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Autore: Stillathogwarts    09/06/2022    1 recensioni
Raccolta di songfic (ONE SHOT) che prendono spunto dai testi delle canzoni di Taylor Swift. [DRAMIONE]
Indice:
1. All Too Well
2. This Is Me Trying
3. Midnight Rain
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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Disclaimer: I personaggi e il mondo di Harry Potter in generale non mi appartengono. La storia è stata scritta senza nessuno scopo di lucro. La canzone All Too Well appartiene a Taylor Swift.
 
Pov: Hermione Granger
Contesto: Dopo la Seconda Guerra Magica/Pace - Post Epilogo

 
ALL TOO WELL



 
 
"I walked through the door with you
The air was cold
But something about it felt like home somehow"
 
Hermione ricordava bene quel giorno.
Non era contenta lei, non era contento lui.
Il Wizengamot e le loro assurde idee per reintegrare nella società coloro che si erano dimostrati i seguaci di Voldemort meno convinti e che non si erano macchiati di crimini irreparabili (o dei quali non erano state rinvenute prove, comunque).
Il primo incarico di Hermione Granger per il Ministero della Magia, fresca di diploma a Hogwarts, lei non lo dimenticherà mai; le avevano affidato Draco Lucius Malfoy.
Era la responsabile del suo percorso riformativo e rieducativo, così lo avevano chiamato; un anno e mezzo isolata in una villa in campagna con quello che era stato il suo acerrimo nemico a scuola, con la persona che più al mondo l'aveva denigrata e derisa. E avrebbe dovuto aiutarlo, di nuovo.
Perché non era bastato salvargli la vita nella Stanza delle Necessità dopo tutto quello che le aveva fatto, no. Non era bastato salvarlo da Rowle che dubitava della sua lealtà e voleva ucciderlo, no. Non era bastato testimoniare al suo processo per dargli l'occasione che meritava di avere per distaccarsi dal percorso che suo padre aveva delineato per lui senza dargli veramente una scelta (anche se Hermione, in cuor suo, pensava che Draco avrebbe potuto scegliere di chiedere aiuto a Silente). Il Ministero aveva reputato necessario che fosse lei a insegnargli a vivere nel mondo attuale, a mostrargli come comportarsi con la gente in modo rispettoso e non come gli era stato insegnato a fare dai suoi genitori; il primo incarico di Hermione per il Ministero della Magia consisteva nel disintegrare l'educazione che Lucius Malfoy aveva dato a suo figlio e renderlo un uomo migliore, un uomo a cui valesse la pena risparmiare una condanna ad Azkaban.
Harry e Ron non erano stati più felici di lei, anzi, forse l'opposto; non capivano perché non avesse rifiutato e basta.
Lei non si tirava mai indietro davanti a una sfida; era il suo dannato spirito da Grifondoro, non si sarebbe spento solo perché aveva terminato gli studi a Hogwarts. I suoi amici lo sapevano bene, avendo scelto di proseguire con la carriera di Auror nonostante avessero passato la vita a combattere.
 
Draco era forse quello meno contento di tutti di quella soluzione, ma aveva accettato; un anno e mezzo con lei doveva essergli sembrato meglio di tre ad Azkaban in compagnia dei Dissennatori e dei suoi demoni, dei suoi ricordi più brutti... e lui ne aveva guadagnati a bizzeffe, durante la guerra.
Non capiva il motivo di tutta quella storia; aveva confessato sotto Veritaserum di non credere più nell'esistenza di maghi di serie A e maghi di serie B, di non vedere più alcuna differenza di sangue tra Purosangue, Mezzosangue e Nati Babbani. Non era stato abbastanza; pensavano avesse bisogno di imparare a relazionarsi meglio con le persone. Draco aveva preso nota di ringraziare suo padre anche per quello, quando e se l'avrebbe rivisto. Pareva stesse collaborando, seguendo l'esempio di Igor Karkaroff dopo la Prima Guerra Magica... rivelando i nomi degli altri Mangiamorte.
Tanto di guadagnato, pensava Draco; lui non sarebbe stato l'unico reietto della società purosanguista e Lucius non avrebbe potuto avere da ridire sul suo cambiamento di vedute perché lui per primo sarebbe stato guardato male per il modo in cui si stava salvando la pelle.
Il viaggio era stato tranquillo; per la prima volta Hermione Granger non sembrava essere in vena di parlare… o forse si stava semplicemente concentrando alla guida e non voleva essere disturbata.
Draco immaginava che non l'avesse mai odiato tanto in vita sua come stava sicuramente facendo in quel momento; venire designata come sua responsabile doveva esserle sembrato più una punizione che un'occasione di far carriera e lei era un'eroina del mondo magico, non meritava assolutamente alcuna punizione.
Lui sì, però. E la sua punizione consisteva nel dover vivere con lei per un anno e mezzo; dover convivere con il ricordo vivente di quello che le aveva lasciato accadere quella notte in casa sua. Se fosse sopravvissuto ai suoi sensi di colpa, trascorso quell'anno, Draco si sarebbe preso una lunga vacanza, possibilmente lontano dal Regno Unito.
 
Aveva sbuffato. Quell'idiota aveva avuto anche il coraggio di sbuffare quando l'aveva vista arrivare. Lei gli aveva rivolto un'occhiata sprezzante e poi si erano entrambi accomodati in macchina senza dire una parola.
Erano arrivati alla Villa due ore dopo; la Villa le era sembrata strana, sulle prime. Estranea, più che altro. Ma entro sera l'aveva già resa più accogliente, più simile a una casa. Hermione cercava di non pensare al fatto che lei non ne avesse più una, a Londra. O meglio, aveva la villa dei suoi genitori, ma senza di loro non sembrava più casa.
 
Faceva freddo, Hermione se lo ricordava bene. Faceva freddo e Draco Malfoy conosceva almeno dieci incantesimi diversi per risolvere quel problema.
«Questa non ti serve più» le aveva detto, sfilandole la sciarpa Grifondoro dal collo; se n'era portata dietro una perché si sentiva sempre vuota quando si ritrovava senza almeno un pezzetto della sua vita a Hogwarts. Gli aveva chiesto perché conosceva tutti quegli incantesimi di riscaldamento degli ambienti.
«I sotterranei non sono di certo luoghi caldi, Granger» aveva ribattuto lui. «E casa mia non è da meno.»
Sopravvivenza.
Lei ne sapeva qualcosa, dopo aver passato un anno nei boschi a nascondersi e cercare Horcrux. A nascondersi da quelli come lui, che volevano ucciderla. Sanguemarcio.
Si era toccata l'avambraccio sinistro che recava quell'orribile cicatrice quando l'aveva fatta ridere per la prima volta, ricordando chi fosse la persona che aveva davanti.
Draco sembrava diverso; dal modo di rivolgersi a lei, ai lineamenti sul suo viso più addolciti. Sembrava quasi un’altra persona, al punto che a volte quasi si dimenticava degli anni di insulti e di tutte le volte che le aveva augurato la morte. Per un istante, almeno.
 
"Oh, your sweet disposition
And my wide-eyed gaze
We're singing in the car, getting lost upstate
Autumn leaves falling down like pieces into place
And I can picture it after all these days"
 
La regola che aveva stabilito il Ministero era che Draco non avrebbe dovuto utilizzare la magia se non in caso di necessità, per permettergli di "empatizzare" con i Babbani.
Hermione chiudeva sempre un occhio quando si trattava degli incantesimi estensivi di riscaldamento; aveva pensato di poter trarre dei vantaggi anche lei da quella situazione, facendoseli insegnare. Non aveva una libreria da poter consultare in quel posto, cosa che era certa l'avrebbe fatta impazzire, alla fine.
Non parlavano un granché; se la ricordava la confessione di Malfoy sotto Veritaserum, motivo per cui davvero non capiva il perché di tutta quella storia.
L'importante non era che avesse superato i suoi pregiudizi? Almeno in gran parte; a volte gli capitava ancora di lasciarsi sfuggire qualcosa di inappropriato, sebbene non pesante... forse era quello, lo scopo del progetto. Mettere i Purosangue cresciuti secondo l'ideologia purosanguista in una casa con un Nato Babbano per correggere proprio quegli aspetti ormai sicuramente inconsci.
«Perché hai accettato?», le aveva chiesto una sera. «Mi sembra un incarico abbastanza ingrato da affidare all'eroina del mondo magico.»
Hermione aveva scrollato le spalle. «Eri tu o Theodore Nott. E immagino che l'aver salvato il mondo non mi renda esente dal dover fare gavetta. È così che funziona per noi comuni mortali, Malfoy.»
Draco le aveva rivolto una smorfia di indifferenza. «Potter e Weasley hanno dovuto fare gavetta? Non hanno neanche finito gli studi.»
«Stanno comunque facendo l'addestramento. Quella è gavetta.»
Il biondino aveva scollato le spalle. «Quindi vuoi diventare la baby sitter degli alti funzionari del Ministero, se questo è il tuo addestramento» aveva commentato sghignazzando.
Lei aveva semplicemente alzato un sopracciglio. «No, Malfoy. Ho fatto richiesta al Dipartimento di Controllo delle Creature Magiche, in realtà» lo aveva informato, esibendo un sorrisetto provocatorio.
Non avrebbe mai pensato di vedere Draco Malfoy arrossire in vita sua; se n'era andato via borbottando qualcosa su oltraggi e indignazione, qualcosa che lei non aveva sentito distintamente, ma che l'aveva fatta scoppiare a ridere ugualmente.
Draco la sua risata l'aveva sentita però, tant'era forte. E non si era reso neanche conto di aver pensato che se farsi prendere in giro era il prezzo da pagare per sentirla di nuovo, lo avrebbe rifatto mille volte.
 
Le era venuta in mente quell'idea stupida dopo il primo mese di reclusione e stranamente lui non aveva obiettato; forse si era stancato anche lui di vedere solo quelle mura e il giardino circostante la Villa.
«Non ci hanno detto che non possiamo uscire, no?», aveva detto convinta. «E poi vogliono che tu sviluppi empatia verso i Babbani, se devo farti fare cose babbane tanto vale scegliere quelle divertenti.»
Draco le aveva sorriso, un vero sorriso.
Ed era salito sulla macchina senza farle domande, ringraziando l’indole dei Grifondoro che li portava sempre a infrangere le regole, o piegarle alla loro volontà.
Era venuto fuori che a Malfoy piacessero le canzoni babbane; per la fine della mattinata stavano già cantando Wonderwall degli Oasis a squarciagola mentre Hermione guidava l'auto tra le vie di campagna.
Avevano trovato un parchetto curato e accogliente e lei gli aveva proposto di fare un pic-nic.
«Ai Babbani piace davvero mangiare in mezzo alla terra?», le aveva chiesto con aria disgustata. Hermione aveva riso della sua espressione.
«Sarà piacevole, vedrai!»
E a Draco era piaciuto veramente.
Aveva odiato l'idea di quell'anno e mezzo da trascorrere con la Granger, riducendo al minimo l'uso della magia, ma non aveva potuto negare a sé stesso quanto fosse più tranquillo e rilassato da quando avevano messo piede in quella casa.
«È una bella stagione, l'autunno» aveva commentato dando un ultimo sguardo al luogo, prima di risalire in macchina e imboccare la via di ritorno alla Villa, pensando che forse, in realtà, l’autunno non avesse nulla a che fare con quello che stava sentendo.
 
"And I know it's long gone and that magic's not here no more
And I might be okay but I'm not fine at all
'Cause there we are again on that little town street
You almost ran the red 'cause you were lookin' over at me
Wind in my hair, I was there
I remember it all too well"
 
«Insegnami a guidare quell'aggeggio, Granger» le aveva proposto un noioso pomeriggio di tardo ottobre.
Hermione lo aveva guardato terrorizzata e sorpresa allo stesso tempo.
«Andiamo, con la scopa sono bravo. Quanto può essere più difficile?»
Era più difficile, ma aveva imparato nel giro di un paio di settimane. Hermione se ne stava seduta sul sedile del passeggero, con gli occhi chiusi, una mano fuori dal finestrino e un sorriso rilassato sul volto; il vento le scompigliava i capelli, ormai resi perfettamente lisci grazie all'ultima miracolosa pozione che aveva scoperto.
Draco non aveva potuto fare a meno di voltarsi a guardarla, estasiato dalla sua bellezza come lo era stato al quarto anno per la prima volta, quando l'aveva vista scendere le scale al Ballo del Ceppo.
«Draco, fermati! Il semaforo è rosso!», aveva urlato la ragazza, spaventata.
Aveva fermato l'auto appena in tempo.
«Non ti farò guidare mai più.»
 
"You told me 'bout your past thinking your future was me."
 
Le aveva parlato della guerra, alla fine. Una fredda sera di novembre erano entrambi in salotto, davanti al camino, con il fuoco scoppiettante a riscaldarli. Hermione aveva imparato gli incantesimi, quindi erano passati ai metodi di riscaldamento babbani.
Nessuno dei due riusciva a dormire; spesso gli incubi svegliavano entrambi, troppo spesso, e altrettanto spesso si ritrovavano in cucina per bere una tazza di tè insieme. Come se si dessero appuntamento, anche se non era così.
Le aveva rivelato il vero motivo per cui aveva accettato di prendere il Marchio; temeva per la vita di sua madre e per quella di sé stesso.
Una sera era scoppiato in lacrime al ricordo della professoressa di Babbanologia uccisa davanti ai suoi occhi e poi data in pasto al serpente di Voldemort. Sul tavolo da pranzo su cui era solito mangiare.
Le aveva detto di quanto avesse faticato per far funzionare la Cruciatus su Rowle, perché lui non aveva mai voluto torturare nessuno. Né uccidere nessuno. Le aveva detto anche quello; che sapeva fin dall'inizio che non sarebbe stato in grado di uccidere Silente, ma non perché non ne avesse la capacità o gli mancasse il coraggio... semplicemente perché non lo voleva.
Non voleva diventare un assassino.
Le aveva detto che lo odiava, quel Marchio; che lo faceva sentire sporco. L'ironia del termine scelto per esprimere quel concetto non sfuggì ad Hermione. Draco studiava minuziosamente i termini da utilizzare nelle frasi, soprattutto quando l'argomento era serio.
«È la prova di ciò che sono. Uno schifoso Mangiamorte fallito.»
«Sei stato tante cose, Draco Malfoy. Ma mai un Mangiamorte. Quella cicatrice non ti definisce.»
Le aveva chiesto scusa quella notte, per tutto ciò che le aveva fatto… e anche per ciò che non aveva fatto. Le aveva detto che gli dispiaceva di non essere intervenuto quella notte al Manor e di essere stato tanto stupido da andare a cercarli nella Stanza delle Necessità. Le aveva parlato con le lacrime agli occhi e Hermione lo aveva stretto a sé per la prima volta; lui aveva poggiato il capo tra il suo collo e la sua spalla e aveva singhiozzato più forte, aggrappandosi a lei con tutta la forza che aveva in corpo.
«Ti perdono, Draco Malfoy» aveva mormorato mentre gli accarezzava i capelli.
E Draco aveva pensato in quel momento che avrebbe anche potuto abituarsi, alla vita in quella Villa; che forse aveva capito finalmente cosa volesse dire sentirsi a casa.
 
"'And I know it's long gone and there was nothing else I could do
And I forget about you long enough to forget why I needed to
'Cause there we are again in the middle of the night
We're dancing 'round the kitchen in the refrigerator light
Down the stairs, I was there
I remember it all too well"
 
Era riuscita a coinvolgerlo nell'atmosfera natalizia; non credeva che ce l’avrebbe fatta, ma la sua tenacia da Grifondoro era stata dalla sua parte e l'aveva fatta vincere.
La viglia di Natale avevano bevuto un po' troppo vino babbano durante il cenone che avevano preparato insieme; a Draco non era andata a genio, all'inizio, l'idea di cucinare, - «roba da elfi» aveva borbottato sbuffando -, ma poi ci aveva preso gusto. Era una di quelle cose che lo rilassavano, specie quando preparava i dolci con la Granger. Ne approfittava sempre per riempirle i capelli di farina; lei sbuffava, ma poi sorrideva e lui rideva delle sue espressioni buffe, specie di quelle che le venivano fuori quando cercava di fingersi arrabbiata e non lo era per niente.
Si sentivano entrambi su di giri.
Si erano ritrovati a ballare nel mezzo della cucina quando avrebbero solo dovuto lavare e asciugare i piatti.
Ma a nessuno dei due sembrava importare, perché si stavano divertendo.
Per Draco quello era stato il primo vero Natale della sua vita.
Sperava non fosse anche l'ultimo.
 
La sera di Natale erano usciti in giardino per godersi la neve; aveva nevicato per tutto il giorno e l'ambiente era ormai ricoperto di strati e strati di soffice ovatta bianca.
«I bambini maghi li fanno i pupazzi di neve, vero?»
«Non lo so, Granger. Quelli come me no, però.»
Quelli Purosangue. Quelli cresciuti da genitori come Narcissa e Lucius Malfoy; Hermione aveva sentito quella precisazione anche se Draco non l'aveva espressa a voce alta. Le aveva parlato anche di quello; di un'infanzia trascorsa a studiare le Arti Oscure, tra le pressioni di Lucius e la ritrosia nel dimostrargli affetto di sua madre. Le aveva raccontato di come gli mandassero stupidi dolci fatti dagli elfi o scope o oggetti costosi, quando a lui sarebbe bastato un abbraccio al ritorno da scuola.
Draco le aveva detto che non aveva la minima idea di come ci si sentisse ad essere amato; che non aveva la minima idea di come si facesse ad amare. E quando il vischio magico era comparso sulle loro teste all'improvviso, Hermione gli aveva detto che forse poteva insegnarglielo lei, se glielo avesse permesso.
Draco l'aveva semplicemente baciata.
 
Era iniziata così, la loro storia.
Nel giro di sei mesi l'opinione che uno aveva dell'altro si era completamente ribaltata; complice quel primo anno dopo la guerra che lei aveva trascorso a Hogwarts, - per la prima volta senza Harry e Ron -, e Draco al Manor, solo con i suoi pensieri e ricordi, a riflettere, perché agli arresti domiciliari era l'unica cosa che poteva fare. Complice il progetto del Ministero per riabilitare i ragazzi come Draco, complice il fatto che Draco aveva già fatto notevoli passi avanti da solo prima di essere costretto a trascorrere tutto quel tempo da solo con una Nata Babbana, la stessa che aveva disprezzato più di ogni altra cosa prima della guerra. Complice l'apertura mentale di Hermione, che, dopo aver assistito a decine e decine di testimonianze sotto Veritaserum dei figli dei Mangiamorte, si era interrogata più volte su come doveva aver vissuto la guerra chi era stato obbligato a trovarsi sull'altra sponda. Complice la loro affinità intellettuale, avevano finito per interessarsi l’uno all’altra, desiderando di conoscersi veramente.
 
“And there we are again when nobody had to know
You kept me like a secret but I kept you like an oath
Sacred prayer, and we’d swear
To remember it all too well”
 
«Credevo che con il tuo perdono sarebbe andata meglio», le aveva rivelato una notte, mentre erano abbracciati, stretti l’uno all’altra sul divano, avvolti tra la morbidezza di un plaid, confortati dall’ormai familiare calore che i loro corpi uniti emanavano.
«Invece ora è peggio. Fa più male.»
Hermione gli aveva sorriso con dolcezza e gli aveva carezzato una guancia. «Ora viene la parte più difficile, Draco.»
Lui aveva corrugato la fronte e lei aveva sospirato.
«Ora tocca a te perdonare te stesso
Il biondino l’aveva stretta più forte a sé. «Come faccio a perdonarmi per quello che ho fatto, se quello che ho fatto ha ferito te
La ragazza aveva deglutito a quelle parole, il cuore che aveva mancato un battito sentendogliele proferire.
«Ci tengo a te, Granger», aveva sussurrato Draco e Hermione poteva percepire perfettamente lo sforzo che stava facendo nell’esternare i suoi sentimenti in quel momento.
«Io ti ho già perdonato, ricordi?», gli aveva risposto, sollevandosi leggermente per lasciargli un bacio sulle labbra.
«Non è abbastanza.»
«Allora trova un modo, Draco.»
 
Era stato un periodo idilliaco, ed entrambi non erano mai stati più felici come in quei mesi che avevano trascorso insieme, lontani dal resto del mondo.
Poi erano iniziate le sessioni con il Magi-psicologo che si occupava di Draco e avevano dovuto fare avanti e indietro da Londra.
Aveva rivisto Harry e Ron; non aveva detto loro nulla sugli sviluppi nel suo rapporto con il biondino. Non avrebbero capito sulle prime e lei non aveva il tempo di spiegargli nulla, di fargli vedere quanto Draco fosse cambiato.
Quanto si fosse impegnato per meritare quella seconda opportunità che avevano voluto dargli durante il suo processo.
Un’ora con loro era tutto ciò che aveva, il tempo che occorreva a Malfoy per completare la sua seduta.
Quattro settimane dopo, Draco era stato ufficialmente dichiarato libero da qualsiasi restrizione e il suo percorso di riabilitazione si era concluso.
Nessuno dei due era stato veramente contento di quello; non avevano parlato del futuro della loro relazione una volta lasciata la Villa, una volta tornati alla vita reale.
Draco era tornato al Manor scortato dagli Auror, perché Lucius Malfoy risiedeva lì e temevano un ricongiungimento complicato; non era stato bello da vedere.
Malfoy Senior lo aveva insultato per aver accettato quell’accordo; secondo lui avrebbe dovuto scontare la sua pena ad Azkaban e non abbassarsi al volere del nuovo Ministro, restare fedele agli ideali purosanguisti a qualsiasi costo; non condividere un anno e mezzo della sua vita con una Sanguemarcio.
Draco era stato scosso da un brivido di disgusto nel sentire quel termine; la odiava, quella parola. E Lucius gli aveva rivolto un’occhiata di disappunto.
Lui aveva accettato di restare confinato al Manor per il resto della sua vita, rinunciando persino alla sua bacchetta, pur di non accettare quell’oltraggioso progetto di riformazione.
«Non dirmi che ti sei affezionato a quella feccia» gli aveva detto orripilato dall’idea. «Perché ricordati che ho ancora degli amici, lì fuori. E non ti permetterò di infangare il nome dei Malfoy e rovinare la nostra discendenza.»
Aveva pensato di poter tenere nascosta la sua relazione con la Granger al padre finché si fosse reso necessario e solo una volta preparato il terreno, glielo avrebbe detto; gli avrebbe detto che non avrebbe sposato una Purosangue tradizionalista, che non avrebbe sposato proprio nessuna Purosangue. Ma lui lo aveva capito, perché Lucius ci aveva impiegato cinque secondi ad accorgersi che quello non era suo figlio, che non era più il Draco che aveva cresciuto a sua immagine e somiglianza. Che il ragazzo che aveva di fronte pensava ormai con la sua testa e aveva le sue di idee, i suoi desideri; ma la cosa che lo aveva destabilizzato di più era stata quella luce che gli aveva scorto negli occhi, la luce di chi avrebbe lottato con le unghie e con i denti per difendere ciò che aveva costruito con fatica.
Allora glielo aveva fatto capire, il vecchio Lucius; una rapida occhiata in direzione della giovane che parlottava a disagio con Potter in un angolo della stanza, le mani che sfregavano sulle braccia come a proteggersi dagli oscuri ricordi che quel luogo rievocava nella sua mente.
La farò uccidere, Draco.
 
"And maybe we got lost in translation
Maybe I asked for too much
But maybe this thing was a masterpiece 'til you tore it all up
Running scared, I was there
I remember it all too well"
 
«Starai bene al Manor?», gli aveva chiesto sommessamente una volta rimasti nuovamente da soli.
Erano tornati alla Villa per recuperare le loro cose. Draco non aveva pronunciato mezza parola, da quando aveva incontrato suo padre.
«Perché se vuoi puoi venire a stare da me, insom-»
«Granger, dobbiamo parlare», l’aveva interrotta, ingoiando il nodo che gli si era formato in gola e che gli aveva impedito di parlare fino a quel momento; aveva gli occhi chiusi, Draco.
Non poteva guardarla, non mentre stava per spezzare l’unico cuore al mondo di cui gli importasse veramente qualcosa.
Hermione si era irrigidita; la mano le si era bloccata a mezz’aria, mentre la stava tendendo per afferrare la sua valigia.
Aveva deglutito e si era voltata lentamente verso di lui, forzando le lacrime a rimanere all’interno delle sue iridi. Sapeva già cosa stesse per succedere. Forse lo aveva sempre saputo, ma si era lasciata travolgere da lui ugualmente perché, pensava, forse, forse, la corsa valeva il dolore per la sua fine.
Si era lasciata andare un po’ troppo però, ne era consapevole; aveva abbassato tutte le difese una notte di qualche mese prima, quando dopo averla fatta sua le aveva sussurrato in un orecchio quelle tre maledette paroline.
Ti amo, Granger.
Era bastato qualche istante con Lucius Malfoy per spazzare via tutto quello che avevano condiviso insieme? Non aveva significato nulla per lui, quello che avevano vissuto in quell’anno e mezzo?
Era rimasta in silenzio ad osservarlo, aspettando che parlasse.
«Se devi farlo, Draco, abbi almeno il coraggio di farlo guardandomi negli occhi.»
Il biondino era trasalito a quelle parole e aveva serrato ancora di più le palpebre; poi aveva tirato su col naso e aveva tratto un respiro profondo.
L’aveva guardata, alla fine. L’aveva guardata e aveva capito che il suo cuore non avrebbe mai più battuto dopo quel giorno.
«Non possiamo più stare insieme», le aveva detto, enfatizzando su quel verbo perché sperava che lei capisse; che capisse che in realtà volesse dirle tutt’altro, ma che ci fosse qualcosa che lo stava obbligando ad abbandonarla.
A rinunciare all’unica cosa che lo avesse mai fatto sentire vivo, amato. Felice.
Davvero felice.
«Avevi detto di amarmi» gli aveva risposto lei, sforzandosi di mantenere fermo il tono della sua voce spezzata. «Contano così poco quelle parole, per te?»
Draco aveva scosso il capo. «Intendevo ogni singola parola che ti ho detto da quando siamo arrivati qui, Granger», aveva precisato inumidendosi le labbra; la sua bocca si era improvvisamente seccata. «Ti amo. Ti amerò sempre. Ma non possiamo.»
«Non capisco, avevi detto che non ti importava più nulla del sangue...»
«E non mi importa»
Non sapeva come fare; non voleva, non voleva perderla. Riflettendoci, quello era peggio del perderla, lui la stava allontanando dalla sua vita… quando tutto ciò che avrebbe voluto fare in realtà era stringerla a sé per tutta l’eternità.
E lo sapeva, che lei era tenace; che non si sarebbe arresa a una scusa qualsiasi, come qualsiasi altra avrebbe fatto al suo posto. Avrebbe preteso una spiegazione esaustiva.
Allora Draco aveva sospirato e aveva puntato i suoi occhi in quelli di lei, pregando che fosse troppo distratta dalle parole che uscivano dalla sua bocca per notare che quella luce che lei gli aveva regalato si stava spegnendo man mano che la conversazione procedeva.
«Ma sono sempre un Malfoy, Granger. E tu resti...»
Non era riuscito a finirla, la frase. Non gli importava, non gli importava nulla delle sue origini; le avrebbe chiesto di sposarlo e andare via con lui in quello stesso momento, se non avesse significato segnare la sua condanna a morte.
Perché Lucius li avrebbe fatti trovare ovunque si trovassero, l’avrebbe uccisa perché non tollerava l’idea di interrompere la purezza della linea dinastica dei Malfoy; l’avrebbe uccisa perché quella era l’unica cosa di cui gli importasse, anche a discapito della felicità e dei sentimenti di suo figlio.
E lui non poteva farle quello; non poteva causare la sua morte, in alcun modo.
Anche se rinunciando a quello che avevano stava uccidendo sé stesso.
«Dillo» aveva sibilato lei, il tono di voce carico d’astio come quando a scuola rispondeva piccata ai suoi insulti e da cui traspariva anche una punta di sfida.
«Avanti, Draco, dillo», gli aveva quasi urlato contro notando che perseverava nel suo silenzio, incitandolo a terminare la frase. «È quello che sono.»
«... una Nata Babbana» aveva concluso lui in un sussurro a malapena udibile.
Lo vedeva, lo leggeva nel suo sguardo, quello che le stava facendo; il dolore che le stava provocando. Quante volte a Hogwarts l'aveva insultata sull’argomento sperando di ottenere proprio quello?
Non ci era mai riuscito. Ed era dal sesto anno che sperava di non riuscirci mai.
Hermione aveva arricciato le labbra e gli aveva rivolto uno sguardo di puro disgusto.
«Credo che tu possa Smaterializzarti direttamente al Manor o dovunque tu voglia», gli aveva detto tirando su con il naso, dopo qualche attimo di silenzio tombale; silenzio che per Hermione aveva significato risentire nella sua mente l’eco di anni di insulti e derisioni; tutti quei ricordi che aveva deciso di sopprimere quando gli aveva dato una possibilità, quando come una stupida qualsiasi gli aveva offerto il suo cuore, pensando che in fondo, Draco Malfoy meritasse un po’ di amore.
«Ora ti è permesso usare la magia» lo aveva informato fredda, poi si era diretta verso la porta, ma prima di uscire aveva esitato per un momento.
«Questo... questo fa più male di qualsiasi Sanguemarcio tu mi abbia urlato contro a scuola» aveva ammesso. «Giusto perché tu sappia che hai vinto, Malfoy. Congratulazioni, hai finalmente distrutto Hermione Granger
Hermione era andata via senza voltarsi indietro a guardarlo; se lo avesse fatto avrebbe visto lacrime silenziose solcare il volto del biondino alle sue spalle.
Non ho vinto proprio nulla, Granger. Ho appena perso tutto.
 
“And you call me up again just to break me like a promise
So casually cruel in the name of being honest
I'm a crumpled up piece of paper lying here
'Cause I remember it all, all, all
Too well”
 
Guardavano Rose e Scorpius parlare amorevolmente sulla panchina del giardino di casa Granger-Weasley.
L’aveva avuto lui, alla fine, l’onore di prenderla in moglie; la fortuna di averla accanto per tutta la vita.
E Draco era stato condannato a guardare la loro felicità da vicino quando suo figlio si era innamorato proprio della primogenita dei due.
Aveva riso amaramente, quando Scorpius glielo aveva detto; perché davvero non era possibile che la vita gli si continuasse ad accanire contro in quel modo.
I ragazzi avevano insistito per quella cena, sostenendo che i loro genitori necessitavano di più occasioni per superare definitivamente i loro trascorsi.
Draco avrebbe voluto obiettare e protestare a quell’idea, ma avrebbe fatto di tutto per suo figlio… Allora lo aveva assecondato; se per lui era così importante, se per loro era così importante, avrebbe ingoiato l’amarezza e li avrebbe supportati. Perché Lucius era morto e a Scorpius non poteva creare problemi; perché lui non gli avrebbe comunque permesso di rovinare anche la vita di suo figlio, motivo per cui non si era mai apposto alla sua relazione con Rose, come suo nonno desiderava che facesse.
L’aveva vista fuori da sola e l’aveva raggiunta; non avevano parlato, erano semplicemente rimasti fermi a osservare i loro bambini, ormai non più tanto bambini, che ridevano spensierati.
«Sembra che la storia si ripeta veramente dopotutto» aveva mormorato Draco all’improvviso, più a sé stesso che a lei; pensava all’ironia che aveva fatto innamorare Scorpius proprio della figlia della donna che lui amava ancora, dopo tutti quegli anni. Nonostante la distanza, nonostante il matrimonio con Astoria, a cui aveva tenuto immensamente, ma mai abbastanza da poterlo chiamare amore.
«Non trovi?», domandò rendendosi conto di aver pronunciato quella considerazione ad alta voce.
Hermione aveva esitato per un istante, sentendo la rabbia montarle dentro; non capiva perché dovesse tirare in mezzo quella cosa quando per anni avevano fatto finta di niente, portandosi dentro quel lacerante segreto senza mai discuterne ulteriormente.
«No, non credo», aveva affermato con convinzione, portandosi un bicchiere di vino elfico alle labbra e bevendone un grosso sorso.
«Davvero non ti ricordano di noi?»
«Loro non sono affatto come noi, Draco», aveva controbattuto in tono asciutto.
Draco aveva corrugato la fronte. «Che intendi dire?»
«Che loro sono veri, quello che c'è tra di loro è reale
Hermione aveva accennato a rientrare in casa, facendo un passo verso l’entrata, ma lui l’aveva bloccata con uno scatto, afferrandole un polso.
«Anche quello che avevamo noi era reale, Granger.»
Per qualche motivo le insinuazioni della donna gli stavano facendo perdere quel poco di controllo che riusciva a fatica a mantenere quando era a casa Granger-Weasley; perché lui odiava vederla con Weasley e il pensiero che avrebbe potuto essere lui, suo marito, era una Cruciatus continua.
«Non dal mio punto di vista, Malfoy», aveva risposto lei, come se stesse semplicemente constatando un fatto.
Lo aveva ferito, quella puntualizzazione; non aveva pensato neanche una volta che lei potesse aver dubitato dei suoi sentimenti per lei, dopo essere stato obbligato a lasciarla.
Credeva cosa, esattamente, che Draco Malfoy andasse in giro a dire alla gente di amarla come se niente fosse?
«Non puoi fare sul serio, cazzo!», le aveva quasi urlato contro, le mani che gli tremavano. «Io ti amo ancora!» le aveva confessato subito dopo, abbassando la voce.
«Sempre», aveva aggiunto quasi in un sussurro.
Hermione aveva sollevato entrambe le sopracciglia, poi aveva scosso il capo e provato a rientrare nuovamente in casa.
Draco glielo aveva impedito di nuovo.
«Pensavo che lo avresti capito» aveva ammesso mestamente, le labbra a un filo dal suo orecchio, mentre con una mano la tratteneva a pochi passi da sé.
Era il più vicino l’uno all’altra che erano stati da quando l’aveva stretta tra le sue braccia dopo aver fatto l’amore per l’ultima volta, la notte prima che rincontrasse Lucius.
«Ho desiderato che lo facessi ogni notte, ogni giorno, ogni ora della mia vita, dopo l'ultimo giorno alla Villa. Che capissi che lo avevo fatto perché mio padre aveva minacciato di farti del male. Che sapessi che se non fosse stato per quello avrei scelto te. Mi hai mai creduto veramente, Granger? Hai mai creduto che volessi un futuro con te?»
Hermione si voltò a guardarlo, ma era come se non lo vedesse veramente.
Sembrava sempre non vederlo anche se lo aveva proprio lì, a pochi centimetri di distanza.
«No», gli aveva detto freddamente. «E sono contenta di non averlo fatto.»
«Non hai sentito una parola di quello che ti ho detto? Stavo cercando di proteggerti! Stavo cercando di non essere egoista, per una volta nella mia vita!»
Aveva riso amaramente, lei. «Quella era l'unica volta in cui avresti dovuto esserlo, Draco. Non dovevi essere altruista, dovevi essere coraggioso.»
«Granger, non avevo…»
«…Scelta» aveva concluso per lui, poi gli aveva sorriso sardonica. «Questa l'ho già sentita.»
Quelle parole lo avevano ferito come se fosse stato colpito da mille lame tutte in una volta.
«Ha minacciato di farti uccidere...» le aveva rivelato con voce strozzata.
«Avresti potuto dirmelo, avresti potuto parlare chiaro, invece di lasciarmi. Cosa che avresti fatto, se quello che avevamo avesse significato qualcosa per te. Ma non l'hai fatto. Perché la verità Draco è che ti faceva comodo avere la scusa di tuo padre per non dover affrontare le conseguenze di esserti innamorato di una Nata Babbana. Per non doverti colpevolizzare per avermi lasciata», gli aveva sibilato contro lei, incapace di trattenere il rancore ulteriormente. Avrebbe dovuto evitare l’argomento per il resto dei suoi giorni e forse lei sarebbe stata in grado di continuare a far finta di nulla.
A far finta di non essere morta dentro un po’ ogni giorno a causa della sua assenza.
«Non sei stato costretto a farlo, Draco. Lo hai scelto. Hai scelto di restare fedele alla purezza del tuo sangue. E hai sacrificato noi nel mentre, perché quello che avevamo non è mai stato reale per te. Ci ho messo un po’, ma alla fine l’ho capito che faceva solo parte della bolla che ti eri costruito per sfuggire alla monotonia della Villa.»
«Lo sai che non è così. Ti amavo e continuo ad amarti. Ti amerò sempre. Sei l'unica cosa vera che abbia mai avuto, Granger!», le aveva detto, sembrando ormai quasi sull’orlo della disperazione.
«E tu sei la cosa meno vera che abbia mai avuto io, Malfoy
Gli aveva fatto talmente tanto male che l’aveva lasciata andare, permettendole finalmente di allontanarsi da lui; aveva pensato che se lo meritasse. Lui quel dolore, la Granger di vincere almeno quella partita.
Hermione era rientrata in casa, pensando che in realtà ricordasse tutto fin troppo bene per non essere reale. Le risate, i sospiri, i sussurri, le confidenze, gli scherzi, gli screzi, i dispetti; le notti passate a stringersi tra le lenzuola, ad amarsi; i piccoli momenti quotidiani, i gesti di dolcezza e premura che prima di quel momento non pensava che Draco Malfoy potesse avere in sé; ma soprattutto, ricordava il dolore quando tutto era finito. Peggio, molto peggio delle Cruciatus di Bellatrix Lestrange.
E non l’aveva mai abbandonata.
Si era scusata e si era ritirata nelle sue stanze.
La camera che condivideva con suo marito, quell’uomo meraviglioso che era sempre stato al suo fianco e che avrebbe meritato di sposare una donna che avrebbe potuto amarlo un po’ più di quanto non era mai stata in grado di fare lei.
Perché una parte del suo cuore continuava e avrebbe continuato ad appartenere a Draco Malfoy, dopo tutto quel tempo.
Sempre.
Perché lo aveva capito subito, quando era ritornata alla sua vita di tutti i giorni, che non avrebbe mai amato nessuno come e quanto aveva amato Draco Lucius Malfoy.
 
“But you keep my old scarf from that very first week
'Cause it reminds you of innocence
And it smells like me
You can't get rid of it
'Cause you remember it all too well”
 
Draco era tornato al Manor con un pezzetto in meno del suo cuore, quella sera.
Si era chiuso nel suo studio, una bottiglia di Firewhiskey lasciata aperta sul tavolo, un bicchiere riempito e svuotato senza contare il numero delle volte in cui lo aveva fatto; aveva aperto la cassaforte e ne aveva tirato fuori l’unico oggetto al suo interno.
Una sciarpa rossa con lo stemma di Grifondoro stampato in basso.
La sciarpa che aveva sfilato dal collo di Hermione Granger il primo giorno in cui aveva respirato veramente in tutta la sua vita; il giorno in cui per la prima volta aveva pensato di poter avere una possibilità nella vita.
Draco se lo ricordava bene.
Se l’era portata sul volto, il profumo di lei era ancora impresso sulla stoffa grazie al suo incantesimo di conservazione; lo stesso profumo che continuava a sentire nell’Amortentia. Il profumo che aveva desiderato di sentire accanto a sé ogni giorno e ogni notte della sua vita e che avrebbe sempre continuato a desiderare.
Non era riuscito a restituirgliela, prima di lasciarla; sapeva che sarebbe stata l’unica cosa gli sarebbe rimasta della donna che amava; della donna che aveva rimpianto ogni misero giorno della sua patetica vita.
Dell’unica donna che aveva mai amato e che avrebbe mai amato… La stessa donna che credeva che lui non l’avesse mai amata veramente.  
 
'Cause there we are again when I loved you so
Back before you lost the one real thing you've ever known
It was rare, I was there, I remember it all too well.”



 

⸻⸻⸻ 
Salve a tutti!
Ho scritto questa One Shot ispirata dal testo della canzone All Too Well di Taylor Swift, che mi ha fatto pensare a
questi due personaggi.
Un finale triste, lo so, ma spero che vi sia piaciuta ugualmente.
Fatemi sapere cosa ne pensate, se vi va, fa sempre piacere ricevere opinioni quando si scrive qualcosa! :)
A presto!

 
   
 
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