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Autore: Midnight the mad    31/05/2022    2 recensioni
Quando il cielo si incupisce di quel grigio filtrato di colonne di luce solide come il marmo, è quello il momento in cui penso a te.
Ti penso come si pensa alla propria giovinezza e alla propria morte, come a qualcosa di lontano eppure inevitabile. Ti penso nei passi sui marciapiedi sconnessi e nelle auto infastidite, mormoranti nel crepuscolo. Ti penso nella sera che sopravviene melanconica e fredda, irrequieta. Ti penso perché non c’è nient’altro di cui questa maldestra atmosfera possa parlare, se non di te.
Nei momenti di passaggio, ecco che ritorni.
Amore, tesoro mio, cara catastrofe.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando il cielo si incupisce di quel grigio filtrato di colonne di luce solide come il marmo, è quello il momento in cui penso a te.
Ti penso come si pensa alla propria giovinezza e alla propria morte, come a qualcosa di lontano eppure inevitabile. Ti penso nei passi sui marciapiedi sconnessi e nelle auto infastidite, mormoranti nel crepuscolo. Ti penso nella sera che sopravviene melanconica e fredda, irrequieta. Ti penso perché non c’è nient’altro di cui questa maldestra atmosfera possa parlare, se non di te.
Nei momenti di passaggio, ecco che ritorni.
 
Amore, tesoro mio, cara catastrofe.
 
I pezzi scintillanti dei nostri cuori sono ormai stati sbriciolati dalle ruote dei camion sull’Autostrada del sole. I portici di Bologna non hanno saputo tenerli all’asciutto: adesso non sono che polvere inzuppata di pioggia e impastata in fango. La nostra anima spirala incontenibile su con il fumo degli ultimi camini ancora accesi; è primavera.
Non c’è molto, ormai, che rimane.
 
I glicini sfioriscono e la luna fa capolino in mezzo ai tetti; è quasi la stagione del gelsomino. Quando cantavi per me suonando la chitarra per l’ultima volta, c’era esattamente questa luce a quest’ora. Le ombre sul ponte scivolavano negli interstizi creando giochi d’impressioni mentre il sole sorgeva, la foschia del mattino rendeva quel rosso un po’ infernale, una catastrofe amorosa di cristalli di ghiaccio.
La musica che ascoltavamo ha risuonato per le strade per tutti gli anni a venire, finché non siamo andate via: impossibile non sentirla, nei vicoli e sui muri. Il silenzio non è mai riuscito per davvero ad appartenerci; condanna e benedizione, sapore amaro in bocca.
Tra i terrazzi del quartiere residenziale, a volte, guardo su e mi chiedo se ti affacci ancora a quella finestra.
 
Ti penso, mentre osservi i gatti come Alice e fumi troppe sigarette come l’Irene del quarto piano. I pomeriggi assolati si dipingono di instabile fastidio, di pressione al petto; bisogna dimenticarsi d’esistere per non andare giù. L’estate che arriva non avrà pietà di alcun tipo, e poi il freddo dell’inverno si rimangerà tutto di noi: ho smesso di far caso alle stagioni, ma loro non hanno mai smesso di far caso a me. Gli arabeschi della pioggia che cola da una grondaia sfondata si annulleranno nella caduta e rimarrà poco da fare che osservare le foglie e gli arcobaleni della benzina colata nelle pozzanghere: il posto della nostra infanzia non ci lascerà molto altro se non qualche colore irriproducibile.
Abbiamo giocato a nascondino nei cortili così tanto spesso da dimenticarcene, da non farci più caso, scansando maldestramente gli spigoli e assuefacendoci al profumo di rose tardive nell’aria, d’abete. Gli alberi li abbiamo visti solo quando ce li hanno tagliati via, e allora un lamento ci s’è levato dal cuore e c’ha fatto scoprire il bene che si vuole alle cose, certe volte, anche se non lo sappiamo mai.
 
Alla fine il passato è passato prima che noi potessimo accorgercene e siamo rimaste con un pugno di niente; all’improvviso di tutto questo non importava più, c’erano altre atmosfere, altre guerre. Noi che la guerra l’abbiamo vissuta nelle aule e nei respiri e nelle risate, e nella riqualifica dei quartieri mezzi abbandonati, nella convulsa corsa all’emozione che contraddistingue i bimbi e la loro fame di nuovo.
Il passato è passato e non ci resta molto altro che darci un bacio, di sorriderci per l’ultima volta, solo un altro po’, sotto le stelle lontanissime annebbiate dalla città che prorompe, abbraccia, soffoca, e finalmente ci lascia andare.
 
Amore, tesoro mio, cara catastrofe.
È arrivato il giorno in cui ti dico addio.
  
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