lì alla morte dei primi, ma lo aveva anche
indebolito,
causandogli un forte dolore non solo emotivo.
Il volto di Fred
Wilkinson era una maschera di dolore e di rabbia, la sua voce un
grido disperato, carico di odio verso quei cacciatori che sporchi e
feriti erano di fronte a lui.
Fu strano vedere una creatura così
potente sopraffatta da dolore.
Fred si portò una mano alla testa
dove comparvero le corna, accasciandosi a terra, e dopo le corna
comparvero anche gli artigli.
Con un balzo, Fred si parò davanti
ad Amethyst pronto a sferrare un colpo.
L'avrebbe ferita se non
fosse stato per Dean che riuscì a mozzargli qualche dito con
il
coltello ancora pregno di sangue del figlio dell'Oni.
Fred gridò
nuovamente di dolore, pronto a sferrare un nuovo colpo stavolta
indirizzato al giovane Winchester, ma Dean fu più veloce.
Estrasse
la propria pistola e senza neanche dover prendere la mira
sparò un
colpo, uccidendo l'ultimo Oni rimasto.
Amethyst, stanca e provata,
si sedette a terra, lasciandosi andare, accanto a Dean, sedutosi a
sua volta.
“Quante
volte ancora devo dirti che sei il mio eroe?”
Dean
rise, attirandola a sé per un altro abbraccio.
Rimasero stretti
in quell'abbraccio per diversi istanti, sotto lo sguardo degli altri
cacciatori.
Era fiera di se stessa. Fiera di suo
padre, fiera di Dean. Era fiera per come erano riusciti a gestire le
cose con quegli Oni.
Eppure nel suo sguardo vi era una profonda
tristezza, perché tutto quello le aveva fatto pensare a
quanto
qualcosa - o per meglio dire, qualcuno - mancasse in tutto quello.
Non si era mai resa conto, fino a quel momento, di quanto Sam le
mancasse. Da quando era partito per il college non lo aveva più visto ed erano passati troppi mesi dall'ultima volta in cui lo aveva sentito, per stessa volontà del ragazzo.
Avevano condiviso risate e segreti, avevano più volte
scoperto insieme come poter uccidere il mostro di turno.
Quella
mancanza la colpì improvvisamente.
Una mancanza che aveva sempre
represso sapendo che sarebbe dovuta rimanere sempre concentrata.
Ma
soprattutto l'aveva sempre repressa spaventata dall'idea di
soffrire.
Aveva gli occhi lucidi e una lacrima le solcò una
guancia. Si affrettò ad asciugarla quando sentì
la porta della
stanza del motel aprirsi e scorgendo, con la coda dell'occhio, Dean
che la raggiungeva.
Non voleva che Dean la vedesse piangere, anche
se era uno dei pochissimi ad averla vista in altre occasioni.
Ma
Amethyst non voleva e non poteva spiegargli perché stesse
piangendo.
Si sarebbe sentita in colpa a riversare addosso a lui quella
tristezza.
Dopotutto Sam era suo fratello e Amethyst poteva solo
immaginare cosa Dean provasse al riguardo e non poteva comparare le
due cose nemmeno lontanamente.
“Sai
che sei davvero in gamba, scheggia?”
Nella voce di Dean si poteva leggere vera ammirazione e forse
anche un po' di preoccupazione e malinconia, forse perché
avrebbe
voluto per lei una vita normale, lontana da tutto quello.
“Ti
ho detto di non chiamarmi più così.”
Dean
rise mentre le posava sulle spalle la propria giacca di pelle, quella
che era appartenuta a John.
Amethyst la indossò, sentendo il
calore avvolgerla. Era di troppe taglie più grande, ma si
sentì
bene in quel momento, tanto che ignorò persino le successive
e
ironiche parole dell'amico.
“Giusto.
Con quelle belle forme che ti ritrovi in effetti non ti si addice.”
O
almeno provò ad ignorarle dato che non poté
reprimere il rossore
che nuovamente si fece spazio sul suo viso, che lei coprì
con i
capelli biondi, chinando appena il capo.
Dean aveva dato voce ai
pensieri che lo avevano colpito quel pomeriggio, ma il tono scherzoso
lasciava intuire quanto niente fosse cambiato tra loro.
“Però
sei in gamba davvero, stasera sei stata straordinaria.”
Aveva la voce calda, Dean, più profonda di quelli della sua
età
e ad Amethyst faceva qualche effetto ormai da diversi anni.
Tuttavia
lei sorrise, voltandosi a guardarlo, il volto nuovamente sereno,
lontano dalla tristezza che l'aveva colpita.
“Anche
tu sei stato straordinario, ma non sono sorpresa. Sei pur sempre il
mio eroe, no?”
Dean
le sorrise, posandole un bacio sulla tempia per poi attirarla a
sé,
facendo in modo che lei posasse la testa sulla sua spalla.
“E
lo sarò sempre, intesi?”
“Intesi.”
Rimasero
in silenzio per qualche minuto, fino a che Amethyst balzò
giù dal
cofano dell'auto.
“Ma è quasi mezzanotte!”
esclamò per poi aprire la portiera del passeggiero e frugare
nel
cassetto del cruscotto alla chiara ricerca di qualcosa.
“E
quindi? La tua auto si trasformerà in zucca?”
chiese Dean cercando di vedere cosa stesse facendo l'amica.
“No,
idiota! È il tuo compleanno!”
Era
appena scattata la mezzanotte e il 24 Gennaio era arrivato.
Dean
sorrise appena, in tutto quel marasma se ne era completamente
scordato.
Non che avesse mai festeggiato il suo compleanno, se non ogni
tanto quando era bambino e suo padre non era in giro per l'ennesima
caccia.
Amethyst tornò accanto a lui, sedendosi nuovamente sul
cofano. Aveva un sorriso dolce sulle labbra e uno sguardo che avrebbe
detto tutto se Dean non avesse negato a se stesso di
comprenderlo.
“Buon
compleanno, Dean.”
mormorò, porgendogli un piccolo pacchetto dalla carta
azzurra.
Il
ragazzo rise appena, prese il pacchetto e lo scartò,
rivelando una
scatoletta di plastica nera.
Quando l'aprì rimase a guardare il
contenuto per qualche istante in silenzio, ma il sorriso che gli
riempì le labbra lasciava capire quanto apprezzasse quel
regalo.
“Grazie,
Ame. Lo...lo adoro!”
era un anello in argento e Dean fece per indossarlo all'anulare della
mano sinistra.
Fu Amethyst a fermarlo “No!
Non si mette mai all'anulare della mano sinistra. Poi non ti sposi!”
Dean la guardò perplesso per qualche istante prima di
scoppiare
a ridere.
“Perché,
pensi che mi sposerò, prima o poi?”
e nonostante l'ironia delle sue parole, indossò l'anello
alla mano
destra, a causa di quel desiderio mai espresso di voler una vita normale e crearsi una famiglia, un giorno.
“Mai
dire
mai. Io mi vorrei sposare prima o poi. Anche se con questa vita...”
lasciò morire la frase mentre sul suo volto si fece spazio
una
strana espressione.
La vita da cacciatrice era stata una sua
scelta, tuttavia, avere qualcuno accanto da amare e che l'amasse era
qualcosa che lei desiderava davvero.
I suoi sentimenti per Dean
mettevano ancora più in bilico quel suo pensiero,
perché era lui
che avrebbe voluto accanto, ma era certa che per lui non fosse lo
stesso.
“Facciamo
un patto.”
Dean
le prese una mano nel dire quelle parole e ricercò lo
sguardo di
lei.
Il suo era furbo, vivido, luminoso come il sorriso che stava
esibendo in quel esatto momento.
“Che
patto?”
“Se fra vent'anni saremo entrambi single, io
e te ci sposeremo.”
Dopo
un primo momento di sbigottimento, in cui le sue guance tornarono ad
arrossarsi ma senza che lei avesse la prontezza di nasconderlo,
Amethyst scoppiò a ridere.
Non poteva negare di essersi
emozionata, ma sapeva che quel patto non significava niente.
“Guarda
che non sto scherzando!”
Solo
grazie a quelle parole la risata di Amethyst si affievolì,
almeno un
poco.
“Fra
vent'anni, mh? Più che ancora single dovremo essere entrambi
ancora
vivi, non trovi?”
I
cacciatori, d'altronde, non avevano una lunga aspettativa di
vita.
Dean sembrò rabbuiarsi appena.
Il solo pensiero della
morte di Amethyst era in grado di raggelargli il sangue nelle vene.
Non sarebbe mai riuscito ad accettare una sua prematura
scomparsa.
“Hey,
non provarci nemmeno a morire giovane. Io, finché
sarò in vita, ti
guarderò le spalle, devo essere sempre il tuo eroe, giusto?
E solo
per questo farò di tutto per morire il più tardi
possibile.”
Amethyst si perse nell'osservare il sorriso dolce che
abbellì le
labbra del cacciatore, poi sollevò lo sguardo verso i suoi
occhi
occhi smeraldini e sorrise a sua volta.
“Allora
facciamo questo patto. Non possiamo dire che fra vent'anni saremo in
cattiva compagnia.”
Dean
le posò un bacio sulla fronte, accarezzandole i capelli
biondi,
inspirando il loro profumo e sentendosi a casa.