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Autore: Redferne    11/06/2022    3 recensioni
Tra Nick e Judy sta accadendo qualcosa di totalmente nuovo ed inaspettato.
E mentre Nick cerca di comprendere i suoi veri sentimenti nei confronti della sua collega ed amica, fa una promessa a lei e a sé stesso: proteggerla, a qualunque costo.
Ma fare il poliziotto a Zootropolis sta diventando sempre piu' pericoloso...
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Capitan Bogo, Judy Hopps, Nick Wilde, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 86

 

 

 

THE FANTASTIC MR. FOX – FURBO, IL SIGNOR VOLPE!!

 

 

(QUINTA PARTE)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il gruppo percorse un paio di isolati a piedi circa. Esattamente a partire dal punto preciso del loro ultimo quanto più recente rendez – vous con successivo quanto improvvisato briefing, allo scopo di fare il quadro chiaro e completo della situazione.

Non poi questa grande distanza, a volerla dir tutta e sincera sino in fondo. Ma che alla mente, ai pensieri e alle impressioni di almeno due dei tre membri che componevano lo strano quanto curioso terzetto che stava procedendo lungo il viale doveva apparire ben più vasta.

Molto ma molto più lunga.

Ormai non vi era certo più da meravigliarsi del fatto di trovare mammiferi appartenenti a generi differenti fare capannello e comunella. Persino tra prede e predatori.

Erano finiti i tempi in cui le specie preferivano rimanersene tranquille, al massimo tra simili, nel misero quanto angusto ma sicuro recinto che avevano costruito ed imbastito praticamente da soli, mediante le loro stesse zampe. Per potersene restare così sulle proprie e per i fatti loro escludendo in tal modo tutte le altre e tutto quanto il resto.

Erano tempi passati, per fortuna. Estinti. Knock – out. Kaputt.

Persino laggiù.

Pure lì. Ad Haunted Creek.

Nel bel mezzo e pieno della periferia. Povera di mezzi, questo era più che sicuro. Ma il che non implicava che lo dovesse per forza e necessariamente essere anche di spirito.

Nella provincia. Gretta, grezza ed arretrata.

A miglia, acri, ettari e gomitoli di curve e di tornanti dalla civiltà, dalla metropoli e dalla vita.

Non vi era nulla di poi così strano, in realtà. La modernità era arrivata anche da quelle parti. E da un bel pezzo, anche. Pure in quel paesino sperduto tra la vallata incastonata con perfezione quasi chirurgica tra quel gruppo di montagne che parevano dimenticate da tutti. Compreso il Dio dei mammiferi, chiunque fosse.

Chissà che aspetto aveva...

Forse nessuno. O forse tutti. Che spesso fa rima proprio con nessuno, guarda caso. Come nella maggior parte delle religioni a tema singolo.

Da considerarsi senza alcuna ombra di ragionevole dubbio ben più strano era ciò che si stava agitando all'interno e nelle materie grigie di Maggie e di Finnick. Anche se nello specifico quanto ristretto caso del secondo, parlare di cervello era da considerarsi un autentico azzardo. Per non voler dire un'esagerazione.

Ai loro cervelli ed ai loro occhi rispettivamente di cervide e di canide quel misero quanto breve tratto, più che da isolati, sembrava composto da intere miglia. Da chilometri.

Dovendo giudicare in base a ciò che stavano sentendo e percependo in quel preciso e dato momento, sia a pelle che a sensazioni sia al di fuori e al'estreno che al di dentro...alla daina come al fennec la quantità di strada macinata oltre le loro spalle ed ancora da macinare che gli si estendeva davanti e sotto alle loro zampe inferiori si stava duplicando. Anzi, triplicando. Se non decuplicando, addirittura.

Quelle poche, pochissime decine di passi che stavano facendo e compiendo si stavano moltiplicando per venti. Per trenta. Così come la fatica impiegata e che occorreva per portarli a termine. Anche se terminati non lo erano affatto, visto che stavano tuttora ed ancora in piena fase di movimento e di spostamento.

Pienamente comprensibile, visto che per quella mattina che doveva ancora iniziare e cominciare si erano tutto sommato già sparati un bel pezzo a piedi. Piuttosto considerevole.

Si sentivano di aver già dato entrambi, da quel punto di vista.

Erano stanchi, a pezzi. E la giornata non era neppure da considerarsi partita.

Erano oco più che sulla linea dello start, e già si sentivano come se si trovassero ai nastri e alla striscia di arrivo.

Non ne potevano già più. E dire che il giorno che si profilava e prospettava appariva bello lungo ed impegnativo.

Il più lungo ed impegnativo di sempre. Di quelli veramente memorabili. Anche perché vi era il serio qaunto concreto rischio che non ve ne fosse un altro, di ulteriore.

Alla stanchezza ed alla fatica andavano quindi necessariamente aggiunte e sommate l'ansia. E la paura.

Pienamente comprensibile, dunque. Così si é detto.

Comprensibile, certo. Ma non per questo per forza giustificabile. Non pienamente, almeno.

Perché per fare un trio sempre all'erta e pieno di brio non bastano due elementi, ma per forza tre.

E se lo erano per davvero tutti quanti e tre all'erta con i nervi tirati e tesi a fior di pelliccia...lo stesso non si poteva dire per il brio, purtroppo. Visto che lì era uno solo che ce lo stava mettendo, almeno per il momento.

Nick. Ma tu guarda. Forse quello che, in teoria, avrebbe dovuto avere tutti quanti i buoni motivi e le sacrosante ragioni del mondo per essere il più preoccupato. Ed invece...

Ed invece la volpe, a differenza dei suoi due attuali partner, non stava facendo una sola piega. E a dirla tutta non sembrava particolarmente preoccupato. E nemmeno in ansia.

E se per caso lo era, era senz'altro bravissimo a non darlo a vedere.

E dire che avrebbe avuto ben più diritti di lamentarsi, rispetto agli altri elementi della combriccola. Per il semplice fatto che anche lui si era fatto un bel tocco di tutto rispetto, per non mancare e giungere puntulae all'appuntamento che nessuno aveva prefissato. Ed in condizioni ben peggiori visto che, per un buon segmento di pista, aveva dovuto farsi sorreggere ed accompagnare da una Laureen facente parte di un improvvisato quanto provvidenziale ed efficace supporto e stampella.

Nick appariva calmo, pacifico e tranquillo, anche se serio e concentrato fino allo spasimo alla pari dei suoi colleghi, se non di più.

Ma a dispetto di ciò riusciva nella mirabile quanto invidiabile impresa di dare l'impressione di essere senza uno straccio di pensiero angusto al mondo, nonostante la faccenda avesse tutta quanta l'aria di essere tragica e senza alcuna via di uscita. O di possibile ed alcuno scampo.

Un momento. Non é che lo sembrasse. Lo ERA, senza via di uscita.

Ma c'era un trucco. Una gabola, che forse poteva spiegare il motivo per cui Nick sembrava così sereno.

Perché forse lui sapeva dove stava andando. E sapeva il punto di arrivo e di approdo al termine di quella strana quanto singolare passeggiatina.

Nick sembrava sapere la strada. Maggie e Finn no.

Nick sembrava sapere dove stava andando. Maggie e Finn no.

Nick sembrava sapere cosa c'era da fare. Maggie e Finn no.

Nick sembrava sapere quel che stava facendo. Maggie e Finn...no, tanto per cambiare.

Nick SAPEVA. O almeno...c'era da sperare che lo sapesse. Almeno lui.

Perché Nick era uno che sapeva. Era uno che sa.

Lo era sempre stato.

Non era molto, ma visto come stavano messi...era già qualcosa.

Era pur sempre qualcosa. Ed in ogni caso, era meglio che niente.

Pur sempre meglio che niente.

Nel frattempo si erano fatti un'altro bel paio di isolati, già che c'erano. Poi si fermarono.

O, meglio e per la precisione, fu Nick a fermarsi.

Piuttosto ovvio quanto scontato, dato che dava ad intendere che della meta e della destinazione di quella sorta di mesto pellegrinaggio ne fosse lui, l'unico a conoscenza ed a saperne l'esatta ubicazione.

E agli altri due non rimase che prenderne atto ed arrestarsi a loro volta, fosse anche soltanto per mera emulazione.

Si limitarono puramente e semplicemente ad imitarlo, senza metterci becco né aggiungere altro.

Maggie e Finn presero a guardarsi intorno. Non Nick, invece. Che ancora una volta sembrava sapere già ed esattamente dove dover guardare.

Non che vi fosse poi molto, comunque.

Fatta dovuta quanto debita eccezione per le case e ad esclusione di casupole, baracche e catapecchie varie che da quelle parti rasentavano la norma per non voler stare a dire che di fatto la costituivano, davanti a loro non vi era che un piccolo parchetto. Probabilmente progettato per la ricreazione e lo svago di bimbi, anche se non vi era una sola struttura che si potesse definire adibita a tale scopo.

Non vi era nulla che potesse stimolare, spingere o invitare un frugoletto al gioco.

Anzi, a volerla dir tutta e sia onesta che sincera sino in fondo non vi era proprio nulla e basta.

Né uno scivolo, ne un'altalena, né un castello di tubi e nemmeno giostre o girelli. E neanche tappeti elastici o in gomma per saltarvi e rimbalzarvi sopra o una vasca con della sabbia per farvi le formine.

Il parchetto in questione altro non era che un piccolo, minuscolo fazzoletto più o meno rettangolare d'erba con un campetto sportivo annesso.

Da basket, per la precisione. E piuttosto malmesso quanto disastrato, andava messo in obbligatoria aggiunta.

Era a sua volta un ritaglio grossomodo rettangolare di cemento grigio scuro.

Una volta, forse. Perché adesso come adesso era reso mezzo sbiadito dal sole cocente e molto probabilmente pure dalle dalle intemperie del periodo primaverile ed estivo, violente o no che fossero.

L'acqua piovana può consumare, corrompere, corrodere ed erodere in tanti, moltissimi modi. Sia sotto forma di gocciolina che scava pian piano nella roccia o nell'asfalto che come fiume o torrente impetuoso durante le ondate di piena, che tutto travolge e devasta.

Cambia la forma, ma non la sostanza. Muta la modalità, ma l'effetto resta e rimane lo stesso ed il medesimo.

Sole ed acqua. Ed a quelle si dovevano essere aggiunti in seguito il ghiaccio, il freddo, la neve, la brina, la nebbia, la bruma e la rugiada dei rigidi mesi autunnali, che avevano fatto il resto e completato così l'opera di lenta ma inesorabile demolizione.

Il manto che lo componeva era così tutto talmente sbiadito e consunto da essere privo di qualsiasi linea di contorno o di demarcazione. E per contro si poteva notare addirittura il colore di ogni singolo sassolino aggiunto dalla colata iniziale in poi, e senza che vi fosse nemmeno il particolare bisogno di dover aguzzare eccesivamente la vista.

I sassi sono forse l'unica cosa che finiscono per risaltare, se sottoposti ad una precipitazione di stampo naturale. Oltre che a resistere, s'intende.

E tutto ciò risulta valido per ogni precipitazione. Di qualunque genere essa sia.

Per il resto la malandata struttura disponeva di un unico canestro, situato sul bordo della metà più lontana. E che in quelle condizioni non si poteva affatto dire che fungesse da completamento.

Unico, solo, triste e solitario. Con un anello deformato e privo di rete. E pure completamente arrugginito, come se non bastasse. Al punto di aver completamente perso il suo colore originale che di solito virava sul rosso acceso, come disciplina e come tutti i canestri professionali da sempre pretendono e comandano.

Composto inoltre da un palo verticale ma che in quel momento risultava pure mezzo storto e sbilenco, e la cui vernice appariva mezza smangiata e scrostata.

Si era detto che solo i sassi paiono resistere, no?

A sormontare il tutto vi era un tabellone di legno crepato e scheggiato in più punti, anch'esso privo di segnaletica sportiva sulla superificie resa deformata e gibollata da anni ed anni di pallonate feroci e scagliate alla massima potenza e violenza. Forse con il neanche tanto velato intento più di danneggiarlo, che di volere mettersi a fare punti. O almeno provarci, vista la scarsità di mira alquanto evidente.

Ma come già detto, forse era quella la precisa volontà.

Tirare e tirare ed ancora tirare per colpirlo di nuovo e di nuovo e poi ancora di nuovo, sino a romperlo. Non certo segnare.

Alla base ed al centro di esso, un un misero cerchio di ferro ovalizzato ed arrugginito a fungere da cesto.

Non era sicuramente difficile, applicando un minimo di logica alla propria immaginazione, arrivare a dedurre chi fosse o meglio chi fossero i famigerati quanto disgraziati autori e fautori di tutto quel gran disastro. Che l'incuria e l'abbandono c'entrano e hanno colpa e possono fornire e coprire le ragioni e le spiegazioni del misfatto solo fino ad un certo punto.

Gli scagnozzi di quel maiale di Carrington, come al solito.

Maiale di nome di fatto oltre che di specie, non va dimenticato.

Qualche sera o nottata in cui erano a zonzo belli pieni e sbronzi. E dove, in mancanza di meglio, avevano deciso di prendersela con quel povero campetto innocente che non c'entrava nulla. E che altro non voleva fare se non ospitare partite combattute fino all'ultimo respiro affannoso e mozzo efino all'ultima giocata agonistica.

E poi i salti. Di gioia da parte di chi ha vinto e di frustrazione per chi ha perso. Ed in ogni caso, per scaricare lo stress della tensione. In entrambe le situazioni.

Che tanto si sa che il confine é molto sottile, in quel tipo di competizioni.

Si vince, si perde, alle volte si vince, alle volte si perde. Oggi si perde, domani si vince. Oppure si perde ancora, fino a che non si vince.

Vincere e poi perdere. O magari anche il contrario speculare ed opposto. Per poi magari vincere, di nuovo. Fino alla prossima sconfitta.

Oppure vittoria, chissà. In un cerchio ed in un circolo che si ripetavano e susseguivano, senza mai fine. Perché nessuno voleva che finissero, ecco qual'era la verità.

A nessuno importava mai che tutto quello potesse veramente finire, un giorno.

Non vi erano mai né vincitori né vinti, per lo meno non in termini da considerarsi assoluti.

Di sicuro non vi erano sconfitti oppure vincenti, e non vi era mai una fine.

Alle volte vi si doveva giocare certamente per delle ore e poi, quando giungeva il momento di tornare a casa per la cena, l'ultima manche o azione oppure tiro decideva tutto. Al calare impietoso e fatale della sera decideva le sorti di un intero pomeriggio.

Nessun risultato andava interpretato come definitivo, né scontato.

Lì si giocava molto probabilmente per il puro gusto di farlo, ma dando sempre e comunque il massimo senza mai risparmiarsi.

Perché come annunciava un vecchio detto...gli Dei durante la notte dei tempi e all'alba della vita mammifera stessa lo hanno deciso e stabilito.

E cioé che i mortali dovessero ottenere le cose che volevano, ogni e qualunque cosa volessero e desiderassero col sudore della fronte e della pelle, col fiato mozzo e col dolore dei muscoli resi tesi, contratti e di pietra per lo sforzo.

Fosse solo per svago oppure per scopo.

Quel campo voleva solo e altro non voleva che respiri affannosi e stanchi ma che fossero anche insieme felici e soddisfatti per l'impegno profuso.

Era quello il suo obiettivo, il motivo della sua nascita. Ed a quanto pare gli era stato negato pure quello.

Perché invece ottenne solamente fiatate alcooliche di vandali, depravati e balordi. Rese mefitiche e pestilenziale da ettolitri di pessimo vino, pessima birra ed ancor più pessimi e scadenti liquori da quattro soldi e spicci.

Dall'ultima quanto più recente brutalizzazione quel posto non aveva ricevuto più nessun ritocco, riparazione o aggiustamenti di sorta.

I fondi delle casse appartenenti ed in custodia alle forze dell'ordine di Haunted Creek erano un po' scarsini, al momento. Per non stare a dire direttamente all'asciutto.

I soldi che avevano estorto al suino a suon di cauzioni su cauzioni erano ormai finiti, e da un pezzo.

Le finanze stavano a zero sparato. Ed il piatto piangeva.

Ma roba che frignava disperato, proprio.

D'altra parte prima era toccato ai cittadini, venire adegutamente risarciti dei danni subiti. Poi, forse sarebbe venuto anche il tanto sospirato turno dei pubblici servizi.

Più che giusto e legittimo, vedendo quel che di solito ed in genere fanno le amministrazioni del comune nei confronti dei loro stessi cittadini. Nonché elettori.

Il contrario di quanto appena detto, quasi sempre. Prima sé stessi, e poi gli altri. Che quante volte, quante e così tante volte con la scusa delle ristrutturazioni gonfiano le spese a dismisura ed allungano i lavori ben oltre ai tempi previsti per intascarsi così la differenza.

Usano le escavatrici per cavare un'arachide fuori dal guscio. Ma davvero.

Ma sarebbe arrivato anche il suo turno, prima o poi.

Sì. Una volta finito tutto sarebbe toccato anche a lui di rinascere, un giorno.

E forse fu proprio per tale motivo che Nick si fermato lì.

Proprio nel punto in cui il marciapiede cedeva e lasciava spazio al manto erboso che da lì avrebbe condotto al cuore di tutto quel desolato squallore, rimanendosene così in contemplazione di tutto quel bello schifo.

Non stava facendo altro che cogliere un paragone, dopotutto. Nient'altro.

In fondo erano così simili, loro due.

Anche lui non voleva far altro che stare insieme a quelli della sua età, da piccolo. Trovare degli amici, divertirsi e magari, già che c'era, fare qualcosa di interessante e di utile per sentirsi utile.

Agli altri ma soprattutto a sé stesso.

Ricevette solo insulti, sberleffi, scherzi e vessazioni. E la peggiore crudeltà che potrebbe capitare ad un predatore come lui. E tutto e solo perché era ed aveva la colpa di essere una volpe.

Agli occhi degli altri.

Si portava ancora dentro le rovine, di tutto quel disastro e cataclisma.

Era arrivato poi qualcuno o meglio, qualcuna che ci aveva visto del buono in mezzo a tutte quelle macerie e a quei rifiuti. Che aveva aprovato a vederci ancora qualcosa di buono. E che ci si era messa pure d'impegno, a tentare di ricostruire.

Ed il bello era che sembrava pure esserci riuscita, almeno per qualche tempo.

Poi era accaduto un disastro ancora più grave. E quel che era peggio...si era ritrovato di nuovo solo.

Senza più nessuno da far giocare. Con cui giocare.

Perché in certi momenti il campo pare divertirsi allo stesso modo in cui si divertono quelli che lo calpestano e che lo occupano.

Era decaduto un'altra volta. E si era ritrovato di nuovo abbandonato a sé stesso. In balia di chiunque.

Ed ora...prima di tutto c'era gente bisognosa di aiuto e di conforto di cui doversi occupare, e non unicamente dal mero punto di vista economico. Non solo sul versante prettamente pecuniario.

E una volta che quella gente fosse risultata di nuovo a posto...forse sarebbe toccato finalmente anche a lui di darsi una risistemata.

Forse. Magari. Chissà.

Una cosa alla volta. E' una semplice questione di priorità.

Proprio come gli diceva sempre il vecchio Butch, laggiù in palestra.

All'interno della sua vecchia, sconquassata e scalcinata palestra.

Ogni giorno, tutti i giorni. Ogni santo, santissimo giorno.

Un passo alla volta, Rosso.

Un metro alla volta.

Un secondo alla volta.

Un round alla volta.

Un pugno alla volta.

Un incontro alla volta.

Una vittoria alla volta.

Mai dimenticarlo.

MAI.

“Alòrs? Donc?!” Gli fece alle sue spalle Finnic. “Allora, socio: que tu me dici una buena volta en cosa cappero consisterebbe esto tuo fantasma y goreco piano, siempre ammesso que tu ne abbia vraimént uno? Es plùs de mezz'ora que ce stai faciendo faire el giro turisteco complieto de la zona, si nu fosse che nun me ne frega gnente de starlo a 'ffa, por la malonza!!”

“Già...” si intromise Maggie mentre li raggiungeva, mettendocisi così pure lei ad infierire. “Abbi la cortesia di dirlo pure a me, già che ci sei.”

“E poi mi spieghi cosa cavolo ci siamo venuti a fare, fin qua?!” Pensò poi bene di aggiungere, sempre più perplessa.

“State tranquilli, miei fidi compagni” li rassicurò prontamente lui. “Ogni cosa a suo tempo. Se avete imparato a conoscere abbastanza riguardo al sottoscritto, e penso che il discorso sia valido in ambedue i vostri casi visto che uno tra voi due mi conosce praticamente da una vita, mentre l'altra...oh, beh, direi che anche l'altra ha avuto bene modo di conoscermi adeguatamente e quindi di potersi fare un'idea in modo da comprendere appieno di che razza di pasta io sia fatto e composto, perciò...”

“E ci risiamo” puntualizzò la daina. “Scusa tanto se insisto e perdona i miei modi bruschi e la maniera spiccie, comandante. Ma...potresti piantarla una buona volta di continuare a parlare tra i denti, per favore? Taglia corto e vieni al dunque. Il tempo che ci resta e che ci rimane a disposizione é poco. Molto poco. E io, prima di fare qualunque cosa...ho bisogno innanzitutto di risposte.”

“Noi tutti abbiamo bisogno di risposte” gli ribadì. “Vedi di darcele, sceriffo. O stai solo menando il canide per l'aia, senza alcun costrutto? Nel qual caso...sei pregato di dircelo. Di dircelo sinceramente.”

“Come giustappunto vi stavo dicendo poco fa” ricominciò Nick, “ci sono sempre una ragione ed un motivo ben precisi, dietro alle mie parole ed ai miei comportamenti. Dietro ad OGNI mia parola e comportamento. Quel che vi chiedo soltanto é di avere fiducia in me. Fidatevi di me, vi scongiuro. Avrete tutte le risposte che occorrono e che vi servono. E che vorrete. Datemi solo un attimo. Ma prima di tutto...”

Si prese una pausa. Forse per vedere l'effetto di ciò che aveva appena detto ed enunciato sul resto della truppa, e del loro morale. O forse per farli pendere ancora un po', ancora per un poco dalle sue nere labbra.

O forse soltanto per creare la giusta dose e razione di attesa, con cui continuare e seguitare a tenerli a puntino sulle spine e sulla corda.

Ancora un po'. Ancora per un poco.

Guardò la vice.

“Prima di tutto” proseguì, riprendendo così il precedente discorso. “Credo sia necessario chiarire una cosa. Mentre arrivavo nel piazzale ho fatto a tempo a sentire i vostri discorsi. E così ho potuto sentire la mia collega rammaricarsi del fatto che l'incendio provaocato da quell'emerito branco di balordi, con a capo quel maniaco da primato che farebbe la felicità e la fortuna di qualcunque strizzacervelli o psichiatra di stampo forense, abbiano praticamente distrutto e raso al suolo praticamente tutto. Ogni cosa. Per poi udire il mio migliore amico risponderle che la cosa in questione, analizzata sotto ad un certo e preciso punto di vista, non é che avesse poi questa gran importanza per quanto grave che fosse. Perché ciò che contava, che più contava, secondo lui...era il fatto che loro due fossero sani e salvi nonostante tutto quel che era capitato. Ancora vivi, nonostante tutto. Sappiate che da quel punto di vista siamo come Nataòle e Pasquale. Nel senso che la penso uguale.”

“La penso esattamente come voi” puntualizzò. “Non dovete commettere l'errore di interpretare la mia tranquillità e pacatezza come semplici indici di menefreghismo, anche se a prima vista il mio atteggiamento possa farlo sinceramente pensare. In realtà sono addolorato anch'io per la totale distruzione della centrale di polizia. Era un bel posto. Ed era di fatto la mia casa, almeno nell'ultimo e più recente periodo. La mia tana e dimora. E per una volpe quale sono io, esse CONTANO. Sono molto importanti. Non ci ho lavorato tanto quanto la mia attuale partner, ma...la si poteva considerare una parte importante della mia attuale vita, in un certo senso. Mi ero abituato a considerarla una parte di me, dopotutto. E come voi sono desideroso di farla pagare ai responsabili di un atto così infame e vigliacco. Ne ho una gran voglia. Una voglia che non ne avete l'idea, proprio. Ma a parte quello, ci tengo a confidarvi che tutto quello che mi serve ora...tutto quello che CI serve...ce l'ho qua, in questo momento. Qui con me. E siete VOI.”

“Siamo NOI” dichiarò con estrema fermezza. “Tutto quello di cui abbiamo bisogno per risolvere sia il problema che la situazione siamo noi. E non ci serve altro. E adesso...”

Decise di rimanersene studiatamente in silenzio per almeno un istante, dopo una simile affermazione.

“E adesso dovresti levarmi una curiosità, Maggie. Dovresti proprio levarmela, se non ti dispiace.”

Altra pausa solenne. Come se dalla risposta dovesse dipendere tutto. Davvero tutto. Ogni cosa.

Il futuro della storia. Della loro storia.

E col senno di poi, se qualcuno mediante qualche astruso quanto improbabile stratagemma avesse mai potuto scoprirla in anteprima, si sarebbe reso conto che era davvero così.

Peccato solo che non si potesse. Anche perché, tra le altre cose...non aveva nemmeno formulato la domanda.

Mancava decisamente un pezzo. Si era limitato unicamente a proporre, senza entrare nello specifico.

Ma anche messo coì ed in tal modo, quella sottospecie di quesito incompleto e spurio fece lo stesso il suo sporco lavoro. Ed ottenne comunque qualcosa.

Il tempo pareva come essersi bloccato o addirittura congelato, in attesa che qualcuno si impadronisse nuovamente della parola e portasse in tal modo avanti la conversazione.

Non si stava sollevano neanche e nemmeno un granello di polvere, dalla strada. Così come non vi era un solo alito o refolo di vento che potesse farlo, che potesse dare il La ed il via a tale procedimento ed operazione.

“S – se posso...” gli rispose titubante lei, quasi presa in contropiede da quell'improvvisa e a momenti improvvida richiesta.

“Ma certo che puoi” le rispose mellifluo lui. “Visto che si parlava del minimo indispensabile per poter svolgere al meglio questo lavoro e mestiere, vorrei tanto sapere una cosuccia. Ecco...ci terrei a sapere se il tuo caro FUCILE DI PRECISIONE che ti eri comperata non molto tempo fa é ancora disponibile.”

“C – come?!”

“Ti preego...rendi felice paparino, tesoro bello” le disse Nick, assumendo un espressione ed un tono di accorata supplica. “Dimmi che il tuo bel fucile non é andato distrutto nel rogo insieme alle altre cose. Fammi contento.”

“N – no. Certo che no. Si trovava nel baule della mia auto, per fortuna.”

“Già” ammise lui, come sollevato. “Una vera fortuna, non c'é che dire.”

“Era nel baule della mia auto” Gli ripeté Maggie. “Come sempre. Non lo lasciavo mai in centrale. Nemmeno quando non ero di ronda o alle prese coi giri di perlustrazione. Le mie armi personali le porto sempre con me, per ogni evenienza. Sai com'é...preferisco prendermi le mie dovute quanto opportune precauzioni, nel caso l'arsenale diventasse per qualche motivo inservibile o irraggiungibile. Proprio come in questo caso, guarda caso. E scusa per l'orrido gioco di parole.”

“Ottimo” commentò Nick con un sorriso compiaciuto.

“E' il mio motto” si affrettò a chiarire la vice. “In caso di guai seri, non metterti mai nelle condizioni di non poterti sfilare dai guai e sgattaiolare via in meno di trenta secondi netti, quando occorre. Ma soprattutto...vedi di non rimanertene MAI senza armi.”

Il sorriso di Nick si allargò e si accentuò ancora di più.

Trenta secondi netti. Per essere pronti da subito a gettarsi nella mischia e ad aiutare gli altri. Ma anche per sparire, dileguarsi e far perdere la proprie tracce prima che le cose si facciano oltremodo difficili e complicati, al punto da divenire ingestibili. Ed ancor prima che qualcuno venga a renderti il conto per la tua condotta, nonché per le tue riprovevoli malefatte.

Da sempre il mantra, la regola aurea dei poliziotti. Degli sbirri integerrimi ed indefessi. Che non a caso fa rima con fessi.

E dei malandrini, anche. Dei criminali. Che non a caso fa rima con maiali, giusto per citare di nuovo un certo suino tristemente noto da quelle parti. Ed ovviamente anche con...

No. Meglio non indagare su con che cosa d'altro faccia rima. Questione di buon gusto.

Poliziotti e criminali. Due facce e due musi della stessa medaglia.

Non mancava mai di farlo notare a Carotina mentre pattugliavano ai piedi o scorrazzavano a bordo della volante d'ordinanza su e giù per le strade dei quartieri e dei distretti di Zootropolis.

Glielo diceva così, ogni tanto, come a volerglielo rinfacciare.

Una punzecchiatina velenosa ed urticante di zanzara qua e là, senza badarci troppo, giusto per indispettirla. E lei non mancava mai di abboccarci con l'esca, l'amo e tutta quanta la canna e la lenza, andando regolarmente su tutte le furie.

Quanto era adorabile, con quegli occhietti color dell'ametista ridotti a due fessure dalla stizza. Per non parlare del modo inviperito in cui reagiva. Anche se quando diventava così non c'era da stare a scherzarci troppo su o più del dovuto e del necessario. E toccava stare attenti, ben attenti a non oltrepassare il limite ed il punto di non ritorno con gli scherzi.

Ma nemmeno sfiorarlo era lecito, poiché per Judy certi argomenti erano puramente e rigorosamente tabù.

Per lei doveva essere inconcepibile anche il solo pensarlo, oltre che il dirlo. Anche se puramente per burla e al solo scopo di riderci e di divertircisi un po' su.

Per di più era uno in divisa, a pronunciare quelle che in cuor ed in animo suoi doveva cosiderare come autentiche scempiaggini.

A maggior ragione, dunque.

Eresie, a dir poco. Specialmente in bocca a chi doveva garantire il rispetto e l'osservanza della legge e dell'ordine. E l'incolumità di chi si impegnava a farlo.

Ma lui aveva sempre saputo guardare un pochettino più in là, su quelle cose. Oltre. Tanto da capire che tra i due regni, tra due regni che in teoria non avrebbero dovuto aver niente a che spartire, non vi era che una sottile striscia di confine a dividerli. E nulla più.

Proprio vero. Certe differenze sono così labili...almeno quanto i dettagli che le caratterizzano.

E i dettagli, si sa, certe volte sono tutto.

La legge e l'ordine contro il caos e la ribellione all'autorità ed alle istituzioni.

Due reami davvero simili, tra loro. Molto più simili di quanto essi stessi potessero essere disposti a voler ammettere. E riconoscere.

Per questo erano da sempre in guerra, l'uno contro l'altro. Senza tregua e senza sconti da ambedue le parti.

E' quantomeno logico, del resto. Se due cose si basano sullo stesso e medesimo principio, il mondo diventa troppo piccolo per entrambe. Persino l'universo, forse.

Non possono esistere due popoli eletti in egual posto ed in egual tempo. Non é proprio possibile.

Tornò con la mente ben piantata nel presente, dopo quella breve divagazione.

“Perfetto” le disse. “Bene, bene, bene. Molto bene. Ecco quel che si suol dire un bell'inizio, almeno a casa mia.”

“Altrimenti...” aggiunse, quasi con noncuranza, “...c'era il grosso e forte rischio che quel che ho in mente venisse stroncato ancor prima di cominciare a metterlo in atto. Una bella notizia é proprio quel che serve e che ci vuole per partire col piede giusto.”

“Il cielo ed il destino sono con noi!!” Annunciò, con un tono talmente raggiante da risultare quasi fuori luogo, dato che in un contesto ed in una situazione simili gli davano senz'altro e senza ombra di dubbio alcuna l'aria dell'autentico invasato.

Ma tutta quanta. Sul serio.

Stava emanando quella sorta di esaltazione inutile e fine a sé stessa che irrimediabilmente diventa persino fastidiosa, dato che all'interno di certi contesti non dovrebbe avere alcuna ragione o motivo validi che ne giustifichino ed autorizzino il palesarsi. Specie e visto come stavano messi.

“Allegria!!” Gridò, alzando l'unico braccio sano, disponibile e funzionante in gesto di trionfo. “Il cielo e Dio stanno senz'altro dalla nostra parte! E stando così le cose...non possiamo che vincere. Hallelujah!!”

“Halley – phukkin – looyah” proclamò Finnick, di rimando, abbassando sia la testa che lo sguardo e mettendosi la manina sul petto e all'altezza del suo piccolo quanto scatenato cuoricino.

“Sì, sì” asserì la vice. “E pure Deo gratias e viva Maria. Ma...tornando al puramente pratico, mi vuoi dire per una buona cavolo di volta cos'é che avresti intenzione di fare, per la precisione?”

“Ok, Maggie” le fece lui. “Ma per prima cosa vorrei rimanermene da solo ancora per un po'.”

La daina lo fissò stranita.

“Cosa...che cosa hai detto?!” Gli chiese, incredula.

“Hai sentito benissimo, agenete Thompson” le rispose all'istante la volpe. “Ho bisogno di starmene per i fatti miei. E come disse lo specchio nei momenti difficile...devo riflettere.”

E detto questo, percorse per conto suo e proprio ancora qualche metro, addentradosi nel primo strato del parco. E poi, dopo aver dato di nuovo l'impressione di essere come alla ricerca di qualcosa o di un posto ben preciso, compì ancor qualche passo in avanti ed in obliquo e si fermò. Per poi sedersi.

Sì. Fece esattamente quello. Si sedette.

Tastò una porzione di terreno, probabilmente per verificare che fosse di suo gradimento. E nell'istante successivo, dopo essersi girato ed aver dato sia le spalle che le terga alla zolla che aveva appena terminato di controllare, si lasciò scivolare lentamente e leggermente all'indietro piegandosi con la schiena, e mettendo giù il suo fondoschiena con folta e vaporosa coda annessa sul manto verde e soffice contornato di lunghi steli e fili d'erba. In buona e degna compagnia della mano che aveva appena impiegato nell'operazione di controllo, anche perché...a conti fatti, in tal momento non poteva che contare su quella. E quella soltanto.

Il tutto non certo senza una buona dose di sforzo e di fatica dato che l'unico appoggio che in quel preciso frangente gli veniva garantito e fornito, oltre alla suddetta ed appena menzionata mano, era costituito dal solo braccio sinistro. Non quello che di solito era avvezzo ed abituato ad usare, in quanto destrorso per natura.

Ed oltre a ciò, andavano messe e tenute opportunamente in conto anche le ferite, le escoriazioni, i lividi e le contusioni. Che per quanto sanate, curate e guarite, se pue alla meno peggio ed alla bell'e meglio, si facevano ancora ben sentire. E belle forti.

Sin troppo, andava aggiunto.

E va beh. Era andata. Era andata anche questa, dai.

Per volerla far breve, a costo di essere tediosi quanto ripetitivi ribadendo gli stessi e medesimi concetti sino all'ottundimento...Nick si era seduto.

Proprio così. Aveva messo le proprie chiappe sul morbido, che in fin dei conti erano la sola ed unica parte del corpo che non gli doleva. Forse.

Ed il tutto sotto lo sguardo attonito della daina, che proprio non riusciva a capacitarsi di quanto stava vedendo. Né di ciò che stava compiendo e combinando il suo diretto superiore.

“M – ma...ma che stai facendo?!” Gli domandò stupefatta quest'ultima.

“Semplice” tagliò corto la volpe. “Sto pensando.”

E per tutta risposta, oltre a quella che le aveva già espresso verbalmente, piegò il braccio precedentemente appoggiato ad angolo pefettamente retto e mise il gomito corrispondente a terra. Ed infine lasciò scivolare la sua schiena all'indietro in modo da potersi mettere bello disteso.

Per di più completò l'operazione piegando e mettendo i propri arti inferiori uno sopra all'altro, in evidente quanto inequivocabile posizione e postura di tipica siesta pomeridiana.

A quel punto, dopo aver estratto dal taschino ed indossato gli occhiali da sole a goccia che tanto adorava, mise la mano appena impiegata in quell'operazione dietro alla sua nuca e vi poggiò sopra la testa. E così ed in tal modo rimase, pacioso e pacifico come se nulla fosse.

Come se nulla e niente potessero scalfirlo, intaccarlo o anche solamente toccarlo in qualche modo.

A fissare il cielo e le nuvole che vi transitavano e vi scorrevano placide sopra ed al suo interno, così allungate negli strati che le formavano e componevano da sembrare delle gigantesche quanto affusolate dita rosate.

Immutabile. Inamovibile. Proprio come loro, nonostante il pigro e leggero fluttuare e galleggiare.

Inamovibile. Proprio come loro. Proprio coem quelle nuvole. Persino più di quelle nuvole.

“Ecco fatto” aggiunse. “Vi voglio informare che il sottoscritto sarà parecchio impegnato, da questo preciso momento in poi.”

“In quanto a te e al buon vecchio Finn” precisò, gettando ai diretti interessati un'occhiata fugace quanto distratta, “Avete la giornata libera. Fino a nuovo ordine. Il mio, si intende.”

“Come...come sarebbe a dire?!” Gli fece Maggie.

“Hai capito benissimo” le confermò Nick. “Tu e il mio socio siete liberi. Liberi di fare quel che più vi pare e piace, almeno fino a che non cambierò idea. Fatevi due chiacchiere, oppure andate a farvi due passi, o magari schiacciatevi un pisolino fintanto che ne avete l'opportunità. Perché sappiate che mi servirete belli carichi, dopo. Al momento opportuno.”

“C – cosa?!”!

“Fate quel che volete, in altre parole. A vostra scelta. Anzi, visto che ci troviamo su di un campo di pallacanestro...io un suggerimento ce l'avrei.”

“Su...suggerimento? C – che suggerimento?!”

Nick sbuffò. Quasi come se avesse a malincuore compreso che colei con la quale stava interloquendo non ci arrivasse proprio, per quanto si sforzasse.

“Facciamo così” le disse, emettendo un dolente sospiro. “Facciamo che per questa volta ve la do io l'imbeccata giusta. Ma alla prossima...fatemi il sacrosanto piacere di capirlo da soli, quel che intendo dirvi.”

Si drizzò in piedi, nonostante la nuova manovra gli dovette costare un evidente quanto sofferto surplus di sforzo e di fatica.

Si rimise lentamente in moto e a camminare, e raggiunse l'estremità opposta del campo.

Puntò deciso e direttamente al canestro, come se sapesse già quel che stava cercando. E da come si stava comportando...sembrava proprio saperlo.

Sì. Lo sapeva proprio, quel che stava cercando. Doveva saperlo.

Doveva saperlo per forza.

Andò e si recò dietro ed alle spalle del canestro sbrecciato e malridotto, sparendo parzialmente alla vista dei suoi due compagni. Si poteva solo capire, intuire che dal piegarsi della sue gambe si doveva essere leggermente rannicchiato. Come a voler prendere qualcosa.

Ricomparve a figura intera soltanto mezzo minuto dopo. E sottobraccio stava reggendo e portando qualcosa.

Un pallone. Un pallone arancione e perfettamente regolamentare, anche se mezzo sgonfio.

Probabilmente reso tale e ridotto così da qualche buco o foro praticato sulla sua superficie ruvida e appena zigrinata. Oppure ci aveva pensato soltanto ed unicamente il ripetuto e reiterato inutilizzo, dato che ad occhio e croce non doveva farsela con una pompa dell'aria o un compressore da chissà quanto tempo.

Ere, come minimo. Però non era completamente a terra. E questo era strano.

Lo si sarebbe potuto interpretare persino come un buon segno, vista l'attuale situazione in cui versavano e navigavano.

Era da considerarsi l'unico sopravvissuto dell'assalto, scampato alle devastazioni e alle razzie. Sempre ammesso e non concesso che ve ne fossero state.

Perché di tutto li si poteva accusare, a quel branco di balordi. Ogni cosa gliela si poteva tranquillamente rinfacciare con tutto comodo. E a piena ragione, visto che nella maggior parte dei casi e della volte si trattava di roba assolutamente giustificata e legittima. Così come il carico di livore e di rancore che ogni imputazione si caricava addosso e trascinava appresso.

Di sicuro erano vandali. Teppisti. Delinquenti. Criminali. Maniaci, anche sessuali. Depravati e dediti ad ogni genere di vizio. Forse addirittura assassini, in certi casi.

Ma di certo non erano ladri. Si limitavano semplicemente a spaccare e a sfasciare tutto, se così si poteva dire. Ogni cosa su cui riuscissero a mettere zampa e le loro grinfie, e difficilmente il bersaglio delle loro ire, mire e voglie distruttrici sfuggiva. Forse fatta debita quanto dovuta eccezione per tre rinomati tutori della legge, due dei quali alquanto raffazzonati ed imporvvisati...per non dire raccattati al momento.

Erano tutto quello, gli scagnozzi al soldo e sul libro paga di Quincey Carrington.

Ma non erano ladri. Tocca ripeterlo. E Nick sapeva bene, fin troppo bene pure questo.

Lo sapeva perché sia lui che il buon vecchio Finn erano stati ed erano forse tuttora dei delinquenti, anche se andava specificato che appartenevano a tutt'altro genere e risma.

Loro erano truffatori. Imbonitori. Turlupinatori. Ma nemmeno loro erano ladri.

Non lo erano, e non lo erano stati. Mai. Nella vita così come nella loro più o meno onorata carriera.

Mai. Neppure un solo minuto. Neppure un solo istante.

Il solo paragone o accenno a riguardo era da considerarsi un insulto. Pura e semplice infamia.

Loro non avevano né avevano mai avuto nulla a che spartire, coi ladri. E' una questione di principio.

Semplice quanto determinante.

Il ladro toglie. Ti toglie per davvero qualcosa. Qualcosa a cui magari la vittima teneva particolarmente, o alla quale era oltremodo, oltre misura ed oltre ogni dire affezionata. Ed in più te ne fa pure rendere conto, costringendo all'amara constatazione che l'oggetto sparito, sottratto e sottoposto ad appropriazione indebita é sparito. Probabilmente perduto per sempre.

Il ladro lascia con la presa di coscienza che da quel giorno in poi e per tutto il resto della propria vota sarà sempre così. Se ne dovrà fare a meno.

Sì dovrà fare giocoforza a meno di ciò che adesso é e si trova ormai in zampa sua. Che prima si aveva e che adesso ha lui. E a poco, pochissimo importa che lo si possa anche ricomprare, per sostituire ciò che é andato a far parte della refurtiva del sedicente manolesta. Perché non sarà mai come quello.

Non sarà mai come il primo. Che lo sié magari desiderato e sospirato a lungo, e per chissà quanto tempo. Acquistato e comperato a prezzo di tanti e gravi sacrifici, economie, rinunce.

Le cose, gli oggetti...non sono tutti uguali. La merce non é tutta identica.

Ognuna é speciale, specie se e quando fa parte delle nostre cose personali. Della nostra collezione privata.

Per la serie...io non ne compero un altro, perché non ne voglio affatto un altro.

Io volevo QUELLO.

Quello, capito? QUELLO.

Il truffatore, invece, come dice il nome stesso ti truffa. Ti frega. Ma non ti toglie nulla.

O meglio, qualcosa ti toglie. In genere dal portafogli, dato che dell'oggettistica in generale non se ne fa nulla.

Se vuole qualche cosa, se la compera direttamente coi soldi che si é ONESTAMENTE guadagnato.

Col suo ONESTO lavoro di truffatore, s'intende.

E' un'arte infinitamente più sottile.

Ti toglie anche lui, sotto ad un certo punto di vista. Ma dandoti l'illusione di averci guadagnato qualcosa in cambio.Anzi, di averci guadagnato e basta.

Ad una coniglietta si può far credere di aver fatto una buona azione, in modo da lasciarla con animo bello sgombro e sereno. E tutta bella convinta di aver fatto la cosa giusta, giustissima. E al momento giusto.

E allora...poco importa che le hai mentito, e quello a cui ha regalato un ghiacciolo enorme per pachidermi dopo aver convinto il proprietario nonché esercente dalla gelateria di venderglielo seduta stante sotto la minaccia di fargli piombare in negozio una bella ispezione sanitaria, non era affatto un tenero volpacchiotto. Ma un adulto di fennec dal carattere sanguigno, collerico e scorbutico che ha ignobilmnete sfruttato la sua compromettente bassezza con un patetico travestimento da carnevale.

Il negoziante e gelataio in questione, nonostante le reticenze a vendere i suoi prodotti ad una volpe, alla fine é pur sempre tutto bello contento di aver venduto un ghiacciolo in più.

E allora...poco importa che in realtà la volpe, il papà volpe in questione praticamente non abbia dovuto sborsare una solo centesimo. Perché i soldi provenivano direttamente dalle tasche dell'abbindolato di turno che ce li aveva messi di sua spontanea decisione e volontà. Senza contare che il papà non era nemmeno un papà, in quanto finto e falso genitore che si era solamente spacciato come tale. Per mero opportunismo.

Un branco di lemmings in pausa di mezzogiorno ed appena fuoriusciti dalla sede di una nota quanto rinomata banca nonché agenzia di brokers finananzari per non dire speculatori incalliti, dovevano esser sicuramente ben contenti di aver risolto in un solo colpo e botto il problema del pranzo, della fame e della sete causata dall'eccessiva calura del sole al massimo del suo splendore e fulgore. Trovando a pochi, pochissimi passi di distanza dal luogo di lavoro una bancarella che vendeva ghiaccioli a forma di zampa. Buonissimi, freschi e dissetanti, tra l'altro.

Ad allontanarsi troppo e più del dovuto per pranzare si perde tempo. E la produttività iirimediabilmente ne risente.

E allora...poco importa che la compravendita di quei ghiaccioli avvenisse in nero, senza nemmeno l'emissione di un solo straccio od ombra di scontrino. E che quei ghiaccioli venissero ricavati dal ghiacciolo gigante comperato in precedenza, sciolto sui bollenti tetti del distretto di SAVANA CENTRAL per poi raccoglierlo in grossi vasi da conserva dopo averlo fatto colare dentro e giù dalle grondaie del medesimo tetto che aveva provveduto a liquefarlo. Per poi versarlo negli stampi ricavati nel bel mezzo di un prato nel distretto polare di TUNDRATOWN. Totalmente innevato e dal manto soffice ed immacolato.

Beh, più o meno. E andava pure aggiunto che le sagome che davano la tipica forma a quei ghiaccioli le ottenevano mediante i loro stessi arti inferiori. Il tutto in barba alle più elementari norme igienche ed alimentari.

Il capo – cantiere che gestiva i lavori di cotruzione e di ristrutturazione nel distretto di LITTLE RODENTIA era ben felice di aver ricevuto il materiale a tempo di record. Anche se non era molto convinto, di quel colore così rosso acceso.

E allora...poco importa che quel materiale fosse composto dai bastoncini buttati in un cassonetto dai lemmings dopo aver divorato, sgranocchiato e fatto piazza pulita di tutti quanti i ghiaccioli in un batter d'occhio e di ciglia, ed in men che non si dica.

E poi, non si fa un gran parlare di riutilizzo consapevole delle risorse?

Non era forse un RICICLARE, il loro?

I cittadini di Zootroplis quella volta, in piena siccità e con l'acquedotto guasto, erano stati ben felici che qualcuno avesse avuto il nobile spirito d'iniziativa di mettersi a vendere bottigliette d'acqua porta a porta.

E allora...poco importa che i tizi che gliele avevano vendute erano gli stessi e medesimi che avevano provveduto a manomettere, guastare e far saltare le tubature dell'impianto giusto qualche ora prima. Ma solo dopo aver riempito a dovere tutte le bottiglie e le bottigliette vuote che era riuscito loro di rimediare e di raccattare in giro.

Un tizio che si ritrovava con tutte e quatro le gomme sgonfie era ben contento di imbattersi in un paio di buoni samaritani che, vedendolo in evidente difficoltà e con l'imprecazione e la bestemmia già in canna, in bocca e sulla punta della lingua, si prodigavano in maniera del tutto disinteressata a consigliargli un gommista che gliele avrebbe cambiate fornendogli un intero e nuovo treno di penumatici ad un prezzo onesto e più che conveniente.

E allora...poco importa che i due tizi lavorassero e fossero al soldo del famoso gommista. E che andassero in giro a bucare le ruote per suo conto, in modo da garantirgli un certo giro di clientela.

Una vera ed autentica manna dal cielo, visto che per quell'officina erano tempi bui e duri.

Certo, i portafogli Nick li aveva fatti anche lui, in qualche occasione. Specialmente quando andava per i bar, i locali e le distoteche durante le sere dei week – end, sotto il trucco, il rossetto, le gonne e le mentite spoglie della bella Nichole.

Ma non lo faceva certo gratis. In cambio degnava di attenzione, di avances e di sguardi fatali, languidi e pieni di promesse tutti i maschi solitari che riusciva a rimediare. E non proprio avvenenti, a volerla dir tutta e sincera sino in fondo.

Per una sera, per una sera almeno soltanto, anche loro si convincevano di essere speciali. E di far perdere la testa ad una bella femmina per foi farla cadere ai loro piedi.

E si sa che un povero bruttone dal cuore tenero ma splendente e raggiante di gioia é mille volte meglio di un belloccio dal cuore cupo. Ma infinitamente meglio.

Sta tutta qui, la differenza. Davvero.

Sia il ladro che il truffatore rubano. Grattano entrambi. E tutto ciò é vero.

Questo é sicuramente innegabile.

Ma il ladro genera tristezza, mentre il truffatore...genera felicità.

Lui ed il buon vecchio Finn facevano affari dispensando felicità a chi non ne aveva.

Per colpa loro, certo. Ma tant'era...

La gente era tutta furente ed arrabbiata, prima di incontrarli. E dopo, li lasciavano giulivi e sorridenti. Guardandosi bene dal dirgli che la causa prima dei guai che li assillavano tanto erano proprio loro due. Perché anche se il bersaglio scelto e designato era la prima volta in vita sua che li vedeva e che faceva la loro conoscenza, loro invece lo conoscevano. Lo conoscevano eccome.

Sapevano tutto di lui. Perché in genere lo tenevano d'occhio per giorni. Per intere settimane, persino. Addirittura per mesi, in certi casi particolarmente delicati.

Il truffatore deve conoscere e sapere tutto di tutti.

Il ladro é più grezzo ed estemporaneo. Non gli importa né gli frega nulla, della sue vittime. Non ci tiene alla conversazione, alla confidenza o alla corrispondenza. Non gli interessa perché in cuor suo si augura di non rivederla mai più. A meno che non la debba derubare di nuovo.

Il truffatore invece ci parla, si interessa, si appassiona. E si affeziona.

Lui e Finn sapevano tutto. Di tutti.Ogni cosa. Da sempre.

E' fondamentale. Per capire dove lo si può colpire. Per avere la meglio su di lui senza fargli male. Senza dover essere costretti a fargli del male per forza.

Il furto é un'arte da gentilmammiferi praticata da autentiche bestie. Questo si dice.

Per contro, si suol dire e si afferma che la truffa sia un arte da bestie particata da autentici qaunto genuini gentilmammiferi.

Tutto qui?

Tutto qui. Punto.

La volpe lanciò la palla in aria, disegnando nell'aere una perfetta curva a parabola.

Il pallone sgonfio oltrepassò la testa di Maggie, che ne seguì l'arco tracciato per un breve, brevissimo tratto e momento. E finì alle sue spalle, dove venne intercettato da Finnick.

Il tappo spiccò un balzo fulmineo e lo abbrancò con ambedue le tozze braccine, dopo averle allargate bene bene per riceverlo a dovere.

Se lo portò in grembo e le richiuse, stringendolo col massimo della forza di cui disponeva per non farlo disgraziatamente o malauguratamente cascare o cadere, mentre atterrava.

La daina non lo vide, ma dal doppio rumore nel consecutivo ordine di placcaggio e poi di piedi poggiati sul soffice terreno erboso ebbe modo di capire e di comprendere alla perfezione cos'era accaduto al di fuori del suo campo visivo. Che in quanto preda ed erbivora gli consentiva di vedere perfettamente sia lungo i lati che nelle retrovie, senza bisogno od obbligo di doversi girare.

Peccato solo che non avesse speso nemmeno un secondo, a fare quello sforzo.

Evidentemente non lo aveva giudicato degno della minima attenzione, da parte sua. Ed in maniera ancora più lapalissiana ed evidente doveva aver deciso di non spendere più una sola stilla di energia nel seguire cose o fatti che non avessero attinenza con quanto doveva accadere quella sera stessa. E con quel che avrebbero dovuto eventualmente fare per impedirlo ed evitarlo.

Ed in tutta onestà mettersi al lanciare in aria un pallone mezzo sgonfio non doveva rientrare nelle priorità di quel giorno. Men che meno nella lista delle cose di primaria importanza.

Se quel gesto dovesse avere una qualche utilità o valenza...almeno al momento non sapeva ne avrebbe saputo dire quale fosse. O cosa fosse.

La ignorava. Non ne vedeva il senso. E forse per il semplice fatto che non ne aveva alcuno, di senso.

Non poteva averne. A che serviva una cosa simile, adesso?

A cosa diavolo poteva mai servire?

“Fatevi due tiri” le propose con estrema naturalezza il suo capitano e comandante, nel mentre che era e se ne stava tutta quanta presa e persa nei suoi pensieri e considerazioni. “Così, giusto per ammazzare il tempo. Può darsi che possa aiutare a rilassarsi e a ritrovare la giusta predisposizione e concentrazione. O almeno é così, che dicono. Ed é quel che ho sentito dire in giro. Nel dubbio...provate. Non si sa mai.”

Già. Così. Come se fosse e si trattasse della cosa più semplice e scontata del mondo. Di questo mondo.

Maggie, a quell'esortazione, se n'era rimasta in silenzio.

Forse non aveva capito bene, e non era certa di aver capito bene. O addirittura c'era da poter scommettere e giurare che preferisse non aver capito.

Sì, con tutta quanta la probabilità si augurava, sperava di non aver capito.E pertanto non trovava nemmeno la forza di replicare, ribattere o rispondere in qualche modo.

In alcun modo. Perché non era possibile.

No, non era proprio possibile.

Doveva essere allibita, come minimo. Non riusciva a crederci.

Tutta quest'attesa preparata e studiata quasi a puntino per una cretinata del genere?

Una simile fesseria era il massimo con cui se n'era saputo uscire il suo superiore?

Quello era davvero il modo con cui intendeva risolvere ed uscirsene da quella situazione?

Non ci credeva.

No, non riusciva davvero a crederci.

Quelle parole erano talmente assurde e surreali da sembrare quasi un malriuscito tentativo di freddura. Ed infatti non facevano nemmeno ridere, pur risultando totalmente idiote. Anche se un effetto ce l'avevano certamente e di sicuro avuto.

E cioé che le avevano completamente sciolto, disciolto e dissolto il suo appena recuperato e ritrovato ottimismo misto ad entusiasmo. Più o meno come avrebbe fatto un cumulo di neve sotto ai colpi inflessibili e spietati della prima canicola dovuta all'imminente cambio di clima e di stagione.

Era fortemente ma fortissimamente tentata di rimangiarsi tutto quel che di buono aveva pensato sul suo conto, per non dire di peggio.

Del tipo di mettersi a rispondergli per le rime, se non addirittura di ricorrere a veri e propri improperi mettendosi apertamente e bellamente a coprirlo di insulti.

“Stai...stai scherzando, vero?!” Gli disse, cercando di mantenere un'invidiabile calma e compostezza, se pur a fatica. “Quei...quei dannati stanno venendo qui, se te lo sei dimenticato! Verranno qui questa sera stessa a finire il lavoro! A terminare il loro sporco lavoro cominciato la scorsa volta! E tu...e tu l'unica cosa con cui te ne sai uscire fuori sarebbe quella di mettersi a GIOCARE A BASKET?!”

“No, Nick!!” Sbraitò. “Sul serio! Ed io che sto pure qui impalata come una scema a perdere tempo ad ascoltarti! Senza offesa, ma tu ti devi essere completamente rimb...”

Un leggero tocco ricevuto nelle terga ed all'altezza dei lombi la costrinse provvidenzialmente ad interrompersi.

Un bel paio di dita più sotto ai lombi a voler essere onesti, sinceri e precisi sino in fondo.

Si voltò. Era Finnick. Ed era proprio come sospettava poc'anzi.

L'aveva preso lui, il pallone. Doveva averlo afferrato al volo e a mezz'aria con un balzo similarmente felino, anche se non lo aveva visto. E adesso lo stava facendo roteare vorticosamente su sé stesso sulla punta del dito indice sinistro come un cestita esperto e navigato, veterano di mille ed ancor più mille battaglie combattute sul parquet.

Lo aveva trasformato in trottola arancione, con la grazia e l'abilità degne di un giocoliere. Di un HARLEM FURTROTTER.

Avrebbe potuto chiedere un ingaggio nella celeberrima compagine, visto quel che stava facendo. Ed il tutto mentre con la zampina anteriore rimasta libera e disimpegnata ne aveva approfittato per rifilargli quella sorta di leggero pizzicotto all'altezza del sedere e poco vicino al codino.

“Non te preocupe, tesoro” la rassicurò il tappo, leggendogli lo sconcerto e lo sconforto che le si stavano dipingendo sul viso a macchia d'olio. Anche se il tentativo non dovette andare certamente a buon fine come invece aveva previsto, data la successiva risposta.

“T – tu!!” Esclamò Maggie. “M – ma...ma che stai...”

“Tranquila” proseguì il tappo, rimanendo pressoché indifferente all'allarmata reazione da parte sua. “Nessuna malizia o segundos finos, secondi fini. Yo te puede juràr que te volevo tocàr qualche spanna y diecina de cientimetri più de sovra, de sopra. Ma nun ce soy arrevado. Perdoname, ma l'altezza es quéla que es, quella che é. Purtroppo non dispongo de trampolòs, de trampoli. Y comunque te agg'giammò ritt' que sei muy carina ma non sei el mio tipo. Sin contàr que el tu bel culetto d'oro es già de qualchedun'otro. Ho plùs and plùs volte pecisato que le tu dù nalgas, le tue due chiappe hanno y tiengono un bel cartiello avéc escritto PROPRIETA' PREVATA piazzato sopra, si no es encore claro. Nun te offendere, y priendilo como un giesto de sano cameratismo. Como se fa tra i marmettoni de l'esiercito, por faire espirito de grupo. Y por returnàr al discorso de lo tus dos melones, a reguardo y a proposeto dell'acquirente en questiòn...no, muchacha. Tu te trompes. Te sbagli, y de gruesso. De grosso. Tu te sbaglie, sul mì socio. No s'é es rebambido. Y nemmeno glie es andada de vuelta la capoccia o gli é partida la cocuzza. Y te puede assecuràr que he isn't joke. No stava escherzando. Affatto. Ma prueprio por nada, proprio per niente.”

“Fidate” insistette. “Fidate de mi. Y de lù. Lo conosco da mucho y molto più tiempo y da una vida e miezza più de te. Abbastanza da poterte dir que me puoi credere sùr la palabra, sulla parola si te digo que quando fa accussì la megliòr cossa da fare es de lassarlo por conto suo. A reflettere. Por que segnifeca que sta architettando qualcosa, ne la su cabeza. Qualcosa de GROSSO. Y de qualunque cossa se tratti...te garantisco que es de seguro una BUMBA ATOMECA, una bomba atomica. A literally nuke bomb, baby! Yo nun so ti, non so te...ma dal canto mio je muoro, muoio letteralmiente da la voja de vedér que se inventa! Y tu no, forse? Yo no sto più into la pielle y dàns la pelliccia, BLOODY HELL! Ma a furia de starglie appriesso una cossa l'ho capita, tra una fesseria y l'altra ques spara contenuamente a raffeca. Y cioé que el todo y subbeto no existe, Nuts. Il tutto e subito no se puede haber, jamais. Alle volte, anze quasi sempre occorrono muy tiempo y muy paciencia.”

“Dobbiamo lassarlo de per lù” sentenziò. “Lasciarlo solo, bimba. Lasciarlo stare. E fare, per i fatti suoi. Y avere feducia en lui. Tutte le volte que en pasado ho fatto accussì...la mia attesa é siempre stata repagada. Y sottolineo SIEMPRE. Y più que abbondaintemént, credimi. E vedrai que anca esta vuelta sarà così, chica.”

“Sarà” commentò Maggie, mica poi troppo convinta. “Ma visto che mi hai detto e che continui a ripetermi di conoscerlo così tanto bene...ora non é che saresti in grado di dirmi cosa diamine dovremmo fare a questo punto, secondo il tuo modesto parere?”

“Oh, it's muuuy simple” le rispose candidamente il fennec. “E' molto siemplice, zuccherino. Seguiamo el su conseglio. Ad esta ora sarei già dovuto andare a remediàr un pallone da basket, dato que ce ne dovrei avere ancora uno da qualche parte sul fondo del mì furgone, anca se un pocorillo esgonfio. Ma come puoi bien vedere...”

Le mostrò il pallone messo in equilibrio sul dito, che ancora girava.

“...Come puoi ben vedere tu stessa, tanto per cambiare il mio socio ce ha giamòo pienzato. Y me precieduto. Rién a faire, nun ce sta proprio niente da fare. Comunque la mettiamo, es siempre un passo e più avanti de mi.”

“C – che?!” gli fece lei, sgranando gli occhioni color nocciola. “N – non...non starai dicendo sul serio, spero! N – non...non vorrai davvero metterti a...”

“Ben detto, Finn” intervenne Nick poco distante, fugando ogni dubbio e timore o incertezza a riguardo. “Davvero ben detto, vecchio mio. Una saggia decisione, la tua. E riguardo al tuo discorso, parole sante.”

“Ma...” obiettò la daina.

“Te lo ricordi?” la bloccò lui. “Ricordi quel che ti ho sempre detto, vice – sceriffo Thompson?”

Ecco. E ci risiamo. Quando tirava in ballo direttamente il suo cognome, era una chiaro segnale.

Era l'invito a non avanzare pretese o rimostranze di sorta, perché tanto non sarebbero state accettate.

Ascoltate forse. Magari quello sì. Perché ognuno é libero e deve avere il diritto di avanzare e di esperimere le proprie opinioni e perplessità. Ma poi non sarebbero state minimamente o per nulla prese in considerazione.

“Ricordi quel che ti ho detto che devi fare con me, sin dall'inizio?” La incalzò. “Ripensa al primo, al primissimo giorno in cui io e te ci siamo incontrati. E conosciuti.”

“Nick, i – io...”

“Allora? Te lo ricordi? Vediamo se hai buona memoria, dato che a quanto pare sembri dimenticartelo sempre.”

“Io...sì” disse Maggie. “Me lo ricordo.”

“Ecco, brava” le rispose Nick. “Comunque, ho deciso di rammentartelo ancora una volta. Così, giusto per sicurezza e per stare tranquilli. Io ORDINO, tu ESEGUI. Tutto qui? Tutto qui. E adesso...io ti comando, anzi vi comando di spassarvela. E' un ordine. Fino a nuovo ordine, naturalmente.”

“Mi sono spiegato?” Aggiunse poi. “Sono stato abbastanza chiaro?”

Maggie annuì mentre lo fissava, attonita. O meglio Nick immaginò che lo stesse fissando da dove si trovava dato che, nonostante la vicinanza, non si stavano neanche guardando direttamente in faccia.

Forse lei temeva che se i loro sguardi si fossero incrociati gli sarebbe scoppiata a ridere in faccia, vista la situazione a di poco paradossale che si era venuta a creare. E tutto per merito suo.

Non poteva scorgerla, da quel punto. E pertanto non poteva averne una prova solida e concreta.

Ma grazie al suo intuito lo sentiva, riusciva a percepirlo.

Sapeva che era così.

Il sesto senso del delinquente.

La sua dote innata. Perché un malandrino lo capiva sempre, quando aveva le palle delle pupille di qualcuno puntate addosso, come e peggio del mirino di un fucile, di una carabina o di un'analoga arma di precisione alla lunga distanza. Tipo quella di cui disponeva ancora la sua collega, guarda caso.

Se li sentiva. Si sentiva i suoi occhi fissi addosso.

Fissi addosso e pieni, stra – carichi di domande rimaste insolute. Ed incompiute.

Doveva essere così. Doveva per forza essere così.

Era come se gli stesse rivolgendo una silenziosa quanto accorata supplica. Di farle capire, comprendere qualcosa.

Qualcosa in più, anche un semplice poco, di ciò che aveva in mente e che gli frullava nella testa.

Era pur sempre meglio di niente, da come la poteva vedere lei.

Anche la piccola, tenue e gracile fiammella può aiutare, quando vaghi perso nelle tenebre che possono essere di una landa sconfinata o di un buio ed umido sottoscala. Oppure di un animo inquieto ed incerto, che non sa che o cosa fare né quali pesci pigliare o più a quale santo votarsi.

 

Credi in me, pensò, rivolgendosi a lei.

 

Non smettere di farlo, nonostante tutto.

Mai. Nemmeno quando tutti quelli intorno ed attorno a te sono di parere contrario.

Neanche quando tutti ti dicono che ti stai sbagliando, e vogliono tirarti e spingerti nela direzione opposta. Anche se é quella che ritengono più sensata. E giusta.

Non cambiare idea.

Neppure se ti dovessi ritrovare da sola contro al pericolo. L'unica, a decidere di fronteggiarlo.

Neppure se dovessi affrontare il mondo intero, per conto tuo.

Continua a andare dritta per la tua strada. E a non capire nulla, sino alla fine.

A non voler capire nulla, e a fare a modo tuo. E di testa tua.

Proprio come faceva lei.

Proprio come faceva Carotina.

Proprio come ha sempre fatto JUDY. E proprio come mi ha sempre insegnato.

E' solo grazie a quello.

E' grazie a quello che ho potuto cambiare.

E' grazie a ciò che ho potuto trovare la forza per poter cambiare, e per fare ciò che devo fare. E che sono chiamato a dover fare.

La cosa GIUSTA.

Grazie a quello, posso fare ciò che é giusto. Che SO che é giusto.

La cosa giusta. Fatta dalla persona giusta, al posto giusto e nel momento giusto.

Sempre.

E' grazie soltanto a tutto quello che ha fatto per me. Donandomi la sua lealtà e la sua fiducia totale ed incondizionata.

La sua FEDE.

Lei, Judy...credeva in me. Ha sempre creduto in me.

 

Credi in me, Maggie.

Continua a credere in me, ed in ciò che faccio. Ed in tutto quel che sto facendo e continuando a fare.

Ti prego, Maggie.

CREDI IN ME.

TI PREGO.

 

“Divertitevi, mi avete capito?” Ribadì loro. “E' un ordine. E visto che si tratta pur sempre di tirare a canestro...cercate magari di fare anche centro, visto che ci siete.”

“Allora, muchacha...partita?” Fece Finnick alla daina.

E subito dopo la incalzò mostrandole di nuovo la sfera di gioco, ed arrivando fin qausi a porgergliela.

La vice sbuffò.

“Tutto questo...tutto questo é assurdo” commentò, scuotendo leggermente ed a ripetizione il capo. “E' semplicemente assurdo.”

“E va bene” aggiunse. “Và a aprendere il maledetto pallone prima che...”

“Errata corrige, pupa” la bloccò il tappo. “You' re wrong. Tu te trompes. Ce l'ho già. Come puoi bién vedere. Sennò cos'é che ti stavo passando, scusa?”

E scoppiò a ridere, divertito.

“Ahr, ahr, ahr!!”

“Uff...ok. E va bene” Ripeté Maggie, scuotendo di nuovo la testa ed allargando le lunghe ed affusolate braccia con fare sconsolato, quasi in evidente segno di resa. “Passami una buona volta il maledetto pallone e vediamo di iniziare a giocare e a fare due tiri, prima che cambi idea. E prima che vi mandi a quel paese tutti e due, per non voler dire di peggio.”

“Bravò!!” commentò entusiasta il piccoletto. “Trés bién! Brava! Esto sì, que es l'espirito giusto!!”

Anche Nick ne fu contento e ben felice, non appena ebbe udito il suo compare pronunciare quella frase.

Già. Era davvero quello.

Era davvero quello, lo spirito giusto. Anche se non la si poteva ancora definire troppo convinta, la sua fidata ed attuale partner aveva decisamente imboccato la strada giusta.

Finalmente, veniva proprio da aggiungere.

Stava finalmente iniziando a comprendere.

Cominciava a capire.

Meglio tardi che mai, come si suol dire.

Proprio come aveva capito lui nel momento stesso in cui Carotina era entrata a far rocambolescamente parte della sua vita. E sin dai primi, primissimi attimi.

Anche Nick ci aveva messo un bel po', specie in principio ed all'inizio. Ma poi ci era arrivato, con un po' di pazienza.

Ci era arrivato a capire come dover agire e come doversi comportare, se davvero aveva l'intenzione di voler collaborare ma sopratutto di fare coppia fissa con lei nelle indagini e sulle strade, a pattugliare.

Smetterla.

Smetterla di fare domande. Di porre un sacco di quesiti inutili quanto superflui. Per non voler stare a dire addirittura molesti.

Smetterla di nutrire sempre e continuamente dubbi e timori di ogni genere e sorta.

Smetterla di avanzare obiezioni vita natural durante.

Smetterla di contraddire e di fare polemica ad ogni pié sospinto.

Smetterla, tradotto in altre e poche parole.

Smetterla, una buona volta.

Era quello, il punto. La chiave di volta di tutta quanta la faccenda.

Era quella l'unica cosa da fare, la sola che restava e rimaneva.

L'unica, vera scelta.

Era quella, la vera impresa.

E' QUESTA, l'unica e vera impresa.

In un mondo che avanza sempre, comunque e ad ogni costo la pretesa di capire sempre tutto e subito e di voler trovare per forza la spiegazione e la logica per qualunque cosa, quello era il primo passp da fare.

Un passo obbligato. Obbligatorio, ma necessario.

Quella scelta rappresenta la chiave. La chiave per affidarsi ed abbandonarsi completamente ed interamente a colui o a colei che hai al tuo fianco.

Perché là fuori é una giungla. Era e rimane pur sempre una giungla, nonostante le liane, i tronchi, le foglie, i cespugli e le fronde siano tenute ben nascoste da intere colate di cemento ed asfalto. E dall'acciaio di travi, impalcature, rotaie e binari.

Una giungla dentro alla quale si sta svolgendo e combattendo un'autentica, quotidiana lotta per la sopravvivenza.

Dentro cui sta avvenendo una vera e propria GUERRA. Senza esclusione di colpi. Nemmeno quelli bassi ed infimi.

Ed in guerra, se non ti puoi fidare ciecamente di chi hai vicino, al punto di donargli ed affidargli la tua stessa vita come lui farebbe con te, senza la benché minima esitazione...sei finito.

Sei automaticamente fregato. Puoi considerati già bello che morto.

Lo si é già detto. Ed ora lo si ripete, nel caso il concetto non sia ancora ben chiaro e limpido.

Fede.

Perché di fede, si tratta. Parte tutto da lì.

Di quella fede che nei momenti critici, decisivi e difficili ti fa e ti permette di compiere le gesta più pazzesche, disperate e improbabili. Ma anche nobili.

Del tipo di risolvere un caso da solo, là dove l'intero corpo di polizia cittadina al gran completo brancola nel buio da settimane e settimane, senza ancora esser giunto a capo di nulla. E che da altrettante settimane sta stringendo l'intera città in una spirale ed una morsa di puro terrore e paura.

Farcela, contando solo sulle proprie forze e capacità. E su quelle del proprio compagno.

 

Accelera, Nick.

Fidati di me. E fa come ti ho detto.

ACCELERA.

 

Già.

Carrots was right. Era proprio il caso di dirlo.

Carotina aveva ragione. Aveva sempre avuto ragione. Su tutto quanto.

Aveva sempre capito tutto, al volo. Ogni cosa. E ci arrivava sempre prima di lui.

Immancabilmente.

Era giunto il momento, dunque.

Era giunto il momento di accelerare, prememdo il pedale al massimo. E di prendere ad avanzare dritti per la propria strada.

Di procedere sicuri, con passo fermo lungo il percorso che si é scelto, senza più alcuna paura a bloccarci. E senza fermarsi più.

Di proseguire fino in fondo, senza più voltarsi o tornare indietro.

Sino alla fine.

 

Avanti, Nick.

Sempre avanti.

SENZA VOLTARTI MAI.

E così, che vivo io.

E' così, che ho sempre vissuto.

E così, che sono arrivata dove volevo.

E' così che ho cominciato, quel lontano giorno.

Ed é così che voglio finire, un giorno.

E' così che MORIRO'.

 

Proprio così.

Era proprio così che avrebbe voluto morire, un giorno.

E a volerla dir tutta...ultimamente ci era andata spaventosamente vicino, a quel suo indefesso proposito.

Più fesso che indefesso, sinceramente.

E allora, stando così le cose...a cosa era servito?

A cosa le era servito, tutto quel gran da fare e dannarsi che si era data?

A finire sul letto di un ospedale, in coma, con l'allegra prospettiva di non potr nemmeno più camminare una volta che avesse ripreso conoscenza? Sempre ammesso che si fosse risvegliata?

Ma forse non tutto era perduto.

Forse non era ancora detta l'ultima parola. Perché in giro, in circolazione vi era ancora qualcuno che aveva qualche cosa da dire e da aggiungere, in merito.

Qualcuno che la pensava come lei. Che aveva imparato a pensarla come lei, ormai. Uguale.

E fino a che ci sarebbe stato in giro qualcuno in grado di continuare la sua opera, allora, forse...ci poteva essere, ci sarebbe stata ancora speranza.

Prendere il suo posto, questo no. Mai.

Assolutamente.

Però poteva continuare il cammino che lei aveva intrapreso. Proseguire lungo il sentiero che Judy aveva tracciato.

Loro due erano proprio come il sole e la luna.

Carotina era il sole, che aveva ceduto spontaneamente una parte dei suoi raggi e del suo calore, permettendogli così di cominciare a brillare e a splendere finalmente di luce propria.

Ma adesso...adesso forse era arrivato il momento di ricambiare e di restituire il favore.

A furia, a forza di ceder raggi il sole, il suo sole si stava indebolendo. E si era affievolito, arrivando fin quasi a minacciare di spegnersi. Del tutto.

Ora toccava alla luna. Ma non certo di sostituirsi ad esso, bensì di cedere una parte della sua fioca luminescenza riflessa. In modo da poterlo riattivare. E farlo tornare così a riscaldare ed illuminare tutti quanti.

I loro cuori, le loro menti e i loro spiriti.

Le loro anime.

Toccava a lui, ora.

Toccava a Nick.

Era quel che era chiamato a fare, ora.

Ed era proprio ciò che avrebbe fatto.

E fosse dannato mille volte se non vi fosse riuscito a farla.

Che cosa?

LA COSA GIUSTA.

La cosa giusta da fare. Al posto giusto, al momento giusto e per mano e zampa della persona giusta.

La coa giusta. Niente di più e niente di meno.
La cosa giusta. Nient'altro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Ed ecco che effettua il tiro, ma come in una vera e propria schiacciata degna di una partita di volley professionistico Grant alza un autentico muro, e con una manata colpisce la palla ributtandola sul pavimento di gioco. Il buon vecchio zio Horace tenta di recuperare la palla per imbastire l'azione, ma non vi riesce e la sfera torna nelle mani dell'avversario che effettua al volo un passaggio. Ma per fortuna il fido e compagno e collega Cartwright intercetta e spezza l'offensiva. I due pilastri difensivi dei Bulls sono sempre una solida garanzia. Ma ecco che adesso la palla passa a Pippen che si defila di colpo sulla sinistra portandosi a spasso il suo marcatore. Che giocatore, signori, che giocatore...in qualunque altra squadra sarebbe l'assoluta stella, il fuoriclasse. Eppure qui, tra tanti campioni, si é quasi ridotto a fare poco più che il gregario attirandosi spesso una miriade di insulti e di critiche totalmente ingiuste e ingiustificate, da parte di veri imbecilli che di basket non capiscono nulla...ma intanto ben lo sappiamo tutti cosa ha intenzione di fare, il nostro Scottie. Quello che fa sempre. Il suo scopo é innescare Lui. Jordan. E difatti gliela passa proprio in questo preciso istante. Air Michael si inventa e trova un corridoio invisibile fatto d'aria tra i due difensori e se li beve al volo! Quando Mike parte non lo tiene nemmeno una squadra intera al gran completo, gente! E adesso eccolo già che penetra nell'area piccola e dopo i consueti tre passi sta per schiacciare a canestro. E'...e assurdamente lungo il tempo in cui riesce a stare in sospensione a galleggiare nell'aria, questo tizio! Sembra stia salendo su di una scala che solo lui vede, ma...WOOOH – HOOOHH! All'improvviso lancia la palla all'indietro per l'accorrente Paxson che effettua un tiro da tre punti, la sua specialità...centro perfetto, amici telespettatori! I Bulls passano in vantaggio con un'azione da cineteca! E da quel che vedo, hanno tutta l'intenzione di rimanerci fino alla fine! Mh – mmmh! Fe – no – me – na – le!!”

Il buon vecchio Finnick stava letteralmente improvvisando ed inscenando una partita di pallacanestro. E praticamente tutta da solo, per giunta.

E a giudicare dall'intensità dell'impegno profuso, doveva trattarsi come minimo di una sfida valdia per l'accesso ai play -offs. Oppure di una della fase ad eliminazione diretta. Se non addirittura della finale di stagione.

Gara meno uno, magari.

Correva, scattava, dribblava, palleggiava, fintava e saltellava in continuazione qua e là. Ed infarciva il tutto con un accurato quanto minuzioso commento in pieno stile da telecronaca di evento pay per view, dallo smaccatissimo e riconoscibilissimo accento ed inflessione yankee. O yanqui, come soleva ed amava tanto dire e definire lui, da sempre amante dei termini ispanici.

E a voce alta, rigorosamente.

ALTISSIMA. A livelli criminali, se non da denuncia vera e propria.

Sembrava stesse ricostruendo per suo conto una partita storica, d'archivio. Ed ovviamente, secondo i precisi quanto severi dettami e canoni del copione che doveva avere in testa e che stava seguendo ed osservando pedissequamente e scrupolosamente, attinendosi ad esso con una precisione ed una cura pressoché certosine, concluse l'azione che aveva imbastito con un traversone da fuori area che si insaccò in pieno dentro al canestro più distante e lontano.

Da vedere era certamente uno spettacolo impressionante. Ed assordante, visto il frastuono ed il fracasso che stava causando con quella sua pantomima e sceneggiata.

Un sottosopra ed insieme una baraonda da non descriversi, ecco cosa stava facendo.

Maggie, che lo osservava in disparte in quanto si doveva essere già e ben presto stancata di giocare, rifletté che molto probabilmente l'andare in compagnia di un tipo simile allo stadio per assistere alla partita di un qualunque tipo di sport doveva essere come minimo uno spettacolo memorabile, a dir poco. Indipendentemente dal tipo di disciplina che si intendeva guardare.

Figurarsi un concerto, allora. Dove vi finisce e ci si passa l'un l'altro praticamente di tutto. E spesso quel tutto é tutto tranne che legale. Men che meno salutare.

Di sicuro Finn era uno di quelli che lo procurava, quel tutto. Per poi rivenderlo e spacciarlo.

Su questo stava riflettendo la giovane, mentre il pallone scendeva ed iniziava a rimabalzare ripetutamente a terra, per poi avvicinarsi a lei.

I rimbalzi si fecero via via e progressivamente semore più piccoli e ristretti fino a che la sfera non iniziò e cominciò semplicemente a rotolare, fino a terminare quella sua corsa sfrenata all'altezza delle sue estremità inferiori.

La palla era arrivata ai piedi dei suoi piedi.

Che nessuno l'abbia a male ma era irresistibile quanto sciocca, come freddura. Non la si poteva non mettere.

No, non si poteva proprio farne a meno.

“Io non capisco” disse, mentre si chinava con la schiena a raccoglierla, e giusto un istante ed un attimo prima che essa la toccasse.

“Y cossa l'é que tu no capisce, hm?” le disse il nanerottolo dalle lunghe e grandi orecchie. “Cos'é che non capisci, darling? Sbottonati un po', col vecchio zietto Finn.”

Lei lo guardò, sbuffando.

“Ehr...no entendievo cierto en sienso letéral, comunque” si corresse e si schermì lui, onde evitare possibili equivoci.

“Guarda che lo avevo capito” precisò la daina. “Non c'era certo bisogno di chiarire, o che tu ti giustificassi. Tanto...con te, volenti o nolenti, mi sono resa conto da un bel pezzo che quando con te sempre lì, si va a parare. Tocca farsene una ragione.”

“Ah, gut” le rispose l'altro, quasi come tranquillizzato e rincuorato da quell'affermazione. “Bueno.”

Portò la palla appena afferrata in alto, in corrispondenza del suo muso, e poi scoccò un tiro, poco convinta.

Il pallone centrò il tabellone, di poco distante dal quadrato centrale. Rimbalzò sul bordo esterno dell'anello e finì fuori, a rimabalzare di nuovo sul campo.

Non aveva fatto centro, ovviamente. E contrariamente a quanto gli aveva consigliato ed ordinato il suo attuale capo e principale. Ma se si considerava che si era trattato di un tiro effettuato così, tanto per tirare e basta, fine a sé stesso e per il puro piacere di farlo...il risultato andava consierato come tutt'altro che disprezzabile.

Davvero niente male, per essere stato un tiro relizzato a casaccio e senza ragionare. E poi si poteva sempre e comunque ritentare e riprovare di nuovo, no?

Giusto?

“Già. Tocca proprio farsene una ragione” ribadì Maggie, più che altro a sé stessa, mentre si sedeva e metteva le proprie mani e braccia attorno alle ginocchia, avvolgendole e circondandole senz alcuna possibilità di fuga o scampo con quelle sue slanciate leve che si ritrovava, e che dovevano come minimo essere imparentate con le gazzelle della savana.

Un regalo da parte dei suoi simili o piuttosto un'eredita da parte della altre? Chi é che era venuta prima, tra loro? I daini, oppure le gazzelle?

Difficile dirlo. Ancor più stabilirlo.

“Tocca proprio farsene una ragione” ripeté ancora. “E immagino che lo stesso valga per il tuo caro amico fraterno, no?”

“Un soldino bucato por i tuoi pensieri” intervenne Finnick. “Un soldo, siempre que ne valga la pena.”

“Avanti” insisitette, esortandola. “Che te frulla, into la cabeza? A que pensi?”

“Mi riferivo a lui” gli spiegò Maggie, indicando Nick.

Era ancora sdraiato sul prato nella stessa posizione di prima, perfettamente immoto ed immobile, a fissare il cielo, immerso nei suoi profondi pensieri e riflessioni.

Con tanto di occhiali scuri e gambe tenute accavallate ed incrociate.

Tutto come prima. Esattamente come prima.

La vice si stava chiedendo, e non poteva proprio fare a meno di farlo per quanto provasse e riprovasse continuamente, quand'é che si sarebbe finalmente deciso a rendere partecipi anche loro due delle sue continue e senz'altro complesse elaborazioni ed elucubrazioni mentali. Di qualunque genere esse fossero e di qualunque cosa o argomento trattassero.

Sempre ammesso e non concesso che la volpe stesse veramente riflettendo su qualcuno, o su qualcosa.

“Io non capisco” aggiunse lei. “Ti giuro, non capisco...non capisco proprio, per quanto mi sforzi. E'...é da più di un'ora che é lì così. Fa quasi tenerezza, per non dire pena. Non...non si capisce a cosa stia pensando. Io, io non...”

“Io ti giuro che non riesco a capire nemmeno se stia realmente, pensando a qualcosa” confessò.

Si rialzò in piedi, ed andò incontro al pallone che stava ancora una volta rotolandole incontro.

Lo intercettò nei pressi dell'area piccola ed interna, lo rialzò in alto e tirò di nuovo, questa volta facendo canestro.

Due punti, per la precisione. C'era da dire che, rispetto al tiro precedente, si era senz'altro e senza alcun dubbio avvicinata. E di parecchio, pure.

“Io...io non so più che fare” ammise. “Non...non so davvero più che cosa fare...”

“Tsk, tsk. Mia giovane padawan, occhi che non vedono tu hai” la ammonì il fennec, cambiando quasi tono di voce.

Maggie lo guardò, stupefatta.

“Eeeesatto” proseguì lui, mutando ancora timbro fino ad assumere una cadenza greve e severa. “TU HAI OCCHI CHE NON VEDONO, STOLTA GIOVINE IMPLUME!!”

Sembrava quasi che fosse diventato una sorta di demonio, a giudicare dalla voce. Pareva come posseduto.

Gli mancavano giusto gli occhietti rossi e satanici, d'ordinanza, come il copione di ogni bravo film horror a base sulfurea e di diavoli che si rispetti prevede.

Ma la giovane in questione nonsembrava tanto stupita da quella sua sottospecie di trasformazione, degna di un attore consumato. O di un ciarlatano mavigato e d'annata, che tanto la base é la stessa e medesima.

Sempre di raccontar frottole e di ingannare la gente, si tratta. Facendo finta di essere quel che non si é affatto.

E' tutta una gimmick, la vita. Ecco la verità.

“Come...come hai detto?” Gli fece.

“Rién, rién, ma petite” la tranquillizzò il botolo. “No te preocupe, chérie. El sotto y piuro scritto agg'utilezzato seulement una breve, brevissema licienza poetica, si accussì se'ppò ddì. Se così si può dire. Lungi da moi volerte mancare de respecto, bimba. Ma el facto es que...il fatto é che tu non vedi avec los mi stessos ojos. Non vedi coi miei stessi occhi. Ma sopra y todo, soprattutto...tu non lo vedi coi miei stessi occhi. Tu no vede el mi socio como lo vedo yo. Por que tu no lo conoscie como lo conusce el aqui presiente. Y enoltre...non lo conosci quanto lo conosco io. Tu me stai a ddì que non sai que fare, y me dici que non riesci a capìr quel che pienza, che pensa...io te respondo que en esti momenti me par de vedér el su karma mientre se libera per poi librarsi into nell'aere, e gli ingranaggi del su' ciervello muoeverse all'entierno de la escatola craneca de la su cabeza de zorro. Y te assecuro que es un cervello que partorisce idee MARAVILLOSAS quando se mette all'opera. Qunado attacca a trabahàr...quando se miette au tràvail, al lavoro, FA PAURA. Ma solo a patto de lassarlo libero de lavorare, però.”

“Ed esto es quelo que yo and ti dobbiamo fare” disse, prendendo il pallone che questa volta era finito dalla sua parte, e rilanciandoglielo. “Ed é proprio quello che faremo.”

“Lasciamolo stare” le consigliò, puntandosi il dito indice sul bordo delle nere labbra. “Sssshhh.”

“Sarà...” rispose lei, sempre più perplessa e sempre più poco convinta. E sempre meno fiduciosa, tra l'altro.

Per non voler stare a dire per nulla. Più per niente.

“E sia” commentò. “Facciamo ciò che dici. Tanto, visto come stanno messe le cose, e visto come stiamo messi...cosa cambia? Che abbiamo da perdere, ormai?”

“Trés bien!!” Esultò Finn. “C'est magnifique! Maravilleux! Lo vedi? Vedi che anca tu cominci ad emparàr da lo mestre? Ad imparare dal maestro, muchacha? Esto, es l'espirito muy correcto! Questo, é lo spirito giusto! Continua accussì y bién priesto podari viagiàr sùr la mi stessa y misma lunghezza d'onda!! Coraggio, te manca poco! Muy poquito!!”

Maggie, in pressoché perfetto silenzio e senza aggiungere ulteriori negativi quanto possibilmente destabilizzanti pareri, si limitò a deseguire un altro tiro.

Altro canestro. Consecutivo, questa volta.

Due di fila. Stava decisamente cominciando a macinare almeno punti, se non gioco.

La palla, dopo essere entrata di nuovo dentro al cesto, rimbalzò e poi rimbalzò ancora ed ancora fino a rotolare nella sua direzione. Ma aveva decisamente troppa spinta e slancio, rispetto al centro precedente.

La sorpassò ed entrò nella zona verde, per poi giungere e caracollare fino alle zampe inferiori di Nick.

Questi alzò e poi subito abbassò il suo sguardo, quasi a voler capire cosa avesse mai potuto distrurbare ed interrompere il suo raccoglimento quasi ascetico. E, facendo forza sul braccio rimasto ancora bello sano ed in forze, lentamente si mise seduto.

La vice lo fissò. Ciò a cui stava assistendo sembrava un segno.

Sì. Aveva tutta quanta la dannatissima aria di essere un segno. Un segno premonitore in piena regola. Se non fosse che...

Fece per andargli incontro, ma Finnick la bloccò con un fulmineo cenno del braccio.

“Ferma dove sei!!” Le ordinò. “Nun te azzardare a fare un solo passo! Y non muevere un solo muscolo, por la malonza! Y già que tu ce es...respira seulemént se es estretamiente necesario.”

“Que tu m'as Compris?” Le domandò.

“S – sì” gli rispose lei. “Ma...”

“Je sais, chica. Lo so. Ma forse ghe semo. Ci siamo. Vediamo ora che succede. Stiamo un poquito a 'vvedé che succiede, ok?”

“T – tu...tu dici?” Chiese a sua volta lei.

Anche il piccoletto aveva avuto, doveva aver avuto la stessa e medesima pensata.

Oppure, per volerla dire alla sua rigorosa maniera...anche lui doveva aver intravisto una qualche sorta di segno in quel gesto improvviso da parte della volpe.

Forse ci stavano davvero riuscendo. Ce la stavano facendo per davvero.

Forse stavano davvero iniziando a viaggiare sulla stessa lunghezza d'onda.

E la cosa più incredibile che l'allusione non era più riferita a loro due, ma...a tutti e tre.

Se non fosse che...

“Speriamo bene” si augurò Maggie. “Sarebbe già la quarta volta, da quando si é piazzato lì. Abbiamo avuto già tre falsi allarmi” precisò. “Tre, da quando si é piazzato lì.”

Eccolo. Ecco il problema. E con buona pace e rassegnazione da parete di chi sostiene che nei cartoni animati la terza sia quella decisiva e definitiva.

Per ben tre volte l'attuale sceriffo di Haunted Creek aveva alzato e levato all'in su il capo, quasi a dimostrare di essersi ridestato dal profondo torpore in cui si era assopito ed in cui pareva esser sprofondato sin dal primo, primissimo momento e minuto. E sempre per ben tre volte si era rimesso subito dopo esattamente come prima. Come se nulla fosse mai accaduto o successo.

Doveva aver avuto sicuramente l'ispirazione, in quei momenti. Peccato soltanto che non dovesse averla ritenuta buona, giusta o quantomeno degna di attenzione o considerazione.

E via da capo, di nuovo.

“Te l'agg'giamòo ritt'” disse Finnick. “Te l'ho detto, Nocciolina. Y tu sas, lo sai. Sai como sie dicie...da ahora en depuis NUN SE MUEVE Y NUN SE AGETA RAMO O FOGLIA SI PRIMA EL MI SOCIO NUN SE ALZA Y NUN VARCA LA SOGLIOL...uhm, cioé, la soglia. Perciò...FERMI TUTTI!!”

Sia lui che Maggie parvero trasalire all'unisono.

L'aveva fatto, porca miseria.

L'aveva appena fatto, porcaccia di una miseriaccia ladra.

Il gesto. Il gesto diverso dal solito e dal consueto. Che stava a dimostrare questa volta non era affatto da considerarsi come le precedenti. Come tutte quante le altre prima di questa.

Ed infatti Nick armeggio nella divisa mezza rovinata, strappata e sbrindellata allo scopo di estrarre una piccola biro con penna a sfera dal taschino interno destro. Di colore blu, insieme ad un foglietto tutto spiegazzato dalla forma vagamente quadrata.

Poggiò quest'ultimo in grembo mollandolo e lasciandocelo letteralmente cadere sopra, poi fece fuoriuscire la punta della penna schiacciandone l'apposito tasto situato in cima e dalla parte opposta e cominciò a scribacchiargli freneticamente sopra qualcosa, come in preda ad una viva quanto focosa smania.

Come se l'idea che gli doveva essere venuta e balenata in mente dovesse venire impressa e marchiata a fuoco direttamente su quel pezzo di carta, prima che potesse sparire.

Prima che fosse troppo tardi. Prima che se ne tornasse a volare in giro per poi finire a piantarsi in testa a qualchedun'altro. Perché...

Perché doveva essere buona quell'idea, per spingerlo a fare così. Davvero buona.

Eccezionale, a dir poco.

Quando ebbe finito piegò il foglietto a metà con una sola mano, ed aiutandosi con i denti lo strappò in un sol colpo secco ricavandone due precise parti simmetriche, che ripiegò a loro volta su sé stesse per poi infilarsele in una tasca dei pantaloni.

Fatto questo si alzò, agguantò il pallone più in basso e andò incontro ai compagni.

Finalmente.

“Alla buon'ora, socio!!” Gli urlò dietro Finnick. “Dime...que tu ha cogitato a suficiencia, por caso? Neanco yo quando vado a far viseta ad una bella squinzia o alla latrina a far espàcio in de la panza ce metto accussì tanto!!”

La daina, invece, si limitò a guardarlo senza profferire alcun verbo o parola. Anche perché, dopo le dichiarazioni del tappo, non avrebbe saputo da che altra parte guardare. Senza voler contare che ormai era decisamente troppo tardi, per poter anche solo tentare di nascondere lo sguardo per celare l'imbarazzo di cui era finita preda.

“Direi di sì” puntualizzò la volpe, con voce sicura. “Ma prima di fare qualunque altra cosa...ho qui qualcosa che devo assolutamente restituirti.”

Infilò il braccio buono dietro alla schiena, e dal retro della sua collottola ne venì fuori la cara vecchia Betsie. In tutto quanto il suo micidiale fulgore e splendore.

L'aveva tenuta ancora con sé, per tutto il tempo. Tu pensa.

Restava solo da capire come aveva fatto a starsene sdraiato fino ad adesso con quella roba puntata contro alla schiena senza provare il benché minimo fastidio...

Ma era perfettamente inutile pensarci, rifletterci oppure anche solo rimuginarci sopra e addosso.

Dopotutto...era chiaro che quella doveva essere la giornata dei fatti, degli avvenimenti e delle cose strane. E assurde.

Lo si era già detto e stabilito in precedenza che se volevano avere anche solo una chance, una possibilità, un'opportunità ed una probabilità di farcela, di scamparla e di sopravvivere era oltremodo necessario, vitale rompere, abbattere e superare gli schemi.

Tutti. Ogni schema.

“Ti chiedo umilmente scusa” gli disse. “Avrei dovuto ridartela già da un bel po'.”

“Oh, fa rién” minimizzò il fennec. “Me congratulo y te soy muy grato y reconosciente de non habierla usata y utilezzata por puntello, mientre te divertivi a rovistàr tra le rovine de la fu staciòn de policia. O peggio ancora como sonda per tastare soto al tereno fumante. Anca se ammetto que ogne tanto ma solo ogne tanto la infilavo nel de drio de qualche avversario sconfitto que era particolarmente catìf, cattivo. Ma lì era un combattimento. Y como dico yo...la battaglia es siempre battaglia, no? Ahr, ahr, ahr!!”

“Guarda...a parer mio é meglio che non entri nel merito dell'argomento, vecchio mio” gli consigliò vivamente il suo compare.

“Right, right” ammise l'altro. “Okie – dokie. Como tu vuoi. Y comunque, ahora que me ce fai pienzàr...anca yo tiengo un qualcheccosa da redarte.”

Armeggiò anche lui, ma dentro i pantaloncini. E molto probabilmente fin dentro alle sue mutande, a giudicare da quanto aveva infilato e da quanto era andato in giù con la zampa.

“Ed eeeeecco qua!!” Annuncò trionfante, mostrandolgi quanto aveva appena finito di pescare dal fondo delle sue parti intime e vergognose.

Nick non credeva a i suoi occhi.

La penna – registratore a forma di carota.

L'ultimo regalo di Judy, prima di andarsene. Per sempre.

Da Zootropolis e di conseguenza dalla sua vita.

Un attimo prima che lo abbandonasse. Che lo lasciasse al suo destino, per imbarcarsi in un anuova avventura. Tutta da sola.

Complici gli ultimi quanto rocamboleschi avvenimenti le era uscita totalmente e completamente di mente.

Davvero pazzesco. E dire che non se ne separava mai.

A parte quando aveva avuto il buon senso di non portarla con sé mentre si era messo in testa di fare alle mani con quel pazzoide assassino di Zed.

Ma dove...dove cavolo era finita,di grazia?

Non se lo ricordava più, per quanto si potesse sforzare. Non se lo ricordava proprio.

Era inutile.

Aveva parecchia confusione mentale, a tal riguardo ed al momento.

Forse l'aveva lasciata sopra o nel bancone del locale di quel tontolone di Tobey, giusto un attimo prima di uscir fuori con l'intenzione di affrontare a viso aperto e a muso duro gli Hell's Fangs al gran completo.

O forse l'aveva nascosta addirittura prima di mettervi piede. Nel vano porta – oggetti del van di FinnIck, il LOBOS Z – 1.

Magari confidando nel fatto e nell'assurda certezza che era più al sicuro lì, in quanto quel branco di teppisti avevano già sfogato a dovere e a sufficienza i loro istinti distruttivi e bellicosi su di esso.

Da come doveva averla vista in quel momento, quello costituiva l'ultimo posto dove quel branco di balordi avrebbe potuto mettersi a controllare. E prima che facessero fare al pub di paese la stessa fine della centrale...era stato senz'altro meglio e più opportuno prendere le proprie precauzioni.

Difficile dirlo, comunque.

Era estremamente difficile e complicato stabilire con chiarezza e certezza quale tra le due ipotesi fosse quella genuina e veritiera. Anche perché non é che importasse poi molto, alla fine.

No, non gliene importava davvero nulla il scoprirlo o il saperlo, giunti a questo punto.

Perché quel che contava davvero era che ora fosse di nuovo in mano e proprietà sua. Dove doveva essere.

Dove avrebbe dovuto sempre essere. Ogni minuto, istante e secondo della sua vita.

Solo quello, contava. Oltre al fatto che il buon vecchio Finnick c'era sempre, nei momenti determinanti.

Era davvero una garanzia su cui poter contare, nonostante l'apparente follia.

Era sempre il solito, per fortuna. Non cambiava mai.

Posò la palla a terra e l'agguanto. Ma non appena l'ebbe vicino, fu colto da un tremendo sospetto e presentimento.

L'avvicinò al naso, come ad avere conferma, per poi ritrarlo con un'espressione di rivoltante disgusto dipinta in volto.

“Yeeeuucch!!” Fece, nauseato. “Che razza di puzza! Spero almeno che tu ti sia lavato di recente, là sotto!!” Gli disse, indicandogli l'inguine.

“Como no” gli fece di rimando il tappo. “A Natale, Nickybello. Como al soleto. Insieme alle mani, ai piedi e alla faccia.”

Accidenti a lui. Con quella sua trovata del malaugurio la penna l'aveva senz'altro messa al sicuro come più di così non si sarebbe potuto di certo fare. Poco ma sicuro. Al prezzo di a vergli azzeccato addosso il tipico aroma maschile di ascelle e attributi sudati mischiati con la classica fragranza di slip e di boxer sporchi che non venivano lavati come minimo da settimane.

Che IMPLORAVANO di venire buttati in lavatrice per un giro ed un ciclo completi di biologico a novanta gradi spaccati, come minimo.

Roba che quell'odore nauseabondo e volta – stomaco ci avrebbe messo interi mesi, a sparire. Se non addirittura anni.

Eh, già. D'altra parte il buon vecchio Finnick era sempre il solito, proprio come si diceva.

Non cambiava mai. Ma almeno costituiva pur sempre una garanzia su cui poter contare, no?

NO?

E proprio per questo era obbligato, doveva partire per primo da chi non era ancora sicuro che lo fosse.

Da colei che non era ancora sicuro di poter ritenere tale.

“Maggie...” fece, ricambiando in pieno lo sguardo di lei, mentre si metteva la carota – registratore nonché penna nel taschino interno occupato in precedenza dall'accoppiata biro più foglietto, ora giustamente degradati e retrocessi ai piani più bassi.

“Sono pronta, Nick” gli fece la vice. “Dimmi tutto.”

La volpe le consegò la prima parte e metà del foglietto consunto.

“Tieni” le disse. “E adesso recati nella più vicina farmacia. Ma ti raccomando vivamente di aprirlo solo quando ti sarai recata e sarai arrivata a destinazione. Non un attimo prima. Sai...non vorrei che dopo averlo letto mi scoppiassi a ridere proprio qui davanti a me. Non sarebbero né il momento, né la circostanza adatti.”

“C – come, mettermi a ridere?” gli disse la giovane. “C – cosa...cosa vorresti dir...”

“Nessuna domanda, agente Thompson.”

Detto, o meglio ordinato questo Nick si riabbassò di scatto, prese il pallone da basket e lo lanciò senza nemmeno mirare, con un'unico arto.

Facendo centro. In pieno.

“Nessuna domanda, ok?” le ripeté. “Limitati a fare que che ti ho chiesto, per favore.”

“Ok, Nick” rispose Maggie. “Ricevuto.”

“Ed ecco che Kareem Abdul – Jabbar con un perfetto gancio – cielo riporta la situazione in perfetta parità!!” Commentò Finn, al settimo cielo.

Vero, dopotutto. Un gran bel tiro. Se non fosse per qualche lieve ma significativa differenza. Come il fatto che Jabbar tirava di fianco,

Aveva sempre tirato a canestro di fianco, e non certo DI SPALLE.

E senza nemmeno guardare, per giunta.

A quel punto fu il suo turno di ricevere la parte di foglietto.

La seconda, in compagnia dei rispettivi ordini.

“In quanto a te, vecchio mio...tu dovrai andare a far compere prima dal ferramenta, e poi al negozio di elettrodomestici. E anche nel tuo caso...”

“Je sais. Giassò, hermanito” lo interruppe il fennec, anticipandolo verbalmente in tanto che agguantava il pizzino. “Nignuna pregunta. Nessuna domanda. No es vrai? Non é vero, socio? No es forse accusì?”

“No te preocupe” lo rassicurò. “Non ho la benché minema entenciòn de fartene. Y neppuro ho il desiderio de sbirciàr, si es questo que te empensierisce. Tu estàs sereno. Me conosci, no? El aqui presiente lo conosci a menadito! Lo sai bene que yo faso todo uniquemént por devertimiento? Por el pur y simplicio divertissemént! Certo, el dinero ha y tiene siempre la su descreta emportanza, ma si nun ce sta el piasér, el piacere...no, dico: il piacere dove lo mettiamo, hm? Como te digo siempre yo, si ne la vida nun empari a far ciò que te piase por el puro piasér de farlo, si nun ce sta el minemo sugo in todo quel que tu fàis, allora sono cavolacci acidi! Volatili per diabetici, anca si de volatili en giro nun se ne vedono da secoli, da este parti. Oppuro, como direbbero gli anglofoni en tierra d'Albion...sono BITTER COX, ahr, ahr, ahr! Davvero amari, come ca...”

“Abbiamo capito tutti quanti, Finn” lo zittì al volo Nick. “Ti garantisco che non c'é alcun bisogno che tu termini la frase.”

“Ok. Right, right, right...comunque, por quel que reguarda el sotto y puro scritto que depuis sarei io, recuerdate que lo spasso viene prima de todo. Prima de ogne cosa. Quando me vuoi tirar en miezzo ad una te le tù baracconate, tu me puoi chiedere qualunque cossa. Anca solo per poi meterem en un angolo a ridere mentre vedo l'effetto che fa. Tu me puede chiedere persino de fare dei lecca – lecca avec el sangue essiccato de mammifero. Ma por la polvere de placenta triturata me serve un poquito en plùs de temp...”

“Bleah!!” Esclamò Maggie, voltandosi dall'altra parte con una smorfia di disgusto.

“Vedi di piantarla, Finn” lo reduargì Nick. “Sul biglietto che ti ho dato non c'é proprio niente di tutto questo. Assolutamente nulla delle sciempiaggini che hai appena nominato. Inoltre, non ti trovo affatto divertente. Non lo sei neppure un po', se ci tieni tanto a saperlo. Ma visto che hai parlato e hai tirato in ballo il tempo...vi voglio far presente che non ce ne resta poi molto. Per questa sera dovrà essere tutto preparato a puntino. Avete entrambi le vostre istruzioni. Cercate di fare più in fretta che potete. L'appuntamento é davanti a casa di Laureen, dato che al momento non disponiamo di ulteriori punti di briefing. Ci si ritrova tutti lì, il prima possibile.”

“E' tutto” concluse. “Sapete quel che dovete fare. Al lavoro, ora. Andate, su.”

I due aiutanti non se lo fecero ripetere certo un'altra volta.

Dopo un cenno d'intesa col loro superiore partirono all'unisono, ognuno diretto verso la destinazione stabilita.

Salvo che Maggie si fermò ancora una volta, e di conseguenza pure Finn. Giusto per sapere cos'altro avrebbe tirato fuori e quale altra inopportuna polemica avrebbe snocciolato prima di convincersi del tutto.

Forse. Che non c'era da starsene troppo sicuri, a tal riguardo.

Sia lui che Nick non avrebbero saputo spiegarsi o dire il perché, ma...se l'aspettavano, ecco la verità.

Lo sapevano, che l'obiezione di turno sarebbe venuta fuori da lei.

Tanto per cambiare.

Lo sapevano, che avrebbe avuto senz'altro da ridire.

“Scusa, capo” gli fece la daina. “Forse non ci hai prestato attenzione, tutto preso com'eri a trovare e ad elaborare la tua strategia vincente, almeno nella tua testa. Ma vorrei precisarti, nel caso tu non te ne sia accorto...che é l'alba. Mi dici dove la trovo, una farmacia aperta a quest'ora della mattina? E credo che potremmo dire la stessa cosa sia del ferramenta che del negozio di elettrodomestici.”

“E' presto detto” le rispose la volpe. “A quanto mi risulta la farmacia pubblica di Watership é aperta e di turno ventiquattr'ore su ventiquattro, e persino nei giorni festivi. Una vera rarità in questi posti sperduti, non c'é che dire. Ma si dà il caso che sia proprio quello che fa al caso nostro.”

“Watership, hai detto? M – ma...ma é lontanissimo, da dove ci troviamo noi!!” Protestò vivamente la vice.

“Già” gli confermò lo sceriffo. “per cui ti consiglio, anzi, vi consiglio di partire per prima cosa da lì. Andate insieme, tu ed il vecchio Finn. Ora che tornerete in dietro, avranno fatto a tempo ad aprire anche i grandi magazzini associati BAGGERS, BOUNCE e BEAN. E lì dentro hanno davvero di tutto, compreso un negozio di elettronica ed uno dedicato interamente al fai da te. Per una volta tanto, quei razzisti odiatori di volpi faranno il nostro gioco.”

“Sì” convenne. “Per una volta ci serviranno e ci saranno utili a qualcosa, loro e ed il loro ammasso di cianfrusaglie vendute al triplo del prezzo consentito.”

“Ma...”

“Fate come vi ho detto, ragazzi. Ora che mi ci fate giusto pensare...visto i pregiudizi che nutrono sulla mia specie, é bene che Finn non metta zampa, là dentro. E nemmeno che si faccia vedere, da quelle parti. Neppure in lontananza. Sai com'é...non che tema particolarmente per lui, ma potrebbe dar fuori di matto o dai gangheri, se qualcuno lo cacciasse fuori o lo prendesse a male parole. Col risultato che finirebbe per appiccare fuoco all'intero edificio. Dopo averne sprangato tutte quante le uscite, ovviamente. Per impedire alla gente di scappare. E ti assicuro che se ne rimmarrebbe lì tutto bello tranquillo, pacioso e soddisfatto a vedere mentre tutto quato va arrosto. Occupanti compresi. E direi che ci sono già stati abbastanza incendi dolosi, in questi giorni. Non mi pare il caso di aggiungerne un altro, alla lista.”

“Fidati” la esortò. “Sarà meglio che entri tu, al suo posto.”

“I – io...e va bene” disse Maggie, oscillando la testa. “Andremo insieme. Ce lo accompagno io.”

“Brava la MIA ragazza.”

Maggie incrociò quei suoi verdi occhi.

“C – come...come hai detto, scusa?!”

“Ora và” Tagliò corto il rosso predatore.

“Ok, capo” fu la risposta. “Agli ordini.

La daina ripartì. Per poi fermarsi ancora, dopo pochi passi.

“Dì un po', sceriffo” disse a Nick, mentre si girava verso di lui. “Quando mi hai chiesto del mio fucile di precisione...tu già lo sapevi, non é vero?”

Lui si ritrovò quasi preso in contropiede, da quella domanda. Ma com'era sua abitudine e consuetudine gli riuscì abilmente di dissimulare, rimanendo indifferente quanto imperturbabile.

E rispondendo a sua volta al quesito con un altro quesito, come da prassi e da copione.

“Che intendi?” Le fece.

“Quando mi hai chiesto dov'era...tu già te l'eri immaginato che ce lo avevo ancora con me, non é forse così? Rispondimi. E bada che me ne accorgo, se mi stai mentendo!!” Lo avvertì.

“Tu che mi dici?”

“Dico che sapevi benissimo che non me ne separo mai, esattamente come so che tu non ti separi mai da quel tuo giocattolino per bambini a forma di verdura. Di ortaggio arancione, tanto per voler stare a mettere i puntinti sulle i. E visto che si parla di roba di precisione. Così come sei al corrente che non sono tanto stupida dal portarmelo dietro in un luogo pericoloso, col rischio che finisca distrutto e perso per sempre. Esattamente come hai fatto tu, nascondendolo e mettendolo al sicuro. Sai com'é...preferisco tenermelo sempre da parte e di scorta. Come ultima risorsa, nel caso le cose si facciano davvero difficili e si mettando veramente male.”

“Allora?” Gli fece. “Che cosa mi rispondi adesso, caro il MIO comandante?”

“E che cosa potrei risponderti?” Le disse la volpe, abbozzando un sorriso e facendo spallucce. “Che cosa vuoi che ti dica, hm? Di fatto, hai già detto tutto tu. Ti sei data la risposta praticamente da sola, per conto tuo. Direi che non vi é altro. Proprio null'altro da aggiungere.”

“Oh, ma invece sì. E cioé che non mi basta. Non la voglio. Non me ne faccio niente di una tua domanda in risposta ad un'altra mia domanda. Voglio ed esigo una risposta, da parte tua. Una risposta sincera.”

“Uff...e va bene” sbuffò Nick. “Lo sapevo già. Ho imparato a conoscerti giusto giusto un attimino anch'io. Era una mossa studiata a tavolino e a puntino. A regola d'arte. Così, giusto per creare ed alimentare a dovere la giusta, sana ed adeguata dose di suspence. Come in ogn sceneggiatura che si rispetti. E che si possa ritenere degna di questo nome.”

Maggie oscillò nuovamente la testa, sorridendo a sua volta.

“La sai una cosa, Nick?” Buttò lì. “Sei veramente una gran faccia di...”

“Bronzo?” Tentò di indovinare l'altro.

“No” chiarì lei. “Sbagliato, bello. Inizia con la C. E se ti serve un'indizio...ci tengo a farti sapere che non si tratta né di CAROTA, né di CONIGLIO.”

“Adesso và” minimizzò Nick, ondeggiando su e giù con la mano sinistra come a volerla allontanare.

Come a volersela levare di torno il più presto possibile.

“Ti ho appena dato un incarico, se non erro” le ribadì, mentre insisteva con quel gesto sbrigativo quanto forse poco gentile e non proprio educato. “E allora vattene. Sparisci. Via, via, via. Su, su, su.”

“OOH!!” Le urlò Finnick alle sue spalle che nel frattempo, vedendola stopparsi di nuovo, si era giocoforza dovuto fermare a sua volta.

“Vogliamo andare o no?” Gridò ancora. “L'ultimo che arriva...paga por todos!!”

E scattò, con Maggie che partì all'inseguimento agitando la mano nella sua direzione.

“Fermo!!” Gli urlò. “Fermati, ti dico! Non vale! Sei partito prima! Dovresti essere tu a concedermi dei metri di vantaggio, anche se sei un nano!!”

“A chi?!” Sbraitò inviperito il fennec. “A chi é che hai osato dare del nano, eh? Y depuis, e poi...es truepo tardi, querida! Pegio por ti! En amore y en guerra es todo permiso, recuerdate! E' tutto permesso, sia in amore che in guerra! Ahr, ah, ahr!!”

“Ah, sì?!” rispose la daina. “Ah! La mettiamo così, eh? Allora ti faccio vedere io, adesso! Preparati!!”

“Y que cossa me faresti vedere, eh? A meno que tu non abbia l'enteciòn de CALARTE DEGGIU' LE MUTANDE, bellezza...non c'é proprio nada que me enteressi vedér! Muovi quelle zampe, plùs tot. Datte da fare, piuttosto. O altrimenti vinco yo! Ahr, ahr, ahr!!”

“Finn!!” Gli inveì contro lei. “Accidenti a te! Non sei altro che il solito p...”

“Ahr, ahr, ahr! Y scommietto che la P no estàs por PISTOLA, c'est vrai? Parla meno e corri de più, que se facessi andar le tu pernas, le tu gambe come fai andare la bocca y la tù lingua...a quest'ora tu saresti già al Polo Norte! Ahr, ahr, ahr! Sùr la lingua a dirla toda nu me dispiacerebbe neanco, si non fosse que sei destinata ad intrecciarla avec qualche otro masculo. Beato quello que avrà la fortuna de basarte, bella! Anca si espero que sia chi pienzo yo...”

“Sm – smettila! Capito? Piantala! Stà zitto!!”

“Ahr, ahr, ahr! La verità fa male, eh? Ahr, ahr, ahr!!”

Grida e risate, mentre si allontanavano sempre di più.

Diretti verso la macchina della vice.

O forse verso il SUV, chissà. Che era ancora rimasto intatto dall'ultima scorribanda, in quanto richiesto nientemeno che come bottino di guerra da quella pantera psicopatica.

Dovevano averla presa tremedamente sul serio, la faccenda della disfida con in palio il fatto che al perdente sarebbe toccato pagare tutto quanto di tasca sua.

Come se non sapessero che in realtà avrebbero messo tutto sul conto aperto del commissariato, anche se una sede che si potesse definire tale per ora non l'avevano nemmeno più.

Si dileguarono in un lampo. Ed il tutto con Nick che stava facendo da spettatore.

Il suo sorriso si accentuò, a quella scena.

“Quanto entusiasmo, piccoli miei” dichiarò.

“Bravi così” proseguì. “Davvero bravi, i miei cuccioli. Così si fa. Giocate. Svagate. Divertitevi. E tenetevi pronti ed in campana, che questa sera ci sarà da lavorare. E parecchio, anche.”

Si girò e comincio ad incamminarsi, per tornare al preciso punto da cui era arrivato poco prima.

“Prendetevela comoda, ma non troppo” disse tra sé. “E fate i bravi. State buoni, se potete.”

“Anche se so che non potete...” aggiunse, sibillino.

Aveva raggiunto la zona di partenza. E vi si risdraiò di nuovo sopra, nella medesima quanto identica posizione.

Era questo. Era questo il motivo per cui non aveva tolto gli occhiali da sole, una volta che si era rialzato e messo in piedi per andare a parlare coi colleghi per informarli e metterli al corrente sia della sua strategia che delle sue più recenti decisioni.

Non ci aveva minimamente pensato, a levarseli. L'idea non lo aveva nemmeno sfiorato, neppure per un solo o singolo istante.

Tanto, una volta finito e terminato, aveva l'intenzione di rimettersi e di ricominciare con quel sano riposino che aveva dovuto malauguratamente interrompere.

Che non aveva neppure cominciato a dirla tutta, preso ed impegnato com'era a riflettere e a pensare.

Tanto, sia al punto che all'orario di ritrovo designato mancava ancora un bel po'. E quei due sarebbero stati e rimasti impegnati con le rispettive mansioni ed incombenze per più di mezza mattinata, come minimo.

Aveva tutto il tempo per concedersi una ben meritata pennichella, prima di darsi da fare pure lui.

Inoltre, il sole cominciava a dare decisamente fastidio ai suoi occhi di mammifero notturno.

Lì alzò. Verso una direzione ben precisa. Perché sapeva cosa ci fosse là, ad aspettarlo.

Non poteva mancare. Non poteva assolutamente mancare, o maracare visita.

Per alcun motivo al mondo.

Eccola là. Puntuale come la morte e le tasse. Come il tristo mietitore e gli implacabili esattori del fisco.

L'ultima stella della sera. Quella che ancora resisteva alla luce violenta ed invasiva dell'aurora.

Del nuovo, frenetico giorno che stava cominciando e che era sul punto di iniziare.

L'ultima ad andarsene, a cedere terreno. A mollare.

Quella con cui aveva appuntamento tutte le mattine.

Quella che non si perdeva mai.

Quella che sempre vedeva. E che su di lui sempre vegliava, e che lo proteggeva.

“Tu resta pure lì a goderti lo spettacolo, CAROTINA” le sussurrò ad un immaginario orecchio, con un timbro sommesso quanto dolcissimo. “Tranquilla e serena.”

“Vedrai” le promise. “Vedrai che razza di show ti ho organizzato. Vedrai cosa ha saputo metterti in piedi la tua volpe preferita...ci sarà da divertirsi.”

“Oh sì. Ci sarà da divertirsi” ripeté. “Un mucchio. Te lo posso assicurare.”

Quasi non si vedeva più, quella stellina.

Quella lucente, piccola, coraggiosa e temeraria stellina.

Non sarebbe ritornata che l'indomani, come tutte le volte. Ma non vi era affatto bisogno di accomiatarsi.

Nick sapeva. Sapeva che era sempre lì. Anche se non la vedeva.

Volendoci e mettendocisi su a ricamare su con un po', un bel po' di sfrenata fantasia...quasi quasi stava sul punto di abbracciare le strampalate ed astruse ipotesi e teorie del suo piccolo ma anziano mentore dal manto color sabbia del deserto.

Forse esiste. Forse esiste davvero un Dio, un nume, un'entita superiore al di là dei confini dell'universo, oltre il tempo e lo spazio.

Che tutto sa, che tutto decide. E che tutto ha già stabilito.

O se davvero erano dentro ad un fumetto, oppure ad un cartone animato o ad un film...se il tutto si riduceva a quello, forse esisteva davvero oltre le pagine, i fotogrammi e la pellicola su cui si stavano svolgendo le loro vite un regista, un animatore che stava azionando e facendo muovere tutto.

O tutt'al più uno spettatore che guardava per puro sollazzo, senza che avesse la benché minima possibilità di intervenire. Al massimo di lamentarsi con chi aveva creato e realizzato quella roba, nel caso non fosse di suo gradimento.

Uno spettatore piuttosto sadico, a giudicare dal fatto che forse se n'era rimasto ancora qui a gauradre nonostante tutto quel che era accaduto e successo.

Nonostante tutto quel che GLI era accaduto e successo sino ad ora.

Non che gliene importasse, ad un certo punto. Non che gli importasse davvero qualcosa.

Come aveva avuto modo di ribadire in precedenza e poc'anzi...a lui interessava Judy.

Gli interessava soltanto di Judy.

A partire da un ben preciso momento ed istante della sua vita doveva aver stabilito e preso la sacrosanta decisione, almeno per lui e secondo il suo rigoroso punto di vista, che non gli sarebbe mai interessato più di niente o di nessuno che non fosse Judy. Nulla o nessun altro che non fosse che lei.

Solo ed unicamente lei, da parte e da parer suo. Nient'altro che di lei.

Ma...anche quell'altro avrebbe avuto modo di spassarsela a dovere, e ne sarebbe uscito soddisfatto, alla fine. Al termine di tutto.

Pazienza. Non occorreva che un poco di pazienza ancora.

Un poco soltanto.

Chiuse le palpebre. E si diede, ottenne finalmente da sé stesso il tanto agognato permesso di schiacciarsi il meritato pisolino.

Stay tuned.

State e restate sintonizzati, gente.

Perché se ne vedranno delle belle, tra non molto.

Ne vedrete delle belle. Davvero delle belle.

Di memorabili.

E' una PROMESSA.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salve a tutti, rieccomi qua!!

Come va? Spero bene.

Lo so. E vi chiedo scusa per la LUUUNGHISSIMA assenza.

Ma purtroppo ai vari impegni e grattacapi quotidiani si sono aggiunti dei gravi problemi di salute da parte di un parente (tutto risolto, comunque. Ancora una volta), e nell'ultimo periodo ho avuto altro a cui pensare e di cui occuparmi.

Aggiungiamoci anche la comunione della mia bambina, tra le altre cose.

Smettere di scrivere, questo no. Mai.

Ma é chiaro che il lavoro ha subito un brusco quanto inevitabile rallentamento.

Nel frattempo ho avuto modo di leggere le nuove storie pubblicate, e anche il ritorno di un “vecchio” quanto stimatissimo collega, autentico pioniere di questa sezione.

Sto parlando di Freez shad. Uno di quelli che ha contribuito senz'altro a farlo crescere, questo nostro fandom. E mi si lasci aggiungere che é sempre un piacere ritrovarlo qui.

Prometto che vi recensirò al più presto, ragazzi.

Sono comunque contento di vedere che, pur tra alti e bassi, la pubblicazione vada ugualmente avanti.

Certo, sia i lettori che i recensori (così come gli autori) sono vistosamente diminuiti.

Ma uno zoccolo duro ( e mi riferisco alla vecchia conoscenza di prima, oltre che a Iron Captain e DANYDHALIA) continua a rimanere. E questo é bene, senza dubbio.

E' semplicemente finito il periodo delle proverbiali vacche grasse, da come la vedo io.

Ormai dall'uscita del film sono passati BEN SEI ANNI, gente. E volenti o nolenti tocca farne i conti, con questo.

Ogni tanto magari qualcuno nuovo si affaccia, complici magari i passaggi televisivi (sotto Natale non manca mai).

Anche se la mia speranza maggiore rimane la serie animata in dirittura di arrivo, già annunciata da un bel po'.

Oppure KINGDOM HEARTS IV. Speriamo che stavolta ce lo mettano, il mondo di Judy e Nick!

Su di un eventuale seguito, invece...per ora tutto tace.

Rassegnamoci a non vederlo tanto presto, purtroppo. Se non sotto forma di epigoni.

Ed in tal proposito...in questo capitolo, per la prima volta da quando ho pubblicato questa long, uso una PAROLACCIA.

Uuh!!

No, in realtà avevo già fatto usare a Finn il termine FOTTUTE, parecchio tempo addietro.

Ma lì si trattava di licenza poetica, visto che era una chiara citazione ad un classico della fantascienza.

Questa volta tocca alla parola CULETTO.

In genere per le storie su Zootropolis e dintorni non mi piace usare termini volgari, trovo che stonino. Il linguaggio adeguato, vista l'opera di riferimento, direi che risepcchia quello che si potrebbe trovare sulle pagine di TOPOLINO, o giù di lì.

Ma diciamo che ormai, dopo TROPPO CATTIVI, il termine CULO é stato abbondantemente ed ufficialmente sdoganato.

Lo avete visto? Ecco. Come prendere la lezione di Zootropolis e dimostrare di averla capita appieno. Per realizzare un film di sicuro non superiore al capolavoro Disney, ma senz'altro un'ottima pellicola, questo indubbiamente.

Senza contare le citazioni a Tarantino, Friedkin e Mann, da sempre tra i miei registi preferiti.

Ed ora veniamo a quest'ultimo episodio.

Allora, che ne dite?

Sono curioso di sentire i vostri pareri, a riguardo. Anche perché scommetto che la prima frase che vi é venuta in mente é CHE CAZZO STA SUCCEDENDO?

Prché a conti fatti é la stessa cosa che ho pensato pure io.

CHE CAZZO STA SUCCEDENDO, QUI?

Zed ed il suo branco di teppisti stanno per tornare ad Haunted Creek per metterla a ferro e fuoco e questi GIOCANO A BASKET?!

Si mettono a giocare, tra una battuta e l'altra!!

Semplicemente inaudito.

Io vi dico solo questo, ragazzi.

Che é la medesima raccomandazione di Nick.

FIDATEVI DI ME.

Fidatevi, ragazzi. Sul serio. Anche se il mio sentore é che stia venendo fuori, con la scusa della rivincita, la PIU' GROSSA PRESA PER IL CULO CHE SI SIA MAI VISTA DA QUESTE PARTI.

Però vi invito a riflettere su di una cosa.

Abbiamo avuto momenti di tutti i tipi, fino ad ora.

Comici, drammatici, leggeri, pesanti, riflessivi, dinamici, epici, drammatici, romantici e persino spaventosi.

Ma ricordatevi che Zootropolis, oltre che come action poliziesco, nasce anche come commedia.

Quindi non é detto che il nuovo ed imminente scontro con Zed debba finire come il precedente.

Dopotutto...esistono tanti modi, per risolvere un problema.

Preparatevi a rimanere stupiti. Oppure persino perplessi. O addirittura estasiati.

Tanto...la storia la metto giù esattamente come ce l'ho in mente io, senza deviare di una virgola.

Non avrebbe senso, altrimenti.

In ogni caso...ne vedrete delle belle. E ci sarà da divertirsi.

Ed ora passiamo all'angolo della colonna sonora, dove vi sfodero per l'occasione un trittico di pezzi magnifici.

Quando quello squinternato di Finn si mettere a giocare una partita dei leggendari CHICAGO BULLS per conto suo (lo avete visto THE LAST DANCE, vero?) mettete su uno tra questi due pezzi (io ve li raccomando entrmabi, dato che non so assolutamente scegliere):

BLITZKRIEG BOP oppure I DON'T WANT TO GROW UP.

Entrambi di quel gruppo di fantastici pazzoidi meglio noto come i RAMONES.

Joey, Dee Dee, Johnny e Tommy. Quattro ragazzacci casinisti come pochi, spettacolari, geni assoluti, strepitosi, completamente fuori di testa e a stento cresciuti e adulti. Ma che hanno saputo esprimere la gioia di vivere e della fanciullezza temeraria e spensierata come pochi altri.

Un consiglio...se vi rendete conto che la giornata appena iniziata é una di quelle veramente di MERDA, l'unica cura che vi consiglio é di mettere su i Ramones.

A strafottere, proprio. Come se piovesse. Vedrete come cambia la musica!!

E sembra che il cinema (in particolare il genere supereroistico) si sia finalmente accorto di loro.

Non a caso la prima che vi ho segnalato l'hanno usata come colonna sonora del primo film dedicato alle avventure del Bimbo – Ragno dopo l'esordio con gli Avengers, ovvero lo stupendo SPIDER – MAN: HOMECOMING, mentre la seconda con SHAZAM!

Entrambi grandissimi film, comunque.

Per la parte finale, invece, ho scelto un pezzo di un gruppo che ho riscoperto di recente.

Una band che avrebbe meritato maggior fortuna e considerazione.

Quando Nick si congeda momentaneamente da Maggie e da Finn e si risdraia di nuovo, e con la chiara intenzione di rimanerci per un bel pezzo...mettete su il brano HIGHER dei Creed.

Prima di chiudere, consueto giro di saluti e di ringraziamenti.

Un grazie di cuore a Devilangel476, Sir Joseph Conrard e RyodaUshitoraIT per le recensioni all'ultimo capitolo. E a DANYDHALIA per le congratulazioni che mi ha inviato dopo averlo postato, che fanno sempre piacere (mi occuperò anche del tuo aggiornamento, non temere).

E poi anche a Freez shad per la recensione al capitolo 53.

Ed ovviamente, un grazie anche a chiunque leggerà la mia storia e se la sentirà di inviarmi un parere.

Bene, credo sia tutto.

Grazie ancora di tutto e alla prossima!

 

 

See ya!!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Roberto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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