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Autore: SkysCadet    04/06/2022    0 recensioni
La cittadina di Filadelfia sembra un borgo tranquillo, in cui la gente comune passa la giornata senza occuparsi degli strani avvenimenti che accadono da diverso tempo. Tuttavia, Simon si ritrova - suo malgrado - a combattere per la salvezza delle anime sfuggite al potere dei Lucifer. Tra questi c'è Joshua, un ragazzo con un dono particolare. Il giorno in cui Ariel - una matricola impulsiva dell'università di Filadelfia - lo incontra per la prima volta, capisce che in lui c'è qualcosa di diverso dagli altri ragazzi. Solo un nome sembra in grado di cambiare il corso degli avvenimenti, un nome che i Lucifer non possono nominare...
Genere: Fantasy, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Dark Lihium, tre mesi prima...

Anni di buio, di notti a pensare e a leccarmi le ferite che mi avevano fratturato il cuore, graffiando lentamente, come su una lastra di ghiaccio. Notti a camminare tra i succhi vitali di anime innocenti. Notti che mi hanno reso un'arma di morte e un degno erede della mia famiglia.

Cosa sono io? Il frutto della volontà di un Signore Oscuro, che ha paura di farsi vedere in volto?

Io adesco anime per i sacrifici, seduco per far rinnegare Quel Nome, ma, adesso, tutto questo mi opprime. Tutto per colpa tua. Tutta colpa dei tuoi occhi bruni, dai riflessi ambrati; grandi, troppo grandi.

Può essere che quel tuo Signore - per me innominabile - risieda dentro un essere così terreno?

Dopo tutto, era un uomo anche colui che portava Quel Nome.

Non è possibile.

Poi, eccoti. I ragazzi, che prima occupavano la pista da ballo, si diradano come nuvole scure, e appari tu. Perché sei venuta qui?

Scappi. Vai verso il bar. Ti vedo di spalle. Spalle scoperte dove le onde brune dei capelli tentano di coprire la schiena nuda.

Sei qui per morire tra le mie mani?

Sfioro la tua pelle olivastra, tu ti volti, con quegli occhi grandi. Il colore amaranto delle tue labbra sembra avvolgere il ghiaccio dei miei arti.

Inizio a respirare.

Respiro, come fuori dalle acque del mio mondo.

Respiro e il tuo profumo è l'unica cosa che vorrei addosso.

No, non voglio. Non voglio che questa splendida visione svanisca, per mano mia.

«Mi concedi questo ballo?» ti chiedo e prendo la tua mano, la bacio, con una sorta di devozione. Ed eccolo, il tuo profumo è adesso sulle mie labbra.

Forse è la botta che mi ha dato mio padre, ma le tempie pulsano, il cuore vaneggia parole che non mi sono consentite pronunciare.

Forse è l'alcol, sì, forse è lui. Ma se il Cielo si è avvicinato a me, chi sono io per mandarlo via?

Sei venuta a salvarmi o a morire? Non importa.

Sei sconvolta, le guance rosse e i battiti accelerati li avverto come un richiamo.

Sono io? Lo spero tanto.

Ecco, l'ultima cosa che vorrei è non averti pura, senza alcun mio condizionamento. Ho speso me stesso a imprigionare altre giovani come te, per alimentare il mio ego e il loro potere, ma adesso no, voglio te, te stessa, così come sei, come un'altra parte di me, come un'altra esistenza; un'esistenza in cui ho un'altra scelta.

Adesso spengo i loro ordini. Spengo la trasmissione dei miei demoni.

Ci sei tu. Solo tu e io.

Drizzi la schiena e mostri il collo, lasci scivolare le onde brune dietro le spalle permettendo la visione della scollatura.

Tu lo sai. Certo che lo sai cosa provocare in me, è come se fossi venuta per questo.

Per un momento, ringrazio il Cielo, in un sospiro.

Adesso sfiori le mie dita, e io, con un certo timore, poggio il palmo destro sulla tua schiena nuda. Non dici nulla e io ammutolisco mentre controllo i miei passi per non farti inciampare.

Avverto la rigidità dei tuoi pensieri negli arti tesi. Poi però ti rilassi, come realizzando ciò che sono, in questo momento.

Allora te lo chiedo: «Non hai paura?» Non devi averne. Non adesso che sono proprio io.

Ho avvicinato le labbra al tuo orecchio quando sussurro quella domanda, con tutta la passione di cui sono capace; le vedo quelle scariche elettriche che rendono evidente la peluria della cute. Emozioni pure, senza che io abbia fatto nulla di oscuro per provocarle.

Sono io, solo io, questa volta.

Ora levo le ultime ciocche di capelli dal tuo collo, avverto il tuo cuore far fremere gli arti. Prendo i polsi -quelli a cui avevo fatto del male- per far sì che tu possa accostarti a me, completamente.

Cingimi il collo. Stringimi a te. Non ti farò del male, non potrei, non adesso.

Poggio la mia guancia alla tua e il mio respiro è incontrollabile. Allora te lo dico, che ancora non mi hai risposto.

«Devo proprio?» chiedi di rimando, con voce timida e insicura che fa ribollire un fuoco liquido all'altezza del petto. Voglio questo calore. Ancora. Voglio portarti via da qui, dai loro occhi. Ma solo una parte dei miei pensieri risale la gola: «Dovresti, altrimenti non potrei portarti lontano da qui...» E mentre ti stringo a me, e il tuo calore, petto contro petto, è il paradiso in cui vorrei scaldarmi da qui all'eternità, forse non mi comprendi. Mi spingi via. Mi allontani. Corri e il gelo ricopre di nuovo la mia anima; un gelo oscuro, come il mio Signore.

Non avresti dovuto farlo.

Venti: sono i gradini della scalinata che stai per scendere verso la rena del mare. Venti: sono i secondi che impiegherò per raggiungerti e portarti con me negli abissi.
   
 
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