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Autore: Freez shad    03/06/2022    1 recensioni
La quotidianià può assumere diverse sfaccettature.
Per alcuni è monotona e noiosa, mentre altri la prendono come un simbolo di sicurezza e serenità.
Per il severo capitano Bogo invece non rappresenta nessuna di queste realtà e anzi, in un giorno come tanti, scoprirà come questa possa cambiare...in peggio.
Genere: Comico, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Capitan Bogo, Nick Wilde
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“DRIIIN!”


Come ogni santa volta, anche quel giorno aveva avuto inizio nel modo più vile possibile.
Con un trillo assordante, fastidioso. Di quelli che riescono a prendere per sfinimento l’incauta vittima, costringendola a sollevare dal comodo materasso il proprio corpo dormiente, spezzando per l’ennesima volta quel naturale legame mai lungo abbastanza.
Un passo dopo l’altro, lento e pesante, per percorre quella poca strada che separava l’imponente capitano dal porre una fine allo strazio sonoro prodotto da un aggeggio che, molto probabilmente, di terreno aveva ben poco.
Nulla di conosciuto, su questa terra o in altre sperdute nel cosmo infinito, riusciva a far nascere così rapidamente un sentimento negativo talmente viscerale ed energico. Capace non solo di smuovere intere città, ma anche di far scaturire pensieri assai poco lieti e gentili già alle prime luci dell’alba. Perciò, a tale consapevole riprova, non poteva che darsi atto di una sua origine luciferina; inviato sicuramente fra i mortali, dopo aver squarciato la dimensione spirituale, per portare una volta di più dell’odio sulla Terra.
Un odio così profondo da permeare l’intero imponente braccio del bufalo che, dovendosi al contempo trattenere dal porre una condanna definitiva al suo utile cellulare, si posò con decisione sullo schermo per disattivare la sveglia.

Quanto la odiava.

Specie perché non poteva logicamente frantumare un “attrezzo” divenuto così fondamentale, oltre che basilare, della vita. Sua, come di tutti.
Non solo per il mero fattore economico, considerando la spesa che ogni volta avrebbe dovuto affrontare per acquistarne uno nuovo, ma anche per tutto ciò che vi era stato salvato d’importante nel corso del tempo. Dai soliti numeri telefonici, alle applicazioni di semplice goliardia.
Inoltre, non poteva nemmeno prendersela più di tanto.
Lui stesso dovette a suo tempo dar credito alla tattica, attuandola a sua volta, nell’impostare la suoneria più fastidiosa del catalogo telefonico come sveglia, così da essere sicuro del risultato; inoltre, per ulteriore accortezza, aveva anche adottato un’aggiunta alla stessa, ossia relegare il telefono in un punto tanto vicino da poterlo sentire, quanto lontano da costringerlo ad alzarsi dal letto.
Per tale motivo, già il solo svegliarsi, dopo una nottata passata a compilare e studiare fascicoli riguardanti aggiornamenti imposti dalla nuova giunta comunale, lo percuoteva sensibilmente nell’umore; tanto più se in un modo tanto ignorante e voluto da lui stesso.
Insomma, un disprezzo dovuto ad una somma di fattori contrastanti, che però si amalgamavano perfettamente.
Comunque, c’era di peggio. Eccome, se c’era!





Dopo un pasto frugale, composto da frittatine al bianco d’uovo e una spremuta d’arancia senza zucchero, per Bogo non era possibile iniziare la giornata senza un buon e caldo caffè.
Ovviamente la miscela delle polveri era importante per l’ottenimento di quel sapore amaro e al contempo piacevole che solo quella bevanda calda poteva dare, ma come gli aveva tramandato il suo vecchio padre, anche il metodo aveva la sua grossa fetta di responsabilità nella riuscita di un giorno da incominciare col lo zoccolo giusto.
Che a farlo fosse una macchinetta a cialde dallo stile italico o mediante lo strano attrezzo, tenuto per puro caso fra gli zoccoli dopo una retata in un vecchio covo di mr. Big, che gli era stato detto avere l’improbabile nome di Moka, l’importante è che il caffè fosse nello stile dell’Espresso. O ristretto, secondo l’usanza.
Niente a che vedere con la brodaglia che generalmente veniva ordinata da tutti, talvolta persino ricercata quanto il latte da un neonato.
Persino il semplice profumo cambiava drasticamente, rendendolo a lui riconoscibile ben più della vista.
Quello, a suo parere, era il modo per assaporare al meglio l’aroma di quel piccolo e scuro chicco nero che gli donava l’energia e la forza necessaria per affrontare il suo secondo motivo di frustrazione: il traffico.

Quanto lo odiava.

L’andamento lento, gli schiamazzi dei clacson e della gente agitata era ogni volta motivo di accesa irritazione.
A lui doveva realmente essere data la colpa se trovava giustificato declassare il rompiscatole o agente ritardatario di turno ad ufficiale del traffico per ordinargli di eseguire un numero imprecisato di contravvenzioni entro una determinata ora. Una piccola ripicca, forse capriccio, ma che di tanto in tanto trovava piacevole.
Specie quando a farlo era toccato all’agente Hopps al suo arrivo alla centrale, con ottimi risultati tra l’altro.
Quantomeno avrebbe rimpinguato un po' le casse comunali nella speranza, mai del tutto ben attesa, di un loro utilizzo per aggiornare le vetuste attrezzature elettroniche del dipartimento con prodotti almeno decenti.
Originariamente, aveva anche provato ad utilizzare i mezzi di trasporto pubblici di cui Zootropolis, obbiettivamente doveva ammetterlo, era provvista. Purtroppo, dovette ogni volta arrendersi ai vari ostacoli che ognuno di questi gli aveva posto dinanzi.
La metro, ad esempio, aveva la peculiarità di non fermarsi qualora non vi fosse stato più alcun posto disponibile per un nuovo passeggero, costringendolo ad aspettare quello seguente e a fare ritardo; il tram e il taxi, oltre allo stesso problema, potevano ritrovarsi a loro volta imbottigliati nel traffico costringendolo alla stessa medesima conclusione. Cosa che, specie agli inizi della sua carriera, lo aveva portato a sua volta ad essere relegato ad ufficiale del traffico dal predecessore della sua odierna manzione, dal quale aveva ereditato questa metodologia.
Fu così che, dopo alcuni tentennamenti, alla fine dovette optare a comprare un’auto. Il problema non era certo risolto, ma almeno il posto lo aveva di sicuro, la partenza per l’andata e il ritorno la poteva gestire lui e infine il costo del carburante non era particolarmente differente da quello dei vari mezzi di trasporto alternativi. Specie perché, per giungere a destinazione, ne doveva utilizzare ben più di uno.
Perciò, anche quello step quotidiano era d’obbligo.
Comunque, c’era di peggio. Eccome, se c’era!





Come il nuovo cumulo di scartoffie, vecchie e nuove, che con prepotenza sovrastavano dalla scrivania persino la vista della sua poltroncina girevole.
Alcune delle quali, sicuro come un malaugurio dopo una multa, erano aggiornamenti che avrebbero portato dei cambiamenti a quelli presenti nei fascicoli che gli avevano tenuto compagnia per buona parte della serata appena trascorsa.
Non che fosse la lentezza nel consultarli il motivo di cotanto accatastamento, dato il suo ruolo che lo costringeva ad una attenta cura alle nuove direttive, ma il continuo modificarsi di leggi e regole, spesso contrastanti fra loro, che sembravano confondere persino gli stessi che le emanavano.

Quanto li odiava.

La cosa buffa, al quale non riusciva a trovare una sicura risposta, era che non capiva chi dovesse ringraziare per una situazione divenuta così disarmante. Specie negli ultimi tempi.
Le soluzioni che aveva trovato a questo caso, a rigor di logica, erano due: o la colpa doveva ricadere su Leodore, assieme alla precedente giunta, il quale si era totalmente disinteressato per anni del compito di tenersi in parità con le novità del settore, o il nuovo eletto col seguito si stavano dimostrando incapaci di assolvere con certezza al loro nuovo ruolo.
Che fosse l’una o l’altra la soluzione, alla fine a rimetterci era pur sempre lui e l’intero reparto amministrativo.
Almeno poteva relegare la cosa ad un orario più tardo della giornata.
Perciò, anche in questo caso, c’era di peggio. Eccome se c’era!
E tra poco lo avrebbe dovuto affrontare.



“At-tenti!”



Quello era probabilmente il suono più bello che avrebbe mai potuto sentire.
Forse era stato Delgato a dirlo. Non che gli importasse, come molte cose del resto, bastava che venisse detto.
Una parola composta da sette lettere. Magnifiche e sublimi.
Quelle che, oltre all’avvertire del suo pronto arrivo nella stanza, gli conferiva quell’aura di un autoritario autorevole a cui si doveva attenzione e rispetto.
Una piccola gioia, prima di ciò che veramente lo faceva irretire oltre ogni modo: Nickolas Wilde.

Quanto lo odiava.

O meglio, non lui come essere vivente. Col tempo aveva di gran lunga dato prova della sua abilità, specie quelle riguardanti il piano deduttivo e logico, ottenendo un posto centrale all’interno del dipartimento.
Addirittura, si era accorto di come fosse entrato nelle attenzioni di molti suoi colleghi, nuove reclute nella stragrande maggioranza dei casi, che uscivano da ambienti sociali particolari come il suo e che rivedevano in lui un punto di riferimento al quale aspirare, maturando in certi ambiti. Specie quello investigativo.
Ciò che realmente lo irritava era tutt’altro.
Ancora prima di spiccicare una singola parola, lui era già lì; gomiti appoggiati sul banco, mani conserte sotto al mento e quella sua espressione di canzonatoria sufficienza che, era certo, sapeva di irritarlo. Quel sopracciglio sicuro alzato ne era la conferma.
<< Wilde, avete completato l’indagine che vi avevo assegnato? >> domandò, cercando di distogliere lo sguardo dalla volpe,
<< Ovviamente! >> fece lui con noncuranza,
<< Era anche l’ora! >> sentenziò quindi Bogo. Non che ci avessero messo molto, anzi il contrario, ma quelle rientravano fra quelle frasi utili a far capire l’importanza dell’efficienza.
<< Vero, ma la merenda è durata più del previsto! >> concluso la volpe, scaturendo dei risolini da parte dei colleghi, senza abbandonare la sua espressione.
Un’altra delle sue frasi ironiche, pronunciate al semplice scopo di provocare una sua qualche reazione.
A volte c’era pure riuscito e probabilmente anche questa volta sarebbe tornato a dirigere il traffico. La quindicesima volta in tre mesi.
Del resto, aveva ben compreso chi si era accollato al suo ingresso in polizia.




“Se non altro, oltre al peggio non c’è nulla.”
Si ritrovo infine a pensare, con una punta di sollievo, passando con lo sguardo al vero esempio di poliziotto della centrale a cui rispondeva il nome di Judy Hopps.
Un’allora cadetta, prima classificata dell’accademia e del suo corso, che era riuscita nell’ardua impresa di farlo ricredere sul suo conto. Caparbia, forse testarda, ma ligia al dovere e molto attaccata al regolamento. Persino troppo, in alcune circostanze.
Un agente modello che, proprio in questo momento, lo stava osservando con la stessa espressione della volpe. Con tanto di sopracciglio inarcato.
Era stata corrotta.


A quanto pare, non c’era limite al peggio.
   
 
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