Crossover
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Autore: Tubo Belmont    04/06/2022    7 recensioni
[Hazbin Hotel]
[Helluva Boss]
[League of Legends]
O forse...
l'Inferno è ESATTAMENTE un posto per prede.
Nou siamo semplicemente predatori.
Genere: Generale, Horror, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Cartoni, Videogiochi
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Gender Bender, Violenza
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“Scusami, esattamente” cominciò Rengar, mentre si avviava con la compagna verso la loro prossima destinazione “Cos’è questa storia dell’amicizia?
“Come?” la ragazza mantide, che la fiancheggiava con gli occhi chiusi e le braccia dietro la nuca, la scrutò con l’occhio destro, quindi ghignò sorniona “Ma dai, davvero ci hai creduto a quella cazzata? Come potrebbero mai essere amiche due persone che tentano di ammazzarsi a vicenda da così tanto tempo?” ridacchiò divertita “volevo solamente cercare di tranquillizzare la mocciosa, tutto qui. Ho detto la prima cosa che mi è venuta in mente per farla stare brava.”
La leonessa guardò Kha’Zix, che aveva serrato nuovamente gli occhi e adesso, mentre camminava, aveva anche cominciato a canticchiare un motivetto che non conosceva. Sospirò, per poi tornare a puntare gli occhi in avanti a sua volta.
Pentagram City, generalmente, era il covo del caos, e non era difficile voltarsi verso qualsiasi direzione e vedere una sparatoria, un pestaggio, un paio di tossicodipendenti che si sniffavano cocaina mischiata a frammenti di vetro. Però… era ovvio che si stessero avvicinando sempre di più al territorio del Corvo Scarlatto: le abitazioni diventavano sempre più fatiscenti, con pareti dall’intonaco divelto e con finestre sbarrate; le strade erano sempre più dissestate, tenute ancora peggio di quelle che passavano per la città; la spazzatura – assieme a qualche resto umano – si accumulava in fondo ai vicoli o agli angoli delle case, probabilmente disabitate; le anime dannate si facevano sempre più meno frequenti. Le poche che scorgeva, non appena incontravano il loro sguardo, squittivano impaurite ed andavano a nascondersi. Le altre, probabilmente, o erano state massacrate ed utilizzate per i rituali di sangue che si tenevano nelle vicinanze, o si erano unite all’impietoso culto di quel signore del crimine.
Non era sorpresa: si stavano in fin dei conto avvicinando alla dimora di uno dei più pericolosi e potenti esseri che l’Inferno potesse ospitare. C’erano alcune voci secondo cui gli stessi Sterminatori, che ogni anno arrivavano a Pentagram con le loro Armi Angeliche benedette per svuotare le strade della megapoli più sovraffollata dell’aldilà, si tenessero alla larga da quel quartiere.
A quanto pareva, in tutto l’Inferno, lei e quella psicopatica della sua partner erano le uniche abbastanza folli da addentrarsi laggiù.
“Non ti facevo così, lo sai?” ruppe improvvisamente il silenzio la leonessa, voltandosi verso Kha’Zix.
Quella, dopo averla guardata inarcando un sopracciglio, sbuffò annoiata “Oh andiamo… ti sei veramente offesa?” alzò gli occhi al cielo “E va bene: mi ospiti in casa tua gratis, paghi per tutto l’alcool che consumo e mi permetti di accompagnarti nelle tue missioni di sterminio. Forse, in fin dei conti, siamo amiche. Ma molto sotto la superficie di odio che-”
“Idiota, non mi riferivo a quello.” Ribatté Rengar, sopprimendo l’istinto di tirarle un coppino dietro al collo “Non mi aspettavo che ci sapessi fare così bene con i bambini. Mi hai sorpresa.”
A quel punto, la viola sgranò gli occhi “Oh… giusto.”
Si fermò.
Oh mamma. E adesso che ha? Pensò la leonessa, dopo essersi fermata a sua volta ed essersi voltata a guardarla.
Kha’Zix sembrò fuggire lo sguardo della compagna, cosa che la rese ancor più sospettosa. Si grattugiò poi una guancia con l’artiglio chitinoso, sfoggiando un leggero sorriso “Ecco, vedi… per farla breve, una mia vecchia amica mi ha chiesto di mantenere una promessa a nome suo, tutto qui.”
Rengar la guardò per un secondo, poi si voltò e riprese a camminare “Perfetto. Non perdiamo altro tempo.”
“EHI!” esclamò la mantide, correndole dietro “Non vuoi proprio sapere la storia?”
“Non mi interessa.”
“Oh andiamo, questo è il tipico momento in cui tra amiche ci si rivelano le cose più scomode e il rapporto diventa più saldo! Non vuoi aumentare il grado della nostra amicizia?”
“Non è mai stato in programma. Inoltre, questo è solo il momento in cui raggiungiamo il nostro bersaglio, lo ammazziamo, e poi torniamo a casa.”
“…sai che c’è? Fanculo.” La mantide s’accigliò.
“Perfet-”
“Te la racconto lo stesso!”
“… vuoi morire?”
“E’ tutto cominciato all’interno di uno dei laboratori dell’Enter Beast…”
“… mi ha bellamente ignorato.” Rengar sospirò pesantemente, rassegnata all’idea che, volente o nolente, avrebbe dovuto ascoltare la storia strappalacrime dell’altra donna.
 
[https://www.youtube.com/watch?v=gIKUY-7kwYc]
 
“… anche se, in realtà, più che in un luogo, la storia comincia con una persona.” Kha sorrise “Son sicura che ti sarebbe piaciuta un sacco!”
“Una persona con il tuo stesso carattere? Ne dubito.”
“Oh ma smettila! Comunque, non ho mai detto che avesse il mio stesso carattere. Lei...” il ghigno della mantide si fece improvvisamente un po’ più malinconico “… lei era decisamente migliore di me.”
A quel punto, Rengar cominciò ad ascoltare per davvero.
“Il suo nome… cavolo…” si grattò la testa, infastidita “… il suo no-OH! Giusto! Si chiamava Lucy… ed era la Mercenaria più bella e abile che avessi mai conosciuto.” Guardò la compagna, con gli occhi sbrilluccicosi “Tu non hai una vaga idea, Micina! Era letteralmente un mostro! Non ho mai saputo quale DNA di quale predatore gli abbiano impiantato nel corpo. Qualcosa mi dice che si trattasse di un ibrido tra più rapaci notturni possibili. Un vero e proprio Mostro di Frankenstein!  La cosa assurda, però, era il modo in cui combatteva: a differenza mia o tua, sul campo di battaglia non si scatenava. Lei danzava. Aveva un controllo delle due spade che si portava sempre dietro che la faceva sembrare una direttrice d’orchestra. Un passo, e volavano arti e sangue. Un altro, ed una dozzina di nemici non aveva più la testa. E lo faceva sempre con un sorriso dolcissimo stampato sulle labbra.” Si mise una mano sotto al mento, pensierosa “C’è molta probabilità che questo fosse dovuto ad un qualche squilibrio, ma chi può dirlo.”
“Vai avanti.”
“Giusto, giusto. Vedi, Lucy sul campo di battaglia sarà anche stata una divinità della morte reincarnata… ma quando era da sola, con noi, con i compagni a cui era stata affidata, si comportava in maniera decisamente diversa: era solare, sempre allegra, sempre pronta a scherzare e a consolare chiunque E lo stesso… lo stesso…” Rengar la vide stringere i pugni “… lo stesso, con i Candidati per il Gu.”
La leonessa chiuse gli occhi, inspirando intensamente.
Quella… non era la memoria più felice che aveva.
Cavolo, ne aveva vista di merda e spazzatura lungo il corso della sua vita da macchina dispensatrice di morte, ma il Processo del Gu era in assoluto la cosa peggiore: il Gu, secondo le leggende giapponesi, è uno dei veleni più potenti al mondo, ottenuto rinchiudendo all’interno di una giara una quantità malsana di creature velenose, costrette dunque ad ammazzarsi e divorarsi a vicenda. La superstite, si dice, abbia in se un concentrato di veleno tale da stendere persino le belve più feroci e giganti, per questo viene conservata, ed utilizzata per avvelenare armi e intrugli.
Il Processo per l’Enter Beast funzionava praticamente allo stesso modo: centinaia di bambini, dentro cui era stato innestato il DNA di un predatore mortale, venivano sigillati in un enorme stanza, osservati da dietro un’enorme schermo di vetro mentre erano costretti ad ammazzarsi brutalmente a vicenda.
Il superstite, sarebbe stato il nuovo super soldato da mandare sul campo.
Rengar ci era passata.
Kha’Zix ci era passata.
E benché fossero sopravvissute, erano le uniche memorie che non ricordavano come gloria dei bei tempi andati.
“Dovevi vedere come trattava quei bambini, Micina.” Tornò a parlare Kha’, con una voce decisamente meno roca ed eccitata del solito “non erano solo pezzi di carne da macello costretti a pestarsi a sangue per il divertimento di quegli scienziati malati, erano i suoi figli. Dal primo all’ultimo. Leggeva loro le favole della buonanotte, giocava con loro e, benché probabilmente tre quarti di coloro che conosceva sarebbero sicuramente morti, insegnava loro le bellezze del mondo. E tutto questo nonostante i superstiti la odiassero, poiché per quanto lei promettesse loro quanto sarebbero stati al sicuro, nulla di tutto ciò che diceva era effettivamente vero.” Smise di sorridere “Forse, però, fu proprio per questo che si stancò…”
“… ha tentato di scappare?” domandò la leonessa, sapendo quale fosse già la risposta.
“Non ha tentato: c’è riuscita.” L’altra sorrise, soddisfatta “che macello, quel giorno, ai laboratori! Non ho mai visto così tanti cadaveri di scienziati e militari in una sola giornata. Avremmo potuto intervenire, noi super soldati.” La guardò facendole l’occhiolino “ma vuoi davvero impedire ad un falco di spiccare il volo?”
Rengar chiuse gli occhi, allargando appena un sorrisetto “Non me lo sognerei nemmeno.”
Kha ridacchiò.
Poi tornò seria “Purtroppo, bastarono troppi pochi anni: dopo la sua fuga, fu ritrovata in un paesino sperduto del Congo. Un luogo dimenticato da Dio e dagli uomini. Ad insegnare in una scuola di mocciosi.”
“Deve essere stata dura” la leonessa chiuse gli occhi “Avranno sicuramente mandato qualcuno a farla fuori. E visto ciò che era per te, sicuramente-”
“Mandarono me, Micina.” Kha la guardò con un sorriso pieno di tristezza “Sono stata io ad ucciderla.”
La leonessa non poté fare a meno di guardarla con occhi sgranati.
“A volte, incontri direttamente il tuo mito, ci parli assieme, e rimani deluso.” La mantide serrò le palpebre “Non fu quello il caso: benché sapesse fossi lì per eliminarla, benché sapesse che avrebbe abbandonato quei poveri ragazzini che la trattavano come una santa, non mise nemmeno un minimo di astio, odio, o disperazione nei fendenti che si scambiò con me. Sono quasi sicura di essere riuscita a vincere solo per suo volere. Era stanca, e benché fosse pronta a morire, voleva tentare di farlo lasciando dietro di se un ricordo degno.” Si guardò le mani aperte, malinconica “quando la tenetti tra le mie braccia, gorgogliante e con uno dei miei karambit infilati nel cuore, lei non smise di sorridere. Mi mise una mano sulla guancia, e mi domandò, come ultimo desiderio, di fare tutto il possibile per provare a proteggere l’innocenza di quei bambini.”
“… e ci sei riuscita?”
Kha si voltò verso di lei, sorridente “Ho… ho fatto del mio meglio. Ho tentato di giocare con loro, di farli divertire e di fargli capire che, per quanto breve, una vita deve essere vissuta. All’inizio, lo facevo solo per lei… ma poi mi sono affezionata anche io a quei maledetti mocciosi. Cavolo… mi chiedo se qualcuno di loro sia mai giunto qui.” inspirò a fondo, per poi guardare il cielo “… mi chiedo a volte, se incontrerò mai quella danzatrice dei campi di battaglia. Se mai rivedrò quel sorriso…”
Rengar non seppe cosa dire.
Come poteva?
Se non avesse conosciuto Kha’Zix da così tanto tempo, avrebbe creduto avesse una gemella depressa esattamente identica. Ma indubbiamente, quella che aveva davanti era la stessa persona di sempre. A volte la vedeva, senza essere scoperta: a differenza sua, che aveva indurito il suo spirito ed era diventata completamente indifferente a qualsiasi tipo di sofferenza la circondasse, quell’altra, con la scusa di andare a fare quattro passi, andava a sedersi su uno dei monumenti nel giardino della villa, a non fare nulla.
Si fermava, semplicemente a… pensare.
A guardare il cielo, con un’espressione talmente afflitta che quasi la faceva commuovere.
Kha’Zix, una delle creature più potenti e pericolose che avesse mai incontrato, morta per mano sua, finita all’Inferno per scontare la pena in merito a tutta la morte e distruzione che aveva causato…
Chissà, forse il motivo per cui voleva assolutamente combattere e rischiare la vita, era perché almeno il brivido della caccia le impediva di ricordarsi quanto triste e priva di compiacimento fosse la sua vita precedente?
Non tentò di consolarla, quando finì di parlare.
Non ne sarebbe stata capace.
Bastava solo il silenzio.
“OH! Guarda!” Kha tornò all’improvviso quella di sempre, puntando con un sorriso un po’ più inquietante l’enormità che si trovava davanti a lei “Ridendo e deprimendoci, siamo finalmente arrivate!”
Scossa dall’esclamazione della compagna, la leonessa si voltò a sua volta.
E subito, i suoi pensieri tornarono quelli di prima tutto quel discorso, ed il suo sguardo quello di un predatore a caccia.
Era quasi impressionante come pure il cielo stesso sembrasse fuggire quel luogo: sopra ad un promontorio che superava di diversi metri l’altezza degli edifici di Pentagram City, avvolta da nubi tetre ed inquietanti, che vorticavano come mostri che tentavano di azzannarsi la coda a vicenda, sorgeva una delle cattedrali più grandi avesse mai visto in vita sua.
E ne aveva viste: tra i libri che collezionava, ne aveva presi diversi di fotografie di monumenti e luoghi importanti nel mondo dei vivi.
Quell’opera architettonica era però talmente enorme e terrificante che risultava impossibile attribuirla alle mani di architetti umani, costruita su mattoni nerissimi, lucidi che riflettevano persino l’immagine sbiadita della città: s’innalzava verso l’alto, per chissà quante decine di metri, se non centinaia. Archi rampanti svettavano ai lati del corpo principale come le zampe di un ragno gigantesco. Ai fianchi del tetto spiovente, spuntavano decine e decine di torri appuntite, svettanti verso il pentagramma nascosto dalle nuvole come baionette. Innumerevoli e altissime finestre dalle vetrate rosse come il sangue costellavano i muri laterali, come il rosone, che brillava davanti alla facciata principale come l’occhio di una creatura uscita dalle viscere della mente malata di un paziente schizofrenico. Ai lati della facciata, partivano due torri colossali, molto più grandi di quelle attorno al tetto.
E da quelle torri sventolavano gli stendardi, ricamati su stoffa rossissima, che recavano il simbolo del Corvo: un gigantesco globo nero, che pareva sciogliersi verso il basso, al cui centro si apriva una grossa pupilla verticale.
Un monumento maestoso, che rappresentava esattamente chi lo aveva commissionato: innalzato sopra a tutto e tutti, per poter vedere ogni singolo essere vivente e non dall’alto verso il basso. Un simbolo di superbia e ambizioni estremamente alte per una semplice anima dannata.
Eppure il Corvo, dietro quelle mura, aveva sicuramente accumulato tanto di quel potere da poter rovesciare l’esistenza dell’Inferno stesso.
O almeno, così si diceva in giro.
Tutto ciò che importava, ora, era una cosa sola: doveva essere eliminato.
“Direi che è il momento di rimboccarci le maniche, Micina…” sibilò Kha, mentre i suoi occhi mandavano bagliori famelici e le lame di membrana sotto gli avambracci si sollevavano appena.
Rengar non disse nulla.
Si limitò a portare il braccio alle sue spalle e ad estrarre l’enorme spadone.
 
[…]
 
[https://www.youtube.com/watch?v=3Nbw8h-tDR8]
 
L’interno della cattedrale era immenso e maestoso, diviso in tre navate principali separate tra loro da due muraglie di colonne portanti, che presentavano rilievi di scheletri e diavoli intenti ad attorcigliarsi tra loro in una specie di disgustosa orgia di violenza e morte sulla loro superficie. le pareti oscure erano illuminate da candelabri di ferro nero, grandi come elefanti, che proiettavano ombre spaventose in giro per tutto l’ambiente. Da ogni pilastro, partiva una picca di metallo che puntava verso la navata centrale, da cui scendeva lo stendardo del Corvo. Diverse panche di legno, esposte lungo il pavimento, ospitavano un paio di centinaia di demoni, tutti di dimensioni diverse.
Il loro aspetto, tuttavia, era celato da una divisa militare bianca come la neve, orlata d’oro, e da un copricapo appuntito che copriva del tutto il loro volto, fatta eccezione di un paio di buchi che servivano per vedere fuori – che a volte erano tre… o sette – e delle corna che spuntavano dalla stoffa.
Alle spalle dei fedeli raccolti in preghiera, ai lati del gigantesco portone che sembrava realizzato in ossidiana, svettavano le colossali statue di due creature simili a giganteschi leoni con delle ali da pipistrello e la testa di un aquila, sollevate sulle zampe anteriori che parevano in procinto di scagliarsi l’una contro l’altra. Innanzi a loro, dove avrebbe dovuto esserci l’altare, vi era invece una grottesca e terrificante esibizione: un’enorme scultura dorata di un albero secco, privo di foglie, sui cui rami acuminati erano infilzati i cadaveri freschi di alcuni demoni. Alcuni corpi gocciolavano ancora il sangue sul pavimento.
Infine, dietro quest’ultima esibizione di blasfemia pura, appeso alla parete che guardava in avanti tutta la navata principale, svettava nella sua immensa mole un gigantesco ritratto, raffigurante un individuo incappucciato di cui era impossibile distinguere il volto a causa dell’oscurità sotto il cappuccio rosso, con la tunica vescovale ricoperta di gioielli e collane.
“Poco… manca ancora poco…”
Ad aver parlato, era stata la gigantesca figura in piedi innanzi alla scultura dell’albero. Figura che non poteva essere un demone comune: indossava a sua volta lo stesso abbigliamento degli altri cultisti ma, a differenza loro, la sua era rossa come il fuoco, orlata di blu, e più che una divisa era un vero e propri mantello, talmente lungo e largo da coprire braccia e gambe, senza lasciare che nulla fosse scoperto. Il copricapo appuntito, invece, era privo di qualsiasi foro.
Altra particolarità, era il fatto che questo fedele fosse alto poco meno di dodici metri.
“Il profeta del nostro Dio Senza Nome” parlò a voce alta, rivelando da sotto il mantello due muscolose braccia squamate di verde, alzando le dita irte di artigli neri verso l’alto “ha annunciato, poco prima di ritirarsi in preghiera, che quello di oggi sarebbe stato il giorno decisivo per la venuta del nostro signore! Molto presto, gli innocenti macchiati dal peccato saranno sacrificati al suo regno, e il Dio sceglierà il suo nuovo avatar per spedire una volta per tutte quest’indegna realtà nell’Abisso di Sangue, assieme a tutti i suoi re empi e maledetti.” Alzò le braccia al cielo “GIOITE! Poiché presto brinderemo in nome del nostro nuovo sovrano: il Corvo Scarlatto!”
Ed i fedeli esultarono.
Si alzarono in piedi, rivelando gli AK-47 fissati sui loro fianchi, ed applaudirono inneggiando il Dio Senza Nome, il nome del loro profeta, e alcuni anche quanto avrebbero voluto scoparselo.
Il giubilo continuò per un bel po’ di tempo.
“Ma quindi il suo nome è proprio Corvo Scarlatto?” domandò Kha’Zix, in piedi infondo alla navata centrale, facendosi sentire bene da tutti “Mamma mia… qualcuno era un perdente alle scuole elementari ed ha continuato ad esserlo pure da morto.”
Il giubilo s’interruppe, lasciando spazio ad alcune esclamazioni interrogative.
Tutti i presenti si voltarono verso la direzione della voce, incontrando lo sguardo minaccioso e il sorriso sornione della mercenaria, che se ne stava immobile al centro della navata a braccia incrociate “chiedo scusa per l’intrusione. Stavo cercando il bagno, non volevo certamente interrompere questo raduno di KKK casa e chiesa.”
“Oh! Il bagno sarebbe per-” il compagno tirò un coppino ad un cultista che si trovava al suo fianco, facendogli piegare il collo in avanti.
“Tu…” il gigante mosse il braccio, puntandola con un artiglio “… come diavolo hai fatto ad entrare?”
“Ah!” la mantide puntò dietro le sue spalle con  il pollice “ho preso l’entrata più alta!”
Tutti i presenti guardarono la facciata, inorridendo: il loro meraviglioso rosone era sfondato, come se una palla di cannone ci fosse andata a finire contro con immane potenza. Il gigante trattenne il fiato: la loro cattedrale era una delle strutture più alte di tutto l’Inferno. Che razza di gambe aveva quella psicopatica per saltare così in alto? “… chi diavolo sei?”
“Oh… sono contenta che tu me lo abbia chiesto…” puntò il pollice verso di se, ghignando allegra “Io sono-”
L’immenso portone di ossidiana s’abbatté al suolo a pochi centimetri dalla donna, sollevando un considerevole nuvolone di polvere, facendo sobbalzare e urlare alcuni fedeli e facendo sussultare il gigante. Kha’Zix, dal canto suo, era scattata in avanti su una gamba e si era voltata di scatto, con il cuore in gola. Quando la nuvola si fu diradata, Rengar fece la sua entrata in scena, la spada poggiata sulla spalla e cinque grosse teste di demone infilzate su di essa, che la facevano quasi sembrare uno spiedino gigante.
Innanzi all’immagine dei guardiani posti innanzi al portone della chiesa ora diventati solo teste mozzate, i mormorii preoccupati dei cultisti si accentuarono.
Alcuni posero la mano destra sull’arma.
“Finito di perdere tempo?” domandò la leonessa, raggiungendo la compagna ancora tremante e guardandola con un sopracciglio inarcato.
“S-sei…” Kha allungò le braccia lungo il corpo e le sbraitò direttamente in faccia “MA SEI PER CASO UNA DFICIENTE!? Mi hai quasi fatto diventare un pancake! Per non parlare dello spavento che mi hai fatto prendere!”
L’altra donna alzò gli occhi al cielo “Che fighetta che sei…”
“M-mercenari…” il gigante mormorò, muovendosi appena indietro.
“Uh…?” Rengar guardò il suddetto, piegando la testa di lato “Lo hai capito dalla spada o dai testoni mozzati?”
“FEDELI!” ruggì dunque, puntando le due “Queste intruse hanno osato invadere il sacro territorio del Corvo Scarlatto! Fate in modo che non escano mai più da qui! Non permettetegli d’interrompere il nostro rituale!”
Come fossero state spade, i cultisti estrassero le loro armi e le puntarono in avanti.
“OH SI’! finalmente un po’ di… EHI!”
Rengar, masticando una bestemmia, scrollò lo spadone verso il basso, liberandolo dal peso delle teste, lo rinfoderò ed afferrò per un braccio la compagna, già pronta a gettarsi nella mischia, probabilmente inconscia della muraglia di proiettili, sicuramente angelici, che adesso le stava sbarrando la strada. Fu abbastanza veloce da salvare entrambe da un linciaggio collettivo, portandosi assieme a quell’altra dietro ad una delle due sculture mostruose che fiancheggiavano il portone, mentre una quantità immane di proiettili crivellava la roccia.
 
[https://www.youtube.com/watch?v=milYHJ8xtIk]
 
“Ah, mi sembra di essere tornata a El Paso contro quel Cartello!” esclamò la mantide, tutta eccitata.
“Sei stupida?” Rengar la guardò con sdegno, digrignando i denti.
“Co- MA TU SARAI STUPIDA!” Kha la puntò col dito, offesa.
“Gettarti contro più di un centinaio di uomini armati DA SOLA è sinonimo di suicidio! Ti ricordo che questi bastardi hanno molto probabilmente armi magiche nel loro arsenale. Se uno di quei proiettili ti buca il cervello, ciao ciao per sempre!”
“Oddio, come la fai lunga!” esclamò alzando le braccia il cielo la viola, quasi sopraffacendo il rumore dei proiettili che sfioravano il loro riparo o che vi ci si abbattevano contro.
Rengar digrignò i denti, cominciando a spremersi le meningi “Dobbiamo escogitare un piano…”
“Bene, mentre tu pensi al piano…” Kha ghignò malvagia.
“… no.” tentò di bloccarla quell’altra.
“IO VADO A DIVERTIRMI!” ed uscì dalla sua barriera, gettandosi definitivamente nella mischia.
“IDIOTA!” esclamò la leonessa, preoccupata.
Ma subito dopo, fu costretta a ricredersi.
Generalmente, portare un coltello in una sparatoria è un’idea del cazzo. Era la regola più comune per le risse. Kha’Zix questa regola la rompeva e la sniffava: benché ci fossero almeno duecento fucili d’assalto che facevano fuoco su di lei, la donna insetto schivò ogni singolo proiettile, eseguendo dei micro scatti quasi impercettibili all’occhio umano e correndo con la schiena così bassa che la maggior parte dei proiettili le passavano sopra la schiena senza nemmeno sfiorarla. Qualcuno la colpì di striscio, ovviamente, ma nulla di grave o letale. Semplicemente, lasciando cicatrici che avrebbe mostrato con goliardia a qualche curioso durante una bevuta.
Quando finalmente raggiunse i primi cultisti, cominciò il vero massacro: con un bagliore violaceo, le lame chitinose scattarono in avanti, trasformando le braccia della demone in vere e proprie falci mortali, che cominciarono a tagliare ogni singola cosa s’abbattesse su di loro con la stessa efficacia di una lama al laser. Decapitò subito due demoni, per poi voltarsi di scatto e sfondare la testa di un altro con un calcio, quindi si voltò nuovamente in avanti, infilzando le lame nelle spalle di un cultista un pochettino più basso rispetto a lei. Dopo averlo puntato con occhi famelici ed aver sorriso come una squilibrata, la sua bocca si deformò, allargandosi decisamente troppo per le capacità di un essere umano, ed esibendo una sequela di fauci agghiacciante. Il cultista non fece tempo ad urlare che già la sua testa era stata staccata dal resto del corpo.
Kha’Zix ingoiò senza nemmeno masticare e, tornata normale, riprese a falciare quanti più nemici poteva, ridendo come una bambina a cui stavano facendo il solletico e lasciandosi una scia di luce verde dagli occhi ogni qual volta il suo sguardo cambiava direzione.
 
“M-maledetto mostro!” esclamò uno dei cultisti mentre le sparava contro, nonostante ogni suo singolo proiettile venisse schivato, deviato o colpisse un suo compagno “C-come diavolo fa a-”
Inavvertitamente, il demone si era avvicinato troppo all’entrata della scultura.
“Chiedo scusa.” Disse Rengar, afferrandolo da dietro la collottola, nascondendolo dietro la statua assieme a lei e appendendo alla stessa con lo spadone, facendo spuntare la lama dall’altra parte della scultura.
Senza perdere tempo, raccolse ogni singola munizione e l’arma del cultista.
“Ok, brutta stronza.” Mormorò, cambiando il caricatore “Facciamo a modo tuo.”
Approfittando del fatto che praticamente ogni singolo nemico era troppo impegnato a non morire contro al tornado viola e verde che era la sua partner, Rengar salì sopra ad una delle spalle della statua gigante, puntò l’AK-47 verso la folla e, reggendola con una sola mano senza problemi, cominciò a fare fuoco.
Molti cultisti si ritrovarono il corpo ricoperto di buchi sanguinanti o con la testa esplosa senza nemmeno accorgersene e, i pochi che se ne rendevano conto, venivano linciati poco prima che potessero sparare verso di lei. Quando finì il primo caricatore, Rengar lo sostituì subito col secondo, riposizionandosi e ricominciando a sparare, accumulando ancora di più cadaveri rispetto a prima.
 
Nel frattempo, la mantide continuava a falciare ogni cosa le si parasse davanti. In alcuni casi esagerava anche, sollevando i cadaveri di alcuni demoni già morti da terra e cominciando ad infilzarli a mezz’aria ulteriormente. Man mano, le fila dei nemici si facevano sempre meno numerose, e la sua vicinanza verso la zona altare diventava sempre più insignificante. Finito di decapitare un altro demone, Kha si voltò verso quella direzione, incontrando le canne di sette fucili d’assalto puntate su di lei.
La mantide ghignò “CORAGGIO!” quindi aprì le braccia in segno di sfida, mostrando la dentatura da squalo.
Quei soldati non ebbero vita lunga.
Non per colpa sua, tuttavia.
Qualcosa di enorme li falciò sul posto, separando la vita dalle gambe e tentando di prendere con se persino il corpo della viola. Quella, però, fu molto più reattiva e con un balzo all’indietro schivò la gigantesca arma: un enorme tridente completamente rivestito d’oro, con un grosso teschio nel punto esatto da cui si diramavano i tre spuntoni e con il lungo rilievo che ricordava un tentacolo che avvolgeva l’asta.
“Maledetta eretica…” il gigante cominciò ad avvicinarsi, minaccioso, afferrando l’arma con la seconda mano “molti fedeli sono caduti per mano tua, oggi…” d’improvviso, la parte inferiore dell’enorme cappa rossa si rigonfiò, rivelando una ventina di grossi tentacoli verdastri, simili a code di serpente, ognuno dei quali reggeva una grossa ascia da guerra placcata d’oro “… ti spedirò nell’oblio personalmente.”
Kha’Zix rise estatica.
Adorava quel cazzo di lavoro “Oh…? Sembra che io abbia incontrato il boss di fine livello, eh?”
Il colosso ruggì furioso, roteando su se stesso e affondando il tridente in avanti. Kha chiuse le lame a X davanti a se, parando il colpo ma venendo comunque spedita a strisciare in avanti, lasciandosi una scia di polvere dietro. Quindi, affilando lo sguardo e senza smettere di sorridere, scattò in avanti non appena il mostro ebbe ritirato la propria arma. S’avvicinò abbastanza per essere accolta dai tentacoli armati, che sollevarono le gigantesche asce verso l’alto e le abbatterono al suolo, sollevando un enorme nuvolone di polvere. La mantide però era riuscita a passare in mezzo a due di quelle grosse appendici, ed una volta voltato lo sguardo mentre ancora si trovava a mezz’aria, aveva menato un fendente orizzontale verso il basso, recidendone un terzetto.
Il demone gigante ruggì di dolore, per poi scattare all’indietro rapidamente e tentare di colpire con un fendente l’avversaria, che riuscì tuttavia a parare anche quel colpo. Ma con quella parata, arrivò anche l’urto, che la scagliò contro ad una delle colonne portanti della cattedrale, abbattendola e facendola crollare in una tempesta di polvere e macerie. Kha, andatasi ad abbattere contro al muro destro della cattedrale, si mise una mano sulla nuca, scuotendo la testa e sputando un grumo di sangue sul pavimento, per poi rialzarsi già di nuovo pronta a combattere.
Venne tuttavia preceduta dalla manona del cultista gigante, che la afferrò e sollevò da terra senza il minimo sforzo, scagliandola verso il soffitto della cattedrale. Kha si schiantò contro di esso con una violenza inaudita. Tossicchiò, sentendo tutto il corpo pervaso da un dolore delizioso, per poi precipitare verso il basso, dove già il colosso la aspettava con l’enorme tridente puntato contro di lei.
Vedendola piombare verso il basso apparentemente priva di sensi, il demone rise soddisfatto ed affondò in avanti, tentando d’impalarla al volo. La mercenaria però riaprì gli occhi all’ultimo e bloccò lo spuntone centrale del tridente con le sole forze delle sue lame, sorridendo compiaciuta. Il cultista non riuscì nemmeno a realizzare ciò che stava accadendo che, dopo averlo guardato ed avergli fatto l’occhiolino, Kha’Zix aveva già cominciato a tagliare l’oro della sua arma, con fendenti che si lasciavano dietro un arco d’energia viola ogni volta che venivano scagliati. I colpi si fecero sempre più veloci e frequenti che il corpo della mercenaria parve trasformarsi in una vera e propria sfera di lame ed archi di luce viola, che divorò in pochissimi secondi tutta la parte superiore dell’arma del cultista gigante.
“M-ma che diavolo…?” non si rese nemmeno conto che la sfera aveva già raggiunto le sue dita e le sue mani, maciullandogliele come se fossero finite in un tritacarne. E non si rese nemmeno conto di come tutta la parte superiore del suo corpo venisse disintegrata da quella stessa sfera, in una tempesta di stoffa rossa, budella, sangue e ossa.
Morì in modo orribile, senza nemmeno rendersene conto.
Arrivata esattamente a metà della vita quella sfera di fendenti s’interruppe, tornando ad essere Kha’Zix, ricoperta di sangue e ghignante, a mezz’aria. Ciò che rimaneva della staffa dorata del tridente s’abbatté al suolo con un rumore assordante, e lo stesso fecero i vari tentacoli ancora stretti attorno alle mannaie che, dopo essersi sollevati all’unisono verso l’alto in un muto grido, s’abbatterono al suolo a loro volta, facendo afflosciare il resto del mantello rosso che li ricopriva.
Kha atterrò a sua volta e, col fiatone, si guardò attorno, spettatrice del massacro che aveva causato.
Dopo essersi resa conto che più nessuno sembrava in grado di muoversi, cominciò a sghignazzare.
Per poi scoppiare in una risata fragorosa, letteralmente da farsi venire le lacrime agli occhi, serrare le palpebre e gettarsi a terra di schiena, cominciando a disegnare un angioletto in mezzo al sangue e alle interiora come fosse stata una bimba che giocava sulla neve.
“… fottuta psicopatica.” Mormorò Rengar, gettando a terra l’AK-47 scarico.
In verità, trovò quella scena piuttosto adorabile.
Ma prima di ammetterlo ad alta voce si sarebbe decapitata con la propria spada.
 
“Mi hai visto?” cominciò Kha’Zix, dopo aver raggiunto la compagna saltellando, ricoperta di sangue come un cane che aveva giocato nel fango per tutto il giorno “sono stata brava? Hai visto quanta gente ho ucciso? Sono brava, SONO BRAVA!?”
Concluse la frase che il suo viso contorto da un’espressione folle era praticamente appiccicato a quello serissimo della compagna di massacri. I loro nasi praticamente si stavano sfiorando.
Rengar sbuffò, mettendo una mano sulla faccia dell’altra mercenaria e allontanandola, con gli occhi al cielo “Sì Kha’Zix, sei stata brava…”
Quanta pazienza.
La mantide rise di gusto a palpebre serrate, afflosciandosi sul corpo della leonessa e cincedole appena la schiena con le braccia “Oh mamma… sono così felice…”
“Sei anche ubriaca, a quanto pare.” Mai conosciuta, in vita sua, una persona in grado di inebetirsi al profumo del sangue.
Rengar se l’allontanò di dosso, mettendola in piedi.
L’altra la guardò con un ghigno confuso, inclinando la testa di lato.
“Ora ascoltami bene, è una domanda importante.” Affilò lo sguardo “Hai lasciato in vita qualcuno?”
All’improvviso, l’ilarità abbandonò completamente il viso della compagna, che si voltò di lato “… in… vita…?”
“Kha’Zix” disse Rengar con voce calma, ma in procinto di esplodere “hai lasciato in vita qualcuno a cui poter estorcere le informazioni per sapere dove trovare il Corvo o i mocciosi che ha rapito, come ci eravamo messe d’accordo prima di entrare?”
Kha gonfiò la guancia, allontanando sempre di più lo sguardo da quello della compagna, cominciando a sudare freddo e con entrambe le mani intrecciate dietro la schiena.
“DOVREI FARTI LA MANICURE ALLE LAME, IDIOTA!” ruggì la leonessa, adirata.
“M-MOSTRO!” Kha’Zix sconcertata scattò all’indietro.
Rengar però si calmò subito, passandosi una mano sulla faccia “Fortuna che ESISTO.” Quindi fece segno all’altra di seguirla “Vieni, imbecille…”
Kha tornò a sorridere, raggiungendola saltellando.
 
“Dunque, non ho voglia di perdere tempo.”
Due cultisti sopravvissuti – che probabilmente avrebbero voluto essere morti, dato che entrambi non avevano più i piedi ed uno era rimasto senza un braccio – si trovavano appoggiati contro alla scultura dell’aquila-leone e guardavano impauriti una Rengar incombente su di loro, a braccia incrociate e con gli occhi policromatici che brillavano nella penombra. Appoggiata con la schiena sull’altra statua, Kha li scrutava come una iena che attende pazientemente di prendere una parte di boccone dal pasto di una leonessa.
“Ditemi semplicemente dove si trovano i mocciosi che avete rapito e dove si trova il vostro carissimo pontefice. E potrei decidere di lasciarvi andare.”
“Ma come, li risparmi?” domandò la mantide, delusa.
“MA VUOI STARE ZITTA!?”
Per tutta risposta, uno dei due cultisti, uno dall’aspetto di toro dal pelo nero – che adesso aveva un occhio ed un corno in meno – sputò a terra un grumo di sangue e ghignò come un bastardo “M-maledetta puttana… davvero ti aspetti che io, un fedele al culto del Dio Senza Nome, riveli l’ubicazione del mio signore…?”
Rengar, che già aveva capito come sarebbe finita quella storia, alzò la testa al cielo con un lamento annoiato.
“GLORIA ETERNA!” gridò il cultista, estasiato “GLORIA ETERNA AL-”
La sua testa esplose sotto allo stivale della mercenaria, che s’abbatté contro la statua di pietra con talmente tanta violenza da distruggerne un pezzo. Una delle ali da pipistrello crollo, mentre il corpo del cultista decapitato scendeva verso terra. Il suo compagno, decisamente più giovane e dall’aspetto di un capretto bianco con due piccole cornine che svettavano verso l’alto, fu annaffiato dal sangue e dalle cervella del più anziano e sussultò con un lamento impaurito.
Il rimbombo del corno del demone toro che rimbalzava un paio di volte dopo essere precipitato in terra, scandì la prossima frase della mercenaria “Tu” posò il piede insanguinato, puntando lo sguardo minaccioso verso di lui “dove-”
“Sotto alla scultura dell’albero dorato si trova un passaggio segreto che porta verso la camera segreta del Corvo Scarlatto. Sul fianco sinistro della cattedrale invece dovrebbe trovare una porta che conduce alla camera dove avvengono i sacrifici di sangue. I bambini sono riuniti lì.” Il cultista parlò a macchinetta quasi senza nemmeno prendere fiato, senza distogliere lo sguardo terrorizzato.
Kha chiuse gli occhi e si allontanò dalla scultura con un sorriso enigmatico.
“Molto bene. E’ raro al giorno d’oggi trovare leccapiedi traumatizzati così collaborativi.” Rengar voltò le spalle al giovane demone, che sospirò sollevato.
Poi la leonessa sospirò spazientita “Sì, puoi pensarci tu.”
“C-come…?” il demone capretta si ritrovò la testa completamente imprigionata tra le fauci della donna mantide, che applicando poca più pressione sul collo la staccò dal resto del corpo in perfetto stile Venom. Con una fontana di sangue che usciva dal moncherino del collo, anche l’ultimo sopravvissuto crollò a terra, sollevando una nuvoletta di polvere.
“Madonna che macello…” disse la leonessa, guardando la compagna che ingoiava il boccone come un pitone.
“Dici che questo finirà sui miei fianchi…?” mormorò Kha’Zix, tirandosi un pezzo dei pelle sulla pancia con un’espressione preoccupata e pulendosi del sangue che le era rimasto sul mento.
“Smettila di comportarti come una che si preoccupa della propria linea. Fosse così, non mangeresti le teste dei demoni che uccidi.”
“Mi hanno disegnata così!” Kha alzò le braccia al cielo e sorrise sorniona.
Rengar scosse la testa spazientita, per poi cominciare ad avviarsi verso la navata centrale “Molto bene, per fortuna i nostri obbiettivi non sono troppo lontani: vatti ad occupare dei mocciosi, io penso al Corvo.”
Si bloccò, sentendosi tirata da qualcosa.
Come voltò lo sguardo, incontrò la compagna di massacri che teneva saldamente la sua coda da leonessa, lo sguardo basso ed un’espressione mortalmente seria.
“Di un po’…” alzò lo sguardo, che mandò bagliori smeraldini e terrificanti “… potresti ripetere? Forse ho un pezzo di cervella nell’orecchio e non ho sentito bene.”
Rengar la guardò, poi liberò la coda con uno strattone e si voltò del tutto e minacciosamente verso di lei “Hai qualche problema, per caso?”
Kha chiuse gli occhi e ridacchiò, scuotendo impercettibilmente la testa.
Poi tornò a guardarla serissima “Ci puoi scommettere che ho qualche problema.”
La leonessa passò la mano sull’elsa della spada.
La mantide fece danzare lievemente le lame chitinose.
“Non capisco dove sta scritto che devi essere tu a massacrare il Boss Finale.” Sibilò Kha’Zix, affilando lo sguardo.
“Ma come?” Rengar sguainò la gigantesca spada, il cui sibilo si sentì rimbombare per l’edificio semivuoto “Non eri affezionata ai bambini? Non sei quella che ci sa fare di più?”
“Non lo metto in dubbio.” L’altra snudò il sorriso, liberando del tutto le lame chitinose “Ma anche io ho delle priorità. E non mi conosci per un cazzo se non capisci qual è sulla mia lista la principale tra il salvare un manipolo di poppanti e il poter combattere contro un demone potentissimo.”
“… quindi siamo ad un punto morto…?”
“… credo proprio di sì.”
Restarono a guardarsi per qualche secondo, in silenzio.
Scattarono poi all’unisono, facendo scontrare le proprie lame tra loro, fronteggiandosi l’una con un’espressione marziale e minacciosa, l’altra con un sorriso pieno di follia ed una luce famelica negli occhi.
Lo scontro tra le due generò un’onda d’urto tale da spostare le panche, far volare diversi cadaveri da qualsiasi parte e spegnere alcuni dei giganteschi candelabri. Alcuni stendardi s’agitarono spasmodicamente.
Le due mercenarie, d’altro canto, restarono a guardarsi negli occhi per qualche minuto.

Per poi allontanarsi l’una dall’altra con un lamento e lo sguardo rivolto verso il cielo.
“Ma cazzo…” si lamentò Rengar, passandosi una mano in faccia.
“Non c’è assolutamente più gusto… ma proprio zero…” piagnucolò invece la mantide, coprendosi gli occhi col braccio.
Difficile ravvivare una fiamma, una volta che questa si è spenta del tutto.
“Senti…” Rengar, che si stava massaggiando l’occhio, si avvicinò alla compare mentre ritirava la spada “Che ne dici se troviamo un altro modo per risolvere la faccenda? Magari più veloce di un combattimento, dato che non sappiamo se il Corvo se la sta dando a gambe o se i bambini sono effettivamente in pericolo.”
“Uhm…” Kha si passò un dito sotto al mento, poi schioccò le dita con un sorriso sornione “Chi sputa più lontano?”
“Mi rifiuto categoricamente.”
“OK! Allora quale idee hai tu, genia?” rispose l’altra, stizzita.
“Non saprei…” si mise a rimuginare.
Dopo essere rimaste a pensare per conto proprio qualche secondo, tornarono a guardarsi.
E rimasero ferme per qualche secondo.
Scattarono nuovamente l’una contro l’altra, il pugno alzato destro.
Il quasi scontro scatenò una seconda onda d’urto.
Non forte come la prima, ma che comunque fece staccare uno degli stendardi.
Le due mercenarie si erano fermate poco prima di scontrare le proprie mani tra loro, ed i loro sguardi erano puntati su queste ultime: Rengar che mostrava la mano spalancata, e Kha con l’indice e il medio puntati in avanti.
La leonessa la guardò allibita, e l’altra ricambiò lo sguardo con un occhiolino ed una linguaccia.
“… sculata disgraziata che non sei altro.” Borbottò l’albina, allontanandosi di scatto ed avvicinandosi con passo pesante verso la porta che avrebbe portato verso i bambini.
Kha’Zix, dal canto suo, saltellò tutta contenta mostrando il simbolo di vittoria con le dita
 
[…]
 
Dopo aver trovato il passaggio segreto sotto all’albero di cadaveri – che Kha si era occupata di abbattere con una poderosa testata – e superato un lungo corridoio di scalini e torce che portava verso il basso, la mercenaria trovò la stanza segreta del Corvo.
Sembrava una singola navata, decisamente più piccola rispetto a quelle in superficie, con alte colonne doriche ed un paio di giganteschi lampadari di ferro nero dalle fiamme rossastre. Altre piccole candele si trovavano sparse intorno a tutto l’ambiente, assieme a gioielli e cianfrusaglie che sarebbero state ottime all’interno di un museo.
Alcune candele, si trovavano all’interno di teste cave ed in avanzato stato di decomposizione di alcuni demoni, meno fortunati dei cultisti che il Corvo aveva deciso di prendere sotto la propria ala. Quelli che probabilmente erano i corpi dei suddetti demoni, si trovavano inginocchiati ai lati del lungo tappeto rosso che attraversava la navata, con le mani giunte e legate tra loro da del filo spinato, a mostrare un grottesco e malsano atto di preghiera.
Sul presbiterio, una scultura agghiacciante, che sembrava quasi uno di quei disegni creata da un’intelligenza artificiale: un’accozzaglia di tentacoli, bocche dai denti aguzzi e braccia femminili, le quali erano spalancate e tenevano in mano piccoli cerini accesi, lavorati nella cera rossa.
E infine, davanti a quella scultura macabra, una figura incappucciata e piegata in avanti.
Raccolta in preghiera.
Kha sorrise soddisfatta, ed incrociò le bracca.
“Il Corvo Scarlatto. Presumo.”
La figura si alzò da terra lentamente.
E voltò i tre giganteschi occhi verso di lei.
 
“Ah… Benvenuta.”

 
ATTENZIONE, HO PUBBLICATO IL SECONDO CAPITOLO. 
Non mi sarei mai aspettato di riuscire a pubblicare il secondo capitolo! PENSA TE!
No beh in realtà, ero abbastanza impuntato a farlo, ed ero abbastanza convinto che, volente o nolente, almeno prima di domenica, ce l'avrei fatta.
E signori, oh... non mi sta facendo schifo! Sono soddisfatto finalmente di quello che scrivo da una marea di anni! 
Anche se, devo ammetterlo, che se non fosse stato per tutte le bellissime recensioni che mi avete lasciato, probabilmente di motivazione ne avrei avuta molta di meno...
Perciò ragazzi, è grazie a voi se sono uscito da questo terrificante blocco!
Ora, vi dico: avevo deciso di scrivere una storia di tre capitoli... però temo che potrebbero salire a 4. No tranquilli, ho già tutto in testa. Semplicemente, non voglio creare l'ultimo capitolo un mappazzone enorme. Voglio dire, mi mancano ancora il Boss Finale (lo dico subito, Ghostro: è dedicato a te ;) ) e l'epilogo, quindi mi sà li dividerò in due.
Grazie ancora per essere giunti fino a qui, e ci vediamo al prossimi capitolo in cui, spero, dimostrerò di non aver perso lo smalto nel creare combattimenti 'seri'.
alla prossima!
   
 
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