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Autore: RedSonja    11/06/2022    0 recensioni
Durante una missione, Tanjiro viene trasportato indietro nel tempo. Con l'aiuto di nuovi, improbabili, alleati dovrà trovare un modo per tornare nel suo tempo, lì dove i suoi compagni lo stanno cercando.Ma non tutti i mali vengono per nuocere: che possa essere l'occasione per scoprire qualcosa di inaspettato sulle origini dei demoni?
Questa fanfiction è un crossover con l'universo di Inuyasha, perciò la storia si svilupperà su due linee narrative: da una parte le avventure di Tanjiro nell'epoca Sengoku, accompagnato dal gruppo di Inuyasha, e dall'altra la storia di Zenitsu, Inosuke e Nezuko, nell'universo di KnY
Genere: Avventura, Azione, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Altri, Inosuke Hashibira, Nezuko Kamado, Tanjirou Kamado, Zenitsu Agatsuma
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Disclaimer: Non possiedo né l'univero né i personaggi di Inuyasha e Demon Slayer/Kimetsu no yaiba. Non scrivo a scopo di lucro, ma solo per divertirmi con delle storie che mi hanno appassionato.

Capitolo 4
 

Tanjiro non ne poteva più di stare a riposo.

Non ne poteva più di contare e ricontare i contenitori di erbe e unguenti sulle due misere mensole, inchiodate alla parete di fronte al futon dove l'anziana sacerdotessa lo aveva confinato cinque giorni prima.
Non ne poteva più del bruciore esasperante delle ferite, del prurito sotto le bende e dell'odore costante di incenso e medicamenti che aleggiava nella stanza.

Ma più di tutto, ciò che non riusciva a sopportare oltre, era l'attesa snervante della ragazza da cui dipendeva la sua permanenza nel villaggio, e nell'epoca Sengoku.

Kaede gli aveva parlato di Kagome, e del demone che viaggiava con lei.
Mezzodemone, a essere precisi.


Tanjiro non aveva mai sentito parlare di figli nati da demoni e umani, la sola idea gli sembrava impossibile e pericolosa.
La sacerdotessa aveva visto il lampo di esitazione nei suoi occhi, e la sua presa farsi più salda sull'elsa della nichirin, e si era affrettata a chiarire che Inuyasha non era come i demoni con cui aveva avuto a che fare in passato, che non si cibava di umani.
Si sentiva in colpa ad essere scettico, dopotutto sua sorella era un demone e lui stesso aveva sostenuto la sua innocenza davanti agli hashira, eppure questo pensiero non lo rasserenava affatto.

E per quanto riguardava Kagome, Tanjiro non poteva far altro che sperare potesse aiutarlo, e pregare i kami affinché tornasse presto. 

 

All'alba del sesto giorno ne aveva avuto abbastanza, e ignorando gli improperi dell'anziana donna si era issato sulle gambe tremolanti, facendo leva sulla lama della katana.
La schiena gli bruciava da impazzire e si sentiva ad un passo dallo svenimento, ma si era rifiutato di arrendersi ad altre ventiquattro ore di immobilità.

"Sei un disgraziato, testardo e incosciente! Si può sapere dove pensi di andare in quelle condizioni?"

Kaede si era fisicamente frapposta tra lui e la stuoia che copriva l'ingresso della capanna, e aveva tutta l'intenzione di usare la forza per rispedirlo a letto.
L'espressione del viso era un misto tra furia e preoccupazione che lo fece sentire un verme, ma era arrivato al limite della sopportazione.

Doveva tenersi impegnato e smettere di pensare a Nezuko, ai ragazzi e al compito che aveva lasciato in sospeso a Chiba.
C'erano così tante persone che dipendevano da lui, così tante vite in gioco, mentre era bloccato in una capanna di legno a mezzo millennio di differenza, senza potersi nemmeno sgranchire le gambe.

La verità era che il sangue gli ribolliva dalla rabbia, il corpo teso come una corda di violino, e aveva una voglia malsana di fare a pezzi qualcosa. Erano emozioni che lo facevano sentire a disagio, sporco; col tempo aveva imparato ad accettarle come parte del suo lavoro, ma questo non toglieva il senso di colpa.
La sensazione di aver fallito era ancora lì, dietro lo sterno, nell'interstizio tra i polmoni e il cuore, e gravava sul suo respiro come un macigno.

Era furioso con Keina, che lo aveva scaraventato nel fiume, con Kaede, che non riusciva a capire il bisogno viscerale di attività e, soprattutto, ce l'aveva a morte con se stesso, con la propria incapacità che finiva sempre per far soffrire gli altri.

E poi c'era la nostalgia.

Erano anni che non si sentiva così solo, da quando Muzan aveva distrutto la sua famiglia; da quando la malattia si era portata via suo padre. Una parte di lui era  morta lì; si era augurato che il corpo la seguisse presto.
Poi era tornato a respirare quando si era unito alla  Squadra degli Ammazzademoni, e a provare qualcosa oltre al dolore costante e alla rabbia quando aveva incontrato Zenitsu e Inosuke. Di nuovo il futuro portava con sé speranza, e la vita gli appariva meno come una corsa inesorabile verso la tragedia finale.

Tanjiro soffriva di insonnia. Aveva sempre dormito poco, ma da quando Nezuko era diventata un demone aveva smesso quasi del tutto: la paura di non svegliarsi in tempo per il sorgere del sole aveva alimentato troppi incubi, e poi era sopraggiunta quella strana urgenza di non perderla d'occhio nemmeno un istante, perché ogni notte poteva essere l'ultima che passavano insieme e non si sarebbe perdonato di non esserci per lei, se quelli dovevano essere i suoi ultimi istanti su questa terra.
Solo più avanti quell'angoscia aveva iniziato ad estendersi verso Zenitsu e Inosuke.

Non era il più grande di età, ma in qualche modo si sentiva responsabile per loro, della loro innocenza, che voleva preservare dal male che c'è al mondo.
C'era un che di catartico nel verderli riposare lì vicino, nonostante la tensione di chi è abituato a dormire all'aperto, pronto a reagire al minimo sentore di pericolo.

In realtà, come aveva scoperto molto presto nel corso dei loro continui spostamenti, solamente Zenitsu riusciva a riposare bene.
Inosuke raramente abbassava la guardia abbastanza da abbandonarsi ad un sonno profondo; più spesso se ne rimaneva in disparte, appoggiato contro la corteccia ruvida di un albero o sdraiato con la schiena nuda contro la terra, così che le vibrazioni del suolo potessero allertarlo dei movimenti di tutti gli esseri viventi nei paraggi.

Tanjiro sapeva che era il suo modo di proteggerli, che anche Inosuke sentiva il bisogno di preservare quello strano gruppo di cui si era ritrovato, suo malgrado, a fare parte, e che trovava nella veglia da sentinella la tranquillità necessaria a rassicurarlo che ancora una volta ne erano usciti indenni. Più o meno.
Qualche volta, Tanjiro aveva la sensazione che gli occhi nascosti da quelli vitrei della testa di cinghiale si posassero sulla sua figura con intento, e allora l'odore di Inosuke cambiava: l'altera indifferenza con cui avanzava a testa bassa nella vita quotidiana si tingeva delle note amare della preoccupazione, con una punta di dolcezza data dalla pietà, e di un aroma che gli ricordava la legna bruciata, che non sapeva identificare e che aveva finito per associare all'affetto che Inosuke provava per di lui. Non voleva pensare all’alternativa.
Quando succedeva, si sforzava di piegare le labbra in un sorriso rassicurante, mentre le palpebre si abbassavano nella timida imitazione di un sonno quieto.

Inosuke non gli credeva mai, e a quel punto l'amaro copriva qualsiasi altro odore, mentre finalmente la pressione del suo sguardo si spostava altrove.


Kaede aveva continuato la sua lavata di capo, ma non la stava ascoltando.
Non aveva particolarmente voglia di interromperla, perché era evidente che quella povera donna stava cercando di tenerlo in vita, contro tutti i suoi sforzi nel sabotarne le cure.

"Signora Kaede."

La donna si era fermata a metà di una tirata contro i giovani che avevano troppa fretta di finire nella tomba, e ora lo fissava come se a parlarle fosse stato un sepolcro.

"Apprezzo molto quello che avete fatto per me, ma sono passati già cinque giorni e io non ne posso più di starmene sdraiato come un moribondo ad aspettare qualcuno che potrebbe non tornare."

Un passo in avanti. Le ferite tiravano e la nichirin grattava la superficie rovinata delle assi di legno.

"E che cosa pensi di fare allora? Andartene in giro conciato a quel modo, in una terra che non conosci e con delle ferite che ti uccideranno, se non ci penseranno prima i demoni o i briganti? Non ti permetto di buttare via così il mio lavoro e il tempo che ho impiegato a rimetterti in sesto, moccioso ingrato."

Il veleno dietro le parole della donna era diluito notevolmente dall'ansia che vi avvertiva.
Provò una sincera gratitudine per quella vecchia sacerdotessa con i modi da gendarme e il cuore di una nonna.

"Non intendo lasciare il villaggio. Non ho un altro posto dove andare, e nelle mie condizioni non arriverei lontano. Ne sono consapevole, e non sarebbe giusto nei vostri confronti. Ma vi prego, lasciatemi almeno camminare qui intorno. Un altro minuto in questa stanza e sono certo di impazzire."

Il passo successivo era stato più sicuro, questa volta la punta del fodero aveva battuto a terra solo alla fine della falcata.

Kaede lo osservò avvicinarsi ancora di altri due passi, analizzando il modo in cui si muoveva, lo sforzo evidente che gli costava, e soppesò le possibilità.
Dieci giorni di riposo era stata la sua stima iniziale, sette il compromesso che aveva raggiunto dopo aver capito che il ragazzo non sarebbe rimasto fermo un istante di più del necessario affinché non si dissanguasse. 
Sei giorni erano pochi, erano una scommessa, ed erano tutto ciò che l'Ammazzademoni avrebbe sopportato.

Lo aveva visto agitarsi come un animale in gabbia nei cinque giorni precedenti, lo sguardo che scattava verso l'ingresso della capanna poco prima che uno degli abitanti del villaggio entrasse a richiedere il suo aiuto.
Era inquietante, il modo in cui riusciva ad anticipare ognuna di quelle visite; Inuyasha era in grado di fare lo stesso, ma il suo udito era al di fuori della comprensione umana. Come ci riuscisse era un mistero che non aveva avuto il coraggio di investigare.

Avrebbe potuto chiedere, ovviamente, ma il ragazzo sembrava già abbastanza provato, e non era certa di come sarebbe stata accolta la sua curiosità; per il momento era preferibile non agitarlo oltre e aspettare che Kagome e gli altri tornassero al villaggio: con ogni probabilità, ci sarebbero state molte domande da entrambe le parti e, forse, anche la sua avrebbe trovato risposta.

Un'ultima esitazione, e si fece da parte.

Il sorriso che stirò le labbra del giovane era stanco e affaticato, e ciononostante aveva avvertito tutta la sua gratitudine.

Che strano tipo, questo Ammazzademoni.
Non che lei avesse particolare esperienza al riguardo; l'unico altro gruppo di esseri umani che dava la caccia ai demoni era quello degli Sterminatori, ma ormai era rimasta soltanto una di loro, e non aveva idea di come Sango avrebbe preso la notizia.

"E va bene, ma se provi ad allontanarti manderò Jiro a legarti come uno dei suoi capretti, e puoi star certo che non lascerai questa casa finché non sarò andata all'altro mondo, mi hai capita?"

La massa di capelli color del vino gli era ricaduta sugli occhi mentre annuiva il suo assenso, e per un attimo le sembrò che dimostrasse tutti i suoi sedici anni. 

 

Il villaggio, come Tanjiro aveva avuto modo di constatare, era un agglomerato di una decina di case, tutte della stessa dimensione di quella della miko e, a parte l'orto occasionale e qualche capo di bestiame, c'era ben poco di valore.
Le strade erano strisce di terra fangosa, battuta dalle suole degli abitanti nel corso degli anni; i campi rigogliosi stavano cominciando a dare i primi frutti. 
Per essere un periodo di guerra, l'atmosfera era tranquilla e familiare.

Sentì un pungolo nel cuore, e si impose di ignorarlo; un tempo anche la sua vita era stata così  semplice, ma quel tempo era finito e indugiare nei ricordi non lo avrebbe aiutato a stare meglio.

Si era incamminato, per quanto trascinato sarebbe stato il termine più adatto, fino all'estremo dell'ultima casa, rispettando il confine stabilito dalla signora Kaede.
Il verde delle colline, lì dove si congiungevano con la foresta, era così brillante da costringerlo a socchiudere le palpebre, mentre il profumo dei fiori di campo, appena presente nella brezza leggera, gli solleticava il naso.

Con qualche difficoltà, si sedette a terra, le gambe incrociate sotto di sé e la spada tra le braccia, appoggiata alla spalla destra. 

Non si era curato di indossare lo yukata: non era buona educazione, ma il tessuto era stato lacerato dalle tenaglie di Keina, e la divisa della Squadra avrebbe costretto troppo le ferite ancora in via di guarigione.
Non che qualcuno degli abitanti lo avesse rimproverato; come aveva sospettato, la signora Kaede doveva essere la massima autorità da quelle parti, perché nessuno l’aveva degnato di uno sguardo.

Il sole era tiepido, faceva piacere averlo sulla pelle dopo giorni al chiuso.
Non si era mai reso conto di quanto si fosse abituato a vivere all'aria aperta, allo spazio che si allargava di fronte a lui e alla strada che si stendeva sotto i suoi piedi. 

Si chiese come sarebbe stato, tornare ad avere una casa, quando tutto fosse finito, quando Muzan fosse caduto sotto la lama nera della nichirin; come sarebbe stato svegliarsi tutti i giorni nello stesso letto, nella stessa casa, con le faccende quotidiane da sbrigare e senza il bisogno di una katana sempre a portata di mano.
Non riusciva ad immaginarlo. Però poteva avvertire la pace di quel futuro, il calore dell'abbraccio di Nezuko, la felicità dei suoi compagni, e la quieta consapevolezza di aver portato a termine il proprio dovere.

Non vedeva l'ora che diventasse il presente.

E invece il suo presente si restrinse all'odore di demone che si avvicinava a gran velocità nella sua direzione.

Era diverso dal solito, un retrogusto di ghiaccio e di selvatico che non aveva mai sentito prima; i demoni puzzavano di sangue e carneficina, di morte e di terrore, ma questo sapeva di foresta.
Gli ricordò Inosuke, per qualche ragione.
Forse era la sua nostalgia a parlare, ma c'era davvero qualcosa in quell'odore che gli ricordava l'altro Ammazzademoni.

Si costrinse a concentrarsi, alzandosi in piedi con una fluidità che non si aspettava.
Le ferite protestarono vivacemente a un movimento così repentino, ma la sua mente era già altrove, concentrata su quell'odore e sulla lama pronta della nichirin.

All'orizzonte si avvicinavano tre macchie di colore, una rosa, una bianca e una rossa. 

E due demoni.

Se il primo sapeva di ghiaccio e foresta, il secondo evocava l'immagine di fuoco e di gatto. Per qualche ragione, trovò quest'ultimo meno preoccupante.
Nessuno dei due aromi, tuttavia, aveva niente a che fare con quello dei demoni che aveva eliminato in passato, eppure non poteva trattarsi di nient'altro.

La macchia rossa fu la prima ad avvicinarsi, e Tanjiro si rese conto che oltre al rosso c'era anche l'argento di una chioma di capelli lunghissimi e di... Orecchie?
La sorpresa gli fece abbassare momentaneamente la katana.

"Ma che diavolo pensi di fare con quella spada, ragazzino?"

La voce proveniva dal demone albino, e non sembrava molto più adulta della sua.
Le parole erano scortesi, e l'espressione nelle iridi gialle poteva essere letta sia come derisione sia come insofferenza.

Non c'era nulla nella sua postura o nel suo odore che indicasse malevolenza.

Ma Tanjiro non stava prestando attenzione.

Gli era capitato di avere a che fare con demoni dagli attributi animaleschi, Keina era stata solo l'ultima di una lunga lista, ma non aveva mai visto nessuno con delle orecchie da Inu, che non avrebbe saputo definire altrimenti se non carine e decisamente fuori posto.

Una mano artigliata si chiuse sul suo braccio, strattonando, e fu allora che l'incantesimo si ruppe.

Con la forza dell'abitudine, eseguì il primo kata, aspettandosi di tranciare di netto la mano in questione, solo per rendersi conto un secondo dopo che il demone non era più di fronte a lui, e che la lama della nichirin aveva tagliato l'aria. 

"Senti un po', dannato, ci tieni tanto a finire sotto terra?"

Aveva una voce irritante, questo demone, ma ancora una volta non sentiva alcuna ostilità nei suoi confronti, solo un leggero fastidio.
Titubante, Tanjiro abbassò la lama, senza rinfoderarla.

"Tu sei un demone..."

Era una cosa sciocca da dire, ed era oltremodo stupido lasciare che un demone si avvicinasse così tanto, così come lo era abbassare la catana. Era una mancanza di rispetto verso chi si era preoccupato che imparasse a difendersi.
Ma il suo naso non aveva mai sbagliato, e si sentiva un’idiota a tenere la guaria alzata.

Il demone lo osservò per qualche istante, un'espressione indecifrabile sul volto e le iridi dorate fisse nelle sue scarlatte. 

Gli sembrò molto più vecchio di quanto avesse pensato solo pochi minuti prima.
No, non vecchio, antico.

Antico ed indecifrabile, una forza della natura, e capì che aveva sbagliato: non era odore di ghiaccio, quello che aveva sentito, ma l'odore della luna.
E si chiese come fosse possibile, senza trovare alcuna risposta.

"Non sono umano, se è questo che intendi. Ma non sono neppure un vero demone. E tu, che diavolo sei? Con quelle ferite non dovresti reggerti in piedi, figuriamoci muoverti a quel modo."

Aveva usato lo stesso tono maleducato, ma stavolta c'era una sfumatura diversa, che Tanjiro non riuscì ad interpretare.
Anche il suo odore era cambiato: vergogna, dolore, e curiosità.
Non capiva.
Eppure c'era qualcosa in quegli occhi, che lo fece sentire in difetto, come se avesse detto qualcosa che non doveva, e solo in quel momento gli tornarono in mente gli avvertimenti di Kaede.

"Inuyasha è un mezzodemone. Qualcuno che non é demone, né umano, e non c'è umiliazione peggiore a questo mondo. Non essere abbastanza per l'una o per l'altra metà del suo sangue, condannato per sempre ad essere ripudiato da entrambi. Lui per te è un demone, e come tale lo tratterai, ma ricordati che per un demone sarà sempre e solo un umano. Immagina cosa significhi vivere un'intera vita in solitudine e vedi se ti riesce di provare un po' di pietà"

"Non posso prometterlo" Era stata la sua risposta quella sera. Una risposta amara, dettata dal rancore e dalla frustrazione.
Una bugia, in buona parte, perché anche nel dolore Tanjiro aveva un cuore più grande di quanto si desse credito.

Si sentì comunque disgustato da se stesso. 

Il ragazzo che gli stava di fronte non viveva una sorte poi tanto diversa da quella di Nezuko. Nessuno dei due aveva scelto di assumere le sembianze di un demone, ed entrambi non potevano far parte di quel mondo più di quanto potessero passare per esseri umani.

Rinfoderò la katana, e si inchinò in segno di scuse, ignorando il tirare dei punti e il dolore delle ferite non ancora cicatrizzate.

"Mi dispiace se le mie parole vi hanno offeso, non era mia intenzione."

"Ma di che parli, ragazzino? E poi perché mi tratti come se fossi un vecchiaccio decrepito?" 

La voce era salita in volume, prima di acquietarsi un biascicato "Certo che sei proprio un tipo strano tu".

Gli venne da ridere, ma si trattenne.
Questo demone, Inuyasha, gli ricordava Inosuke, avevano anche gli stessi modi. Pensò che sarebbero andati d'accordo, ma scartò immediatamente quell'idea: era più probabile che uno dei due avrebbe tentato di eliminare l'altro.

Le dita artigliate scomparvero all'interno delle maniche quando incrociò le braccia, mentre l'espressione accigliata lasciava spazio ad una crescente curiosità.

"Senti un po' ma non rispondi mai alle domande?"

Aveva ragione, non si era ancora presentato.

"Mi chiamo Kamado Tanjiro, della Squadra Ammazzademoni" 

Le iridi dorate si erano ridotte ad una fessura e l'intera postura del corpo di Inuyasha era mutata in un istante.
Alzò le mani, in un gesto di pace, affrettandosi ad aggiungere "La signora Kaede mi ha guarito dopo che un demone ha tentato di uccidermi; è stata lei a parlarmi di te e di una ragazza, Kagome."

Inuyasha non si era mosso, ma a Tanjiro non sfuggì il fatto che si stava muovendo sul filo di un rasoio. Al nome di Kagome ciò che aveva sentito nel suo odore era stata apprensione, e determinazione.
Il messaggio era chiaro: qualunque fosse la relazione tra i due, Inuyasha non era contento del fatto che lui sapesse di Kagome; non gli restava che sperare che la ragazza fosse più ben disposta del suo compagno di viaggio.

"Che cosa vuoi?" 

Stavolta, la voce non aveva nulla della petulanza che l'aveva accompagnata negli scambi precedenti: era fredda, misurata, e ferma.
Per la prima volta, vide davanti a sé un guerriero, ed ebbe la consapevolezza che se Inuyasha l'avesse voluto morto, a quest'ora lo sarebbe stato da un pezzo.

"Preferisco spiegare i dettagli quando sarà arrivata anche la signorina Kagome. Ciò che cerco è il suo aiuto, non sono qui per farle del male".

In un attimo il mezzodemone gli fu ad un passo dal viso, e pensò che quella era la sua fine, più che meritata per la sua sconsideratezza.
Ma il colpo non arrivò mai.

Inuyasha era immobile, ad eccezione del respiro che sembrava più corto di quanto avrebbe dovuto essere; impiegò un istante per capire che lo stava annusando e si domandò se anche lui appariva altrettanto ridicolo alle persone quando seguiva una traccia. 

Probabilmente sì.

Il risultato doveva averlo soddisfatto, perché si allontanò, appena in tempo per lasciare posto ad una strana macchina in metallo color rosa intenso.
In sella c'era una ragazza, doveva avere circa la sua età, i capelli corvini le scendevano sciolti fino a metà schiena, una frangetta lunga le copriva gli occhi azzurri. Indossava una divisa che poteva competere con quella della signorina Kanroji, in quanto a pelle esposta.

Aveva un viso gentile, ed un'aura che gli ricordò quella della signora Satō, anche se la sua era decisamente più intensa.
Una miko

L'altra macchia, quella bianca, aveva assunto la forma nitida di una nekomata,: la doppia coda striata di nero, le zampe in fuocate e le zanne sporgenti la rendevano, senza dubbio, più demoniaca nell'aspetto di quanto non si potesse dire di Inuyasha, ma Tanjiro non dubitò neppure per un istante che il secondo avrebbe vint agevolmente in uno scontro.
Sulla sua groppa era seduta una donna alta in armatura; alla sua schiena era legata un’arma insolita di dimensioni gigantesche. Dietro di lei, un monaco buddhista e un bambino con zampe e coda da volpe.

Una kitsune.

Sono finito in una delle favole che mi raccontava papà! Fu il suo primo pensiero, e dovette deglutire più volte per sciogliere il groppo alla gola. Non era il momento di pensare a lui.

La ragazza con gli occhi azzurri si era avvicinata ad Inuyasha, e qualcosa nel modo in cui lui la guardò gli suggerì che dovesse trattarsi di Kagome.

"Senti un po' Kagome, questo tizio vuole che tu gli dia una mano. Vuoi che lo faccia fuori subito o aspettiamo che tiri le cuoia per conto suo? Tanto non penso che ci vorrà molto, ha già un piede nella fossa."

Il lampo che attraversò quegli occhi gentili fece trasalire Tanjiro, a cui non sfuggì lo sguardo che si scambiarono l'altra donna e il monaco, e neppure il sospiro esasperato della kitsune: “Ci risiamo.”

"Inuyasha... A cuccia!"

 

Un rosario magico.
Kagome gli aveva spiegato, il giorno seguente, come aveva fatto a spedire Inuyasha al tappeto in un istante, e Tanjiro era stato estremamente tentato di chiederle la cortesia di crearne due copie per lui.

Inosuke e Zenitsu non avrebbero apprezzato, ma di sicuro la sua vita sarebbe stata più facile.

Dopo il primo incontro con Inuyasha, non era stato difficile presentarsi al resto del gruppo e neppure accettare di dividere la stessa stanza con tre demoni.

La signora Kaede li aveva accolti in casa immediatamente, liquidando una delle anziane vicine che era andata a chiederle un unguento, in modo da lasciarli accomodare al centro della stanza.
Tutte le domande che gli erano passate per la mente nel tragitto fino alla casa dell'anziana miko erano totalmente scomparse, mentre fissava il gruppo.

Si rese conto di essere un totale estraneo per quelle persone; un estraneo che intendeva chiedere un favore impegnativo.

La signorina Kagome si era seduta vicino a lui, il bambino kitsune in grembo, e sembrava intenzionata a spedire ancora Inuyasha a cuccia, se fosse stato necessario. Dal canto suo, il mezzodemone si era appoggiato alla parete opposta, la katana tra le braccia, come aveva fatto lui stesso poco tempo prima, e sembrava intenzionato a non partecipare alla conversazione.

A Tanjiro non era sembrato un inizio promettente, ma gli altri non parevano particolarmente scossi da quel comportamento.

Il monaco continuò imperterrito a lanciare occhiate di dubbio gusto alla donna alta con i capelli legati a coda.
La nekomata, tornata alle sue dimensioni di gatto, si era accoccolata sulle sue gambe,  e soffiava con decisione ogni volta che la mano dell'uomo si avvicinava troppo alla sua padrona.

Inaspettatamente, fu Inuyasha a rompere il silenzio.

"Be', Ammazzademoni, ora ci siamo tutti. Perciò parla."

"Inuyasha..." La voce della giovane miko era un simbilo minaccioso. 

Tanjiro si sbrigò a schiarirsi la gola, prima che la situazione degenerasse e il demone vestito di rosso avesse finalmente un buon motivo per avercela con lui.

Il monaco lo batté sul tempo.
Staccando finalmente gli occhi dalle gambe dell'altra donna, spostò la sua attenzione su Tanjiro; era uno sguardo sottile, intelligente, e per la seconda volta in meno di mezz'ora si rese conto di aver sottovalutato chi gli stava davanti.

"Un Ammazzademoni?" Il tono lasciava intendere che il titolo non gli fosse nuovo.

Tanjiro annuì. Il monaco non fece altre domande, ma il suo odore gli suggerì che sarebbe ritornato sull'argomento, non appena ne avesse saputo di più.
Che facesse pure, pensò, non aveva nulla da nascondere.

"Il mio nome è Kamado Tanjiro e sono un Ammazzademoni.” si affrettò ad aggiungere “Non sono qui per una missione, o meglio, sono arrivato in questo villaggio dopo essere stato ferito durante una missione."

Fece una breve pausa. Come si spiegava a qualcuno che eri finito nel passato? "È una situazione complicata."

La donna alta aveva iniziato ad accarezzare la nekomata, probabilmente per calmare i nervi; il suo profumo era diventato acre dall'apprensione, e Tanjiro non poté fare a meno di interrogarsi sulla ragione.
Forse temeva che avrebbe tentato di fare del male alla nekomata? O forse alla kitsune? La sua posizione si stava aggravando pericolosamente, e non era nemmeno arrivato alla parte peggiore.

"Vedi di farla semplice." era stata la risposta piccata di Inuyasha, ed ebbe la netta sensazione che anche gli altri ne condividessero il pensiero.

Qualcosa, nello sguardo che gli lanciò il giovane albino gli apparve come una sfida. Una sfida che Tanjiro non aveva alcuna intenzione di raccogliere: lasciarsi provocare non avrebbe portato a nulla di buono, e comunque non poteva fargliene un torto se non riusciva a fidarsi di qualcuno che per lavoro uccideva i demoni.
Dopotutto, anche per lui non era stato facile sedersi in quella stanza, con tre demoni di cui non sapeva nulla, e imporsi di non estrarre la nichirin.

Un gesto di buona fede che sperava sarebbe stato ripagato; cominciava ad essere scettico, ma si impose di continuare a parlare.

"Viaggio con due compagni, anche loro fanno parte della Squadra Ammazzademoni, e con mia sorella, che è stata trasformata contro la sua volontà. Mi sono addestrato per poterle restituire la sua umanità, e per far sì che nessun altro debba essere ucciso dai demoni come è successo alla mia famiglia".

Le parole si spensero lentamente, mentre ricacciava indietro le lacrime; non era il momento di mostrarsi debole.
L'odore di Kagome si addolcì: pietà, compassione, empatia; gli posò una mano sul braccio, un segno di affetto e di vicinanza. Gliene fu grato.

"Siamo stati inviati dal Capofamiglia a Chiba, dove un demone aveva già divorato due donne. Non siamo riusciti a salvare la terza con gli indizi che avevamo a disposizione e quando identificammo quella che credevamo essere la quarta vittima era ormai sera; decidemmo comunque di provare a salvarla e seguimmo le tracce del demone fino al castello.
Fu lì che scoprimmo che la quarta vittima era in realtà il demone.

Durante il combattimento sono stato ferito e scagliato al di sotto delle fondamenta del castello; non ricordo altro, ma credo di aver perso i sensi.
Quando mi sono svegliato era sorto il sole e mi trovavo in una grotta: c'era un fiume, ed ero bagnato fino all'osso. Non ricordo di esserci finito dentro, ma non mi spiego un altro modo per essere arrivato fino a lì."

Nessuno lo aveva interrotto fino a quel momento, lo prese come un invito a continuare e pregò che gli credessero.
Ora arrivava la parte difficile.

"Ricordo di essermi trascinato per un po', nella direzione dove credevo si trovasse il castello ed essere arrivato ad un vecchio pozzo in una radura. C'era uno shinboku*, sentivo di stare per perdere i sensi a causa delle ferite, così mi sono seduto contro la sua corteccia.
Sentivo l'odore di un villaggio abbastanza vicino ma non avevo più forze per continuare a camminare, così ho sperato che qualcuno mi trovasse, prima di svenire di nuovo."

"Sentivi l'odore? Ma sei solo un umano!"

"Di tutto quello che ha raccontato, Inuyasha, il tuo problema è questo? Non il fatto che Chiba si trovi dall'altra parte del mare?"

Kagome non  aveva perso tempo a rimbeccare il mezzodemone, e ancora una volta il monaco e la donna alta si erano cercati con lo sguardo. Il quadro gli apparve un po’ più chiaro, anche se era evidente che mancasse ancor qualche tassello: qualunque cosa ci fosse tra quei due, era evidente che al momento non erano in buoni rapporti.

Decise di evitare accuratamente la possibilità di animare ancora di più la discussione.

"Non so come spiegarlo, Inuyasha, è un... talento che ho sempre avuto. Comunque non è la capacità più strana che io abbia mai visto: uno dei miei compagni riesce a sentire suoni che nessun altro avverte, e l'altro è in grado di determinare la posizione di un oggetto a miglia di distanza".

Il demone emise uno "tsk" scettico, prima di acquietarsi nuovamente.
Se anche qualcun altro dubitava della sua affermazione, non commentò.

"Per rispondere alla signorina Kagome, all'inizio non pensavo di essermi allontanato tanto da Chiba. L'ho scoperto solo una volta risvegliatomi nella casa della signora Kaede. Anche se la distanza fisica è il problema minore, dal momento che in qualche modo ho viaggiato anche nel tempo."

Lo aveva detto.
Si aspettava le risate, lo scetticismo, anche di essere chiamato bugiardo e sbattuto fuori senza tante cerimonie.

Certo, l'anziana miko l'aveva informato della particolare abilità di Kagome, ma questo non lo aveva rassicurato circa l'esito della conversazione.

Invece nessuno proferì parola, a parte Kagome stessa.

"Avanti o indietro?"

Il sollievo che provò in quel momento non avrebbe saputo descriverlo a parole.

"Indietro. Vengo dall'Era Taisho, e credo che questa sia l'Era Sengoku."

Kagome annuì, distrattamente.
Forse dopo tutto non gli credeva.

"Mi sono sempre chiesta come fosse l'Era Taisho, magari posso chiederti qualche informazione."

Tanjiro la fissò, sorpreso, ma annuì. Non aveva preso in considerazione che quello che per lui era il presente per lei fosse il passato. Chissà com'era il suo mondo, quanto fosse diverso da quello a cui lui era abituato; desiderò vederlo.
Era meglio preoccuparsi di questione alla volta.

La ragazza, d'altra parte, arrossì repentinamente, scuotendo la testa.

"Oh no, che sciocca, mi dispiace tanto! Immagino che sia già abbastanza difficile svegliarsi in un'epoca diversa, non credo tu abbia voglia di pensarci continuamente. Non sei assolutamente costretto a parlarne... anzi dimentica che te l'abbia chiesto."

Aveva iniziato a parlare rapidamente, gli occhi azzurri che saettavano vivaci mentre gesticolava. Gli venne da ridere per l'assurdità della situazione, e non riuscì a trattenersi.

Kagome si interruppe, mortificata, così scosse la testa e le sorrise. Non c'era nulla per cui scusarsi, anche lui si era chiesto da dove venisse lei, dopotutto.

"No, no, va bene. È vero, è una situazione difficile, però ignorarla non la cambierà."

Inspirò profondamente, anche se grazie alla respirazione continua non ne aveva bisogno. Lo sguardo gli cadde sulla nichirin e la mente corse a quel che significava.
Fu sufficiente per trovare il coraggio di continuare; si schiarì la voce, poi si rivolse ancora una volta alla giovane miko.

"La signora Kaede mi ha raccontato che voi potete andare avanti e indietro nel tempo a piacimento. È per questo che sono rimasto nel villaggio, oltre che per guarire: devo trovare un modo di tornare nella mia epoca, dai miei amici e da mia sorella. E voi siete la mia unica speranza, signorina Kagome."

Si voltò completamente verso di lei, chinandosi fino a toccare con la fronte il pavimento. Non si sentì umiliato, neppure per un secondo.
Aveva bisogno del suo aiuto, ed era giusto che lo chiedesse nel modo corretto.

"Vi prego di aiutarmi. So che vi sto chiedendo molto, soprattutto considerando che non ci conosciamo. Ma non ho altra scelta"

Una mano gli toccò la spalla, invitandolo a sollevare la testa.
Rimase nella stessa posizione, alzando solo un po' il capo.

Kagome lo stava guardando con un sorriso bonario e Tanjiro capì finalmente perché le persone pregano: se i loro dei si rivolgevano a loro con la stessa gentilezza, allora prostrarsi ai loro piedi era un prezzo infimo da pagare.

"Ma certo che ti aiuteremo, Tanjiro, anche se non so ancora come." Si interruppe, prima di affrettarsi a continuare "Ovviamente troveremo un modo, non preoccuparti. Però dovrai rispettare una condizione."

Il sorriso furbo che le si disegnò sulle labbra tirò agli angoli anche della sua bocca, invitandolo a ricambiare.
Qualunque fosse questa condizione, gli stava bene.

"Non usare il voi e chiamami Kagome, abbiamo la stessa età su per giù, no?"

Tanjiro annuì, mentre il peso che gli aveva reso difficile respirare per giorni, finalmente, si allentava.
Tutto sommato era andata bene.

"Non così in fretta, Ammazzademoni."

Cinque teste si voltarono contemporaneamente verso Inuyasha. Kaede fu l'unica che rimase impassibile a sorseggiare lentamente la propria tazza di tè.
Tanjiro optò per un approcciò conciliante, sperando di placare la natura bellicosa dell’altro.

"Sì, certo. Se hai qualche domanda cercherò di rispondere."

Il mezzodemone si era alzato in piedi, avvicinandosi con studiata lentezza. Il completo rosso contribuiva a renderlo ancora più minaccioso; fortunatamente le orecchie canine mitigavano l'effetto.
Si costrinse a non fissarle; se tanto dava tanto, Inuyasha non avrebbe apprezzato.

Il demone si fermò proprio di fronte a lui sedendosi con uno sbuffo stizzito e tirando fuori, per la prima volta, la mano destra dalla manica.
Sul polso c'era il segno rosso di una ferita, non ancora del tutto rimarginata.

Tanjiro non poteva credere ai propri occhi. Era convinto di averlo mancato, invece la nichirin doveva essere riuscita a tagliare, anche se solo superficialmente.
Probabilmente era sbagliato, ma si sentì ugualmente fiero di se stesso

"Mi dispiace, io non sapevo che -" 

Inuyasha seguì la linea del suo sguardo fino al polso ferito. Scrollò le spalle.

"Stronzate, questo è solo un graffio, non è questo il problema. Voglio sapere come fai a passare per umano."

Lo fissò stranito, non sapendo cosa rispondere.
Passare per umano implicava non esserlo, e Tanjiro era decisamente umano.

"Non capisco di che parli." tentò, con un sorriso esitante.

"Senti non fare il finto tonto che con me non attacca, lo sai benissimo di che parlo."

L'espressione vacua dell'Ammazzademoni dovette essere abbastanza per convincere Inuyasha che no, non aveva idea di cosa stesse parlando.

"Dannazione, ragazzino! Prima riesci quasi ad affettarmi una mano mentre te ne vai in giro in condizioni che avrebbero dovuto lasciarti cadavere, poi te ne esci che senti gli odori. Insomma, si può sapere come fa' un mezzodemone come te a passare per essere umano?"

Mezzodemone?
Forse da fuori l'avrebbe vissuta come una scena comica, perché a giudicare dalle espressioni degli altri dovevano essere proprio una coppia esilarante.
L'unica risposta che gli venne in mente era un'ovvietà.

"Ma io sono umano, lo hai detto anche tu prima -"

"Sì sì, lo so quello che ho detto. Ma gli esseri umani non si muovono così velocemente, non sopravvivono a ferite di quel tipo e soprattutto non fiutano i demoni, perciò vuota il sacco, avanti." 

L'albino fece un gesto noncurante con la mano, le iridi dorate concentrate interamente su di lui e le orecchie canine allerta.
Tanjiro si sentiva come un topo davanti ad un gatto, particolarmente affamato e intenzionato a giocare con la preda.

"Inuyasha, adesso basta, dacci un taglio."

Si era completamente dimenticato di Kagome; le indirizzò un'occhiata supplichevole e un sorriso mesto.

"Kagome guarda che questo qui non ce la racconta giusta, ti dico che non è umano!"

"Se fosse un demone sentirei la sua aura, Inuyasha, e non la sento perciò non lo è!"

"Effettivamente non è mai capitato che ti sfuggisse qualche demone… oh, aspetta! Ti devo forse rinfrescare la memoria?"

Avevano entrambi il respiro corto, e Tanjiro ebbe la netta sensazione di trovarsi nell'epicentro di un terremoto.
Di nuovo ci fu lo stesso sguardo tra il monaco e la donna alta, e il commento rassegnato del demone volpe.

"Ci risiamo…"

"Inuyasha, a cuccia!

 

Angolo dell’Autrice

Lo so, lo so, sono pessima: è passato quasi un anno dall’ultimo capitolo e questo non è nemmeno un granchè ma, ehi, almeno se sono qui significa che non ho abbandonato la storia.
Quanto al contenuto, che vi devo dire, questo passa il convento, purtroppo i dialoghi mi sembrano sempre forzatissimi e qui ce ne sono davvero tanti perciò meh il risultato non mi soddisfa.

Spero comunque che il capitolo sia stato perlomeno una lettura scorrevole, nonostante la lunghezza (anche questo l’ho dovuto dividere in due parti perchè solo questo che avete letto ha un lunghezza di 17 pagine e andare oltre mi sembrava decisamente troppo, quindi per sapere cosa sta succedendo nel “presente” ad Inosuke, Zenitsu e Nezuko dovrete aspettare il prossimo aggiornamento, che mi auguro richieda meno di un anno)

A proposito, lo lascio qui, shinboku* è un altro nome con cui si indicano gli dei-alberi nello shintoismo (altre alternative sono goshingi e shintai); non ricordo quale versione io abbia usato nel capitolo precedente, perciò ho preferito riportare questa nota.

Mi sembra di aver detto tutto… Naturalmente mi farebbe molto piacere sapere cosa ne pensate, anche in dm se preferite; non mi loggo spesso ma cerco sempre di rispondere appena trovo una recensione perchè, diciamocelo, fa sempre piacere ricevere un feedback.
A presto,

RedSonja

  
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