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Autore: Aryaline    05/06/2022    0 recensioni
Giappone, una foresta da cui non si può uscire quando si lascia il sentiero, cartelli che invitano la gente a non suicidarsi e a chiedere aiuto, un uomo spezzato che desidera solo chiudere gli occhi e non riaprirli mai più, e...
Genere: Drammatico, Sovrannaturale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Eren Jaeger, Levi Ackerman
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Giappone, anno 2010. Un altro giorno uguale, un altro mese uguale...28 marzo, fine dell’anno fiscale giapponese. Ore 19:37, tutto tace, i treni sono pieni e silenziosi, con la sola voce femminile dell’altoparlante ad annunciare una stazione dopo l’altra. I lavoratori tornano a casa, desiderosi di trascorrere una piacevole serata in famiglia o uscire con gli amici a festeggiare un altro anno trascorso senza aver perso casa e lavoro. Ma non tutti sono felici, qualcuno vuole solo tornare alla propria abitazione e dormire, esausto e mentalmente stremato per la giornata in ufficio, mentre qualcun altro...è costretto a fare i conti con una realtà dura e indesiderabile per chiunque. C’è chi non può semplicemente permettersi più alcuni lussi che si concedeva fino a pochi mesi prima, e c’è chi invece non può più permettersi niente, la casa, gli alimenti, i servizi da quello sanitario alla semplice acqua corrente. Ma in Giappone l’onore è una cosa che non va mai persa nonostante le proprie condizioni, siano esse ottime, discrete, buone, sufficienti...o terribili, e ciò si traduce nel fatto che anche coloro la cui vita sta in qualche modo volgendo verso il lato vuoto del baratro, siano invisibili come le formiche nella terra smossa. Nessuno le nota, e nessuno nota loro. Chiunque può esserne colpito, chiunque, e rialzarsi è così difficile che paradossalmente è più facile cambiare prefettura e ricominciare tutto dall’inizio, senza casa, senza nome, senza lavoro, e senza identità. È una cosa fattibile...ma in pochi ne hanno il coraggio. Per chi non ci riesce e non trova più un motivo per vivere...Jukai è un’alternativa che attira troppo per essere ignorata. E Levi...è uno di questi.

 

L’immensa foresta si stagliava di fronte a lui impenetrabile come un groviglio di fili di cotone lasciato sotto i cuscini del divano per due mesi, e così buia che la notte stessa doveva inchinarsi di fronte alla sua oscurità. Levi era paralizzato, sospeso a metà tra la decisione a portare a termine ciò per cui aveva viaggiato su un treno stretto e sporco in mezzo a decine di persone per ore, e la naturale paura che si prova di fronte alla morte.

Da una tasca estrasse la foto di quella che per lui era la cosa con più valore al mondo, la guardò come si guarda il più prezioso dei tesori, e la strinse al cuore sentendo una fitta così forte da togliergli il fiato dai polmoni, mentre nel suo cranio, dietro agli occhi e in fondo al naso, avvertiva la familiare sensazione del pianto, lo stesso pianto che lo aveva accompagnato per tutto il giorno e tutta la notte precedente senza abbandonarlo mai.

 

-Sto venendo da te piccola mia.- fece una pausa cercando di respirare -Mi stai aspettando? Lo facevi sempre...ed eri così contenta quando mi vedevi, che fino al mattino seguente non mi lasciavi solo un secondo. Mi venivi sempre incontro, venivi sempre da me quando mi sentivi, e riuscivi a farlo anche quando non ero nemmeno alla porta...adesso è il mio turno.

 

Diede un bacio alla foto, prese il cellulare, e lo lasciò cadere a terra insieme alla valigetta piena di documenti il cui valore ora era più effimero di una goccia nel mare, non prima però di aver preso una cosa fondamentale. Poi mosse il primo passo verso la grande transenna gialla che vietava l’accesso alla foresta e invitava, chiunque fosse lì per morire, ad andare da uno specialista per chiedere aiuto. Per l’ultima volta mandò un pensiero a quella che era stata la sua vita fino a quel momento, poi, senza esitare ancora, si addentrò in mezzo agli alberi senza neanche guardare le decine di cartelli che invitavano a non suicidarsi.

Un passo alla volta lasciò la strada asfaltata alle sue spalle fino a non vederla più, e più andava avanti più nel profondo del suo cuore sentiva che stava facendo la cosa giusta per se stesso. Non aveva più niente che lo facesse restare attaccato alla vita, nessuna famiglia, nessun amico, nessuna persona speciale, e l’ultima cosa a cui teneva era sparita in poche ore dopo anni passati insieme a donarsi amore a vicenda.

Levi conosceva le leggende su quella foresta, conosceva i numeri, le statistiche, o almeno quelle che venivano rese pubbliche, e sapeva che a dispetto della causa della morte, a tutti i corpi che venivano ritrovati era riservato lo stesso trattamento, senza coperture mediatiche o privilegi di alcun tipo. Lui però non voleva essere ritrovato, voleva andarsene, sparire dalla faccia della terra senza lasciare tracce ed essere dimenticato. Voleva solo diventare un fantasma, tanto era già un nessuno nella sua vita e non ci sarebbero state persone che avrebbero sentito la sua mancanza. Era solo uno dei tanti, una persona normale con una vita che aveva preso la piega sbagliata troppo in fretta, senza dargli il tempo necessario per reagire.

 

-Mi senti piccola? Tra poco sarò da te e...ci abbracceremo di nuovo...

 

Levi si guardò attorno, cercando un qualcosa in se che gli dicesse che era il momento di uscire dal sentiero, che era il momento di sparire. Aveva letto tante volte che chi esce dal sentiero non è più in grado di tornarci, la conformazione degli alberi rendeva ogni direzione identica alle altre, e ogni angolo uguale a quello appena visto, creando un labirinto assolutamente inespugnabile senza bussola o segni visibili di alcun tipo. 

Il silenzio surreale che avvolgeva quel luogo penetrò sotto la sua pelle, la vegetazione così fitta impediva al vento di attraversarla rendendo la foresta quasi un ambiente protetto da una cupola di vetro e trasportato in un’altra realtà, parallela a quella conosciuta.

Ormai Levi sentiva solo il suo respiro, e il rumore che facevano i suoi passi calpestando la terra e le foglie leggermente umide, eppure dopo aver camminato per forse mezz’ora sul sentiero segnato, il suo stesso cervello lo guidò fuori da quest’ultimo verso il groviglio di tronchi, radici e rami neri come la pece. C’era un istinto, radicato nel suo profondo, che lo tirava in quella direzione con anche troppa forza per essere guidato dalla morte...e lui lo seguì senza esitare.

Passò più tempo di quanto ne potesse calcolare, quando finalmente trovò un piccolo spiazzo dove gli alberi erano lontani tra loro, e disposti in cerchio attorno ad uno più grande, col tronco largo, e incurvato come la schiena gobba di un anziano. Era perfetto.

Levi raggiunse quell’albero, vi si arrampicò, e prese a legare la corda al ramo più grosso, quello che più tra tutti avrebbe potuto reggere il suo peso.

 

-Sto per arrivare, manca poco.

 

“...ehi...”

 

Levi si voltò di scatto verso quella presunta voce, ma ovviamente non vide niente e nessuno. Doveva averlo immaginato, non essendoci una copertura lì il vento, seppur poco, poteva passare.

 

“...ehi...”

 

-Ignoralo Levi, lo stai solo immaginando...è nella tua testa...

 

“...ehi...”

 

-Ignoralo ignoralo ignoralo- continuò a ripetersi fissando la corda.

 

“...ehi...”

 

-Chi c’è?!- finì per urlare non riuscendo a trattenersi, ma non ottenne risposta -Al diavolo...

 

Chiuse le orecchie e fece il cappio, annodandoselo stretto attorno al collo, poi prese la foto, la strinse al petto con entrambe le mani sussurrando un ultimo “aspettami, sto arrivando”, e si lasciò cadere fiducioso che quelle sarebbero state le sue ultime parole...ma poco dopo essere caduto i suoi piedi toccarono terra, poi le sue ginocchia, e infine tutto il suo corpo

 

-Ma cosa...- la corda si era spezzata -non è possibile, è una corda da alpinismo non può...essersi rotta...

 

Levi guardò il pezzo di corda che aveva in mano, poi in direzione del punto dove aveva legato l’altra estremità...e per poco il suo cuore non si fermò da solo scorgendo, alla luce lunare, una sagoma bianca evanescente, e quasi scintillante. Se ne stava seduta, sul ramo, con la schiena contro il tronco e gli occhi vuoti verso di lui...eppure lo guardava con un’intensità che aveva a che fare con tutto tranne che con qualcuno ormai privo di vita.

 

-O buon Dio...cosa...

 

“Ho cercato di fermarti...non mi hai ascoltato”

 

-Fermarmi...? Devo essere già morto...- iniziò a dirsi cercando di convincersi che fosse la verità -sono morto e sono rimasto qui come dicono le leggende. A Jukai muori e a Jukai resti...sì deve essere così...

 

“Sei ancora vivo”

 

-No io devo essere morto, per forza...deve essere così, deve...

 

“Sei vivo, o saresti come me”

 

-Perché lo hai fatto?!- esplose di rabbia non riuscendo più a trattenersi -Che diritto avevi di fermarmi?!

 

“Morire non avrebbe placato il tuo dolore, io lo so”

 

-Non è vero! Qualunque sia il motivo per cui tu hai deciso di toglierti la vita io non sono te! Io avrei trovato la mia pace! Tu non sai perché sono qui!

 

Il fantasma non rispose e Levi batté i pugni a terra stringendo convulsamente la foto. C’era andato così vicino, gli mancava così poco per riuscirci...e in un attimo tutto era sfumato come una nuvola di vapore.

 

“È per quello che tieni in mano, che volevi morire”

 

-Che voglio- sottolineò sentendo la rabbia fare su e giù nel suo cervello -io voglio, morire, e stanotte morirò, anche se dovessi litigare con una fantasia della mia testa.

 

“Io sono reale, mi vedi e mi senti come vedi quest’albero e seni quel poco di vento che accarezza i suoi rami. Sono reale”

 

-Va all’inferno.

 

“Pensi che non ci sia già? Pensi che io qui abbia trovato la mia pace?”

 

-Sei morto, hai finito di soffrire.

 

“...non è così...sono morto, ma le mie sofferenze le ho portate con me”

 

-Sta zitto, vattene e lasciami morire in pace.

 

“Perché ci tieni tanto?”

 

-Non sono affari tuoi. Ora vattene, vorrei restare da solo.

 

“Se mi dai una bella risposta potrei decidere di esaudire il tuo desiderio e lasciarti morire senza interferire”

 

-Perché mi stai tormentando? Sei uno yurei?

 

“No, sono solo l’ombra di qualcuno che, come te, è venuto a passare i suoi ultimi momenti qui, sotto questo albero”

 

-Anche tu ti sei suicidato qui...?

 

Lo spirito accennò quello che a Levi parve un mezzo sorriso, e quel pizzico di curiosità che ancora era vivo in lui mise fuori la testa.

 

“Io sono morto, qui”

 

Levi non chiese oltre, non gli interessava ne voleva saperlo. E poi che risposta era quella?

Sconfortato e ormai quasi del tutto privo di forza di volontà si sedette con la schiena contro il tronco e nascose il volto tra le ginocchia, pregando gli dei che, in un modo o nell’altro, quella fosse la sua ultima notte. Voleva mantenere la sua promessa, e voleva smettere di lottare in un mondo che per lui non aveva più valore.

Non se ne accorse nemmeno, si rese conto che lo spirito si era spostato solo quando ne vide un angolino di fronte a se. Non lo voleva lì, non voleva che cercasse di fermarlo, non dopo tutto ciò che aveva fatto per arrivare fino a quel punto. Cosa voleva quello spirito da lui? Perché non lo lasciava semplicemente in pace? Non era neanche lontanamente paragonabile agli spiriti arrabbiati e tormentatori di cui aveva letto, gli yurei, quello sembrava più l’ombra chiara della parte buona di una persona.

Quasi a fatica Levi alzò gli occhi stanchi, vedendo la figura abbassarsi fino a terra e poi inginocchiarsi di fronte a lui. Adesso che gli era più vicino poteva scorgerne i tratti evanescenti e poco definiti, il viso giovane, gli occhi grandi, le labbra delicate, le orecchie piccole, il collo sottile e quasi femmineo...non sapeva se fosse la sua forma a renderlo tale, ma per quel che poteva vedere era di una bellezza disarmante.

 

-Se non vuoi lasciarmi morire, allora uccidimi tu. Se non potrò morire qui e stanotte, lo farò domani da un’altra parte, non sarai tu a fermarmi. 

 

“E a che scopo? La tua sofferenza verrà con te anche dopo che sarai morto e lascerai persone che ti amano e tengono a te”

 

-Non ho ne casa, ne amici, ne famiglia, non ho niente che mi leghi ancora alla vita...e niente che rimpiangerò di aver abbandonato quando sarò morto. Qualcuno mi sta aspettando.

 

“Quello che c’è su quella foto?”

 

Levi si scoprì improvvisamente senza difese, se prima era stanco ma aveva ancora un minimo di forza per rispondere di contro allo spirito, adesso non aveva più neanche quella, e si sentiva semplicemente in balia di una corrente che no;poteva controllare.

 

-Sì. Era l’unica cosa a cui tenessi ancora, l’unica cosa che mi spingeva ad andare avanti, e l’unica cosa per cui nella mia vita valeva la pena lottare. Adesso che non c’è più io stesso non ho più uno scopo, e nemmeno voglio averlo. Non aspiro ad altro che al riposo e al ricongiungermi con lei.

 

“...posso vederla...?”

 

Per qualche secondo Levi non gli rispose, e anzi strinse ancora più a se il piccolo e ormai stropicciato pezzo di carta rigida, ma alla fine cedette e gli mostrò l’immagine.

 

“Era molto carina, e sembra anche tanto simpatica, dolce e gentile”

 

-Sì chiamava Yuko, e lei era il mio tesoro, il mio unico...inestimabile tesoro. Se ne stava a casa tutti i giorni aspettando solo il mio ritorno, e quando ero a pochi metri dall’edificio cominciava ad andare in giro tutta contenta. Tante volte i miei pochi e maleducati vicini si sono lamentati per il rumore che faceva, ma per me quella era la prova che era ancora viva e che potevo passare un altro giorno in sua compagnia. Prima ancora che mettessi piede in casa la sentivo dietro la porta, e non appena entravo non facevo neanche in tempo a vedere la luce dell’ingresso che lei mi era già addosso a riempirmi di baci. Quello...era il mio balsamo per ogni giornata, bastava lei a tirarmi su da qualsiasi cosa. Adesso sono solo.

 

“...com’è morta?...”

 

Levi fece un amaro sorriso distogliendo gli occhi dalla sua figura, poi tornò a guardare la foto avvertendo un nuovo moto di disperazione montargli prepotente nel petto.

 

-Ieri pomeriggio sono tornato a casa come al solito, e lei era lì, ad aspettarmi per uscire. Abbiamo fatto il solito tragitto, mi sono fermato al conbini per prendere qualcosa per la cena mentre lei mi ha aspettato fuori dal negozio, e poi siamo tornati verso casa passando per il parco. Lo facevamo da sempre, non avevamo mai cambiato percorso, ma questa volta...questa volta ci hanno aggredito. Fortuna ha voluto che non molto distante da lì, all’uscita dalla zona verde, ci fosse un’auto della polizia che è arrivata qualche minuto dopo. Non ho idea di chi fosse, drogato, ladro, disperato...non lo so, e non so neanche realmente che cosa volesse. Yuko mi ha difeso, lo ha morso con tutta la forza che aveva, ma non era grande e per quell’uomo è stato facile reagire e prenderla a calci. Le ha frantumato il bacino e rotto tre costole, una delle quali ha perforato un polmone...ma lei nonostante il dolore e le percosse, non lo ha lasciato andare fino all’ultimo. Quando lo ha fatto io non ci ho pensato due volte, l’ho presa in braccio e sono corso dal veterinario senza neanche parlare con gli agenti. Puoi immaginare cosa mi abbiano detto...

 

“...che avrebbero fatto tutto il possibile...”

 

-Già...e lo hanno fatto, sono rimasto fuori dall’ambulatorio per quasi tutta la notte...finché non mi hanno detto che le ferite erano troppo gravi. Non c’è stato tempo...

 

“...ti senti in colpa vero?...”

 

-È morta a causa mia, e io non ero neanche con lei nei suoi ultimi momenti. L’ho lasciata sola, l’ho abbandonata quando aveva più bisogno di me e anche prima le dedicavo solo una piccola parte delle mie giornate...quando invece avrei potuto fare molto di più. Voglio solo andare da lei, dirle che mi dispiace, abbracciarla...e prometterle che non la lascerò mai più sola.

 

“Perché qui? Potevi morire ovunque, quindi perché scegliere questo posto?”

 

-Perché chi entra qui ed esce dal sentiero non torna mai indietro, volevo una garanzia e questa lo è.

 

“...allora...ti chiedo scusa per averti fermato...”

 

-Questo vuol dire che ora mi lascerai morire in pace?

 

“Sì...ma prima possiamo parlare un po’?”

 

-E perché mai? Sono qui per morire, non per discutere con uno yurei.- asserì pur andando in contrasto con l’immagine dello spirito.

 

“Non sono uno yurei, e poi...sono anni che non parlo con qualcuno e fino ad ora tu sei l’unico che è arrivato sotto questo albero...”

 

Levi sospirò, non aveva pensato ad un piano B per morire e non sapeva nemmeno come sistemare la corda irrimediabilmente rotta. Annodarne le due estremità non garantiva affatto la sua tenuta se fosse saltato di nuovo, e non ne aveva un’altra da poter utilizzare, per cui forse poteva accontentare quello spirito finché non trovava una soluzione.

 

-Va bene. 

 

Gli parve quasi che lo spirito sorridesse, i suoi occhi restavano sempre morti e pressoché totalmente inespressivi, ma per un minuscolo attimo a Levi parve che fossero attraversati da una scintilla di luce.

 

“...che cosa facevi prima?...”

 

-Prima di venire qui?

 

“...sì...”

 

-Non ero nessuno, come moltissimi altri, e come moltissimi altri facevo un lavoro comune prendendo uno stipendio bassissimo con cui pagato le spese di una casa piccola e altrettanto comune. I miei pasti consistevano in un caffè in azienda la mattina, un onigiri o del pane per pranzo preso al conbini la sera prima, e in qualcosa di pronto sempre preso al conbini per cena. 

 

“Non facevi una vita molto salutare...”

 

-Non potevo permettermi spese non necessarie, il mantenimento di Yuko mi costava già più di quanto potessi spendere e su di lei non volevo assolutamente risparmiare più di quel che serviva. Ciò si traduce nel fatto che dovessi tirare la cinghia su tutte le altre spese che riguardavano me, il primo tra tutti era il cibo e in secondo luogo i prodotti per la pulizia mia e della casa.- più parlava, e più nel cuore di Levi cresceva un minimo di curiosità riguardo lo spirito -E tu? Chi eri prima di morire?

 

“...un nessuno esattamente come te, avevo un padre, una madre, un fratello e una sorella più grande e che già lavoravano. Io ero l’unico che ancora studiava, e il mio più grande desiderio era quello di potermi diplomare con il massimo dei voti. Odiavo la scuola, ma amavo studiare e sapevo anche che per poter fare quello che volevo e andare a studiare negli Stati Uniti dovevo impegnarmici al massimo. Ho tenuto a mente questo principio per anni senza smettere mai di crederci”

 

-E non ti piaceva nient’altro oltre lo studio? 

 

“Creare giocattoli. Mi piaceva cucire e so che è strano da sentire, ma mio nonno era un falegname e quando è morto io ho tenuto tutti i suoi strumenti. Di tanto in tanto mi dilettavo a scolpire e costruire dei pupazzi di legno, e i miei preferiti in assoluto erano gli schiaccianoci, ne facevo di tutte le forme, fattezze e colori, e poi, insieme a dei piccoli peluche sempre creati da me, li regalavo ai bambini degli asili o degli orfanotrofi...o semplicemente a quelli poveri che mi capitava di vedere per strada...”

 

-È una cosa molto bella- mormorò Levi provando quasi meraviglia verso lo spirito, non credeva che qualcuno con quegli interessi potesse ancora esistere.

 

“In cuor mio speravo che magari li vendessero e ci guadagnassero qualcosa per vivere, mi facevano una gran pena...”

 

-E come sei finito qui?

 

Lo spirito rimase in silenzio per così tanto tempo che Levi credette non gli avrebbe risposto, e ormai la stanchezza stava iniziando a pesargli sugli occhi e sul cuore al punto che la sentiva portargli via le forse poco a poco. Poi per poco non ebbe un infarto quando, spostando un momento la testa e sbattendo le palpebre, si vide lo spirito seduto accanto.

 

“Volevo cominciare una nuova vita, ma quando i miei genitori hanno saputo che appena ne avessi avuto le possibilità me ne sarei andato...non l’hanno presa molto bene, soprattutto mia madre. Per lei io sarei dovuto rimanere sempre nelle vicinanze perché avrebbe potuto avere bisogno di me. Poco tempo dopo mio padre ha deciso di chiedere il divorzio e lei si è sfogata con me, dicendo che era colpa mia perché prima che io parlassi dei miei piani futuri lui non le si era mai opposto. Mi ha tirato addosso una pentola e quello è stato l’inizio della fine”

 

-Mi dispiace...

 

“Era sempre stata una donna isterica e manipolatrice, ma da quando papà si era allontanato era peggiorata drasticamente. Mia sorella anni prima aveva conosciuto una persona, e dopo essersi sposata è andata via dal Giappone e non è più tornata...e l’ultima cosa che desideravo era rovinarle la vita chiedendole aiuto”

 

-Quindi cos’hai fatto?

 

“Ho telefonato a mio fratello, e lui mi ha aperto le porte di casa sua per tutto il tempo che mi è servito...ma la rabbia di mia madre per quello che lei considerava un tradimento era implacabile...e lei fece di tutto per trovarmi, e punirmi. Mio fratello cercò di proteggermi, ma lei minacciò di ucciderlo se non l’avessi seguita, e di fronte a quella possibilità non ho potuto fare altro che obbedirle. Lui tentò comunque di aiutarmi, chiamò la polizia e ogni servizio di protezione possibile, ma io sapevo che se gli avessi permesso di mettersi in mezzo nostra madre non avrebbe avuto alcuna pietà. Una sera non sono più riuscito a sopportare le sue angherie, e mi sono difeso. Abbiamo lottato, lei aveva dalla sua parte la pazzia e l’adrenalina che la rendevano particolarmente forte, e io avevo dalla mia l’età e il cervello che mi hanno permesso di resistere. Non le ho permesso di toccarmi mai più...l’ho uccisa nella nostra cucina. Fu un incidente, per così dire, e tutti mi credettero fin dal primo giorno, ma quell’evento mi segnò irrimediabilmente. Andai a vivere con mio fratello che fu così gentile da prendersi cura di me, ma a scuola iniziarono ad additarmi come assassino, e per quanto preside e insegnanti cercassero di mettere a tacere gli studenti, non poterono fare più di tanto...”

 

Lo spirito fece una pausa e a Levi parve che iniziasse a tremare. Il vento non c’entrava niente, quello era un vero e proprio tremito della sua figura.

 

-Se non lo vuoi dire va bene lo stesso, non sei obbligato.

 

“...no voglio farlo, nessuno sa la mia storia e io...io...voglio raccontarla a qualcuno, anche se questo qualcuno dovesse morire entro pochi attimi. Mi dispiace, probabilmente non ti aspettavi di sentire una conversazione del genere quando ti ho chiesto di parlare...”

 

-Non fa niente, sto comunque per andarmene anch’io, non mi fa differenza.

 

“...già...cominciarono a rendermi delle vere e proprie imboscate, mi picchiarono così tante volte che ne ho dimenticato il numero, e ogni volta che tornavo a casa pieno di lividi e ferite mia fratello si preoccupava sempre di più. Non era colpa mia, e io non volevo dargli quella sofferenza. Non gli avevo mai detto niente di quello che mi succedeva davvero e avevo anche già pensato a questo, ma non ero ancora arrivato ad una rottura...e francamente pensavo che non ci sarei arrivato mai. Oh quanto mi sbagliavo...quegli stessi ragazzi che avevano preso a picchiarmi dentro e fuori da scuola un giorno si presentarono con un gruppo più numeroso, con persone che non avevo mai visto e che tutto avevano tranne che un aspetto rassicurante. Quello che mi fecero dopo fu il mio vero punto di non ritorno...”

 

-Cosa...

 

“Sapevo che quella notte mio fratello non sarebbe tornato a casa, aveva un meeting di lavoro in una città molto lontano...era l’occasione perfetta. Gli scrissi una lettera e la misi tra le pagine di un libro con l’intenzione di lasciargliela in bella vista prima di andarmene, ma mi dimenticai di farlo. Ero così sconvolto, depresso, triste, mi sentivo così sporco e vuoto che non riuscii a ricordarmi di quel particolare. Sono uscito e sono venuto qui con una corda, quella di cui si può vedere l’unico resto qui sotto, tra le radici. Ho avuto fortuna al primo colpo e pensavo che finalmente fosse finita, ma poi...mi sono trovato di nuovo qui, con un’altra forma e la stessa sofferenza che provavo quando ero ancora in vita. Non era cambiato niente, e l’unica differenza era che se prima potevo provare a scappare dalla difficoltà e dal dolore, poi mi è stato impossibile...come mi è impossibile tutt’ora. Sono prigioniero più di prima e provo anche un’enorme senso di colpa verso mio fratello, mia sorella e mio padre. Ho guardato il mio corpo decomporsi e diventare parte della terra che sta qui, e so che nessuno lo ha mai trovato. Non posso uscire da questa foresta, non posso lasciare questo luogo dove il mio corpo ha scelto di restare, e a causa di questo non posso sapere se la mia lettera è stata trovata, ne se la mia famiglia sa quello che mi è successo...”

 

Levi non sapeva cosa dire, quella era una storia a dir poco tragica dall’inizio fino alla sua fine. Nonostante fosse un uomo freddo, rigido ed ingessato nella sua vita di tutti i giorni, se avesse sentito quella stessa storia detta dalla stessa persona alla luce del sole e magari su un divano o sulla panchina di un parco silenzioso, l’istinto lo avrebbe spinto ad abbracciare quel giovane senza pensarci due volte. Non poteva immaginare cosa avesse provato, ne per quanti anni quell’agonia fosse durata, ma sapeva che quel ragazzo aveva lottato contro la morte nella sua testa fin quando essa non aveva vinto la battaglia, rubandogli la volontà.

Pur sapendo che non sarebbe servito a niente allungò un braccio verso le sue spalle cercando di circondargliele, ma quando provò a toccarlo il suo arto gli passò attraverso esattamente come si aspettava.

 

“...mi dispiace...non ho più un corpo, non posso essere toccato così facilmente...”

 

-Sono io che dovrei chiedere scusa, è perché tu non sei riuscito a liberarti del tuo dolore che prima mi hai detto che la morte non è la fine?

 

“Sì, la morte è solo il principio di una nuova, lunghissima, inalterabile ed estenuante vita”

 

-Se potessi tornare indietro prenderesti una decisione diversa?

 

“Sì, sicuramente. Col senno di poi se potessi riavvolgere il tempo parlerei a mio fratello di tutto quello che stavo passando, gli racconterei delle molestie, degli insulti, delle imboscate che mi venivano tese...gli direi tutto. E se...se poi decidessi comunque di morire, mi assicurerei di lasciargli quella lettera e far sapere a tutta la mia famiglia che non hanno colpe, che li amo, e che anche da morto sarò sempre con loro. Mi dispiace di essere morto, e ancora di più mi dispiace di non avergli detto tutto prima di saltare...ho perso un’occasione che non mi verrà mai più ripresentata”

 

-Come hai fatto a non diventare uno yurei? Tutte le leggende che parlano di questo posto dicono che chi ci si suicida si trasforma in uno spirito urlante...

 

“...perché io ero già morto dentro prima di arrivare qui, la mia vita era già finita, dovevo solo...smettere di respirare...” 

 

-È per questo che quando ti ho chiesto se anche tu ti fossi suicidato qui, non mi hai detto semplicemente di sì?

 

“...mhmh...se posso evitare che qualcuno si trovi a soffrire come me senza poter più scappare, beh non posso non fare niente...”

 

-Eri una persona molto buona vero?

 

“...credo di sì...non lo so più ormai...”

 

-Non te lo ricordi?

 

“Non è questo, ma è che non so se davvero ero una persona buona o no...alla fine so di aver fatto del male alla mia famiglia morendo...”

 

-Vorrei poterti dare la pace che meriti, ma non...

 

“Non devi, sto scontando la mia colpa ed è giusto così. L’unica cosa che vorrei sarebbe poter mandare almeno un messaggio a mio fratello, alla fine lui mi è rimasto accanto fino alla fine...”

 

-Non lo puoi fare?

 

Lo spirito scosse la testa e Levi si sentì quasi morire dentro nel vedere la sua espressione, per la prima volta, mutare e diventare così triste e scura da fargli male.

Parlarono per ore ed ore, finché Levi si dimenticò perfino che doveva trovare un modo per riparare la corda e impiccarsi, o un piano B per morire comunque. Si era sempre vantato molto di sapere capire al volo la gente senza aver bisogno di spiegazioni o lunghi discorsi, e man mano che lo spirito parlava Levi fu in grado di leggergli dentro, di percorrere i fili delle sue emozioni, di saltare sui trampolini delle sue volontà e correre verso il suo cuore ormai fermo. Quello che aveva accanto era lo spirito di un ragazzo che era stato spezzato e si era arreso, ma le cui volontà, seppur stanche, non si erano mai assopite del tutto. Gli raccontò di quello che avrebbe voluto fare oltreoceano, della vita che si sarebbe voluto costruire, della casa che avrebbe voluto comprare, della famiglia che avrebbe voluto avere, e dei figli che avrebbe voluto crescere lontano dagli “insegnamenti” di sua madre. Gli disse del suo amore per i mochi alla fragola, il burro d’arachidi, la cioccolata calda, le ciambelle di quel negozio speciale a Kyoto al mercato di Sanjo dove per entrare si doveva fare una fila di almeno mezz’ora, il gelato all’uva che prendeva sempre a Nara, le fragole caramellate, coperte di zuccherini e attaccate ai crackers salati di cui si era innamorato assaggiandole alla base del tempio Tsurugaoka Hachiman, nella prefettura di Kamakura, e di qualsiasi bevanda condita da palline di tapioca...di quelle ne era letteralmente drogato, tutte le volte che poteva sgattaiolava fino ai suoi chioschi preferiti. Gli parlò del quasi malato interesse che aveva verso tutte le serie e i libri di stampo giallo, thriller e poliziesco. Adorava gli intrighi, le seduzioni, le bugie e tutti quei particolari che tessevano la tela dei casi più complessi che potevano essere inventati. Più leggeva e più ne voleva leggere, ma con lo studio al primo posto era difficile trovare dei momenti liberi. Levi dal canto suo gli disse ancora qualcosa della sua vita, di come era stato da adolescente, degli studi che aveva fatto, di quali al tempo erano i suoi sogni e i suoi desideri, e di come ben presto questi si erano trasformati andando obbligatamente incontro alla più dolorosa e fredda realtà. Gli raccontò della prima volta in cui una ragazza gli aveva lasciato una lettera d’amore nell’armadietto delle scarpe, e di come era scoppiata a piangere quando lui, molto onestamente, le aveva detto di essere gay e avere già un fidanzato. Si era scusato, ma lei aveva capito e da quel momento erano diventati grandi amici. Poi il tempo li aveva allontanati, lei aveva trovato un bravo ragazzo, si era innamorata, si era sposata...e un po’ alla volta loro due avevano preso strade diverse e non erano più rimasti in contatto.

Pur lottando con tutto se stesso per restare sveglio, alla fine la stanchezza e la depressione accumulata in quei due giorni ebbero la meglio su Levi, che appoggiatosi con la testa contro il tronco finì per crollare tra le braccia del sonno. Lo spirito rimase ad osservarlo ancora, finché l’alba non cominciò ad essere pericolosamente vicina. Sapeva che al sorgere del sole, nel momento in cui i suoi raggi avessero illuminato l’albero, lui sarebbe sparito per poi tornare al calar della sera, ma volle tentare lo stesso. Non lo aveva mai fatto prima, per ovvie ragioni, ma l’aveva sempre creduta una cosa possibile e quella era l’unica possibilità che aveva. Fare errori era fuori discussione. Guardò il viso di Levi un’ultima volta, poi si concentrò al suo massimo, e prese possesso del suo corpo entrandogli nel cuore. Grazie alla storia che gli aveva raccontato sapeva bene dove andare, e quale fosse la strada più veloce per giungere ai ricordi che cercava. Dal suo petto risalì lungo la spina dorsale fino al cervello, ne esplorò ogni angolo come qualcuno che ha perso un oggetto caro e vuole assolutamente ritrovarlo. Destra, sinistra, sopra, sotto, riuscì a trovare tutti i ricordi che Levi aveva di Yuko. Quello che voleva fare lo si leggeva solo nei libri, nessuno sapeva se fosse una cosa possibile, ma voleva assolutamente permettere a Levi di avere una seconda possibilità e vivere, cosa che a lui non era stata concessa. Prendendo il controllo della sua volontà e della sua coscienza, diede vita all’immagine di Yuko nella mente di Levi, li fece incontrare, e creò un sogno utopistico. Non ci fu bisogno di inutili parole, scambi di frasi, scuse o richieste di perdono, lui fece in modo che Levi capisse che Yuko lo aveva già perdonato, che lo aveva fatto fin da subito, e che anzi non gli aveva mai dato alcuna colpa per quello che era accaduto. Era il suo padrone, era compito suo proteggerlo e anche se qualcuno avesse cercato di impedirglielo, il suo incondizionato amore verso di lui le avrebbe fatto rompere qualsiasi catena. 

Prolungò il sogno per tutto il tempo che gli fu possibile, poi, utilizzando il corpo di Levi come ponte tra i mondi, uscì dalla foresta e lo riportò dove, la sera prima, aveva abbandonato il suo cellulare e la ventiquattr’ore. Non aveva più tempo, i raggi del sole avrebbero toccato quella zona e lui stesso nel giro di pochi minuti, ma quei minuti furono abbastanza da permettergli di scrivere, sempre tramite Levi, un biglietto. Preso un foglio dalla sua valigetta scrisse tutto quello che poté, gli diede le indicazioni di dove viveva, i nomi di tutti i membri della sua famiglia, e gli chiese un favore: andare da loro a dirgli che lui gli voleva ancora bene, che li avrebbe sempre seguiti col cuore anche da lontano...e per finire se ancora non avevano trovato la lettera, a raccontare la sua storia. 

Quando non poté più aspettare liberò il corpo di Levi, e il giorno, implacabile, lo spinse sempre di più verso la foresta. Lo spirito tornò al suo albero e si lasciò colpire dalla luce del sole, che lo fece svanire per tutto il tempo che sarebbe stato il giorno.

Al suo risveglio, Levi ricordava ogni cosa, ricordava di essere entrato nel bosco, di aver provato a suicidarsi...e di essere stato salvato dallo spirito di un ragazzo dal cuore puro e dall’anima candida. Nella mano stringeva un pezzo di carta scritto, era la sua calligrafia...ma di quelle parole non aveva memoria.

 

“Quando ti sveglierai, sappi che se dovessi tornare io sarò sempre lì, sotto il nostro albero. Rare sono le persone che usano la mente, poche quelle che usano il cuore, e uniche...coloro che usano entrambi. Tu sei uno di questi, sei unico Levi, io lo so e anche Yuko lo sapeva, ed è per questo...che ti chiedo di fare una cosa per me. Considera questo favore il compimento delle mie ultime volontà, ti prego, perché senza di te io sarei ancora chiuso in una gabbia non creata dalla mia condizione di spirito, ma dalla mia testa, e dal rimorso per ciò che sai. Il mio nome è Eren Jaeger, e quella che voglio che tu racconti è la mia storia...”

   
 
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