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Autore: LawrenceTwosomeTime    01/06/2022    0 recensioni
Marla potrebbe essere morta, o stare morendo. Marla potrebbe avere un'ultima chance di riprendersi la sua vita. L'unica certezza, per Marla, è che niente è come sembra. In suo aiuto giunge Tara, che di vivere non ne vuole sapere. Un thriller metafisico incentrato su angosce sepolte, sentieri male illuminati e bizzarre amicizie.
Genere: Dark, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il morbido viso a cuore, gli splendidi occhi azzurri, i sottili capelli biondo cenere… non c’era dubbio, sotto le spoglie di quella creatura orrenda si celava la ragazza che conosceva col nome di Marla.
Ma era come osservarla attraverso una lente deformante: tutto ciò che la rendeva amabile, tutto quel che la rendeva spontanea e affettuosa – e umana – era stato pervertito in una sorta di parodia depravata.
Dal modo in cui sorrideva, pareva preda di un’estasi che nessun vizio mortale avrebbe mai potuto eguagliare.
E allora perché sembrava soffrire tanto?
Taron si mise a correre con uno slancio precipitoso, incurante del dolore, della paura, persino della pietà. Cos’avrebbe potuto fare?
Ma soprattutto, per quanto tempo sarebbe riuscito a sfuggirle?
Uno squarcio nell’etere che rassomigliava a una voce l’apostrofò.
“O Tarooon… sono io, la tua migliore amica!”
L’uomo si appoggiò contro la corteccia di un albero, inspiegabilmente esausto. A malapena si sentiva le gambe.
“Non siamo mai stati amici,” replicò con un accenno di sarcasmo “ero carino con te solo perché volevo scoparti.”
Le lacrime gli scorrevano sulle guance.
Marla era davvero perduta? Come salvarla da un destino così crudele?
Riprese a scappare, pervaso da un gelo che minacciava conseguenze irrimediabili.
Inciampò, le betulle gli sferzarono la faccia. Il pesante fiatone gli impediva di ragionare.
La sua casa… la radura… esisteva ancora una radura?
Marla aveva parlato di fumo… e di un torrente…
“Non sei contenta? Ho ritrovato la mia vera forma!” gridò Marla tra i singhiozzi.
“Ma pensa? Anch’io!” ansimò Taron arrancando tra i rovi.
“Potremmo sederci e… fare una bella chiacchierata” aggiunse con un risolino nevrotico.
Vieni, ti racconterò la mia storia mentre muori” sibilò la Stalker a un centimetro dal suo orecchio.
Taron si voltò di scatto. Lì non c’era nessuno.
Quando tornò a guardare avanti, dinanzi a lui c’era il volto di Marla.
La ragazza si leccava le labbra come un boa in procinto di divorare un ratto.
Gli serrò gli artigli intorno alla gola con uno scatto rapidissimo e lo sollevò in aria.
“Marla…” annaspò Taron “non ho… ancora finito… con te…”
La foresta evaporò, rimpiazzata da un ambiente asettico, insolitamente lugubre, dimesso e surreale nella sua monolitica piattezza. L’odore del cloro gli punse le narici.
Lo spogliatoio di una piscina?
Nello spazio anonimo che aveva fagocitato gli alberi, Taron percepì lo stridio impietoso di un fischietto, il ripetuto sciaguattare d’infinite bracciate, e la logorante solitudine che accompagna le persone marchiate dal talento, condannate a esser sole quanto più il mondo si stringe attorno a loro.
Avvertì l’isolamento di Marla, l’abnegazione che aveva trasformato una vocazione in un dovere.
Frattanto, sentiva il proprio corpo enfiarsi e ribollire, smarrire a poco a poco la conformazione originaria, e un’inusitata, inaudita esaltazione scorrergli nelle vene alla guisa d’un veleno, facendogli perdere di vista obiettivi, sogni e speranze.
Non gli rimanevano che pochi attimi.
“Ma se proprio dobbiamo salutarci…” biascicò “almeno facciamolo come si deve.”
Prima che la sua coscienza venisse inghiottita da quel vortice, allungò davanti a sé il braccio sinistro tremante, – ora più affine ad un ramo che a un arto – le dita chiuse a pugno, e disse: “STriNgeRsi la mAno è pEr i pOliTici e… gLi aSsiCuRatOri… riCoRdi?”
Marla sbatté le palpebre con aria interdetta, quasi infastidita.
Abbassò la testa per osservarsi il torso spigoloso e allungato a dismisura.
Con un grido che svelse le radici dalla terra, lasciò andare Taron e indietreggiò, torcendosi i capelli, mentre la selva sostituiva l’allestimento precedente in una coreografia allucinatoria.
Semisvenuto e tremante per il freddo, l’uomo riacquistò gradualmente le proprie sembianze, ma il singolare volgersi degli eventi aveva la priorità sulla sua condizione, e dunque ammirò sconcertato lo spettacolo che gli si parava di fronte.
Simile a una marionetta che tentasse di liberarsi dei suoi fili, Marla si strappava brandelli di tessuto dal torace e dalle spalle, strepitando, ringhiando, consumandosi fino all’osso. Un denso vapore color grafite prese a fumigarle al centro del petto, seguito da un piceo liquame che essudò e si sparse sul terreno formando una grossa pozza.
Il simulacro senziente cadde tra i suoi secreti, agitando le estremità con la stessa, ottusa testardaggine di un ragno ribaltato. Ma non aveva ancora finito.
Per buona misura, si afferrò una caviglia storcendola fino al punto di rottura, e poi, con un paio di morsi ferini, si amputò il piede. Ripeté la procedura anche con l’altro, lasciando al suo posto un tumido moncherino punteggiato da frange di carne.
Finalmente, giacque in silenzio rimirando il cielo venato di lapislazzuli, col miasma che continuava a dipanarsi dalle piaghe. Appariva serena.
 
“Marla?” azzardò Taron.
“Marla?”
“Sono qui” rispose lei.
Taron deglutì.
“Vuoi ancora… uccidermi?”
Il mostro steso nel fango ridacchiò.
“Puoi biasimarmi? Sei così petulante.”
L’uomo si fece più vicino. Con immensa tenerezza, le ravviò una ciocca di capelli.
“Che cosa ti hanno fatto, stupida nerd?”
“Questa tregua non durerà a lungo,” dichiarò Marla “una volta richiuse le ferite, lei avrà di nuovo il controllo. Ѐ già un miracolo che mi sia sottratta alla sua autorità.”
“Merito del nostro patto di fratellanza” commentò Taron occhieggiando le caviglie troncate dell’amica che tentavano di riplasmarsi.
“Non è stato solo quello” replicò la ragazza.
“Ci ho riflettuto a fondo prima di ridurmi a… giocare secondo le sue regole. Taron, c’è un legame potente tra noi.”
“Un legame romantico?” disse lui.
“No, sciocchino. Tra le nostre piccole morti: io battezzata nell’acqua; tu epurato dal fuoco.”
“Aspetta,” esclamò Taron “come puoi…?”
“Ora che impersono la Stalker, siete dei libri aperti per me.”
L’uomo si morse il labbro.
“E non trovi strano che io…”
Marla sorrise.
“No. Forse l’ho sempre saputo. E vedere che sei riuscito ad accettarti mi riempie di felicità. A proposito... bei tatuaggi.”
Taron le tenne la mano. Era tagliente e gelida al tocco.
“Quindi siamo gli opposti che si attraggono. Ma ho paura che ci abbiano scambiati: io dovrei essere l’elemento fluido, e tu l’elemento…”
“…distruttivo” concluse la ragazza.
“Veramente stavo per dire che alimenta la speranza, ma se preferisci distruttivo accomodati.”
“Persa nella macchia, ho seguito il corso di un torrente,” iniziò Marla “e il torrente mi ha condotto a un filo di fumo. Da te.”
“Acqua e fuoco” sussurrò Taron.
Fece schioccare la lingua.
“Avrei voluto incontrarti a metà strada.”
“Accorciare le distanze è il sistema migliore per apprezzare la diversità” ribadì Marla.
L’uomo si esibì in una delle sue smorfie.
“Sarebbe anche una massima illuminante, se non suonasse così scontata. Chi l’ha detto?”
“La mia sorellina.”
I due si guardarono timidamente.
“Ascoltami Taron,” cominciò Marla, scossa da violenti tremiti “puoi ancora svegliarti, con un po’ di aiuto dal basso. Devo solo… piegare qualche regola, finché ne sono in grado.”
“Questa volta andiamo insieme, vero?”
La ragazza distolse lo sguardo.
“Non mi è concesso. E anche se lo fosse, non voglio più tornare.”
Riprese a guardarlo. Era tanto vicino da nascondere le stelle.
“Non sono una bella persona.”
“E invece sì” proruppe lui.
“No, io…”
“Se ti dico che lo sei allora lo sei, brutta troia!”
Marla sogghignò.
“Diretto come sempre.”
L’uomo si grattò la nuca.
“Senti, non ti ho mai considerata virtuosa né irreprensibile, figuriamoci onesta; e nemmeno devi esserlo. La gente si inculca a vicenda un modello di perfezione che non esiste, ma ciò non cambia che tutti abbiano delle zone d’ombra. Sei chiaramente una tipa incasinata; però sei anche una buona amica.”
Gli occhi di Marla risplendevano, e un sottile filo d’inchiostro le colava dalla bocca.
“Piuttosto,” disse Taron asciugandosi le lacrime “perché non puoi venire con me? Chi è questa lei di cui parlavi? Nel caso non l’avessi capito, ne ho abbastanza dei pronomi.”
“Oh, solo una dipendente pubblica che non vedrà mai la pensione. Credimi, quella sta attraversando un inferno peggiore del mio.”
L’uomo aumentò la stretta sugli artigli deformi, provocandosi delle dolorose lacerazioni.
“Dico sul serio.”
Marla soffocò l’istinto che le comandava di processare quell’anima ostinata seduta stante, e sottrasse la mano, strappando a Taron un’esclamazione di dolore.
“L’universo… è regolato da due forze contrapposte” rantolò.
“Ordine e caos?” teorizzò lui.
“Non proprio. In tutte le creature risiede un naturale… afflato alla vita. In parte è programmato, fisiologico… in parte è acquisito. Ma se questo richiamo proliferasse incontrollato attraverso l’Anticamera, non esisterebbe più la morte… il cosmo imploderebbe su sé stesso. Ecco perché lei fa di tutto per contrastarlo. La morte non è crudele: è efficiente. Risponde a imperativi sistemici… come noi.”
“Ma perché proprio tu?” urlò Taron.
Marla si stava rialzando molto lentamente.
“La vecchia mi ha scelto perché desidero ardentemente la morte pur essendone terrorizzata… o, per dirla con parole tue: mi aggrappo alla vita come una piattola alle palle di un barbone. In questa forma parassitica posso abitare lo spazio tra i due mondi… infliggendo agli altri ciò che ho già inflitto a me stessa.”
Taron la contemplò rapito mentre la sua silhouette, sorretta da un paio di piedi appena sagomati, cresceva e cresceva, la spina dorsale che si srotolava come la foglia di una drosera.
“E il ruolo del catalizzatore… ricade sulla coscienza. Fonte d’ogni afflizione, guasto ricettacolo che prende il nome di libero arbitrio.”
“M-Marla?”
La Stalker, ormai alta quanto gli alberi, lo trapassava da parte a parte con i pozzi neri che aveva per occhi. Nel suo atteggiamento era difficile scorgere qualcosa che non fosse malizia indagatrice.
“Ma ora non ho più paura” asserì chinandosi su di lui.
Gli rivolse l’espressione che si riserva a un amante.
“Taron… ti fidi di me?”
L’uomo espirò profondamente. Scoprì i denti in un ampio sorriso. Allargò le braccia.
“Più di chiunque altro” rispose con un candore che poteva essere aspettativa, rapimento o rassegnazione.
Lei gli chiuse le grinfie intorno al collo e lo issò in aria, su, su e ancora più su.
Un geyser di luce adamantina simile a una cascata invertita si sprigionò dal sottobosco, ammantò Taron nella sua tiepida corrente.
“Promettimi solo una cosa” bisbigliò Marla attraverso la maschera della Stalker.
“Promettimi che troverai mia sorella. Si chiama Lilia. Ѐ una nerd, le piace giocare a Myst, a Sky e a una marea di board game… Ma è fissata soprattutto con Sky.”
Innalzandosi tra le nubi con il volto che traboccava di gratitudine, Taron assentì.
“Farò del mio meglio, stronzetta. E pazienza se dimenticherò. Sono un agente del caos… troverò un sistema.”
 
Diretto verso strazi imprevisti e gioie insperate, ormai restituito alla veglia, aggiunse in un fil di voce: “Un giorno ci rivedremo. Fino ad allora, vivrò anche per te.”
  
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