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Autore: robyzn7d    03/06/2022    5 recensioni
“Quante assurdità in questa storia.”
Nami, seduta sul letto, ancora quello dell’infermeria, aveva ascoltato tutto il racconto informativo di quella mattina narrato da Robin, sulle vicende bizzarre della misteriosa bambina apparsa per caso nelle loro vite.
“Come al solito a quel testone di Rufy non interessa indagare” strinse i pugni “io voglio sapere tutto, invece.”
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STORIA REVISIONATA
Datele una seconda possibilità, chissà che non ve ne pentirete!
Genere: Avventura, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mugiwara, Nami, Roronoa Zoro, Z | Coppie: Nami/Zoro
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo XXXI
Il potere di un nome 
 
 
 
 
 
 
 
Faceva quasi paura rannicchiata su sé stessa, con gli occhi nascosti dai capelli che le ricadevano addosso come un’armatura che la proteggeva dallo sguardo altrui. Non versava nessuna lacrima, nonostante una certa disperazione le aleggiasse sopra alla testa, e quel suo essere immobile e fredda era una reazione che lasciava di stucco. 
Troppa la paura di affrontarne tutti gli errori commessi, le illusioni mai sopite, un’amore bello ma anche doloroso e ancora mai veramente saziato. 
Nami si stringeva nelle spalle ogni qualvolta sentiva l’occhio dell’amico su di sé, e senza alzare mai la testa a guardarlo in faccia, riusciva, nonostante la vicinanza, ad allontanarsi da lui, rifugiandosi in un qualsivoglia posto lontano. 

Sentire di situazioni non ancora accadute, giocare d’azzardo coi ricordi che in realtà non potevano ancora esserlo, vivere sentimenti che non potevano ancora esistere nel suo mondo, il tutto verto ad indagare su un amore che altro non era che un abile giocoliere senza pietà. 
Nell’improvviso silenzio che la circondava, sentiva che gli occhi del cecchino erano grondanti di lacrime silenziose. Uno sguardo altro che fugace il suo, ma anzi, confuso e straziante che alimentava il suo sentimento difficile. Con la voce mozzata dall’angoscia di cose che non avrebbe dovuto sapere, Usop la guardava e la chiamava un’altra volta ancora, ripetendone il nome in continuazione, 
“Nami…” 

Aveva sentito la sua mano posarsi sul suo braccio, ad un certo punto, e toccarla, come un pizzico che la riportava alla realtà.
“Noi…non avremmo dovuto sentire niente…”
e piangeva ancora qualche lacrima, sedutole accanto, sconvolto da una narrazione sulla loro vita non ancora avvenuta da far accapponare la pelle da quell’inquietudine che quella stranezza conferiva senza indugio. 
Ma Nami sentiva solo una campana, aveva necessità di vivere quel contatto ancora mancato, quel qualcosa di così importante ma ancora non avvenuto e che invece avrebbe voluto provare subito. 

Seguiva mentalmente un percorso labirintico dei sentimenti che cercava di snodare nelle viscere del corpo, nei suoi tentennamenti che sopraggiungevano sempre carichi di inquietudini nei momenti più disparati che cercavano una risposta, una sola. 
Si sentiva seduta su un filo invisibile. Ancora faticava a crederci. Non soltanto per l’enorme mole di emozioni che all’interno si susseguivano e sovrapponevano una sopra all’altra, ma anche perché quelle parole, tramutate ora in immagini, la stavano tormentando terribilmente. 

Una cosa aveva compreso con certezza, ora più che mai riusciva a vedere chiara e tonda la forma del suo problema: lei era in attesa. Un’attesa cosi eternamente esitante di un qualcosa così agognatamene desiderata, e che non pensava nemmeno così sperata.
 
“Nami…” 

 
Immobile, gelata, chiusa all’interno di un guscio freddo e ben saldo, sentiva di pensare solo ad una cosa, in fin dei conti, solo a quella maledetta attesa che non voleva più vivere. Il dissapore di tutti i suoi problemi. 
 
“Dimmi che stai bene…”

 
La voce insistente di Usop e il suo cuore allietato non potevano che aiutarla a ritornare tra i vivi. 
Con un sospiro a spezzare la sua immobilità, la rossa riuscì a ricambiare la stretta del cecchino, pur rimanendo con il capo fermo a fissare la poppa della nave, che nascondeva parte dell’oceano e le figure di due donne ancora ferme a parlare tra loro.
“Perché hai voluto ascoltare? Perché?”
Continuava agitato, cercando di respirare. “Come potremmo fingere di non sapere niente?” 
Nami ricambiò la presa, stringendogli il palmo della mano in uno scialbo tentativo di rassicurarlo, o forse, rassicurare sé stessa. “Va tutto bene, Usop.” 

“Com’é possibile che vada tutto bene?”
Cercò di ottenere la sua attenzione, mettendosi davanti a lei, intercettando il suo raggio visivo. “Dubito assolutamente del tuo stare bene dopo queste informazioni!” 
D’improvviso, la necessità di raggiungere un altro luogo, un altro rifugio si fece impellente. Attese la fine dello sfogo di Usop, comprendendolo, ma sentendosi pronta a spostarsi, ad agire, ad affondare non tanto in un altro posto, ma nella verità, la verità di quell’amore. Un movimento d’aria, insieme alla sua nuova consapevolezza, le fece finalmente alzare la testa. Ma ancora non si mosse del tutto: lei avrebbe voluto spostarsi, camminare, correre per giunta, eppure il corpo non le obbediva.
“Ho capito!” 

Sentiva ancora Usop parlare da solo, dal momento che lei non lo aveva mai veramente risposto. “Possiamo utilizzare queste informazioni per cambiare le cose!”
Eccolo allora, eccolo il suo corpo muoversi finalmente, insieme allo sguardo che si faceva serio in modo quasi assurdo tutto insieme. 
“Che ho detto di strano?” il cecchino, che ormai aveva asciugato quasi tutte le sue lacrime, la guardò confuso, chiedendosi se non fosse impazzita a prendersela con lui. 
La vide scuotere la testa compulsivamente, come se si fosse risvegliata improvvisamente da qualcosa di assurdo, almeno, prima di vedere quelle sue braccia esili posizionarsi sulle sue spalle e scuoterlo tutto d’un colpo. 

“Non dirlo mai più!” 
“Ma Nami!” si lamentò, riuscendo a sfuggire poi alla sua presa. “Non vuoi salvarti? Non vuoi salvare il tuo…?” Inghiottì un magone bloccandosi all’istante, non sapeva cosa dire, anzi, per lo più come dirlo. Ma lo sguardo serio della rossa si posizionò dentro ai suoi occhi neri e sensibili, grandi come due calorose palle di Natale. 

“Non sono mai stata più seria, Usop. Non cambieremo niente e niente dovrai dire a nessuno, hai capito?” 
“Che cosa? Vuoi dire che quando succederà lasceremo che accada e basta?” 
“Si.” 
“Ma hai sbattuto la testa al muro per caso? Questa é una possibilità unica al mondo! Ma che diavolo ti prende?!” 

Il respiro di Nami era talmente diventato accelerato che confondeva il cecchino stesso, non riuscendo a sincronizzare ciò che diceva con ciò che provava. “Stai tremando!”
“Capisci che se cambia qualcosa cambierebbe anche Rin?!” 
Una voce graffiante, ma calda e sofferta. Una voce che parlava di troppe cose tutte insieme. 
“Dobbiamo dirlo a Zoro!”

Ancora quel volto esageratamente arrabbiato. 
“Non t’azzardare!” Quello sguardo bastò ad Usop per capire che Nami ci credeva davvero in quelle decisioni, in quelle scelte senza ritorno. “Non gli darò anche questo peso!” 
“Cosa farai allora? Soffrirai? Ti porterai tutto questo da sola?”
Usop lo vedeva il dolore quasi tangibile negli occhi di Nami. Lo vedeva, lo sentiva, lo spaventava. 
Uno sguardo di sentimenti infranti, di paura per i legami perduti e di…una responsabilità che era un macigno.  
 

“Non da sola…, giusto?”
 
Poteva essere l’amico che era sempre stato, si, Usop poteva tenere per sé quel dolore. 
Si, Usop lo avrebbe potuto portare sulle spalle. 
 
“No, non da sola.” 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“Sta’ ferma” 
Con l’aiuto dei suoi incredibili riflessi allertati anche durante il sonno, Zoro aveva fatto giusto in tempo a fermarle il polso con la mano in una stretta decisa ma leggera. Occhio ancora chiuso, voce roca affatto impastata dal sonno, la pelle calda e piacevole, somigliante allo stare seduto davanti ad un falò acceso sulla sabbia, e il respiro quasi inesistente.
“Ma che diavolo! Stavi russando come un orso in letargo fino ad ora!” 
Un’altra voce lievemente stridula e dal tono sorpreso, contornata da una nota di seducente sconfitta, già si lamentava per quella difesa sempre così impenetrabile. 
La mano di Nami, rimasta bloccata a mezz’aria, stava per fare capolinea sul bordo del soffice lenzuolo di un bianco sbiadito posato in una linea quasi perfetta sulla vita dello spadaccino a coprire la sua metà del corpo più privata, mentre giaceva sdraiato al fianco destro di lei, in quel letto che li aveva entrambi accolti in quella notte incancellabile dalla memoria di entrambi. 
Nami lo sentì grugnire appena, forse mentre cercava di riaddormentarsi, ma, dall’espressione vanitosa comparsa sul suo volto improvvisamente, poteva immaginarne già il compiacimento che stava provando per il suo essere sempre così attento e preparato ad attacchi improvvisati e inferti anche dal più impensabile degli avversari. 
“Mi spieghi cosa volevi fare?” le disse poi, liberando uno sbadiglio dei suoi e aprendo subito dopo il suo occhio buono per guardarla in volto e scrutarla come al suo solito.
Con un sorrisetto da finta ingenua, Nami, seduta accanto al suo busto, alzò le spalle con indifferenza, ricambiando la sua occhiata incuriosita ma lasciandolo completamente allibito. 
“Volevo dare una sbirciatina…” 
“Ma sei scema?” 
Confuso, e un po’ imbarazzato, Zoro non sapeva dove cavolo volesse andare a parare quella sua compagna un po’ matta che, sapeva – e poteva - essere estremamente pericolosa in più di un’occasione.  
“Hei…” Nami gli puntò il dito indice sulla fronte “tu hai avuto una visuale completa…non lo trovo affatto giusto!”
Trattenendo un iniziale grugnito legato alla sua reazione di appena sveglio, i lineamenti del suo viso iniziarono subito a rilassarsi, accompagnati da un mezzo ghigno a contornargli le labbra screpolate e rigide. Lasciandole libero il braccio, ritrovandosi all’istante più tranquillo, si tirò su con le spalle poggiandosi meglio allo schienale del letto e richiudendo poi l’occhio, abbandonandosi ai sensi.
Sorrise. 
“Bé é decisamente più piacevole così!”
“Idiota!” 
La rossa scosse la testa del tutto contrariata ma anche totalmente divertita. Riacquistando la libertà per il suo polso, sospirò, fintamente rassegnata, ma mentalmente pronta ad un’improvvisata vendicativa quando sarebbe stato il momento più opportuno. 
Finché…
“Dai allora…” Zoro aprì l’occhio guardandola serio e compiaciuto allo stesso tempo. Forse mettendola alla prova. Forse per prenderla in giro. Forse per curiosità. O forse, credeva davvero nel dover pareggiare i conti 
“fai quel che devi.” 
Stupita ma soddisfatta, Nami continuò a fingere nel suo sguardo furbesco, portando sul volto un’innocenza e un imbarazzo che non le appartenevano affatto. 
Recitando una titubanza inesistente – tutto per fargli credere di stare al suo gioco - allungò nuovamente lo stesso braccio di prima verso il lenzuolo di seta, stuzzicandolo volontariamente in una finta attesa volontaria. 
Quel ghigno che il verde aveva bene impresso nel suo volto iniziò a tramutarsi in qualcos’altro: ansia, eccitazione, pulsione…
Continuava a mantenersi lucido, ma sentire quella mano strofinarglisi addosso e poi tra la pelle e il lenzuolo, iniziò a mandarlo in visibilio velocemente, più velocemente di un tempo, più velocemente di quanto si aspettasse. Aveva appena appreso che l’aver superato quella linea di demarcazione l’aveva reso meno resistente di prima, e non il contrario. 
La compagna aveva poi alzato il lenzuolo, e lui l’aveva lasciata fare per davvero, prendendosi finalmente così la sua giustizia ma rimanendo in silenzio per tutto il tempo dedicato a quella vista. 
“Ok”
Aveva esternato poi, fingendo indifferenza. E, riabbassando il lenzuolo su di lui aveva allontanato il braccio, indietreggiando e poggiandosi anche lei sullo schienale del letto.
Rimasero per un attimo in silenzio, con sottofondo un accennato grugnire di Zoro, tramutato velocemente in un incredulo 
“Tutto qua?” 
“Volevi che dicessi qualcos’altro?”
Nami, con il lenzuolo tirato su di lei fin sotto le braccia, le incrociò al petto, come fosse totalmente insensibile alla cosa.
Lo vide allontanarsi in fretta dalla spalliera che lo teneva dritto, perplesso e quasi offeso, sedendosi e avvicinandosi a lei con i denti a squalino che gli avevano occupato l’espressione. 
“Erano tante le cose che avresti potuto dire!” 
Nami, con il suo modo di fare solito, alzò le spalle fingendo impassibilità, ma ridendosela sotto i baffi mentre lo osservava crogiolarsi in un’offesa che non avrebbe nemmeno potuto spiegare veramente, rallegrata di vederlo cadere in trappola come un babbeo. Quando poteva, doveva approfittarne di quei momenti. 
“É inutile che stanotte hai fatto la carina, sei, e rimani, sempre una dannata strega!” 
Ma quando la vide pensierosa, portandosi il dito sul mento, e adagiandosi meglio nel lenzuolo che l’avvolgeva, per un attimo ebbe un momento di speranza, di una frase rimedio che avrebbe migliorato la situazione, aprendo così le orecchie all’ascolto. 
“In effetti una cosa c’è!”
“Quale”
Zoro era davvero interessato, aveva bisogno di cambiare le carte in tavola quella mattina o sarebbe sicuramente fuggito da quella stanza per andare a nascondersi da qualche parte sulla nave il prima possibile. Ma la sua compagna era sicuramente su tutt’altra linea d’onda, e lui questo non poteva proprio saperlo. 
“Gli darò un nome!”
E infatti…il verde dovette nuovamente tirare fuori tutto il suo autocontrollo per non mandarla al diavolo per l’ennesima volta, per non alzarsi subito e uscire dalla stanza sbattendo la porta incavolato.
“Scordatelo!”
E ancor di più quando sentì il seguito, tanto da potergli scatenare un attacco cardiaco così rischioso da rimanerci. 
“Lo chiamerò Peppetto”
“NON SE NE PARLA!”
“Quando chiamerò Peppetto, tu saprai cosa dovrai fare!”
“Smettila! Smettila subito di dire idiozie!”
I due, seduti a mezzo busto sul letto, continuavano il battibecco più strano che avessero mai avuto. Zoro agitava le braccia per aria, cercando in tutti i modi di far valere e capire il suo disappunto, mentre Nami continuava ad ignorarlo, contenta della sua brillante intuizione. Forse perché l’idea le interessava davvero. Forse perché la divertiva vederlo uscire dai gangheri. Forse perché amava giocare con lui. O forse, perché dopo tutto quello che avevano provato quella notte, con il batticuore del risveglio quella mattina, aveva necessità di smorzare la tensione.
“Ma dai é carino!” 
“Carino? Ho detto NO!” 
Schifato e totalmente contrariato alla cosa, Zoro, iniziava comunque ad aver paura di non avere più voce in capitolo sulla questione, dal momento che Nami ormai sembrava aver deciso per davvero; così, quella volta, insistette più del solito facendo il possibile per rimanere ostinato e non lasciargliela passare. 
“Prima di tutto no, e poi lo sanno tutti, su questa nave, che tu hai talento per scegliere dei nomi improponibili!” 
Fu allora che Nami si offese, abbassando lo sguardo sul letto con un’espressione triste e fintamente rassegnata. “Sei cattivo adesso…”
Si strinse con ancora più risolutezza il lenzuolo sotto le braccia, intrappolando la carne nuda in quell’abbraccio con sé stessa trasmettendo un’insolita parsimonia nel mostrarsi.
Con l’occhio sgranato per quella che pensava essere una stupida reazione, Zoro, per un attimo, si sentì in colpa…e non poté rimanere in silenzio, sospirando e pensando di aver esagerato. “Dai…in fondo Chelotto non era così brutto…per un granchio però…” ci tenne a precisare alla fine. 
Con la velocità della luce, Nami alzò il capo con sul volto due occhi luminosi e accecanti che abbagliarono lo spadaccino in trance. “Allora va bene Peppetto?” 
“NO!”
Resosi conto di essere nuovamente finito nelle sue bugie e finte offese, Zoro iniziò sbraitare e inveire contro di lei, rendendo chiarissime le sue volontà contrarie.
“Stavolta non la passi liscia” 
“D’accordo…” Nami alzò gli occhi al soffitto, decisa a condividere una tregua, tanto per farlo respirare un po’ “per ora vinci tu…”
“PER ORA?”
“Non hai fantasia, Zoro. Tutto qua.” 
Nello stesso momento, Nami vide quella pupilla diventare sempre più grande dentro quell’occhio indiavolato, tanto da guardarlo e sfidarlo con lo sguardo, in attesa di sentire che cosa lo infastidisse per davvero. E sorrise ancora lei, quando lo vide continuare a crogiolarsi in silenzio in qualcosa che non poteva veramente esternare, con le nervature visibili sulla sua fronte. Era alquanto consapevole di avergli fatto passare ogni sorta di desiderio per lei in quel momento!
E poi, lui scattò, e, in qualche modo, la stupì…
“Ma bastava dire un altro nome!”
Nami sorrise, ancora poco stanca di giocare, vedendolo sempre con le braccia per aria. E…
non riusciva a non pensare alla fortuna che aveva avuto ad averlo accanto. Che nonostante quel suo essere così orgoglioso e burbero, quella notte - quella notte - era stato gentile mentre l’amava. Sempre rimanendo sé stesso, sì, ma anche incredibilmente attento e premuroso.  
“Fioriccino?”
“NO” 
“Carolino?”
“NO”
Lo guardava con quello sguardo insensibile che sapeva fare bene quando sentiva la necessità di nascondere qualcosa, ma dentro, dentro, era innamorata persa di lui. 
“Sentiamo! Dillo tu allora!”
Lo osservò nei movimenti, aveva assunto una posa più austera, la schiena dritta, braccia incrociate, sorriso appena accennato. Zoro non aspettava altro che gli venisse passata la palla. 
“Bestia infernale?”
“Vai avanti…”
“Custode degli inferi?” 
“No…”
“Il dragone invincibile?”
“Zoro…”
Lo vide incrociare le braccia al petto con più forza, perdendo totalmente l’entusiasmo quando, voltandosi e incontrandosi con gli occhi di Nami, li trovò per nulla incattiviti dalle sue proposte. 
“Certo…da una che ha detto “ok”…”
Deciso a lasciare perdere l’argomento, il verde si preparò a scendere dal letto, scrutando la luce filtrare nella stanza e capendo che non era più solo mattina presto, e che gli altri, almeno un paio di loro, erano sicuramente già in piedi.
“Meglio alzarsi…prima che entri qualcuno.” 
 
“Zoro?”
 
Sapendo perfettamente di aver infierito un po’ troppo nella sua virilità da superuomo, Nami decise di mettere fine al gioco che lei aveva avuto bisogno di iniziare, strappando entrambi dalla passione della notte prima per distrarli da tutte quelle stravaganti sensazioni e intensi sentimenti. 
Fece scivolare sul letto la parte del lenzuolo che le ricopriva il corpo, quello che aveva tenuto sinora ben stretto sotto le braccia tendendo ben velate le sue forme in un insolito senso pudico. Perché, lo ricordava bene, l’occhio di Zoro su di lei, e ricordava bene la sua mano sulla sua carne. Non l’aveva mai visto cosi, mai sentito gemere per lei. L’aveva sconvolta così tanto che per tutto quell’attimo aveva sentito necessità di coprisi per equilibrare le vibrazioni. 
 
“Secondo te, “bestia infernale” é davvero appropriato?”
 
Voltandosi per risponderle con un grugnito, ancora offeso per averlo anche solo messo in dubbio, si ritrovò invece imbambolato a guardarla stupito. Non si sarebbe mai aspettato che gli avrebbe concesso una vittoria, ma, soprattutto, non si sarebbe mai aspettato che lei non stesse affatto bluffando. 
Nami lo voleva ancora…
Fu un attimo, il tempo di liberarsi del lenzuolo, che le fu addosso come un segugio. 
Dall’offesa alla passione.
“Certo che sì” aveva ribadito, prima di mordicchiarle il mento, “…strega!” 
Quando la prese per i fianchi, portandosela a sedere sulle gambe, la sentì emettere un piccolo ansimo seguito da un’esclamazione di stupore. In ripresa, Nami si schiarì subito la voce…
“Ma quale strega!, io direi più …regina dell’inferno” 
Gli sorrise maligna, baciandogli e mordendogli il collo fino a lasciarci un segno evidente sopra. Lui la lasciò fare, concentrandosi invece su di lei con le mani e pensando divertito a quei soprannomi. 
“Sta bene”
le aveva risposto, divincolandole appena le gambe per farsi subito strada in quella catabasi indiavolata e pericolosa. 
 
Nami lo faceva impazzire quando non lo prendeva sul serio. Un’abile doppiogiochista che quando voleva sapeva essere insensibile e distaccata, mandando tutto l’autocontrollo emotivo di Zoro ai posteri. Ma sapeva essere anche calda, premurosa e dannatamente provocante, mandando lo stesso tutto l’autocontrollo di Zoro ai posteri!
“Non voglio che finisca”
gli sussurrò all’orecchio con un rimasuglio di voce strozzata. 
Lui sorrideva, mentre cercava di equilibrare respiri e mugugni soffocati sulla pelle di lei, bruciante di un entusiasmo che non avrebbe mai immaginato di provare per il solo e semplice fatto che Nami non aveva paura, di lui, di loro, di lui che diventava così istintivo, che le stringeva con le unghie la carne sui fianchi in preda al piacere. 
“Non ho intenzione di fermarmi” le rispose, in parole liberate da una lunga oppressione, chiuse in quella voce dal tono basso ma profondo. 
E non potevano più parlare. E non potevano più pensare. Entrambi consapevoli di essersi cacciati in una situazione che sfuggiva al loro più maniacale controllo, in una posizione ancora più intima, che li vedeva entrambi uno negli occhi dell’altra. Tante cose succedevano tra due persone che si guardavano negli occhi così a lungo, e in un momento di vulnerabilità come quello. Tante cose si provavano. E tante se ne condividevano. 
Zoro la faceva fremere con una facilità che la stupiva. Nami non si farebbe toccare da nessun altro uomo, anzi, non si sarebbe mostrata vulnerabile, acconsentendo al piacere, davanti a nessuno altro uomo. 
“O-h” liberò un gemito strozzato sulle labbra di Zoro. “Non guardarmi…”, gli soffiò addosso. 
Lui la guardava ancora invece, e in un gesto delicato le alzava il mento e lo fermava tra le sue dita, scavando più a fondo nel suo sguardo.
Poi gemevano ancora, uno nella bocca dell’altra. 
Le mani di Nami che gli stringevano il collo, reagendo all’emozione più istintiva, quando in un tocco caloroso e delicato, quando in uno più aggressivo. 
Le guance che si strusciavano. 
Le mani di Zoro a cingerla in una presa salda e attenta in cui potersi sentire al sicuro. 
“Nami…”, sussurrò il suo nome, in un tono non ostile, ma eccitato, e…innamorato.
“Non ti fermare”, ripeteva lei, senza nemmeno farlo parlare, chiusa sempre in quella dannata paura che lui potesse mettere fine a tutto, che lui potesse privarsi di quel piacere, di quell’amore, solo per testardaggine. 
“Guarda che non ne ho intenzione” fu costretto a ribadirle, conoscendo benissimo il significato e dissapore di quella richiesta, mentre senza quasi accorgersi diventavano ancora una volta un tutt’uno. 
 
 
 
 
Nuovamente sudati e silenziosi, i due recuperavano il respiro con le schiene poggiate alla spalliera del letto, e il lenzuolo, testimone del loro nuovo incontro, tornato a ricoprirli. 
“C’è voluto così tanto per farlo la prima volta…” il respiro veloce e incandescente di Nami andava a ritmo col suo cuore, e come al solito aveva bisogno di smorzare la tensione che aleggiava sulle loro teste “e quasi niente per la seconda”. Ancora faceva finta di essere distaccata da quel sentimento, allo stesso tempo soddisfatta e colpita da quella situazione e da tutte le emozioni che stava provando, mentre strusciava la guancia su quella di Zoro solo per infastidirlo con “quelle” carezze. Quasi che iniziava a sentirsi già meglio, più lontana da ogni peso che aveva portato sulle spalle con tanta fatica fino a quel momento liberatorio. 
“Ora capisco perché é Rin la prima bambina della ciurma…” 
“Piantala di farneticare!”
Intuendo perfettamente le sue intenzioni, Zoro non poteva fare altro che ammonirla, bisognoso, al contrario di lei, di vivere e non coprire quel silenzio. Però, con un gesto gentile, le aveva spostato i capelli dalla spalla destra, lasciandoci uno strano bacio ancora ricco di passione inconfutabile, sotto lo sguardo stupito ma caldo di Nami -che si teneva privatamente per sé tutti quei piccoli dettagli - per poi allontanarsi e mettersi seduto sul bordo del letto con i piedi sul pavimento freddo. 
“É meglio separarci per un po’” 
“Che c’è…hai già paura di non resistermi più?”
“Piantala!” La fulminò ancora, sempre severo - era la sua reazione naturale d’altronde! - ma questo solo per un attimo, il tempo di guardare il viso di Nami brillare, e sorridere anche lui di rimando. 
“Meglio non dare agli altri nuovi motivi di pettegolezzo.” 
 
 
 
“Zoro?”
“Umh?”
“Quindi, come pensi che sia venuto fuori il nome Rin?” 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Il compagno aveva abbandonato la stanza, lasciandola sola, con la scusa del “meglio che nessuno ci trovi così”. Ma Nami lo sapeva bene che Zoro era fuggito soprattutto dallo sguardo indagatore di Robin, che, in realtà, era l’unica che avrebbe potuto introdursi nella stanza. Era troppo per lui il doversi mostrare così innamorato allo sguardo di chi lo avrebbe capito subito che cos’era successo quella notte.
Si lasciò cadere all’indietro per appoggiarsi alla superficie liscia del legno con la schiena, restando ancora avvolta in quella unione di sensazioni e profumi che non era ancora pronta a lasciare andare. 
Soddisfatta di quella loro unione, colpita di ciò che le aveva mostrato, Nami era contenta di essere finalmente riuscita a penetrare in quella muraglia di silenzi e sentimenti taciuti, non riuscendo a smettere di sorridere, gongolare, ridere da sola. 
Lei era riuscita a prenderselo, ad averlo. Era riuscita ad incastrarlo in lei. 
“Non mi allontanerà più” 
Sorrideva, mentre si rigettava tra le lenzuola. 
 
 
 
 
 
Era una fortuna che si fosse separato da Nami così rapidamente. 
Fortuna…o tragedia? 
Forse era più che altro una tregua da ciò che aveva provato, per la prima volta aveva visto un lato di lei che non credeva possibile avrebbe potuto vedere. E gli piaceva. 
Facendo forza sui bicipiti, Zoro, si era rimesso ai suoi allenamenti soliti e sacrificanti, cercando di svuotare la mente da tutte quelle immagini ed emozioni che sembravano surreali.
Solo ripensare a quei baci affiatati, in posti in cui non avrebbe mai potuto pretendere, gli provocò una stretta allo stomaco. 
Cercava di ritrovare la determinazione e concentrazione necessaria, essendo il coach di se stesso. L’unico che poteva esserlo davvero. Ma, lontano da quel letto iniziava a sentirsi una persona diversa, una persona che aveva perso per strada ogni duro proposito in cui aveva sempre creduto. Questo perché non riusciva a pentirsene affatto di ciò che aveva fatto. Della sua decisione. Di aver fatto entrare Nami in lui definitivamente. Ma nonostante tutto, il dubbio di aver potuto commettere un errore lo attanagliava. Un senso di oppressione quasi di quella contraddizione che gli bruciava dentro. 
Doveva sconfiggerla. 
“Non si torna più indietro” ammise a se stesso, sprofondando mentalmente nella voglia costante che aveva di lei.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Nami trovò finalmente sua figlia affacciata al parapetto della Sunny, con la spada al fianco già ricondotta nel suo personale e bianco fodero. Come fosse pronta allo sbarco, alla partenza. Aveva lo sguardo fermo sull’oceano e sembrava piuttosto pensierosa. Accanto a lei, il solito: Zoro che russava sonoramente, stremato, a gambe e braccia aperte con la schiena sul dorso del ponte. Chiaro segno che Rin aveva chiesto a un padre, già provato da una lunga notte, l’ennesimo scontro amichevole per quel pomeriggio. 
Decise di sedersi sulle scale ad osservarla sotto i luminosi raggi del sole e rimanere in attesa della sua attenzione senza rovinare quell’atmosfera. Le voleva bene. L’amava, anzi. L’idea che da lì a poco sarebbe scomparsa dalla sua vita le faceva bruciare le mani, i piedi, e le si scombussolava lo stomaco. 
Eppure, quel pensiero sembrava talmente sciocco da vergognarsi anche solo di averlo avuto. Era normale, dopotutto, che tornasse a casa, lei stessa aveva promesso che ci sarebbe riuscita ad aiutarla. Come poteva essere gelosa della Nami del futuro? - di sé stessa- che tra poco avrebbe riabbracciato sua figlia, anche se una figlia a cui lei invece avrebbe dovuto dire addio. 
Ma adesso si sentiva più forte. Si sentiva più audace, Nami, ad affrontare tutta la grande questione insormontabile. Nonostante la verità che con dolore doveva stare attenta a non rivelare.  
E poi venne sovrastata da altre domande. Cosa avrebbe fatto Zoro, se avesse saputo ciò di cui lei già era a conoscenza? Quanto avrebbe sofferto? Avrebbe avuto la stessa idea di Usop di “rimediare” al tempo per evitarle un dolore? 
Nami aveva già deciso che sarebbe rimasta col dubbio, e che non avrebbe mai potuto rivelarglielo. Mai. O forse, solo più avanti, nel futuro. Si era divertita quella mattina a stuzzicarlo, a vederlo crogiolarsi nell’offesa, ma quello era il massimo del “dolore” che avrebbe mai inflitto al suo compagno. Non avrebbe mai voluto vederlo soffrire per davvero.
Persa nei suoi pensieri si era accorta troppo tardi che Rin adesso sostava davanti a lei e la fissava con severità. 
“Sei…strana…”
Nami sussultò. Quella aveva il passo felpato proprio come il suo!
“Ma che ti salta in mente!” arrossì davanti a quegli occhi immobili. Scosse la testa, facendo oscillare i lunghi capelli rossi liberi sulle sue spalle e respirò a pieni polmoni ritrovando la concentrazione. 
“Perché sei arrossita?”
“Ma quale arrossita!” 
Nami sapeva che con quella pulce lì aveva poco da scherzare, forse anche solo per tentativi avrebbe potuto pure scoprirli. Così, cambiò abilmente discorso come solo lei era capace di fare “Hai stremato tuo padre, eh?”
“Abbiamo combattuto un po’…ma niente spade di allenamento…” la bambina rispose accompagnando alle parole un cenno con la testa, e, abbozzando un sorriso, mise in mostra il suo esile braccio “ho finalmente tolto il gesso!”
Nami mise sul volto un’espressione di stupore, e, automaticamente, non riusciva a celare anche un dispiacere. “E perché non mi hai avvisata?” 
La rossa junior fece spallucce indifferente. “Usop ha detto di non disturbarvi…ha detto che eravate impegnati in qualcosa…non so” 
Quello non perde mai il vizio di farsi gli affaracci degli altri. 
“Quindi, in cosa eravate impegnati tu e papà?” 
“Bé…” Nami sudò freddo. “Ma piuttosto, perché non ti fai più vicina? Voglio guardati bene.” 
La trascinò per il polso a due passi dalle sue gambe, portandosela davanti al viso. 
Non sapere tutta la verità, in fin dei conti, era stato il motivo che l’aveva tenuta lontana da Rin in tutto quel tempo che lei aveva vissuto nel passato e che adesso, con un  tuffo al cuore, sentiva di aver sprecato. Vederla così affiatata con Zoro e meno con lei l’aveva tenuta un po’ a distanza. Anche se, doveva ammetterlo, adesso capiva molto bene il perché. Ma, sapeva anche un’altra cosa con certezza, che per lei la sua bambina provava qualcosa che era così immenso e prezioso da tenerlo nascosto e stretto stretto a sé. La sua mamma era intoccabile, e la proteggeva con tutto il suo cuore.
Le strinse leggermente le braccia continuando a guardarla in quegli occhi che bulicavano di dignità, e la guardava, e riguardava ancora più a fondo, mentre i suoi iniziavano a cedere al luccichio dell’emozione.  “Che c’è?”
“Sei così…perfetta”
Rin sgranò gli occhi d’improvviso. “C-che cosa dici, mamma?”
Nami le lasciò un solo braccio e si spostò una ciocca di capelli dietro all’orecchio, fermandosi un solo attimo per riprendere lucidità. Si pizzicò le narici, cercando di imprimere nella sua memoria quel profumo familiare che veniva da Rin. Chiuse gli occhi e percorse tutto quel filo invisibile che aveva vissuto in quelle settimane, fino ad arrivare a quel momento, a pensare a tutto quello che invece ancora non sapeva e che avrebbe avuto modo di scoprirlo senza indizi dal futuro. Tutto ciò che avrebbe ancora passato insieme a Zoro, e tutto ciò che avrebbero vissuto quando lei sarebbe nata, la realizzazione dei loro sogni, le infinite avventure che ancora avrebbe condiviso con i suoi scapestrati compagni. Aveva una enorme famiglia preziosa che amava, e che amava oltre l’immaginabile. 
Era fortunata. 
“Mamma” si lamentò con voce abbastanza petulante, nonostante fosse smorzata dalla vergogna “non mettermi in imbarazzo in questo modo!”
Rin non era solo una bambina che voleva essere forte in apparenza ma che poi era solo fragile dentro, no, Rin era forte davvero, e si erigeva volontariamente come difensora delle persone che amava - solo questo le importava, lei era questo, era l’amore, anzi, ne era la protettrice. 
Nami aveva letto fin da subito che in lei vigeva qualcosa di speciale, ma per arrivare a capire questo, insomma, si richiedeva più tempo. Un po’ come era successo con lei. 
Dietro quel broncio imbarazzato, e quell’audacia e sguardo quando caldo, quando tenebroso, Rin avrebbe dovuto incutere paura a chiunque, come un cane rabbioso che vuole gettarsi nella mischia troppo in fretta, ma, invece, nonostante tutto questo, era molto tenera, e nonostante l’affinità - impossibile da non notare - con il padre, nascondeva un forte attaccamento alla madre. Insomma, Nami le aveva passato in eredità pure il suo cruciale istinto di protezione. E anche Zoro aveva fatto la sua parte. 
“Voglio raccontartelo… voglio che tu sappia la verità”
Nami allungò il braccio e con due dita alzò il mento della figlia che ora aveva un sopracciglio all’insù nel suo essere perplessa in uno strano imbarazzo negli occhi, nello stesso identico modo che era in grado di colpire anche Zoro. 
“Q-quale verità?” Il respiro corto iniziò ad occuparle il petto. 
“Del mio incontro con tuo padre.”
Rin si immobilizzò a sentire quelle parole, ma in fretta recuperò la sua espressione adrenalinica mentre la guardava curiosa più che mai. Ne aveva bisogno come l’aria che respirava. 
“È stato lui…” 
“A fare cosa?”
“A salvarmi!” 
Con il cuore pulsante, Rin si costrinse a trattenere le lacrime davanti all’ennesima evidenza di quell’amore importante da cui era nata, confutando quanto fosse grande il peso dell’incapacità dei suoi di rivelarsi a vicenda - e quando anche agli altri - quel sentimento.  
“È così che é andata allora?” 
Nami le lasciò andare entrambe le braccia e si sistemò i capelli dietro le spalle mentre cercavano di fuggire via con una folata di vento, e sorrise, mantenendo un tono di voce basso ma deciso. 
“Quella volta che ci siamo incontrati, io non avevo nessuna speranza verso il prossimo…soprattutto verso gli uomini, figurarsi se pirati. Ma poi…ho visto loro…”
“Papà e Rufy?”
Era diventata così impaziente, perdendo quasi tutta la calma che riusciva a mostrare con tenacia. 
Nami asserì. 
“Vedi, seppur anche Rufy fin dall’inizio é stato in grado di stupirmi, rimaneva sempre un idiota ogni qualvolta aprisse bocca o facesse qualcosa; ma tuo padre, be’ “ aggrottò le sopracciglia e abbassò la voce di proposito per evitare di farsi sentire “e questo non lo sa e mai dovrà saperlo - lui, ecco, lui mi diede una bella lezione.” 
“In che senso?”
“Diciamo che ha abbattuto il mio castello di carte. La sua lealtà, il suo essere così dritto, sincero, determinato, risoluto, forte e…così…buono, per un uomo…mi stupì e confuse, mi trascinò in un vortice fatto di speranza, ma soprattutto…fiducia. La fiducia che avevo perso per sempre.” 
Nami sorrise rallegrata di averlo finalmente ammesso ad alta voce e buttato fuori dal petto tutto insieme. Sospirò, dando una rapida occhiata all’oceano, per poi tornare a concentrarsi sulla bambina, sui suoi occhi così bramosi di sapere.
“Qualche tempo fa hai chiesto a Rufy se io e Zoro ci siamo amati fin da subito…”
Rin arrossì e si coprì la bocca con entrambe le mani. Spesso dimenticava che la mamma potesse avere occhi e orecchie ovunque, soprattutto quando si trattava di lei. Ma vide Nami brillare e capì che non c’era nessuna traccia di rabbia in lei. La sentì rallentare nella voce provocandole un immediato giramento di testa e un annebbiamento della vista. 
“Ebbene…”
“Ebbene?” Rin era sempre più impaziente. 
“Non posso certo parlare per Zoro…”
“E tu?”
Nami iniziò a ridere. Ma la sua non era una risata nervosa, non era imbarazzata, ma era sincera, era serena…era d’amore.
“Ero rimasta ipnotizzata da lui. Era riuscito laddove nessun altro uomo aveva mai potuto farcela. Mi aveva conquistata con dei gesti, con la sola presenza, con quello sguardo…con quella forza stoica portata al limite, con il suo spirito eroico” si prese un momento per sentire il vento del ricordo stravolgerle la testa “Si, Rin, io sono senz’altro sicura di essere rimasta incastrata in lui e di averlo amato fin dalla prima volta che mi ha protetta con quelle sue spalle salde.”
Rin era allibita. Le aveva confessato questo? Sua madre? La stessa che nel futuro parlava sempre di sentimenti per il padre con ironia e sarcasmo? 
“E sai perché ne sono certa?” Sorrise ancora Nami, ma stavolta, dentro quell’espressione si celava anche un po’ di inquietudine. 
“L’ho conosciuto nel periodo peggiore della mia vita…e fu così dannatamente difficile per me accettare quell’esserne rimasta affascinata. Così, convinta di possedere il controllo su quel sentimento, ad un certo punto, ho cercato di cacciarlo via, di allontanarlo da me e dai miei problemi. Lui prima di tutti gli altri. Quella volta, ho dovuto mentirgli, e lì, in quel momento, mi si é spezzato il cuore per averlo fatto. É stato uno dei momenti più sofferti.” 
 
Nami sentì un brivido scorrerle per tutta la schiena al solo ritornare con la mente a quel giorno ad Arlong Park. A guardare Zoro negli occhi e mentirgli. Rinnegarlo. Ma fu peggiore vedere quella sofferenza negli occhi di sua figlia, perennemente esclusa dai sentimenti dei suoi genitori. Così, fu rapida nell’asciugarle le lacrime da sotto gli occhi con le dita, prima che potessero bagnarle le guance e arrivare ai vestiti. Quando la vide devastata da quella rivelazione la spinse verso di lei e la fece crogiolare tra le sue braccia. Con una mano le cinse la piccola vita e con l’altra le massaggiò la cute. “Va tutto bene se piangi…” le sussurrò. “É per qualcosa di bello.”
“Grazie di avermelo detto” 
“Ma ti pare…”
Nami stessa fu costretta poi ad asciugarsi due lacrimoni, sconvolta da sé stessa per quella difficile ammissione che la faceva sentire sia libera che stupida ad averlo detto ad alta voce. Conscia del motivo per cui la Nami del futuro era restia a parlarne. Mentre la Nami del presente, lei, aveva dovuto scontrarsi con quella nuova realtà troppo in anticipo imparando una grande lezione, riuscendo così ad aprirsi a sua figlia. 
“Sai cosa vuol dire deludere un tipo così? Con tutto il suo onore e saldi principi? Ricordo bene come mi aveva guardata e non so come io abbia fatto a mantenere quel sangue freddo. Oggi non sono più in grado di sfuggire al suo sguardo.”
“Forse gli avevi spezzato il cuore anche tu?” 
“Non lo so, Rin. Ma non penso di avergli fatto male allo stesso modo di quanto ne ho fatto a me stessa. Lui non provava certo questo per me. Anche se…” 
“Se?”
“Quella volta, in effetti, fece qualcosa di così folle e avventato…ma non importa, adesso non conta. Non so se io ho salvato lui, ma ciò che é certo é che lui ha salvato me. Mi ha liberata dai miei mostri; perché Rin, anche nel mio passato ci sono stati dei mostri. Mostri cattivi, cattivi come il tuo Akainu.”
 
Il rumore di piagnistei improvvisi ed esclamazioni di stupore, risvegliarono entrambe, facendo l’inquietante scoperta che tutta la ciurma era rimasta nascosta nei punti più impensabili ad origliare, portandoli ad esclamazioni fuori luogo ed esagerate, dal  “Sono commosso” di Franky, che si passava il braccio sugli occhi continuamente, al “quanto odio quello scemo testa di muschio” di Sanji, alla risata di Rufy, alla soddisfazione di Robin, fino al “ma che carini” di Usop e Chopper che, con gli occhi lucidi, cercavano di resistere al fare lo stesso del cyborg. 
Visto l’imbarazzo di Nami e la rabbia che stava per invaderle il viso, e non solo, i suddetti elementi scomparirono dal raggio d’azione velocemente, andandosi a nascondere sottocoperta, seppur non sarebbe bastata una nave per fermare la furia che Nami avrebbe scatenato su di loro. 
 
Ripresa dall’emozione, la bambina ad un certo punto sospirò sollevata, tanto da far alzare un sopracciglio a Nami.
Ma sospirò anche lei però, serena, soddisfatta di essersi liberata di una verità così ingombrante. E di averla detta alla persona che meglio l’avrebbe custodita, seppur quei cretini avevano origliato senza permesso rovinando tutto. Nami aveva pensato subito a come si sarebbe vendicata, ma allo stesso tempo si sentiva così leggera, che, forse, quella volta, avrebbe lasciato passare.
 
“Ti va se questi giorni di allenamento che ci rimangono anziché passarli con Robin li passassimo insieme io e te?” le chiese, convinta di non voler sprecare nemmeno più un minuto con lei, ignorando tutte le regole che avrebbero dovuto impedirle di avere altri approfondimenti dal futuro.  
Ma, ad un tratto, vide la faccia di Rin stranirsi, e, Nami, poteva giurare di vederla sudare freddo mentre rimaneva paralizzata sul posto e la guardava come se stesse per infliggerle una pugnalata al cuore. 
“Che ti prende?”
“Ecco…”
“Umh?”
“Be…io…”
“Tu?”
La vide prendere un bel respiro, un gesto che pareva semplice ma che invece nascondeva più di un’insidia. Il sesto senso di Nami iniziò a metterla in guardia. 
“Volevo dirtelo prima ma…ecco io” strinse forte i pugni ai lati dei suoi fianchi, intenta a prendere una bella fetta di coraggio e innescarla nel suo corpo minuto “mamma…io, io sono già in grado di tornare a casa…”
“Che stai dicendo?”
Nami iniziò a perdere la testa. Una scomoda verità che sapeva di confusione e tristezza le stava finendo dritta in faccia. 
“So già come tornare a casa…” sospirò, per poi prendere però altro coraggio dalla sua infinita riserva. Il suo sguardo era deciso, ma molto sofferente, sofferente nel far soffrire Nami più che sé stessa. Ma in lei scorreva anche il sangue di Zoro, o per lo meno, i suoi insegnamenti, e quella determinazione la obbligava ad essere sincera, a strappare un cerotto senza indugio. 
“É da un po che so come tornarci…”
“Mi spieghi che significa?”
Il respiro improvvisamente affannato, le mani tremanti, la paura che quello che pensava sarebbe accaduto a breve, stava per accadere adesso…Non era pronta, Nami non si sentiva affatto preparata a questo. 
“Mi dispiace avertelo omesso…ma…”
“Ma?”
“Io avevo bisogno di sapere questo, prima di…” 
“Del mio incontro con Zoro?” 
“Si” annuì. “Raccontato da te.”
“E da Zoro, scusa?”
“Papà mi ha detto tutto nel futuro. Sei sempre stata tu quella che non voleva mai parlarne per niente.” 
“E quale sarebbe la sua verità?”
“Non posso dirtela.” 
“Quindi mi hai imbrogliata?”
“Be…in realtà no, perché ho lasciato scegliere a te…” Rin iniziò ad indietreggiare come una codarda. 
“Brutta screanzata! Dove vai, eh? Dove credi di filartela?”
Nami si alzò in piedi scattante, in piena confusione e pronta a vederci più chiaro sulla questione che le stava nuovamente martoriando la stabilità.
Possibile che dovesse realmente andare così?
“Dimmi qual é la verità di tuo padre”
“Non posso” tremò, sempre più indietreggiando. “Mamma calmati…” sospirò, provando un filo di paura -  Zoro per esempio non riusciva mai a spaventarla in quel modo.
 
“Devo dirti un’altra cosa…” 
 
Il sole in procinto di tramontare iniziava la sua discesa alle spalle di Rin che pian pian metteva sempre più un piede dietro l’altro allontanandosi. “Io devo tornare a casa…”
“Questo lo so, ma non appena…”
“Oggi…oggi torno a casa,…adesso anzi” 
Nami fu costretta a fermare subito i suoi passi appena cominciati, rimanendo come sospesa, incastrata dai suoni del mare che le rimbombavano attorno. Le luci calde del tramonto che alternavano il giallo all’arancione all’azzurro del cielo come se d’improvviso fosse stata trascinata inconsapevolmente in un sogno, o in uno stato mentale. 
Ma stava succedendo davvero? 
“Non voglio che ci stai male, mi dispiace di farti sempre soffrire…” tremò, e non più di paura, “ma é davvero passato così tanto tempo; io devo tornare a casa, da loro, da voi…” sospirò. “Gli altri lo sanno, è per questo che si trovavano qua fuori…mi hanno già salutata.” 
Non riuscendo a guardare sua madre negli occhi, ma facendolo lo stesso, con il senso di colpa di provocarle sempre un dolore, in qualche modo, e con la paura di doverla salutare seppur non si trattasse di un vero addio, si allontanò da lei…”mi dispiace averti fatto questo”, disse solo, trovando un modo per darle tempo e farla respirare un po’. “Ma non posso prolungarti ancora questa sofferenza, ed é per questo che poi non potrò più tornare qua.” 
“Ma che stai…Rin, no…”
Non doveva andare così. Non poteva andare così. Era tutto sbagliato per Nami, era tutto troppo stupido e insensato. Si domandava come si potesse essere preparati a una cosa del genere…
Nami era sicura di aver perduto il buonsenso, trovandosi in una bolla quasi irrazionale in cui aveva perduto ogni sorta di lucidità. Non poteva accettarlo, anche se doveva, e doveva restare lucida, doveva abbracciare quella verità, doveva calmare i nervi. Adesso si trovava dinnanzi al passo più difficile di tutti in cui avrebbe dovuto lasciare andare. 
 
“Lasciala tornare a casa” 
 
La realtà divenne d’un tratto ovattata e labile, Nami ebbe quasi l’impressione di non trovarsi realmente più dentro il suo corpo. Tranne per…una voce 
 
“Lasciala andare, Nami” 
 
Quella voce. 
Cercando di ritornare padrona dei suoi sensi e di sé stessa, avvertì un leggero spasmo, il quale si trasformò in ansia e presto imbarazzo, quando si rese conto chi fosse la persona alla quale apparteneva quella voce. 
Zoro era sveglio. 
Ritornò immediatamente nel proprio corpo, maledicendosi come mai aveva fatto nella sua intera esistenza.
Fu costretta a voltarsi alla sua destra incontrandolo nello sguardo sulla stessa lunghezza di percorso, trovandolo sempre seduto sul pavimento ma leggermente appoggiato al parapetto, anziché del tutto riverso a terra. La stava fissando sfacciatamente con un’espressione indecifrabile sul viso. Nami iniziò a percepire un formicolio sulla sua pelle, e la voglia irrefrenabile di fuggire da lì. 
Quanto aveva sentito? 
Quell’occhio magnetico e profondo che ancora la guardava immobile. La sua mente vagava ormai annebbiata per quella confessione ingombrante e troppo accecante che aveva fatto in buona fede. 
Lo vide alzarsi e raggiungerla. Ma lei, in preda all’angoscia che lui avesse sentito tutto, lo ignorò, concentrandosi ancora su Rin e trovandola lì, in piedi, davanti a loro, con una voglia incredibile di piangere e lasciarsi andare, ma come di consuetudine, tratteneva tutto pur di non fare del male agli altri. 
“Scusatemi se sono piombata così nelle vostre vite…”
Sguardo enigmatico ma che rimaneva lo stesso fiero e dignitoso. “Vi voglio bene! Più di ogni cosa al mondo!”
Nami allungò il passo e il braccio, con il tentativo di fermarla, ma trovandola, per sua fortuna, ancora lì davanti a lei. 
“Aspetta! Rin!”
La paura di vederla polverizzarsi davanti ai suoi occhi era talmente forte da farla reagire.  
“Tu non potresti mai causarmi dolore! Hai capito? Mi hai sentita bene!?” 
“Si” annuì la bambina, non riuscendo ad evitare l’emozione di quelle parole decise e sincere. 
Quell’ultimo sorriso sulle labbra della piccola era luminoso come quelle luci colorate, come quei capelli rossi, come quella voce dolce che salutava, come quel calore unico al mondo di un posto che sapeva di luogo sicuro. Guardò Zoro e lo vide accennare un sorriso; non diceva niente ma Rin sapeva che era lì, che le voleva bene, che teneva il dolore tutto dentro di sé per non farglielo sentire. E poi guardò Nami, e…
“Mi dici un’ultima cosa?” 
“Si”
“Perché avevi bisogno di sapere questo…”
La bambina posizionò bene la spada al suo fianco, colpevole di aver evitato ai suoi genitori l’ultimo abbraccio, almeno, l’ultimo per un paio d’anni al massimo - forse anche meno. Sorrise ad entrambi, prima di volatilizzarsi per davvero. 
“È anche la mia storia, no?” 
Quell’ultimo sorriso era tramontato insieme al sole, lasciando un vuoto difficile, ma ottimista, nell’attesa del suo ritorno al momento che sarebbe stato più indicato. 
 
“Si, è anche la tua storia, bambina…”
 
 
 
 
Difficile a dirsi quanto Nami era rimasta nuovamente in piedi, immobile, a fissare i colori ormai sbiaditi del cielo mentre cedevano posto all’oscurità. Aveva ancora bisogno d’aria, aveva ancora bisogno di un attimo per accettarlo. L’idea di pensare a Rin tornare a casa però, era un faro nel buio. 
Ebbe un dejavu, era successa la stessa cosa quando aveva scoperto di essere la madre di Rin.
Come sempre, anche se non lo stava volontariamente guardando, Nami sapeva che l’altro suo faro si trovava dietro di lei. 
Rimasta immobile sul ponte, nella stessa identica posizione ad osservare l’ultimo punto in cui aveva visto sua figlia l’ultima volta, si stringeva nelle spalle e si faceva coraggio. 
“Da quanto sei sveglio?”
Lo sentì muoversi appena e fare qualche passo in avanti. 
“Chissà” le rispose serio, ma nel suo tono c’era celata una forte nota ironica. 
Con un verso arrabbiato, tra l’essere estremamente imbarazzata e furiosa per il semplice fatto di non essere stata attenta - quella era già la seconda volta nella giornata in cui lui da profondamente addormentato riusciva a risvegliarsi nel momento meno opportuno - Nami non si voltò affatto, tenendo i pugni stretti stretti lunghi i fianchi. Il suo corpo parlava per lei in quel momento. 
Finché…
Si sentì così strana e spaesata quando lui l’aveva invece raggiunta e afferrata per la vita tirandosela rudemente addosso. 
“Noi due la faremo tornare. Vivrà in quest’epoca …é deciso.” Le disse serio, ma un po’ meno rigido del solito nella voce. 
Lei provò a scrollarselo di dosso, cercando di non essere accondiscendente e volendo riuscire a cavarsela da sola. Quelle parole la fecero quasi sussultare, e quella presenza al suo fianco così premurosa le fece perdere un battito. 
Possibile che adesso era tutto così, così diverso? Sentiva tutto di lui, dall’odore alle sue mani su di lei, alla voglia di non staccarsene, di averlo ancora, come se respirandolo, respirasse anche un infuso segreto che voleva tenerla incollata a lui per sempre. 
“Non è necessario” rispose, cercando di essere forte e sicura, ma quasi in procinto di lasciarsi andare e dimostrare di volere tutto il contrario “che ti preoccupi sempre per me.” 
“Voglio solo assicurarmi che stai bene” le disse ancora, mentre la annusava dietro al collo, strofinandosi sulla sua pelle calda, portandola a chiudere gli occhi in un gesto automatico. 
“É cosi.”
Zoro si chinò appena sul suo orecchio e, in modo tale che solo lei potesse udirlo e nessun’altra “spia” nascosta, le sussurrò qualcosa, una frase che la fece immediatamente irrigidire. 
Aprì automaticamente gli occhi e lo guardò in volto stupita. Lui ricambiò serio, immobile in quello sguardo imperturbabile. Ma entrambi si interruppero dal loro stesso bisogno che avevano di amarsi ancora. Strusciandosi e respirandosi, sapevano che la soluzione a tutti i loro tormenti era solo stare nuovamente insieme in quel modo nuovo che avevano scoperto, in un’altra notte ancora, in un altro mattino, in un altro tempo indefinibile…
 
 
Sopraffatta da quella eccitazione, da quelle effusioni nuove “alla luce del sole”, Nami riuscì però a trovare la forza per allontanarsene da quel calore, da quell’affetto, e prendersi per davvero quel minuto di cui aveva tanto bisogno.
Era troppo in quel momento guardarlo negli occhi e non cedere all’istante a confessargli tutto, a mettergli le mani addosso in quel torace sempre così accogliente per i suoi dolori. 
Zoro le rimase vicino ma senza arrivare a toccarla, stavolta. Aveva capito che le serviva un attimo, e voleva lasciarle il suo spazio. Non aveva senso confortarla coccolandola. Non aveva senso farla crogiolare nel dolore tra le sue braccia. Sapeva che doveva affrontarlo di petto, non poteva esserci altra consolazione. E sapeva anche che quella era la Nami che voleva sempre avere accanto. Anche se, e ne era certo, consapevole che lei gli nascondesse qualcosa di grosso e doloroso riguardo al futuro. Ma si fidava di lei per le cose importanti, e sapeva adesso che doveva lasciarla libera di agire rispettando le sue emozioni.  
 
“Zoro?”
“…”
“Ridimmi quella cosa che mi hai detto prima” 
“Non ne vedo il motivo” 
“Tu fallo e basta” 
 
Era qualcosa che aveva stupito Nami e che per quanto potesse avere fantasia, era certamente una verità che non avrebbe mai potuto sapere, e che non si aspettava certamente di sentirgli mai dire. Lui era uno che dimostrava con le azioni, i gesti, gli sguardi...Lo sentì brontolare per un po’, ma lasciò perdere quella parte e aspettò in silenzio…
E poi finalmente lui si decise ad accontentarla…
“…quella volta, quel maledetto giorno, si é spezzato anche il mio di cuore.” 
Eccolo quello spasmo. Quella lacrima unica scendere sulla guancia rosea di Nami. L’aveva detta in modo più frettoloso adesso, ma l’aveva pur detta quella frase. 
Nami aveva capito di averlo fatto soffrire davvero quella volta, così come aveva sofferto lei, e ancor peggio, aveva capito che non aveva potuto prevederlo. E non avrebbe potuto mai immaginarlo. Aveva capito di non essere sempre riuscita a capire i sentimenti di Zoro. E di aver sempre dubitato che gli provasse davvero, di così ingombranti, per lei. Ed era così bello e doloroso da riempirla e lacerarla allo stesso tempo. 
Però, sapeva, lo sapeva bene, che quella frase significava una cosa sola: l’aveva amata anche lui, da sempre. 
E quella era la verità di Zoro. 
 
 
“Dillo ancora” 
“Nami…”
 
 
 
 
Il rumore dei passi pesanti degli stivali che il verde indossava, suggerivano che si stesse allontanando e stesse tornando sottocoperta da solo. Ciò le permise di respirare, liberarsi, piangere, gioire, logorarsi, sentirsi sollevata, emozionarsi, tutto mescolato insieme in una reazione complessa. 
Un istante di nulla, mentre la mano di lui era poggiata sulla maniglia della porta della camera delle donne, che si chiuse alle spalle di Nami subito dopo. Non potevamo affrontarsi faccia a faccia in quel momento, ma vigeva in loro la consapevolezza che, più tardi, si sarebbero amati di nuovo. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Seduta sulla sedia della specchiera in camera delle donne in piena notte, mentre guardava Zoro russare, sdraiato - anzi stravaccato – sul letto, scriveva due righe su un foglio bianco che poi aveva pensato bene di ripiegare in più parti su sé stesso e infilarlo all’interno della cornice della foto che ritraeva lei e Nojiko bambine insieme a Bellemere. 
Guardò la foto e sorrise serena. 
 
“Cara Nami, 
é la Nami del passato a scriverti. Forse del tuo passato, forse del mio, chi lo sa, ma ciò che conta é che io sono te e tu sei me, perciò puoi fidarti. 
 
Rin. 

 
É per lei che ti scrivo.
Le sue intenzioni sono tra le più lodevoli…ma questo lo saprai già. 
Lei ti ama, ti ama più di quanto immagini, di quanto credi, di quanto vedi…
anche se non sei tutto il suo mondo, com’é giusto che sia! perché si, le spade le piacciono per davvero! sei nel suo cuore e nella sua volontà di proteggere. 

 
Raccontale perché hai voluto che fosse una combattente.
Raccontale perché hai deciso di proteggerla dai mostri. 
Raccontale del tuo passato. 
É molto importante che tu lo faccia perché lei soffre, ne soffre da sempre di queste mancanze. Vedrai che non te ne pentirai.
So che hai voluto tenerla lontana dalle troppe emozioni per essere preparata per il mondo che c’è là fuori, ma lei merita la verità. Tutta la verità. Ne ha bisogno per andare avanti nel suo percorso. 

Sapere dell’amore tuo - nostro - con Zoro, non la renderà più fragile, tutt’altro… Proteggila sempre come solo tu sai fare, ma per proteggerla al massimo, la verità su tutto questo amore é la strada da perseguire, partendo proprio da Arlong Park, perché é importante che sappia che salvare una vita può creare un legame eterno.
Un legame che poi ha portato a lei. 
Ps: non incolpare troppo Zoro per essersi fatto sfuggire sua figlia da sotto al naso. Non è stata colpa sua, stavolta.
E poi, puoi sempre quadruplicare il suo debito. 

 
Nami” 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
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“É una bambina” 
 
Aveva annunciato Chopper con gli occhi lucidi in quella fredda mattinata di gennaio. “É una lei” 
Brook e Franky si batterono il cinque, mentre…
“Meno male” aveva esultato il cuoco, volteggiando sul ponte della Sunny, esplodendo in tanti cuoricini rosa bagnati da lacrime “…é spiaccicata a Nami, vero? Vero, Chopper?”
Il piccolo medico alzò le spalle al cielo, impossibilitato nel rispondere a quella domanda, finché non ebbe un’illuminazione.

“Ah, sì! I capelli possono già vedersi, e sono rossi!”
“SI!” Aveva esultato ancora il biondo. “Grazie al cielo!” 
Un rumore sordo aveva interrotto quel momento emotivamente toccante, distraendoli per due secondi dall’emozione. 
“É già nato?”

Zoro, con un salto lungo, era atterrato sul ponte, con la faccia piena zeppa di gocce di sudore mischiate a quelle salate dell’oceano e il respiro pesante. 
“Ma dove diavolo ti eri cacciato???”
Lo aveva ripreso malamente il cuoco. “Al solito, scommetto che ti sei perso come un idiota!”
“Stà zitto!”
“Zitto tu!”
La porta si era aperta di scatto, mostrando due figure chiassose e allegre che prima battevano le mani e poi saltellavano a braccetto.

“É nata! É nata! Abbiamo una nuova compagna!”
Luffy e Usop, vestiti di cuffietta, guanti e camice verde natura, gioivano felici e stanchi ma impossibilitati a fermarsi. 
“Ma come siete conciati? “
Zoro riprese a respirare dalla corsa guardandoli male con il suo sguardo inorridito. 
“Guarda che avresti dovuto indossare tu sta roba!” Lo indicò Usop. “Abbiamo preso il tuo posto aiutando Nami! Sei un marito inutile!”
“Per caso ti eri perso?”

Interferì anche Rufy, togliendosi i guanti e cuffia, gettandoli sul pavimento. 
 
“Nami sta bene?
Tagliò corto lo spadaccino. 

 
 
Entrando finalmente nella sala, dove Nami, la bambina e Robin erano sistemate, lo spadaccino si avvicinò alla mora che teneva in braccio la neonata ed ebbe con lei il primo indelebile incontro. 
“É proprio piccola”
Aveva detto toccandola con un dito sulla punta del naso. 
“Vuoi tenerla?”
Sgranò l’occhio spaventato, in preda alla più strana angoscia. “Non sono certo che…”
Vide Robin avvicinarle il “pacchetto” alle braccia.  
“Va be, se c’è riuscito uno come Rufy…”

“In realtà, lui l’ha fatta cadere quasi subito”
“Che cosa? E lei sta bene?”
“…é andata pressapoco così” 
Robin lasciò cadere la bambina dalla presa delle sue mani, portando Zoro a mettere in moto i suoi riflessi d’oro, facendogliela così acciuffare tra le mani. 
“Robin, ma sei impazzita?” 
Ma in quello stesso momento notò sotto la bambina e sul pavimento una resistente rete fatta di mani, e sospirò rincuorato. “Ho capito.”

La neonata la alzò sul suo viso, osservandola meglio. Quella bambina non piangeva affatto e lo guardava attentamente ricambiando il suo sguardo. 
“Sicura che stia bene? Non dovrebbe piangere?”
“Sta bene.” 
Zoro non smetteva di fissarla, ipnotizzato da quegli occhi grandi come quelli di Nami, determinati, curiosi, ma anche un po’ freddi, come i suoi. 
“Nami ha scelto un nome?”

“Sono stati tutti bocciati…”
Robin raccontò delle varie opzioni suggerite dalla rossa e dai compagni, facendo parecchia attenzione allo stare alla larga da quelle di Rufy, che oscillavano dal volerla chiamare direttamente “pirata” oppure “guerriera femmina”, o da quelle di Sanji, come “principessa Mary Elisabeth” o “NamiNami”. Per non parlare di quelle di Franky come “cuttycherì”.
Robin lasciò andare un bel sospiro.

“Io ho proposto lilith…stando a voi, dovrebbe essere l’erede dell’inferno, no?”
Zoro sudò freddo. Come faceva Robin a sapere certe cose?
La vide sogghignare e dirigersi a prendere un libro dalla sedia accanto alla culla che Franky aveva ideato e costruito e Usop aveva dipinto con lo stemma della loro bandiera pirata. 
Si riconcentrò sullo sguardo della bambina, che per tutto il tempo non aveva smesso di guardarlo. 
“Sai?” 

Disse a voce alta, allungando anche lo sguardo in fondo alla stanza, in cui si trovava il letto in cui Nami stava riposando con il respiro lento ma equilibrato. “Questi occhi…” quelli della bambina, e quelli della compagna, “incutono un senso unico… di dignità.” 
Vide Robin avanzare verso di lui con il libro aperto e un sorriso. Indicò una riga con il dito e gli e la mostrò. Zoro avvicinò lo sguardo confuso e lèsse a voce alta. 
“Rin”

“Si” rispose l’archeologa della ciurma, annuendo fiera con la testa. 
“Rin?”
Ripeté ancora lui cercando di capire se fosse un suggerimento oppure qualcos’altro. La vide voltare pagina ancora e ancora fino a soffermarsi finalmente tra le ultime di quel librone infinito. 
“Leggi qua” 
Il verde abbassò il capo ancora di più, cercando di leggere tra quei piccolissimi caratteri. 
“Rin…” si schiarì la voce. “Colei che ha dignità.”

Robin gli sorrise. Un sorriso che Zoro, dopo il primo secondo di confusione, aveva deciso di ricambiare. 
Riguardò la neonata ancora una volta, innalzata con le sue braccia verso il soffitto. 
 
“Rin.” 
 

 
 
 
 
 
Nami aveva aperto gli occhi d’improvviso, sentendosi come se fosse stata reduce dall’ennesimo scontro mortale. 
Messa a sedere, come risvegliata da un incubo, si portò le mani sull’addome. 
Aveva sognato Akainu. Aveva sognato qualcosa di così orribile che sentiva come di voler piangere. 
Ma l’addome le doleva per davvero, ricordandosi che aveva partorito sua figlia qualche ora prima. 
Respiro affannato, scombussolamento, equilibrio disordinato. 
“Ehi…”
Sentì una mano sulla fronte. 
“Sei calda”

Zoro era lì, seduto sullo stesso letto accanto a lei, che la osservava preoccupato.
“Ho fatto un incubo…”
“Che tipo?”
“C’era…l’ammiraglio…quell’ammiraglio della Marina…quello che, che ha…” inghiottì la sua stessa saliva “…ucciso Ace”

Zoro la guardò serio, non accennando nessuna parola in proposito. Per la prima volta poteva ammettere che uno come quello, che aveva ucciso il fratello di Rufy in quel modo, era davvero pericoloso. 
“La bambina…Zoro, dov’é la bambina?”
Si avvicinò a lei incitandola e incoraggiandola a sdraiarsi di nuovo. 
“É con Robin e Chopper. É al sicuro.” 
Nami lo assecondò, ritornando supina sul materasso. 
“Va bene.”

“Devi pensare a te, adesso” 
“La bambina ha la priorità!”
Zoro la guardò negli occhi, preoccupato, e consapevole che da quel giorno in poi quel suo occhio avrebbe dovuto funzionare per dieci e le sue spade per trenta. Sarebbe diventato il più forte per la sua promessa e anche per un altro motivo ben più impegnativo. 
 
“Rin. La bambina si chiama Rin.”
“Mi piace.” 
“Anzi. Il suo nome é Roronoa Rin.”
Sorrise compiaciuto e orgoglioso, incrociando le braccia al petto. 
Nami riaprì l’occhio che aveva appena chiuso, guardandolo con una gocciolina dietro alla testa ma anche trovandosi volenterosa a condividere quell’orgoglio.
"Sbruffone."

 
 
“Di un po’. Ma prima com’è che non c’eri? Ti eri perso per caso?” 
“…”
Zoro riprese a sudare copiosamente. 
“Ma sono riuscito a tornare.” 
 

 
 
 
 
A Nami non interessava se Zoro era arrivato tardi alla nascita di sua figlia, tantomeno ce lo voleva in quel momento con lei…quello che contava veramente era che, finalmente, si sentiva come se la conoscesse davvero, dandole tutto ciò di cui aveva sempre avuto bisogno: protezione, amore sincero, lealtà. 
E non le importava se ancora non riusciva a prendere in braccio Rin come di consuetudine, ma contava solo come la guardava orgoglioso e vittorioso, come era contento quando diceva ad altri che quella era sua figlia. 
Non le importava se poi litigavano per una stupidaggine, se poi lui finiva a fare a pugni con Sanji per gelosia, o ad allenarsi per quella maledetta promessa. Non le importavano davvero queste piccolezze, perché sapeva, e lo sapeva con certezza, che lui tornava sempre da lei. E a Nami, questo l’aveva salvata per davvero, trovare qualcuno che sarebbe tornato da lei, a qualunque costo, a qualunque condizione. 
 

Zoro si arrabbiava quando Nami gli mentiva, lo scherniva, cercava di comandarlo come un damerino. Zoro grugniva quando lei lo metteva in trappola. Zoro andava in iperventilazione quando Nami lo provocava. E gli importavano eccome queste cose. Ma non gli importavano abbastanza. Perché Zoro lo sapeva, lo aveva sempre saputo, cosa c’era dietro quella maschera. Zoro lo sapeva con assoluta certezza che quando quella facciata non c’era più, tutto ciò che di più bello e prezioso che c’era nel mondo si allineava da solo donandogli un posto pieno d’amore - difeso con le unghie e con i denti fino all’ultimo respiro - d’abitare. Zoro lo sapeva che con Nami avrebbe vissuto l’amore di un nido caldo e protettivo per tutto il resto della sua vita. 
 

 
 
 
 
 
 
 
___________________________________
The end 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell’autrice_______________________________
E ci siamo. 
È finita. Rin è finita. 
Questa storia un po’ strampalata che tante volte vi siete ritrovati in cima alla lista delle storie aggiornate ha concluso il suo ciclo. 
Siete contenti? O siete tristi? 
Chissà in quanti hanno odiato di trovarsela spesso in mezzo ai piedi, ma, per fortuna, so con certezza che qualcuno ha esultato nel vederla aggiornata, nel vederla in cima all’elenco.
È passato quasi un anno, e, chiudo questa esperienza, che mi ha davvero coinvolta e insegnato tanto, con 31 capitoli. 
Lo so, stonano, no? Avrei dovuto finire con 30, oppure 35, sarebbe stato per lo meno più ordinato. 
Ma tutto questo disordine rappresenta me, questa storia, e tutto il mappazzone che vi ho propinato in questi mesi. 
 È iniziato con errori inammissibili – la maggior parte sono stati rimossi, per fortuna - e ha continuato con alti e bassi per poi migliorare progressivamente nei capitoli finali. Ho per questo dato una rilettura veloce alla storia per intero, tagliando e correggendo le parti più improponibili e mal riuscite, perciò, semmai qualcuno volesse darle un’altra possibilità, la lettura sarà un po’ più facile e meno malandata. Certo, non aspettatevi miracoli, ma, diciamo, quello che ho potuto rimediare, l’ho rimediato.
 
Forse l’ho conclusa per paura di annoiare.
Forse perché ero stanca di portarmela a presso.
Forse perché sono insicura su cosa scrivo e questo iniziava a stressarmi.
Forse perché EFP, con molte visualizzazioni delle FF ma pochi commenti, non mi stimolava abbastanza. 
Forse avrebbe dovuto continuare, avendo immaginato un percorso più lungo, e l'ho tagliata in anticipo tarpandole le ali.
O, forse perché doveva semplicemente finire così. 
Non so darvi una risposta sicura, perché nemmeno io ancora la conosco. Potrebbero anche essere tutte queste motivazioni insieme. Sta di fatto, che è conclusa, e non so se sia il finale che avevo pensato, probabilmente lo è ma non del tutto, anche perché inizialmente pensavo di mostrare anche “il futuro del presente”, con Nami e Zoro e la loro figlia perduta nel passato, con tutta la tragedia del momento in cui Nami scopre che Zoro si è addormentato senza vegliare sulla bambina…con tanto di finale a sorpresa che ora non vi rivelo…
Ma vabbè, non è più così importante. 
Spero che questo capitolo/finale vi sia comunque piaciuto, e che non sia stato una totale delusione. So bene quanto i finali siano pieni di aspettative…e proprio per questo deludono QUASI SEMPRE.  
Infatti, a me personalmente penso che siano la parte che m’interessa meno di tutti, ma, nonostante questo, ci tenevo a dare una conclusione che dà un senso a tutto. Spero di esserci riuscita, ma il contrario dovrete dirmelo anche voi, perché, in questo momento, io non sono in grado di capirlo. 
 
Parliamo del capitolo per un attimo. 
Allora, ho voluto dare una tregua ai sentimenti difficili di Nami, che porta sulle spalle un peso enorme, smorzando la tensione in quel battibecco insolito…
dite che potrebbe mai avvenire tra quei due una conversazione simile? Non so, ma mi sono immaginata Zoro, nella sua voglia di essere sempre il più forte, grosso, migliore, virile, avere questo tipo di bisogno. 
E Nami, che per calmare i sentimenti, ha necessità di prenderlo un po’ in giro. Non so, è qualcosa che loro, i personaggi, mi hanno stimolato. Non ho attinto assolutamente dalla vita reale, ahah. 
Poi, ho pensato che sia fondamentale rimarcare il “l’ho incastrato in me” di Nami, convinta nel passato di questa verità che invece viene smentita nel futuro, quando Zoro le dirà, più o meno, che lui ha scelto di lasciarsi andare a lei. Lo scrivo solo come rinfresco della memoria. Per il resto, non voglio certo star qua a spiegare il capitolo, perciò chiudo con i saluti.
 
Cari lettor*, è a voi appassionati che dedico Rin, con menzione speciale per tutti quelli che hanno commentato e sono stati fedeli compagni in questo viaggio, perché senza di voi, e i vostri feedback preziosi, ci tengo a rivelarvelo, probabilmente non avrei mai terminato la storia. Mi avete dato coraggio e forza di volontà. 
Perciò, ne approfitto per lanciare un appello: 
spesso basta poco per aiutare uno scrittor*, due parole di apprezzamento/consiglio/conforto/aiuto/condivisione per far sì che una storia continui a vivere e a non morire ai primi capitoli pubblicati. Sarebbe positivo sia per chi scrive e sia per chi legge, alla pari. Pensateci, siate partecipi e le storie sicuramente aumenteranno. 
So che ad esempio Rin è una storia totalmente imperfetta, ma avere comunque un parere, oltre che stimolante e coinvolgente, é, soprattutto, divertente. 
 
Grazie a tutti.
Vi abbraccio 
RobyZN
 
 
 
   
 
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