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Autore: Sadele    12/06/2022    0 recensioni
L’amicizia è la cosa più difficile al mondo da spiegare. Non è qualcosa che si impara a scuola. Se non hai imparato il significato dell’amicizia, non hai davvero imparato niente.
(Muhammad Ali).
Emma e Yhassin, due bambini che non potevano essere più diversi, il giorno e la notte, destinati a diventare grandi amici.
la vita però si sa a volte è spietata, li porterà a perdersi per poi ritrovarsi a distanza di anni e scombussolare completamente i loro equilibri.
Eccomi qui con una storia originale, frutto della mia fantasia.
spero che vi piaccia!!
buona lettura.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Dopo aver riflettuto a lungo aveva deciso di provare a lasciarsi andare un po', era certa che l'Egitto oltre alla cacca di cammello e alla polvere avesse anche delle bellezze da scoprire, ma non riusciva a fare a meno di essere sarcastica. Già perchè il sarcasmo era l'unica cosa che riusciva a tenerla in piedi, un bel muro di facciata dietro cui nascondersi nei momenti peggiori.

Scese nella sala colazioni, e vide Erika e Habuk intenti a mangiare. “Ma tu una casa non ce l'hai?”

disse rivolta al ragazzo.

“Potresti essere un po più gentile, l'ho invitato io” rispose Erika.

“Scusa, mangiati pure tutto, tanto io non ho fame” disse.

Si diresse verso l'uscita e Habuk si affrettò ad alzarsi ed andarle dietro “ aspetta capo, dove vuoi che ti porti”? “ tu da nessuna parte... su quella macchina non ci salgo, piuttosto noleggio un cammello” “ ma non è sicuro andare in giro da sola, devo accompagnarti”. Emma era visibilmente adirata, stava davvero per perdere la pazienza.

“Senti, io non ho bisogno della balia, so badare a me stessa, non seguirmi”.

Così dicendo si avviò fuori dall'Hotel.

 

Il sole era alto nel cielo, e il caldo iniziava a farsi sentire, era uscita per smaltire la rabbia, per riflettere ma aveva camminato decisamente troppo, le strade di quel maledetto quartiere erano tutte uguali, e ora non sapeva più da che parte andare.

La sua proverbiale mancanza di senso dell'orientamento non le permetteva certo di trovare la strada di casa. -Prenderò un taxi- pensò e in quel preciso momento si rese conto di essere uscita senza la borsa, questo voleva dire solo una cosa, niente portafoglio e niente telefono.

“Bene e adesso che faccio”? iniziava ad avere ansia, quella sensazione terribile che le prendeva la gola e che piano piano si trasformava in vero e proprio panico.

Le era già successo a Milano di perdersi soprattutto le prime volte, o di parcheggiare senza prendere riferimenti e poi perdere l'auto; ma era in Italia, avrebbe potuto chiedere un informazione a chiunque, qui chi avrebbe potuto aiutarla?

Si guardò intorno, poca gente, qualche donna imbacuccata sotto strati e strati di stoffa, si chiedeva come facessero a non morire di caldo, l'aria era incandescente o forse era l'attacco di panico che gliela faceva percepire tale.

Ruotò su se stessa un paio di volte cercando di riconoscere qualche dettaglio che le facesse capire da che parte andare quando vide, in lontananza, un piccolo parco.

Lo riconobbe subito, era il parco che si vedeva dalla finestra del suo albergo, quindi non doveva essere così lontano.

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“Pronto” ?

“Yhassin devi venire subito, è un emergenza” la voce agitata di Habuk non prometteva niente di buono. “che cosa è successo, dove sei”? Rispose il ragazzo.

“Devi venire all'albergo, Emma è sparita”.

 

“Che cazzo è successo”? Grugnì appena entrato nella stanza.

Fu Erika a rispondere “Emma è uscita per fare una passeggiata, ma è passata un ora e non è ancora tornata, il peggio è che ha lasciato la borsa qui. È senza documenti e telefono”.

La ragazza era davvero preoccupata, sapeva bene che Emma si perdeva in un bicchier d'acqua, figurarsi in un posto sconosciuto.

Yhassin si strinse il setto nasale tra l'indice ed il pollice, gesto che aveva sempre fatto quando era nervoso o preoccupato.

“Ti avevo chiesto di non lasciarle andare in giro da sole, è pericoloso, lo sai benissimo”. Disse scandendo bene le parole, “ma cugino, non ha voluto, mi ha detto che piuttosto noleggiava un cammello...” piagnucolò Habuk.

Yhassin si passò una mano tra i capelli e pronunciò una serie di parole nella sua lingua che, per Erika, non avevano nessun senso per terminare con un italianissimo “cazzo”!

Scesero all'ingresso, “allora... non può essere lontanissima, le strade qui sono circolari e ruotano attorno al parco. Quindi se io vado da un lato e tu dall'altro, con un po' di fortuna dovremmo trovarla” disse Yhassin. “IO invece che faccio”? Chiese Erika. “tu resti qui se dovesse tornare la ricopri di insulti da parte mia”. Disse Yhassin.

 

Erika rientrò, si sedette su un divanetto a attese, si chiedeva che cosa mai dovesse esserci di così pericoloso, quel ragazzo iniziava a darle sui nervi, come aveva fatto ad essere il migliore amico di Emma... era così scorbutico, impenetrabile, onestamente metteva soggezione.

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Emma inizio a camminare nella direzione del parco, era talmente agitata che non si era nemmeno resa condo che stava correndo.

Arrivata davanti al muro di cinta non era più così convinta che fosse lo stesso parco, si voltò per vedere se scorgeva l'albergo ma davanti a lei c'erano altri palazzi e alberghi, quella era una zona un po' periferica, frequentata da giornalisti e persone che viaggiavano per lavoro, gli edifici erano tutti uguali, compreso il suo albergo.

Le stava venendo da piangere, e mente cercava di resistere e restare lucida una voce la colse alle spalle.

“Ma guarda guarda che sorpresa, la bella italiana. Che ci fai qui tutta sola? Il tuo principe azzurro non ti ha accompagnata”? Emma trasalì, quella voce, quella faccia, non poteva crederci.... Talib.

Non sapeva se essere terrorizzata o felice per aver incontrato una persona che avrebbe potuto aiutarla. “ C-Ciao” balbettò. “veramente ero uscita per fare due passi emi sono persa” disse con sincerità.

“aihai principessa, non si va in giro da sola non te lo ha detto il nostro amico Yhassin”? Aveva usato un tono che le aveva fatto venire i brividi, in una situazione normale sarebbe scappata a gambe levate ma in quel caso doveva sfruttare la circostanza in suo favore.

“Avrei bisogno di un favore, potresti indicarmi la strada per tornare all'Atlas hotel”?

“Si, potrei, ma preferirei accompagnarti, cosi sarei sicuro che tu non faccia brutti incontri. Sai sei stata fortunata ad incontrare me”.

Emma non era per nulla convinta, tutta quella fortuna non la vedeva proprio, anzi era andato tutto storto.

Mentre rifletteva sulle sue sfortune il ragazzo si incamminò lungo la strada e lei si affrettò ad andargli dietro.

“E così tu e Yhassin siete amici...? ma guarda un po',” disse Talib.

“Sai noi eravamo in affari un tempo, ma a quanto pare lui ha preferito vendere ad altri la sua proprietà, mi ha tradito, e questo non va affatto bene, sai cosa si dice dalle mie parti”? Emma scosse la testa in segno di diniego. “occhio per occhio, dente per dente, non so se ho reso l'idea”.

“Se ha cambiato idea avrà avuto le sue buone ragioni”. Talib si voltò di scatto “attenta femmina, tu parli un po' troppo per i miei gusti, avevamo un accordo e lui ha tirato troppo la corda tutto qui, prima o poi me la pagherà”.

Emma sentiva ribollire il sangue nelle vene, nessuno l'aveva mai apostrofata così, avrebbe voluto fargli notare che lei era una donna, non femmina, e che apparteneva alla specie umana non bovina. Ma pensò fosse meglio tacere, la situazione era già abbastanza difficile così.

“Che c'è ti sei mangiata la lingua, non hai più nulla da dire”?

“Sai come si dice dalle mie parti? Non sprecare fiato inutilmente, prima o poi ti servirà”. Rispose Emma seccata.

 

   
 
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