Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
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Autore: Melisanna    04/06/2022    0 recensioni
Una raccolta di racconti su Steel Ball Run, precedenti e contemporanei alla storia raccontata sul manga incentrati su Diego Brando e Johnny Joestar. Tra corse di cavalli, drammi di bambini e adolescenti e sentimenti confusi.
Genere: Introspettivo, Slice of life, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Diego Brando, Johnny Joestar
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Questo racconto ha partecipato alla challenge May I write sulla pagina facebook Non solo Sherlock - gruppo eventi multifandom che è stato un ottima occasione per cominciare a scrivere su alcuni fandom a cui facevo la corte da tempo.


Se solo fossi mio

Diego si sciacquò il volto nella fontana. L’acqua era gelata, ma non sgradevole. Anestetizzava il dolore degli ematomi. Era stato stupido. Non parlare se interrogato era la prima regola. Come aveva potuto essere così ingenuo da credere che informare il padrone fosse una buona idea? Il piccolo, nervoso stallone con il buffo nome arabo era fuggito nel recinto delle giumente e quando avevano scoperto che aveva montato Darling Mary, Lord Wallgrave si era infuriato. Darling Mary era la sua preferita. Si era infuriato e se l’era presa con gli stallieri. E gli stallieri se l’erano presa con lui.

Era stato stupido.

Ma aveva imparato la lezione, così quando intuì che Darling Mary era gravida, non disse nulla. Aspettò che lo capissero da soli.

Lord Wallgrave arrivò con il veterinario un paio di settimane dopo e, quando emersero dalle stalle, aveva un’espressione funera dipinta sul viso.

– John, non pensa che possa davvero essere incinta di quel ronzino? Dovrò tenerla ferma per mesi!

– Il seme di un cavallo vale quello di un altro, Milord, la cavalla è indubbiamente gravida e se siete sicuro che non ha abbia avuto altri… intercorsi, temo che non ci siano altre possibilità.

– Per Dio, che spreco! Speravo di farla accoppiare con Cloudy Black.

– Suvvia, Milord, non sarà una tale disgrazia! Il padre è comunque un purosangue arabo, mi sembra di capire.

– Quel piccolo demonio! L’ha voluto acquistare mia figlia quando siamo andati a Suez. Bestia intrattabile, nessuno è mai riuscito a montarlo. Ho bisogno dei suoi puledri come di una muta di gatti.

A Diego dispiacque per Darling Mary, era una brava cavalla, quando la spostarono in un recinto isolato, con un rozzo capanno a farle da stalla. Si era solo comportata da cavallo, non era colpa sua se un ragazzino stupido si era lasciato sfuggire la cavezza di Juldin Rih’. A Diego dispiacque, Darling Mary non mordeva mai quando la strigliava e non gonfiava la pancia quando le stringeva il sottosella, ma non disse niente.

Aveva imparato la lezione.

Ma, quando venne la stagione, andò a raccogliere le piccole mele selvatiche che crescevano dietro la tenuta, per offrirgliele. Darling Mary le accettava cortesemente e le mangiava dal palmo della sua mano, solleticandolo con le froge vellutate, il calore del suo respiro che si irradiava lungo il braccio. Era una brava cavalla, a Diego era sempre piaciuta, non si meritava di stare lì. Diego la strigliava, anche se sapeva che il mantello color cannella si sarebbe impolverato appena finito in quel terreno brullo e le puliva i piedi, controllando che i sassi non si incastrassero nelle fessure degli zoccoli.

Quando il momento del parto si era avvicinato, Lord Wallgrave ordinò di spostare Darling Mary, era la sua preferita, neanche quella caduta dalla grazia poteva farglielo scordare e non poteva rischiare di perderla. Ma non era ancora disposta a perdonarla, perciò la fece sistemare in un’ala in disuso delle stalle.

Diego le gettava le mele asprigne dall’alta finestra sul retro e restava lì ad ascoltarla scrocchiarle sotto i denti.

Il puledro nacque la notte del decimo giorno. Fu mandato a chiamare il dottor Thompson e Lord Wallgrave assisté e con lui il fantino di Darling Mary e l’assistente del dottore e due stallieri e Miss Elizabeth, che era curiosa. Diego no, nessuno lo voleva fra i piedi.

Così non era presente, mentre nelle stalle riecheggiavano i nitriti angosciati di Darling Mary, né quando fu sparato il colpo di pistola che vi mise fine, né assistette quando il suo corpo fu portato via e condussero la vecchia capra bizzosa, perché facesse da balia al puledro, eppure, senza che nessuno glielo dicesse, seppe tutto lo stesso, come si sapeva sempre tutto su ogni evento che accadesse nelle stalle.

Seppe che Lord Wallgrave era infuriato e che solo la pietà di Miss Elisabeth aveva salvato il puledro, che il puledro era stato lasciato solo con la vecchia capra bizzosa, in quei vecchi box bui e cadenti e che nessuno gli aveva dato un nome. Che senso aveva dare un nome a un puledro che non sarebbe arrivato a fine mese?

Diego sentì il suo cuore di tredicenne farsi di pietra per il puledro che aveva portato via Darling Mary e non provò pietà per la sua sorte. Aveva voluto nascere a tutti i costi, anche se nessuno lo voleva, era responsabile di tutto ciò che gli accadeva. Non pianse, né quel giorno, né i giorni seguenti.

In fondo i cavalli muoiono. Anche i bravi cavalli. Anche i cavalli che non mordono mai quando li si striglia e non gonfiano la pancia quando gli si stringe il sottosella e accettano cortesemente le mele che gli vengono offerte. È normale.

Diego non pianse, ma un giorno, quando ebbe terminato tutti i compiti che gli erano stati assegnati e le ore di duro allenamento che li avevano seguiti e aveva riportato Sunset nelle stalle e si era preso cura di lui ed era così stanco che gli occhi li si chiudeva e quasi non si reggeva in piedi, Diego andò a trovare il puledro di Darling Mary.

Il puledro aveva lunghe gambe ossute e dinoccolate e lo studiava incuriosito con grandi occhi vellutati, allungando il muso sopra la porta del box. Diego gli vomitò addosso tutto il rancore che aveva covato in quei giorni, ma lo vomitò con tono dolce e cantilenante e gli strofinò le froge, perché con i cavalli si fa così e il puledro gli afferrò le dita con le labbra soffici, lasciandogliele viscide di saliva. Diego aprì la porta del box e scivolò dentro, chiudendosela alle spalle.

Il puledro gli annusò il viso, poi spinse forte la fronte contro il suo petto.  E qualcosa si ruppe dentro a Diego. Gli avvolse le braccia intorno al muso delicato e gli appoggiò il capo tra le orecchie, respirando il suo profumo di strame e pianse nella sua criniera argentea, mentre il puledro sbuffava delicatamente e gli tirava l’orlo della maglietta.

Pianse fino ad addormentarsi e la mattina seguente gli stallieri trovarono lui e il puledro accoccolati insieme, come due cuccioli della stessa cucciolata. E probabilmente sarebbe finita lì e il puledro sarebbe stato venduto com’era nelle intenzioni di Lord Wallgrave e Diego avrebbe continuato a fare il ragazzo di stalla e a montare i cavalli più anziani o riottosi, se uno degli stallieri non avesse pensato che l’immagine del ragazzino biondo addormentato tra le zampe del puledro argenteo, non avesse potuto solleticare l’immaginario poetico di Miss Elizabeth e Miss Elizabeth non si fosse intenerita a quella vista e non avesse pregato suo padre di lasciare che Diego si occupasse del figlio della cara Darling Mary.

E quando, tre anni dopo, Diego volò per primo oltre il traguardo della Royal Ascot, sapeva indicare con certezza il momento in cui la sua vita aveva avuto una svolta.

Quando, mentre piangeva abbracciato a un puledrino ancora instabile fra le gambe, aveva momorato:

– Se solo fossi mio, ti chiamerei Silver Bullet.
  
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