Anime & Manga > Kenshiro / Hokuto no Ken
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Autore: Redferne    11/06/2022    4 recensioni
Tre fratelli.
E una tecnica segreta che rappresenta la summa, lo stadio ultimo di una disciplina millenaria dall'incomparabile potere distruttivo.
Ed il modo in cui essa coinvolgerà le loro vite, ed i loro rispettivi destini.
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jagger, Kenshiro, Raul, Ryuken, Toki
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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CAPITOLO 17

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Nnnngghhh...”

L'uomo si accasciò, tenendosi con una mano il lato della testa più vicino ad essa e stringendo forte.

Un'altra fitta. Una nuova stilettata alle ossa del cranio e della faccia lo aveva costretto ad interrompere la sua opera distruttrice.

Lanciò un'ennesima invettiva ed imprecazione all'artefice di quel mortificante stato in cui versava, ed in cui lo aveva costretto per chissà quanto.

Per il resto della sua vita, forse. Unite ad una maledizione e all'augurio che potesse crepare presto e nella maniera più atroce ed umiliante che fossero possibili e concepibili dalla più contorta mente umana.

E sarebbe stato ben lieto di pensarci lui, e molto volentieri, ad attuare e mettere in pratica quei biechi propositi.

Un anatema rivolto al gran figlio di cagna bastarda, lurida scrofa e puttana che lo aveva conciato a quel modo, e che lo stava costringendo a soffrire così.

A terra, vicino a lui, giacevano tre corpi esanimi. Il risultato ed il frutto dell'ultimo assalto che aveva subito per mano delle forze nemiche, e che aveva saputo concludere vittoriosamente.

Tre salme giusto buone per il tavolaccio di un obitorio o di un becchino, ormai. Di certo non più per un medico od un cerusico. Che non avrebbero potuto fare un gran che, visto quel che era rimasto di loro.

I tre corpi giacevano a terra, immersi in una pozza di sugo rosso scuro composta per la maggior parte ed in gran quantità di ciò che fino ad un attimo prima circolava nelle loro vene e vasi sanguigni. E farcita per quando concerneva il resto da liquidi, sostanze e liquami più o meno vili provenienti dai principali organi che componevano quella che una volta era la cavità toracica ed addominale. E che le tecniche micidiali di colui che li aveva appena uccisi avevano provveduto a lacerare e dilaniare, facendo riversare tutto il loro puzzolente ed odoroso contenuto all'esterno. A cuocere e a seccare al sole ardente. E ad ammorbare le narici di chi era presente, durante quel putrido quanto ributtante processo.

Naturale. Ma pur sempre schifoso.

Fegato. Pancreas. Milza. E stomaco. E intestini. E vescica. E colon. E retto.

Bile. Succhi e fluidi. Acidi. Ma anche piscio. E merda.

L'odore del sangue raggrumato e rappreso mischiato col lezzo degli escrementi prendeva decisamente alla gola come una mano adunca serrata in una soffocante morsa.

Causava ribrezzo e raccapriccio. E faceva vorticare la testa e le budella ben funzionanti di chi lì era ancora vivo e vegeto.

Purtroppo. Vivo e vegeto per assistere e prendersi in pieno petto ed occhi il raccapricciante ed orripilante spettacolo.

Tutto appariva esploso, frantumato. Ridotto a pezzi e a brandelli. Come se direttamente dall'interno gli fosse detonata una sorta di micro - bomba o di analogo ordigno miniaturizzato. Anche se non si disponeva certo di una simile tecnologia. O, quantomeno, non la si poteva certo considerare alla portata di tutti.

Forse una volta, prima del grande conflitto che aveva spazzato via gran parte della flora e della fauna, uniti ad un considerevole pezzo di umanità e della civiltà che essa stessa aveva contribuito a creare per poi eliminare e sopprimere. Di sua stessa mano e stupidità.

Apparivano come se un raro quanto esotico, sconosciuto ed incurabile morbo o malattia li avesse divorati, smangiati.

Gli unici, anzi le uniche a non protestare erano le mosche. Di un verde, azzurro e blu lucente e della varietà e della famiglia delle carnarie, specializzate nel suggere e far piazza pulita di carogne.

Erano già accorse a frotte, inebriate ed eccitate da quelle emanazioni di stampo olfattivo che ai loro organi sensori di insetto doveva apparire come minimo come una festa. Una cuccagna. Il paradiso. O la cosa che più doveva avvicinarglisi, come minimo.

Proprio vero. La vita non é altro che una questione di punti di vista. Ed ogni cosa dipende da come la si vuol girare. O rigirare.

Già le si poteva vedere mentre si accapigliavano e litigavano tra loro per contendersi i residui ed i filamenti di membra e di tessuto molle che stavano ancora attaccate alle costole e alle altre ossa più grandi, lunghe e voluminose che stavano esposte all'aria, a frollarsene in santa pace.

Le potevano scorgere anche i tre soldati rimasti in piedi, e con ancora tutto quanto al loro posto.

Anche se non si sarebbe potuto dire ancora per quanto, con certezza.

Stringevano rispettivamente un'ascia bipenne ed un paio di spade a doppio filo. Tutti accomunati dalla postura incerta e dal modo ancora più incerto con cui le stavano tenendo.

Esprimevano solo una cosa, anzi due.

Paura. Paura profonda e terrore.

Lo si capiva da come come avevano piazzato le loro armi, che in tutt'altra occasione e circostanza avrebbero sfoggiato ed esibito con assoluta sicumera e tracotanza, convinti in pieno della loro indiscutibile forza e ferocia. Ma che adesso reggevano a metà esatta tra il verticale e l'obliquo, maldestramente. E davanti ai propri busti, in un patetico quanto malriuscito tentativo di imbastire un minimo di difesa.

Ma non ci credevano nemmeno loro, ecco la verità. Niente avrebbe potuto proteggerli o salvarli da quello che avevano appena visto.

Niente.

E se qualcuno avesse potuto nutrire ancora dei dubbi su tutto ciò...vi era un piccolo particolare e dettaglio che avrebbe tranquillamente confutato qualunque obiezione in merito ed in proposito. Persino la più ostica ed ottusa.

L'uretra di uno del terzetto, quello di sinistra per la precisione, aveva fatto la fine delle sue colleghe e sorelle appartententi all'altro trio. Quello composto dai tre appena estinti e defunti per opera del tizio deforme e mostruoso. Quelle che avevano ormai smesso di funzionare. Per sempre.

Aveva ceduto. Di schianto. e si era liberata, bagnadogli ed inzuppandogli il cavallo dei pantaloni.

Un lieve ma comunque vistoso quanto insistito tremolio aveva invaso e si era impadronito delle loro braccia e delle loro gambe, rendedogliele di gelatina e privandoli di qualunque forza.

Gli arti inferiori erano tenuti stretti , con le ginocchia quasi unite, come a voler impedire di lasciar scappare qualcosa d'altro.

Qualcos'altro di peggio. E di ancora più imbarazzante e vergognoso.

"Ra...ragazzi" propose l'incontinente inconsapevole. "I - io n - non...non so voi, m - ma...ma io me la filo!!”

"C - che hai detto?!" Gli fece il compagno alla sua destra, incredulo. "Cosa hai detto?!"

"Lo...lo sai benissimo, quel che ho detto!!" Gli chiarì. “Io me la batto! E all'istante, pure!!”

Già. Lo aveva capito, quel che aveva detto. Lo aveva capito eccome. Ma la domanda gli era comunque sorta spontanea.

"Lo...lo sai benissimo!!" Gli ripeté. "I - io...io me la squaglio, gente! Mi avete sentito? Me la squaglio, finché sono in tempo! Quello ci ammazza, capito! Ci ammazza tutti! Ci ammazza a tutti e tre, come cani!!"

"Starai scherzando!!" Intervenne quello che se n'era rimasto zitto, almeno fino ad ora. "Vuoi incorrere nelle ire del nostro Re? Il nostro signore ci ucciderà senza alcuna pietà, se fuggiamo!!"

"P - per ucciderci ci d - deve prendere, prima! E p - per quel che m - mi riguarda...si può anche fottere, il nostro Re. Non me ne frega nulla. S - se scappo...se scappo adesso una possibilità di farcela, per quanto scarsa, ce l'ho. M - ma se resto qui...se rimaniamo qui siamo morti, m - mi avete capito? Morti!!"

"Ma non lo vedi che é dolorante? Si regge in piedi a malapena, ormai!!"

"Già!!” Si incaponì. “Ma guardalo. E' praticamente sfinito. Non é che un autentico rottame. E' già tanto se é arrivato fino a qui!!"

“E' vero!!” Gli confermò prontamente il compare che trovava d'accordo con lui. “Se lo attacchiamo tutti insieme non ci sono problemi!!”

E in effetti, vedere l'oggetto della loro più recente diatriba e dei loro ultimi discorsi messo ginocchioni invitava davvero a dargli addosso approfittando della situazione di vantaggio che suggeriva quella visione. Nonostante avessero visto di cosa poteva essere capace quel tale, con il terzetto di cadaveri al suolo in veste di muti quanto orribili testimoni.

“M – ma siete impazziti tutti?!” Sbraitò l'aspirante fuggiasco. “O siete ciechi, per caso? Ma non avete visto come hai ridotto quei tre?!”

“Preferisci disertare, allora? E' questo, quel che vuoi fare? E tradire così la fiducia che il nostro sovrano ripone in noi? Non sia mai!!”

“Già...mille volte meglio la morte. E se poi dovessimo farcela...avremo la piena gratitudine da parte del Re! Verremo elogiati e ricompensati come non mai! Magari ci donerà un terreno o un feudo tutto nostro!!”

“Si!! Dove potremo fare tutto il cazzo che vorremo! E tutto il santo giorno! Lì saremo i padroni, amico! Potremo mangiare, bere e fottere a piacimento e a volontà! Ci potremo chiavare tutte le belle fiche che ci capiteranno a tiro, come e quando più ci aggrada!!”

“Davvero?!” Fece loro quello che per primo aveva sollevato dubbi sulla riuscita dell'impresa. Sempre lui.

“Beh, se la mettete così...allora sapete che vi dico, a questo punto?” Gli confidò, come a volersi liberare di un grosso peso che avesse sino ad ora trattenuto a stento. “Che é tanto peggio per voi, gente! Se davvero volete provarci, a battervi contro a un simile mostro...affari vostri! Io non mi ci gioco la pelle per quell'idiota che mi governa. L'ho fatto solo perché lo consideravo il più forte, e basta! Ma non m é mai importato nulla! Né di lui, né del suo regno! Io vi dico e vi ripeto che non me ne faccio nulla della sua gratitudine eterna, se in cambio devo finirmene all'inferno! Addio!!”

“Sapete come si dice in questi casi, no?” Dichiarò. “Gambe in spalla, e poi...ognuno per se, e Dio con tutti! Vi saluto, gente! E buona fortuna, se vi sentite davvero di tirare la sorte. Mi sa tanto che ne ne avrete un gran bisogno!!”

E non appena ebbe detto questo, voltò le spalle alla coppia di commilitoni e scattò fulmineo in direzione opposta a quella dove, fino ad un istante prima, stavano guardando. Talmente veloce che bastò un battito in simultanea delle ciglia dei due rimasti presenti in scena per vederlo già ridotto ad una sagoma scura che sgambettava in lontananza.

La paura doveva avegli messo letteralmente le ali ai piedi. Ma non bastò a far cambiar loro idea. Men che meno a convincerli, entrambi oppure uno soltanto, a seguirlo nella sua rocambolesca fuga.

Si aspettavano già di ritrovarlo o rivederlo appeso per il collo o per i piedi a testa all'ingiù, con un bello squarcio che dallo sterno gli sarebbe arrivato fino all'inguine per farne fuoriuscire tutto il caldo quanto odoroso ripieno.

La coppia di temerari si guardò vicendevolmente in faccia. E bastarono un rapido cenno d'intesa sia col capo che col mento per mettersi d'accordo in un attimo sul da farsi, in silenzio. E senza sprecare ulteriori, inutili, parole. Che già se n'erano usate fin troppe,, al posto di fendenti ed affondi. Che spesso erano quel che serviva davvero.

L'unica cosa che serviva, anzi. Che di quei tempi bisognava far parlare le armi, e non l'ugola o la lingua.

Partirono all'assalto prendendo la rincorsa e sollevando i loro fidati strumenti di guerra e di morte sopra la testa, cercando di raggiungere l'uomo prima che potesse riprendersi. Il quale, nel frattempo, non aveva ancora deciso di rialzarsi. Forse perché non ce la faceva proprio a farlo, per quanto magari lo avesse desiderato con tutte quante le sue forze.

Quello con la scure fu il primo a raggiungerlo, e prima di dargli il tempo di fare qualunque cosa abbassò l'arma e vibrò il colpo con ogni grammo ed energia disponibili, sommandoli alla forza di gravità e al peso in modo da massimizzarne l'efficacia.

Urlò persino, come se quello potesse impirmere ancora maggior forza all'attacco in corso.

“YYYAAARRGHHH!!”

Stava sudando, per la tensione e per il terrore. Ma il futuro pensiero di ritrovare futuro padrone di un lotto o di un appezzamento doveva essere più forte, di quelli.

Il tipo deforme alzò il braccio sinistro come a voler parare. E subito dopo l'ascia finì polverizzata.

La parte in metallo si ridusse in frantumi, insieme al pezzo superiore dell'asta di legno che la ospitava e su cui si ritrovava incastonata.

Il guerriero non se ne dovette accorgere, ma anche in caso contrario non avrebbe fatto certo a tempo a provare il benché minimo stupore.

Capì di aver fallito solo perché gli venne a mancare la massa compatta di ferro che aveva stabilito di far impattare sulla nuca del suo avversario. Ed a quel punto la sola velocità e basta, priva di un'adeguata controparte che potesse adeguatamente compensarla, fece il resto facendogli perdere l'equilibrio e sbilanciandolo vistosamente in avanti.

Era proprio quello che il tizio deforme attendeva. C'erano le condizioni ideali per un bel colpo d'incontro.

Da ancora accovacciato quale stava, fece partire l'altro pugno e lo centrò in piena faccia.

La scena e l'effetto furono a dir poco terrificanti. E devastanti.

Il diretto aveva una tale potenza che bastò il semplice spostamento dell'aria a fargli deformare la pelle. Poi, quando le nocche giunsero a bersaglio, fu addirittura peggio.

La mano stretta e chiusa gli affondò nel volto fino a scavargli dentro, frantumandogli completamente le ossa e spappoglandogli il cranio per intero.

Il malcapitato sbalzò all'indietro, con la schiena inarcata da un violento colpo di frusta, un'autentica scudisciata.

Era morto. Lo era già ancora prima di toccare il suolo prima con il collo e poi con quel che rimaneva della sua testa, ridotta a molle e macilenta poltiglia.

Un breve margine, una sottile frazione di tempo a separare le due cose. Interminabile quanto spaventosa.

Quando il tizio deforme e bendato ritirò il pugno, alcuni frammenti di avorio opaco ed ingiallito che stavano nella bocca della vittima volarono in aria, appiccicati a filamenti rossi di sangue e gengive.

L'uomo sfigurato guardò l'altro rimasto in piedi, rivolgendogli nella sua direzione due occhi scavati e col bianco iniettato di arterie rubizze ed infiammate.

Odio puro e cieco. E rancore pressoché inesauribile.

Ma nemmeno quello, bastò. Neanche quello fu sufficiente, come avvertimento.

Chiunque altro si sarebbe fermato, a fronte di un simile sguardo. Ma non quello, che proseguì imperterrito nel suo disperato assalto.

Forse tentava di sfruttare quello di poco precedente e malriuscito del suo collega.

Sperava che quanto meno fosse servito a distrarre il tipo mezzo deforme e a tenerlo impegnato. Giusto quell'attimo, quel decimo di secondo utile a poterlo cogliere con la guardia abbassata e le difese sguarnite.

Doveva essere quello, ciò in cui auspicava il teppista. Almeno quanto doveva essere certo di farcela. E di essere il solo ad intascare la taglia e l'eventuale ricompensa, una volta ultimato e portato a termine il lavoro.

E se...se si fossero ammazzati a vicenda, adesso?

Il gran pezzo di bastardo che era scappato a gambe levate avrebbe potuto presentarsi al cospetto de sovrano al posto suo, e rivendicare così tutti i meriti dell'impresa. E prendersi il premio.

Lo avrebbe ammazzato, se solo avesse osato e ci avesse provato, a farlo.

Meglio non pensarci. Toccava prima accoppare questo.

Allungò la spada in avanti, impugnando l'elsa con ambedue le mani ed emettendo un urlo belluino.

“UUOOOOHHH!! MUORIIIIHH!!”

Quella sua ultima parola, più che una considerazione o un ammonimento era parsa più un vero e proprio comando.

Un ordine. Un invito. Un esortazione a farlo, prima che lo facesse lui.

Un chiaro comando a morire, prima che lo uccidesse lui stesso, di sua mano.

E visto che si parlava di mani...questa volta il tizio storpio e fasciato non volle ricorrere ad esse, per sistemare il nuovo aggressore ed avere la meglio anche su di lui.

Si mise bello ritto in piedi, anche se si vide benissimo quell'ulteriore sforzo doveva essergli costato un mucchio di fatica suppellettiva e supplementare in più, e arrancando si portò il braccio destro deìietro dui sé, tra schiena e nuca, e cominciò ad armeggiare in quella zona.

Pochi istanti dopo tirò fuori una doppietta a canne mozze con il manico in legno.

La sua arma solita. E preferita. Anche se lì, di certo, non lo dovevano sapere.

Beh...ora lo sapevano. Di sicuro.

Impugnò il calcio e col pollice spostò la levetta che stava in cima e alle spalle della coppia di canne gemelle in acciaio e metallo temprato, proprio a ridosso della parte chiusa e cieca.

Roteò una parte del dispositivo selettore dell'arma verso sinistra, ottenendo l'effetto di far oscillare brevemente la parte opposta, simile alla punta delle lancetta di un orologio, sull'altro versante.

Quello della canna di destra, naturalmente. Quella che avrebbe usato tra poco.

Quella con cui avrebbe sparato e fatto fuoco.

Schiacciò quindi il dito indice, già opportunamente ripiegato ed infilato dentro all'alloggiamento apposito, e lo portò in direzione del palmo fino a toccarlo col polpastrello. E premette il grilletto.

Il fucile sparò, con una detonazione sorda e secca, ed una rosa di pallini di piombo investì in pieno il soldato che stava sul punto di assalirlo, portandogli via mezza faccia.

Il resto del corpo, con la testa che pareva dilaniata dal morso di un grosso animale che doveva essere riuscito ad affondarvi con tutti e quatrro i canini come minimo, si arrestò di colpo a mezz'aria per la brusca strappata subita e dovuta al tremendo contraccolpo, per poi cadere sul terreno con entrambe le ginocchia.

Non resto in quella posizione che per una manciata di secondi, e poi si abbassò in avanti fino a finire carponi, col busto poggiato per intero al suolo ed il culo bello alto. Con le chiappe belle esposte e in aria, come pronte a ricevere qualcosa. Tipo un grosso cazzo nodoso.

Messo a pecora in una posizione pressoché perfetta, che avrebbe fatto la gioia e l'invidia di qualunque checca e frocio. Tutto stava a dipendere se al finocchio in questione piaceva di più darlo o prenderselo dritto dritto in culo, il randello di carne.

Il tizio sfigurato sbuffò.

Non era quello che voleva. Avrebbe tanto ma proprio tanto voluto centrarlo in piena pancia, in modo da lasciarlo in vita ancora per un po'. Che tanto si sa che i visceri e le budella sono molto più flessibili ed elastiche di quanto uno possa pensare, al punto che spesso e volentieri i priettili ci passano attraverso sfiorandole, ed il più delle volte senza nemmeno forarle o bucarle.

Certo, alla fine si tirano le cuoia ugualmente. Ma si passa un sacco di tempo a perdere un mucchio di sangue, e a strillare come un porco scannato. Al punto che l'emorragia e il dolore si mettono a fare a gara come due ronzini ad una gara di ippodromo, per vedere chi tra i due taglia il traguardo e arriva primo sull'altro. Col diretto interessato che se ne può solamente rimanersene bello fermo e paralizzato a guardare come termina la gara. Che tanto il risultato non cambia.

Morte, per lui. Nient'altro che morte.

La troia morte che lo fotte. Per sempre.

Sicuramente é più difficile sopravvivere, davanti ad un bel nugolo di piombo. Le possibilità di scamparla e di cavarsela diminuiscono a dismisura, e in maniera inversamente proporzionale alla quantità di pallini liberati durante la detonazione.

In ogni caso, non si sbaglia. A beccarli lì, non rimangono mai secchi al primo colpo.

Avrebbe dovuto centrarlo al ventre. Almeno, tra un urlo e l'altro, forse gli avrebbe potuto estorcere quel che gli serviva. Le informazioni di cui aveva un gran, estremo bisogno.

Ma non c'era niente da fare.

Quel fucile era una vera bellezza, considerando la difficoltà con cui ormai si riusciva a reperire un qualsivolgia genere di arma. Ma scalciava peggio di un mulo.

Non aveva avuto il tempo di calibrarla e centrarla a dovere, né di stabilizzarne l'assetto.

Non ne aveva avuto più il tempo. Da quando era ferito, gli era estremamente difficile concentrarsi anche sulla più minima cosa o compito.

Quel bastardo...

Doveva farlo. Specie da quando aveva rimediato gli slug al posto dei calssici e canonici pallettoni.

Quelli che usava adesso erano troppo voluminosi, e andavano molto meglio con una canna più grossa.

Anche limandoli ed adattandoli opportunamente, il rischio che sfregassero contro le pareti del condotto fino a deflagrare al suo interno era altissimo.

Nel migliore dei casi, ad ogni sparo rischiava di inceppare l'arma. Nel peggiore gli sarebbe scoppiata in faccia.

Ogni utilizzo rappresentava un autentico terno al lotto, un lancio di moneta.

Testa o croce. Cinquanta e cinquanta.

Ma in compenso faceva dei danni mica da ridere, anche se aveva la tendenza a buttare troppo verso l'alto. Con l'ovvio risultato che uno mirava alle trippe e invece scaricava il contenuto sul muso.

E poi, anche prendendosi in pieno uno dei suoi stessi proiettili, non avrebbe potuto ridursi peggio di così. Peggio di quanto non fosse già.

Quel dannato figlio di puttana...

Imprecò. E non solo per il fallimento del suo più recente intento.

Si era ripromesso di non sprecare munizioni, che già ne aveva poche.

Era inutile buttarle via per questi pesci piccoli, che non servivano né valevano a niente. Lui...

Lui era in cerca del pesce più grosso. Lui...

Lui stava cercando LA BALENA.

Era quella, che stava cacciando.

Non doveva sprecarle, le munizioni.

Perché. Perché non se n'era ricordato?

Perché non se ne ricordava mai, cazzo?

Colpa delle ferite. Anche lì. Colpa delle ferite e del dolore.

Da quando ce li aveva, la memoria gli stava facendo decisamente cilecca.

Stava perdendo progressivamente lucidità. Non si concentrava, si ricordava e non riusciva a organizzarsi e a focalizzarsi su nulla.

Tutto, ogni cosa gli stava scivolando via.

Colpa sua. Tutta colpa sua. Era tutta colpa sua.

Quel gran pezzo di m...

Un altro rumore.

Si girò verso sinistra e vide sopraggiungere un mezzo motorizzato, con altri tre occupanti a bordo.

Il veicolo era su quattro ruote a dir poco enormi, e dovevano averlo ricavato dai resti di un gigantesco trattore da rimorchio. Di quelli usati negli hangar per trainare gli aerei di linea.

Il pilota strinse le mani sul volante e sgasò , dandoci giù di acceleratore.

Del fumo fuoriuscì dai quattro tubi di scappamento disposti a coppie su ambedue i lati esterni e posteriori, facendo sollevare all'unisono i minuscoli coperchietti situati sulla sommità di ciascuno di loro, in risposta alla decisa pressione del pedale.

Ma il mezzo non partì affatto. Doveva essere in folle dato che invece di sprintare rallentò fin quasi a fermarsi, per poi farlo decisamente un paio di secondi dopo circa. Tutto l'esatto contrario di quel che la manovra effettuata avesse potuto lasciar supporre.

Con tutta quanta la probabilità avevano intenzione di piombargli addosso così com'erano e stavano, con l'intero mezzo che avevano a disposizione e che li aveva appena condotti fino a lì.

Per tentare di investirlo, senza nemmeno prendersi la briga di scendere ad affrontarlo direttamente.

Se ne stavano guardando bene bene, dal farlo. Ed era pienamente comprensibile.

Mentre arrivavano dovevano aver fatto a tempo a vedere cosa aveva fatto ai loro compari.

E adesso sapevano già cosa era capace di fare. E di fargli, senza bisogno di saggiarne le caratteristiche e l'abilità combattiva con qualche genere di scaramuccia o di schermaglia d'anteprima.

L'uomo sfigurato spostò prima di ogni altra cosa il selettore, portandone l'estremità in corrispondenza della canna ancora piena ed occupata. E poi si portò la doppietta dietro la schiena, infilandola nell'apposita bisaccia paizzata nel mezzo delle scapole che le faceva da custodia.

Era in pura pelle, ricavata da qualche animale selvatico opportunamente scuoiato e conciato.

Un lavoro fatto davvero a regola d'arte, a cui aveva aggiunto del lubrificante, spalmandolo abbondantemente su tutta quanta la parte interna. In tal modo, alla bisogna, l'arma fuoriusciva già pronta all'uso. E con una rapidità a dir poco sorprendente.

Ed era stato sufficiente usare lo stesso tipo di olio e di grasso con cui lubrificava gli ingranaggi dei motori della sua moto.

Sono davvero incredibili i molteplici usi che si possono fare di un generico fluido o di un qualsivolgia tipo di sostanza, con un po' di ingegno e di inventiva a disposizione.

E lui era un grande, ed aveva una mente sopraffina.

Spettava a lui. Spettava a lui, quel ruolo. Spettava a lui, il ruolo di successore.

A lui, e a nessun altro. Era stato suo da sempre, e quell'altro glielo aveva sottratto. E rubato.

Quell'infido ladro.

Il fucile, intanto, si era inserito per intero. Lo capì sentendo tirare la cordicella che legava ed assicurava la grossa fondina alla sua schiena.

Perfetto. In caso di necessità, tirarlo fuori sarebbe stato questione di un attimo. Di un solo quanto semplice istante.

Almeno tanto quanto quello che ci misero le sue previsioni ed i suoi timori ad avverarsi.

Il mezzo partì all'assalto e al galoppo più sfrenato, coi tre tizi sopra che urlavano come autentici forsennati.

Era come pensava. Volevano tirarlo sotto. Ma non avrebbe dato loro né il piacere, né la soddisfazione. E neanche la possibilità di vantarsi visto che sarebbero stai quelli, a crepare.

Erano sul punto di travolgerlo, alla pari di una mandria di bisonti o di bufali impazziti e in piena carica, nonostante si trattasse di un solo ed unico esemplare.

Lo sfregiato alzò il pugno destro oltre quel che rimaneva della sua testa sfatta, fasciata e bendata alla bell'e meglio. Come se volesse e stesse per menare un gran colpo o una sonora martellata su di un tavolo o di un banco da lavoro. A patto che avesse potuto disporre di almeno uno dei due.

Ma il suo bersaglio era altro, in verità. Ben altro.

Il suo fu un gesto che dovette apparire come estremamente studiato e ricercato. Eseguito con la massima flemma e lentezza di questo mondo. Ma non si poté lo stesso durante la fase discendente.

Abbatté la parte piccola ed esterna vicino al mignolo sul cofano del veicolo, facendolo sollevare in aria.

Quest'ultimo si esibì in una triplice capriola a quasi tre metri di altezza e superò in volo l'artefice di tale prodezza, per poi schiantarsi poco più in là, mentre due dei tre occupanti vennero sbalzati fuori.

Il tizio dal volto deforme prese una delle spade appartenenti ad una delle tre nullità che aveva ammazzato poco prima, e si diresse verso la prima delle tre nullità che erano appena venute ad infastidirlo. Quella più vicina.

Si muoveva, ma teneva gli occhi semi – chiusi e farfugliava parole e versi inudibili. E che rimanevano comunque incoprensibili ai più, anche se non lo fossero state.

Doveva essere svenuto. Oppure sotto choc. A chi cazzo importava.

A lui, non di sicuro.

Allungò la lama verso il basso, verso di lui, e gliela immerse dritta dritta tra stomaco e petto.

La nullità emise un rantolo soffocato sputando e sbavando schiuma rossastra, mentre il sangue gli si gonfiava in gola. Poi si distese e non si mosse più. Definitivamente.

Gli lasciò la spada conficcata dov'era e si diresse nervosamente verso il secondo.

Era sdraiato sul ventre, a braccia e gambe divaricate. Ma lui, a differenza dell'altro stronzo, sembrava ancora in grado di parlare.

Avrebbe avuto modo di dimostrarlo, tra non molto. Da quello dipendeva il fatto se avrebbe potuto vivere giusto quei due o tre secondi di più.

Sul sopravvivere...no. Quello non era affatto contemplato. E sin dal principio.

Gli si avvicinò.

“L – lui...d – dov'é?!” gli chiese, non appena gli si fermò sopra.

“I- io...io” si limitò a dire il tizio sdraiato.

Per niente soddisfatto della risposta, il tizio sfigurato gli poggiò il piede destro sopra alla nuca.

“Ascoltami bene, razza di lurido bastardo” gli fece. “Stai per scoprire che non sono tollerante, né paziente. E devi sapere che non lo sono mai stato, in vita mia. Ma adesso come adesso é ancora peggio. E stai per accorgertene proprio sulla tua stessa pelle. Avanti, rispondi! Dov'é, lui?!”

“I -io n – non...non...”

Ne ebbe abbastanza. Cominciò a schiacciare e a fare forza con la suola del suo scarpone contro al cranio del malcapitato. Come se stesse spiaccicando un ragno. Uno scorpione. O un qualunque altro genere di insetto venefico, anche perché gli aracnidi a disposizione erano praticamente finiti.

Non che l'elenco in questione avesse mai avuto questa gran lunghezza, a dirla tutta.

Erano così schifosi e repellenti che i cervelloni avevano dovuto creargli una categoria apposita, per raggrupparli e calssificarli.

Come una certa carogna di sua conoscenza, che avrebbe potuto starsene tranquillamente confinato nell'insieme delle MERDE.

Delle merde putride. Proprio uguale a quello che adesso stava calpestando con vigore.

Una merda. Nient'altro.

Pochi istanti di quella breve ma spaventosa quanto insistita pressione furono più che sufficienti a fargli ottenere quel che voleva.

L'altro, intuendo l'ormai prossimo quanto mortale pericolo, si mise a supplicarlo di salvargli la vita.

“N – no! T – ti prego, risparmiamihh!! T – ti prego, Ti pregoooerrgghlll...”

Nel giro di un attimo il lamento si tramuto in un gorgolio.

Il secondo della giornata. Seguito a ruota da un raccapricciante rumore di biscotti e gallette frantumati e sbriciolati in mille pezzetti e tocchetti.

Biscotti e gallette che erano in realtà ossa.

Si immaginò uno scarfaggio che emtteva deboli quanto imprecettebili urletti di agonia intanto che crepava infilzato, squartato e sventrato dai cocci della sua stessa corazza ridotta ormai in pezzi e a brandelli.

Avevano anche loro l'armatura, ma erano ben miseri guerrieri.

Ahimé. Sotto l'elmo, un insetto.

O era una cavalletta, per caso?

Dannata confusione mentale.

La testa si sparpagliò in modo regolare ed uniforme come un vaso di porcellana che aveva appena finito di fracassarsi sul pavimento.

Poltiglia carminia mischiata a pezzi di materia cerebrale e calotta grigiastra atta a contenerla.

Era di nuovo punto a capo. E non gliene restava che uno.

Possibile che si fosse sbagliato?

No, non poteva essere. Li aveva riconosciuti al volo, mentre spazzava via quelli d'avanguardia che avevano osato infastidirlo cercando di frenare e bloccare la sua avanzata. Persino coloro che avevano soltanto avuto la scalogna di incrociare il suo cammino.

Non aveva mai avuto troppo rispetto né considerazione per nessuno. E in quel giorno...beh, ancora meno del solito.

E comunque, erano loro. Era impossibile non identificarli, con quegli elmi mascherati e corazzati sul davanti e le ali piumate ai lati, appena sopra alle orecchie.

Si diresse verso l'unico superstite. Anche se tutto lasciava presupporre che lo sarebbe rimasto ancora per poco.

Era a testa all'ingiu, in quanto si era ribaltato insieme allo stesso mezzo che stava guidando. Ma per qualche strana ragione non era ancora caduto, e si trovava ancora seduto dentro all'abitacolo.

Veramente strano, visto che non aveva cinghie di sicurezza attaccate.

Non che qualcuno le usasse ancora, del resto. Impacciavano i movimenti durante gli assalti.

Inoltre, doveva essersi accorto che ormai gli si trovava vicino.

Nonostante ciò, non lo stava degnando di una minima occhiata. Nemmeno si era girato a vederlo.

Decisamente singolare. E sempre più strano. Ma gli bastò approssimarsi ancora un poco per avere la soluzione dell'arcano proprio davanti agli occhi.

E un verso di agonia fece il resto, fornendo un quadro completo. E lasciando ben poco, pochissimo all'immaginazione.

“Gh...ggghhh...”

L'intero cruscotto con tanto di volante si era incassato al punto di finirgli per intero contro al busto, stritolandolo di netto.

Doveva avere il costato ridotto in briciole. In zuppa d'avena.

Imprecò e bestemmiò ancora. A quelle condizioni non gli avrebbe cavato fuori proprio un bel niente. Neanche costringendolo a parlare contro alla sua stessa volontà ed ostinazione.

Avrebbe dovuto insistere con quello prima, invece di ammazzarlo. Almeno a parlare ancora ci riusciva.

Colpa del dolore. Non lo rendeva abbastanza lucido da poter prendere la decisione giusta. E lo mandava perennemente in confusione.

Decise di fare ugualmente un tentativo.

“Ascoltami, testa di cazzo” gli ordinò. “E' tutto il giorno che sono in ballo con delle merdine rancide e insignificanti come voi, e a dirla tutta sono stufo. Sono stufo marcio, e ne ho le palle piene. Io sto cercando lo stronzo più grosso di tutta la vostra cagata putrida, chiaro? Dimmi dov'é!!”

“Gghhh...ggghhhh...”

Proprio come previsto, nessuna risposta utile.

“Ultima possibilità, amico” gli fece ancora. “Tanto morirai comunque, in quelle condizioni. Vuoi che ti aiuti a farla finita, per caso? D'accordo. Posso darti una morte rapida, se lo vuoi. Ma devi prima rispondere a quel che ti ho chiesto. E' da maleducati non rispondere come si deve a una domanda, non lo trovi anche tu? Fallo, e ti accontenterò. Ti aiuterò a morire. Ma se ti ostini a continuare a fare il muto e lo gnorri, a dispetto delle mie richieste...sappi che la cosa avverrà lentamente. Molto lentamente. E io me ne starò qui, in prima fila a godermi tutto quanto lo spettacolo.”

“Avanti!!” lo esortò insistendo. “Dov'é? Voglio sapere dove si trova! Dov'é quel gran bastardo? Dove si é cacciato quel figlio di puttana del vostro capo?!”

La risposta sopraggiunse in men che non si dicesse. E gli arrivò dritta dritta alle spalle, facendolo voltare di scatto con un lieve sussulto di sorpresa.

“Bene” fece il nuovo arrivato. “Sicché secondo te io sarei un figlio di puttana, se le mie orecchie hanno udito a dovere. Sentiamo, quindi: e tu di chi saresti figlio, allora?”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salve a tutti, rieccomi qua!!

Lo so, ragazzi. E vi chiedo scusa per la lunga, lunghissima assenza.

Diciamo solo che ci sono stati un bel po' di grattacapi, tra cui gravi problemi di salute da parte di un parente, e quindi...ho avuto altro a cui pensare. E di cui occuparmi.

Smettere di scrivere, questo no. Mai.

Ma diciamo che il lavoro ha subito una brusca quanto vistosa rallentata.

Beh...rieccomi qui. E spero di essermi fatto perdonare.

Con questo...ed un'altra piccola sorpresina.

Di quelle estemporanee, che ti vengono in mente al momento. E che pertanto devi scrivere subito, altrimenti più tempo fai passare più perdono di efficacia.

Ma ora occupiamoci del capitolo.

Breve ma intenso, direi. E offre la possibilità di far compiere delle robe fighe persino ad un cretino patentato come Jagger.

Mi sta piacendo sempre di più, questo personaggio. Incredibile.

Senza contare l'ultimo pezzo, che preannuncia un risvolto davvero interessante.

Oh, andiamo. Avrete già capito chie é il fantomatico nuovo arrivato.

Così come immagino avrete già capito cosa sta per succedere.

Un bello scontro inedito, ecco cosa!

Di quelli che nel manga e nell'anime non si sono visti, ma nulla esclude o implica automaticamente il fatto che non si siano potuti svolgere!

L'ultima volta che ci ho provato é venuto fuori un bel duello tra Kenshiro e Ryuken, il suo padre e maestro.

Chissà che ne verrà fuori adesso...detto tra noi, non vedo l'ora di scoprirlo.

E prima di chiudere, veniamo al consueto angolo dei ringraziamenti.

Un grazie di cuore a Kuumo no Juuza (e ti rinnovo i complimenti per HOKUTO NO LADIES, che nel frattempo da come hai visto ho concluso. Presto iniziero anche con la tua side – story, promesso), innominetuo, Devilangel476 e vento di luce per le recensioni all'ultimo capitolo.

E come sempre, un grazie a chiunque leggerà la storia e vorrà lasciare un parere.

Grazie ancora a tutti e...

Alla prossima!!

 

 

 

 

 

 

See ya!!

 

 

 

 

 

 

Roberto

   
 
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